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Se ne va un altro pezzo di storia dell'Italia e di Napoli: il Banco di Napoli definitivamente incorporato da Intesa Sanpaolo

Ultimo Aggiornamento: 27/11/2018 16:10
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Cala il sipario sul Banco di Napoli


Da oggi l'Istituto di credito sarà incorporato in Intesa Sanpaolo:
muta la ragione sociale ma resterà l'insegna per altri vent'anni


Da oggi il Banco di Napoli sarà definitivamente incorporato in Intesa Sanpaolo. Scompare l’istituto tra i più antichi d’Italia, fondato nel 1539, le cui origini risalgono ai banchi pubblici gestiti dalle opere religiose. Sfumano così 500 anni di storia, con una fusione per incorporazione, avviata 10 anni fa, nel primo gruppo bancario italiano per capitalizzazione. Muta la ragione sociale, i 2 milioni e 200 mila correntisti cambiano Iban e si vedranno catapultati virtualmente in un mega colosso con sede a Milano. Fine dell’autonomia per una banca che ha attraversato la storia d’Italia. L’insegna resterà per altri 20 anni solo all’ingresso dei 533 sportelli. Poi sparirà anche quella. Cambia anche la geografia degli sportelli.

Prima della fusione, erano 731 gli uffici aperti al pubblico, 2 le filiali all’estero (Londra e Bruxelles), un ufficio di rappresentanza (Bruxelles), 9.500 i dipendenti. Ora si contano 533 sportelli e poco meno di 5500 dipendenti. Un cambiamento concreto nell’organizzazione. «La banca è morta lentamente nel silenzio di tutti – osserva Susy Esposito, segretario generale Fisac (assicurazioni e credito) Cgil Napoli e Campania – nessun politico è intervenuto, nessuno ha mai alzato la voce per impedire che ciò accadesse, ora come 20 anni fa. Ormai si punta all’ultima operazione e all’armonizzazione delle procedure bancarie, siamo alla fase finale di un processo che va avanti da tempo, che ha riguardato anche il trattamento del personale».

Per il sindacato il passaggio a IntesaSanpaolo significa la perdita di autonomia. «Quando si sposta il cervello direzionale di un’azienda così importante – prosegue Esposito - al Sud resta un lavoro a basso valore aggiunto, significa dire a tutto il mondo che questa parte del paese non potrà mai avere una classe dirigente del domani, perché non si fa lavoro di qualità e non si costruisce. È questa la scommessa del governo e degli enti locali. Vorremmo che almeno la scuola di formazione di tutto il personale Intesa Sanpaolo avesse sede a Napoli».

Nel 1994 le cose sono cambiate in fretta per il Banco: si decide, vista la difficile crisi finanziaria e i prestiti in sofferenza, il passaggio a Sanpaolo Imi. Quattro anni dopo, l’intervento dello Stato con la nascita della Sga, 12.378 miliardi di vecchie lire e la privatizzazione tramite asta pubblica. Il Banco passa alla cordata Ina-Bnl per soli 61 milioni di vecchie lire, nasce Sanpaolo Banco di Napoli, al quale dal luglio 2003 verrà conferita l’intera attività del Banco. Nel 2017 Intesa e sindacati siglano un accordo per 9 mila uscite entro il 2020 e 1500 ingressi.

Quel processo di transizione si è concluso oggi. Qualche disagio nello scorso week end si è verificato per i collegamenti on line al sito ma per i correntisti quello che cambierà concretamente da oggi è solo l’Iban. I nuovi dati dovranno essere comunicati alle aziende per gli accrediti degli stipendi entro un anno da oggi, oppure il correntista potrà rivolgersi alle filiali fino al 26 maggio 2019. Anche i bonifici in entrata sui conti, indirizzati al vecchio Iban continueranno a essere reindirizzati dalla banca verso il nuovo conto, per 12 mesi a decorrere da 26 novembre.

Fonte: Repubblica
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