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Campionato di Calcio Serie A 2019 - 2020. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2020 23:36
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Spiegare ai tifosi napoletani che chi segna di più allo Stadium di Torino torna a casa sconfitto è quasi come spiegare a Salvini che chi pprende più voti alle elezioni poi finisce all'opposizione !




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Re:
piacere.solitario, 01/09/2019 13.44:

Spiegare ai tifosi napoletani che chi segna di più allo Stadium di Torino torna a casa sconfitto è quasi come spiegare a Salvini che chi pprende più voti alle elezioni poi finisce all'opposizione !



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Kolarov per la Roma, poi pari di Luis Alberto.
La Lazio vince solo il derby dei pali

Partita spettacolare per emozioni e capovolgimenti di fronte.
Alla fine un punto a testa e 4-2 il conto dei legni per i biancocelesti


Nicola Berardino


Un derby bello, entusiasmante e ricco di emozioni. Il pareggio finale dà rilievo ai meriti di Lazio e Roma perché nessuna doveva uscire a mani vuote dopo aver dato tutto in una sfida ad alto livello. L'1-1 conclusivo maschera una gara giocata a viso aperto con tante occasioni: in primo piano i sei legni colpiti (quattro della Lazio). Al vantaggio di Kolarov nel primo tempo su rigore ha replicato nella ripresa Luis Alberto. Firme eccellenti sul 173esimo derby (tra campionato e Coppa Italia) della Capitale. È stato anche il primo esame in una stracittadina per Fonseca, che ha cullato legittimamente per un tempo il progetto dell'impresa.

KOLAROV, GOL DELL'EX — Inzaghi recupera Leiva e lo inserisce in regia, confermando poi gli altri titolari del successo contro la Sampdoria. Fonseca deve rinunciare a Zappacosta che si ferma durante il riscaldamento e quindi riporta Florenzi in difesa innestando Kluivert in avanti. In difesa, rispetto alla formazione schierata contro il Genoa, c'è la novità di Mancini: centrale, al fianco di Fazio. Al 3' Lazio già vicinissima al gol: palo di Leiva che al volo ribatte a rete una respinta di Pau Lopez, si lancia sul pallone Immobile ma Fazio fa muro. Al 5' replica la Roma: palo timbrato dal Zaniolo con una rasoiata da fuori area. Derby subito elettrizzante. La squadra di Inzaghi si sgancia in avanti. Alto un tiro di Immobile. Milinkovic pericoloso, Pau Lopez sventa. Luis Alberto conclude a lato. Ritmi elevatissimi. Fallo di mani di Milinkovic su cross di Dzeko: Guida non ha dubbi, è rigore. Al 17' dal dischetto l'ex Kolarov sigla il vantaggio della Roma. La Lazio accusa il colpo senza però smarrirsi. Qualche minuto e i biancocelesti riprendono a carburare. Al 25' nuovo legno colpito dalla Lazio: da Immobile il pallone fiondato all'incrocio. Un minuto dopo ancora un palo per i biancocelesti, questa volta con Correa. Scatta la Roma: al 26' azione ribattuta e Milinkovic salva praticamente sulla linea, pochi secondi dopo Zaniolo si vede fermare nuovamente dal palo una sua bordata a rete. Partita intensa e spigolosa. Duro intervento ai danni di Luiz Felipe da parte di Zaniolo che viene ammonito. Al 33' Immobile tenta la conclusione dalla distanza: fuori. Al 37' Pau Lopez non si fa sorprendere dal doppio passo di Correa al tiro. Al 40' si ferma Luiz Felipe e Inzaghi lo sostituisce con Bastos. Al 46' punizione di Kolarov alzata da Strakosha sopra la traversa. È l'ultimo brivido di un primo tempo senza respiro che si conclude col vantaggio della formazione di Fonseca.

RISPONDE LUIS — La ripresa parte con un'insidiosa incursione di Zaniolo: conclusione sopra la traversa. La Lazio dà continuità alla manovra offensiva. Al 5' Pau Lopez si oppone a Leiva. Al 12', un cross di Radu innesca il colpo di testa di Lazzari che va fuori di poco. Un minuto dopo il pareggio della Lazio: Milinkovic ispira Immobile, che si gira in area e porge il pallone a Luis Alberto lesto a scaraventarlo in rete. Primo gol per lo spagnolo nel derby della Capitale. Al 19', ghiottissima occasione per la squadra di Inzaghi: Correa, dopo una combinazione con Immobile, si fa ipnotizzare da Pau Lopez. Primo cambio per la Roma: al 22' Fonseca avvicenda Under con Pastore. La Lazio insiste, ma la Roma è sempre pronta a farsi valere nelle ripartenze. Seconda sostituzione nella Lazio: al 26' Parolo dà il cambio a Milinkovic. La formazione di Fonseca infittisce le puntate offensive. Inzaghi vuole nuove risorse in avanti: al 33' Jony rileva Lulic. Esordio in A per lo spagnolo, chiamato a dare più incisività sula corsia sinistra. Nella Roma Zaniolo, molto affaticato, è sostituito da Santon, mentre Florenzi viene spostato in avanti. Al 41' la Lazio impreca per un altro legno a sbarrare al via del gol: traversa di Parolo. Ultimo cambio nella Roma: ecco Diawara per Florenzi. Quattro minuti di recupero sempre a caccia del sussulto per prendersi il derby. Crede di trovarlo Lazzari quando vede il pallone in rete ma il gol viene annullato per fuorigioco di Jony. Finisce 1-1 e tutti a testa alta tra gli applausi dell'Olimpico.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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L’Inter passa a Cagliari con Lautaro e Lukaku.
Ed è a punteggio pieno

Gara durissima per i nerazzurri che mostrano gambe pesanti ma anche tanto cuore.
Brilla Sensi. Di Joao Pedro il gol del momentaneo pareggio rossoblù


Carlo Angioni


Non è ancora l’Inter dinamite che vuole Conte, ma la vittoria di Cagliari, la seconda di fila dopo il poker al Lecce, dà un’altra bella scossa all’entusiasmo nerazzurro e dimostra la solidità del gruppo di Antonio. Merito di Lautaro Martinez, 2 gol in altrettante partite alla Sardegna Arena, e di Romelu Lukaku, che non brilla per 70’ ma poi la decide su rigore dopo un assist perfetto per Sensi, che il calcio dagli undici metri se lo conquista con un movimento che annebbia Pisacane. E il Cagliari? Le ambizioni dei rossoblù rimangono nel cassetto e alla fine gli ultrà fischiano: la squadra di Maran non gioca una brutta partita, fa fatica all’inizio, riacciuffa l’Inter con Joao Pedro a inizio ripresa ma resta a zero punti.

MEGLIO I NERAZZURRI — Il primo tempo è dell’Inter, che non fa nulla di eclatante ma dopo 29’ va in vantaggio. Lautaro non segnava dal 17 marzo, nella notte del 3-2 al Milan, e stavolta incorna perfettamente il cross di Sensi. Festeggiando grazie al Var, che ribalta il fuorigioco segnalato dall’assistente Del Giovane. Un gol importante per l’Inter e per il Toro, che dà una risposta decisa nel giorno della prima convocazione di Alexis Sanchez, con cui si giocherà il posto accanto a Romelu. Per il resto, Olsen, appena arrivato e subito titolare, non fa nemmeno una parata e lo stesso succede a Handanovic. In casa Inter Lukaku si vede pochissimo e fatica a trovarsi con il Toro; in casa Cagliari Cerri sbaglia tanto in appoggio e Nainggolan, che sogna la rivincita contro chi l’ha lasciato andare, si becca una scivolata durissima da Brozovic sulle caviglie ed è il motore dei sardi.

REAZIONE E RIBALTONE — L’intervallo rigenera i muscoli del Cagliari, che si presenta con il nuovo arrivato Simeone al posto di Cerri e dimostra di avere molta più fame. Ecco perché dopo 5’ minuti arriva il pareggio. L’azione-gol la confeziona Nandez sulla destra, che vince il duello con Brozovic e in mezzo pesca la testa di Joao Pedro, bravo a saltare sopra D’Ambrosio. Al 60’ l’Inter è pericolosissima con Sensi: il piccoletto ex Sassuolo inizia a prendere i giri e si guadagna una punizione dal limite che scheggia la traversa. Il Cagliari chiede un rigore per fallo di mano di Brozovic (che non c’è) e subito dopo Conte si gioca la carta Barella, che torna nella sua Cagliari: la Sardegna Arena prima lo fischia e poi lo applaude. La mossa-Nicolò è vincente, perché con il primo pallone toccato dà l’avvio all’azione del calcio di rigore che decide la partita. Poi Lukaku serve benissimo Sensi che fa un movimento super e viene atterrato da Pisacane. La firma ce la mette Romelu: 2 gol in 2 partite di Serie A, con tanto di esultanza un po’ provocatoria e la risposta della curva con qualche buu isolato. L’Inter fa debuttare Godin e potrebbe triplicare, l’assalto del Cagliari non ha successo. Niente dinamite nerazzurra, ma tre punti che valgono tanto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Genoa torna a vincere:
2-1 alla Fiorentina grazie a Zapata e Kouame

Ottima gestione della gara per la squadra di Andreazzoli.
A Montella non basta il rigore nel finale trasformato da Pulgar.
Allo scadere palo di Chiesa


Filippo Grimaldi


Festa Genoa, che vince con merito, da rivedere invece la Fiorentina, che fa un passo indietro rispetto alla prestazione casalinga contro il Napoli di otto giorni fa ed al Ferraris commette l’errore di risvegliarsi solo nel finale.

Andreazzoli riconferma la stessa formazione che aveva ben debuttato all’Olimpico con la Roma, mentre Montella rispetto alla gara con il Napoli schiera a sinistra Ranieri al posto di Venuti, con Boateng titolare nel tridente offensivo. Ma è una Viola meno efficace di otto giorni fa, che patisce il gioco in velocità e la spinta sulle corsie esterne di un Genoa ben più tonico degli ospiti. Una differenza di velocità che si avverte subito in avvio, quando Ghiglione (il migliore dei suoi nel primo tempo) serve dalla destra un cross al volo per Pinamonti (4’) che per un soffio finisce a lato. La Fiorentina prova a scuotersi, ma è imprecisa e riesce a rendersi pericolosa solo approfittando di qualche disattenzione dei giocatori di Andreazzoli. Succede al 6’, quando Boateng calcia a lato, ma da lì in poi sino alla mezz’ora è un lungo monologo genoano. Al 10’ sul calcio d’angolo di Schone, Romero colpisce il palo alla sinistra di Dragowski, e un minuto dopo, ancora su angolo del danese, Ghiglione (sempre lui) pesca a centro area Zapata che firma l’uno a zero rossoblù. Il Genoa ci crede, fa un gran possesso palla, verticalizza la manovra e non dà tregua alla Fiorentina che riesce a ragionare poco, ma sbaglia moltissimo. Radovanovic (25’) ci prova dalla distanza, ma senza fortuna.


CHE PAURA — È una fase particolare della gara, con l’attenzione – in campo e fuori – concentrata sull’intervento dei vigili del fuoco per recuperare un tifoso caduto nel fossato della gradinata nord. Giacomelli ferma addirittura il gioco per oltre un minuto, e alla ripresa Barreca serve Pinamonti, sul quale Dragowski evita il bis del Genoa alzando sopra la traversa.

RISCATTO — Viola in difficoltà, ma in avvio di ripresa un paio di combinazioni Lirola-Sottil sulla destra mostrano una Fiorentina più convinta. All’8 Chiesa scende sulla sinistra e impegna Radu a terra, ma sulla ripartenza del Genoa, Pinamonti calcia sull’esterno della rete da posizione favorevole. Genoa che viaggia su ritmi meno alti del primo tempo, ma che non perde in efficacia. Si mette in evidenza il danese Lerager che prima sfiora il raddoppio con un diagonale insidioso, poi serve un cross perfetto che Kouame spreca. Montella passa al 3-4-3 inserendo Dalbert (fuori Badelj), ma un attimo dopo l’ivoriano del Genoa trova il rasoterra (21’) che chiude la partita (secondo gol in campionato), lasciando sul posto Pezzella e Milenkovic. La partita, di fatto, sembra non avere più storia. Montella prima della mezz’ora manda in campo Ribery, poi su un contatto Romulo-Dalbert in area, Giacomelli assegna il rigore che Pulgar realizza (32’). Il gol risveglia gli ospiti. Finale convulso, Ribery prova a riorganizzare i suoi, impegna Radu a terra, ma alla squadra di Montella manca la continuità nella spinta. Nel convulso recupero. Chiesa (46’) colpisce il palo e poi l’attaccante manca di un soffio il gol del pareggio, impegnando ancora Radu a terra. Ma il risultato non cambia più. Finisce così con la festa genoana. Il nuovo corso di Andreazzoli in casa inizia nel migliore dei modi, la Fiorentina reagisce tardi e Montella si ritrova, alla pausa, ancora a zero punti.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Pessina beffa Liverani: il Verona vince a Lecce 1-0

All'81', gli ospiti segnano il gol della vittoria e conquistano i primi tre punti della stagione.
Nel primo tempo, Zaccagni colpisce il palo


Al Via del Mare sorride il Verona di Juric che porta a casa i tre punti con il gol decisivo a nove minuti dal fischio finale. Decide Pessina che sfrutta l'assist di Zaccagni e risolve la partita. Nel primo tempo meglio gli ospiti, pericolosissimi con Zaccagni che colpisce un palo. I padroni di casa di Liverani, supportati da una cornice di pubblico spettacolare, si propongono di più nell'avvio di ripresa, ma senza trovare la via del gol.

IL PRIMO TEMPO — Al 4', la prima occasione pericolosa con Lucioni che salta di testa e cerca la porta senza riuscirci. Subito dopo, il Verona risponde su calcio di punizione: incorna Rrahmani, ma Gabriel difende lo 0-0. La squadra di Juric crea di più negli ultimi metri ed è pericolosissima al 21': battuta di Veloso, colpo di testa di Rrahmani e deviazione di Zaccagni che colpisce il palo. Liverani può tirare un sospiro di sollievo. Cinque minuti dopo, ci riprova Faraoni col destro, ma la palla finisce fuori la porta di Gabriel. Il botta e risposta prosegue con Lapadula che, con un colpo di testa, sfiora la traversa. E poi, si rende protagonista Lazovic, ma Gabriel, ancora una volta è decisivo.

LA RIPRESA — Il Lecce è più carico in questo inizio ripresa: al 47' Majer ci prova col sinistro, ma la palla termina a lato. Al 56' è buono il cross di Lazovic per Faraoni che si coordina e calcia al volo, trovando soltanto la deviazione in corner. Poi ci riprova Lapadula, ma Silvestri blocca senza problemi. All'81' l'espisodio decisivo: Pessina sfrutta l'assist di Zaccagni e confeziona il gol della vittoria (segna il suo primo gol in Serie A, al suo primo tiro in assoluto con la maglia del Verona). Mancosu è pericolosissimo, ma il risultato non cambia: il Lecce non si riscatta dal poker subito a San Siro contro l'Inter. Per il Verona di Juric, invece, arrivano i primi tre punti della stagione (dopo il pari all'esordio contro il Bologna).

Gasport

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Super Berardi manda in crisi Di Francesco:
poker Sassuolo alla Samp

Tripletta dell’attaccante neroverde, a segno anche Traoré.
Per i blucerchiati va in rete Quagliarella su rigore, espulso Vieira


Stefano Cantalupi


Al Mapei Stadium Eusebio Di Francesco ha gettato le basi per una carriera da allenatore che l’avrebbe portato, nel giro di pochissimo tempo, a vivere una semifinale di Champions League con la Roma. Proprio in questo stadio cercava i primi punti sulla panchina della Samp, dopo la tripla scoppola rimediata contro la Lazio all’esordio in questa Serie A: invece il suo ritorno a Reggio Emilia si trasforma in un incubo. Finisce 4-1 per il Sassuolo di De Zerbi, che lascia quota zero trascinato da un super Berardi. Buio pesto per la Samp, che va alla sosta con mille dubbi tattici e soprattutto di personalità.

UN, DUE, TRE — Juve-Napoli aveva messo tutti sull’attenti: in questo calcio di fine estate basta un attimo per ribaltare partite che sembrano pendere chiaramente da una parte. A guardare i primi venti minuti di Sassuolo-Samp i più in palla parrebbero i blucerchiati: Jankto, Quagliarella, Ekdal e poi Vieira testano i riflessi di Consigli. Basta un episodio, però, per cambiare l’inerzia del match: al 29’ Caputo fa una gran giocata sulla sinistra e mette al centro per Berardi, che brucia la difesa ligure e insacca l’1-0. Da lì la Samp, con Quagliarella sostenuto in attacco dal solo Ramirez (panchina per Gabbiadini e Caprari), non trova mai la forza di rialzarsi. E tra il 36’ e il 43’ incassa altri due gol dallo scatenato Berardi: prima Colley s’addormenta in mezzo all’area permettendo all’attaccante neroverde di sfruttare il cross di Duncan, poi il numero 25 trova il tris con un sinistro da fuori area, su cui Audero parte in ritardo.

ROSSO E NOTTE FONDA — Il rosso diretto a Vieira per un inutile pestone a Peluso, un attimo prima dell’intervallo, certifica di fatto la fine del match. Di Francesco comincia il secondo tempo con Barreto al posto di Leris, ma in un attimo si ritrova sotto di quattro reti. Stavolta è Traoré a festeggiare: Muldur premia il suo taglio con un passaggio (deviato) e l’ivoriano fa poker. Il sussulto d’orgoglio blucerchiato si concretizza nel rigore di Quagliarella, fischiato per un contatto tra Duncan ed Ekdal. Ma poco cambia per questa Samp, che si ritrova sul fondo della classifica con la difesa più battuta del campionato.

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Gervinho devastante:
il Parma va sotto a Udine, poi si scatena col tris

Gran gol di Lasagna, poi si scatena l’ivoriano che segna e serve l’assist a Inglese.
Di Gagliolo l’altra rete degli emiliani


Una fase difensiva solida e tanto contropiede, con quella formidabile freccia che è Gervinho. Le ricette del Parma per conquistare un’altra salvezza sono le stesse dell’anno scorso. E ci sono tutti i presupposti per riuscirci: il 3-1 di Udine, primo successo stagionale, arriva principalmente grazie a Gervinho, sempre formidabile se gli lasci un minimo di spazio.

L’EPISODIO CHIAVE — E’ la papera di Musso sul finire del primo tempo. Fino ad allora l’Udinese aveva dominato: uno straordinario gol di Lasagna in progressione, irridendo Iacoponi sullo scatto con pregevole finalizzazione di sinistro. Poi la squadra di Tudor gioca meglio e sfiora il raddoppio, finché il portiere argentino si fa quasi gol da solo sul tiro di Gervinho, tutt’altro che imparabile. 1-1 all’intervallo e inerzia ribaltata.

VAI GERVI! — Col passare dei minuti la partita si riequilibra: Sepe non soffre e le capacità del Parma di ribaltare fanno la differenza. L’azione del raddoppio parte da lontano ed è conclusa dall’inserimento di Gagliolo, perfetto nello stacco di testa sull’invito di Kulusevski. Il gol della quasi-certezza (De Paul e Teodorczyk sfioreranno il 2-3 nel finale) è il manifesto del Gervinismo: azione in velocità col dribbling a uccellare Ekong e perfetto cross per Roberto Inglese, altro cardine del progetto di D’Aversa. Che non sarà spettacolare come certi tecnici che piacciono alla gente che piace, ma sa fare punti.

Gasport

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Il Toro dimentica i Wolves:
ribalta l'Atalanta ed è in testa con Juve e Inter!

Partita bellissima a Parma: granata avanti con Bonifazi,
poi la doppietta illusoria di Zapata prima della rimonta firmata Berenguer-Izzo


Mario Pagliara


Questo Torino non muore mai. Con il cuore e la personalità affonda una gran bella Atalanta 3-2. Si regala una notte da leoni, e ora si godrà la prima pausa del campionato a punteggio pieno in classifica, in testa alla A con Juve e Inter. Sa soffrire la squadra di Mazzarri quando è il momento di stringere i denti, ed è abile nel gestire con lucidità la stanchezza, evidente, per le fatiche di Coppa, di fronte alla Gasperini band che passa in vantaggio con la doppietta di Zapata prima di subire la rimonta decisiva firmata Berenguer-Izzo. Siamo solo alla seconda giornata, ma questo blitz del Toro è bello pesante.

ILICIC SPLENDENTE — Il primo quarto d’ora è il manifesto più limpido di cosa è capace di fare l’Atalanta se le si concedono spazi e se si accetta di sfidarla sul terreno dell’uomo contro uomo. Come fa il Torino, posizionandosi a tre dietro e aprendo continuamente i duelli tra Izzo e Gomez, Djidji e Zapata, Bonifazi ed Ilicic. Cinque occasioni in dodici minuti netti, l’Atalanta in avvio è un’onda che sembra poter dilagare in ogni momento, trascinata da un Ilicic (al rientro) super ispirato, che manda in tilt Bonifazi e per il quale la fascia destra si trasforma ben presto in una prateria da cavalcare. Il Torino capisce in fretta che è una serata nella quale bisogna stringere i denti, prova a compattarsi, si aggrappa a Sirigu (strepitoso al 7’ su Ilicic e al 12’ su De Roon), e ha il grande merito di non disunirsi. Non è perfetta l’Atalanta, pecca di precisione, come all’8’ quando il diagonale di Gomez sfiora il palo, o quando Gosens (10’) si fa murare da Bonifazi.

PERSONALITA’ DA TORO — All’ottava partita di fila in quaranta giorni, il Toro ha chiaramente il serbatoio mezzo vuoto. Ma dove le gambe non arrivano, ci mette la testa e il cuore. E dopo un quarto d’ora in apnea esce dall’acqua alta un po’ alla volta con personalità. Il primo segnale lo lancia Izzo (16’) che impegna Gollini, poi Rincon prova a centrocampo a metterci più di una toppa e De Silvestri inizia ad essere più intraprendente sulla destra. Al 24’ arriva l’episodio che premia la tenacia e la capacità di soffrire del Toro: da un calcio d’angolo, su assist di Baselli, arriva il colpo di testa di Bonifazi (uno di quelli maggiormente in difficoltà) che sblocca l’equilibrio. Gli uomini di Mazzarri avrebbero anche la chance per il raddoppio, ma incredibilmente De Silvestri preferisce il passaggio all’indietro da solo in area, piuttosto che battere a rete. L’Atalanta è naturalmente viva, è sempre in partita, e stavolta da un’intuizione di Pasalic firma il meritato pareggio: assist del croato, diagonale imparabile di Zapata. Ancora il colombiano, a due minuti dell’intervallo, va vicinissimo al sorpasso.


ZAPATA TRAVOLGENTE — Dopo la pausa, l’Atalanta gioca un avvio di frazione bello ma poco fruttuoso. Ilicic continua ad essere delizioso, e nel gioco in verticale, con le sue tante soluzioni, la squadra di Gasperini va vicina più volte al gol. Dopo tre minuti, Sirigu abbassa la saracinesca sul colpo di testa di Toloi. Sessanta secondi più tardi, Djidji salva alla disperata su Zapata evitandogli di battere a colpo sicuro. Anche Ilicic, in serata di grazia, può sbagliare, così al 9’ spara in curva a pochi passi da Sirigu. Trenta secondi dopo, e siamo ancora al nono della ripresa, Zapata firma lo strappo: parte quasi da centrocampo, si trascina Djidji, lo travolge e lo dribbla di potenza, evita anche l’arrivo di Izzo, e batte Sirigu firmando la doppietta.

IL GRANDE CUORE GRANATA — Proprio quando la sfida sembrava poter essere indirizzata, emerge il grande cuore del Toro che sorprende Gasperini e l’Atalanta. Il vantaggio dei nerazzurri dura appena tre minuti: è il dodicesimo quando Aina fa saltare il banco con un’incursione sulla sinistra, il resto è un triangolo perfettamente riuscito tra Meité e Berenguer con lo spagnolo che batte Gollini. Sul 2-2, Gasperini inserisce la quarta punta, Muriel, al posto di Pasalic, per tentare il colpo del k.o. Ma il Toro è un osso duro. Resiste e colpisce. Al 21’ nell’area bergamasca sbuca la testa di Izzo a raccogliere la punizione-cross di Baselli facendo esplodere gli oltre cinquecento tifosi arrivati dal Piemonte. A poco più di venti minuti dalla fine, il Torino è avanti 3-2. Sirigu è senza dubbio uno dei grandi protagonisti della serata del Tardini, e lo dimostra chiudendo più volte su Ilicic e su una bordata (al 25’) di Muriel. Nel finale, dentro anche i volti nuovi: Arana da una parte, Laxalt dall’altra. Sulla notte del Toro c’è il timbro di Sirigu, a quattro minuti dal recupero si oppone ancora in maniera sontuosa su Ilicic. “San Salvatore” non tradisce mai.



Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2019/2020 2ª Giornata (2ª di Andata)

30/08/2019
Bologna - Spal 1-0
31/08/2019
Milan - Brescia 1-0
Juventus - Napoli 4-3
01/09/2019
Lazio - Roma 1-1
Atalanta - Torino 2-3
Cagliari - Inter 1-2
Genoa - Fiorentina 2-1
Lecce - Verona 0-1
Sassuolo - Sampdoria 4-1
Udinese - Parma 1-3

Classifica
1) Inter, Juventus e Torino punti 6;
4) Lazio, Genoa, Bologna e Verona punti 4;
8) Sassuolo, Parma, Napoli, Atalanta, Brescia, Milan e Udinese punti 3;
15) Roma punti 2;
16) Fiorentina, Spal, Cagliari, Lecce e Sampdoria punti 0.

(gazzetta.it)
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Fiorentina, occasione sprecata:
una brutta Juve perde tre uomini ma evita la sconfitta

Viola pericolosi in più occasioni ma poco cinici,
la Signora gioca malissimo e perde per infortunio Douglas Costa, Pjanic e Danilo


Luca Bianchin


Numeri o arte, a scelta. Numeri: dieci angoli a zero per la Fiorentina, otto tiri in porta a quattro. Completamente non pronosticabile. Arte: Firenze, città sensibile alla bellezza, non vince ma si innamora di Gaetano Castrovilli e Franck Ribery nello stesso pomeriggio… e in questi tempi complicati è già qualcosa. Fiorentina-Juve 0-0, primo anticipo alla ripresa del campionato, è in questo e in altro. La Juve allunga in testa alla classifica ma in serata, per la prima volta dal marzo 2018, viene scavalcata in testa dall’Inter (e lunedì potrebbe essere scavalcata anche dal Torino). A quattro giorni dall’Atletico Madrid, la condizione fisica preoccupa parecchio. La Fiorentina invece prende il primo punticino (e rischia di fare il colpaccio) con un paio di giocatori sopra tutti. Castrovilli è il migliore in campo con il suo calcio elegante, Ribery gioca a tutto campo – al suo ritmo ma a tutto campo – e mette in porta Dalbert nell’azione più bella della partita. Il brasiliano, sciagurato, colpisce male. Il grande tema della partita, allora, rischiano di essere gli infortuni. La Juventus perde Douglas Costa, Pjanic e Danilo per problemi muscolari, la Viola cambia Ribery e Pezzella (polpaccio destro) per piccoli guai fisici. A prima vista il più preoccupante del gruppo è Douglas Costa ma una delle cause è probabilmente comune: il caldo. Nella prima partita alle 15 della stagione, la temperatura era da Ferragosto.

MONTELLA, IDEA GIUSTA — La Juve non può non preoccupare Sarri perché comincia lenta e così prosegue: ritmo basso, tanta fatica a costruire, pochissimi palloni per Ronaldo, Higuain e Douglas Costa. Anzi, Ronaldo, Higuain e Bernardeschi, perché Douglas Costa si fa male dopo 5 minuti ed esce. La maledizione di Allegri dev’essere tornata dalle vacanze perché prima della fine del primo tempo deve uscire anche Pjanic, sostituito da Bentancur. Nel mezzo, tra un infortunio e l’altro, tanta Fiorentina e tanto Castrovilli, che disturba Pjanic e ha visioni da grande giocatore. Montella sceglie Chiesa e Ribery di punta in un 3-5-2 efficace, che blocca la Juve e trova sbocco a sinistra, dove Dalbert viene lasciato giocare da Bernardeschi e Danilo. La Viola così rischia di segnare quattro volte nel solo primo tempo. Le prime due per clamorosi errori di Szczesny – passaggio intercettato da Chiesa a pochi metri dalla porta, con pallone che rimbalza sopra la traversa – e di De Ligt, che sbaglia un tocco per il suo portiere in zona area piccola: Ribery arriva prima di Szczesny ma “Tek” è bravo a chiudere lo specchio. Le altre due sono più nobili, perché nascono da due idee: Castrovilli dopo un’ora crossa basso per Chiesa, che non devia, mentre Ribery a cinque minuti dall’intervallo mette Dalbert davanti alla porta con un’idea da… quasi Pallone d’oro. Il brasiliano non sfrutta la disattenzione di Danilo e devia malissimo di testa.

JUVE EVAPORATA — Sì, ma la Juve? Poca cosa. Nel primo tempo è tutta in due tiri di Matuidi e Pjanic, nel secondo fa paura solo con un contropiede Higuain-Cuadrado-Ronaldo che non turba la quiete di Dragowski. Higuain e Ronaldo non si attivano praticamente mai, Bernardeschi sembra la versione triste del giocatore di un anno fa, Khedira arriva una volta in zona pericolosa. La prima ora di Juve-Napoli, con aggressione alta, brillantezza e giocate da squadra superiore, sembra di un’altra epoca, evaporata con il caldo da Ferragosto di questo anticipo delle 15. La Fiorentina, piuttosto, ha un’altra condizione e rischia di vincere la partita un altro paio di volte, con un contropiede Ribery-Castrovilli chiuso male e un tiro di Chiesa deviato in angolo. A quel punto mezzo stadio fa lo stesso pensiero: “Ora la Juve, cinica come sempre, la vince negli ultimi minuti”. Non proprio. La partita, nonostante una occasione sull’asse Higuain-Khedira, nel finale non decolla, al massimo lievita Cristiano per la classica rovesciata in area. Ma questa non è la Champions e per questa Juve non è giornata: il tiro finisce fuori e la partita 0-0. Allora, palla al campionato con una grande domanda: questa ripartenza juventina è un punticino guadagnato o la prima spia di un problema serio?

Fonte: Gazzetta dello Sport
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E’ sempre il Napoli di Mertens: che show.
Crisi nera per la Samp

L’attaccante belga scatenato con due gol e una traversa, ma che parate Meret: decisivo su Ferrari e Rigoni.
Di Francesco ancora a zero punti


Mimmo Malfitano


La prima al San Paolo è di Dries Mertens. La sua doppietta basta al Napoli per ridimensionare le aspettative della Sampdoria che da questa trasferta avrebbe voluto i primi punti. Ma gli è andata male, perché il collettivo di Carlo Ancelotti gli ha concesso poche opportunità, peraltro create dai soliti errori dei singoli. Il Napoli c’è, dunque, ha saputo approfittare del pari della Juventus, a Firenze, per ridurre lo svantaggio ad un solo punto in attesa di capire che cosa accadrà a San Siro. Per la prima a Fuorigrotta, l’allenatore non s’è risparmiato, ha concesso la passerella ai nuovi, schierando Elmas e Lozano dal primo minuto e inserendo Llorente negli ultimi 25 minuti. Un buon test, tutto sommato, in previsione della prima di Champions League, contro il Liverpool, in programma martedì sera.

DENTRO LOZANO — La notte avrà consigliato a Ancelotti di tenere fuori Llorente, da lui stesso annunciato titolare alla vigilia. Gioca, invece, Hirving Lozano al fianco di Mertens, nella coppia d’attacco. Il 4-4-2 iniziale del Napoli è evidente, con Fabian Ruiz e Elmas centrali a centrocampo, con Callejon e Zielinski sugli esterni. In difesa non c’è Manolas, ma Maksimovic, nel mini turnover disposto dal tecnico in previsione della gara con Liverpool. Di Francesco, invece, si affida a Murillo e Regini, i due centrali di difesa, per tenere a bada l’attacco avversario, mentre in attacco Rigoni e Quagliarella provano a infastidire la retroguardia napoletana: Caprari agisce alle loro spalle da trequartista.

SPETTACOLO INIZIALE — E’ un bel vedere questo Napoli. La manovra è di qualità superiore e la Samp ben presto deve chiudersi nella propria metà campo per limitare la pressione dell’avversario. Ci prova Fabian Ruiz (5’) dal fuori area, ma Audero blocca. Tocca a Meret guadagnarsi la giornata. Lo farà prima schiaffeggiando d’istinto un deviazione di Ferrari e si ripeterà al 19’, con un prodigio su Rigoni lanciato a rete da uno scivolone di Elmas. Il Napoli, dunque, tiene il gioco, ogni qualvolta Lozano tocca il pallone c’è l’ammirazione del San Paolo. Devono trascorre comunque 13 minuti per il gol del vantaggio. Callejon lancia sulla destra Di Lorenzo che, di prima, crossa basso. Sul pallone si avventa Mertens per la girata vincente. Pare che nulla potrà contrastare questo Napoli. Ma la Sampdoria si ricompatta in fretta, subito dopo che lo stesso attaccante belga (18’) colpisce la parte interna della traversa.

TRE PALLE GOL — La Sampdoria, dunque, ritrova la fiducia e si porta spesso dalla parti di Meret. Quagliarella sfiora per ben due volte il palo con tiri dalla distanza e il portiere napoletano deve compiere un prodigio, come dicevamo su Rigoni. La difesa napoletana non è ancora al massimo, Koulibaly commette un paio di errori che ne evidenziano uno stato di forma ancora precario. Il primo tempo si chiude con i blucerchiati nell’area napoletana.

MERTENS MATTATORE — La verve dei doriani si esaurisce nei primi 45 minuti, perché il Napoli riprende a comandare. Audero deve distendersi (6’) per deviare in angolo la conclusione di Elmas. Il centrocampista macedone domina in mezzo al campo, dimostrando grande personalità e determinazione. La gara di Lozano termina dopo 20 minuti dall’inizio della ripresa: Ancelotti manda in campo Fernando Llorente. Che diventa protagonista dopo appena due minuti, quando appoggia all’indietro il pallone per la conclusione vincente di Mertens per la prima doppietta. La Samp è alle corde, Di Francesco si sbraccia sulla panchina, ma la differenza dei valori è troppo marcata. Callejon spara a volo sul cross di Mertens (26’) e Audero vola a deviare in angolo, mentre Quagliarella, sempre a volo, colpisce l’esterno della rete. Nell’ultimo quarto d’ora c’è spazio pure per Insigne che Ancelotti manda in campo al posto di Elmas. Il San Paolo riaprirà di nuovo le porte martedì, per la prima di Champions League, contro i campioni in carica del Liverpool.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Sensi trascina l'Inter in vetta:
basta il suo gol per piegare l'Udinese in dieci

Il centrocampista va a segno di testa in una gara condizionata
anche dall'espulsione di de Paul per uno schiaffo a Candreva.
Nerazzurri primi a punteggio pieno


Valerio Clari

Di testa in testa: da -21 a +2. Un colpo di testa del più piccolo vale due notti da sola in testa, staccando la Juve. Terza giornata, classifica ballerina per definizione, ma l’Inter sogna a punteggio pieno, staccando la Juve. Solo 1-0 con l’Udinese in 10 per un tempo, si potrebbe dire. Ma la squadra di Conte piazza 10 tiri in porta, esalta Musso e rischia poco o niente: inserisce Godin, vede scampoli di Sanchez e soprattutto si fa trainare da un Sensi straripante e ancora decisivo.

CHE SENSI — Sensi è in un chiaro periodo di onnipotenza calcistica e il fatto che segni di testa, anticipando Becao, a cui concede oltre 20 centimetri, è lì a dimostrarlo. Ma i segnali si erano avuti già prima: dopo un quarto d’ora sguscia fra due, cerca Lukaku, un difensore respinge e la palla gli torna perfetta per un tiro al volo, altrettanto perfetto: Musso “rovina” tutto parando. Forse per assecondare questo magic moment, ma più probabilmente per cercare spazi nel compatto modulo dell’Udinese Conte lo avvicina a Lukaku e alla porta, varando un 3-4-2-1. L’idea funziona, tanto che anche Politano sarà più volte pericoloso e difficilmente intercettabile. L’Udinese però è ben messa in campo, è fisica, riparte, si fa anche pericolosa con Walace. Per far saltare l’equilibrio un aiuto decisivo arriva da De Paul, che si fa cacciare per una manata plateale a Candreva, che la sottolinea volando a terra e rimanendoci fino a Var conclusa.

DA LIMARE — Il cross dalla trequarti su cui Sensi svetta all’altezza dell’area piccola è di Diego Godin, alla terza discesa palla al piede “alla Zanetti” (non proprio la specialità della casa). Sulle prime due chiude De Paul, sulla terza non c’è più. In compenso Godin mancherà un chiusura (altro Gronchi rosa) su Lasagna in contropiede a inizio ripresa, aggiungendosi all’errore di De Vrij e dando lavoro a Handanovic. La GDS, al debutto, mette insieme il primo clean sheet, ma va ulteriormente oliata. Skrinar è tornato prepotente e dominante sull’uomo, ma sbaglia in fase di costruzione. Fra le cose migliorabili c’è il centrocampo: Brozovic ci ha messo un tempo a trovare la posizione, Barella dopo un paio di buoni lanci è ricaduto in una “barellata”. Tackle in ritardo su De Paul, grossi rischi e giallo annesso: esce al 45’, per un Gagliardini che si fa notare per tre tiri da fuori, in mezz’ora scarsa.

FUNZIONANTI — Nella ripresa entrerà anche Lautaro, a rilevare un Lukaku che non solo non fa tris (dopo le prime due giornate a segno), ma la vede anche pochissimo, quasi sempre anticipato dai centrali e poco dialogante con le due mezze punte. Meglio il Toro, ancora carico per la tripletta con l’Argentina, e meglio anche Alexis Sanchez, a cui Conte concede 10 minuti più recupero quando Politano si infortuna al polso. Il cileno parte a mille, corre ovunque: serve il solito super Musso per negargli il gol al debutto (cross basso di Candreva, deviazione ravvicinata). Il portiere è per distacco il migliore dei suoi, ma Tudor soffrirà meno dell’anno scorso. De Maio chiude quasi tutto, Fofana è tornato in palla, la squadra ha centimetri, polmoni e cuore. Anche in 10 per quasi un'ora. C’è tempo per guardare la classifica. Cercherà di non farlo anche l’Inter di Conte, ma qualcuno gliela farà notare.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Siluro di Zapata, gioia last minute dell'Atalanta:
battuto il Genoa al 95'

Finisce col colpo di scena: l'attaccante nerazzurro decide nel recupero
dopo il pari di Criscito su rigore allo scadere del tempo regolamentare.
Il vantaggio bergamasco era arrivato al 64' su penalty con Muriel


Filippo Grimaldi


Un’Atalanta da record, che con il suo ottavo risultato utile in trasferta eguaglia il record che risaliva al 1992. Partita emozionante al Ferraris, con la squadra di Gasperini brava a inseguire la vittoria sino all’ultimo secondo, con Duvan Zapata che a una manciata di secondi dal quinto minuto di recupero trova il gol-vittoria all’incrocio, sorprendendo Radu: due a uno per gli ospiti. Non sarebbe stato possibile immaginare miglior risultato in vista dell’esordio in Champions. Il Genoa interrompe il suo buon avvio di campionato, anche se era riuscito a rimettere la gara in parità proprio al novantesimo (rigore di Criscito dopo un contatto in area Djimsiti-Kouame), rimediando al vantaggio iniziale di Muriel su rigore (fallo di Cristian Zapata su Duvan Zapata).

CHE AFA — Un primo tempo condizionato su entrambi i fronti dal caldo, che ha costretto Genoa ed Atalanta a non poter tenere alto il ritmo a lungo. Monologo rossoblù in avvio, con la squadra di Andreazzoli molto efficace sulle fasce, soprattutto a sinistra dove Criscito e Barreca tengono bassi Hateboer e Toloi. Atalanta più prudente, anche se la pressione rossoblù si allenta dopo il primo quarto d’ora, permettendo ai nerazzurri di riorganizzarsi diventando più propositivi. Gli ospiti vanno vicini al gol con Pasalic, che manca però il controllo finale su cross di Ilicic dalla destra. Sulla ripartenza genoana Schone innesca Radovanovic (18’), la cui conclusione finale termina a un metro dalla porta di Gollini. Al 24’ c’è il primo cooling break della gara. Lerager viene murato in angolo, ma di lì in poi la squadra del Gasp fa valere il suo strapotere fisico in attacco: Duvan Zapata fa sessanta metri palla al piede vanamente inseguito da Kouame, ma l’azione non produce effetti, e poco dopo Pasalic impegna Radu, su un’azione avviata ancora una volta da Zapata. E’ un finale di tempo di grande sofferenza per il Genoa, ma gli ospiti non riescono comunque a sfruttare la grande pressione creata, grazie anche a una mediana che finalmente dà sostegno al gioco offensivo.

BOTTA E RISPOSTA — Il Genoa inizia il secondo tempo a ritmo alto, Kouame impegna Gollini in angolo (2’), ma le squadre stentano ancora una volta ad essere propositive. Gosens (12’) sfiora il gol con un diagonale pericoloso dalla sinistra. Gasperini sostituisce Pasalic con De Roon, poi Ilicic con Muriel, facendo salire la velocità del gioco. Al 17’, dopo una segnalazione della Var, Fabbri assegna il rigore all’Atalanta. L’uno a zero del colombiano costringe il Genoa a far salire il ritmo, scoprendosi però in difesa. Al 31’ Radu evita il secondo gol ospite chiudendo lo specchio su Duvan Zapata. Andreazzoli prova la carta Pandev alle spalle delle punte, togliendo Barreca, con Ankersen al posto di Ghiglione. Gosens va a segno (38’), ma l’arbitro annulla per fuorigioco, il Genoa insiste e trova l’uno a uno. Ma non basta, perché c’è ancora spazio per l’invenzione decisiva di Duvan Zapata.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Incredibile Bologna: rimonta da 1-3 e vince 4-3 contro il Brescia in dieci

Decisiva l’espulsione di Dessena a inizio ripresa.
Reti di Donnarumma (2), Bani, Cistana, Palacio, poi autogol di Sabelli e rete decisiva di Orsolini


Matteo Brega


Non basta tutto l’affetto di Brescia che ritrova la Serie A in casa. Il Bologna vince in rimonta, sfruttando al massimo l’ingenuità dell’espulsione di Dessena, gustandosi tutti i 25’ che portano dal 2-3 al 4-3 nel corso della ripresa. Non basta un primo tempo giocato benissimo da Bisoli e compagni che ora si ritrovano dopo tre giornate con tre punti e tanti rimpianti in classifica. Dopo 3.083 giorni il Rigamonti riabbraccia la Serie A. Il Brescia esordisce in casa alla terza giornata contro il Bologna di Sinisa Mihajlovic (assente fisicamente per le cure, presente spiritualmente), lo stesso tecnico contro cui aveva salutato la Serie A nel 2011 (Brescia-Fiorentina 2-2, guidava i toscani).

A SENSO UNICO — Eugenio Corini continua con i 4-3-1-2: Romulo da trequartista è il gancio tra i suoi compagni e la pressione alta sul portatore bolognese, mentre Ayé è il compagno d’attacco di Donnarumma. Nessuna sorpresa anche per il Bologna con il 4-2-3-1 d’ordinanza con Medel al fianco di Dzemaili nel cuore del centrocampo e Palacio unica punta. All’11’ il risultato cambia. Azione sulla sinistra di Romulo, cross morbido sul secondo palo dove Donnarumma anticipa Denswil di testa e segna (con l’aiuto della goal line technology) il secondo gol stagionale. Il Bologna arranca, i minuti seguenti non cambiano il flusso. Da un calcio di punizione battuto sul lato corto destro dell’area il pallone arriva sul lato opposto dove Mateju finge il cross e serve Donnarumma che controlla e di destro a giro trova il raddoppio sul secondo palo. In otto minuti, due gol subiti: il Bologna pare smarrito. Mentre la partita accarezza la mezzora, la curva del Brescia espone uno striscione per Mihajlovic: “Sinisa non mollare”. Il Bologna mostra di voler tornare in partita solo al 30’ con un corner di Orsolini che Joronen si impegna a deviare. E’ sempre Orsolini, tre minuti dopo, a riprovarci, questa volta al termine di un’azione un po’ scattosa portata fino al limite dell’area. La squadra di Mihajlovic appare meno brillante del Brescia in ogni zona del campo. Serve un colpo a sorpresa per risvegliarsi e arriva al 35’: calcio di punizione di Soriano dalla sinistra, Bani di testa anticipa l’uscita di Joronen e insacca. Emiliani ancora in partita, senza particolari meriti. E in effetti al 42’ viene ristabilita la giusta distanza tra le due squadre. Tonali da calcio d’angolo trova la testa di Cistana che gira in rete il 3-1 anticipando Soriano. Il destro al volo di Sansone che finisce largo di poco è un altro esempio di occasioni casuali per il Bologna che chiude un primo tempo decisamente negativo tra colpe proprie e meriti bresciani.

RIBALTONE

Il secondo tempo inizia con Santander al posto di Dzemaili. Tutto ciò comporta Soriano al fianco di Medel a centrocampo, Palacio trequartista e il nuovo entrato punta centrale. Ma ciò che modifica la partita arriva ancora dal Brescia. Al 3’ Dessena simula di aver subito un fallo da rigore e Rocchi lo punisce con il giallo: è il secondo, il Brescia gioca in pratica l’intero secondo tempo in inferiorità numerica. Il primo accorgimento di Corini è automatico passando al 4-3-2 con Romulo mezz’ala sinistra. Mihajlovic invece ordina di inserire Poli per Bani (stordito da un colpo) con Medel che scivola centrale difensivo. Tra un passaggio sbagliato e l’altro, il Bologna indovina quello giusto. Sansone all’11’ illumina il corridoio per Orsolini che controlla e crossa sul primo palo per Palacio che rimette ancora in partita i suoi, 3-2. Altri tre minuti e arriva il 3-3, su una distrazione bresciana. Corner di Orsolini, girata di testa di Palacio, Joronen vola e sulla respinta carambola Sabelli-Deswil e gol del pari: l'ultimo tocco è del difensore bresciano. Funziona come una vitamina perché un minuto dopo Santander si ritrova davanti a Joronen e calcia fuori. La partita è cambiata, all’improvviso. Corini interviene inserendo Zmrhal per Donnarumma e ridisegnando i suoi intorno al 4-4-1 con Romulo a ventaglio tra la linea del centrocampo e un passo avanti a sostenere Ayé. Il Brescia deve ritrovare l’equilibrio e il Bologna prova ad approfittarne. Cross di Dijks e Santander di testa gira fuori di poco. Gli emiliani spingono e Palacio al 26’ sciupa un pallone d’oro dall’area piccola. Al 34’ fuori Tonali (applaudito da tutto il Rigamonti) e dentro Spalek che va a sistemarsi a destra al posto di Bisoli che si accentra. L’inerzia però è degli emiliani. Palacio crossa per Orsolini che si ritrova da solo sul secondo palo e realizza il sorpasso. Un Bologna che rispecchia l’anima di Mihajlovic passa da 1-3 a 4-3 sfruttando al massimo la superiorità numerica. L’ultima carta di Corini è Matri inserito per Romulo. L’ingresso di Skov Olsen per Palacio al 44’ serve a far tirare il fiato agli emiliani che non soffrono comunque nel finale e si ritrovano dopo tre giornate con gli stessi punti della Juventus.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Ceppitelli fa il Pavoletti, perla di Simeone: il Cagliari sbanca Parma

Il difensore e il Cholito rilanciano la squadra di Maran.
Gli emiliani in gol con Barillà, ma non evitano la seconda sconfitta in casa.
Var protagonista: D’Aversa reclama un rigore, annullato il poker di Joao Pedro


Francesco Velluzzi


Il calcio dà, il calcio toglie. Una vecchia legge. A Udine il Parma aveva subito 13 tiri da parte dei friulani, ma con tre soli aveva fatto secchi i bianconeri. Oggi (in tribuna i tecnici Davide Nicola che osserva e Bernardo Corradi neo c.t. dell’Under 16) la squadra di Roberto D’Aversa ha dominato il Cagliari che si è affacciato pochissimo dalle parti di Gigi Sepe, ma quando lo ha fatto lo ha trafitto (1-3). Due volte col difensore centrale Ceppitelli e quando sembrava che il Parma potesse riacchiappare la partita, una sanguinosa palla persa da Gagliolo, con Simeone che gliel’ho strappata dai piedi, ha consentito al Cholito di farsi 30 metri da solo e colpire firmando il primo gol in rossoblù. Così il Cagliari, già in fermento e con la tifoseria in ebollizione, respira, prende tre punti fondamentali e si rimette in sesto dopo le due sconfitte in casa con Brescia e Inter. La vittoria della concretezza e di un centrocampo tosto (Nandez, Cigarini, Rog e l’aiuto di Castro). E ora sarà facile dire che con Cigarini in campo a dettare i tempi, quasi da fermo, ma con maestria, tutto torna a posto.

PRIMO TEMPO — Rolando Maran, il tecnico dei sardi, ha problemi di abbondanza tra centrocampo e trequarti. Uno, purtroppo, glielo ha risolto Radja Nainggolan, che in settimana ha avuto fastidi al polpaccio. Così in regia, il posto più discusso, perché aveva cominciato il Ninja, torna Luca Cigarini, emiliano, praticamente a casa sua. In difesa c’è a destra Cacciatore (tornato dopo pochi allenamenti), poi al centro fiducia al guerriero Pisacane accanto al capitano Ceppitelli. Sta fuori Klavan, come Ionita, il più utile portatore d’acqua. Mentre l’altro guerriero da Boca, Nandez, nonostante non abbia mai riposato e abbia tanto viaggiato, è regolarmente in campo. E non potrebbe star fuori. D’Aversa mette subito Matteo Darmian (arrugginito in Premier, alla prima da titolare) e fa benissimo, più la zanzara dell’Atalanta (classe 2000) Kulusevski dietro Gervinho (marcato a vista) e lo spento Inglese. E’ il Parma che preme, tira tanto, Bruno Alves (con Olsen piazzato male) prende il palo su punizione, Hernani ci prova, ma dopo 23’ Nandez vince un contrasto sulla destra, mette al centro dove Ceppitelli tutto solo insacca di piatto facile. Fa caldo al Tardini: timeout chiamato dall’arbitro Pasqua (che con i cartellini non risparmia nessuno, 5 al Cagliari e pecca tanto). Ma al 39’ Ceppi si ripete, con la sua specialità, il colpo di testa, facendo il Pavoletti. Tutta colpa di Barillà che fa un fallo evitabile su Joao Pedro e genera la punizione che il professor Cigarini pennella per la testa del compagno, lasciato libero da Gagliolo.

SECONDO TEMPO — La ripresa comincia come il primo tempo col Parma tutto all’attacco. L’ottimo Nandez (grandi finezze, qualità e quantità) manda in porta il Cholito che spara dall’altra parte, Olsen para tanto. Ma sull’asse Hernani-Darmian, Barillà poi conclude bene e lo svedese si arrende. Poi dice di no da fenomeno a Gagliolo e Gervinho. Il Cagliari perde altri pezzi: Luca Pellegrini e Pisacane. D’Aversa toglie Inglese e Brugman (male entrambi) inserendo Cornelius e Pezzella, ma il Cagliari lo gela definitivamente con Simeone. C’è ancora spazio per le emozioni, con Pasqua che assegna un rigore al Parma per mani di Klavan su colpo di testa di Cornelius poi glielo toglie. Dieci minuti di recupero. In cui il Cagliari si toglie pure lo sfizio di segnare il quarto gol con una prodezza di Joao Pedro. Ma Pasqua, sempre più confuso, lo annulla alla Var (per fallo) anche a lui. Poi Olsen si supera su Gervinho. Il pubblico alla fine applaude lo stesso. Perché il Parma ha fatto confusione, ma ci ha provato sempre.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Spal punisce una Lazio sprecona: decide Kurtic nel recupero

La squadra di Inzaghi spreca tanto nel primo tempo chiuso solo con un rigore trasformato dall’azzurro,
al 63’ il pari dell’attaccante estense lasciato tutto solo in area, quindi il gol partita del centrocampista sloveno


Stefano Cieri


Un tempo per uno, ma la Spal capitalizza meglio e porta a casa i primi tre punti del suo campionato contro una Lazio prima brillante, poi apatica e involuta. Sconfitta pesante, la prima stagionale, per la squadra di Inzaghi. Proprio a Ferrara, dove l’anno scorso evaporarono i sogni Champions, i biancocelesti subiscono un nuovo k.o. che allunga ombre inquietanti non tanto sula consistenza tecnica quanto sulla tenuta mentale della banda di Inzaghi. Non si spiega altrimenti la metamorfosi tra un primo tempo chiuso meritatamente in vantaggio (e con tante occasioni sprecate per il raddoppio) e una ripresa totalmente in balia dell’avversario. Gode la squadra di Semplici, che vince meritatamente grazie alle sue armi tradizionali: concentrazione, cattiveria agonistica, ma anche grande lucidità tattica. La mossa di spostare Di Francesco sulla destra nella ripresa si rivela fondamentale nel dare la carica ai padroni di casa. Che cosi, dopo la falsa partenza, riprendono a sorridere.

SBLOCCA CIRO — La Lazio parte a tutta, come aveva chiesto Inzaghi il giorno prima. I biancocelesti si prendono subito il centro del ring e cercano di far valere la legge del più forte. Ci riescono bene nei primi venti minuti, nel corso dei quali chiudono la Spal nella sua metà campo, creano gioco, colpiscono un palo (con Caicedo) e infine passano (minuto 17) con Immobile su rigore. Concesso da Calvarese dopo lungo consulto al Var. Fatale il tocco di mano di Tomovic (che viene pure ammonito), sul tentativo di Caicedo. Sbloccato il risultato, e complice anche il grande caldo, la Lazio rallenta un po’, ma la Spal non ne approfitta, forse timorosa di lasciare troppo spazio alle micidiali ripartenze dei laziali. La squadra di casa si fa viva nell’area avversaria solo con un colpo di testa di Kurtic (di poco alto) al 28’. Poi, nell’ultimo quarto d’ora e dopo il provvidenziale cooling break, la Lazio riparte. E sfiora il raddoppio in almeno tre occasioni. Prima con il tiro a colpo sicuro di Parolo su cui si immola Tomovic, quindi con Luis Alberto, sulla cui conclusione Berisha si supera. E infine con Caicedo che conclude a lato da ottima posizione.

RIBALTONE — Errori che la Lazio paga carissimi nella ripresa quando l’inerzia della gara si ribalta completamente a favore della Spal. La Lazio diventa leziosa, lenta e abulica, al contrario la squadra di Semplici si trasforma e costringe gli ospiti nella propria metà campo. Non ci sono cambi tattici alla base del ribaltone, solo l’aspetto motivazionale che sparisce completamente tra i biancocelesti, mentre sale ai massimi livelli tra i padroni di casa, evidentemente catechizzati a dovere da Semplici nell’intervallo. Le avvisaglie del mutato clima agonistico ci sono già all’8’ con la buona occasione fallita da Cionek, poi è Kurtic a sfiorare il pareggio (bravo Strakosha), ma l’1-1 è solo rimandato. Lo firma Petagna al 18’ con una girata al volo sugli sviluppi di un angolo. Inzaghi prova a rimescolare le carte inserendo i due big lasciati in panchina per turn over (Milinkovic e Correa, in precedenza era entrato anche Vavro per Patric), ma neppure il serbo e l’argentino riescono a ridestare una Lazio seduta e vuota. Atteggiamento che finisce per caricare ulteriormente la Spal. Che non si accontenta dell’1-1 e prova a fare suoi i tre punti. Che, dopo un tentativo di Kurtic (palla alta da ottima posizione) arrivano per merito dello stesso giocatore sloveno che capitalizza al meglio un contropiede impostato da Di Francesco. E per la squadra di casa è l’apoteosi.

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Pellegrini dirige un’ora di Roma stellare: splendido poker al Sassuolo

L’azzurro, autore di tre assist a Cristante, Mkhitaryan e Kluivert, incanta da trequartista.
Giallorossi devastanti: segna anche Dzeko e tre pali colpiti.
Poi Berardi riduce il passivo con una doppietta


Andrea Pugliese


Una Roma gigantesca per 60 minuti ed un Sassuolo piccolo piccolo fino a che Berardi non gli ha dato una svegliata, con Fonseca che indovina la mossa a sorpresa (dentro Kluivert, fuori Zaniolo) e De Zerbi che invece le sbaglia un po’ tutte, almeno inizialmente. La sfida del calcio offensivo la vince il tecnico portoghese, con la sua Roma che dopo 22’ aveva già messo in archivio la pratica con i gol di Cristante, Dzeko e Mikhitaryan, completando il poker iniziale poco dopo la mezzora con Kluivert. Ma a lasciare il segno nella Roma è soprattutto un magnifico Lorenzo Pellegrini, che da trequartista pennella gioco, regala assist (3 nei primi 45’), prende un palo e tiene compatte le linee. Nel Sassuolo, invece, De Zerbi schiera all’inizio un centrale come Marlon da terzino destro e lascia fuori Traore e Boga (che con la sua velocità avrebbe potuto mettere in difficoltà Florenzi), giocando a viso aperto e pagando la scelta di passare nella fase offensiva dalla difesa a 4 a quella a tre. Gli emiliani così vivono a lungo di mancati equilibri, smarrendo per strada anche i riferimenti. Curiosità statistica, l’ultima volta che la Roma ha segnato 4 gol in un tempo c’era proprio De Zerbi di fronte, all’epoca alla guida del Benevento.

FLIPPER GIALLOROSSO — I primi dieci minuti di gioco sono i soli davvero in bilico, con l’arbitro Chiffi che prima concede un rigore per fallo inesistente di Peluso su Kluivert e successivamente - dopo molta titubanza - lo annulla con l’ausilio della Var. Poi è l’ex Defrel a mettere paura alla Roma con un destro sporcato da Mancini che finisce sul palo, con la conseguente ribattuta di Caputo in gol annullata per fuorigioco. Di fatto la partita finisce qui, perché in dieci minuti la Roma segna con Cristante (di testa su angolo di Pellegrini), Dzeko (piatto al vol su assist di Kolarov) e Mikhitaryan (ripartenza orchestrata da Pellegrini e conclusa dall’armeno con un sinistro in corsa a fil di palo). La reazione del Sassuolo è flebile ed è tutta in un tiro di Locatelli fuori di poco, poi Pellegrini si inventa un taglio in verticale di trenta metri che manda Kluivert dritto dritto in porta, per il 4-0 giallorosso. Cala il sipario, anche grazie a Ferrari che salva a botta sicura sulla linea in possibile 5-0 di Dzeko.

REAZIONE EMILIANA — Il tiro al bersaglio giallorosso riprende anche ad inizio ripresa e solo la sfortuna nega il gol prima a Pellegrini (palo al 2’ da fuori) e Dzeko (traversa al 5’ di testa). A dare un alito di speranza al Sassuolo è invece Berardi, che all’8’ si inventa una punizione gioiello da 25 metri ed insacca il 4-1 sotto l’incrocio dei pali di Pau Lopez. Poi terzo palo giallorosso all’11’, con un colpo di testa di Mancini. La Roma a questo punto si siede un po’ ed allora il Sassuolo prova a riprendere ancora più fiato e con Caputo sfiora anche il 4-2. Gol che arriva puntualmente al 27’ della ripresa, ancora con Berardi, bravo a sfruttare un velo intelligente in area dello stesso Caputo. Per un po’ il ritmo cala, fino alle scintille finali, quando Pastore si divora incredibilmente il 5-2 di testa con la porta spalancata e Caputo a un soffio dalla fine va ancora vicino al gol. Finisce così, con la Roma che ora si proietta all’Europa League e il Sassuolo che cercherà di rialzarsi con la Spal.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Un rigore di Piatek piega il Verona in 10.
Ma che faticaccia per il Milan...

L'Hellas in inferiorità numerica per l'espulsione di Stepinski si difende con ordine,
rischia poco, ma capitola per un penalty nella ripresa. Espulso Calabria nel finale


Alessandra Bocci


Tre punti, ma che fatica. Giampaolo alla vigilia aveva invocato un successo che avrebbe regalato al Milan maggior consapevolezza sulla strada del derby e indicato nel Verona di Juric un avversario tosto e difficile. Il successo sul temuto campo del Verona è arrivato, eppure c'è poco da gioire. Il Milan è ancora un cantiere e una squadra aggressiva, ridotta in dieci dopo venti minuti, lo tiene a bada e cede soltanto al 23' del secondo tempo. Primo episodio decisivo: l'espulsione di Stepinski per un fallaccio su Musacchio, punito dall'arbitro Manganiello con un giallo prima di rivedere l'azione al Var. Secondo episodio fondamentale, un tempo più tardi: combinazione Calhanoglu-Piatek, Calha va al tiro, Gunter allarga il braccio. È il rigore che porta al vantaggio del Milan. Il lato positivo per i rossoneri, classifica a parte, è il gol di Piatek, che interrompe un lungo digiuno e colora una partita così così, con un tiro alto sulla traversa dopo appena quattro minuti e poi molti appoggi sbagliati e poco altro. Ma sul rigore Kris è freddo e ravviva il suo score: non aveva mai segnato neppure in amichevole e in settimana aveva perso il posto anche nella nazionale polacca.

POCO MILAN — Per il resto, poco da segnalare: i soliti fastidiosi "buuu" a Kessie, il possesso palla piuttosto sterile del Milan, un paio di pali (uno per parte, sempre sullo 0-0) nel secondo tempo. Giampaolo continua sulla sua strada: 4-3-1-2 e fuori tutti i nuovi, compreso Bennacer, dentro Biglia a centrocampo e Paquetà dietro le punte, bocciato però dopo un tempo. Suso, in posizione ibrida, tocca molti palloni ma non è incisivo. Meglio Calhanoglu nel secondo tempo e soprattutto meglio Rebic che, entrato al posto di Paquetà, ha sbloccato la situazione, con accelerazioni che alla lunga hanno punito un Verona coraggioso e compatto, capace di tenere a lungo nonostante l'inferiorità numerica. Nel finale, un gol rossonero annullato dal Var e tanta rabbia dei tifosi di casa, soprattutto per un rigore reclamato allo scadere: pasticcio di Romagnoli, espulsione di Calabria, ma Manganiello concede soltanto una punizione dal limite: tira Veloso, il pallone finisce sulla barriera, Lazovic riprende ma il pallone esce di poco. Gigio Donnarumma festeggia e con lui la curva del Milan in trasferta. Ma la strada per tornare fra le squadre top è ancora lunghissima.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Lecce, colpo a Torino e l'Inter resta sola in vetta.
Ma che giallo nel finale...

Primi punti per i salentini che segnano un gol per tempo con Farias e Mancosu.
La squadra di Mazzarri, a cui non basta il rigore di Belotti,
protesta per un altro tiro dal dischetto non concesso in pieno recupero


Stefano Cantalupi


Il Toro s’incarta, il Lecce fa l’impresa e trova meritatamente i suoi primi tre punti in Serie A: sorpresissima nel posticipo del terzo turno, all’Olimpico finisce 1-2. I granata, in un colpo solo, perdono l’occasione del sorpasso alla Juve (non scavalcano i bianconeri dall’ottobre 2015) e della partenza con tre successi di fila (non accade dal ’76). Ma soprattutto, perdono la grande chance di appaiare l’Inter in testa alla classifica: i nerazzurri restano soli in vetta.

FINALMENTE LECCE-GOL — Il primo gol del Lecce in questo campionato arriva al 35’: lo trova Farias di prepotenza, dopo che Sirigu gli aveva parato il primo tentativo. Ed è tanto merito di Majer, bravissimo a lavorare il pallone sulla destra, quanto demerito di Berenguer che perde il pallone a centrocampo, di Rincon che si becca un tunnel e di Meité che ripiega male. È il giusto premio per un Lecce volitivo, schierato da Liverani col tridente Falco-Lapadula-Farias. Ed è anche la sveglia che suona per un Toro stranamente molle, come se l’aria d’alta quota provocasse giramenti di testa.

TORO SPUNTATO — La prudenza di Mazzarri, che lascia inizialmente in panchina Zaza e Verdi per schierare il solo Berenguer a supporto di Belotti, non paga. Perché il Lecce prende subito coraggio e campo, mettendo in difficoltà Meité in mezzo e sfondando spesso e volentieri ai lati. De Silvestri, poco prima dell’intervallo, avrebbe la chance di segnare l’1-1 di testa, e di riaccendere un po’ gli animi. Ma manda alto. E l’Olimpico, mentre le squadre vanno alla pausa, fischia sonoramente, quasi coprendo il “forza ragazzi” della Maratona.

SCOSSA ZAZA — Mazzari ripresenta il Toro in campo con Zaza al posto dello spento Berenguer. E l’energia del numero 11 dà velocemente qualche frutto, compresa una carambola che favorisce Belotti e lo porta alla battuta vincente. Boato, ma ancora niente da fare: rete annullata per fuorigioco, poi confermato dalla Var. Passa un istante e all’11’ Zaza si procura il rigore per una (discutibile) trattenuta di Tabanelli in area. Stavolta nessuno ferma il Gallo: 1-1 dal dischetto, Gabriel spiazzato.

COLPACCIO MANCOSU E VAR FINALE — Il pubblico entra in partita, Liverani cerca la contromossa inserendo Babacar e Mancosu per Lapadula e Farias. E azzecca la scelta, perché proprio mentre il popolo granata applaude il debutto di Verdi, il Lecce colpisce di nuovo: minuto 73, calcia Calderoni e Mancosu insacca sulla respinta di Sirigu. Il Toro si sfilaccia, gettandosi disordinatamente alla caccia del pari. E Babacar, in contropiede, per poco non trova il tris. Non serve, comunque: è vittoria del Lecce a Torino. Nonostante una lunghissima Var finale, da brividi per i leccesi, per un abbraccio di Rispoli su Belotti nell’area piccola.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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