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Campionato di Calcio Serie A 2019 - 2020. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2020 23:36
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L'Inter torna a sorridere: Toro ribaltato ed è secondo posto



Come a Verona, la squadra di Conte va sotto (gol di Belotti dopo un clamoroso errore di Handanovic),
ma nella ripresa si scatena e in un quarto d'ora segna con Young, Godin e Lautaro.
Traversa del Gallo


Roberto Pelucchi

Mai più come a Verona, aveva urlato un rabbioso Antonio Conte. E la lezione del Bentegodi è stata recepita da un'Inter che non si è privata, però, degli stessi brividi. Anche contro il Torino è andata sotto (gol di Belotti dopo un erroraccio di Handanovic), ma ha avuto la forza di reagire brutalmente in avvio di ripresa, segnando in rapida successione con Young e Godin, e di mettere poi al sicuro la vittoria con Lautaro. Scavalcata l'Atalanta e agganciata la Lazio al secondo posto (i nerazzurri sono secondi per differenza reti): non era scontato, dopo il gli spettri del primo tempo. Il Torino ha perso, ma non è dispiaciuto dal gol di Belotti alla fine del primo tempo e poi nella reazione ai gol subiti in avvio di ripresa (traversa del capitano).

LE SCELTE — Antonio Conte prende decisioni destinate a fare rumore: fuori Skriniar e dentro Godin, terza panchina nelle ultime quattro partite per Eriksen, al suo posto Borja Valero, trequartista alle spalle di Lautaro e Sanchez. Lukaku non è neppure in panchina. Moreno Longo sceglie Ansaldi e in attacco si affida a Belotti, a segno da cinque partite consecutive, supportato da Verdi.

CHE ERRORE HANDA — Avvio subito aggressivo dei nerazzurri, che già dopo pochi secondi si fanno vedere in area granata con Lautaro (tiro stoppato da Izzo). Il Torino resta rintanato nella propria metà campo, l'Inter comanda. All'11' ci prova Brozovic, Sirigu si salva in angolo. Al 14' il colpo di testa di Godin è fuori bersaglio. Ci vuole un quarto d'ora abbondante per vedere il Torino mettere il naso nell'area avversaria: Belotti guadagna un angolo, dalla bandierina batte Verdi, Handanovic si fa scappare dalle mani una palla innocua, il Gallo in agguato ne approfitta e appoggia nella porta sguarnita. Gol facile facile, il sesto consecutivo per l'attaccante granata (17'). La reazione dei nerazzurri, costretti a rimontare come a Verona, è più di pancia che di testa, la voglia non manca, la pericolosità sì, anche perché il Toro si assesta meglio rispetto al primo quarto d'ora e trovare spazi non è facile. Partita spigolosa, con tre ammoniti in mezz'ora (Godin, Aina, Meité). Dopo un errore in disimpegno dei granata, Lautaro ha sui piedi la palla del pareggio, ma Sirigu è ben piazzato. Sul versante opposto, sbaglia ancora Handanovic e il Toro protesta per un tocco con il braccio di Bastoni in area; tutto regolare per Massa. I granata non sono passivi, tutt'altro: al 40' Handa ferma sulla linea un tiro di Ansaldi.

CHE RIBALTONE — Il secondo tempo comincia senza cambi, ma con un'Inter ancora più aggressiva e decisa a ribaltare il risultato. Cosa che avviene in breve tempo: al 3' Young con un tiro al volo sfrutta una bella sponda di Lautaro e pareggia. Centoventi secondi dopo lancio dello stesso Young per Sanchez, che mette in mezzo per la capocciata vincente di Godin: 2-1. Il Torino è tramortito, ma ha le forze per provare a restare in partita. Handanovic, infatti, si riscatta fermando bene Verdi. L'Inter, però, ipoteca la vittoria al quarto d'ora, con Lautaro che trafigge Sirigu anche con la complicità di Bremer, che devia il suo tiro. Longo ne cambia tre: fuori Ansaldi, Meité e De Silvestri, dentro Berenguer, Lukic e Singo. E' un Toro ancora vivo, tenuto a galla dal capitano Belotti, che colpisce la traversa. Conte mette Biraghi e Candreva, con quest'ultimo che sfiora subito il 4-1. Al 30' Sirigu rischia di copiare Handanovic, rinviando addosso a Lautaro, ma riesce a rimediare prima che la palla entri in porta. Ancora protagonista il portiere granata, con un doppio salvataggio su Gagliardini. C'è spazio anche per un tiro di Eriksen. Il Torino ci prova fino all'ultimo, ma senza fortuna: i punti sul Lecce, terz'ultimo, sono cinque. Non abbastanza per restare tranquillo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2019/2020 32ª Giornata (13ª di Ritorno)

11/07/2020
Lazio - Sassuolo 1-2
Brescia - Roma 0-3
Juventus - Atalanta 2-2
12/07/2020
Genoa - Spal 2-0
Cagliari - Lecce 0-0
Fiorentina - Verona 1-1
Parma - Bologna 2-2
Udinese - Sampdoria 1-3
Napoli - Milan 2-2
13/07/2020
Inter - Torino 3-1

Classifica
1) Juventus punti 76;
2) Inter e Lazio punti 68;
4) Atalanta punti 67;
5) Roma punti 54;
6) Napoli punti 52;
7) Milan punti 50;
8) Sassuolo punti 46;
9) Verona punti 44;
10) Bologna punti 42;
11) Cagliari punti 41;
12) Parma punti 40;
13) Fiorentina punti 36;
14) Sampdoria e Udinese punti 35;
16) Torino punti 34;
17) Genoa punti 30;
18) Lecce punti 29;
19) Brescia punti 21;
20) Spal punti 19.

(gazzetta.it)
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Atalanta, altra serata show col Brescia: ne segna 6 ed è seconda.
E Pasalic fa tripletta

Botta e risposta tra il croato e Torregrossa in avvio,
poi gara chiusa tra il 25’ e il 30’ coi gol di De Roon, Malinovskyi e Zapata



Mettete assieme una squadra che mentalmente è già in serie B dopo la sconfitta col Torino e una che è in stato di grazia. Non può che finire tanti a pochi per l’Atalanta, che travolge 6-2 le Rondinelle pur lasciando a riposo Gomez, Ilicic, Toloi, Freuler, Hateboer, Palomino e Gollini, con Zapata richiamato dopo 45’. Anche perché due delle cosiddette riserve, Ruslan Malinovskyi e Mario Pasalic, sono semplicemente due armi improprie. E così, in attesa di Inter e Lazio, la Dea si ritrova seconda.

SINISTRO PAZZESCO — L’ucraino Malinovskyi, un gol e due assist per il croato, è un giocatore devastante. Soprattutto quando può sganciare uno dei suoi missili col sinistro. Altra grande pescata questa della Dea, che si ritrova un elemento di grande livello per il dopo Papu e il post Ilicic. Pasalic, che si intende a meraviglia col pupillo di Sheva, come al solito è perfetto negli inserimenti e arriva a quota 9 in campionato col tris al Brescia.

LA PARTITA — Il Brescia resta in partita fino al 25’. Torregrossa non capitalizza il primo regalo di un balbettante Caldara ma nella seconda occasione non spreca e si conferma giocatore di grande interesse del prossimo mercato. Siamo 1-1 perché dopo 2’ c’è stato il primo squillo sull’asse Malinovskyi-Pasalic. L’Atalanta è brava a capitalizzare le occasioni che l’imbarazzante difesa del Brescia concede e ne segna tre in 5’ con De Roon (splendida azione rifinita da Gosens), Malinovskyi (solita folgore da casa sua) e Zapata. La ripresa, con gli ingressi dei vari Colley, Bellanova, Czyborra, Piccoli e Rossi, serve solo per le statistiche e per annotare gli altri due gol di Pasalic prima del definitivo 6-2 di Spalek.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Napoli si illude con Manolas,
Barrow non ci sta e il Bologna sfiora l'impresa



Segna subito il greco, la squadra di Gattuso sembra controllare ma
Musa la punisce, Palacio e il palo di Danilo la graziano


Maurizio Nicita

Parte bene il Napoli, finisce alla grande il Bologna. Una sfida non esaltante, che alla fine con un pari e patta scontenta un po' tutti. Gli azzurri calano troppo nel finale e rischiano anche di perdere. Perché i padroni di casa, deficitari nel primo tempo perché irretiti dalla ragnatela gattusiana, nella ripresa alzano il pressing osano di più e dopo aver centrato il pari rischiano anche di vincere, con Palacio che divora una clamorosa occasione e con Danilo che dalla distanza colpisce un clamoroso palo nel recupero. In più due gol annullati al Bologna per fuorigioco davvero impercettibile di Mbaye prima e Soriano poi. Per questo alla fine avrebbe meritato di più il Bologna.

ASSETTI — Mihajlovic come promesso punisce Orsolini e preferisce il ceko Krejci a sinistra per dare un po' di riposo a Dijks, davanti ancora una chance al danese Skov Olsen. Il 4-2-3-1 emiliano sembra più in chiave difensiva. Perché Medel e Dominguez seguono a uomo le mezzali azzurre, a prescindere dalla posizione di Zielinski ed Elmas. Lo stesso Soriano, libero di spaziare sul fronte offensivo, è fisso su Demme in chiave difensiva. Solito turn over duro per Gattuso che per la prima volta, dopo otto partite da titolare in un mese, tiene accanto a sé in panca il capitano Lorenzo Insigne, consentendo all'albanese Hysaj di scendere in campo da capitano. Tutto nuovo il tridente Politano-Milik-Lozano.

PRONTI, VIA KOSTAS — I piani tattici di Mihajlovic però subiscono un imprevisto, perché dopo 7' calcio d'angolo a rientrare di Politano, telecomandato sulla testa di Manolas che prevale di forza su Tomiyasu e mette in rete. Quarto centro per il greco, di gran lunga la sua migliore stagione italiana, almeno come marcatore. Il Bologna accusa il colpo e fatica a trovare la quadra, anche perché il Napoli pressa alto come piace a Gattuso e stringe le due linee difensive. Colpisce il sacrificio del messicano Lozano, pericoloso negli spazi ma anche attento ed efficace in pressing. Sussulto bolognese quando da un bello schema su calcio d'angolo, palla indietro per Dominguez che crossa sul secondo palo dove Mbaye anticipa Manolas e segna, ma il terzino è di un pelo oltre la linea difensiva e il gol viene annullato. Il pallino del gioco lo tiene il Napoli, che arriva però a conclusioni non pericolosissime da fuori con Lozano e Politano che non impensieriscono Skorupski. Un tiro al volo di Dominguez finisce a lato e lo spettacolo nel sottovuoto del Dall'Ara lo fanno gli allenatori con le loro urla continue e Mihajlovic che sbrocca contro i suoi su un disimpegno sbagliato.

CAMBIO ATTEGGIAMENTO — E la strigliata dà subito risultati. Perché il Bologna nella ripresa alza il proprio baricentro, mette in difficoltà il Napoli col pressing alto e costruisce diverse azioni pericolose con Soriano finalmente ispirato da trequartista e le punte che si muovono in sincronia. Detto del gol annullato sul filo a Palacio è poi Barrow a siglare il pari, ispirato ancora da Soriano, e bravo a chiudere di sinistro sul secondo palo, lì dove Meret non può arrivare. Alla fine dopo le occasioni di Soriano e Danilo, Mertens avrebbe la palla buona - dall'infaticabile Demme - ma tira fuori. Giusto così. E Gattuso che non aveva mai fatto pari in campionato fino a domenica scorsa ora scopre di avere la pareggite.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Milan va sotto, poi ride con Kessie, Romagnoli e Calha.
Raggiunto Gattuso al 6° posto



I rossoneri agguantano il Napoli, fermato a Bologna, a quota 53 punti.
Di Kurtic l'illusorio vantaggio emiliano prima della gran ripresa rossonera


Marco Fallisi

C'era una volta il Milan che faticava a segnare, che non sapeva rialzarsi dopo il primo cazzotto, che tremava contro le big e si inceppava pure con le piccole. Quel piccolo Diavolo è solo un parente lontano del tritatutto sbucato da sotto la mascherina: per informazioni chiedete a Lecce, Roma, Lazio, Juve e ovviamente al Parma. Che segna a San Siro con Kurtic, si illude ma poi finisce travolto come le altre: Kessie, Romagnoli e Calhanoglu ribaltano tutto in pochi minuti. Ibra c'è ma ci pensano gli altri, Pioli vola verso l'Europa. Piccolo ripasso del bilancio post-Covid: 5 successi e 2 pareggi (cui si aggiunge lo 0-0 in Coppa con la Juve), 20 gol segnati e 8 subiti e 17 punti su 21 disponibili. Dopo 33 giornate, il Milan di Pioli ha 3 punti in meno di quello di Gattuso che lottava per la Champions: dove sarebbe con il tecnico emiliano in panchina dal primo giorno?

BLITZ PARMA — La trama del primo tempo del Meazza ricorda quella di Ferrara con la Spal: il Milan, che Pioli ritocca schierando Biglia in regia e il trio Leao-Bonaventura-Calhanoglu alle spalle di Ibra, spinge e costruisce ma pecca di precisione dalle parti di Sepe. Hernandez non inquadra il bersaglio con un paio di spunti sugli sviluppi di corner, Zlatan cerca il gol impossibile da lontanissimo e Romagnoli trova le dita di Sepe e il palo sulla strada del gol dopo un bel colpo di testa al 19'. D'Aversa disegna un Parma ultra-raccolto, di cui Kulusevski e Gervinho sono le frecce per colpire in ripartenza e Cornelius il pivot cattura-palloni in area. Il danese però si ferma all'alba del match per un problema muscolare: dentro Karamoh. Il progetto emiliano non cambia − possesso lasciato al Milan, massima attenzione dietro e pochissimi spunti in avanti – e premia i gialloblù alla prima vera occasione: Gervinho imbuca per Grassi, palla a Kurtic che gira sul primo palo bruciando Donnarumma. È il 44' e si va a riposo sullo 0-1.

RIBALTONE — Nella ripresa Pioli inserisce Calabria per Conti e invita Rebic a scaldarsi, Ibra e compagni continuano a provarci soprattutto da fuori. È proprio con una bomba dalla distanza che il Milan trova il pareggio: Kessie, non esattamente un maestro di balistica, indovina l'eurogol al 55' e conferma il momento d'oro. Terza rete di fila dopo quelle a Juve e Napoli e tanta, tantissima sostanza in mezzo al campo. Di sostanza ne mette parecchia anche Romagnoli 4 minuti dopo, trovando di testa il 2-1 rossonero dopo una punizione di Calhanoglu. Il Diavolo è vivo ma il Parma pure: tra il 74' e il 75' un tiro di Kulusevski deviato da Kjaer si stampa sulla traversa e una conclusione di Inglese impegna Gigio. Le occasioni non sfruttate, però, contro il Milan spietato di questi tempi si pagano e Calhanoglu lo ricorda al Parma al 77': il turco dal limite raccoglie un bellissimo pallone servito da Bonaventura e la piazza nell'angolino. La curva Sud si è spostata in panchina: a bordo campo è una festa rossonera. Sotto con la prossima.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Cagliari non c’è,
Bonazzoli fa il Quagliarella:
la Samp vede la salvezza

Partita senza storia: apre Gabbiadini in avvio,
poi due bellissimi gol del giovane ex Inter portano Ranieri a quota 38


Filippo Grimaldi


Tutto sin troppo facile per la Sampdoria, che compie un passo importante e forse decisivo verso la salvezza superando per tre a zero il Cagliari dell’ex Walter Zenga, grazie a un gol di Gabbiadini (8’) in apertura, servito da un cross di Jankto dalla sinistra (complice un’indecisione collettiva della difesa ospite) e alla doppietta di Bonazzoli davvero in stato di grazia: bravo a colpire con un rasoterra imparabile al 40’ e poi ad andare ancora a segno ad inizio ripresa con un numero in acrobazia, di nuovo innescato da Jankto. Il Cagliari ha avuto difficoltà sin dalle fasi iniziali nella costruzione del gioco, mentre la Samp pare avere ormai addosso una convinzione ed un’autostima sino a qualche settimana fa che le erano quasi sconosciute. E il merito, in questo senso – dodici punti nelle ultime cinque partite, con un confortante più nove sino a stasera sul Lecce terzultimo – va al gioco sapiente di Ranieri, che è riuscito a tirare fuori il meglio da ciascun giocatore della rosa. Difficile, invece, capire dove stia il male di un Cagliari al quale è sembrato mancare il sacro fuoco per tenere il ritmo di un avversario ben più cinico e motivato. Senza Nainggolan, Zenga ha affidato le chiavi del centrocampo a Birsa, molto mobile e propositivo fra mediana e attacco, dove la coppia Simeone-Ragatzu sino a metà gara è stata però spesso sovrastata dai centrali blucerchiati Yoshida e Colley.

SALTO IN ALTO — Il bilancio delle ultime cinque partite dei blucerchiati – dodici punti – è da salto in alto decisivo e dà l’esatta dimensione di una Samp che ha imparato ad essere anche cinica, dote che prima non le apparteneva. Un primo tempo abbastanza povero di emozioni, con Nandez migliore e più propositivo del Cagliari, efficace in fase di spinta sulla destra e pericoloso nel primo tempo al tiro, su cui Yoshida ha respinto con il corpo. Ancora Nandez (29’) ha impegnato Audero, poi alla mezz’ora Gabbiadini è andato vicinissimo a un gol impossibile in mezza rovesciata, fallito di un soffio. Ha fatto centro, invece, ancora Bonazzoli, con un rasoterra potentissimo in contropiede servito da Ekdal) che ha sorpreso Cragno.

STESSO CANOVACCIO — Il tre a zero maturato dopo appena 53 minuti dal via ha chiuso in anticipo la partita, anche se in particolare l’innesto di Joao Pedro al posto di Ragatzu ha dato sicuramente maggiore coraggio agli ospiti, anche perché nella seconda parte della ripresa la Samp non è più riuscita a creare veri pericoli dalle parti di Cragno. Un finale, dunque, in gestione del risultato – che, non a caso, ha fatto tirare qualche urlaccio a Ranieri rivolto ai suoi -, di cui ha provato ad approfittare il solito brasiliano, con Audero prontissimo alla respinta. I 41 punti fanno dormire sonni tranquilli a Zenga, ma occorrerà trovare nuove motivazioni per evitare un finale fatto di ulteriori amarezze.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Fiorentina da applausi: tre gol, spettacolo e salvezza servita.
Lecce travolto



Viola devastanti, trascinati da un super Ribery e a segno con Chiesa, Ghezzal e Cutrone.
Pulgar si fa parare un rigore. Per i salentini traversa di Farias e rete di Shakhov nel finale


Roberto Pelucchi

Era la partita da vincere a tutti i costi e la Fiorentina non l'ha fallita, scacciando le streghe e mettendo al sicuro una salvezza che - con 10 punti di vantaggio a 5 partite dalla fine - ormai non sembra più in discussione. Viola quasi perfetti (giusto qualche sbavatura in difesa) e micidiali in attacco, con Chiesa, Cutrone e Ribery immarcabili. Lecce troppo molle e disattento: con maggiore attenzione, avrebbe potuto tenere in vita il match più a lungo. Liverani deve preoccuparsi: le squadre sulle quali fare la corsa-salvezza sono sempre di meno.

LE MOSSE DEI TECNICI — La serata incomincia male per Beppe Iachini, che non può schierare il portiere titolare Dragowski, fermato dalla lombalgia (al suo posto Terracciano), e che durante il riscaldamento perde anche Dalbert, sostituito da Lirola. Attacco "pesante" con Chiesa (largo a destra), Cutrone e Ribery. Nessuna sorpresa da Fabio Liverani rispetto alla formazione annunciata alla vigilia, con Farias e Mancosu alle spalle di Babacar.

DOMINIO VIOLA — L'inizio della Fiorentina è scoppiettante. Dopo appena 6' la gara si spacca: gli errori di Barak e Rispoli permettono a Cutrone e Chiesa di costruire il gol del vantaggio, con destro potente del figlio d'arte nel "sette" alla sinistra di Gabriel. Lecce frastornato e in balìa dei viola, che al 10' hanno l'occasione per ipotecare la vittoria: Ribery mette davanti alla porta Ghezzal, che viene atterrato da Gabriel. Rigore solare, che Pulgar si fa parare (il tiro è angolato, ma poco potente). Ci provano anche Caceres e Cutrone. Nel primo quarto d'ora il Lecce è solo difesa. La squadra di Liverani batte un colpo al 18' con Barak, che costringe Terracciano alla respinta a mani aperte. Farias è la spina nel fianco di una difesa viola non sempre impeccabile: il brasiliano prima spara alto (22'), poi costringe Caceres a salvare in angolo (24'). E' una parentesi perché poi la Fiorentina sgomma e il Lecce si sbriciola. Al 38' spettacolare punizione di Ghezzal all'incrocio e due minuti più tardi Cutrone si infila in area e colpisce per la terza volta Gabriel. Il Lecce va vicino al gol soltanto grazie al gentile omaggio di Caceres, che "serve" Farias; il brasiliano prende la mira e con un tiro violento centra la traversa.

LECCE INOFFENSIVO — La ripresa incomincia con Ceccherini al posto di Pezzella e (a sorpresa) Saponara al posto di Farias, uno dei pochi capaci di insidiare la Fiorentina. La partita ha ormai poca storia, la squadra di Iachini gestisce il pallone con sapienza, alza e abbassa i ritmi a piacimento, ricama ottime trame di gioco e si avvicina con facilità all'area avversaria. Terracciano non corre pericoli, mentre Gabriel ha serio lavoro da sbrigare contro Lirola (6') e Cutrone (15'). I cambi dei tecnici non spostano gli equilibri, la partita ha una trama ben definita. Più passano i minuti e più il Lecce si spegne. Ma nel finale (43') c'è il lampo di Shakhov per l'inutile gol del 3-1. La notte è dolcissima soltanto per la Fiorentina.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Gol, errori e spettacolo:
la Juve trema col Sassuolo,
ma ottiene un punto

Gol di Danilo, Higuain, Djuricic, Berardi, Caputo e Alex Sandro:
bella partita, coi bianconeri a lungo in balia dell’avversario



Jacopo Gerna


Sei gol, tantissime emozioni e partita gradevolissima, col 3-3 finale che fotografa bene quanto accaduto tra Sassuolo e Juventus. Anche se tra i due portieri è Szczesny a fare gli straordinari e non Consigli.

I MOTIVI — Il Sassuolo si conferma squadra in grande condizione, con quattro giocatori offensivi di grande livello: Djuricic ha talento e colpi da top club (come da sempre sostiene De Zerbi), Berardi è il prototipo dell’attaccante moderno, Caputo segna e ha un’intelligenza calcistica impressionante, gli uno contro uno di Boga spaventano anche in una serata non brillante. Di contro, marca sulle palle inattive come certe squadre al calcetto del lunedì e può prendere gol in qualunque momento. La Juventus si avvicina allo scudetto, mantenendo 7 punti sull’Atalanta a 5 giornate dalla fine. Restano però anche i molti dubbi sulla gestione Sarri. I gol subiti sono 9 in tre partite, le bambole collettive si ripetono troppo spesso e contro avversarie che si chiamano Milan e Sassuolo, per restare alle più recenti. La Juve di Allegri è di acciaio, questa pare una bandiera piantata sulle Bocche di Bonifacio.

LA PARTITA — Il primo tempo è bellissimo: Danilo segna da fuori area, Higuain raddoppia. In entrambi i casi l’ultimo passaggio è di un Pjanic in crescita e sostituito abbastanza inspiegabilmente. La difesa del Sassuolo è corresponsabile. Dopo i primi 20’, la Juve si conferma incapace di mettere in ghiaccio le partite. Djuricic è una zanzara, Berardi è ovunque, Locatelli fa per due. Il 10 serbo di De Zerbi accorcia dopo tre parate decisive di Szczesny, con Bernardeschi e Ronaldo ai margini della partita. Le cose peggiorano in avvio di ripresa: Chiellini molla dopo i primi 45’ post-infortunio, dentro Rugani. Si aprono falle enormi nella Juve, poco protetta dal centrocampo. Berardi pennella la punizione del 2-2, Caputo spinge in porta il tris, osservato da Danilo. Qui il Sassuolo, che ha speso tutto, cala di due ottave e Alex Sandro non deve nemmeno saltare per segnare sul corner di Bentancur. Ronaldo e un Traore entrato (male) per Djuricic sciupano le ultime occasioni e De Zerbi, udite udite, a 5’ dalla fine si accontenta del pari mettendo Ferrari per Berardi e chiudendo col 5-3-2. Giusto così, nessuna avrebbe meritato di perdere. Ma i dubbi sulla Juve restano lì, più evidenti che mai.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Gol, errori e spettacolo:
la Juve trema col Sassuolo,
ma ottiene un punto

Gol di Danilo, Higuain, Djuricic, Berardi, Caputo e Alex Sandro:
bella partita, coi bianconeri a lungo in balia dell’avversario



Jacopo Gerna


Sei gol, tantissime emozioni e partita gradevolissima, col 3-3 finale che fotografa bene quanto accaduto tra Sassuolo e Juventus. Anche se tra i due portieri è Szczesny a fare gli straordinari e non Consigli.

I MOTIVI — Il Sassuolo si conferma squadra in grande condizione, con quattro giocatori offensivi di grande livello: Djuricic ha talento e colpi da top club (come da sempre sostiene De Zerbi), Berardi è il prototipo dell’attaccante moderno, Caputo segna e ha un’intelligenza calcistica impressionante, gli uno contro uno di Boga spaventano anche in una serata non brillante. Di contro, marca sulle palle inattive come certe squadre al calcetto del lunedì e può prendere gol in qualunque momento. La Juventus si avvicina allo scudetto, mantenendo 7 punti sull’Atalanta a 5 giornate dalla fine. Restano però anche i molti dubbi sulla gestione Sarri. I gol subiti sono 9 in tre partite, le bambole collettive si ripetono troppo spesso e contro avversarie che si chiamano Milan e Sassuolo, per restare alle più recenti. La Juve di Allegri è di acciaio, questa pare una bandiera piantata sulle Bocche di Bonifacio.

LA PARTITA — Il primo tempo è bellissimo: Danilo segna da fuori area, Higuain raddoppia. In entrambi i casi l’ultimo passaggio è di un Pjanic in crescita e sostituito abbastanza inspiegabilmente. La difesa del Sassuolo è corresponsabile. Dopo i primi 20’, la Juve si conferma incapace di mettere in ghiaccio le partite. Djuricic è una zanzara, Berardi è ovunque, Locatelli fa per due. Il 10 serbo di De Zerbi accorcia dopo tre parate decisive di Szczesny, con Bernardeschi e Ronaldo ai margini della partita. Le cose peggiorano in avvio di ripresa: Chiellini molla dopo i primi 45’ post-infortunio, dentro Rugani. Si aprono falle enormi nella Juve, poco protetta dal centrocampo. Berardi pennella la punizione del 2-2, Caputo spinge in porta il tris, osservato da Danilo. Qui il Sassuolo, che ha speso tutto, cala di due ottave e Alex Sandro non deve nemmeno saltare per segnare sul corner di Bentancur. Ronaldo e un Traore entrato (male) per Djuricic sciupano le ultime occasioni e De Zerbi, udite udite, a 5’ dalla fine si accontenta del pari mettendo Ferrari per Berardi e chiudendo col 5-3-2. Giusto così, nessuna avrebbe meritato di perdere. Ma i dubbi sulla Juve restano lì, più evidenti che mai.

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La Lazio non sogna più.
All'Udinese va pure stretto lo 0-0 con il palo di De Paul al 96'



I biancocelesti non approfittano del pareggio della Juve con il Sassuolo e restano a -7 dalla vetta


Nicola Berardino

Anche a Udine la Lazio toppa l’appuntamento con la vittoria. Mirava ai tre punti la squadra di Inzaghi per riprendersi il secondo posto e ritrovare il sorriso dopo tre sconfitte. Ma La Lazio non riesce a segnare contro l’Udinese. E il pareggio finale porta altri rimpianti. La formazione di Gotti allunga a sette gare la serie interna senza vittorie ma il punto agguantato pesa molto sulla via per archiviare la pratica salvezza e alla fine c’è pure il rammarico per un palo colpito da De Paul.

EQUILIBRI SOTTO LA PIOGGIA — Gotti ritocca ogni reparto rispetto alla gara contro la Sampdoria. In difesa, riecco De Maio e Becao; a metà campo, c’è Fofana; in avanti, spazio a Okaka. Inzaghi ritrova Luiz Felipe dal via per completare la retroguardia e ripropone Jony titolare sulla fascia sinistra. Il primo tentativo a rete è della Lazio: al 9’, Lazzari conclude sopra la traversa. Biancocelesti intraprendenti in fase offensiva, ma l’Udinese presidia bene i varchi e prova una combinazione con Lasagna e De Paul, che al 22’ si mette in luce anche un tiro da dentro l’area: alto. Trema l’Udinese su una botta di Lazzari deviata in angolo da Musso. Fuori bersaglio anche una fiondata di Luis Alberto. Sull’altro fronte, Larsen si fa largo ma calcia debolmente. Al 28’, una girata di Immobile viene parata da Musso. Replicano subito i friulani: Strakosha sventa su Becao. La squadra di Inzaghi è molto continua in fase di palleggio. Ma sotto la pioggia che aumenta col passare dei minuti il muro difensivo della formazione di Gotti appare ancor più impenetrabile. Azione manovrata della Lazio: al 43’ Milinkovic riesce a graffiare. Zoppica Jajalo: entra Walace. Squadre all’intervallo sullo 0-0.

SENZA GOL — In avvio di ripresa non è valido il gol di Okaka: pallone già uscito prima del cross di Lasagna. AL 4’ Provvidenziale Luiz Felipe a far scudo di petto su una rasoiata di Lasagna. Al 6’ Inzaghi fa un doppio cambio: Bastos per Radu e Lukaku per Jony. All’8’ Strakosha si supera in uscita su Lasagna, sfuggito al controllo di Luiz Felipe. Udinese più propositiva rispetto al primo tempo. Al 15’ Strakosha vola per deviare una parabola di De Paul. Due minuti dopo uno spunto di Milinkovic, Immobile sbilanciato non riesce a colpire a rete. Al 22’, tiro svirgolato di Milinkovic. Due novità nell’Udinese: Ter Avest e Teodorczyk rilevano Okaka e Sema. Risale la Lazio. Al 28’ esce Luiz Felipe, claudicante, entra Cataldi: Parolo arretra al centro della difesa. Rischia la difesa di Inzaghi su incursione di Fofana. Inzaghi inserisce Djavan Anderson e Adekanye per sostituire Lazzari e Caicedo. Replica Gotti al 38’ con Samir al posto di Nuytinck. Botta al ginocchio per Acerbi in uno scontro con Larsen. Un sinistro di Adekanye va sul fondo dopo una deviazione. Non punge un colpo di testa di Milinkovic. L’Udinese regge, anzi all’ultimo istante dei sei minuti di recupero sfiora il colpo con una bordata di De Paul che timbra il palo esterno.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Veretout-Dzeko, la Roma fa tris e sorride: l'Europa è vicina



Un rigore di Veretout e un colpo di testa di Dzeko per battere il Verona.
I veneti reagiscono, ma non basta il gol di tacco di Pessina.
Per i giallorossi è il terzo successo consecutivo: il quinto posto è al sicuro


Chiara Zucchelli

Il Verona crea e protesta, la Roma segna e vince. Può essere riassunta così la sfida dell’Olimpico, in cui la squadra di Fonseca ha avuto la meglio su quella di Juric (espulso) per 2-1. A consegnare i tre punti ai giallorossi (al 3° successo consecutivo), che tengono così a distanza, in chiave Europa League, il Milan, il rigore di Veretout e il colpo di testa di Dzeko, da stasera marcatore straniero più prolifico nella storia del club giallorosso. A tenere in vita fino all’ultimo il Verona è il gol - bellissimo, di tacco - di Pessina, che però non evita la sconfitta alla squadra di Juric, che non vince dalla partita contro il Parma del primo luglio.

NERVOSI — Anche per questo l’allenatore è apparso subito piuttosto nervoso, e viene espulso per proteste, ma non è l’unico: Dzeko, ad esempio, si arrabbia (soprattutto con Pellegrini) perché gli arrivano pochi palloni e quando segna non esulta. A mantenere i nervi saldi è Veretout, che al 9’ porta in vantaggio la Roma, dopo il rigore concesso per fallo di Empereur su Pellegrini. La partita nel primo tempo la fa il Verona, ma è la Roma ad essere cinica e a colpire. Il Verona sceglie Verre come finto centravanti, crea qualche pericolo con Pessina e Zaccagni, ma il 3-4-3 di Juric non fa vivere una brutta serata a Pau Lopez, tranne quando lo spagnolo esita ad uscire sui piedi di Zaccagni. Il 3-4-2-1 di Fonseca, con Kolarov nei tre di difesa e Ibanez sempre più sicuro di sé, è invece più concreto, tanto che dopo la rete di Veretout, è Mkhitaryan a colpire il palo. Il Verona protesta per un tocco col braccio di Dzeko in area, ma l’arbitro lascia proseguire e nel recupero è lo stesso Dzeko, su assist di Spinazzola dopo una palla persa da Amrabat, a segnare di testa il 2-0. Per il bosniaco gol numero 105 con la Roma, diciottesimo stagionale.

SUPER GOL — Neppure il tempo di ripartire nella ripresa che al 46' il Verona accorcia le distanze: Veloso in area serve Zaccagni, Bruno Peres e Mancini si addormentano, Pessina batte Pau Lopez con un colpo di tacco, anticipando Kolarov, e riapre tutto. Il Verona continua a fare la partita, ma è sempre la Roma ad essere pericolosa: Peres scende sulla fascia, mette in mezzo per Dzeko, ma il tiro del capitano termina di poco alto, così come, poco dopo, non riesce ad impattare nel migliore dei modi Mkhitaryan su assist di Pellegrini. In ogni caso, bravissimo Lazovic a salvare la porta del Verona. Ad un quarto d’ora dal termine brividi per Zaniolo, ammonito per una gamba alta al volto di Empereur. Qualche minuto più tardi, nuova occasione per Dzeko, servito da Spinazzola, ma il tris non arriva. Il Verona ci prova fino all’ultimo, ma la squadra di Fonseca riesce a portare a casa tre, preziosissimi, punti.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Toro vola con Bremer, Lukic e Belotti:
Genoa travolto 3-0 e salvezza vicina

La squadra di Longo si porta a +8 sulla zona-pericolo.
I rossoblù si giocheranno la stagione domenica col Lecce


Mario Pagliara


Il Toro è in paradiso, le speranze del Genoa rimandate allo spareggio contro il Lecce. E’ un balzo poderoso verso la salvezza quello che, questa sera, compie la squadra di Moreno Longo: il 3-0 firmato Bremer-Lukic-Belotti porta i granata a +8 sul Lecce terzultimo a cinque giornate dalla fine del campionato. Un successo che spinge il Toro decisamente fuori dalla bagarre: ora l’obiettivo si fa vicinissimo.

SERATA DI TRIDENTI — Torino e Genoa si giocano una bella fetta di salvezza, ma i rispettivi allenatori non optano per una scelta di formazione conservativa. E’ serata di tridenti: più puro quello del Genoa, con Falque che parte largo sulla destra, completato da Pinamonti e Sanabria; più muscolare quello del Toro, costruito sulle spalle di Zaza e Belotti, con Verdi a rifinire.

GRIFONE, AVVIO SPRINT — Comincia su ritmi molto alti il Genoa, che poi paga nella seconda parte del primo tempo favorendo il ritorno del Toro. I primi venticinque minuti della squadra di Nicola sono però di quelli che possono fare paura, e procurano non pochi brividi alla difesa di Longo. Ispiratissimo Iago Falque, uno dei tanti ex della sfida: è suo l’assist (7’) che permette a Pinamonti di impegnare Sirigu con un diagonale velenoso. Sulla ribattuta Schone grazia il Toro. Ci riprova ancora Falque (12’), ma la mira non è precisa. Stesso difetto per Zapata che con un colpo di testa non inquadra la porta (14’).

BREMER, ANDATA E RITORNO — In questa fase della partita Schone e Behrami hanno un passo in più di Rincon e Meité, ma quando poco dopo il 25’ calano appena un pochino la forza del Toro viene fuori. L’avvisaglia che i granata sono dentro la partita arriva quando Bremer non sfrutta una buona occasione su angolo di Verdi (25’). Il Toro comincia a sfondare con regolarità sulla sinistra, come nel mezzo Meité riesce a conquistare campo un po’ alla volta. Belotti è in forma strepitosa e costringe all’ammonizione Goldaniga e Masiello. Al 32’ l’episodio che indirizza il primo tempo: ancora angolo di Verdi, stavolta il colpo di testa di Bremer è preciso e potente. E’ l’1-0 per il Toro. Terzo gol in campionato per il difensore brasiliano, il quinto coppe comprese della sua stagione. Curiosità non da poco: Bremer aveva segnato al Genoa anche all’andata, quando i granata vinsero a Marassi uno a zero.

LA FIRMA DI SIRIGU — Nel secondo tempo la ripartenza del Toro è lenta, quella del Genoa arrembante. Così dopo appena sessanta secondi Salvatore Sirigu mette la sua firma sulla partita: nello stesso affondo rossoblù inizia con il respingere coi pugni un tiro di Pinamonti, poi sfodera la parata più bella allungandosi a sinistra sulla fiondata di Schone, infine chiude lo specchio a Sanabria a tu per tu. Tre super interventi salva-risultato in una quindicina di secondi. La squadra di Nicola esaurisce presto le energie e non sfonda più, il Toro controlla e ora dà la sensazione di essere più sulle gambe. I primi cambi sono di Nicola: dentro Criscito (per Barreca) e Pandev (per Sanabria). Longo risponde con l’ingresso di Izzo al posto di Lyanco ammonito. Entrano anche Aina (per Ansaldi), Lukic (per Verdi), Destro (per Falque), Ghiglione (per Biraschi) e Lerager (per Schone). Alle mezz’ora arriva la mazzata del Toro: Belotti lotta come un leone da solo contro la difesa rossoblù, e serve una bella palla per l’accorrente Lukic. In corsa, il serbo inventa una stupenda conclusione a giro: è il 2-0 granata. C’è ancora il tempo, nel finale, per il tris: fa tutto Andrea Belotti, e la sua sventola all’incrocio vale il suo settimo gol consecutivo, il sedicesimo in campionato.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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L'Inter non spreca l'assist:
poker alla Spal, ora è seconda a -6 dalla Juve

I nerazzurri sfruttano la frenata dei bianconeri e riducono il distacco dalla vetta:
Candreva, Biraghi, Sanchez e Gagliardini firmano il 4-0 a Ferrara


Stefano Cantalupi


Quattro reti, quattro marcatori diversi: l'Inter si conferma una "cooperativa del gol", per dirla come si diceva una volta. Al Mazza, i nerazzurri battono 4-0 una Spal che chiude la quarta gara senza gol all'attivo: Conte ora è secondo da solo, a -6 dalla Juve.

PALO E TRAVERSA — Il quart'ultimo posto per la Spal è lontano 11 punti, che con una manciata di partite ancora da giocare sono un'enormità. Ma i ferraresi di Di Biagio (ex interista da calciatore) iniziano il match come se la salvezza fosse ancora possibile, onorando l'impegno, prima di sgretolarsi alla distanza. Gli occhi di tutti, sul fronte nerazzurro, sono puntati su Eriksen, finalmente titolare: il danese si muove molto alle spalle del due sudamericano Sanchez-Lautaro, riempie l'area di palloni ma manca un po' di lucidità. Ovvio che l'Inter spinga, desiderosa di sfruttare la chance che la classifica propone, ma la Spal inizialmente non rinuncia a farsi viva col tandem pesante Cerri-Petagna. Dopo il palo colpito da Brozovic con un destro dal limite, arriva la traversa di Petagna con un tiro sporco che per poco non beffa Handanovic.

CANDREVA E LA VAR — Come spesso è accaduto alla Spal durante questa stagione disgraziata, un errore grossolano vanifica tanti minuti di buon livello. Al 37' Reca stringe troppo verso i centrali e lascia una voragine sul lato sinistro della difesa emiliana: Sanchez è geniale nel rendersene conto subito e Candreva è perfetto nel trasformare l'assist del cileno nel gol dell'1-0, il suo 5° in campionato, con un diagonale potente. La Spal, però, reagisce subito. E prima dell'intervallo protesta con l'arbitro Giua, che non considera da rigore il contatto tra Strefezza e Handanovic. La Var non interviene, non ravvisando gli estremi del chiaro ed evidente errore: quando il brasiliano viene abbattuto dal portiere sloveno - è l'interpretazione dell'episodio - non può più arrivare sul pallone che sta uscendo oltre la linea di fondo. Materiale per le moviole. E tra Di Biagio e Conte sono scintille a bordo campo.

BIRAGHI GOL E ASSIST — La ripresa si apre con un miracolo di Letica su Sanchez, liberato da un'invenzione di Lautaro. Al minuto 55, però, il portiere croato non può far nulla: Biraghi calcia dal limite col piede meno dotato, il destro, ma è bravissimo a mandare il pallone nell'angolino basso. La gran serata dell'esterno nerazzurro è completata dall'assist per Sanchez, un cross preciso che consente al cileno il 3-0 da due passi. A quel punto, la Spal è già con la testa al Brescia, ovvero alla sfida che mette in palio la possibilità di lasciare l'ultimo posto della classifica. L'Inter, invece, ha ancora voglia. Gagliardini, per esempio, deve dimenticare l'erroraccio commesso a porta vuota contro un'altra emiliana, il Sassuolo, e lo fa col gol del 4-0. Assist di Young, entrato col piglio giusto, come piace a Conte: per tener dietro Atalanta e Lazio, ma soprattutto per sfruttare eventuali ulteriori passi falsi della Juve, serve davvero il contributo di tutti.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2019/2020 33ª Giornata (14ª di Ritorno)

14/07/2020
Atalanta - Brescia 6-2
15/07/2020
Bologna - Napoli 1-1
Milan - Parma 3-1
Sampdoria - Cagliari 3-0
Lecce - Fiorentina 1-3
Roma - Verona 2-1
Sassuolo - Juventus 3-3
Udinese - Lazio 0-0
16/07/2020
Torino - Genoa 3-3
Spal - Inter 0-4

Classifica
1) Juventus punti 77;
2) Inter punti 71;
3) Atalanta punti 70;
4) Lazio punti 69;
5) Roma punti 57;
6) Napoli e Milan punti 53;
8) Sassuolo punti 47;
9) Verona punti 44;
10) Bologna punti 43;
11) Cagliari punti 41;
12) Parma punti 40;
13) Fiorentina punti 39;
14) Sampdoria punti 38;
15) Torino punti 37;
16) Udinese punti 36;
17) Genoa punti 30;
18) Lecce punti 29;
19) Brescia punti 21;
20) Spal punti 19.

(gazzetta.it)
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La vendetta dell'ex Pessina frena la Dea:
Gasp 1-1 a Verona, Champions rimandata



In vantaggio con Zapata, l'Atalanta sale provvisoriamente
al secondo posto alla pari con l'Inter e a -6 dalla Juventus


Francesco Fontana

Champions aritmetica solamente posticipata (magari a domani, nel caso in cui la Roma non battesse l’Inter), dall’altra parte l’Europa League si allontana, ormai definitivamente: un buon Hellas ferma la squadra più in forma del campionato, un’Atalanta capace solo a tratti di essere quella “vera” e devastante. Al Bentegodi finisce 1-1 con l’ex di turno Pessina che replica all’iniziale vantaggio di Zapata (succede tutto nella ripresa). Con questo pareggio Gasperini aggancia momentaneamente l’Inter a 71 punti, Juric (oggi squalificato, in panchina il vice Paro) sale a quota 45, a -8 dal Milan (impegnato contro il Bologna).

LE SCELTE: UNA SORPRESA — Formazioni: nell’Hellas riflettori proprio su Pessina, che Juric piazza trequartista con Zaccagni alle spalle dell’unica punta Salcedo, preferito a Di Carmine (questa è l’unica sorpresa). In mediana Faraoni, Amrabat, Veloso e Lazovic, dietro Rrahmani, Gunter ed Empereur con Silvestri in porta. Tutto confermato in casa Atalanta, con Gasperini che lancia Malinovskyi e Gomez alle spalle di Zapata (Muriel in panchina, Ilicic indisponibile). A centrocampo Hateboer vince il ballottaggio con Castagne, con l’olandese ecco Freuler, Pasalic e Gosens. In difesa, davanti a Gollini, ci sono Toloi, Palomino e Djimsiti. Arbitra Abisso di Palermo.

RITMO OK, MA ZERO GOL — Avvio equilibrato, il primo tentativo è della Dea con il gigante Zapata che, da destra, crossa per il piccoletto Gomez: colpo di testa debole, facile per Silvestri. L’Hellas ci prova al 12’ con Veloso (il suo destro finisce alto sopra la traversa), ma è l’Atalanta ad avere la prima, vera chance della partita al 13’: Malinovskyi serve Zapata al limite, il colombiano (di prima) innesca Pasalic di tacco, ma il croato si fa ipnotizzare da Silvestri. Azione super. Il Verona non ci sta e aumenta il ritmo: al 18’ ecco Salcedo (tiro deviato in corner da Palomino), al 22’ Faraoni dalla destra scalda i guantoni di Gollini, costretto alla deviazione in angolo. Tocca alla Dea, con il Papu: al 29’ destro dalla distanza, Silvestri si oppone con qualche difficoltà. Al 33’ tocca ancora a Malinovskyi dalla “mattonella” buona, ma il suo mancino è strozzato. Passano 2’ e Rrahmani, di potenza, calcia fuori. Al 40’ arriva il primo giallo in un match regolarissimo: Amrabat (era diffidato) stende Hateboer sulla destra, giusta la decisione di Abisso. Pochi istanti dopo e c’è il primo squillo di Zapata, che sulla sinistra salta Gunter e calcia addosso a Silvestri (brivido per il Verona). Succede poco altro nei successivi 5’, si va negli spogliatoi su uno 0-0 complessivamente giusto.

PESSINA, RISPOSTA A DUVAN — Si riparte con una sostituzione per Juric: fuori uno spento Zaccagni, dentro Borini. Passano 5’ e l’Atalanta va: erroraccio di Gunter in costruzione, ne approfitta uno spietato Zapata, velocissimo a rubargli il pallone e a battere Silvestri con un mancino sul primo palo. Gol da Duvan, il 17esimo in questo campionato che vale il momentaneo secondo posto in classifica. Il Verona prova a reagire con Faraoni, bravo Gollini sul colpo di testa dell’esterno gialloblù. Il gol è nell’aria e, puntuale, arriva al 59’. Botta di Rrahmani da fuori, respinge Gollini e sulla ribattuta arriva Pessina per il più classico dei tap-in: colpo dell’ex (senza esultanza), 1-1 e si riparte. Il match diventa bellissimo, con chance da una parte e dall’altra: l’Hellas ci prova da fuori con Rrahmani (59’), l’Atalanta sfiora l’1-2 con un’azione confezionata da Gomez e Zapata (bravo due volte Silvestri al 63’), ancora i gialloblù con Salcedo vanno vicini al vantaggio. Zapata è stanco, il Gasp sceglie Muriel: per il colombiano ci sono 12’ più recupero per incidere. E per poco non ci riesce, in contropiede in coppia con Zapata (ok Silvestri in uscita su quest’ultimo). All’84’ Borini prova il colpaccio da fuori, ma per Gollini è facile facile. Il ritmo non cala, il divertimento resiste fino al 90’, ma il risultato non cambia nonostante l’occasionissima nel finale per Pasalic: 1-1 e (quasi) tutti contenti, compreso Juric che di più non avrebbe potuto chiedere ai suoi. Forse non Gasperini, che avrebbe voluto essere già ora in Champions: tuttavia, 14 risultati utili consecutivi in Serie A non sono proprio buttare…

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Non basta un'ora di solo Sassuolo, il Cagliari in dieci fa 1-1



Gli uomini di De Zerbi dominano la prima parte di gara trovando il gol con Caputo,
nella ripresa - dopo il rosso a Carboni - i rossoblù pareggiano con Joao Pedro.
Si allontana il sogno europeo dei neroverdi


Elisabetta Esposito

Non basta agli uomini di De Zerbi il dominio assoluto del campo per oltre un'ora di gioco. Alla Sardegna Arena la sfida tra Cagliari e Sassuolo finisce 1-1, reti del solito Caputo al 12' e di Joao Pedro al 63', che ritrova così il gol dopo lo stop per l'emergenza coronavirus. I neroverdi, che con questo pareggio arrivano a otto risultati utili consecutivi (hanno perso solo la prima dopo il lockdown con l'Atalanta), restano dunque a cinque punti dal Milan che ha anche una partita in meno e vedono allontanarsi il sogno europeo. Il Cagliari, rimasto in dieci per quasi tutto il secondo tempo, dimostra di saper reagire davanti alle difficoltà, nonostante sia in quella zona della classifica in cui hai pochissimo da temere e poco da sperare.

SOLO IL SASSUOLO — Le due squadre scendono infatti in campo con un approccio completamente diverso: remissivo il Cagliari, e pesa di certo anche la mancanza di un uomo come Nainggolan, al solito aggressivo il Sassuolo, nonostante le tante assenze tra infortuni e squalifiche. Si gioca solo nella metà campo neroverde: nel primo tempo gli uomini di Zenga non impensieriscono mai Pegolo (scelto al posto di Consigli), mentre il gioco è diretto sempre dal Sassuolo. Il Cagliari trasforma spesso il suo 3-5-2 in un 5-3-2 con Faragò e Mattiello impegnati continuamente in fase difensiva visti gli arrembaggi di Boga e Haraslin. Gli affondi dei sardi sono rari, timidi e imprecisi, mentre dietro sono impegnati in continuazione. Il Sassuolo sblocca l'incontro al 12', quando su calcio d'angolo Ciccio Caputo approfitta di una deviazione di Faragò e di testa supera Cragno. È il suo 18° gol stagionale. Poi è un pressing continuo, senza altre chiare occasioni, ma ai punti il vantaggio sarebbe senza dubbio più largo.

LA SVOLTA — Zenga cerca di svegliare i suoi uomini negli spogliatoi e manda in campo Simeone al posto di Gaston Pereiro e il Primavera Ladinetti per Birsa. La situazione sembra però complicarsi ulteriormente quando al 49' Carboni prende il suo secondo giallo e finisce dritto negli spogliatoi. Il Sassuolo vuole continuare indisturbato il suo dominio del campo, ma De Zerbi non è soddisfatto: i suoi, complice pure la difesa chiusissima dei sardi, non riescono mai a tirare in porta. Un lusso che sull'1-0 non ci si può permettere. E infatti il pareggio arriva: al 63' Rog serve Joao Pedro tutto solo in mezzo all'area che al primo tiro nello specchio della porta trova il gol (anche per lui il numero 18). La rete è un'iniezione di fiducia e energia per il Cagliari che dopo oltre un'ora entra finalmente in partita. In dieci la squadra è più compatta e Simeone è altra cosa rispetto a Pereiro. Rog, il migliore dei suoi dopo il gol del pari, prova anche a trovare la rete del vantaggio al 69', ma la conclusione è potente ma imprecisa. La reazione del Sassuolo stenta, al 78' un colpo di testa di Ferrari spaventa i sardi e allo scadere del recupero il tiro di Ghion sfiora il palo. Finisce così, con il sorriso di Zenga e la smorfia di De Zerbi, consapevole di aver perso un'occasione d'oro.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Milan di Pioli non si ferma più:
comoda manita al Bologna, ma Ibra si arrabbia

Dominio rossonero coi gol di Saelemaekers, Calhanoglu, Bennacer, Rebic e Calabria.
Emiliani mai in partita, bello ma inutile il gol di Tomiyasu



“Non penso al futuro, voglio solo tirare fuori il meglio da questa squadra”. Se sulla prima parte del virgolettato di Stefano Pioli è lecito nutrire qualche dubbio, la missione è stata raggiunta. Da quando ha preso il Milan, a ottobre con un 2-2 col Lecce, i miglioramenti sono stati clamorosi, come dimostra anche il 5-1 su un Bologna comunque troppo arrendevole, stasera per nulla a immagine e somiglianza di Sinisa Mihajlovic.

DOMINIO — Quello del Milan è stato un dominio totale, dall’inizio alla fine. Una superiorità tecnica, fisica e mentale. La prodezza di Tomiyasu a fine primo tempo ha tenuto viva la partita più nella forma che nella sostanza, col 2-1 dell’intervallo. Dal fischio d’inizio Hernandez si è preso la fascia sinistra devastando Orsolini e Tomiyasu. Skorupski salva due volte in avvio, poi il francese crossa, Ibra fa velo e Saelemaekers segna. Nessuna reazione del Bologna e bis di Calha dopo un gentile omaggio di Skorupski che gli rinvia sui piedi.

ALLENAMENTO — Il Milan continua a vincere tutti i duelli, con Theo, Rebic, Bennacer e Calhanoglu sopra tutti. Soriano e un pessimo Denswil non si oppongono alla percussione di Bennacer, prima del poker di Rebic che chiude la partita, molto prima del gol di Calabria nel recupero. Miha non ci crede: sotto di un gol a inizio ripresa, invece di buttare dentro il suo miglior giocatore Barrow sceglie i giovani, con anche Palacio che resta seduto in vista dell’Atalanta. L’unico che vorrebbe rimanere in campo fino alla fine è il solito Ibra, rabbuiato al momento del cambio. Solo una piccola ombra nella serata perfetta di Pioli: se davvero il Milan lo ha già messo alla porta, le sue quotazioni si sono comunque impennate.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Rimontona della Samp a Parma:
sotto 2-0 vince 3-2 ed è salva



Il k.o. del Lecce chiude la pratica.
Quinta vittoria in sei partite con Ranieri, che rimonta nel secondo tempo con Chabot,
Quagliarella e Bonazzoli in vista del derby di mercoledì.
Per i ducali sesta sconfitta nelle ultime sette gare


Andrea Schianchi

Ribaltone Samp. Da 0-2 a 3-2. Ed è salvezza blucerchiata raggiunta con largo anticipo grazie al k.o. del Lecce poco dopo. Incredibile se si pensa a quello che si è visto nel primo tempo, dominato in lungo e in largo dal Parma, ma assolutamente legittimo se si osserva alla prestazione della ripresa nella quale i doriani,al quinto successo in sei partite, prendono in mano il pallino del gioco e non consentono mai agli avversari di fare un piccolo break. La Samp scavalca così in classifica gli emiliani e si accomoda a quota 41. Il Parma, invece, è in crisi nera: sesta sconfitta nelle ultime sette partite (e il pareggio contro il Bologna, l’unico risultato positivo, è arrivato nei minuti di recupero dopo una partita inguardabile).

SOLO PARMA — La cosa clamorosa è, appunto, che il primo tempo è tutto del Parma, sia sul piano tecnico sia sul piano tattico. La Samp, schierata con uno scolastico 4-4-2, non riesce mai a rubare il pallone agli avversari, non pressa e, di conseguenza, resta schiacciata nella propria metà campo e sempre in balìa delle iniziative altrui. Il triangolo di centrocampo di D’Aversa è padrone assoluto, anche perché nessuno dei doriani s’incarica di contrastare Brugman che fa partire in perfetta libertà tutte le azioni. Al 18’ il primo segnale di questa netta supremazia: da un calcio d’angolo la palla finisce sui piedi di Gervinho che la addomestica, si beve un paio di avversari e fionda un tiro imparabile e potentissimo proprio sotto la traversa. Sei minuti dopo (24’) ci sarebbe il raddoppio di Caprari, annullato dalla Var per un fuorigioco dello stesso attaccante sulla precedente conclusione di Kulusevski. Il Parma insiste e la Samp non si sveglia, così al 40’, come logica prosecuzione del tran-tran della partita, ecco il 2-0: Kulusevski scapa sulla destra, accelera, piazza un tiro-cross sul quale, a un metro dalla linea di porta, interviene Bereszynski che spinge il pallone in rete. Al 44’ altra conclusione di Gervinho che accarezza il palo.

POI CAMBIA TUTTO — Nella ripresa, come se fino ad allora si fosse letto un libro al contrario, la storia si ribalta e gli eroi dei primi 45 minuti diventano soldati impauriti che non sanno più che cosa fare. Ranieri ridisegna la Samp secondo un più logico 4-3-1-2, fa entrare Bonazzoli e Maroni al posto di Ramirez e De Paoli e ottiene ciò che chiede: pressing, recupero veloce del pallone, dominio in mezzo al campo. Chabod timbra l’inizio della rimonta al 2’ su azione di calcio d’angolo (ancora una colossale dormita della difesa del Parma). Poi sale in cattedra il professor Quagliarella: al 24’, con un tiro a giro, va a togliere la ragnatela nell’angolino della porta di Sepe, e al 33’ serve un assist che è un babà per il tiro a colpo sicuro di Bonazzoli. Il Parma non ha la forza di reagire, visibilmente in debito di ossigeno e di idee. E pensare che qualche burlone, in città, parlava addirittura di Europa League…

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Una doppietta di Zmrhal manda la Spal in Serie B

I ferraresi in vantaggio al 42’ con Dabo.
Ripresa con le Rondinelle scatenate, che pareggiano col ceco al 69’ che nel recupero sigla il 2-1.
L’artimetica condanna la Spal


Matteo Brega


La Spal retrocede con quattro turni di anticipo perdendo 2-1 in rimonta a Brescia. Dopo il gol di Dabo del primo tempo, Zmrhal ribalta la gara nella ripresa.

PRIMO TEMPO, SOLO SPAL — E’ sfida dal forte concetto offensivo tra due squadre che devono vincere e basta, indipendentemente dai motivi (salvezza o tristezza ultimo posto). Il Brescia presenta la coppia della promozione, Donnarumma-Torregrossa, la Spal quella dei pesi massimi Petagna-Cerri. La partita non decolla subito, viaggia piuttosto sotto ritmo per il primo quarto d’ora e solo quattro corner consecutivi della Spal nei primi 2’ di gioco riempiono la memoria iniziale. Il Brescia è meno brillante della Spal che almeno con Cerri e Petagna qualche pensiero lo fa venire alla squadra di Lopez. I lombardi si vedono dalle parti di Letica solo al 34’ quando una combinazione nata lontano si esaurisce al limite con il destro di Sabelli alto sulla traversa. Ma la Spal passa al 42’: triangolo Dabo-Missiroli-Dabo con quest’ultimo che sorprende proprio all’ultimo Joronen e porta avanti la squadra di Di Biagio. Con la contemporanea vittoria del Genoa, il Brescia sarebbe retrocesso in B. La Spal potrebbe anche raddoppiare nel primo minuto di recupero, però Tunjov spara fuori da ottima posizione. Finisce dunque 1-0 per la Spal il primo tempo.

LA RISCOSSA BRESCIANA — Si riparte con un’occasione enorme di Mateju dopo 2’ con un piattone da ottima posizione che finisce larga. Il Brescia insiste e al 9’ con Donnarumma potrebbe pareggiare ma il diagonale finisce largo. Lo stesso numero 9 calcia sull’esterno della rete al 16’. Il pareggio del Lecce al Genoa dovrebbe ridare slancio al Brescia che invece si salva solo grazie a Semprini sulla linea. La partita si apre e al 22’ Petagna si mangia prima Mateju e poi il gol calciando largo. Il Brescia pareggia con Zmrhal al 24’: cross di Martella, Donnarumma appoggia per il ceco che segna di sinistro. L’entusiasmo lombardo cresce e al 26’ ci sarebbe anche il sorpasso con Donnarumma che di testa segna, ma il Var annulla per fuorigioco di Martella, autore del cross. Le notizie da Genova riportano la Spal in B e gli ultimi minuti scorrono via malinconici per la Spal che con il pareggio di Brescia saluterebbe la categoria. Al 43’ Torregrossa costruisce una bella azione personale e lascia a Donnarumma il compito di spingerla dentro, ma il numero 9 non ci arriva per pochi centimetri. Al 48’ Zmrhal fa doppietta e condanna i ferraresi alla B. Il Brescia, invece, si tiene aperta una piccolissima porta.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Fiorentina batte 2-0 il Toro,
riconquista il Franchi ed è salva



Decidono l'autorete di Lyanco sul tiro di Kouame e il gol di Cutrone.
Belotti manca il record di Ossola: il suo colpo di testa sull'1-0 si stampa sul palo


Mario Pagliara

Non vinceva al Franchi dal 12 gennaio (all’epoca contro la Spal), la Fiorentina ha scelto la domenica perfetta per interrompere questo digiuno e brindare al successo: 2-0 al Toro (autogol di Lyanco, raddoppio di Cutrone), 42 punti in classifica e salvezza matematica in virtù della sconfitta del Lecce a Marassi contro il Genoa. Pur uscendo sconfitto dal Franchi, dal punto della vista della classifica è una domenica positiva anche per il Toro: il vantaggio sul Lecce terzultimo resta di 8 punti, ma le partite da giocare diminuiscono. Ora sono 4.

IL TRIANGOLO VIOLA — C’è una fetta di campo che per la Fiorentina è il regno delle possibilità, per la classe e la qualità dei suoi interpreti che agiscono da quelle parti. Il Toro si accorge presto, molto presto, che in quel triangolo sul centrosinistra dell’attacco viola ci sarà da sudare. Qui la classe di Ribery, la padronanza di Castrovilli e l’imprevedibilità di Kouame ne fanno la zona da pericolo rosso per la difesa granata. E allora, lo dicevamo: dopo appena centoventi secondi è proprio in questo fazzoletto sotto la tribuna che nasce il vantaggio della squadra di Iachini. Nkoulou sbaglia il controllo con il petto, Ribery ne approfitta firmando un assist al bacio per Kouame. Che si beve in prima battuta Bremer, e un attimo dopo batte Sirigu grazie a una deviazione decisiva di Lyanco. Autogol.

EPICENTRO RIBERY — Il primo atto di un Franchi accarezzato da un piacevolissimo venticello vede, per larga parte, una Viola protagonista. Troppo basso il Toro (senza Izzo, un ginocchio dolorante per una botta presa lo spinge in tribuna), forse impaurito da un Ribery costantemente al centro del gioco della Fiorentina, con tocchi e giocate di classe assoluta. A centrocampo, Meité fa quel che può ma il controllo è tutto nei piedi di Pulgar e Castrovilli. Così le occasione del primo tempo sono tutte viole: Castrovilli sfiora due volte il bis (5’: diagonale velenoso fuori; 15’: a giro da fuori area, di poco alto), anche Chiesa ci prova due volte (20’: incrocio fuori; 30’: a giro sulle mani di Sirigu). E il Toro? I granata del primo tempo sono troppo attendisti, fanno quasi scena muta sulle due fasce con uno stanchissimo De Silvestri e uno svogliato (o pasticcione) Aina. A metà partita, nessun tiro nello specchio di Terracciano. La chance di maggiore spessore per la squadra di Longo è una conclusione dalla distanza di Berenguer (42’).

IL RITORNO DEL TORO — I ruoli si invertono nel secondo tempo: adesso è il Toro a fare la partita, la Fiorentina ad arretrare provando a contenere. La squadra di Longo riemerge visibilmente più motivata dagli spogliatoi e un po’ alla volta avanza il proprio baricentro. La viola capisce che ha di fronte un’altra squadra, e vara una strategia conservativa: difendere il risultato, provando a colpire in contropiede. Che il Toro sia più pimpante lo si capisce subito, al 9’ per esempio quando Belotti servito da Bereguer scarta Terracciano ma non trova più campo. Iachini lancia Cutrone nella mischia per Kouame; al quarto d’ora della ripresa Longo ne inserisce tre (Verdi, Millico ed Edera) e riposiziona la sua squadra con il 4-2-4. A dire il vero, i granata l’uno a uno lo segnano anche (con Edera al 19’ s.t.), ma l’arbitro Mariani non lo convalida sanzionando una precedente, presunta, sbracciata di Millico su Chiesa. È questa la fase migliore del Toro: solo il palo impedisce a Belotti di firmare il pari (29’ s.t. , su assist di Ansaldi entrato da poco). Ma proprio quando il Toro assapora la rimonta, in contropiede la Fiorentina chiude il match: ancora assist di Ribery, il 2-0 è di Cutrone.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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