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Campionato di Calcio Serie A 2019 - 2020. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2020 23:36
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Genoa e Bologna fermati dalle traverse: finisce 0-0

Nel primo tempo Schone colpisce il legno su punizione.
Nella ripresa, Sansone lo imita con un cucchiaio su calcio di rigore


Filippo Grimaldi


Bisognava rimediare a tutti i costi, dopo avere mandato giù un boccone indigesto per due, e invece… Da una parte c’era il doppio k.o. del Genoa contro Atalanta e Cagliari, dall’altra per il Bologna – senza Danilo e Dijks - l’amarezza da smaltire per la sconfitta in extremis con la Roma. Finisce con un pari colmo di rimpianti soprattutto per gli ospiti, che poco dopo la mezz'ora della ripresa sbagliano un rigore con Sansone (pallone sulla traversa, con Radu battuto) dopo un fallo in area di Schone su Soriano.

PARTENZA SPRINT — Un Genoa più omogeneo ed equilibrato rispetto alla trasferta di Cagliari, ma con meno vigore. Andreazzoli – privo di Biraschi infortunato - ritorna comunque all'antico, con la formazione delle prime tre giornate. E, in effetti, la manovra dei padroni di casa risulta più efficace in avvio, grazie alla spinta di Barreca sulla fascia sinistra (che costringe Tomiyasu al fallo da ammonizione dopo appena 82 secondi) e alle buone idee di Schone, che al 3' calcia a lato da buona posizione. I ragazzi di Mihajlovic riescono però a riorganizzarsi in fretta, affondando per vie centrali, grazie a un eccellente fraseggio in mediana e a un gioco intelligente, con la squadra sempre molto corta. Arrivano così le occasioni di Soriano (diagonale pericoloso al 13') e di Sansone (che va a segno due minuti dopo, ma in posizione di fuorigioco). Un Bologna dinamico, che impedisce al Genoa di rendersi pericoloso, anche perché in attacco Kouame e Pinamonti mancano di efficacia.

BRIVIDO — La migliore occasione del primo tempo è per gli uomini di Andreazzoli, con la punizione dello specialista Schone, che alla mezz’ora, da venticinque metri, colpisce l’incrocio dei pali alla sinistra di Skorupski. Stesso canovaccio del primo tempo a inizio ripresa. Il Genoa prova subito ad alzare il ritmo, Skorupski è prodigioso su Barreca (5'), ma il Bologna resta padrone del campo, pressando altissimo sui difensori genoani. È il momento della gara più complicato per Andreazzoli, senza un giocatore che possa ispirare la manovra offensiva: via libera così a Saponara (al posto di Pinamonti), ma il risultato è sterile. L'errore più grave però è degli ospiti, che al 33' falliscono un rigore con Sansone (tiro sulla traversa), dopo un fallo in area di Schone su Soriano. Il pericolo scampato risveglia i padroni di casa, ma è troppo tardi. Finisce senza gol, ma che occasione gettata al vento per la squadra di Mihajlovic.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Mancosu non sbaglia mai, Spal troppo fragile:
il Lecce vince 3-1 a Ferrara

Il numero 8 di Liverani sigla altri due gol dal dischetto e firma il successo pugliese.
Di Francesco segna e si infortuna, Semplici sfortunato con le ali


Matteo Nava


Ora non ci sono dubbi: c'è un sortilegio che colpisce le ali della Spal: anche Di Francesco rimane k.o. dopo gli infortuni di Fares e D'Alessandro. Allo stesso modo Mancosu sembra invece baciato da un incantesimo: dal dischetto non sbaglia mai e la sua doppietta sottoscrive il successo per 1-3 di Ferrara. proprio dell'esterno spallino e di Calderoni gli altri due gol del match.

TURBO — Una Spal orfana di D'Alessandro ospita il primo Lecce con Babacar dal 1' e le prime emozioni del Mazza passano proprio dalla punta su cui Liverani scommette dall'inizio. Gli bastano una decina di minuti per incidere e lo fa andandosi a guadagnare un prezioso rigore: la sua percussione dalla sinistra viene infatti fermata solo da una scivolata irruente di Felipe, troppo scomposta secondo Rocchi. Dal dischetto si presenta ancora una volta Mancosu che, come nelle ultime due partite, insacca senza batter ciglio. Il tachimetro del match non accenna però a rallentare e a questa velocità non può che nascere un altro gol: al 17' Petagna porta palla, Murgia fa da sponda di testa e il sinistro di Di Francesco è troppo angolato per Gabriel, 1-1. Dopo il pari la gara cala di giri, con i padroni di casa che sembrano macinare più gioco senza però incidere, al di là di una botta di Floccari deviata in corner da Gabriel. Il primo tempo si chiude su un acuto di Babacar, che mette nei guai Berisha anticipando una sua uscita, ma Vicari interviene e spazza prima che la palla varchi la linea.

DEJÀ VU — La ripresa comincia esattamente con una rete come la prima frazione, questa volta addirittura anticipando i tempi: al 47' pressione del Lecce che libera Calderoni dal limite dell'area, il suo tiro viene deviato di petto da quel Vicari che prima aveva salvato baracca e burattini e il pallone diventa imprendibile per Berisha. La Spal è così costretta di nuovo a rincorrere e lo fa subito, ma la gran botta di Reca - deviata - trova la manona di Gabriel, di nuovo reattivo. Una rincorsa che si complica però con l'infortunio muscolare di Di Francesco, che semplici rimpiazza al 55' con Strefezza. La situazione si rende ancor più critica al 73' con il secondo rigore del match, di nuovo trasformato da un infallibile Mancosu: troppo evidente la spinta di Cionek proprio sul numero 8. La Spal alza molto il baricentro per tentare un'eroica rimonta, ma le forze sono poche e soprattutto gli ospiti non hanno intenzione di farsi sorprendere, chiudendo sempre gli spazi con attenzione.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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27/09/2019 23:57
 
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A Belotti vengono i quattro minuti:
la doppietta del Gallo manda all’inferno il Milan di Giampaolo

Il Torino va sotto per un rigore di Piatek e soffre il bel primo tempo dei rossoneri, che però spariscono nella ripresa.
Kessie nel recupero si divora il gol del pari e Sirigu salva sul polacco


Mario Pagliara


La prova del nove si colora di granata. C’è un Belotti pazzesco nella rimonta che il Toro firma nella ripresa dopo aver incassato nel primo tempo il rigore di Piatek. La ribalta la squadra di Mazzarri con una ripresa di carattere e qualità, trascinata dalla doppietta del Gallo, e ora si porta al quarto posto con nove punti. Dopo due sconfitte, il Toro si rilancia alla grande, mentre il Milan – a cui non basta un bel primo tempo – deve ingoiare l’amarezza della seconda sconfitta consecutiva.

DIVERSI IN TUTTO — Sì, è la notte del tridente. Tutto proiettato in verticale quello granata: il giocatore più pagato della storia del Toro (25 milioni), Simone Verdi, guida quello del Toro. Tocca a lui ondeggiare sulla trequarti per accendere la coppia Zaza-Belotti. Si distende su piano orizzontale, invece, il trio offensivo disegnato da Giampaolo: Suso è la freccia sulla destra, Leao è la minaccia costante a sinistra, in mezzo c’è Piatek a fare continuamente a sportellate (e a vincere i duelli) con Lyanco. Sono diversi in tutto i due tridenti, e lo sono anche in ciò che producono nel primo tempo: sette occasioni, tre tiri nello specchio e un gol su calcio di rigore, quello del Milan; un’occasione poco prima dell’intervallo con Belotti e nessuna conclusione nello specchio quello del Toro. La sfida tra Toro e Milan non è certo tutta qui, ma questa è una distanza importante che si mette tra le due squadre.

IL PISTOLERO — Gioca meglio il Milan. Anzi, a dirla tutta, a tratti nel primo tempo gioca proprio bene. Certo, si vede chiaramente che quello di Giampaolo è un cantiere tutto aperto, ma la reazione data dai rossoneri dopo la botta presa nel derby nei primi quarantacinque minuti di questo posticipo è certamente di qualità. Non spreca un pallone il centrocampo del Milan, con Bennacer continuamente acceso, e Calhanoglu con la testa giusta nella partita. Il resto lo fanno le incursioni di Leao, in buona serata, la prepotenza di Piatek e la qualità di Suso, anche se a tratti, al servizio della squadra. Ancora timido il Toro: quello del primo tempo non è la squadra “arrabbiata” invocata da Mazzarri alla vigilia. Soffre la velocità delle giocate del Milan, Verdi si vede poco e il duo di centrocampo Baselli-Rincon è costantemente superato. Si spezza in fretta l’equilibrio della serata, e c’è la firma di Piatek. Al sedicesimo è Leao a guadagnare un rigore in conseguenza di un contatto con De Silvestri, due minuti dopo dal dischetto il polacco è freddo e perfetto (secondo gol del Pistolero in questo campionato, dopo quello di Verona). Impossibile per Sirigu arrivarci. Rotto il ghiaccio il Milan si distende, Kessie ha la chance per raddoppiare ma la spreca sparando il suo fendente sui tabelloni (21’), un minuto dopo invece Sirigu compie un miracolo su un colpo di testa di Leao. Sono dieci minuti di bambola per il Toro, che al 24’ subisce anche una conclusione dalla distanza sulla quale Sirigu ci arriva come può. Mentre la gara sale di tono agonistico (fioccano diverse ammonizioni), il Milan continua a giocare concedendo un’unica possibilità al Torino, al terzo di recupero: Belotti per poco non approfitta di un’indecisione tra Musacchio, Calabria e Donnarumma (in uscita). Palla alta.

UN ALTRO TORO — S’inizia a vedere il carattere del Toro in avvio di ripresa: dopo cinque minuti, una sberla di Aina, ad esempio, scuote Donnarumma attento con i pugni. E’ il Milan ad avere le chance per raddoppiare: come quando Lyanco perde una palla sanguinosa ma Suso non ne approfitta, ma soprattutto al nono del secondo tempo quando Piatek sbaglia un rigore in movimento su assist di Romagnoli. Intorno al quarto d’ora dentro Ansaldi per Lyanco (e il Toro passa a quattro) e Bonaventura. Il Toro ci prova a salire d’intensità, e comincia ad arrivare con la foga dalle parti di Donnarumma, sia con Zaza che con Belotti.

I QUATTRO MINUTI DEL GALLO — Mazzarri fa la mossa: con dentro Ansaldi e Berenguer passa a un 4-2-4. Ma ora è un altro Toro, che sale di tono, gioca meglio e che trova, meritatamente il pari al 27’ della ripresa con una conclusione potente di Belotti che sorprende Musacchio e Donnarumma. Ma quando il Gallo si scatena sono dolori, e qui il Toro è ormai scatenato. Così passano appena quattro minuti, quando al 32’ prima ci prova Zaza poi sulla respinta corta di Donnarumma si avventa Belotti in acrobazia che fa esplodere l’Olimpico. E’ il decimo gol stagione del Gallo con il club, addirittura l’undicesimo considerando anche la rete in Nazionale. Nel recupero Kessie (davvero clamoroso l’errore di sinistro a pochi centimetri dalla porta) e Piatek (strepitoso Sirigu) falliscono il due a due. La festa è tutta del Toro.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2019/2020 5ª Giornata (5ª di Andata)

24/09/2019
Verona - Udinese 0-0
Brescia - Juventus 1-2
25/09/2019
Roma - Atalanta 0-2
Fiorentina - Sampdoria 2-1
Genoa - Bologna 0-0
Inter - Lazio 1-0
Napoli - Cagliari 0-1
Parma - Sassuolo 1-0
Spal - Lecce 1-3
26/09/2019
Torino - Milan 2-1

Classifica
1) Inter punti 15;
2) Juventus punti 13;
3) Atalanta punti 10;
4) Napoli, Cagliari e Torino punti 9;
7) Roma e Bologna punti 8;
9) Lazio punti 7;
10) Sassuolo, Brescia, Parma, Milan e Lecce punti 6;
15) Fiorentina, Verona e Genoa punti 4;
18) Udinese punti 4;
20) Spal e Sampdoria punti 3;


(gazzetta.it)
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Prima super-Pjanic, poi CR7: la Juve liquida la Spal e prende fiducia

Berisha para alla grande ed evita agli emiliani un passivo peggiore.
Debutto stagionale per Emre Can


Matteo Pierelli


La solita Juve. Sorniona e un po' svogliata all'inizio, ma spietata quando decide di accelerare e colpire. Come martedì scorso a Brescia, è ancora il destro magico di Miralem Pjanic a evitare qualsiasi fastidio alla squadra di Maurizio Sarri: il bosniaco apre la partita alla fine del primo tempo e nella ripresa arriva l'acuto di Cristiano Ronaldo, che con un gran colpo di testa su assist al bacio di Dybala sigilla una gara che i bianconeri gestiscono senza grandi patemi e senza i consueti cali che avevano caratterizzato l'inizio di stagione. Dopo questa vittoria contro la Spal, la terza consecutiva in campionato, la Signora può ora concentrarsi sui prossimi importantissimi snodi: la sfida in Champions di martedì a Torino contro il Bayer Leverkusen e quella contro l'Inter di domenica prossima a San Siro.

STESSO MODULO — Nel pomeriggio in cui Gigi Buffon stabilisce l'ennesimo record della carriera (con 903 gettoni è diventato il giocatore con più presenze nei club, superando Paolo Maldini), la Juve sperimenta ancora con successo la formazione con il trequartista (Ramsey) dietro le due punte e solo un grande Berisha (miracoloso almeno in tre interventi) evita un passivo peggiore alla Spal, che non demerita nel primo tempo ma che fa poco o nulla nella ripresa. Eppure la squadra di Semplici, alla quinta sconfitta in sei turni, soprattutto nel primo tempo, non gioca male. Per quanto visto all'Allianz la classifica attuale non le rende giustizia: la costruzione del gioco è discreta anche se manca un po' di cattiveria negli ultimi metri.

SPIETATA — Un peccato mortale contro questa Juve, che si presenta in campo ancora con il 4-3-1-2 con Cuadrado (a destra) e Matuidi (a sinistra) terzini vista la penuria di esterni a disposizione. La partenza della squadra di Sarri è molto tranquilla, la circolazione di palla è lenta e gli errori in disimpegno molti. Solo Khedira di testa (al 9') sfiora la rete. E così è la Spal nella prima mezzora a rendersi più insidiosa, prima con Petagna (tiro fuori non di molto) e poi con un contropiede molto pericoloso (i ferraresi erano 3 contro 2) non sfruttato da Murgia che si allunga troppo la palla e manda tutto all'aria. La Juve sonnolenta dell'inizio a quel punto esce dal torpore e uno splendido contropiede (34') avviato da Cuadrado si infrange sulle manone di Berisha, bravissimo a negare a Dybala la gioia del gol. Il portiere albanese si supera poco dopo anche su Ramsey: il colpo di testa del gallese su assist al bacio di Ronaldo viene ancora respinto dal numero 99 della Spal. È il preludio al gol che sblocca la partita allo scadere del primo tempo: Khedira serve Pjanic dal limite e il destro del bosniaco si infila nel sette alla destra di Berisha.

IN SCIOLTEZZA — Nella ripresa la Juve gioca più sciolta e si vede il lato migliore della squadra di Sarri: tagli, verticalizzazioni, giocate quasi mai banali. Il problema per i bianconeri è quello di trovare sulla loro strada un Berisha strepitoso, che nega il gol a Khedira (55'), a Dybala (66') e anche a Cristiano Ronaldo al 74'. Ma il portoghese, poco dopo, non si lascia sfuggire l'occasione per segnare il terzo gol stagionale: l'arrabbiatura per il Fifa Best Player che non ha vinto è segnalata in calo, anche se proprio al 90' Berisha con un altro miracolo gli nega la gioia della doppietta.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Sanchez gol e rosso, segnano Sensi e Gagliardini:
Inter, che sinfonia per la sesta vittoria di fila

I nerazzurri, in 10 per l’espulsione del cileno a inizio secondo tempo,
giocano una grande partita e tornano davanti alla Juve in attesa dello scontro diretto di domenica 6 ottobre


Valerio Clari


Sei su sei. Un tempo di dominio e uno in dieci contro undici. Uno di governo e uno di lotta. Prima sull’ottovolante, su e giù, con Alexis Sanchez, poi sulle solide spalle di Lukaku, simbolo di muscoli, testa e disciplina. L’Inter di Conte vince a Genova 3-1, Antonio festeggia sotto la Curva e si presenterà all’incrocio con la Juve guardandola dall’alto: +2, percorso netto e altro crash test superato. Non ci sarà Sanchez, espulso e squalificato, e Lautaro oggi si fa notare soprattutto per un paio di gol sbagliati, ma c’è tempo per pensare a come far male ai bianconeri. Di sicuro Sarri troverà un avversario solido, con la lucidità di Sensi e Brozovic in mezzo e capace di mutare forma in corsa e di rispondere alle difficoltà. I cambi di uomini e di modulo dopo il gol doriano sono la firma di Conte sulla sesta di fila.

ALEXIS FA E DISFA — Come Superpippo Inzaghi, come Schillaci ai Mondiali 90, e poi come Penelope, che disfa quello che aveva tessuto (“il filo da riannodare” di cui parlava Conte). Alexis Sanchez per un tempo pare Gastone di Paperopoli, poi si fa cacciare come Paperino. Alla prima da titolare nel giro di due minuti trasforma quello che tocca in gol. Al 20’ si trova sulla traiettoria del tiro da fuori area di Sensi, la palla gli sbatte sulla schiena e finisce in rete. Per le regole è gol del centrocampista (tiro nello specchio), ma la deviazione è decisiva. Due minuti dopo ancora Sensi, che continua a dominare in fase offensiva con tecnica e idee, prova un diagonale da sinistra: non è il suo miglior tiro, si spegnerebbe lentamente a lato, invece appare sul secondo palo il Niño Maravilla che raccoglie e da due passi infila. Questo è suo, senza dubbi, ed è buono perché Colley lo tiene in gioco. Al posto giusto, per fortuna e volontà, al momento giusto: Alexis ha un anno e mezzo di arretrati da recuperare (l’esperienza allo United) e inizia subito. Non sono solo le deviazioni da due passi: Conte può apprezzare anche tagli in profondità offensivi, la leadership che già si intravede, un’apertura, facendo la boa a centro area, che libera Candreva per il 3-0. Sembra solo l’inizio, invece è già la fine, perché dopo un minuto della ripresa si becca un rosso. Già ammonito per un fallo da dietro su Ekdal, raccoglie una ribattuta del portiere su Lautaro e si tuffa cercando un contatto col difensore che non c’è: secondo giallo e Inter in 10.

MUTAZIONE — E’ la fine anche del pomeriggio tranquillo dell’Inter, che per 45’ non aveva rischiato nulla e sembrava veleggiare verso Barcellona in acque tranquillissime. La superiorità numerica accende il Ferraris, fin lì impegnato a mandare messaggi poco amichevoli a Ferrero. E rilancia la Samp, messa a specchio all’Inter ma poco somigliante ai nerazzurri. Quando Jankto prima sovrasta Skriniar, poi riceve il passaggio di ritorno di Linetty e infila con deviazione dello slovacco Conte chiama la cavalleria. Dentro Lukaku e D’Ambrosio, modulo che diventa 5-3-1 e idea base di gioco che diventa lanciare per il centravanti belga e aspettare le sue sponde. Funziona. E riporta la calma. Il gol di Gagliardini, 6’ dopo quello doriano (61’) restituisce il controllo del match. Brozovic pesca Gagliardini a centro area con un filtrante, il primo tiro è respinto, ma la palla resta lì e Gaglia la spinge dentro. Mentre tutti esultano, Conte dà nuove concitate istruzioni al suo centravanti-totem. Bastano per evitare che i seguenti 30’ si trasformino in un assalto al fortino da parte dei genovesi. Anzi Lukaku con un’azione personale fra 3 difensori potrebbe anche segnare il quarto e ad Handanovic vengono chiesti un paio di interventi, ma nessun miracolo, nonostante gli ingressi offensivi di Bonazzoli, Vieira e Caprari. La Samp resta sul fondo a un punto, Quagliarella resta senza gol su azione e Di Francesco resta pieno di problemi. Per l’Inter anche la sesta è andata: ora la Juve, per vedere se è vera gloria.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Atalanta, che show contro il Sassuolo:
4-1 con un Gomez da applausi

Primo tempo da urlo per i bergamaschi che vanno a segno anche con Gosens e Zapata.
Nella ripresa rete di Defrel


Pierfrancesco Archetti


Il Sassuolo aveva sempre vinto in casa, in stagione. L’Atalanta idem però in trasferta, in campionato. La serie che prosegue è quella dei nerazzurri, che mantengono il terzo posto mostrando una superiorità schiacciante. Come si capisce subito, quando fa tutto l’Atalanta. Dopo 35’ potrebbe essere sul 6-0 invece è “soltanto” 4-0. Dopo 13 minuti i nerazzurri in bianco sono già avanti di due gol. Gomez fa tutto da solo partendo all’altezza del cerchio di centrocampo, lasciando sul posto Berardi e Toljan per segnare l’1-0. Dopo invece è un’azione più manovrata a permettere a Ilicic di creare una palla gol che Gosen davanti alla porta trasforma nel 2-0. Poi Ferrari stoppa Gosens, Consigli impedisce il tris a Zapata, ma le reti piovono ugualmente. Gomez fa doppietta scambiando con Zapata, quindi il colombiano infila il 4-0 di testa su cross di Hateboer. Atalanta inarrestabile, che insegna calcio. Ma dov’è il Sassuolo?

CAMBIA POCO — Dopo la sconfitta su autogol nel recupero, a Parma, De Zerbi ha anche cambiato quattro titolari con l’ingresso di Peluso, Duncan, Bourabia e Defrel. Ma due di loro, Peluso e Bourabia, vengono sostituiti all’intervallo. Berardi cerca il rigore invece viene ammonito per simulazione già nella prima parte. Le incursioni in area sono rarissime e sempre ben controllate dai difensori atalantini. Nel secondo tempo entrano Tripaldelli e Traoré, i neroverdi passano anche al 4-4-2. L’Atalanta, con tale vantaggio, resta più cauta, martedì incontrerà lo Shakhtar in Champions, per cancellare lo zero di Zagabria. Fra i cambi dopo la vittoria di Roma, la sorpresa maggiore di Gasperini è la prima da titolare di Sportiello, al posto di Gollini. Il portiere ha più lavoro nella ripresa, però quando ci prova da fuori Berardi, i tuffi per respingere sul palo lontano sono efficaci. Sulla girata di Defrel, prima annullata e poi tornata regolare via Var, Sportiello però non può arrivarci. Il gol del 4-1 è l’unica consolazione per il Sassuolo. Migliore in campo, il Papu Gomez.

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Riscatto Napoli con Mertens e Manolas, ma Balotelli spaventa Ancelotti

Gli azzurri dominano il primo tempo, ma nella ripresa il Brescia
accorcia le distanze con Super Mario e tiene aperta la partita.
Annullati con la Var un gol per parte


Mimmo Malfitano


Riecco il Napoli. Ritorna alla vittoria con i gol di Mertens e Manolas, nel primo tempo, mentre il Brescia ha dimezzato lo svantaggio con la rete di Mario Balotelli che è ritornato a segnare in serie A dopo 4 anni. L’ultimo gol l’aveva realizzato a Udine, nel settembre 2015. Coi tre punti conquistati dal Napoli, la classifica resta immutata per quanto riguarda le prime posizioni: il distacco dal primo posto resta ancora di sei punti.

NUOVO TURNOVER — Carlo Ancelotti non rinuncia all’alternanza. Il turnover riguarda anche il portiere: Meret siede in panchina, mentre Ospina è titolare. Non c’è Koulibaly, fermato per due giornate dal giudice sportivo dopo l’espulsione rimediata mercoledì sera. A far coppia con Manolas c’è Maksimovic. In attacco, l’allenatore si affida alla fisicità di Llorente e alla rapidità di Mertens. Nel Brescia, Romulo è in panchina, mentre Tonali organizza il gioco e Balotelli spalleggia Donnarumma in attacco.

SUBITO MERTENS — A differenza di quanto accaduto contro il Cagliari, la partita si sblocca poco prima del quarto d’ora. Fabian Ruiz si esibisce in un’apertura per Callejon. Il tocco all’indietro dello spagnolo è per l’accorrente Mertens che di destro fulmina Joronen. Il gol porta serenità, il Napoli gioca in scioltezza, perché il Brescia non dà l’impressione di voler reagire. Anzi, al 18’, Manolas trova il gol del raddoppio, ma dopo aver rivisto l’azione l’arbitro Manganiello annulla per un precedente tocco col braccio del difensore greco. Corini si sbraccia in panchina, mentre Balotelli deve fare i conti con il dinamismo e la determinazione di Di Lorenzo che non gli lascia mai il pallone. Dessena prova dalla distanza (29’), ma il tiro è davvero senza pretese. Ad ogni affondo il Napoli dà l’impressione di poter segnare. Ghoulam (38’) crossa per lo stacco di Llorente. Lo spagnolo fa da torre per Mertes che conclude sull’esterno della rete. Va molto meglio a pochi secondi dalla fine del primo tempo. E’ il 49’ quando Callejon batte l’angolo, Maksimovic stacca di testa e assiste Manolas che, sempre di testa, infila il 2-0.

PERICOLO BRESCIA — Balotelli si vede per la prima volta al 4’ del secondo tempo: Ospina gli respinge una punizione dalla distanza. Un minuto dopo il Brescia trova addirittura il gol con un gran tiro di Tonali. Manganiello convalida, ma viene richiamato dal Var a rivedere l’azione. In effetti, Bisoli commette fallo su Maksimovic prima di appoggiargli il pallone. La squadra di Corini trova il coraggio per insistere e al 22’ accorcia le distanze con Balotelli, pronto a girare di testa in rete l’angolo battuto da Tonali. Il Napoli ha qualche problema di tenuta, riparte lentamente, quando può, e arriva poco alla conclusione. Balotelli ha sul destro la palla del pareggio, ma la conclusione non è precisa. Ancelotti non è tranquillo, vede i suoi arrancare, mentre il Brescia insegue il pareggio che, alla fine, non arriva. A Corini resta la consolazione di aver saputo tenere testa al Napoli, mentre Ancelotti conquista tre punti sudatissimi che nascondono la sofferenza vissuta nel secondo tempo.

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Poker Lazio: Milinkovic, Radu, Caicedo
e Immobile mandano a picco il Genoa

La squadra di Inzaghi reagisce alla sconfitta con l’Inter dominando i rossoblu.
Annullato un gol a Luis Alberto


Nicola Berardino


Simone Inzaghi aveva chiesto principalmente i tre punti, ma Lazio risponde anche con una prova bella e convincente impacchettando quattro gol per vincere contro il Genoa. I primi sigilli stagionali di Milinkovic, Radu e Caicedo rendono in discesa la gara, liberando la Lazio dalle incertezze delle sconfitte recenti, compresa quella di mercoledì contro l’Inter. Poi, il gol di Immobile archivia il risultato. Appena un punto conquistato nelle ultime giornate dal Genoa, che fatica a reggere l’urto dell’attacco laziale e soprattutto non riesce a dare continuità alla manovra.

MILINKOVIC SI SBLOCCA — Inzaghi si riaffida ai veterani: tornano dal 1’ Radu, Marusic, Leiva, Lulic e Immobile. Andreazzoli dà spazio al turnover: entrano El Yamiq, Cassata e Sanabria per ritoccare ogni reparto e far rifiatare Zapata, Schone e Pinamonti che partono dalla panchina. Squadre schierate a specchio col 3-5-2. Inizio arrembante della Lazio che al 7’ sblocca la gara: con il tanto atteso primo gol stagionale di Sergej Milinkvoic che di sinistro da centro area su assist di Immobile conclude a rete un’azione avviata da lui stesso dopo aver recuperato un pallone su Sanabria. Replica rabbiosa del Genoa che al 9’ si vede sbarrare la strada del pareggio da un pronto intervento di Strakosha su una capocciata di Romero. Al 13’ si infrange sul fondo una bordata di Radovanovic dalla distanza. Ripartenza della Lazio con Marusic al tiro, deviato sull’esterno da Barreca. Ancora Immobile ispiratore: al 19’, lancia Correa che però non riesce ad angolare il tiro. Nel successivo assalto è Immobile a fiondarsi verso la porta: Radu si oppone. Al 25’ Strakosha fa scudo su Cassata, poi un mani di Sanabria vanifica il tentativo dello stesso attaccante. Alla mezz’ora, sopra la traversa l’incornata di Milinkovic. Nuovo assist di Immobile, destro di Luis Alberto alto. Al 35’ lo spagnolo infila Radu su una gran progressione di Immobile sulla destra. Ma Pairetto annulla dopo esser passato dalla Var che segnala un fallo di Milinkovic su Cassata nella metà campo laziale. Si ricomincia con una punizione a favore del Genoa. Ma il raddoppio biancoceleste è solo rinviato ed arriva al 40’ con un sinistro a parabola di Stefan Radu, innescato da Luis Alberto.

POKER DA APPLAUSI — Dopo l’intervallo, Andreazzoli inserisce Pajac e Pandev al posto di Barreca e Lerager. Rossoblù con un nuovo assetto proteso in fase offensiva. E subito animati da una maggiore aggressività. Al 3’ da posizione favorevole Sanabria non sfrutta un colpo di testa. Al 7’, Inzaghi fa entrare Caicedo al psoot di Correa, ce risente di alcuni interventi subiti nel primo tempo. E il portiere genoano Radu deve uscire fuori area all’11 per anticipare Marusic lanciato da Immobile. Al 14’, perla di Caicedo: l’ecuadoriano ispirato da Milinkovic scatta sul fondo, supera Radu e di sinistro insacca il gol del 3-0. Andreazzoli cerca di riaggiustare la rotta della propria gara con l’ingresso di Schone che al 24’ sostituisce Cassata. Applausi dell’Olimpico al 29’ per Milinkovic che viene sostituito da Parolo. Al 33’ Luiz Felipe individua il varco giusto: dalla difesa si catapulta nelle trequarti, depistando quattro avversari e lanciando Immobile al 4-0. Quinto gol in campionato per l’attaccante che festeggia correndo verso la panchina per abbracciare Inzaghi e chiudere le polemiche seguite alla sua sostituzione di una settimana fa contro il Parma. Al 41’, debutta in A Bobby Adekanye, che rileva Immobile salutato dall’ovazione dell’Olimpico. Il 4-0 finale suggella il ritorno della Lazio ai suoi livelli di gioco per riacendere le ambizioni in classifica.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Roma sulle spalle di Dzeko: contro un bel Lecce decide lui

Primo tempo equilibrato, poi i giallorossi si aggrappano
al totem bosniaco che segna nella ripresa su assist di Mkhitaryan.
Gabriel para un rigore a Kolarov.


Andrea Pugliese


Ancora Dzeko, ancora Edin. La Roma vince a Lecce grazie al quarto gol in campionato del suo centravanti, il 92esimo in giallorosso e 31 in trasferta in Serie A. Dzeko così inserisce anche la città salentina nella sua collezione personale di città italiane dove ha esultato per un gol. Lecce è la 17esima, per la Roma invece è una vittoria salutare. Il Lecce ha tenuto bene per un tempo, mettendo anche paura a tratti ai giallorossi. Poi però il gol di Dzeko ha spezzato l’equilibrio, permettendo a Fonseca di poter tornare a sorridere dopo lo scivolone interno con l’Atalanta.

POCHI SPAZI — liverani davanti conferma la coppia Falco-Babacar, Fonseca invece tiene a riposo Fazio in difesa e Cristante a centrocampo, rilanciando dal via rispettivamente Mancini e Diawara. Il piano partita del Lecce è quello di togliere spazi e profondità agli attacchi giallorossi, con un 4-3-1-2 che prevede linee strettissime e basse. Liverani manda Babacar su Florenzi per sfruttare il missmatch, mentre Mancosu gioca un po’ punta e un po’ trequartista. Ma tutte le azioni migliori dei padroni di casa partono dai piedi di Falco, particolarmente ispirato. La Roma invece chiude il primo tempo addirittura con il 71% di possesso palla, ma spesso sterile e fine a se stesso. Sulla trequarti c’è un traffico pazzesco, così tanto che Pellegrini (belle due sue verticalizzazioni per Kluivert) è spesso costretto ad abbassarsi fino alla metà campo per avere palloni giocabili. Gabriel è spesso approssimativo, tanto che all’8’ rischia anche il patatrac: presa scivolosa su un cross innocuo di Florenzi, con la palla che sbatte sul braccio di Lucioni. La Roma protesta per il rigore, Abisso (e Guida alla Var) giudicano il tocco involontario. Il fallo di mano però è evidente, con il braccio largo. Così le occasioni migliori per la Roma arrivano su angolo, quando prima Mancini si vede respingere da Calderoni un colpo di testa che sembrava indirizzato a rete, poi Smalling spreca a lato l’ennesima uscita a vuoto di Gabriel. I padroni di casa invece vicini al gol al 39’ quando Rispoli in fascia sfrutta l’ennesima giocata di Falco e mette in mezzo un pallone su cui il tap-in al volo di Mancosu finisce di un soffio fuori.

ANCORA EDIN — Nella ripresa la Roma prende in mano la partita e prima sfiora il gol con Mkhitaryan su assist di Dzeko, poi lo trova proprio con il centravanti bosniaco, che di testa insacca un traversone dell’armeno. Decisivi però gli errori difensivi dei pugliesi: Mayer in uscita, Gabriel che sbaglia tutto e Rispoli che si stacca dalla marcatura sul centravanti giallorosso. Con la squadra di Fonseca in vantaggio diventa tutta altra partita, perché il Lecce ora deve allungarsi per provare a pareggiare e la Roma trova spazi per affondare con Kluivert (finta e tiro alto). Prima però era stato Calderoni ad andare vicino al pari, con Liverani che prova a trovare idee in mezzo inserendo Imbula al posto di uno spento Tachtsidis. Poi la Roma al 34’ ha la possibilità di chiudere la partita: fallo di mano di Lucioni su tiro di Dzeko, rigore di Kolarov ma stavolta Gabriel è strepitoso in angolo. Allora il Lecce prova a rianimarsi, ma di occasioni vere e proprie non ne riesce a creare neanche una. Finisce così, con la Roma che torna a sorridere e il Lecce che deve preparare la doppia esterna con Atalanta e Milan.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Udinese, basta Okaka: 1-0 a un Bologna che gioca ma non punge

Un gol di testa del centravanti e una partita molto “fisica” regalano a Tudor tre punti.
Mihajlovic non fa turnover e i rossoblù non capitalizzano la manovra


Matteo Dalla Vite


Stefano torna al gol e l’Udinese vola. Il Bologna resta inchiodato nella propria incapacità di concludere quanto di buono sa fare (oggi, meno del solito), perché anche al Friuli ha creato ma non finalizzato senza fra l’altro impensierire troppo Musso. Insomma, il re del giorno è Okaka, alla prima da titolare e nuovamente in gol dopo la doppietta del 19 maggio nel passato campionato: l’Udinese non segna a bizzeffe (terzo gol in sei giornate) ma capitalizza con un colpo solo. E può bastare.

OKAKA GOL — Mihajlovic (cui il Friuli dedica un applauso nel pre-gara e lo striscione “Il guerriero Sinisa vincerà la sua battaglia”) sceglie gli Intoccabili con eccezione di Santander e Dzemaili al posto di Poli. E alla lunga questo Bologna che non fa turnover pagherà fisicamente. Tudor mette Nestorovski al fianco di Okaka perché Lasagna (che poi entrerà) non sta ancora bene: De Paul è squalificato e Pussetto inizia guardando la gara dalla panchina. L’Udinese (in tribuna gli ex Causio, Poggi, Amoroso, Bertotto e Calori) è squadra alta e fisica che la mette subito in versione-ring, anche se il Bologna tiene il pallone più spesso in virtù della maggior tecnica. Il primo acuto è dei friulani con un colpo di testa di Nestorovski parato da Skorupski, poi i rossoblu cominciano a prendere il comando del gioco arrivando alla conclusione con Santander e Orsolini: Musso c’è, a differenza del suo collega polacco quando (28’) Styger Larsen crossa da sinistra non schermato da Tomiyasu verso Okaka che, in girata e di testa, piazza il pallone dalla parte opposta di Skorupski anticipando Bani. Vantaggio Udinese ma dopo una quasi mezz’ora di comando del Bologna, che come successo nelle ultime tre gare prende spesso in mano il gioco ma non conclude abbastanza per quanto produce. Compresa la sua ala destra: Orsolini schiaccia troppo una conclusione in piena area di sinistro, ed è lo specchio di un primo tempo in cui il Bologna fa ma si attorciglia e non capitalizza mentre l’Udinese schiuma fisicità ed è in vantaggio.

CAMBI E ROSSO — Nella ripresa, dopo un altro mezzo passo falso di Orsolini, Mihajlovic ordina al proprio staff di infilare Skov Olsen e poi Palacio al posto di Sansone: il Bologna continua a produrre ma l’assenza nel momento del colpo decisivo è lampante. Tudor, dalla sua parte, infila Lasagna al posto di Okaka ed è proprio l’azzurro ad andare subito al tiro: minuto 21’, alto, come poi succede a Fofana da 25 metri. L’Udinese ora è in controllo e il Bologna non riesce a mantenersi alto per arrivare al pareggio: produce ripartenze veloci ma il pacchetto friulano resiste e ribatte costantemente. Sinisa infila anche Mattia Destro e Palacio, passa al 4-2-4 mentre Tudor risponde con l’inserimento di De Maio passando al 5-3-2 puro. In una situazione di contropiede, il danese Skov Olsen va via a Samir che lo falcia: la panchina bolognese s’infuria perché l’arbitro non estrae un possibilissimo secondo cartellino giallo. Poi, ecco che l’Udinese infila Walace e tenta di raggrupparsi per portare a casa una vittoria preziosissima: e finisce così, col Bologna che mostra la sua propensione a creare senza concludere anche dopo 5’ di recupero e un colpo di testa di Bani sul quale Musso scherma. Con tanti saluti anche a Soriano che per proteste si fa espellere a gara finita.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Castro lancia il Cagliari.
Poi Faraoni pareggia e salva il Verona

Bella partita con tante emozioni: palo di Rog e grandi parate dei portieri


Francesco Velluzzi


Festa rimandata e soprattutto il volo verso le altissime quote. Dopo tre vittorie di fila, il Cagliari (primo pari) spreca il match ball per la quarta affermazione che avrebbe portato la squadra di Rolando Maran al quarto posto col Napoli. Invece gioisce il Verona (1-1), che Juric ha costruito, con poco talento e poca qualità, alla perfezione. Lottare sempre, arrendersi mai. E l'Hellas esce indenne dalla Sardegna Arena pareggiando in modo fortunoso nella ripresa con Faraoni, dopo il gol di Castro (ufficiale la decisione della Lega) che la crossa bene. Il Cagliari nel secondo tempo paga la stanchezza di Napoli, lascia troppi spazi ai bianchi di Juric sulla destra dove Cacciatore viene saltato spesso e Pellegrini non è efficace come nel primo. E finisce per subire un pareggio che non è affatto ingiusto. Il ritorno in campo di Nainggolan non produce gli effetti sperati, anzi proprio il belga non sembra ancora in gran condizione (dopo l'infortunio al polpaccio che lo ha tenuto fuori per tre gare) e non dà quel qualcosa in più che ci si aspetta. Il Verona, invece, ha in Veloso (bravissimo a calciare tutti le palle inattive) e nel combattivo marocchino Amrabat (che non ha paura di nessuno), due mastini in mezzo che combattono contro il più titolato centrocampo rossoblù. Con un attaccante di maggior spessore (Di Carmine è stato lasciato a sorpresa a casa nel giorno del suo compleanno), il Verona sarebbe ancora più pericoloso. Ma sei punti dopo sei gare sono un gran bel bottino per chi è partito con l'assoluta missione di salvarsi.

PRIMO TEMPO — Si gioca: Maran manda in campo la formazione che tutti si aspettano con Cigarini che torna in regia, Luca Pellegrini a sinistra e Castro a fare il disturbatore più che il trequartista dietro Joao Pedro e Simeone. Juric lascia in panchina la rivelazione Kumbulla con Dawidowicz insieme a Rrahmani e Gunter. Zaccagni gioca ancora più offensivo con Stepinski lasciando a Verre il compito di innescarli. Ma è il Cagliari che, con uno stadio pieno, deve provare a vincere e deve usare una tattica meno attendista rispetto alle ultime tre vittorie. Luca Pellegrini, che vuol dimostrare a Maran che ha sbagliato a tenerlo fuori a Napoli, parte col turbo e innesca subito Simeone sul quale Silvestri (ex Cagliari) si oppone. Sfiora ancora di più il gol l'attivissimo Joao Pedro che, dopo un bello scambio con Nandez, calcia fuori di poco. Al 27' è Dawidowicz che manda alto di testa su palla calciata dal solito Veloso. Ma al minuto 29' la Sardegna Arena esplode: cross di Castro, Joao Pedro è solo al centro dell'area (difesa del Verona molto disattenta), ma non ci arriva per un soffio. Sicuramente disorienta comunque Silvestri, con la palla che finisce in rete. Poco dopo l'arbitro Volpi manda fuori per proteste il direttore sportivo rossoblù Marcello Carli. Occasioni ci sono, ma di testa vanno tutti fuori... C'è ancora un sussulto è di Rog, ma Silvestri respinge con i pugni. Poi è Pisacane che prima dell'intervallo salva su Verre, su un'uscita sbagliata da Olsen.

RIPRESA — Il Cagliari riparte per chiuderla, ma non ci riesce, fuori di testa Ceppitelli, palo di Rog, ancora di testa, Silvestri salva di piede su Simeone, ma il Verona prende maggior confidenza e il Cagliari accusa la stanchezza per la faticaccia di Napoli. E su un erroraccio di Pisacane che scivola in area, Faraoni non può far altro che pareggiare. Maran corre ai ripari togliendo Castro, ammonito, nervoso e stanco e giocando la carta Nainggolan. Juric inserisce Pessina dopo Salcedo. Un'intelligente giocata di Joao manda il Ninja al cross, Simeone a porta vuota calcia fuori il facile pallone del raddoppio. Ma il Verona è dentro il campo e dentro la partita e continua a mettere in difficoltà, soprattutto sulla corsia di Cacciatore, il Cagliari con Salcedo che di testa colpisce bene, ma a lato. Poi Olsen para due volte su Salcedo e Pessina. È l'ultimo atto di una partita che finisce nel modo più giusto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Montella e Ribery mandano il Milan all’inferno.
E Giampaolo adesso è a rischio

Finisce 3-1 per i viola, che dominano:
a segno Pulgar su rigore, Castrovilli e il francese, migliore in campo.
Espulso Musacchio con la Var, nel finale inutile gol di Leao


Alessandra Gozzini

Disastro Milan: Giampaolo e la squadra sprofondano, sommersi dai gol viola e da una prestazione che fin da subito era sembrata molto poco convincente. San Siro si riempie di fischi: assordanti al 45’, continui in tutto il secondo tempo, alternati a pesanti cori di contestazione. Poi, ancora prima della fine della partita, si svuota. Sotto attacco società e squadra, ovviamente l’allenatore. Il club che solo giovedì sera lo aveva difeso, stasera dovrà riflettere sul da farsi. Anche l’altro allenatore, Montella, aveva fame di vittorie: il successo con la Samp era arrivato dopo settimane di digiuno. E per i viola più che una vittoria è un trionfo.

LA PARTITA — Entrambe le squadre sono quelle annunciate, il Milan con Leao e Piatek, la viola con Chiesa e Ribery. Ripartire dal primo tempo di Torino non è esattamente quello che il Milan fa nei primi 45’. Se per Giampaolo il successo è una questione di mentalità, è lì che il Milan sbaglia. Dimesso, lento, svogliato. La Fiorentina si prende facilmente il comando del gioco, con la manovra palleggiata di Montella e le incursioni in velocità della coppia d’attacco che scambia in continuazione. E che passa al 12’: azione personale di Ribery che scappa in slalom e sbatte su Donnarumma, Chiesa la riprende ed è steso da Bennacer. Il rigorista viola, Pulgar, non sbaglia. Il Milan sembra avere un’unica arma d’attacco con Piatek annullato da Pezzella: l’arma è il mancino di Suso, che lo spagnolo tenta dalla distanza a impegnare Dragowski. Ma subito dopo lo stesso canovaccio: Fiorentina in possesso, un paio di conclusioni da fuori area di Chiesa, e Milan semplice spettatore. San Siro al 45’ è un unico fischio assordante, con invito a tirare fuori gli attributi.

BUIO FITTO — Ma dallo spogliatoio rientra un Milan altrettanto molle. Dopo dieci minuti anche in inferiorità numerica: espulso Musacchio per aver alzato il piede sulla gamba di Ribery. Dal giallo con la Var si passa al rosso. Giampaolo costretto a cambiare: fuori Piatek (solito fantasma), dentro Duarte, un centrale al debutto in rossonero. Ma così è ancora di più Fiorentina: Calhangolu si fa rubare palla da Milenkovic bravo anche a innescare Chiesa, Federico si invola sulla sua fascia e per Castrovilli è primo gol in A. San Siro si scalda ancora di più: “vergogna” è il coro meno duro che la Sud intona alla squadra. La Fiorentina ha l’occasione per demolire gli avversari: rigore di Chiesa, stavolta Gigio para. Altro rigore procurato da un fallo di Bennacer, questo sullo scatenato Castrovilli. Ora però il Milan affonda, è incapace di reagire alla parata di Gigio. La curva chiama a raccolta tutti gli altri settori: “Questa società non ci merita”, di nuovo uno dei pochi cori riferibili. La squadra è sola, depressa e inguardabile sul piano del gioco. Un disastro che il pubblico sottolinea alzando sempre di più il volume della protesta. “Andate a lavorare” è l’ultimo invito. E Ribery, in solita collaborazione con Chiesa, segna il tris. Il Milan non c’è minimamente, sparito, inesistente: lo stadio applaude i viola e umilia i suoi. Un unico sorriso all’80: il bel gol di Leao in azione personale, l’unica nota che strappa un applauso del pubblico. Che poi si alza in piedi per un avversario: Ribery, sostituito da Ghezzal. Poi i tifosi non hanno nemmeno più la forza di inveire, la Sud è già deserta. Quarta sconfitta in 6 partite: ora tutto può succedere.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Var e rigori, così il Toro vede rosso.
E il Parma all'88' fa festa con Inglese

Gara emozionante e ricca di gol, la vincono i gialloblù a 2' dalla fine.
Espulsi Bremer al 29' e Mazzarri nel finale


Mario Pagliara


L'ultimo respiro è quello liberatorio per il Parma, il più amaro per il Toro: a ottanta secondi dal novantesimo, Inglese fa esplodere il Tardini, manda al tappeto i granata e mette il fiocco su una serata divertentissima. Finisce 3-2 per gli emiliani, dopo un primo tempo esplosivo (archiviato sul 2-2), due calci di rigori (parato da Sirigu quello di Gervinho, a segno Belotti), cinque gol e una valanga di occasioni. Fa festa il Parma, che raggiunge proprio i granata a nove punti in classifica. Il Toro resiste per quasi un'ora in dieci uomini, a causa dell'espulsione di Bremer alla mezzora per doppia ammonizione, ma alla fine capitola e torna a casa con la terza sconfitta stagionale, la seconda su tre in trasferta. Espulso nel finale Mazzarri.

TORO A QUATTRO — Che sarà una serata piene di sorprese lo si capisce sin dalla lettura delle formazioni. La prima la regala Mazzarri. Per la prima volta da quando è al Toro, il tecnico rinuncia in avvio alla sua dogmatica difesa a tre, disegnando una squadra con il 4-2-3-1: Izzo, Nkoulou (al rientro), Bremer, Aina dietro, Baselli e Rincon a comporre la diga nel mezzo, Ansaldi sulla destra, Meité sulla trequarti, Verdi a sinistra con naturalmente Belotti di punta. D'Aversa risponde con un Parma a trazione offensiva: 4-3-3, ma nel tridente non c'è Inglese (è in panchina, fermato da qualche linea di febbre nella notte). Kulusevski, Cornelius e Gervinho sono le tre armi scelte dal tecnico emiliano per affrontare la difesa del Toro.

BOTTA E RISPOSTA — La notte del Tardini è indubbiamente divertente. Bollicine nell'aria. Dopo centoventi secondi la partita è già stappata: lancio di Barillà, Gervinho brucia Izzo sul breve, assist al centro dell'area per Kulusevski che a pochi passi dalla linea di porta non sbaglia. Il primo gol in Serie A dello svedese, classe Duemila, porta il Parma avanti dopo due minuti. Ingoiato l'avvio choc, il Toro si riorganizza: Belotti scalda dalla distanza le mani di Sepe (10'), poi due minuti dopo il cross di Verdi dalla sinistra è al bacio per la testa di un Ansaldi lasciato incredibilmente solo in area da Gagliolo: è 1-1. Botta e risposta.

SFIDA DI RIGORE — Tutto qui? Manco per sogno. Perché è solo l'inizio. Il Torino pian piano si scioglie, inizia a giocare anche un pochino meglio, anche se il Parma ha il merito di restare con la testa nella partita. Sono gli episodi, poi, a prendersi la scena. Il primo è una storia del 28': Kulusevski scarica un tiro-cross dal limite, sul quale Bremer (già ammonito) si oppone con un gomito alto. In presa diretta l'arbitro La Penna fa giocare, ma dopo aver rivisto l'azione al Var assegna il rigore al Parma ed espelle Bremer per doppia ammonizione. Dal dischetto, però, Gervinho si fa ipnotizzare da un super Sirigu (31') che chiude la porta. Mazzarri corre ai ripari, passa al 4-4-1 spostando Aina terzino destro, arretrando Ansaldi sulla linea difensiva (sulla sinistra). Poco dopo, arriva il secondo episodio: minuto 40, Belotti e Laurini sono protagonisti di un duello aereo nell'area emiliana. La Penna fa ancora correre, mentre il Toro protesta: dalla postazione Var Fabbri invita La Penna a rivederlo e dalle immagini si nota un gomito di Laurini sul volto del Gallo. Nuovo rigore, ma stavolta dagli undici metri ci va proprio Belotti che non sbaglia.

SENZA FINE — Il Gallo realizza il suo quinto gol in trasferta in questa annata (due in Serie A, tre nei preliminari di Europa League), il quinto su rigore in stagione (su cinque calciati), l'undicesimo con il club in stagione. È un primo tempo senza fine e senza sosta. Quando il tabellone del quarto uomo indica tre minuti di recupero, si accende il genio di Kulusevski (sempre lui, il migliore del Parma): lo svedese buca nel cuore la difesa del Toro con un assist bellissimo, Cornelius si fa trovare pronto e mette dentro. All'intervallo è due a due. Divertito, il pubblico applaude.

TRAVERSA — In avvio di secondo tempo, D'Aversa richiama Gagliolo in panchina (il peggiore del Parma), al suo posto entra Pezzella. Il Parma spinge da subito, forte dell'uomo in più, il Toro si difende con le unghie. Dopo cinque minuti, Izzo è saltato netto da Gervinho in area che però trova sulla sua strada un Sirigu strepitoso: altro miracolo, altra parata da numero uno. Sugli sviluppi dell'azione, un colpo di testa di Hernani si stampa sulla traversa. Intorno all'ora di gioco, Mazzarri lancia nella mischia Laxalt (per Verdi) per arginare un Parma in questa fase più propositivo. L'occasione d'oro capita anche al Toro, quando una mischia favorisce Izzo (28') ma il difensore spara da distanza ravvicinata sul petto di Sepe, in uscita alla disperata. Entrano anche Kucka, Inglese, Djidji e Lukic, e proprio quando il 2-2 sembra cristallizzato, un Parma di buona volontà trova l'allungo: è il 43' della ripresa, Gervinho scodella un pallone dalla destra, è Inglese a sfruttare la confusione in area, battendo Sirigu. C'è il tempo per l'espulsione di Mazzarri, il resto è la festa emiliana.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2019/2020 6ª Giornata (6ª di Andata)

28/09/2019
Juventus - Spal 2-0
Sampdoria - Inter 1-3
Sassuolo - Atalanta 1-4
29/09/2019
Napoli - Brescia 2-1
Lazio - Genoa 4-0
Lecce - Roma 0-1
Udinese - Bologna 1-0
Cagliari - Verona 1-1
Milan - Fiorentina 1-3
30/09/2019
Parma - Torino 3-2

Classifica
1) Inter punti 18;
2) Juventus punti 16;
3) Atalanta punti 13;
4) Napoli punti 12;
5) Roma punti 11;
6) Lazio e Cagliari punti 10;
8) Torino e Parma punti 9;
10) Fiorentina e Bologna punti 8;
12) Udinese punti 7;
13) Sassuolo, Verona, Brescia, Milan e Lecce punti 6;
18) Genoa punti 5;
20) Spal e Sampdoria punti 3;


(gazzetta.it)
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Petagna rialza la Spal: battuto 1-0 un Parma senza idee

La squadra di Semplici ottiene tre punti pesanti in chiave salvezza,
nonostante l'espulsione di Strefezza che la lascia in inferiorità numerica nei venti minuti finali


Andrea Schianchi



La vittoria del coraggio e della sofferenza. La Spal, in crisi di risultati (fino a ieri un solo successo e cinque sconfitte), si prende tutto il bottino (e con pieno merito) contro un Parma che si sveglia troppo tardi. A fare la differenza è il ritmo di gioco imposto dalla squadra di Semplici: il pallone viaggia velocemente tra i reparti e quelli del Parma non riescono mai ad accorciare e a rubare il tempo. È di Petagna il gol che vale i tre punti, ma questo è davvero un successo collettivo, perché la Spal, tutta la Spal, dimostra compattezza e spirito di sacrificio.

STREFEZZA STILE DANI ALVES — Gioca soltanto la Spal nel primo tempo, e lo fa con buone idee e grande dispendio di energie. Sulla fasce laterali vince tutti i duelli, in mezzo al campo domina con il trio Missiroli-Valdifiori-Kurtic e, là davanti, Petagna e Floccari lavorano tantissimo in fase di pressing. Il Parma ci capisce poco o nulla, fatica a costruire la manovra e, soprattutto, si dimostra eccessivamente passivo di fronte all'assalto dell'avversario. Il gol di Petagna (minuto 31) nasce da un tiro "sporco" di Strefezza sul quale il centravanti è il più veloce a piombare. A proposito di Strefezza: pare Dani Alves, anche perché il Parma, in fase difensiva, se lo perde regolarmente. I tre attaccanti di D'Aversa non pervenuti per tutto il primo tempo: non un lampo, non un dribbling, non un tiro.

ALL'ASSALTO — Nell'intervallo il Parma sostituisce uno spento Kulusevski con Scozzarella e poi, poco dopo, fuori anche Hernani (imbarazzante per lentezza) e dentro Sprocati. Ma è sempre la Spal a rendersi pericolosa con Floccari, Petagna e Strefezza. Poi, e siamo al 25' della ripresa, l'episodio che rischia di cambiare tutto: espulso Strefezza per doppia ammonizione (ingenua la simulazione in occasione del secondo giallo). Il Parma si butta all'assalto, D'Aversa inserisce anche Inglese passando al 4-2-4, ma al di là di un gol giustamente annullato a Gervinho (fuorigioco iniziale di Inglese) non riesce mai a sfondare il muro della Spal, dimostrando di avere poche idee in fase di costruzione della manovra.

Fonte: Gazzetta delo Sport
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Con Kumbulla Verona decolla!
Samp nel baratro, Di Francesco ora trema

L'Hellas vince 2-0 con gol del difensore in avvio e autogol di Murru nel finale.
Blucerchiati meglio nel secondo tempo con l’ingresso di Rigoni e Caprari, ma la panchina del tecnico è a rischio


G.B.Olivero


Un gol in apertura, un altro nel finale: così il Verona batte la Sampdoria e condanna Eusebio Di Francesco a un probabile esonero che nelle prossime ore il presidente Ferrero potrebbe certificare. Ma sia chiaro: la società e i giocatori hanno molte più responsabilità del tecnico. Il club ha costruito una squadra più debole rispetto allo scorso anno e non adatta alle idee del nuovo allenatore, i calciatori oggi non hanno lottato come era lecito aspettarsi vista la situazione in classifica. Il Verona ha approfittato della pessima condizione blucerchiata costruendo fin dai primi minuti una vittoria meritata.

PRIMO TEMPO — La partenza del Verona è decisa, quella della Samp al rallentatore. I gialloblù spingono, i blucerchiati arretrano. E al 9’ Juric può già festeggiare: corner di Veloso, Kumbulla sfrutta un blocco e stacca in modo splendido sul primo palo. Grave però l’errore del guardalinee Lombardo che non segnala un fuorigioco molto evidente di Stepinski nell’azione che porta al calcio d’angolo. Ci si attende una reazione della Sampdoria e invece i giocatori di Di Francesco sembrano confusi e anche poco reattivi. Quagliarella vaga alla ricerca di una palla giocabile, ma in realtà il capocannoniere dell’ultima Serie A appare anche poco coinvolto. Bonazzoli si impegna di più, arretra per aiutare i compagni a salire, ma è tutto vano perché non c’è profondità e solo Depaoli a destra ogni tanto riesce a superare un avversario e ad andare al cross. Quasi tutti i duelli individuali vengono vinti dai gialloblù, che controllano la situazione, battono sei angoli e nel recupero sfiorano il raddoppio con un bel tiro di Stepinski innescato da una grande iniziativa di Amrabat: bravo Audero a deviare la conclusione. La Samp va al al riposo senza un tiro in porta all’attivo. Nella ripresa i blucerchiati alzano ritmo e baricentro. Di Francesco inserisce Rigoni prima e Caprari poi, ma il primo tiro nello specchio arriva solo al 24’ proprio con Caprari che impegna Silvestri con un rasoterra insidioso. Al 29’ si vede per la prima volta Quagliarella che gira di testa un cross di Depaoli: ancora bravo Silvestri. Entra anche Gabbiadini, la Samp ci prova con il 4-3-3, ma al 36’ arriva la sentenza: Veloso batte una punizione verso la porta, Murru ci mette la testa e beffa Audero. Il Verona sale a 9 punti, la Samp resta ultima a quota 3.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Reina dall'inferno al paradiso:
il Milan soffre, rimonta e torna a vincere

Rossoblù avanti con Schone grazie alla papera del portiere spagnolo.
Theo e Kessie - su rigore - ribaltano nella ripresa.
Nel finale altro errore di Pepe che però si riscatta e para il tiro dal dischetto del danese


Filippo Grimaldi


Succede l'impossibile, ma alla fine la festa è rossonera. Il Genoa precipita nel dramma, mentre il Milan (e Giampaolo) si rianimano, ritrovando il successo dopo tre sconfitte consecutive. Reina da colpevole per il gol dell'uno a zero genoano a eroe per il rigore parato a Schone nel recupero della ripresa. L'1-2 finale del Ferraris racconta di un Grifone che s'illude del riscatto per il breve spazio di una dozzina di minuti, quanto passa fra il gol di Schone su punizione a fine primo tempo (paperissima di Reina, che aveva sostituito Donnarumma k.o. nel riscaldamento) e la rete di Theo Hernandez che in avvio di ripresa restituisce ai rossoneri la fiducia perduta, prima del gol decisivo di Kessié su rigore (mani di Biraschi, poi espulso, rilevato dalla Var). Ora diventa fortemente a rischio la posizione di uno sfortunato Andreazzoli, che paga soprattutto lo scarso rendimento in termini di risultati (un punto nelle ultime cinque partite), anche se la malasorte ha avuto un peso importante.

BOTTA E RISPOSTA — Giampaolo parte con Bonaventura alto a sinistra al posto di Leao nel 4-3-3, Duarte centrale difensivo e Calhanoglu in mediana. Andreazzoli torna invece alla formazione-tipo, con Romero a destra in difesa e Zapata centrale, e la coppia Kouame-Pinamonti in attacco. Una prima mezz'ora che non si gioca su ritmi altissimi, perché nel Milan l'ex Piatek non è mai pericoloso e il Genoa stenta a finalizzare il lavoro in attacco. Vince la paura di sbagliare. Reina è attento sul rasoterra di Lerager (6'), e un attimo dopo la squadra di Andreazzoli perde Criscito per infortunio, sostituito da Biraschi a sinistra. Schone fa il regista, Radovanovic galleggia fra difesa e mediana. In questa fase i rossoneri creano poco: Suso prova il tiro due volte, prima che all'improvviso il Genoa si risvegli: Ghiglione impegna Reina al 37', poi ci prova Pajac, fino alla punizione-gol di Schone, che approfitta dell'errore del numero uno rossonero. Romero manca il bis, prima del pasticcio rossoblù nel recupero: la panchina genoana si agita per la mancata interruzione del gioco con Pinamonti a terra colpito alla testa e ne fa le spese Saponara, espulso.

RISCATTO — Giampaolo azzecca tutto nell'intervallo e dà la scossa ai suoi: dentro Leao al posto dell'ex Piatek e Paquetà, che rileva Calhanoglu. Rossoneri più propositivi, e infatti l'uno-due degli ospiti è micidiale. Al 7' Theo Hernandez trova il pari sfruttando un'ingenuità clamorosa del Genoa, che si avvede in ritardo di una punizione battuta a sorpresa da Paquetà, che lancia il francese in gol, sorprendendo Radu sul primo palo. Fino all'episodio che rovescia la partita: il tocco di mano di Biraschi (pescato dalla Var) costa il rosso al difensore genoano e Kessie (12') va a segno dal dischetto. Pajac arretra a sinistra sulla linea dei difensori e Andreazzoli passa al 3-4-2, mentre al 34' anche il Milan rimane in inferiorità per il doppio giallo a Calabria. Il Genoa tenta disperatamente di riacciuffare il pari con Pandev, che si aggiunge a Favilli e Kouame in attacco. E proprio il macedone serve al 44' un pallone in area per Kouame, a contatto con Reina: rigore, confermato dalla Var. Reina intuisce il tiro di Schone dal dischetto e salva la vittoria rossonera, mentre sulla panchina arriva un nuovo rosso a Castillejo per proteste. Ma la vittoria milanista, comunque, è già in cassaforte.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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06/10/2019 14:56
 
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Milenkovic-gol, la Fiorentina non si ferma più.
Anche l’Udinese k.o.

Terza vittoria consecutiva per i viola, che passano con un colpo di testa del difensore.
In attesa delle partite del pomeriggio Montella irrompe in zona-Europa.
Annullato dalla Var un gol a Nestorovski, espulso Tudor


Giovanni Sardelli


Non si ferma più la Fiorentina, giunta al terzo successo consecutivo ed in grado di allungare a cinque la striscia dei risultati positivi. E’ servito un balzo di Milenkovic per sfondare il muro dell’Udinese, in grado di reggere molto bene fino a venti minuti dal termine. Montella conferma la formazione capace di battere il Milan a San Siro con Ribery e Chiesa davanti senza una vera prima punta di ruolo. Di punte vere Tudor ne schiera addirittura due con Nestorovski a far coppia con Okaka. Dentro anche De Paul dopo la lunga squalifica.

MATCH BLOCCATO — Udinese comunque molto chiusa, viola senza sbocchi offensivi e così la gara fila via senza emozioni eccetto un colpo di testa di Pezzella schiacciato e poi terminato alto. Al 34’ Nestoroski insacca da due metri sugli sviluppi di un corner, ma il pallone era finito al centravanti grazie al braccio di Opoku. Dopo il controllo Var, Prontera annulla giustamente. Lo stesso Nestorovski due minuti più tardi è abile a salvare sulla linea una girata di Castrovilli. Logico lo 0-0 all’intervallo

SBLOCCATA — Nessun cambio, ma Viola più feroce nella ripresa. Dopo 10 minuti occasionissima per la Fiorentina con il retropassaggio sbagliato di Ekong che lancia in porta Chiesa, Musso si esalta e respinge. Tudor, prima di essere espulso per proteste, cambia davanti. Fuori Nestorovski, dentro Lasagna per sfruttare la velocità in contropiede. Montella risponde con Benassi per Badelj. La Fiorentina alza il ritmo ma non riesce a sfondare e così si affida ai calci piazzati. E proprio su corner passa con un gran colpo di testa di Milenkovic in anticipo su Okaka e Opoku. L’Udinese reagisce immediatamente con Lasagna lanciato in velocità, Dragowski è prodigioso nel deviare in angolo. I viola congelano il risultato grazie ad una prova maiuscola del terzetto difensivo e così la sosta sarà dolce per la squadra di Montella. Udinese discreta dietro ma poco propositiva davanti. Tattica che alla fine non ha pagato.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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06/10/2019 18:16
 
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Atalanta, dolce ritorno!
Tris col Lecce nel rinnovato Gewiss Stadium

Con le reti di Zapata, Gomez e Gosens, Gasperini conquista
la prima vittoria casalinga ed è al terzo posto in classifica


Andrea Elefante


In attesa di Inter-Juventus di stasera, l'Atalanta consolida il terzo posto e continua a volare, con il miglior attacco del campionato (56 gol segnati nell'anno solare 2019) e la sua miglior partenza dopo sette giornate nell'era dei tre punti. La resistenza del Lecce dura mezz'ora, poi è uno show senza soluzione di continuità che celebra nel miglior possibile il debutto nel "nuovo" stadio, 160 giorni dopo l'ultima partita in casa. E la squadra sotto la Nord riqualificata festeggia il momento magico in campionato.

LE SCELTE — Gasperini preferisce Djimsiti a Toloi, per il resto Kjaer torna titolare dopo il debutto dell'Olimpico e - come praticamente annunciato alla vigilia - davanti c'è il tridente titolare, con Gomez e Ilicic ad assistere Zapata. Liverani dà fiducia a Rispoli rispetto all'emergente Meccariello e lascia in panchina Tachtsidis, non al meglio, dando spazio a Imbula. La coppia offensiva vede Falco e La Mantia, che era stato titolare solo alla prima di campionato contro l'Inter.

PRIMO TEMPO — Rispetto al solito "rombo", stavolta il tecnico delle Lecce, avendo un vero centravanti (La Mantia) allarga Mancosu a sinistra, con Falco a destra: è 4-3-3. Dopo un minuto e mezzo il Lecce rischia già di andare sotto, ma su cross di Gomez il comodo colpo di testa di Zapata è mirato male e dunque la supremazia dell'Atalanta tarda a concretizzarsi. Anche perché Gabriel per due volte tira su il muro giusto (al 9' su Ilicic, al 30' su Gomez). Ma il martellamento dell'Atalanta è paziente e soprattutto continuo e alla prima sbavatura del Lecce trova il varco giusto. Errore in comproprietà fra Lucioni e Rispoli, Gosens trova il tempo giusto per rubare il pallone, il resto lo fa Zapata con una sassata che si fa perdonare l'errore iniziale. Più che per l'1-0, il Lecce accusa il colpo per la parata di 3' dopo di Gollini su girata a colpo sicuro di La Mantia (che forse si era aiutato con un braccio). E al 40' va sotto di nuovo: combinazione Gosens-Zapata, corridoio aperto per Gomez che si insinua al momento giusto e piazza il 2-0 facendo sponda sul palo alla sinistra di Gabriel.

SECONDO TEMPO — Nella ripresa l'Atalanta non dà al Lecce neanche la possibilità di cercare una reazione, o di sfruttare Mancosu spostato nel ruolo di trequartista. L'assedio continua e dopo 11' Gosens, in condizioni fisiche strepitose, cerca e trova l'uno-due con Ilicic, andando a segnare il 3-0. La partita finisce lì, c'è spazio solo per un errore clamoroso di Ilicic che divora il 4-0, per confermare Gabriel migliore dei suoi, con almeno altre tre grandi parate (su Gomez, Muriel e Gosens) e per una distrazione su calcio da fermo dell'Atalanta, che su punizione consente a Lucioni di staccare di testa indisturbato e di segnare il 3-1, su assist di Falco.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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