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Campionato di calcio Serie A stagione 2018/2019: cronache, classifiche e... soprattutto commenti

Ultimo Aggiornamento: 27/05/2019 00:22
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Parma-Milan 1-1: gol di Castillejo e pari di Bruno Alves su punizione

Brutta partita dei rossoneri e stop nella corsa Champions.
Stasera la Roma può sognare il sorpasso battendo l'Inter a San Siro


Una buona fetta della stagione di Parma e Milan passava dal match del Tardini, e il boato che sommerge le squadre al fischio finale di Valeri suggerisce, semmai ce ne fosse bisogno, chi può sorridere dopo questo 1-1. Gli emiliani di D'Aversa, in piena corsa salvezza, fanno un passo avanti preziosissimo e soprattutto respirano aria di fiducia dopo un'ottima prestazione. La frenata del Diavolo, invece, rischia di ridisegnare la classifica rossonera e di produrre contraccolpi psicologici: Romagnoli e compagni, rimontati all'87' dopo essere passati in vantaggio al 69' sono ancora quarti, ma tra due giorni potrebbero ritrovarsi al quinto posto, scavalcati dalla Roma e alla pari con l'Atalanta.

PIÙ PARMA CHE MILAN — Sul prato del Tardini splende il sole, ma per un'ora buona sulle trame di gioco del Milan cala il buio più totale: il 4-3-3 con Suso e Borini ai lati di Piatek è statico, Calha da mezzala ragiona più da play che da incursore, Conti fatica in copertura e non arriva mai sul fondo. Il Diavolo non crea e il Parma schierato con un 5-3-2 da D'Aversa guadagna metri e coraggio: dall'inserimento di Ceravolo – murato in uscita da Donnarumma mentre il pubblico invoca un rigore che non c'è − alla rovesciata di Kucka e al tap-in alto di Gervinho dopo una deviazione di Gigio sul solito Ceravolo, i brividi della prima parte di gara corrono quasi esclusivamente sulla schiena di Gattuso.


GLI AGGIUSTAMENTI PAGANO — Come successo contro la Lazio, Rino decide di cambiare e anche stavolta il campo gli dà ragione. Al 58' dentro Cutrone per Bakayoko e – poco dopo – Castillejo per Conti: il Milan rimette l'abito della difesa a tre, con Rodriguez accanto a Zapata e Romagnoli, e Suso si sistema sulla trequarti alle spalle delle due punte. Il baricentro si alza, i rossoneri si fanno vedere sull'out di destra e da quelle zolle parte l'azione che porta al gol: al 69' Suso mette in mezzo e trova una bellissima "carambola" di testa di Castillejo, al quarto centro in rossonero.

IL COMPASSO DI BRUNO — Anche alla luce di una condizione fisica tutt'altro che brillante, Gattuso modifica ancora l'assetto dei suoi: Biglia prende il posto di Calhanoglu e il Milan si ridisegna sul 4-4-2 con Borini terzino destro. I rossoneri soffrono e rischiano su di un palo di Siligardi e una gran botta di Kucka dal limite, poi incassano il pareggio, a tre minuti dal 90'. E così pure D'Aversa ritira il suo gettone di punti dopo un cambio in corsa, perché è Sprocati – entrato per Ceravolo – a guadagnare la punizione che capitan Bruno Alves trasforma da maestro. I 20mila del Tardini sono in delirio, il Diavolo in ansia: da stasera bisognerà sperare che a frenare siano anche le inseguitrici.

Marco Fallisi

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Serie A, Bologna-Sampdoria 3-0:
autogol di Tonelli, gol di Pulgar e Orsolini

Importante vittoria dei rossoblù che si portano a + 5 dalla zona calda,
complice la sconfitta interna dell'Empoli contro la Spal.
Stop dei blucerchiati a - 5 dall'Europa



Il Bologna fa un respiro grosso così, la Samp si perde per l’ennesima volta sul più bello: un 3-0 indiscutibile, che permette alla squadra di Mihajlovic di avvicinarsi alla salvezza arrivando allo scontro diretto contro l’Empoli di sabato prossimo, in casa, a +5. E quasi sicuramente cancella le ultime speranze europee della Samp, solo lontanissima parente della squadra che solo una settimana fa aveva dominato il derby.

LE SCELTE — Mihajlovic scioglie l’unico vero dubbio di giornata dando la fascia sinistra (Dijks squalificato) a Krejci e lasciando dunque Mbaye a destra. A centrocampo il rientrante Dzemaili preferito a Poli nella coppia davanti alla difesa, davanti i soliti tre uomini (Orsolini, Soriano, Sansone) alle spalle di Palacio. Giampaolo conferma la formazione del derby, con una solo eccezione: Tonelli preferito a Colley per la sua attitudine alla prima impostazione e anche per evitare una coppia centrale troppo fisica di fronte ad un attacco di «piccoletti».

PRIMO TEMPO — Il festival dei rimpianti del Bologna, che parte sentendo la tensione, ma alla distanza sente l’intensità che sale abbassare le sue incertezze: è l’unico modo per combattere il palleggio della Samp, insistito come sempre ma meno efficace e soprattutto più impreciso del solito, tanto che l’unica vera chance arriverà al 44’, su cross di Sala e girata alta di Quagliarella. Così, prima e dopo il fantastico gol di Dzemaili (29’: controllo di petto e tiro di controbalzo all’incrocio) annullato dopo consulto Var perché il pallone che Krejci sembrava aver tenuto in campo in realtà era uscito, gli unici pericoli sono per la porta di Audero. Decisivo al 34’ nel volare su tiro di Orsolini, il più vivace dei suoi, per compensare l’incertezza del 25’, su tiro centrale dello stesso Orsolini: peccato che sull’imperfetta respinta del portiere Samp, Soriano aveva aperto malissimo il tiro a porta spalancata. E resta difficile giudicare se sia più grave quell’errore, o quello del 42’, quando su ennesimo cross di Krejci dalla sinistra il trequartista, praticamente solo, ha mirato malissimo di testa il possibile 1-0.

SECONDO TEMPO — Nella ripresa è cambiato solo il Bologna, nel senso che la Samp non ha trovato nulla del suo calcio, mentre la squadra di Mihajlovic ha continuato a credere nel vantaggio, ma soprattutto ha smesso di non approfittare degli errori della Samp. In particolare di Audero, che al 9’ ha alzato una punizione di Pulgar e sullo spiovente ha pasticciato in tandem con Tonelli, che ha infilato la sua porta; al 24’ si è fatto sorprendere da una punizione dello stesso cileno indirizzata sul suo palo più lontano; al 38’ ha completato il suo personale disastro con un goffissimo intervento su girata in torsione, sicuramente non irresistibile, di Orsolini che ha chiuso la partita. E cancellato le recriminazioni della Samp per la punizione del primo gol (fallo non chiarissimo di Andersen su Sansone) e per un presunto tocco di braccio di Mbaye su tiro di Ekdal al 26’, quando si era ancora sul 2-0.

Andrea Elefante

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Serie A, Cagliari-Frosinone 1-0, decide il rigore di Joao Pedro

I sardi si mettono in tasca la salvezza e inguaiano la squadra di Baroni, sempre più lontana da quartultimo posto.
Nel finale padroni di casa in dieci per l’espulsione di Faragò



L’ottava vittoria in casa e i punti casalinghi numero diciassette diciotto e diciannove tutti insieme nel 2019 spingono il Cagliari a cambiare sguardo sulla classifica: si può guardare in su, non più in giù. La corsa salvezza può dirsi conclusa, per i sardi, è ormai forse anche per il Frosinone, caduto per un rigore segnato da Joao Pedro.

IL GOL DECISIVO — Senza gli strappi di Barella, squalificato, Maran allestisce un Cagliari di pensiero con Birsa davanti a Cigarini e due interni di corsa, ma lo sloveno di fatto è un play aggiunto, di fronte al Frosinone rintanato. I ricevitori, Pavoletti e Joao Pedro, preferiscono però lo spazio aereo, è quello è intasato. Così i primi venti minuti sono pressione e nient’altro se non un cross di Lykogiannis che diventa un tiro alzato in angolo da Sportiello al 15’, mentre le occasioni vere sono del Frosinone negli spazi aperti: al 7’ un cross di Beghetto allungato da Ciano arriva a Paganini, che però alza il destro, e stessa sorte tocca al tiro di Ciofani, sfuggito di forza a Klavan ma poi incapace di centrare la porta solo davanti a Cragno al 24’. Scampato il pericolo, il Cagliari passa su rigore: cross di Srna contenuto dalla difesa, ma irrompe a centro area Ionita, Zampano si addormenta e lo stende. L’arbitro Abisso stavolta non ha nemmeno bisogno della Var: Joao Pedro va sul dischetto e spiazza Sportiello. Il Frosinone fatica a riprendersi, il Cagliari controlla e combina sempre tra i piedi di Birsa e Ciga, che nel finale di primo tempo non va lontano dalla traversa con un destro da fuori.

MANCATA REAZIONE — Occasioni sarde anche in avvio di ripresa, con un doppio Pavoletti: di destro da fuori al 4, Sportiello blocca a una mano, e poi col pezzo forte del colpo di testa, stranamente debole al 7’. Il Frosinone, nel frattempo, ha almeno alzato il baricentro, Baroni lo aiuta con Pinamonti per Zampano al fianco di Ciofani, con Ciano che si sposta a suggerire. Con il mancino in mezzo ai piedi, Cigarini fa più fatica a ragionare, e la partita del Cagliari - che perde Klavan per infortunio, dentro Romagna al suo posto al 16’ - vira più sul “kick and run”. Scenario ideale per Ionita: colpo di testa alto al 19’, supercross da sinistra per la testa di Pavoletti e miracolo di Sportiello al 27’, sgroppata con assist per Joao Pedro che calcia debole al 30’.

FINALE COMPLICATO — Maran dà ancora più libertà a Ionita dal 28’ quando lo avanza al posto di Birsa, con Padoin mezzala, ma il secondo giallo a Faragò al 34’ (fallo su Beghetto) gli complica il finale. 4-4-1 contro il 4-2-4 del Frosinone, che immette anche Dionisi per Ciofani e Trotta per Valzania. Ma l’unico a stimolare Cragno è Ciano con due mancini, uno dal limite dell’area è uno da posizione laterale. Non basta, finale di lotta, Cagliari vincente è praticamente salvo, Frosinone andato.

Alex Frosio

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Empoli-Spal 2-4, a segno Petagna (2),
Floccari, Antenucci, Caputo e Traorè

In Toscana parte bene la squadra di Andreazzoli ma i ferraresi rimontano e
vincono lo "spareggio" salvezza che mette in seria difficoltà il club di Corsi



Fanno festa i tremila tifosi della Spal. La squadra di Semplici batte per 4-2 l’Empoli e conquista la salvezza. Protagonista Petagna, alla sua centesima presenza in serie A, autore di una doppietta decisiva. Umore opposto in casa Empoli. Il passo falso casalingo avvicina gli azzurri alla serie B.

1° TEMPO — Parte meglio l’Empoli che regala un paio di accelerazioni importanti. E al 22’ la squadra di Andreazzoli passa in vantaggio. Angolo di Dell’Orco, deviazione di Krunic e colpo di testa vincente di Caputo, dimenticato dalla difesa della Spal. La formazione di Semplici fatica a entrare in partita. Ma la crescita di Missiroli e Murgia dà respiro alla manovra. In più l’Empoli perde per infortunio Maietta, uno dei pilastri del pacchetto arretrato. Al suo posto entra Rasmussen. Il pareggio della Spal arriva grazie alla Var. L’arbitro Rocchi chiede aiuto al mezzo tecnologico per verificare un contatto in area tra Nikolaou e Floccari. E’ rigore. Dal dischetto trasforma Petagna. La Spal insiste, e in finale di primo tempo passa in vantaggio. Bello il cross del solito arrembante Lazzari e fantastica la deviazione di testa in tuffo di Floccari. Una vera e propria magia.

2° TEMPO — Si riparte e l’Empoli subito pareggia. Incursione del talento Traorè che dialoga con il nuovo entrato Mchedlidze a batte Viviano. La partita è divertente. Le due squadre cercano la vittoria. Ogni assalto offensivo provoca qualcosa di interessante. Viviano è bravo a deviare in angolo una conclusione ravvicinata di Krunic. Ma al 16’ la Spal torna in vantaggio. Petagna controlla la palla, si allarga e fulmina Dragowski con una conclusione imparabile. Non è ancora finita. Il nuovo entrato Antenucci è protagonista di un micidiale contropiede chiuso con un siluro che fulmina Dragowski. Finisce 4 a 2 e sotto la curva della Spal Petagna e compagni fanno festa.

Luca Calamai

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Serie A, Genoa-Torino 0-1: Ansaldi, un gol per l'Europa.
Sirigu, parate decisive

Battuto il Genoa: decisive anche le parate di Sirigu in una gara segnata dalle tante
occasioni fallite dai padroni di casa con Lapadula e Lerager fino alla scossa finale di Kouame, ma non basta.
Per i granata è il quinto risultato utile consecutivo:
negli ultimi tre mesi hanno perso solo una partita


Soffre e vince il Toro, stringe i denti e festeggia: l’ex Ansaldi e due parate strepitose di Sirigu spediscono all’inferno un buon Genoa. Per il Toro è un sabato da leoni: sbanca Marassi dopo una battaglia vera, agonisticamente intensa, a tratti dura. Mazzarri conquista tre punti pesantissimi verso l’Europa.


SAN SALVATORE — E’ molto probabile che se non avesse avuto tra i pali il suo “San Salvatore”, il Torino sarebbe rientrato nello spogliatoio sotto almeno di un gol. L’istinto che Sirigu ci mette al trentacinquesimo sul colpo di testa di Lerager (assist di Criscito) è il manifesto della sua stagione da copertina: il guizzo è da numero uno di valore assoluto, e permette a Mazzarri di restare a galla in un primo tempo nel quale è stato spesso sommerso dall’alta marea sollevata dal Genoa di Prandelli. Già, perché nonostante la gradinata Nord scioperi restando fuori dallo stadio, la voglia che ci mette il Grifone in campo è esemplare e il primo tempo è tutto di marca rossoblù. Più pimpante, voglioso, si fa preferire nell’occupazione degli spazi con il suo quattro quattro due molto dinamico quando è il Genoa che deve attaccare. Troppo schiacciato e a corto di idee il Torino della prima parte, schierato con un linea di centrocampo a cinque (con Baselli in mediana, e uno spaventato Berenguer a supporto di un isolato Belotti), e che deve rinunciare anche a De Silvestri lasciato in tribuna per non avere ancora del tutto recuperato dopo l’intervento al naso rotto.

GENOA OK AI PUNTI — Ai punti, dopo quarantacinque minuti, il Genoa avrebbe meritato il vantaggio. Non è certo un calcio spettacolare quello che produce la squadra di Prandelli, ma è il massimo possibile con gli uomini che ha a disposizione. E questo è certamente un merito. Il Toro, forse impaurito dalla grande voglia dei rossoblù, non riesce mai a tirare in porta per metà partita, mentre il Grifone si divora almeno tre occasioni da rete: già detto del miracolo di Sirigu al 35’, bisogna ricordare anche il colpo di testa di Zukanovic al 21’ di poco fuori (raccogliendo una punizione di Sturaro), che colpisce a difesa piazzata male e con Sirigu battuto, e la girata senza fortuna dal cuore dell’area di Lapadula (37’) sui tabelloni. Molto prima, Doveri lascia correre su un contatto nell’area rossoblù tra Ansaldi e Criscito (14’), e Moretti salva alla disperata su Sanabria (16’).

LA FUCILATA DELL’EX — Quando si rientra dall’intervallo, dopo appena centoventi secondi Lapadula si divora la quarta occasione potenziale del Genoa. Ma, stavolta, passa pochissimo per raccogliere i primi segnali di Torino: dopo cinquanta minuti sui taccuini si annota il primo tiro in porta dei granata con Meité, conclusione sporcata dai difensori rossoblù. Prandelli prova a dare una spallata alla gara lanciando nella mischia la velocità di Kouame, ma il paradosso è che la spinta del Genoa comincia ad affievolirsi mentre un po’ alla volta, sulle folate degli esterni Aina e Ansaldi, il Toro inizia a risalire la corrente. Il primo segnale è il calcio di punizione di Baselli dal limite (13’), di poco fuori. Passano cinque minuti e si verifica l’episodio che sblocca la parità: Aina si lancia al galoppo in contropiede, aiutato da Belotti, ripartenza concretizzata da una fucilata da Ansaldi. Gol da ex senza esultanza, il terzo dell’argentino in questo campionato, il secondo contro il Genoa (aveva segnato anche all’andata).
Prandelli ricorre alla tecnica di Bessa (al posto di Veloso), mentre Mazzarri riconferma la staffetta tra Parigini subentrato a Berenguer: nell’ultimo quarto d’ora la gara sale di tono, vola qualche colpo di troppo, il Genoa chiede un rigore per una presunta spinta di Aina su Kouame (Doveri non concede il penalty dopo un silent check), i granata sprecano due contropiedi per chiudere i conti. Baselli nel finale si fa ammonire: era in diffida, salterà Torino-Milan. Le ultime speranze del Genoa s’infrangono sul muro eretto da Sirigu: strepitoso, a tre minuti dalla fine, quando vola su un colpo di testa di Kouame, così come Radu quando si oppone a Parigini nel recupero in contropiede. E’ la firma di “San Salvatore” su una vittoria che rilancia prepotentemente le ambizioni europee di questo Toro.

Mario Pagliara

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Lazio-Chievo 1-2:
Inzaghi, questo è un incubo, k.o. col Chievo retrocesso!

Rosso a Milinkovic Savic nel 1° tempo, i veronesi già in B segnano
due gol (Vignato ed Hetemaj) e controllano fino al fischio finale.
Inutile la rete di Caicedo.
Dopo la fine del match Luis Alberto applaude sarcastico l'arbitro che gli mostra il rosso diretto



Naufragio Lazio. I biancocelesti vanno clamorosamente a picco con il Chievo e dilapidano le speranze Champions. Per guardare in alto servivano assolutamente i tre punti contro la formazione di Di Carlo, già retrocessa. E invece il Chievo non si lascia sfuggire l’occasione per un micidiale uno-due tra il 4’ e il 6’ della ripresa con Vignato ed Hetemaj. La Lazio cerca di rientrare in gara con un gol di Caicedo, sbatte contro un palo con Correa, ma paga una prestazione decisamente al di sotto delle sue possibilità. Già nel primo tempo erano emerse palesi difficoltà da parte della Lazio, acuite poi dall’espulsione di Milinkovic (al fischio finale cartellino rosso anche Luis Alberto).

ESPULSO MILINKOVIC — Cinque novità nella Lazio. Rientrano Radu, Marusic e Luis Alberto. Durmisi dà il cambio a Lulic (in panchina) sulla sinistra del centrocampo. In regia c’è Badelj al posto dello squalificato Leiva. Nel Chievo entrano Semper (al debutto in A) tra i pali, Bani in difesa, Leris e Rigoni in mediana. Veneti ben allineati in copertura. Al 9’, il primo tiro in porta: Immobile dalla distanza con deviazione in angolo. Subito dopo colpo di testa di Radu. Replica il Chievo con un sinistro da fuori area di Meggiorini, di poco a lato. Al 15’, Inzaghi deve rinunciare a Radu per problemi alla caviglia dopo uno scontro con Stepinski. Entra Luiz Felipe che va a fare il centrale con Acerbi spostato sulla sinistra della difesa. Lazio in difficoltà nel dare profondità alla manovra. Al 25’, Milinkovic cerca la porta su punizione, sulla ribattuta della barriera Patric tenta un’improbabile soluzione dalla distanza. Ripartenza del Chievo: Leris impegna Strakosha. La Lazio alza il ritmo. Sbuca Caicedo al tiro: fuori bersaglio. Al 35’, rosso diretto a Milinkovic che reagisce dopo un fallo subito con un calcio alle spalle di Stepinski. Inzaghi rimedia all’inferiorità numerica inserendo Parolo al posto di Patric per passare al 4-3-2 (Marusic e Durmisi in difesa). Al 41’, proteste laziali per un mani di Cesar in area. Di nuovo Meggiorini al tiro: alto. Al 46’,colpo sotto porta di Parolo: respinge Semper.

UNO-DUE DEL CHIEVO — La ripresa mette sorprendentemente in cattedra il Chievo. Al 4’ Vignato porta in vantaggio la squadra Di Carlo con tiro angolato dopo aver eluso il controllo di Parolo. Lazio tramortita. Due minuti dopo arriva il raddoppio dei veneti: su cross di De Paoli, colpo di testa di Hetemaj sfuggito a Marusic. La squadra di Inzaghi reagisce sia pure con tanta ansia. Al 12’, entra Correa per Badelj per avere un altro attaccante. Assalto biancoceleste ma il muro del Chievo è ben saldo. Al 20’, botta di Parolo parata da Semper. Due minuti dopo i biancocelesti accorciano le distanze con Caicedo con tocco sotto porta dopo esser stato innescato da Correa. Di Carlo avvicenda Rigoni con Diousse. Al 29’, Semper para su Immobile. Chievo molto aggressivo e attento in difesa. Secondo cambio tra i veneti: al 31’, Kiyine rileva Vignato, bloccato dai crampi. Lazio molto imprecisa anche in fae di impostazione. Al 38’, colpo di testa di Correa alto da pochi passi. Entra Pellissier: out Stepinski. La Lazio preme, ma il Chievo riparte e al 41’ Kiyine impegna Strakosha. Al 46’, un palo di Correa allunga le recriminazioni laziali. Poi, una punizione di Luis Alberto a fil di palo. I sei minuti di recupero non fanno cadere il Chievo. Lazio k.o. e al fischio finale cartellino rosso pure per Luis Alberto (proteste). L’Olimpico incredulo dinanzi alla prova più sconcertante dei biancocelesti di Inzaghi.

Nicola Berardino

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Serie A, Udinese-Sassuolo 1-1:
gol di Sensi e autorete di Lirola

I neroverdi la sbloccano al 31' del primo tempo,
il pareggio dei padroni di casa arriva a 10' dal termine:
per Tudor è un pareggio fondamentale per la corsa alla salvezza



La notizia migliore per l’Udinese è soltanto la vittoria della Spal sull'Empoli. Ma se vogliamo vederla dall’altro lato della questione, ha sprecato un match ball-salvezza contro un resistibile Sassuolo ed è stata superata anche dal Bologna. Alla fine è riuscita a strappare un pareggio le unghie, con la foga e con la forza della disperazione di Tudor che ha trovato la rimonta chiudendo con un 4-3-3 con tre punte, De Paul a centrocampo e due ali come difensori, Pussetto e D’Alessandro. Gli è andata bene, perché il Sassuolo si è mangiato un paio di gol mentre Consigli è stato praticamente in vacanza fino al mischione del minuto 35 che si è creato dagli sviluppi di un corner e che ha permesso a Okaka di metter pressione a Lirola causando l'autorete. I bianconeri, che sono in Serie A da 24 anni di fila, così hanno ancora molte speranze di restarci ma bisogna giocare meglio, molto meglio, nelle partite che restano.

UN TIRO, UN GOL — Eh sì, perché il primo round è stato un pianto per l’Udinese. Troppo bassa, sempre sovrastata a centrocampo, mai in grado di mettere in difficoltà il Sassuolo. Troppi passaggini indietro, nessuno che si smarcava. L0unico a cercare di dare un po’ di ritmo era Stryger sula destra, che predicava nel deserto. E l’asso della manica, De Paul, era in giornata no. Sbagliava i dribbling e i tempi dei passaggi. Davanti, Okaka provava a lottare ma alla fine era sempre bloccato da Ferrari o Magnani. Nel ritmo da partitella scapoli-ammogliati (va bene, è scoppiato il primo vero caldo, però...), il Sassuolo senza strafare non aveva grandi problemi a controllare la partita. E alla prima occasione è andato in buca. Sensi ha rubato palla a Troost-Ekong, di tacco ha servito Berardi che ha resistito a due difensori e ha ridato palla al centrocampista che ha beffato Musso con un bel tiro a giro nell’angolino. E’ stato il primo e unico tiro in partita di tutto il primo tempo. L’Udinese ha provato un abbozzo di reazione solo nel finale. davvero troppo poco per una squadra che deve giocare con la rabbia dentro per cercare i punti fondamentali per salvarsi.

REAZIONE FINALE — Nel secondo round almeno l’Udinese ha alzato il baricentro ma faceva ancora una fatica del diavolo a presentarsi davanti a Consigli. Che si è sporcato le mani per la prima volta al minuto 18, su tiro telefonato di De Paul. Tudor aveva inserito da poco lasagna per un difensore, De Maio. Poi ha speso anche Teodorczyck per un altro centrale, Troost-Ekong. Squadra completamente sbilanciata, ma ha fato bene perché il Sassuolo aveva praticamente smesso di giocare anche se per la verità su due ripartenze velenose Boga-Berardi, ma con poca cattiveria nell’ultimo atto, poteva chiudere il discorso. Nel frattempo De Paul si era mangiato un gol da due passi, prima che Lirola facesse tirare un sospiro di sollievo a tutto il pubblico, che ha contestato duramente Gino Pozzo per 45 minuti. Udinese brutta, ma ancora in corsa. Per restarci, però, c'è bisogno di una svegliata.

Fabio Bianchi

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Serie A, Juve-Fiorentina 2-1:
festa bianconera, ottavo scudetto di fila

Con cinque partite ancora da giocare la squadra di Allegri è campione d’Italia.
I viola si illudono con Milenkovic, poi decidono il colpo di testa di Alex Sandro e l’autogol di Pezzella



La Signora vince lo “scudotto”, impresa mai riuscita in questi luoghi, vetta himalayana difficile anche solo da immaginare per gli umani: basterebbe solo questo ad allargare il sorriso di qualsiasi tifoso. E invece l’ottavo scudetto consecutivo dei bianconeri, arrivato dopo una vittoria striminzita contro la Viola, produce una gioia trattenuta: solo alla fine, dopo lunghi silenzi, il pubblico dell’Allianz è esploso e si è tolto di dosso il ricordo di De Ligt e De Jong. Così lo speaker ha potuto gridare per otto volte di fila le parole “campioni di Italia” e Cuadrado fare il solito shampoo di schiuma ad Allegri, con una novità: il colombiano ha imbiancato anche la cresta di Cristiano. Prima il 2-1 contro la nuova Fiorentina di Montella, ottima soprattutto per un tempo, era stato vissuto in un’atmosfera dimessa: un po’ la contestazione dei soliti ultrà, un po’ la delusione sparsa e fresca dell’eliminazione in Champions, ma era mancata la scintilla.

SCINTILLA CRISTIANO — La Juve ha risentito dell’atmosfera surreale: è stata costretta a passare un tempo almeno a inseguire le ripartenze dei viola, in vantaggio con il tap-in di Milenkovic e pericolosi più e più volte (un palo e una traversa). Una testata di Alex Sandro ha poi evitato alla Juve di rimandare ancora una volta la festa e nel secondo tempo è servito uno spunto di Cristiano per completare la rimonta: scatto a destra a bruciare il terzino della Fiorentina e cross che causa l’autorete di Pezzella. Anche dopo il gol, il portoghese non esulta poi troppo: il re è sempre lo specchio del suo popolo. La sua gioia trattenuta è unita all’ansia di segnare il gol numero 600 con la maglia dei club: la Juve andata avanti con un filo di gas non lo ha aiutato. Solo nella ripresa, in cui Allegri ha alzato leggermente i giri, il portoghese ha provato con più frequenza il tiro.

CERTEZZA — Almeno Cristiano, però, già prima del fischio finale, ha fatto alzare i decibel dello Stadium, anestetizzato nel primo tempo mentre la Fiorentina fiondava contropiedi a suo piacimento: una volta Simeone ha divorato il gol da destra, un’altra Bonucci in scivolata ha fatto un miracolo su un due contro uno gestito male da Chiesa. E lo stesso Federico prima ha sbagliato uno stop che l’avrebbe messo in porta e poi ha fatto tremare il palo come un destro a giro. Non bastasse, con l’altro piede ha bombardato la traversa: la sassata di sinistro è di una bellezza abbacinante. Avrebbe potuto riportare avanti la Viola dopo il pari di Alex Sandro, ma dopo il legno la palla è rimbalzata sulla linea. In questo che potrebbe essere il suo prossimo teatro, Chiesa ha aperto la valigia dell’attore con dentro tutto il repertorio. Grinta, corsa e capacità balistica da fenomeno, mescolate a un po’ di frenesia di troppo. Il suo apporto però si infrange davanti alla rimontina costruita dai bianconeri. E davanti a una partita che va avanti per inerzia, come fosse una pratica noiosa da chiudere presto, magari evitando il pari di una Viola volitiva. Poi, il prossimo anno ci sarà una nuova Champions da inseguire, con la solita certezza: la Juve con lo scudo sul petto, come capita ormai dal 2012.

Filippo Conticello

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21/04/2019 00:07
 
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Inter-Roma 1-1: Perisic risponde a El Shaarawy

Finisce in parità la sfida per la Champions:
giallorossi in vantaggio al 14’, pareggio nerazzurro nella ripresa



Non la chiude, ma nemmeno spalanca la porta agli avversari. La corsa alla Champions resta socchiusa, per quel che riguarda l’Inter. La squadra di Spalletti non sfrutta il match-point, ma nemmeno subisce il break. La Roma di Ranieri resta a -1 dal quarto posto giocando da fondo campo (per restare al tennis). All’ultimo (90’) prova la discesa a rete con Kolarov, ma viene stoppata da Handanovic. Perisic risponde a El Shaarawy per l’1-1, l’Inter non sfata il tabù San Siro, dove (derby a parte) non ha vinto mai i big match da vincere. Stavolta però il pareggio fa meno male, anzi avvicina a piccoli passi i nerazzurri all’obiettivo necessario. Dominio del possesso palla, 900 passaggi azzeccati, ma sostanziale pareggio anche nelle occasioni da gol. Nella sera in cui Borja Valero dimentica gli acciacchi e Asamoah regala numeri da brasiliano, brilla per un tempo la stella di Dzeko. Inter-Roma segnala anche un’escalation nell’aperta rottura fra la curva e il resto del pubblico di San Siro: oggi ai fischi dello stadio per i cori non graditi dalla Nord si risponde con “pubbico di m.” e “scemi, scemi”. Oggetto del contendere, neanche a dirlo, Mauro Icardi.

LAUTARO E ICARDI — Il sorpasso di Lautaro su Icardi è sancito dalla formazione del 1’, con Mauro che si piazza in panchina ad osservare l’allievo che sfiora il gol quasi subito (9’, colpo di testa e deviazione di Mirante suk palo) e poi a vederlo toccare pochi palloni (come capitava a lui, in certe sere) per tutto il primo tempo. A inizio ripresa altro colpo di testa di Martinez, poi dopo 9’ però tocca a lui: entra per un Nainggolan in tono minore, si riprende le sue zolle a centro area e fa arretrare/spostare di qualche metro il Toro. Al minuti 61, però, la palla di D’Ambrosio sorvola prima la testa di Lautaro, poi quella di Mauro, per trovare la sua destinazione sul secondo palo: Perisic in tuffo, di testa, infila. E’ il quinto assist per il terzino (non pochi), è il 7° gol in campionato per il croato (il 3° in 4 gare), è il gol dell’1-1, giusto riconoscimento di un predominio cresciuto col passare dei minuti, anche per colpa di una Roma che si abbassa passivamente.

EL SHA GOL — Erano partiti bene, i giallorossi. Ranieri sceglie di rinunciare inizialmente a Zaniolo (il “bimbo” entrerà a inizio ripresa per Under ma pungerà poco) e perde nel riscaldamento Manolas. In compenso El Shaarawy, in dubbio per tutta la settimana, c’è e si sentirà. C’è anche Dzeko in versione deluxe, forse stimolato da quello che potrebbe essere il suo stadio futuro. Il bosniaco agisce da play avanzato, non perde un pallone e li smista con classe e puntualità. In una squadra che subisce il 70 per cento di possesso palla degli avversari il 30 passa dai suoi piedi. Il gol del vantaggio romanista parte da una sua apertura a sinistra, poi prende forma con una grande azione di El Shaarawy che si accentra, fa fuori prima D’Ambrosio e poi Vecino (con una finta) e infila un tiro a giro di destro sul palo lontano. Dopo il vantaggio però il progetto “squadra chiusa e ripartenze” si riduce spesso a “squadra molto chiusa e basta”. Prova qualche sortita solo Pellegrini, prima di quella finale di Kolarov. Il gol sarebbe stato un giusto premio per il terzino, propositivo dall’inizio alla fine, ma forse eccessivo per la squadra.

Valerio Clari

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Napoli-Atalanta 1-2: Zapata e Pasalic rispondono a Mertens

Colpaccio dei bergamaschi al San Paolo:
Mertens trova il vantaggio, poi l’ex Zapata e Pasalic ribaltano il match



L’Atalanta non finisce di stupire. Vince al San Paolo e raggiunge il Milan al quarto posto, restando in corsa per un posto in Champions League. Male il Napoli, che non riesce a riprendersi. Un’altra sconfitta, dopo quella rimediata dall’Arsenal, che ha scatenato la contestazione dei tifosi. Fischi per De Laurentiis, Ancelotti e i giocatori, mentre in curva B viene esposto uno striscione sul quale c’è scritto: “Sarri uno di noi”. Un vero affronto per Ancelotti che ha lasciato il campo deluso per la prestazione dei suoi. È Josip Ilicic il personaggio della serata. E con lui Gasperini, bravo a modificare la formazione con gli innesti di Palomino in difesa e di Ilicic sulla tre quarti. L’ingresso dello sloveno ha praticamente ribaltato la partita e il risultato. Una prestazione eccellente, che esalta la squadra proprio alla vigilia della semifinale di ritorno di coppa Italia contro la Fiorentina.

INSIGNE FUORI — All’annuncio delle formazioni, ecco la sorpresa: fuori Lorenzo Insigne, al suo posto c’è Dries Mertens. La decisione di Carlo Ancelotti lascia discutere. Dopo averlo tirato fuori nel giovedì di coppa, contro l’Arsenal, esponendolo ai fischi del San Paolo, l’allenatore ha rincarato la dose escludendolo dalla gara con l’Atalanta. Sarà stata sicuramente un’esclusione tecnica, ma gli eventi degli ultimi giorni lasciano pensare ad una punizione che il tecnico ha voluto infliggere al capitano dopo quanto accaduto giovedì sera, con la protesta del giocatore nel momento della sostituzione. Nell’Atalanta, invece, Gasperini rinuncia a Ilicic proponendo in attacco la coppia Gomez-Zapata.

PIU’ NAPOLI — Sul San Paolo si scatena il diluvio, piove a dirotto quando Orsato fischia il via. Il terreno scivoloso non consente un bon controllo del pallone, sono tanti gli errori in appoggio e in uscita. Su un lancio lungo di Hysaj, Mancini calcola male il rimbalzo della palla e favorisce lo scatto di Mertens. L’attaccante belga si invola verso Gollini, ma nel tentativo di saltarlo frana per terra senza alcun contatto. Giustamente Orsato fa segno di proseguire (11’). Due minuti più tardi, Chiriches è costretto a lasciare il suo posto a Luperto. In un contatto di gioco con Zapata, s’infortuna alla spalla.


VANTAGGIO NAPOLI — L’Atalanta stenta a trovare gli spazi necessari per esaltare Zapata. Pasalic sbaglia tanto, mentre Hateboer è condizionato dall’ammonizione rimediata dopo appena un minuto di gioco per un abbraccio a Mertens. Il Napoli passa in vantaggio al 28’. Castagne sbaglia la chiusura su Malcuit che ha tutto il tempo per crossare. Sul pallone si avventano Mancini e Mertens e la deviazione del difensore sbatte su sull’anca dell’attaccante per il vantaggio napoletano (28’). Il primo tiro in porta dei bergamaschi arriva al 36’, con una conclusione di Gomez dal limite dell’area: Ospina è pronto alla deviazione in angolo. Lo stesso portiere si ripeterà nei minuti di recupero per deviare una botta del solito Papu.

DENTRO ILICIC — Al rientro in campo, dopo l’intervallo, Gasperini provvede alla prima sostituzione: fuori Mancini e dentro Palomino e dopo 9 minuti tira fuori Freuler per inserire Ilicic. Ma è sempre il Napoli a farsi pericoloso. Al 5’, Milik approfitta di un errore di Masiello e scavalca Gollini con uno scavetto. Il pubblico del San Paolo esulta, ma il difensore, con uno scatto disperato, riesce a ricacciare fuori la palla prima che la stessa superi del tutto la linea bianca. Con Ilicic, l’Atalanta si trasforma. Lo sloveno è di qualità superiore, e si vede. E’ lui ha costruire una palla gol per Zapata, ma il colombiano viene anticipato al momento della battuta, da Koulibaly (23’). E’ il preludio al pareggio che arriva al 24’. E’ sempre Ilicic a innescare lo scatto di Hateboer sula destra. L’esterno supera in velocità Hysaj e crossa basso per il tocco di Zapata che anticipa Koulibaly. Il pareggio rinvigorisce i bergamaschi che provano a vincerla la partita. Ilicic crea lo scompiglio nell’area napoletana e Ospina è costretto ad una respinta sul tiro secco dello sloveno. Sulla ribattuta De Roon sfiora il palo da fuori area. Può un solo giocatore determinare una partita? Ebbene si, al San Paolo è successo. Ilicic è un gladiatore, lotta e gioca di fino. Strepitoso l’assist per Zapata e il conseguente colpo di tacco del colombiano a smarcare Pasalic per il gol del vantaggio. In campo l’Atalanta fa festa mentre dagli spalti sale la contestazione contro Aurelio De Laurentiis.

Mimmo Malfitano

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2018/2019 33ª Giornata (13ª di Ritorno)

20/04/2019
Parma - Milan 1-1
Bologna - Sampdoria 3-0
Cagliari - Frosinone 1-0
Empoli - Spal 2-4
Genoa - Torino 0-1
Lazio - Chievo 1-2
Udinese - Sassuolo 1-1
Juventus - Fiorentina 2-1
Inter - Roma 1-1
21/04/2019
Napoli - Atalanta 1-2

Classifica
1) Juventus punti 87;
2) Napoli punti 67;
3) Inter punti 61;
4) Milan e Atalanta punti 56;
6) Roma punti 55;
7) Torino punti 53;
8) Lazio punti 52;
9) Sampdoria punti 48;
10) Cagliari e Fiorentina punti 40;
12) Sassuolo e Spal punti 38;
13) Parma punti 36;
15) Genoa e Bologna punti 34;
17) Udinese punti 33;
18) Empoli punti 29;
19) Frosinone punti 23;
20) Chievo(-3) punti 14.

(-3) Il Chievo sconta la penalizzazione per la sentenza del Tribunale della Federcalcio.

(gazzetta.it)
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Bologna-Empoli 3-1: Soriano, Orsolini e Sansone rispondono a Pajac

Gli uomini di Mihajlovic ribaltano la partita dopo lo svantaggio
nel primo tempo e si portano a +8 dai toscani, sempre più terz’ultimi



Finisce con Joey Saputo che si alza dal seggiolino imperiale per caricare la folla (25.000 spettatori) in quei cinque minuti finali che vedono l’Empoli disperatamente alla ricerca di un pareggio che alla fine diventa 3-1 con sigillo spaccatutto di Sansone. Bologna quasi salvo e a +8 dai toscani (con lo scontro diretto a favore), Empoli che vede sempre di più l’inferno e la Curva Bulgarelli che canta “Sinisa resta con noi” ripetutamente. Il futuro bolognese può cominciare, mentre quello dei toscani (padroni di una manovra da manuale e di un vantaggio meritatissimo lungo il corso del primo tempo) si fa sempre più di serie B. Ma con grande onore, se così dovesse succedere.

SINISA FURIBONDO — Andreazzoli, con tante defezioni difensive, si presenta con la terza linea a tre ma il centrocampo è formato dai titolari e in avanti ha killer-Caputo (15 gol) e Farias, che nel gennaio scorso è stato a mezzo passo dal Bologna. Mihajlovic conferma la sua Task Force: Palacio fa sempre il Falso-9, Dzemaili vince il ballottaggio con Poli, torna Dijks a sinistra e vengono confermati Orsolini e Sansone ai fianchi di Soriano nel 4-2-3-1. Il problema per il Bologna è che vengono fallite subito ghiotte occasioni: quella più grossa è di Orsolini che dopo un errore della difesa empolese spara di destro fuori di poco a porta quasi spalancata. Gli altri? Di Pulgar e Sansone. L’Empoli pressa in ognidove e mette il naso fuori verso la porta avversaria una volta: è quella del gol. Il Bologna libera ma Orsolini perde palla (forse colpito fallosamente da Rasmussen), la conquista Pajac (uno dei migliori) un tiro sul quale Skorupski non c’è: 0-1. Gol strepitoso che rimescola tutta la volata salvezza. E da quel momento il Bologna non fa praticamente nulla che possa dare l’idea di un pareggio. A tal punto che ancor prima che Valeri fischi la fine del primo tempo, Mihajlovic prende la via degli spogliatoi: è furibondo.

EUROGOL — Ed evidentemente la sfuriata serve: perché il Bologna non cambia uomini ma testa sì. Al 7’ c’è un pallone di Sansone che coglie dall’altra parte del campo Soriano, un colpo Insigne-Callejon per intenderci: l’ex doriano sbuca da dietro ed è 1-1. Da quel momento l’Empoli non di disunisce ma non filtra verso l’area avversaria come nel primo tempo: è il Bologna che fa la partita, a fasi alterne ma la fa con più convinzione e la voglia di non accontentarsi. Poco alla volta Andreazzoli infila Acquah per uno spento Farias, poi Pasqual e infine Mchedlidze ma il Bologna passa ancora due volte: eurogol gol nel “sette” di Orsolini (dopo palla rubata da Sansone) per il 2-1 e chiusura al minuto 49’ di Sansone. Bologna fa festa dopo mesi d’inferno, l’Empoli dentro l’inferno c’è assai.

Matteo Dalla Vite

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Serie A, Roma-Cagliari 3-0:
Fazio, Pastore e Kolarov, gol per la Champions

I giallorossi conquistano i tre punti contro i rossoblù e si portano, in attesa di Milan e Atalanta, al 4° posto



Sembrava la mossa a sorpresa, si è invece rivelata quella vincente. O, almeno, una delle chiavi con cui la Roma ha superato per 3-0 il Cagliari, tornando temporaneamente al quarto posto e, quindi, in Champions. Quella mossa ha il nome di Javier Pastore, ritirato fuori dai vecchi armadi di Trigoria e capace di giocare una partita come ai suoi tempi d’oro. Per l’argentino gol, traversa e una serie di giocate da applausi. A chiudere il 3-0 giallorosso il gol iniziale di Fazio e quello finale di Kolarov. Per il Cagliari, invece, una partenza ad handicap, in una gara dove si sono distinti Barella e Cragno, molto meno l’ex Luca Pellegrini.

UNO-DUE — Ranieri un po’ a sorpresa lascia fuori Schick e rilancia dal via Pastore come trequartista centrale alle spalle di Dzeko, Maran invece ai affida al classico undici che gli ha permesso di portare a casa 13 punti nelle ultime sei gare di campionato. La mossa giusta a conti fatti è quella di Ranieri, perché Pastore non solo segna il gol del 2-0 con un piatto chirurgico al termine di un’azione bellissima (apertura di prima di Kolarov e spunto in velocità di Kluivert), ma è protagonista di tutta una serie di giocate da applausi, tra cui una traversa piena (43’) ed una rabona in corsa. Insomma, il gol quasi in apertura (8’) esalta l’argentino, che poi regala alcuni dei suoi colpi migliori. Ad aprire le danze, però, era stato ancora prima (5’) Fazio di testa, con Cragno capace di tirare fuori il pallone dalla porta troppo tardi, quando aveva già sbattuto sul palo e superato la linea. Il doppio svantaggio sgonfia subito il Cagliari, dove Cigarini in regia è terribilmente falloso e Luca Pellegrini soffre l’emozione di giocare contro i suoi ex compagni e sbaglia un po’ tutto. Pavoletti però la palla buona per riaprire la partita ce l’ha al 12’, ma Mirante è strepitoso in angolo. E allora la Roma gestisce il vantaggio e ogni tanto prova a far male negli spazi, con Lorenzo Pellegrini che trova un paio di corridoi in verticale. Da uno di questi, appunto, nasce l’azione della traversa di Pastore, a cui fa seguito uno spunto di El Shaarawy (tiro parato in angolo) e che era stata preceduta da un tiro di Florenzi di un soffio fuori. Insomma, stavolta la Roma gioca anche bene e si distende in verticale.

DOMINIO GIALLOROSSO — La ripresa si apre con Birsa che di testa mette i brividi a Mirante, ma poi sono ancora i giallorossi a sfiorare due volte il colpo del k.o..: prima un tiro di Dzeko (con deviazione fondamentale di Ceppitelli) finisce sul palo, poi un tap-in corsa di Pellegrini va fuori di un soffio da dentro l’area di rigore. Kluivert a destra accende spesso il motore ed accelera quando vuole, Pastore ha un altro paio di spunti da gigante del calcio, Cragno fa una super parata su El Shaarawy e Dzeko si divora il 3-0 non si sa neanche come. Insomma, se il risultato resta ancora in bilico è solo perché la Roma non riesce ad essere cinica e concreta come dovrebbe. Al 41’, però, ci pensa Kolarov a chiudere i giochi, ribadendo in rete una respinta di Cragno su Perotti. L’ultimo acuto è di Pavoletti in corsa, ma il suo destro in corsa finisce fuori. Poi niente più, con la Roma tornata momentaneamente al quarto posto (in attesa delle gare di Atalanta e Milan) ed il Cagliari con la testa già al Napoli.

Andrea Pugliese

Fonte: azzetta dello Sport
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Serie A, Inter-Juve 1-1: Ronaldo risponde a Nainggolan

Gara con tante occasioni da entrambe le parti, sbloccata dal gran gol del belga dopo soli 7’.
Il portoghese sale in cattedra nella ripresa e arriva a quota 600 con i club



La fame di Champions League dell’Inter, la fame di gol di Cristiano Ronaldo che fa 600 nei club. No, Inter-Juve non può mai essere una partita normale, anche se ci sono 26 punti di differenza, e così è anche stavolta: a San Siro finisce 1-1, ed è una serata da fuochi d’artificio. I nerazzurri fanno un altro passettino verso la coppa più importante, anche se la Roma oggi ha vinto (risalendo a -4 e al 4° posto) e domani Milan e Atalanta possono avvicinarsi a soli 3 punti; i bianconeri dimostrano che l’ottavo scudetto di fila già sulle maglie sarà nobilitato eccome con partite di spessore. Spalletti domina il primo tempo, segna subito con Nainggolan ma non la chiude. Allegri parte più lento, sa aspettare e poi cala l’asso CR7, un lampo nell’area nerazzurra per firmare il gol numero 20 in Serie A, e nel finale potrebbe anche fare il colpo da 3 punti.

INIZIO TOP — L’Inter fa tanto nel primo tempo e soprattutto tanto di quello che spesso quest’anno è mancato a Spalletti nelle partite da non sbagliare. I nerazzurri, che a sorpresa si presentano con Icardi e non Lautaro unica punta, non danno tempo alla Juve, hanno più benzina, affondano su ogni pallone, non mollano un millimetro. La conseguenza di un’Inter così energetica sono le occasioni in serie dopo il super gol dopo 8 minuti del Ninja, che una serata così contro la nemica Signora forse non l’aveva mai nemmeno sognata. Al 12’ prima Icardi e poi De Vrij di testa potrebbero uccidere il match, ma Szczesny si fa trovare decisamente più pronto rispetto al “tiraccio” di Nainggolan. Un’altra occasionissima ce l’ha ancora Maurito al 29’, quando favorito da un rimpallo calcia da due passi ma Matuidi si mette in mezzo e lo mura. E la Juve? Non ha la fretta di spingere a tutta e dalle parti di Handanovic si vede solo con Bernardeschi, che va alto su assist di Ronaldo. CR7, che al Meazza ha vinto la Champions con il Real nel 2016, nei primi 45’ fa qualche girighori e poco altro, ben controllato a turno da D’Ambrosio, De Vrij e Politano. San Siro (sold out per motivi di sicurezza a quota 73.855 spettatori) ribolle di entusiasmo e quando Matuidi fa fallo su D’Ambrosio nell’area nerazzurra e la curva accenna i buu il resto dello stadio fischia il centrocampista juventino.

ECCO RONALDO — Mai dare per finita la Juve, però, perché al ritorno in campo la musica è molto diversa e l’onda d’urto bianconera inizia a manifestarsi. Allegri è il primo a cambiare e fa uscire Alex Sandro e Matuidi, giocandosi le carte Spinazzola e Kean. Al 12’ è pericolosissima l’Inter con Perisic, che duetta con Brozovic su un calcio di punizione, poi ecco Ronaldo. Sì, CR7 decide che è il momento di essere decisivo. Prima fa le prove ma viene murato da De Vrij, poi al 17’ è implacabile e segna l’1-1: scambia con Pjanic e poi fa partire un missile che buca Handa sul primo palo, senza che lo sloveno possa nemmeno fare un passo. È 1-1, ma non finisce qui. Al 25’ Perisic-Icardi-Perisic dentro l’area ma Szczesny è fenomenale e devia in angolo. Spalletti toglie un esausto Nainggolan per Borja Valero e sposta Vecino trequartista: l’Inter soffre sulla destra, da dove piovono tantissimi cross. La Juve si vede ancora con Pjanic al volo su assist di Spinazzola ma Handanovic è attento. Va fuori Icardi, Lautaro prova a dare la scossa ma l’Inter non sa più essere pericolosa. Diversamente da Ronaldo, che al 90’ fa passerella anche in versione assistman: lui è perfetto, Pereira meno e la grossissima chance per il colpaccio Juve sfuma. Ma forse sarebbe stato troppo.

Carlo Angioni

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Serie A, Frosinone-Napoli 0-2:
Mertens e Younes consolidano il 2° posto

Il belga raggiunge a quota 81 gol il Pibe de oro.
Gli azzurri consolidano il 2° posto, per i ciociari la salvezza è ormai un miraggio



Torna alla vittoria il Napoli con una prestazione convincente sul piano del gioco e abbastanza carente sul piano delle conclusioni. Con un Frosinone dignitoso, ma ormai rassegnato e nettamente inferiore a livello tecnico, la squadra di Ancelotti raccoglie il minimo con due gol, uno su calcio piazzato e solo un altro su azione. Poi gli avanti azzurri sbagliano in quantità colpendo ben tre legni. Un passo avanti verso la blindatura del secondo posto (i punti di vantaggio sull’Inter diventano 8). I ciociari attendono ormai il verdetto ufficiale della retrocessione, che aritmeticamente potrebbe arrivare di lunedì, nel caso l’Udinese vincesse nel posticipo.

GRIMALDELLO YOUNES — Baroni schiera un 3-5-2 che più che altro vede schiacciata una terza linea con 5 difensori e Trotta che aiuta in mediana. Perché il 4-4-2 di partenza di Ancelotti è molto aggressivo, con Younes e Callejon che giocano vicini alle punte centrali, e Malcuit e Ghoulam che spingono parecchio. Ma l’occasione più clamorosa nella fase iniziale è del Frosinone, Trotta viene indietro a prendersi il pallone e crea la profondità per Valzania che - grazie a uno scivolone di Koulibaly - si ritrova in ottima posizione di tiro, ma preferisce servire Pinamonti, il cui diagonale sfila a lato. I padroni di casa non colgono l’attimo fuggente e cominciano a soffrire la pressione e la qualità nettamente superiore del Napoli. È soprattutto Younes, che parte da sinistra puntando e costantemente saltando Ghiglione, a proporsi due volte pericolosamente al tiro (bravo Sportiello in queste occasioni). E sempre su un’azione del tedesco di origine libanese, in slalom al limite dell’area , arriva il piazzato del gol, con Trotta lo ferma fallosamente. La punizione è nella mattonella ideale per Mertens e il destro è perfetto per potenza e direzione: passa sopra la barriera e lascia di stucco Sportiello. Tredicesimo gol in campionato per il belga che conferma la sua fame di gol all’ora di pranzo: ottavo gol nelle ultime 7 gare di campionato giocate nell’anticipo domenicale. E soprattutto 81esimo in maglia azzurra, raggiunto Maradona.

VALZANIA CI PROVA — Il Frosinone non riesce a organizzare una reazione e continua a soffrire dietro. Gli unici movimenti interessanti sono le penetrazioni di Valzania che in un paio di occasioni prova il destro dal limite, senza precisione però. Mentre è clamoroso il gol che si divora Callejon alla fine di una spettacolare azione tutta di prima con tacchi smarcanti di Younes e Zielinski. Il copione non cambia e a inizio ripresa, arriva il logico raddoppio con un bel triangolo Younes-Milik chiuso con un perfetto diagonale piazzato dal tedesco, il migliore in campo.

INSULTI A KOULIBALY — Poi al 13’ occasione per Gori che tira bene dal limite con Ospina che respinge e poi nell’inerzia dell’azione finisce oltre i tabelloni pubblicitari. Lo soccorre Koulibaly e gli ultrà dalla curva lo insultano da pochi metri. Kalidou resta fermo a guardarli: è bravo l’arbitro La Penna ad andare a confortare e rassicurare il giocatore senegalese e per fortuna l’episodio resta circoscritto.

PALI IN QUANTITÀ — Baroni prova a rimodellare i suoi con l’inserimento di Paganini, Dionisi e Ciofani per passare a un 4-3-3 più aggressivo, ma è sempre il Napoli a tenere il pallino del gioco. Curioso al 19’ il doppio legno sulla stessa azione: prima palo di Callejon, poi traversa di Fabian Ruiz, con Sportiello spettatore. Il Frosinone spinge ma lascia praterie al contropiede degli azzurri, ancora imprecisi con Mertens e Callejon che centra il secondo palo personale.

Maurizio Nicita

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Serie A, Chievo-Parma 1-1: gol di Kucka e Meggiorini

Partita dai due volti.
Nel primo tempo meglio gli ospiti, a segno al 38’,
poi nella ripresa l’ingresso di Pellissier dà la scossa.
Ai clivensi annullato un gol per fuorigioco



Il pareggio, giusto per quello che si è visto, è un passettino per il Parma verso la salvezza e la dimostrazione che la dignità e l’orgoglio sono qualità che appartengono al Chievo. La squadra di Di Carlo, già retrocessa, non molla un centimetro, s’impegna, suda, lotta e si guadagna un punto che è un premio per l’interpretazione della sfida. Ci si aspettava di più dal Parma, diciamo la verità, ma considerata la sconfitta dell’Empoli ieri a Bologna va bene tornare a casa con questo pareggino.

CALCI DA FERMO — Per lunghi tratti si gioca a tamburello: pallone che viaggia sopra le teste dei giocatori e nessuna azione a terra. Il Chievo parte cercando qualche fraseggio, ma dopo una ventina di minuti di spegne: e in questo scorcio di partita mai riesce a impensierire Sepe. Il Parma, sornione, esce dalla tana e conquista metri su metri. A centrocampo sfrutta la superiorità numerica e comincia a spingere sulle fasce con Gazzola a destra e, soprattutto, con Dimarco a sinistra. I calci piazzati, si capisce subito, possono essere l’apriscatole della sfida, e la squadra di D’Aversa è maestra in questa specialità. Prima Bastoni (minuto 33) sfiora la traversa con un colpo di testa da calcio d’angolo, poi al 38’ Kucka timbra il gol con una zuccata imperiale. Il Chievo sembra tramortito.

INGRESSO — L’intervallo trasforma la squadra di Di Carlo che si presenta nella ripresa con piglio molto più aggressivo. Adesso è il Parma a boccheggiare. Prima Meggiorini va in gol all’11’, ma l’arbitro annulla dopo un lungo consulto Var per un fuorigioco di Barba che disturba l’intervento del portiere Sepe. E poi è sempre Meggiorini a timbrare la rete del pareggio su perfetto cross di Vignato dalla sinistra. Il Chievo spinge forte, anche perché Di Carlo ha inserito Pellissier e il gioco offensivo ne ha tratto un evidente vantaggio. Gli emiliani non riescono mai a ripartire, Gervinho pare stanchissimo, Siligardi non lo aiuta mai, i centrocampisti girano a vuoto. E’ di Barba l’occasione migliore, ma Sepe gli dice no al minuto 28. I cambi, nel finale, non spostano l’equilibrio.

Andrea Schianchi

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Spal-Genoa 1-1, Lapadula risponde a Felipe

Termina in pareggio la sfida di Ferrara:
padroni di casa avanti al 36’, l’ex Milan salva Prandelli.
Rossoblù a +6 a dall’Empoli terz’ultimo, Spal a +10



Spal e Genoa finiscono per non farsi male. Un punto a testa e solo sorrisi al 90’. La banda Semplici tocca quota 39 in classifica e di fatto conquista la seconda salvezza consecutiva. Dal canto suo, Prandelli tira un vero e proprio sospiro di sollievo: ora i rossoblù sono a +6 con gli scontri diretti a favore rispetto all’Empoli terzultimo. Nel primo tempo apre la gara Felipe di testa, risponde al 15’ del secondo Lapadula con un sinistro sporco che scavalca Viviano.

SCATTO SPAL — Squadre praticamente a specchio: 3-5-2 per entrambe. Semplici là davanti punta inizialmente su Petagna e Floccari. La spinta laterale spetta a Lazzari e Fares, mentre nel cuore del campo ci sono Murgia, Missiroli e Kurtic. In difesa Bonifazi, Vicari e Felipe. Prandelli attacca invece con Pandev e Kouame, sulle fasce spingono Lazovic soprattutto e Criscito un po’ meno. In mezzo al campo non c’è lo squalificato Veloso: fanno allora reparto Lerager, Radovanovic e Mazzitelli. Dietro comanda Romero: ai suoi lati Gunter e Zukanovic. L’inizio è tutto del Genoa. Due volte pericoloso Kouame che prima spara a lato da buona posizione, poi su un lungo lancio di Gunter si presenta a tu per tu con Viviano e colpisce la traversa interna con un pallonetto morbido morbido. Subito dopo è bravo Romero a chiudere la strada a Floccari lanciato verso Radu da un appoggio molle e impreciso di Mazzitelli. Piano piano la Spal guadagna metri, e Radu è bravo a mandare in angolo la testata di Murgia. Dalla bandierina batte Kurtic, Vicari prolunga di testa e Felipe incorna in porta dal limite dell’area piccola. Sul finire del primo tempo si fa male Mazzitelli: dentro Rolon.

LA RIPRESA — A inizio secondo tempo Prandelli getta nella mischia Lapadula al posto di Gunter: Genoa che passa al 4-3-1-2. E Pandev, dietro le punte, inizia a macinare gioco. Al 15’, Lapadula sfrutta una serie di rimpalli in area e gira di sinistro verso la porta avversaria: la palla picchia terra e si impenna beffando Viviano: 1-1. Passano pochi minuti e Prandelli toglie lo stanchissimo Pandev per Biraschi risistemando i suoi con uno scolastico 4-4-2: Biraghi, Romero, Zukanovic e Criscito dietro; Lazovic, Lerager, Radovanovic e Rolon a centrocampo; Lapadula e Kouame in avanti. Ma è la Spal a chiudere meglio e a creare i pericoli maggiori. Trema il Genoa al 31’: cross da destra di Lazzari, uscita a vuoto di Radu e colpo di testa di Kurtic salvato sulla linea da un miracoloso Romero. Poco prima era entrato Antenucci per Foccari. A cinque minuti dalla fine dentro anche Paloschi per Petagna. Fares sparacchia a lato un paio di sinistri da lontano. Il Genoa fa muro e difende fino alla fine un preziosissimo pareggio.

Mirko Graziano

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Sampdoria-Lazio 1-2.
Decide Caicedo ma Quagliarella dà la zampata

Ramirez espulso prima dell'intervallo:
un uomo in meno per la squadra di Giampaolo sotto di due gol per la doppietta di Caicedo.
Dai blucerchiati reazione sorprendente ma non basta



La Lazio (1-2 il finale al Ferraris) gioca un tempo da protagonista assoluta e questo basta alla squadra di Inzaghi per capitalizzare una vittoria pesantissima che la rilancia nella corsa all’Europa. Più di tutto, stupisce però l’arrendevolezza di una Sampdoria che ruggisce nella ripresa, ma per un tempo di fatto non è mai in partita, e saluta così definitivamente (e nel modo più amaro) le sue ambizioni europee, dopo essersi consegnata sino a metà gara a una Lazio padrona del campo. Immobile parte in panchina, ma la squadra di Simone Inzaghi si dimostra cinica, attenta, veloce di gambe e di testa: con il due a uno di oggi porta a casa tre punti pesantissimi e si rimette in caccia del settimo posto. Blucerchiati tramortiti dall’uno-due in avvio di Caicedo, implacabile a colpire ed affondare la squadra di Giampaolo partita malissimo e con vistosi sbandamenti difensivi, e penalizzati dall’espulsione per doppia ammonizione di Ramirez proprio allo scadere del primo tempo.


UNO-DUE — Una disattenzione colossale di Colley dopo appena 2’16” dal via spiana la destra sulla fascia destra dei biancazzurri a Caicedo, il cui diagonale trafigge Audero. La reazione della Samp non arriva, perché due minuti dopo ancora l’attaccante laziale (con la doppietta di ieri salito a quota otto gol fra i cannonieri) svetta di testa, ma colpisce a lato.

CRISI — Lazio agile e leggera, Samp abulica e inconsistente, tanto che al quarto d’ora Giampaolo richiama in panchina un disastroso Colley e lo rimpiazza con Tonelli, che va a far coppia con Ferrari, sostituto dell’infortunato Andersen. La reazione dei padroni di casa è sterile e al 20’ in contropiede (avviato da Correa e proseguito da Romulo, ancora sulla destra) il solito Caicedo fa ancora centro. Rete-capolavoro che manda in tilt la Samp ed apre un’autostrada sulle corsie esterne a una Lazio che gioca racchiusa in trenta metri e dà l’impressione di ottenere il massimo faticando pochissimo. L’unica occasione per i padroni di casa arriva su una punizione di Ramirez (33’) che Strakosha riesce a deviare.

ORGOGLIO — Nella ripresa, ruoli rovesciati anche se in avvio i blucerchiati vanno subito in sofferenza per la mancanza di un raccordo fra mediana e attacco: la Samp rischia ancora con un palo di Romulo, ma poi trova il gol della speranza (13’) con il 23° centro di Quagliarella in campionato, che diventa così pure il bomber più prolifico in carriera (150 gol) di questa serie A. Una Samp trasformata crede così nell’impresa: il palo salva gli ospiti su tiro di Murru (16’), con il pallone che dopo il legno carambola sulla schiena di Strakosha e termina fuori. La Samp ha più energia, la Lazio si chiude: Inzaghi gioca la carta-Immobile, che alla mezz’ora colpisce la traversa su punizione, prima che Defrel (31’) manchi di un soffio il pareggio. Giampaolo osa e gioca la carta-Gabbiadini, rinunciando a un difensore (Sala). Troppo tardi, nonostante un finale caldissimo ed a nervi tesi, in campo e sulle panchine.

Filippo Grimaldi

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Torino-Milan 2-0: Belotti su rigore e Berenguer.
Mazzarri-Romagnoli espulsi

I granata agganciano i rossoneri in classifica e possono credere all'Europa.
La squadra di Gattuso non perde solo il quarto posto, ma ora rischia di rimanere fuori dalle coppe


Il Toro vede le stelle, il Milan precipita all'inferno. Belotti e Berenguer esaltano la notte magica dei granata in un Olimpico stracolmo e ribollente di entusiasmo: la squadra di Mazzarri mette la freccia, conquista i tre punti che valgono l'aggancio proprio ai rossoneri e il quinto posto in classifica, a due punti dalla zona Champions. Serata vibrante, intensa e storica per il Toro che non batteva il Milan da diciotto anni.


LA VOGLIA DEL TORO — Di voglia ce n'è da vendere, e quella del Toro si vede subito: i primi venti minuti dei granata sono di ferocia e pressione in tutte le zone del campo. Il Milan non dà, però, l'impressione di restare stupito di fronte all'impeto del Toro: si compatta davanti a Donnarumma, con Kessie e Paquetà molto stretti intorno a Bakayoko. Gli anticorpi studiati da Gattuso funzionano, mentre il Toro la metta sul piano fisico a centrocampo provando a colpire con gli inserimenti centrali di Berenguer e le sgroppate di Ansaldi sulla sinistra. In mezzo un paio di colpi proibiti che stonano con un primo tempo sostanzialmente corretto: come la gamba di Conti sul petto di Ansaldi (al 13') punita con l'ammonizione dall’arbitro Guida, e l'atterramento di un Rincon lanciato a rete da parte di Paquetà (tre minuti dopo), sanzionato ancora con un giallo.

L'ATTENZIONE DEL MILAN — Nel miglior momento del Toro della prima metà della gara, il Milan ha il merito di non far soffrire eccessivi problemi a Donnarumma che deve seguire con lo sguardo una punizione di Ansaldi (17') finire sui tabelloni e una conclusione di Meité (19') spegnersi in tribuna. Verso la mezzora, la sfida si riequilibra. Spinto dalle iniziative individuali, la squadra di Gattuso chiama Sirigu a due interventi per niente banali: il primo squillo è di Suso alla mezzora, poi il numero uno del Toro chiude lo specchio a Calhanoglu in uscita (al 44'). In mezzo (al 39') l’occasione di Belotti, su assist di Ansaldi, sulla quale Donnarumma è attento.

IL GRANDE TORINO — All'intervallo sono brividi, sulle note di un "Giorno di pioggia" dei Senso Unico. Tutti i ventiseimila e cinquecento spettatori dello stadio Olimpico (tifosi del Milan compresi) accompagnano con un religioso silenzio, liberato da un lungo applauso, il ricordo del Grande Torino scomparso nella tragedia di Superga, e di cui il prossimo quattro maggio cadrà il settantesimo anniversario. Lucine bianche all'Olimpico accese in tutti i settori, mentre nell'aria risuona la formazione di quella squadra invincibile.

MAZZARRI ESPULSO — La veemenza del Toro si ripropone anche in avvio di ripresa, in una partita che sale di tono e che presto diventa spigolosa. Dopo quattro minuti, Belotti chiede un calcio di rigore per l'abbraccio di Musacchio: Guida fa correre tra le proteste dei calciatori in campo e della panchina granata. Passano sette minuti, e Suso (già ammonito) trattiene platealmente Izzo: l'arbitro fischia la punizione, ma grazia lo spagnolo evitandogli il secondo cartellino giallo. Arriviamo così al nono, quando Guida ritiene falloso l'intervento di Nkoulou su Cutrone a centrocampo. Mazzarri accenna la protesta con il quarto uomo e Guida allontana immediatamente il tecnico alla sua sesta espulsione in campionato.


BELOTTI FA TREDICI — Spinto da uno stadio divenuto ormai incandescente, il Toro continua a spingere e trova l'episodio favorevole. Accade all'undicesimo, quando a pochi passi da Donnarumma, Izzo è spinto da Kessie. Guida fischia subito il rigore, mimando con le braccia il gesto della spinta, anche il controllo al Var con Rocchi conferma: dal dischetto Belotti non perdona, realizzando il suo tredicesimo gol in campionato. Gol dedicato al compagno Djidji, operato proprio in settimana al menisco. Gattuso corre ai ripari, lanciando nella mischia Piatek al posto di uno spento Paquetà. La gara si mette sul duello fisico a tutto campo, ne fa le spese Moretti che si becca un cartellino giallo: era diffidato, salterà il derby.

BERENGUER IN BUCA — Il Milan reagisce con l'orgoglio, ma si ferma sulla traversa colpita da Bakayoko (21'). È una fiammata spenta tre minuti dopo da una giocata al bacio di Berenguer: collo pieno perfetto e palla in buca. Per lo spagnolo è il secondo gol in questa stagione, dopo quello di Frosinone, e il terzo da quando veste la maglia del Toro. Bakayoko è uno degli ultimi ad arrendersi, e al 35' con un colpo di testa chiama Sirigu a una parata difficile. Le ultime briciole di speranze per Gattuso muoiono sul cartellino rosso stampato in faccia a Romagnoli (al 36') per un applauso ironico a Guida. Per Gattuso e il suo Milan è stata proprio una serataccia.

Mario Pagliara

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29/04/2019 23:53
 
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Atalanta-Udinese 2-0: rigore di De Roon e gol di Pasalic. Palo di De Paul

Negli ultimi 10' Gasperini vince la partita: a quattro giornate dalla fine è in zona Champions


C'è la Dea al quarto posto. L'Atalanta batte l'Udinese alla fine di una partita molto tattica e altrettanto difficile e stacca tutti nella corsa alla Champions League. De Roon su rigore e Pasalic hanno firmato negli ultimi dieci minuti una vittoria pesantissima che consolida il sogno europeo di Gasperini, che adesso ha un punto di vantaggio sulla Roma, tre su Milan e Torino, quattro sulla Lazio. L'Udinese mantiene le quattro lunghezze sull'Empoli e può recriminare per il palo colpito da De Paul sullo 0-0 e sull'ingenuità di Sandro, autore del fallo da rigore che ha sbloccato la gara. Tudor può essere soddisfatto per l'applicazione della sua squadra, ma la classifica resta preoccupante.

PRIMO TEMPO — Fin dai primi minuti lo sviluppo della partita è in linea con le previsioni. L'Atalanta attacca, l'Udinese si chiude e ogni tanto riparte. Tudor, però, ha preparato bene l'incontro e lascia pochi spazi ai nerazzurri i cui primi pericoli, non a caso, arrivano da palla inattiva: Musso è bravissimo sul colpo di testa di Gosens e blocca senza patemi una conclusione centrale sempre di testa di Zapata. L'assenza di Ilicic (dolorante al ginocchio sinistro e confinato in tribuna) si fa sentire perché l'Atalanta a destra non sfonda mai a causa della negativa giornata di Pasalic e Hateboer. A sinistra, invece, Gomez è ispirato e mobile: il Papu innesca spesso i compagni che però non riescono a segnare un po' per imprecisione e un po' per le qualità di Musso, strepitoso su un tiro al volo di De Roon al 27'. Anche l'Udinese costruisce una grande palla-gol in contropiede, ma il pallonetto di Lasagna finisce fuori di pochissimo dopo aver superato Gollini. Pochi secondi prima dell'intervallo Gomez e Zapata costruiscono bene, ma Pasalic conclude male di sinistro.


RIPRESA — In avvio di ripresa Gasperini sostituisce un difensore (Mancini) con un attaccante (Piccoli) spostando De Roon in difesa, arretrando Pasalic (inizialmente trequartista con Gomez) in mezzo e passando al 3-4-1-2. Il ritmo, però, è un po' basso e l'Udinese si difende con ordine. Pian piano, comunque, la difesa bianconera comincia a lasciare qualche spazio dove l'Atalanta si infila con bravura. L'Udinese ha un sussulto al 27' quando De Paul prende il palo da fuori, ma i nerazzurri sono ormai padroni del campo. Stryger Larsen chiude benissimo su Zapata, ma al 36' ecco la svolta: Sandro stende Masiello in area e De Roon trasforma il rigore. Passano quattro minuti e Pasalic chiude la gara con un sinistro deviato in rete da Nuytinck. L'Udinese non reagisce, l'Atalanta sfiora la terza rete e si gode il quarto posto.

G.B. Olivero

Fonte: Gazzetta dello Sport
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