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Campionato di Calcio Serie A 2019 - 2020. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2020 23:36
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Verdi sinistro d’autore, pari di D’Alessandro.
Toro salvo: basta l’1-1 in casa della Spal

A inizio ripresa granata avanti grazie a una magia del fantasista di Longo, ospiti ripresi nel finale


Mario Pagliara

Il Torino è aritmeticamente salvo. Finisce al Mazza di Ferrara la lunga ricorsa dei granata, spinti da un fantastico Verdi, raggiunti nel finale da D’Alessandro. Finisce uno a uno, ed è quanto basta per permettere ai granata di aggiungere alla propria classifica quel punticino che serviva per blindare definitivamente la permanenza nella categoria. Moreno Longo centra la missione e raggiunge l’obiettivo per il quale il 4 febbraio era stato chiamato in panchina al posto di Mazzarri.

ANDAMENTO LENTO — Tutt’altro che pirotecnico, il primo tempo staziona costantemente sul binario dell’attesa. Il Torino si mette lì pronto a cogliere un errore della Spal, che invece nei primi 45’ non arriva; la Spal preferisce giocare di rimessa attendendo un Torino d’assalto in avvio. I granata scendono in campo conoscendo già il risultato del Lecce, sconfitto a Bologna sapendo quindi che basta un punto per ottenere la matematica salvezza, ma nella prima parte della sfida non riescono mai ad alzare i ritmi. Il tridente di Longo (Verdi, Zaza, Belotti) non punge, la Spal non è mai pericolosa con Petagna e Di Francesco. All’intervallo nessun tiro nelle due porte. Un’occasione per parte. La prima è della Spal, al 32’, quando Cionek spara alto in curva da posizione invitante. La seconda è del Toro, quattro minuti dopo, quando Belotti servito da Zaza riesce a guadagnare solo un angolo. A metà partita Toro e Spal ad andamento lento.

VERDI SALE IN CATTEDRA — In avvio di ripresa fa meno caldo, ma soprattutto è un altro Toro. Si vede subito: i granata aumentano i ritmi, e chiudono la Spal nella propria metà campo. Dopo sei minuti Verdi si ferma sul palo, poi sulla ribattuta Belotti spreca non inquadrando la porta. Il Toro guadagna campo, cresce, Ansaldi comincia ad affondare sulla sinistra e ne beneficia la manovra della squadra di Longo. Serve però una giocata individuale per sbloccarla, ed arriva al dodicesimo quando Verdi dribbla facilmente Fares ed inventa un sinistro fantastico che si stampa all’incrocio. E’ l’uno a zero per il Toro. Pochi minuti dopo, Zaza sfiora il raddoppio lanciato in contropiede da Belotti. La squadra di Longo pensa di poter gestire il vantaggio, ma proprio quando la partita sembrava finita, D’Alessandro a dieci minuti dalla fine approfitta di una leggerezza della difesa granata e fa uno a uno.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Fenomeno Immobile: segna una tripletta nel 5-1 della Lazio a Verona



Sotto per un rigore di Amrabat, la squadra di Inzaghi ribalta tutto con la tripletta del suo Ciro, Milinkovic e Correa.
Atalanta raggiunta, l'Inter seconda in classifica è a un punto


Nicola Berardino

La Lazio sbanca Verona e aggancia l'Atalanta al terzo posto. Vincono ancora in rimonta i biancocelesti. Immobile, Milinkovic e Correa replicano al vantaggio iniziale di Amrabat. Ma la copertina è tutta per Ciro Immobile, autore di una tripletta che lo porta a 34 reti in campionato, diventando il bomber italiano più prolifico in una stagione di A. Inoltre, raggiunge Lewandowski in vetta alla classifica della Scarpa d'oro. E si porta a due lunghezze dal record di Higuain (36 gol col Napoli nel 2015-16). Ma non è tutto. A Verona, Immobile sale in terza cifra con i gol in campionato con la Lazio: ora sono 101. E con il tris del Bentegodi scavalca Giorgio Chinaglia al terzo posto nella classifica assoluta dei bomber laziali: adesso è a quota 123.

RIGORI — Juric rimodella il Verona rispetto alla formazione del pareggio di Torino. Tra i pali c'è Radunovic. Veloso viene arretrato in difesa. In mediana torna Amrabat dopo un turno di squalifica. Nel tridente d'attacco ecco Zaccagni con Eysseric e Borini. Inzaghi recupera Acerbi. Novità sulle fasce: a destra Marusic rileva lo squalificato Lazzari, mentre a sinistra Djavan Anderson viene preferito a Jony. Dopo cinque gare ritorna Correa dal 1', al fianco di Immobile. Partita subito a tutto campo. Al 12', sbuca Zaccagni, ma non graffia e Strakosha controlla. Risponde Immobile con una fiondata che va sopra la traversa. Al 23' per fronteggiare il bomber biancoceleste Faraoni rimedia in angolo. Due minuti dopo Strakosha si distende per deviare in angolo una botta di Veloso dai 20 metri. La Lazio dà coralità alla manovra per portarsi in attacco. Il Verona opta per verticalizzazioni rapide. Luis Alberto murato in un tocco a rete in area. Fuori bersaglio una bordata di Milinkovic. Insiste la squadra di Inzaghi. Correa bloccato al tiro da Rrahmani. Ingenuità di Luiz Felipe: gli sfugge Zaccagni in area e lo sgambetta. Rigore che Amrabat trasforma portando il Verona in vantaggio al 39'. Primo gol in A per il marocchino. Appare blanda la reazione della Lazio. Fuori misura una punizione di Luis Alberto. Ma prima dell'intervallo, al 51', i biancocelesti pareggiano con Immobile, che realizza un rigore concesso dopo il passaggio dal Var per un intervento di Lazovic ai suoi danni. A segno per la terza gara di fila il capocannoniere della A.

SORPASSO LAZIO — Il primo pericolo della ripresa arriva da un colpo di testa di Acerbi, di poco al lato. Brividi per la Lazio al 5': incursione di Lazovic, deviazione di Luiz Felipe che si infrange sul palo. Subito dopo rischia ancora il difensore di Inzaghi: sugli sviluppi del corner il pallone gli sbatte sulle spalle e va in angolo. La Lazio scatta in vantaggio all'11' con Milinkovic: la sua parabola su punizione deviata da Pessina beffa Radunovic. Riparte il Verona: al 15' Strakosha si oppone a una rasoiata di Borini. Ma è la Lazio a colpire nuovamente: al 18' guizzo di Correa in area: il suo destro, toccato da Gunter, fulmina Radunovic. Al 20', Inzaghi opera un doppio cambio: Vavro e Lukaku avvicendano Acerbi e Djavan Anderson. Anche Juric effettua due sostituzioni: Salcedo per Zaccagni e Di Carmine per Borini. In campo pure Caicedo per rilevare Correa. Al 33', si mette in mostra Strakosha, facendo scudo su una capocciata di Salcedo. Juric inserisce Dimarco al posto di Faraoni. Lotta il Verona per riaprire la partita. La Lazio si ricompatta in copertura. Ma Immobile è lesto a portarsi sul pallone smistato da Lukaku al 38' per infilare Radunovic con un destro angolato da applausi: è il poker biancoceleste al Bentegodi. Ultimi cambi. Nel Verona Lucas per Veloso. Nella Lazio André Anderson per Milinkovic e Armini per Marusic. Immobile è ancora a caccia di gol, viene atterrato in area da Radunovic in uscita. E dal dischetto firma il 5-1 con la tripletta che lo porta nella storia della Serie A.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Ronaldo firma la vittoria scudetto:
storica Juve, è il nono titolo di fila



Cristiano sblocca la partita con la Samp e propizia il 2-0 di Bernardeschi: continua la striscia dei bianconeri


Luca Bianchin

La memoria è selettiva: mette etichette. Ripensate agli scudetti della Juve, bastano i numeri dispari: scoprirete che c’è un’immagine che riassume tutto. Il primo è lo scudetto di Conte, il terzo è il titolo del record e il quinto è quello della rimonta. Quanto al settimo, è tutto nel 3-2 sull’Inter, con il Napoli in albergo. Ora si tratta di mettere un’etichetta al nono. Due possibilità. La prima: è lo scudetto di Sarri. La seconda: è il campionato di Dybala e Ronaldo.

JUVE-SAMP 2-0 — L’ultima sera li ha divisi: Dybala fuori, preoccupato per il suo infortunio, Ronaldo a decidere la partita scudetto nonostante un rigore sbagliato nel finale. Juve-Samp è girata intorno al recupero del primo tempo. La Juve fino a quel momento aveva sofferto una partita equilibrata, controllata da Ranieri e dalla sua Samp, ordinatissima, chiusa davanti ad Audero e brava a ripartire. Occasioni vere, poche. Per la Samp, una ripartenza al 38’, con un bel cross basso da sinistra di Jankto girato (male) verso la porta da Quagliarella. Per la Juve, una giocata Rabiot-Ronaldo nata da una persa di Ramirez e chiusa in scivolata da Chabot, poi una combinazione Pjanic-Ronaldo-Bernardeschi con sinistro impreciso del 33. Ronaldo però in quegli ultimi due minuti del recupero ha dato l’ultimo strattone al campionato. E’ corso a battere un fallo laterale e, sugli sviluppi di quella rimessa, prima ha liberato Rabiot sulla trequarti poi, sulla punizione conseguente, ha calciato col destro sfruttando uno schema. Palla in buca d’angolo e partita indirizzata. La Samp ha attaccato anche nel secondo tempo ma non è andata oltre tre occasioni in sette minuti con Leris e due volte Ramirez. Così ancora lui, Ronaldo, è tornato sul palcoscenico. Al minuto 22 ha calciato in porta dopo una ripartenza, Audero non ha trattenuto (errore) e Bernardeschi ha fatto il 2-0 con un tap-in, il suo primo gol in campionato dal settembre 2018. Una doppia occasione mancata da Quagliarella ha aperto le porte a un clamoroso errore di Higuain quasi a porta vuota, a un insolito rigore sbagliato da Ronaldo (traversa piena per la gioia di Immobile, avanti 34 a 31), a un salvataggio sulla linea di Yoshida su tiro di Bonucci e alle analisi. Il primo giudizio è collettivo e chiama in causa un’utopia non realizzata: la Juve di Sarri, intesa come un Napoli in maglia bianconera. Chi la aspettava è rimasto deluso ma in fondo… in parte è colpa sua. L’anno al Chelsea era lì a dimostrare che Sarri è meno estremo di quanto dica la sua immagine pubblica. In 12 mesi ha fatto diversi compromessi con la squadra – niente Ronaldo da centravanti come da lui immaginato, no ai doppi allenamenti – ma ha trovato un modo per far funzionare questa complessa macchina da Formula 1. Missione compiuta. Il dubbio semmai è sul futuro, sulle prospettive per un 2020-21 che si annuncia strano e parecchio complesso.

LE SORPRESE — Un anno fa la Juve si preparava all’amichevole con l’Inter del 24 luglio. A distanza di dodici mesi, l’avversaria a cui guardare è stata la stessa ma la stagione non è andata come ci si aspettava. Tre eventi inattesi. Il primo: Bentancur è stato l’unico insostituibile del centrocampo. Per molti nell’estate 2019 era il sesto del reparto, con Pjanic inattaccabile, Ramsey e Rabiot rinforzi di mercato, Khedira e Matuidi vecchi scudieri subito titolari. Se volete staccarvi da Dybala e Ronaldo, puntate su Benta: è uno dei veri vincitori della stagione. Il secondo: Cuadrado è stato il play nascosto della Juve. Il giocatore che ha giocato più palloni in campionato non è Pjanic, non è Bonucci, non è Dybala: è il Panita, un cervello delocalizzato sulla fascia destra. Come seconda giovinezza, niente male. Il terzo evento inatteso: Szczesny è pronto a sfidare i migliori portieri del mondo nel volatone Champions. Tek avrà anche subito troppi gol ma ha parato tanto e aggiunto qualche miracolo alla routine. Ha salito il gradino che lo separava dall’eccellenza mondiale?

LE DELUSIONI — La serata dello scudetto è più simile all’ultimo giorno di scuola – una festa generale – che al giorno dei giudizi. Non tutti però ricorderanno questo 2019-20 con piacere. Per Khedira, rischia di essere l’anno in cui, un infortunio dopo l’altro, ha capito di non essere più all’altezza del suo passato. Rugani ha trovato un altro centrale in grado di metterlo in panchina, Demiral, e il centrocampo ha faticato tanto. D’accordo, una squadra si muove insieme e insieme andrebbe valutata, ma il reparto più importante è stato il più problematico. Dybala e soprattutto Ronaldo non danno una grande mano in fase difensiva, però Pjanic è stato declassato da anima della Juve a giocatore da cedere per esigenze di bilancio, Rabiot è piaciuto solo nelle ultime partite (quel gol al Milan…), Ramsey è stato stellare solo l’8 marzo contro l’Inter, mentre Matuidi è calato con il tempo (e con il Covid, questa è sfortuna).

IL 7 E IL 10 — Alla fine, si torna all’inizio. Che etichetta mettiamo al campionato? Questo è stato lo scudetto del primo Sarri, il terzo allenatore del ciclo dopo Conte e Allegri. E’ stato lo scudetto del calendario pazzo, con una fase finale post-Covid senza logica. E’ stato lo scudetto delle avversarie incompiute: Inter, Lazio, Atalanta, tutte minacciose a momenti ma non all’altezza di tentare l’impresa. E’ stato lo scudetto degli scontri diretti: due vittorie con l’Inter, una con la Lazio, quattro punti contro l’Atalanta. Soprattutto, ecco la risposta, è stato lo scudetto di Dybala e Ronaldo. Paulo ha segnato il gol dell’anno – la discesa libera, dalla fascia fino in porta, contro l’Inter – e ha svoltato la stagione dal pre-campionato, decidendo di rifiutare Man United e Tottenham. La Juve per questo deve ringraziarlo. Cristiano invece ha segnato 30 gol, è a due passi dal diventare il miglior marcatore juventino in una stagione e ha una chance concreta per la Scarpa d’oro. Serve altro? Ok. Ha segnato quasi sempre, in tutte le partite giocate tranne otto, ha arrotondato con 12 rigori (sì, è più facile… ma bisogna segnarli) e ha portato punti su punti. Togliendo i suoi gol dai risultati, la Juve avrebbe 28 punti in meno: è solo un giochino matematico, ma trovate un altro uomo che incida così tanto su un gruppo di persone. Più che una squadra, è una monarchia assoluta.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2019/2020 36ª Giornata (17ª di Ritorno)

24/07/2020
Milan - Atalanta 1-1
25/07/2020
Brescia - Parma 1-2
Genoa - Inter 0-3
Napoli - Sassuolo 2-0
26/07/2020
Bologna - Lecce 3-2
Cagliari - Udinese 0-1
Roma - Fiorentina 2-1
Spal - Torino 1-1
Verona - Lazio 1-5
Juventus - Sampdoria 2-0

Classifica
1) Juventus punti 83;
2) Inter punti 76;
3) Atalanta e Lazio punti 75;
5) Roma punti 64;
6) Milan punti 60;
7) Napoli punti 59;
8) Sassuolo punti 48;
9) Verona, Bologna e Parma punti 46;
12) Fiorentina punti 43;
13) Udinese e Cagliari punti 42;
15) Sampdoria punti 41;
16) Torino punti 39;
17) Genoa punti 36;
18) Lecce punti 32;
19) Brescia punti 24;
20) Spal punti 20.

(gazzetta.it)

Spal matematicamente retrocessa in Serie B con 4 turni di anticipo.
Brescia matematicamente retrocesso in Serie B con 3 turni di anticipo.
Juventus Campione d'Italia, per la 9ª volta consecutiva, con 2 turni di anticipo.
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Riecco il Papu Gomez: l'Atalanta ribalta il Parma.
A D'Aversa non basta super Kulusevski



Primo tempo eccellente degli emiliani, che passano con l'ex.
Nerazzurri spenti per 45' poi nella ripresa pari su punizione dell'ucraino e gol vittoria del capitano.
Gasp secondo in attesa dell'Inter


Andrea Elefante

In rimonta, tanto per cambiare: così l’Atalanta batte con la sua undicesima vittoria in trasferta (dopo tre pareggi consecutivi) il Parma e tiene vivo il sogno del secondo posto, da giocarsi sabato contro l’Inter. Irriconoscibile per 45’ - forse la sua peggior versione stagionale - più vicina ai suoi standard nella ripresa, quando è stata presa in mano da Gomez, decisivo in entrambi i gol del successo. Anche se il migliore in campo è stato Kulusevski, che ha rischiato di fare il più classico degli scherzi dell’ex: suo il gol del vantaggio, un palo colpito e una gara di grande personalità, assolutamente straordinaria nel primo tempo.

LE SCELTE — Qualche sorpresa da D’Aversa, che lancia Dermaku come centrale al fianco di Bruno Alves e sceglie Gagliolo (e non Pezzella) come laterale sinistro e davanti Caprari - da falso nove, per lasciare la fascia sinistra a Gervinho - per il deludente Karamoh delle ultime apparizioni. Gasperini, che in difesa ha Toloi squalificato, dà fiducia a Sutalo assieme a Caldara e Palomino; Castagne preferito ad Hateboer e c’è Pasalic, e non Malinovskyi, con Gomez alle spalle di Zapata.

PRIMO TEMPO — Il 5-0 subito all’andata evidentemente pesa nelle motivazioni del Parma: che teoricamente - già in posizione di classifica comodissima - avrebbe meno da chiedere a questa partita rispetto ad un’Atalanta ancora in corsa per il secondo posto e invece domina i primi 45’, con lucidità, freschezza e determinazione nettamente superiori rispetto alla squadra di Gasperini. Che non va mai neanche vicina al gol, cercando la porta solo con un tiraccio alto di Gosens. L’inizio partita, forse anche per il gran caldo, è un festival degli errori (Gollini, Kurtic e De Roon), poi il Parma prende decisamente in mano il governo della gara e va vicino al vantaggio almeno due volte: con Gagliolo, liberato al tiro da combinazione Kulusevski-Caprari, murato bene da Gollini. E poi con Kulusevski, in quell’occasione tampinato da Caldara, che sfiora l’1-0 con un gran tiro a giro respinto dal palo. Vantaggio solo rinviato ad una mezzora dopo, minuto 43: Gasperini nel frattempo ha perso il suo controllore più diretto, Palomino (problema all’adduttore), rimpiazzato da Hateboer e non Djimsiti, e lo svedese può sfruttare un’iniziativa centrale di Gervinho, che brucia Freuler e gli offre una penetrazione centrale, conclusa in porta dopo aver evitato la debole opposizione di Sutalo per il 10° gol in campionato.

SECONDO TEMPO — L’alchimista Gasperini inizia le sue manipolazioni della squadra ad inizio ripresa: fuori Sutalo e Pasalic, dentro Djimsiti e Malinovskyi, con Gosens arretrato nella linea dei centrali e Hateboer riportato nel suo ruolo di esterno destro. Seconda modifica poco dopo, per aumentare la trazione anteriore con Muriel (al posto di Caldara) e De Roon abbassato vicino a Djimsiti e Gosens: due giocatori fuori ruolo su tre, ma con il nuovo assetto l’Atalanta prende decisamente in mano la partita. Non sempre con lucidità, rischiando anche qualcosa (un’uscita di Gollini su ennesima penetrazione centrale di Kulusevski), ma mettendo per mezzora il Parma con le spalle al muro. Due tentativi di Muriel, il primo deviato in angolo da Sepe, e una girata alta di Zapata sono stati l’antipasto del gol del pareggio. Arrivato su punizione guadagnata da Gomez - fallo di Kurtic - e trasformata, tanto per cambiare, da Malinovskyi, con la complicità della barriera, che si apre male, e di una leggera deviazione di Kucka. Il gol vittoria dello stesso Gomez, al termine di un blitz centrale, concluso con il tiro dopo tunnel a Kurtic (il Papu non segnava dalla partita dell'andata proprio contro il Parma). Da lì in poi, minuto 39, invece che un comodo arrivo al 90’, un ping pong di occasioni per due squadre ormai stanchissime e lunghissime, ma ancora in grado di cercare la porta: Sepe ha detto no al 3-1 prima di Zapata e poi di Gosens, ma fra le due chance nerazzurre l’ennesimo lampo di Kulusevski, che ha messo davanti alla porta Dermaku, murato da Hateboer.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Inter, si sveglia Lautaro: batte 2-0 il Napoli e resta seconda.
Sabato supersfida con l’Atalanta

Decisivi D’Ambrosio in avvio e l’argentino nella ripresa:
azzurri pericolosi ma fermati da un ottimo Handanovic



L’Atalanta chiama, l’Inter risponde. Nel duello per il secondo posto, la squadra di Conte mette un altro importante tassello. Il 2-0 al Napoli, firmato da D’Ambrosio e Lautaro, arriva al termine di una bella partita, in cui per almeno un tempo le emozioni hanno avuto la meglio sulla stanchezza. Ora il piazzamento alla spalle della Juve campione d’Italia è nelle mani dei nerazzurri, che devono andare a vincere a Bergamo sabato per essere certi di evitare anche il sorpasso della Lazio, che sulla sua strada ha Brescia e proprio il Napoli.

GRADEVOLE — Le squadre giocano abbastanza libere e non sono mai troppo corte e compatte, premessa necessaria per vedere uno spettacolo godibile. L’Inter passa all’11° con Biraghi, che sta chiudendo la stagione in crescendo, che mette in mezzo per il sinistro di D’Ambrosio che prende in controtempo Meret e una difesa del Napoli troppo passiva. La squadra di Gattuso gioca bene: Insigne, a differenza di uno scialbo Milik, è in palla e sfiora due volte il gol. Handanovic, tornato fondamentale, è decisivo su Zielinski e Politano e manda l’Inter avanti al riposo. La ripresa è meno godibile: i 26 gradi umidi di Milano e una sequenza infinita di partite non aiutano le squadre a dare il meglio. Un discreto Sanchez lascia spazio a Lautaro. Proprio il Toro ritrova la gioia del gol con un bel destro da fuori su cui Meret non è proprio impeccabile. Partita finita: Gattuso vede avvicinarsi l’impegno in Champions col Barça, l’Inter prima dell’Europa League avrà un secondo posto da difendere.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Doppietta e assist: Ibra show nel poker del Milan alla Samp

In gol anche Calhanoglu e Leao, Donnarumma para un rigore.
I rossoneri mettono pressione ai giallorossi (quinti in classifica) che devono giocare a Torino


Marco Fallisi


Da Genova, se ancora ce ne fosse bisogno, arriva una certezza grande così: questo campionato starà anche per finire, ma Zlatan Ibrahimovic non finisce mai. Non finisce per la verità neppure la corsa del Milan, che rifila un 4-1 a domicilio alla Samp e va ad accomodarsi davanti alla tv in attesa di buone notizie da Torino: in caso di passo falso della Roma sul campo dei granata di Longo, il quinto posto resterebbe ancora alla portata. Intanto, Pioli si gode l’undicesimo risultato utile consecutivo da quando si è ripreso a giocare (il conto sale a 12 se si aggiunge lo 0-0 di Coppa con la Juve) e l’ennesima serata condita da gol: Ibra, doppietta e assist per Calhanoglu, giganteggia. Zlatan ha tagliato il traguardo della doppia cifra tra campionato e coppa: lo fa dal 2003, una sentenza.

FATTORE IBRA — Ranieri concede l’esordio al terzo portiere Falcone e opta per Ramirez alle spalle di Quagliarella, Pioli sceglie la miglior formazione possibile: Hernandez e Bennacer rientrano dalle squalifiche, Saelemaekers vince il ballottaggio con Castillejo e completa con Calhanoglu e Rebic il trio di fantasisti alle spalle di Ibra. Il Milan parte forte – una consuetudine in questo post lockdown – e passa dopo 4 minuti: Rebic salta l’avversario e crossa in mezzo, Colley si perde Zlatan e lo svedese di testa non sbaglia. I pioliani insistono, Bereszynski e Depaoli soffrono il treno Theo-Rebic e Falcone ci arriva come può, compreso il piede (su destro di Rebic). La Samp ci mette mezz’ora a prendere le misure ai rossoneri, ma anche quando inizia ad affacciarsi dalle parti di Donnarumma non riesce a pungere. Rebic rischia grosso per una testata a Ramirez, ma arbitro e Var lo graziano: giallo. La Var diventa protagonista anche nella ripresa, quando al 52’ Pasqua rivede al monitor e convalida il 2-0 milanista dopo averlo annullato per presunto fallo di Calhanoglu sul solito Colley: invece è proprio il centrale gambiano a scivolare mentre il turco gli sbuca alle spalle e mette in porta raccogliendo l’assist di Ibrahimovic. Serata sciagurata per Colley, che poco prima si era divorato il pallone dell’1-1 dopo una punizione di Quagliarella non trattenuta da Donnarumma. Ibra corre, arretra e dirige, domina in area, e soprattutto segna: al 58’ Calha gli restituisce il favore e lo manda in porta durante una ripartenza, Zlatan firma la doppietta col sinistro.

GIGIO E RAFA — Partita chiusa nella sostanza, ma non nel risultato, perché a Marassi ci si diverte fino alla fine. In vetrina finiscono Donnarumma, che al 78’ un rigore a Maroni (altra decisione corretta con la Var, fallo di Kjaer sull’ex Milan Bertolacci) e infila la quarta parata sul dischetto in questo campionato; Askildsen, 19enne norvegese che firma la prima rete in A con una gran botta dalla distanza; Rafael Leao, entrato a inizio ripresa per Rebic e autore di una perla a giro dal limite al 92’. Il fratellone Ibra è già in panchina ma ammira i frutti dei suoi insegnamenti: Rafa comincia a puntare la porta proprio come fa lui. Il campionato sta per finire, ma se tutto andrà come spera Pioli, ci sarà una stagione intera per affinare l’intesa tra Ibra e il suo discepolo.

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Caputo scatenato, pokerissimo Sassuolo. E ora il Genoa trema

Traore, Berardi, Raspadori e Caputo (doppietta, 20° e 21° centro stagionale)
stendono i liguri, che hanno un solo punto di vantaggio sul Lecce.
Si decide tutto all’ultima giornata



Testa al campo, ma con un orecchio a Udine. Il Genoa cade pesantemente a Reggio Emilia, battuto dal Sassuolo 5-0, in rete con Traore e Berardi nel primo tempo e nella ripresa con Caputo (doppietta) e Raspadori, appena entrato.
Il successo del Lecce a Udine mette ora in ansia il Grifone, che si presenterà all’ultima di campionato con un solo punto in più dei pugliesi (ma il vantaggio negli scontri diretti). Domenica si giocano Genoa-Verona e Lecce-Parma.

LA PARTITA — Il primo quarto d’ora scivola via senza emozioni. Una punizione di Berardi che non centra la porta per poco e un angolo per il Genoa senza esito nonostante un’uscita infelice di Consigli. Al 15’ giallo per Romero per una brutta entrata su Djuricic. Al 18’ la prima palla gol: filtrante perfetto di Berardi per Traore che solo davanti a Perin, seppure defilato, non trova la rete. Otto minuti dopo passano i padroni di casa: Masiello non libera l’area, Berardi mette in mezzo e Traore appoggia in rete per l’1-0. Ma il Genoa, con il Lecce ancora sullo 0-0, sarebbe comunque salvo. Al 31’ ancora Traore: Perin respinge ma l’ivoriano si divora il raddoppio mandando alto. Dal Friuli arriva la notizia del gol dell’Udinese che permette al Grifone di respirare. Maresca espelle mister Nicola e alla ripresa (39’) del gioco il Sassuolo raddoppia: Berardi rientra sul sinistro e da 25 metri piazza una palla imprendibile all’incrocio. Quasi contemporaneamente arriva il pareggio del Lecce a Udine. Un doppio colpo, ma non ancora da k.o. per il Genoa. Caputo di divora il 3-0 nel recupero e si va al riposo con gli emiliani saldamente in controllo.

REAZIONE — Nicola cambia all’intervallo: dentro Ankersen per Cassata e Criscito per Biraschi. Pandev sfiora il palo in acrobazia al 50’, coi rossoblu decisamente più intraprendenti non avendo più nulla da perdere. E ancora Goran impegna Consigli da vicino in girata poco dopo. Behrami prende il posto di Jagiello, il Grifone continua ad attaccare ma non trova il gol che riaprirebbe il match. Che al 66’ Ciccio Caputo, al 20° centro stagionale (terzo miglior marcatore alla pari con Politano e Zaza in Serie A col Sassuolo) chiude definitivamente su assist del solito Berardi. A quel punto conta solo il risultato di Udine. Al 74’ Raspadori, appena entrato per Djuricic, firma il poker. Tre minuti dopo è ancora Caputo a rimpinguare il bottino dei neroverdi. Ma è il gol di Lapadula a Udine che manda nel pallone il Grifone. Tutto in 90’, gli ultimi, per evitare di tornare in B per la prima volta dal 2007, anno della promozione.

Gasport

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Il Lecce non muore mai: rimonta a Udine e continua a credere nella salvezza

Friulani avanti con Samir, ma i salentini ribaltano il risultato con Mancosu e Lapadula.
Ora Liverani deve battere il Parma e sperare che il Genoa non prenda i tre punti col Verona



Il grande cuore del Lecce tiene vivo il sogno salvezza: la squadra di Liverani va sotto a Udine, rimonta e vince 2-1. Ora il Genoa dista solo un punto, ma l’unico risultato a disposizione dei salentini domenica sarà la vittoria con il Parma. E la salvezza resta comunque nelle mani della squadra di Nicola. Che, se batte il Verona dell’amatissimo ex Juric, si salva.

LA PARTITA — E’ stata molto intensa e piacevole, perché il Lecce non ha mai smesso di crederci anche dopo il colpo di testa di Samir, che ha saltato di testa nel nulla della difesa pugliese. L’Udinese, appagata dalla salvezza, ha comunque disputato una partita onestissima, in cui non ha regalato nulla. Il Lecce ha preso campo col passare dei minuti, pur senza creare moltissimo contro una squadra che difende piuttosto bene. Una mano a Liverani l’ha data Rodrigo Becao, con l’evitabile fallo di mano in chiusura di primo tempo che ha regalato a Mancosu (freddissimo dopo due errori consecutivi dal dischetto) il rigore del pari. Ripresa quasi a una porta sola, anche se Musso non ha dovuto fare granché fino all’insistita azione Barak-Lapadula, con l’ex Milan che segna e si infortuna alla caviglia. E proprio le condizioni di Lapadula e Mancosu, due pilastri usciti infortunati dalla Dacia Arena, saranno da monitorare in vista di Lecce-Parma.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Lazio batte 2-0 il Brescia e Immobile segna:
ora è a -1 dal record di Higuain



I biancocelesti conquistano punti preziosi per la corsa al secondo posto.
In gol Correa al 17' e l'attaccante all'82': con 35 reti scavalca Lewandowski nella corsa alla Scarpa d'Oro


Nicola Berardino

Un gol per tempo e contro il Brescia la Lazio incassa i tre punti per restare attaccata al terzo posto dell’Atalanta. Sblocca Correa, lanciato da Immobile. Ma la gara dei biancocelesti gira soprattutto attorno all’attesa per nuovi gol di Immobile. Che deve fare i conti anche con Andrenacci e riesce a colpire solo al 38’ della ripresa, quando con la rete numero 35 in campionato fa tutto suo il primato nella Scarpa d’oro, superando Lewandowski, per restare alla finestra su un eventuale nuovo assalto di Cristiano Ronaldo. E si porta a una rete dal record di Higuain.

APRE CORREA — Inzaghi ridà le corsie esterne a Lazzari e Jony. Lopez inserisce Sabelli e Papetti in difesa, mentre a centrocampo la novità è Viviani. Il primo tiro della gara è di Jony: potente ma fuori bersaglio. All’8’ Strakosha con i pugni sulla punizione scodellata in area da Tonali. Il Brescia insegue spazi nelle ripartenze. Su corner di Tonali un insidioso colpo di testa di Torregrossa: fuori. Al 13’ un sinistro di Zmrhal viene controllato da Strakosha. Un minuto dopo ecco Immobile: fiondata a lato. Al 17’ Correa porta la Lazio in vantaggio dopo aver scambiato con Immobile in area. L’argentino a segno per la seconda gara di fila: sale a quota nove in campionato. La squadra di Inzaghi amministra il gioco con una maggiore profondità Alla mezz’ora, Jony molto impreciso dopo esser stato liberato al tiro da Luis Alberto. Che col passare dei minuti fa crescere il proprio peso nella manovra biancoceleste. Al 34’ Zmrhal si coordina bene, ma conclude a lato. Al 34’, tenta la soluzione dalla distanza Luis Alberto: Andrenacci si allunga per deviare in angolo. Al 40’ Immobile si fa largo in area: tiro debole parato da Andrenacci. Che un minuto dopo smista in angolo una capocciata di Immobile. Risbuca Torregrossa di testa: a lato. Giocata rapida di Luis Alberto che non inquadra la porta. Una punizione di Tonali murata dalla difesa laziale chiude il primo tempo.

IMMOBILE FA 35 — La Lazio riparte a caccia del raddoppio. Lopez inverte gli esterni: Spalek va destra, Zmrhal a sinistra. All’8 Andrenacci si salva su Milinkovic. Ammonizione per Tonali che nello slancio in uno scontro di gioco colpisce Luis Alberto con un pugno. All’11’, staffetta sulle corsie esterne della Lazio. Marusic e Lukaku avvicendano Lazzari e Jony. Fuori un sinistro di Torregrossa. Il Brescia si sgancia con più convinzione. Al 20’, incornata di Milinkovic: sul fondo. Ancora Torregrossa di testa: fuori. Al 25’, Immobile non aggancia un traversone di Milinkovic. Al 29’, il bomber di Inzaghi calcia sull’esterno. Al 32’, primo cambio nel Brescia: Semprini per Gastaldello (Mateju va al centro). Immobile rincorre il gol: debole il tiro al 35’, un minuto dopo sfiora il palo. Ma al 38’il capocannoniere del campionato con un diagonale, innescato da Correa, infila Andrenacci. E sigilla il gol numero 35 che lo porta in vetta da solo alla classifica della Scarpa d’oro, scavalcando Lewandowski. Luis Felipe e Correa cedono il posto a Vavro e Adekanye. Andrenacci si oppone. Ndoj sostituisce Ayè, mentre Acerbi lascia a Bastos. Preme la Lazio anche per far segnare ancora Immobile. Numero di Adekanye in area, poi traversa di Luis Alberto. Lopez infuriato con i suoi difensori lascia la panchina, va verso il sottopassaggio ma poi torna indietro. Ancora Andrenacci fa scudo su Immobile e Marusic. Ancora Immobile: il portiere del Brescia si salva col palo. Fino all’ultimo istante dei cinque minuti di recupero Immobile rincorre vanamente il gol dell’aggancio al record di Higuain: appuntamento rinviato sabato a Napoli.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Tutto facile per il Verona:
3-0 alla Spal con doppietta di Di Carmine e rete di Faraoni

Ultima al Bentegodi senza stress per la squadra gialloblù: Pazzini saluta giocando gli ultimi 15’



Tutto fin troppo facile per il Verona di Juric che regola 3-0 una Spal già retrocessa. Gara praticamente in archivio già dopo 11’ grazie alla doppietta di Di Carmine: al 7’ un colpo di testa dell’attaccante, su cross di Lazovic, sblocca il risultato. Quattro minuti dopo c’è un tocco di Eysseric per Dimarco, assist perfetto nel mezzo con lo scatenato Di Carmine che anticipa Fares e insacca a due passi dalla linea di porta. La Spal non reagisce e non fa nulla per rendersi pericolosa, per cui il 2-0 dell’intervallo è di assoluta tranquillità per i padroni di casa.

PAZZINI — Dopo due minuti dalla ripresa, il punto alla serata viene messo da Faraoni che di testa infila Letica dopo un angolo di Dimarco: 3-0 e attesa solo per l’ingresso in campo di Pazzini, all’ultima al Bentegodi dopo cinque stagioni in maglia gialloblù. Juric lo mette in campo al 74’, ma il «Pazzo» non riesce a centrare il 200° gol tra i professionisti. Ci proverà domenica, nell’ultima di campionato, al Ferraris con il Genoa.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Juve ha la testa già al Lione:
il Cagliari si diverte, vince e scopre Gagliano

Il baby lanciato da Zenga segna e manda in gol Simeone:
i campioni di Italia fanno turnover e perdono la sesta partita in campionato


Fabiana Della Valle


La sesta sconfitta in campionato, anche questa in trasferta, arriva nella maniera più indolore: la Juventus con il nono scudetto già cucito sul petto perde 2-0 col Cagliari dei baby terribili nella penultima di campionato. L’altra notizia è che Cristiano Ronaldo non ha segnato, quindi la rincorsa a Ciro Immobile per la classifica dei marcatori si ferma qui. Perdere dopo la festa ci sta, ma lo stop va analizzato anche in chiave Champions: contro il Lione questa squadra non basterà per ribaltare l’1-0 dell’andata.

LA SERATA DEL DEB — La Juventus scudettata si presenta a Cagliari con 8 ragazzi dell’Under 23 al seguito ma solo uno in campo dall’inizio, Muratore, e l’attacco da Champions (in attesa di capire se Dybala, infortunato, riuscirà a recuperare per la sfida del 7 agosto) composto da Ronaldo, Higuain e Bernardeschi. T’aspetti il solito gol di CR7, in campo nonostante lo scudetto già conquistato per cercare di raggiungere Immobile in testa alla classifica dei marcatori, e invece ad aprire la partita è Gagliano, 20 anni compiuti da poco e una manciata di minuti in Serie A con la Lazio prima del debutto da titolare contro la Juventus: dopo 8 minuti tap in vincente del centravanti della Primavera del Cagliari dopo una bella azione, cross di Faragò sul fronte opposto per l’ex Mattiello che mette in mezzo. Il ragazzino è protagonista anche in occasione del raddoppio di Simeone con una gran giocata. La squadra di Zenga sfrutta bene le fasce e prende ancora più coraggio dopo il vantaggio. La Juve gioca a un ritmo troppo basso (di cui Sarri si lamenta parecchio) e tutta per il portoghese con il numero 7, che non ha smesso di inseguire i propri record. Ronaldo si vede prima annullare l’1-1 per fuorigioco (giusto) poi ci prova su punizione che viene deviata in angolo dalla barriera. La parata più difficile del primo tempo però Cragno la fa su Bentancur.

ASSALTO A VUOTO — Nella ripresa Zenga toglie Gagliano, che ha dato tutto, e passa all’attacco a due Joao Pedro e Simeone: il Cholito costringe Buffon a un intervento complicato. Subito dopo doppia occasione per la Juventus, prima con Muratore e poi con Alex Sandro, ma la Juve non reagisce in maniera rabbiosa allo svantaggio. Sarri allora prova a dare freschezza con un altro deb, Zanimacchia (che lascia una buona impressione, sfiorando anche il gol nei minuti conclusivi), sposta Bernardeschi a fare la mezzala e inserisce pure Matuidi. I bianconeri attaccano di più ma con scarsi risultati. Cristiano tenta l’impresa impossibile prima con un tiro dalla distanza, pericoloso ma troppo centrale, poi ancora su punizione (deviata in angolo) e infine con un altro destro potente che Cragno devia di piede. Nel finale c’è spazio anche per altri due Under 23 bianconeri, Peeters e Olivieri. Contro la Roma sabato sera oltre alla cerimonia di premiazione ci sarà la prova generale per gli ottavi di Coppa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Chiesa, tripletta da urlo: la Fiorentina travolge 4-0 il Bologna

Succede tutto nella ripresa con l’attaccante che chiude la contesa nei primi 15’:
ritmi bassi, tanti errori e un gol di Svanberg annullato dal Var per fuorigioco
di Orsolini prima della rete del difensore serbo e del tris dell’azzurro


Giovanni Sardelli


Chiesa fa il Chiesa e la Fiorentina travolge il Bologna raggiungendolo in classifica. L’attaccante viola si scatena confermandosi capocannoniere della squadra e mantenendo alti i riflettori del mercato su di lui. Il Bologna, dopo un buon primo tempo, si scioglie giocando una ripresa molle e consegnandosi ai viola senza lottare. Ribery non recupera e deve saltare la prima partita dopo il lockdown. Davanti con Cutrone e Chiesa gioca quindi Ghezzal. Nel Bologna Barrow fa la prima punta con Orsolini preferito a Skov Olsen sulla destra. Santander va in panchina. La Fiorentina parte bene, forza le giocate e prova ad aggredire l’area di rigore. Il primo tiro però è di Dominguez, bravissimo Terracciano a distendersi salvandosi in corner. Il Bologna cresce: e spreca. Clamorosa l’occasione capitata a Sansone che in scivolata da un passo non riesce a depositare in rete. La risposta viola passa dalle giocate di Chiesa. Il 25 viola al minuto numero ventidue dribbla anche Skorupski e calcia a botta sicura, trovando però Danilo sulla linea a salvare. Prima dell’intervallo altra giocata ospite con il solito Dominguez che scambia con Barrow. Triangolo chiuso perfettamente ma il tiro del centrocampista finisce alto.

CHIESA SHOW — Ripresa senza cambi e con un protagonista assoluto. Federico Chiesa: subito al tiro con Skorupski pronto. Al secondo tentativo però, arriva il gol. Assist di Dalbert, tiro da centro area deviato nettamente da Medel e palla in rete. Gioia ribadita poco dopo con un altro centro al termine di una bellissima e caparbia azione personale trovando però la complicità della difesa del Bologna. Perforata per la 32esima partita consecutiva. Il doppio colpo spezza definitivamente la squadra di Sinisa che cambia mezza squadra inserendo i giovani. Mentre la Fiorentina continua a spingere trovando, in mischia con un destro potente, il terzo gol con Milenkovic. E soprattutto con il decimo gol in campionato di Chiesa, bellissimo, con tanto di abbraccio a Ribery in tribuna. Probabilmente Iachini saluterà a fine stagione, ma il suo lavoro è stato comunque ottimo. Pessima figura del Bologna, con la testa già alla prossima stagione.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Toro rimontato: la Roma vince ed è quinta.
Dzeko segna un gol per la storia

Apre Berenguer, ribaltano Dzeko, Smalling e Diawara, accorcia Singo.
Il bosniaco raggiunge Volk al quarto posto assoluto tra i marcatori giallorossi: 106 reti


Stefano Cantalupi


Cinque gol, due pali, novanta minuti abbondanti di calcio piacevole, nonostante il caldo e la posta in palio non altissima. Vince la Roma, che all'Olimpico Grande Torino porta via tre punti utili per blindare il quinto posto. Lo fa con un 3-2 a un Toro finalmente libero da brutti pensieri, capace se non altro di restare in gara fino alla fine.

EDIN E RODOLFO — Ottenuta la salvezza nello scorso turno di campionato, Longo decide di dare un po' di riposo a Belotti, il capitano che ha trainato il carro granata fuori dalle paludi dopo il lockdown. Anche Sirigu non è tra i pali, spazio a Ujkani. Dall'altra parte, Dzeko ha stimoli per esserci dall'inizio e farsi sentire, al di là della posizione da difendere dall'assalto milanista: c'è da raggiungere Rodolfo Volk sul quarto gradino della classifica dei goleador storici giallorossi. La missione "rete numero 106" è compiuta dal bosniaco al 16', con un tocco morbido su assist altrettanto pregiato di Mkhitaryan. Due minuti prima, Berenguer aveva portato avanti il Toro evitando l'uscita di Pau Lopez, servito da Zaza. Il resto del primo tempo mette in mostra la maggior tecnica della Roma, con Ujkani che per due volte deve opporsi alle incursioni di Spinazzola da sinistra e con Kolarov che centra il palo su punizione. All'intervallo, comunque si va sul 2-1 per la Roma: è la testa di Smalling, su corner di Carles Perez, a decretare il sorpasso nel punteggio.

LA PRIMA VOLTA DI SINGO — Quando Dzeko, al quarto d'ora della ripresa, cavalca fino all'area granata e viene falciato da un intervento scomposto di Djidji, tutto sembra apparecchiato per il sorpasso a Volk. Edin, invece, lascia che sul dischetto si presenti Diawara: il 3-1 lo firma il centrocampista guineano. Verdi prova subito a riportare il Toro in partita con un destro dai 20 metri, ma pareggia solo il conto dei pali. Ci pensa Pau Lopez, però, a fare un bel regalo ai granata, alla partita e a Singo, che trova il suo primo gol in Serie A: il portiere spagnolo è incerto sul diagonale che vale il 2-3 al minuto 65. Dentro anche Belotti, allora, per le speranze finali del Toro di strappare un punto e toccare quota 40 in classifica. Speranze che si dissolvono al fischio finale di Piccinini, dopo un altro gol capolavoro di Dzeko annullato (con conferma Var) per fuorigioco millimetrico: l'ultima chance di cambiare decina, per quel poco che può valere, sarà la gara di domenica col Bologna.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2019/2020 37ª Giornata (18ª di Ritorno)

28/07/2020
Parma - Atalanta 1-2
Inter - Napoli 2-0
29/07/2020
Lazio - Brescia 2-0
Sampdoria - Milan 1-4
Sassuolo - Genoa 5-0
Udinese - Lecce 1-2
Verona - Spal 3-0
Cagliari - Juventus 2-0
Fiorentina - Bologna 4-0
Torino - Roma 2-3

Classifica
1) Juventus punti 83;
2) Inter punti 79;
3) Atalanta e Lazio punti 78;
5) Roma punti 67;
6) Milan punti 63;
7) Napoli punti 59;
8) Sassuolo punti 51;
9) Verona punti 49;
10) Fiorentina, Parma e Bologna punti 46;
13) Cagliari punti 45;
14) Udinese punti 42;
15) Sampdoria punti 41;
16) Torino punti 39;
17) Genoa punti 36;
18) Lecce punti 35;
19) Brescia punti 24;
20) Spal punti 20.

(gazzetta.it)

Spal matematicamente retrocessa in Serie B con 4 turni di anticipo.
Brescia matematicamente retrocesso in Serie B con 3 turni di anticipo.
Juventus Campione d'Italia, per la 9ª volta consecutiva, con 2 turni di anticipo.
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Brescia e Samp: un punto a testa e applausi
per l'addio al calcio di Gastaldello

Segna Lèris, pareggia Torregrossa su rigore.
Quagliarella, alla duecentesima in blucerchiato, sbaglia dal dischetto e non trova la rete n.85
coi liguri che gli avrebbe permesso di affiancare Vialli al 2° posto dietro Mancini


Guglielmo Longhi


Non avevano molto da dire o da chiedere a questo campionato. Per motivi diversi: il Brescia retrocesso, la Samp salva con 4 giornate d’anticipo ma reduce da una stagione tutt’altro che esaltante.

LA PARTITA — Con un pari, hanno interrotto entrambe la serie negativa di tre sconfitte e le buone notizie finiscono qui. Premesse poco esaltanti, ma sul campo uno spettacolo tutto sommato dignitoso: due gol, due pali, un rigore sbagliato, due gol annullati. Ritmi lenti visto che si sfiorano i 40 gradi, la partita di accende poco prima della mezz’ora: tiro di Vieira, netta deviazione di Gastaldello col braccio: l’arbitro Fabbri fa correre, poi su segnalazione del Var cambia idea. Quagliarella va su dischetto, ma tira alto festeggiando nel modo peggiore le 200 presenze in blucerchiato e sciupando la possibilità di raggiungere Vialli come numero di gol con la Samp (84 a 85). Il pericolo dà la scossa al Brescia, schierato con il 4-4-2 di ordinanza, Tonali play e Dessena che cerca di schermare Bertolacci, trequartista. Torregrossa che ha poca collaborazione con lo spaesato Aye. Zrmahl prende il palo, poi (36’) Spalek si fa parare un ottimo pallone da un reattivo Falcone. Si arriva al gol: ancora l’ex capitano della Samp protagonista suo malgrado, perché tocca il tiro da fuori area di Lèris, comunque bravo a ricevere una bella palla da Augello, a girarsi su stesso e calciare di destro. E poi c’è il momento del pareggio (giusto): Torregrossa non sbaglia il rigore, netto, perché Falcone stende Aye lanciato verso la porta. E c’è il momento di Gastaldello che al 14’ del secondo tempo saluta Brescia e il calcio. Esce tra gli applausi virtuali di una città che l’ha adottato e di una squadra (la Samp) che gli ha permesso il salto di qualità.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Inter, bel 2-0 in casa dell'Atalanta:
chiude al secondo posto a -1 dalla Juve



I nerazzurri vincono grazie alle reti nei primi 20 minuti di D'Ambrosio e Young.
La Dea è terza davanti alla Lazio


Francesco Fontana

Un’ottima Inter, una strana Atalanta che comunque strappa un grande terzo posto grazie al successo del Napoli sulla Lazio. A Bergamo decidono i gol di D’Ambrosio e Young (1’ e 20’), che regalano a Conte la seconda piazza nel suo primo anno nerazzurro a quota 82 punti (Dea a -4). Per Gasperini è stata una serata sottoritmo, non il massimo come "preparazione" della super sfida in Champions contro il Psg. Tuttavia, mancano ancora 11 giorni. E per tornare la "vera" Atalanta il tempo c’è.

GASP E CONTE: LE SCELTE — Senza llicic, in attacco ci sono Pasalic e Gomez (croato preferito a Malinovskyi) dietro a Zapata. A centrocampo niente Hateboer, sugli out spazio a Castagne e Gosens con la diga De Roon-Freuler al centro. In difesa, davanti a Gollini, scelte obbligate considerando il k.o. di Palomino: con Toloi e Djimsiti, c’è Caldara in mezzo. Dall’altra parte, Conte risponde con Handanovic in porta. Difesa a tre con Godin (Skriniar in panchina), De Vrij e Bastoni. Fasce laterali a D’Ambrosio e Young, in mediana Gagliardini, Brozovic e Barella. Davanti, quindi, niente Borja Valero da "10": coppia formata dai soliti Lautaro-Lukaku.

LA DEA FATICA, INTER OK — Inter subito avanti, dopo neanche 1’: cross dalla sinistra di Young, Gollini in uscita sbatte contro Gosens e manca l’intervento, alle sue spalle D’Ambrosio è prontissimo e sigla il secondo gol consecutivo dopo quello al Napoli. E oltre al danno, la beffa: nella circostanza il portiere della Dea si fa male al ginocchio, si riparte con Sportiello tra i pali. L’Inter è messa bene in campo, Gomez&Co faticano a trovare spazio. Conte l’ha preparata bene e non a caso, al 20’, passa ancora con un’azione splendida partita, addirittura, dai piedi di Handanovic. Palla, infine, a Young che con un piattone a giro la mette sul secondo palo, dove Sportiello non può arrivare. Che colpo, applausi per l’inglese e Inter sul 2-0. Là davanti Zapata fa a sportellate con De Vrij, Gomez e Pasalic (che al 42’ ci prova in spaccata, si oppone Young) faticano più del solito, idem Castagne e Gosens sulle fasce. I tre dietro dell’Inter chiudono bene e, al 45’, Handanovic non ha i guantoni sporchi. Si va negli spogliatoi con Conte avanti meritatamente e tre ammoniti (Toloi, Djimsiti e De Vrij).

DA TERZA FA MENO MALE — Secondo tempo che riparte senza nuovi cambi, ma con un tentativo del Papu che al 54’ libera il proprio sinistro: Handa si accartoccia e para facile. Gasperini, a questo punto, punta sulle sostituzioni inserendo Hateboer, Malinovskyi e Muriel (fuori Castagne, Freuler e Pasalic): purtroppo per il tecnico, però, non cambia il match. La sua Dea ci prova, ma è l’Inter a sfiorare il tris a 15’ dalla fine: Djimsiti finisce a terra dopo un contatto con D'Ambrosio, l’arbitro Giacomelli lascia proseguire e Godin, solissimo in area, sbaglia l’appoggio per Lukaku, prontissimo al centro. Nel finale c’è spazio anche per Sanchez, pure in gol saltando Sportiello (ma era fuorigioco), e per un Gosens vicinissimo all’1-2 di punta (palla fuori di un soffio). Il risultato non cambia (ci prova anche Lukaku): l’Inter vince e vola al secondo posto, la Dea cade (non accadeva dal 20 gennaio, 1-2 con la Spal). Ma da terza in classifica, fa meno male.

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Juve, la testa è già alla Champions:
fa festa la Roma, 3-1 in rimonta

Apre Higuain, poi rimonta giallorossa con la rete di Kalinic e la doppietta di Perotti.
I bianconeri cadono in casa in campionato dopo due anni


Fabiana Della Valle


La Roma sorride, perché per la prima volta è riuscita a fare punti allo Stadium, la Juventus meno perché dopo le 6 sconfitte in trasferta in campionato arriva anche la prima in casa (i bianconeri non perdevano nel loro fortino da Juve-Napoli dell'aprile 2018, quando c'era Sarri sulla panchina azzurra), e non è una buona notizia visto che allo Stadium la Signora si giocherà tutto in Coppa con il Lione. Partita ininfluente per entrambe le squadre, ma la Roma ha dimostrato di averne e di tenerci di più: alla fine la Juve chiude con un solo punto di vantaggio sulla seconda. Molto bene Calafiori e Zaniolo nel 3-1 firmato da Perotti (doppietta e Kalinic). La Juve senza Ronaldo (a riposo) e Dybala (infortunato) dovrà riflettere sulla tenuta della difesa e sulla poca cattiveria.

LARGO AI GIOVANI — Sarri, squalificato (in panchina c'è il vice Martusciello), manda in campo tre Under 23 in campo: oltre a Muratore (centrocampista) e Zanimacchia (esterno offensivo), già visti a Cagliari, c'è Frabotta sulla corsia di sinistra, al posto di Alex Sandro. Stesso discorso per la Roma, che pensa più al Siviglia e tiene a riposo Dzeko, lanciando però Zaniolo dal primo minuto e mettendo in vetrina uno dei gioiellini del vivaio, Calafiori. I giovani non deludono e mettono subito brio a una partita che altrimenti avrebbe poco da raccontare. In particolare il giallorosso (già nel mirino della Juventus), che mostra doti tecniche interessanti e segna pure un gran gol al volo, annullato però perché il pallone era uscito in precedenza.

ROMA AVANTI DI RIGORE — Calafiori è protagonista anche nell'azione che porta al rigore del 2-1 giallorosso. Danilo lo ostacola e Perotti trasforma dal dischetto. Prima c'erano state due reti sul calcio piazzato: subito in vantaggio la Juve con Higuain, che infila Fuzato (altro esordiente) su assist al bacio di Rabiot dopo angolo battuto da Bernardeschi; pareggio della Roma poco prima della mezz'ora con Kalinic che di testa (su angolo di Perotti) ferisce saltando solo soletto, dimenticato da Rugani.

TRIS GIALLOROSSO — Perotti chiude il secondo tempo e apre il secondo: grande azione di Zaniolo, che ruba palla a Matuidi, va via a Bernardeschi e infine mette il numero 8 giallorosso davanti alla porta. Sfortunato Demiral, appena entrato, che devia il tiro del 3-1. Per il difensore turco sarà comunque una serata da ricordare: torna in campo quasi sette mesi dopo il brutto infortunio al crociato (si era fatto male nel girone d'andata con la Roma, lo stesso giorno di Zaniolo). La Juve prova a reagire con il neo entrato Ramsey, che colpisce il palo, ma è senza motivazioni e con poca voglia di lottare. Nel finale c'è spazio anche per Pinsoglio, ma non per la rimonta bianconera. Una sconfitta indolore ma che comunque deve far riflettere a 6 giorni dalla Champions.

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Milan, tris anche al Cagliari.
Pioli vince lo "scudetto" del post-Covid.
Ed è Ibra record!

Dopo l'autogol di Klavan nel primo tempo, a segno Ibrahimovic (che sbaglia un rigore) e Castillejo.
Da quando il campionato è ripartito, i rossoneri hanno conquistato 30 punti in 12 partite.
Zlatan nel dopo partita diventa "God of the game"


Alessandra Bocci


Le luci a San Siro nell'era del Covid, e chissà come sarà nella stagione che fra poco ricomincia, si spengono con un largo successo del Milan sul Cagliari (3-0), le conferme di Maldini ("Uniti per il futuro, vogliamo che Ibrahimovic resti") e le novità del presidente dei sardi Giulini ("Delusi dagli ultimi risultati, Zenga non resterà"). E coi i rossoneri che conquistano la "scudetto" del post-Covid: dal 22 giugno, quando il campionato è ripartito dopo l'emergenza sanitaria, la squadra di Pioli ha conquistato 30 punti in 12 partite, 3 più dell'Atalanta, 5 più di Inter e Roma, 7 più del Napoli e ben 10 più della Juventus.

IBRA DA RECORD — Ma su tutto e tutti, in questo campionato strano che finisce soltanto per poco, si staglia la figura di Zlatan Ibrahimovic. Che contro il Cagliari si diverte, si muove dappertutto, sbaglia un rigore e segna un gol di classe e potenza. Non sarà infinito, ma le premesse per settembre non sono male.
Lo svedese fa una partita da regista, rifinitore, leader, zio, vecchio saggio. Probabilmente Ibrahimovic ci fulminerebbe per le ultime due definizioni, ma l'impressione è questa. Piuttosto che scapicollarsi alla ricerca dei gol che lo porterebbero a superare il campione di longevità Silvio Piola, obiettivo poi comunque raggiunto, Zlatan gioca per gli altri, arretrato e fantasioso oltre che concreto. Il Milan ne trae vantaggio.

GLORIA PER MOLTI — All'undicesimo minuto, Calhanoglu trova Rafael Leao che con tocchi deliziosi scocca un diagonale che mette in difficoltà la difesa del Cagliari. L'autogol è di Klavan, che spinge nettamente in rete la palla dopo il palo, ma resta la scioltezza elegante dei movimenti del portoghese. Poi è Calabria a pescare Rafa ben posizionato in area: il cross è preciso, la rovesciata dell'attaccante bella, però la palla finisce sulla traversa, quasi a compensare il precedente intervento sfortunato della difesa sarda. La partita è piacevole, i ritmi non sono alti e la temperatura è quella che è, anche se con il buio arriva un po' di aria fresca. L'andamento resta lento con accelerazioni episodiche, a dieci minuti dalla fine del primo tempo compare l'efficiente Kjaer a negare il gol del pareggio a Ionita. Poi esce Rafael Leao per guai fisici ed entra Bonaventura per quella che potrebbe essere la sua ultima partita con la maglia del Milan. Peccato giocarla in uno stadio deserto, in questa estate strana va così. E la partita scivola via con pochi acuti fino a quando Walukiewicz provoca un rigore su Ibrahimovic, il solito fallo di mano. Zlatan va sul dischetto, Cragno c'è, lo svedese non sembra preoccuparsene più di tanto. Una delle cose più belle Ibrahimovic la fa all'inizio del secondo tempo, pescando Calhanoglu che è imperfetto nella conclusione. Poi, servito da Castillejo, segna un gol di potenza e precisione e acchiappa Piola nella classifica dei vecchi marcatori finiti in doppia cifra. Vecchio a chi? Zlatan non molla di un centimetro e non si rilassa: ruba palla a Klavan, serve Bonaventura che scarica in area per Castillejo: 3-0.

LARGO AI GIOVANI — Il Milan ormai gioca sul velluto, non che ce ne fosse bisogno, perché la classifica era già definita e la partita serviva solo per la gloria. Ibrahimovic si è assicurato la solita cospicua porzione: non sorprende che, in questo calcio rarefatto, il Milan lo voglia ancora con sé. Poi si susseguono i cambi ed entra anche Daniel Maldini per la presenza più lunga della sua finora breve carriera. Per Brescianini c'è il debutto assoluto, è il momento di dare spazio a quelli che potrebbero restare a bordo anche nel Milan del futuro. Il Cagliari si appresta a cambiare rotta, il Milan invece ha trovato un minimo di continuità. L'Europa League, partendo per giunta dai preliminari, non è scenario che corrisponda ai fasti di un tempo, ma da qualche parte bisogna ricominciare a navigare. L'impressione è che con un Ibrahimovic così tutti si sentano più tranquilli.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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02/08/2020 00:35
 
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La Lazio ne becca 3 a Napoli e chiude quarta.
Si fa male Insigne, è a rischio forfait per il Barça



Gol iniziale di Fabian Ruiz, pareggio di Immobile,
quindi nella ripresa il 2-1 di Insigne su rigore,
poi uscito per un problema muscolare, e il 3-1 finale di Politano


Maurizio Nicita

Un sorriso a metà per Ciro Immobile che raggiunge a 36 gol il record di Gonzalo Higuain, segnando nella stessa porta nel quale l’argentino segnò la tripletta che lo portò a quel primato. Per il resto delusione in casa Lazio, per una sconfitta che fa sfumare il terzo posto e la certezza oggi della Champions (dovrà attendere che Roma e Napoli non vincano le Coppe Europee). La vittoria del Napoli e una buona prestazione diventa amara per l’infortunio muscolare a Insigne nel finale. Il recupero di Lorenzo è a forte rischio per la partita col Barcellona. Un finale incandescente con risse in campo a più puntate completa il quadro.

CALLEJON CAPITANO — Gattuso e Inzaghi scelgono le formazioni migliori, perché entrambi sono motivati a chiudere bene, seppur per motivi diversi. Nel Napoli si rivede Manolas che solo una settimana fa, sempre al San Paolo contro il Sassuolo, era uscito per l’infrazione di due costole. Curiosità: Insigne cede la sua fascia di capitano per una sera speciale a José Maria Callejon alla sua ultima al San Paolo dopo sette anni bellissimo ed è triste farlo in uno stadio vuoto. Rispetto a quella che dovrebbe essere la formazione di sabato prossimo a Barcellona, c’è Lobotka in regia per Demme, gli altri 10 saranno questi in Champions. La Lazio sceglie Marusic per spingere a sinistra.

BOTTA E RISPOSTA — Comincia sotto un temporale tropicale e le squadre sembrano gradire la pioggia rinfrescante. Parte meglio il Napoli che sposta la palla veloce e dopo 9’ è già in vantaggio: Zielinski appoggia a Mertens, di prima per Fabian Ruiz che dalla lunetta piazza il suo sinistro a rientrare leggermente deviato da Luiz Felipe: niente da fare per Strakosha. Il Napoli gioca meglio e Insigne spreca un’ottima occasione per il raddoppio, seppur di sinistro che non è il suo piede. Al primo vero affondo ecco però il pari della Lazio col suo eccezionale terminale, il migliore d’Europa. Marusic a sinistra lo vede al centro che ruba il tempo a Manolas e gli offre un ottimo pallone sul filo del fuorigioco, che Ciro di prima mette sul primo palo, fulminando sul tempo Ospina. Il tempo si chiude con un’altra bella azione del Napoli conclusa da Mario Rui con un sinistro che sfila di poco.

RIPRESA E GOL — Gli azzurri rientrano in campo determinati e costruiscono diverse palle gol in pochi minuti, la prima grazie a un passaggio indietro errato di Lazzari, poi è Insigne che tira troppo centrale. Poco dopo altra azione di prima con Insigne che serve Mertens per un rigore in movimento: Parolo entra alla disperata, ma tocca le gambe del belga. Rigore ineccepibile, che Lorenzinho realizza spiazzando Strakosha. Il Napoli ha ancora un paio di eccellenti palle gol e dispiace agli azzurri che la seconda la fallisca di un soffio Callejon, con un gran tiro al volo. Sarebbe stato un addio al “suo” stadio di altissimo livello. La Lazio continua ad agire di rimessa e colpisce un palo con Correa alla fine di un bellissimo slalom dell’argentino. Poi un po’ di tensione in campo e fra le panchine, a dimostrazione che nessuno ci sta a perdere. E nella girandola di cambi ce n’è uno che Gattuso non vorrebbe far mai: quello per l’infortunio di Insigne che esce in lacrime per un problema muscolare. Vedremo se riuscirà a recuperare per sabato. Poi nel recupero ecco ancora un gol del Napoli, bello. Con Politano che riceve un ottimo assist da Mertens e appoggia dentro di sinistro.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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