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Campionato di Calcio Serie A 2019 - 2020. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2020 23:36
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Bologna e Lazio, spettacolare 2-2 davanti a Mihajlovic

Nel primo tempo, Immobile riacciuffa prima Krejci e poi Palacio.
Nella ripresa, espulsi Leiva e Medel prima del rigore fallito da Correa nel finale


Stefano Cieri


Non poteva che finire così. Con un pareggio che non mortifica né Bologna né Lazio e soprattutto l’uomo che è il simbolo tanto dell’una quanto dell’altra squadra. Quel Sinisa Mihajlovic che, con i giocatori già schierati in campo, sbuca dal tunnel degli spogliatoi e tra il boato del pubblico (tanto di fede bolognese quanto laziale) si accomoda in panchina battendosi il petto. Scena ricca di significati che dà il via ad una partita che si gioca senza soste con continui ribaltamenti di fronte, tantissime emozioni e anche qualche errore, il tutto equamente distribuito (dai gol alle occasioni, dalle espulsioni ai rimpianti). Motivo per cui il pareggio alla fine è il risultato più giusto. Ma vallo a dire alla Lazio che, a due minuti dalla fine, ha la possibilità di assestare il colpo del k.o. con un calcio di rigore che Correa tira sulla traversa.

EMOZIONI E GOL — La grande emozione suscitata dalla presenza di Mihajlovic mette benzina nelle gambe del Bologna e rende la partita subito scoppiettante. Niente preamboli, niente tatticismi, le due squadre si affrontano a viso aperto, cercando di essere sempre propositive e mai conservative. Certo, la fase difensiva lascia a desiderare da ambo le parti, gli uomini di centrocampo fanno fatica a imporre la propria legge, ma le emozioni non mancano e il pubblico gradisce molto. Il Bologna passa in vantaggio per due volte, ma in entrambe le occasioni viene raggiunta dalla Lazio, anzi da Immobile, tornato in versione cecchino implacabile. La sblocca Krejci, che alla Lazio segnò anche in Europa League quando giocava con lo Sparta Praga, con un colpo di testa favorito dalla serpentina e dal cross al bacio di Orsolini. Ma l’1-0 dura solo un paio di minuti, perché Immobile - pescato tutto solo da Lulic in area - anticipa il tiro e beffa sia Danilo (che lo marca a distanza) sia Skorupski. Il botta e risposta rende le due squadre più giudiziose? Neanche per sogno. Il Bologna riparte, la Lazio è più sorniona ma prova anche lei a far male. Sono comunque i padroni di casa a tornare in vantaggio, poco dopo la mezzora. Il gol è di Palacio (ottavo centro contro i biancocelesti) che raccoglie e butta dentro un pallone respinto dal palo sul tiro di Svanberg. Questa volta il vantaggio felsineo dura un po’ di più, ma neanche tanto. Otto minuti dopo, infatti, Immobile colpisce ancora, stavolta servito da Luis Alberto. Il tentativo di Danilo di stoppare il suo tiro in scivolata è inutile.

EMOZIONI SENZA GOL — Non cambia il punteggio nella ripresa, ma le emozioni sono le stesse e anche più della prima frazione di gioco. Si comincia con un gol annullato al Bologna (lo segna Svanberg, sulla traiettoria c’è in fuorigioco Danilo che non tocca la palla ma partecipa all’azione) e si finisce con il rigore sciupato dalla Lazio con Correa, il cui tiro dagli undici metri (fallo di Palacio su Acerbi) scheggia la traversa e finisce fuori. In mezzo ci sono almeno altre due palle-gol per parte (una la fallisce clamorosamente Correa, evidentemente non in giornata) e due espulsioni, una per parte. Quella laziale arriva al 15’ per il secondo giallo rimediato da Leiva. La parità numerica si ristabilisce dieci minuti dopo per il rosso a Medel per fallo da ultimo uomo su Correa. Il primo rosso non frena la Lazio che si riorganizza in un 5-4-1 (dentro Bastos per Luiz Felipe e Parolo per Immobile), mentre il secondo rosso inibisce il Bologna che pensava di avere la partita in pugno. Mihajlovic mette dentro Schouten (per Svanberg), Skov Olsen (per Orsolini) e infine Satander (per Sansone), ma i cambi non sortiscono alcun effetto. Nell’ultimo quarto d’ora, così, la maggiore esperienza della Lazio sembra poter avere il sopravvento. Ma a Correa manca ancora una volta l’istinto del killer.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Roma non sfonda, bloccata dal Cagliari.
Giallorossi furiosi, espulso Fonseca

Sardi in vantaggio con un rigore di Joao Pedro, il pari arriva grazie a un'autorete di Ceppitelli.
Il tecnico portoghese furibondo a gara finita per un gol annullato a Kalinic


Massimo Cecchini


Finisce in “far west”, con Paulo Fonseca e il suo collaboratore Nuno Romano espulsi per proteste reiterartissime, che costeranno almeno un paio di giornate ai contestatori. Al centro del mirino della Roma l’arbitro Massa, “reo” di aver annullato un gol di Kalinic al 45’ della ripresa. Sarebbe stato il 2-1, dopo che Joao Pedro su rigore e Ceppitelli nella porta sbagliata (autogol) avevano sancito il pari già nel primo tempo. Ma dopo una lunga pausa, anche per il serio k.o. di Pisacane (svenuto in campo), spinto da Kalinic contro Olsen - cosa che ha motivato l’annullamento - la segnalazione giunta dalla Var cancella tutto e quindi il recupero “mostre” di undici minuti non cambia il risultato e scatena la rabbia del tifo giallorosso. Intendiamoci, ai punti stravincerebbe la Roma perché il Cagliari ha interpretato la gara in modo solo difensivo, tirando in porta - oltre che per il rigore - in una sola altra occasione nella ripresa con Castro. Per il resto, una Roma certamente non bella, come nei migliori scherzi del destino, incoccia nell’ex Olsen - peraltro ancora di sua proprietà - che fa almeno tre grandi parate. All’8’ e al 9’ su Zaniolo e Diawara, al 37’ su Dzeko nel primo tempo, in cui una manovra lenta porta a due gol casuali. Al 26’, un tocco di Simeone non viene intercettato da Smalling - autore peraltro di una buona prova - e la palla carambola sul braccio largo di Mancini: è rigore che Joao Pedro trasforma. Passano 5’, però, che un cross di Kluivert viene deviato nella propria porta da Ceppitelli per anticipare Dzeko. Ma il credito con la fortuna dei giallorossi si è già esaurito, perché Diawara è già uscito per un infortunio al ginocchio destro che pare abbastanza serio (rottura del menisco interno). Entra al suo posto Antonucci, che si piazza sulla fascia sinistra, mentre Zaniolo sloggia Veretout dalle zolle di trequartista. Il baby giallorosso, al 47’, innesca un’azione pericolosa che Ceppitelli salva.

SUPER ZANIOLO — Nella ripresa è arrembaggio giallorosso: con l’ingresso di Kalinic la Roma passa al 4-2-4, mentre il Cagliari, sostituendo Simeone con Castro, si copre ulteriormente in un 4-4-1-1. Insomma, tocca ancora Olsen sminare le situazioni, deviando su Zaniolo tre volte: al 2’, al 28’ (tiro deviato da Ceppitelli) e al 38’. Ma la manovra è troppo lenta per impensierire davvero e così alla fine, se si eccettuano i tanti cross di Kolarov su cui un paio di volte Dzeko impatta e manda alto di testa, è più prova di nervi che di gioco. Così si arriva all’infuocatissimo finale già descritto, che fa arrabbiare tanto anche il presidente Pallotta e il d.s. Petrachi. Il Cagliari, invece, tira un sospiro di sollievo. Il pareggio, stavolta, è un vestito un po’ abbondante.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Torino e Napoli ci provano ma non segnano.
E all'Olimpico finisce 0-0

Primo tempo con netta prevalenza della squadra di Ancelotti, ma il tridente non punge come ci si aspetterebbe.
I granata chiudono senza soffrire


Mario Pagliara


Il Toro guarda negli occhi il Napoli e conquista un punto legittimato da un primo tempo votato all’attenzione e da una ripresa di personalità. Gli azzurri sono un’orchestra stonata, lontana parente della squadra brillante che ha steso il Liverpool in Champions. La squadra di Ancelotti rallenta e frena ancora, per Mazzarri invece è uno zero a zero tutto a colori. Ed è la prima volta dall’inizio del campionato che il suo Toro non subisce gol.

LA GABBIA DI MAZZARRI — Il racconto della prima parte della gara non include né lo spettacolo né il bel gioco. Il merito, probabilmente, è soprattutto della capacità del Toro di far uscire continuamente il Napoli dalla partita. Nel primo tempo, funziona la gabbia costruita da Mazzarri per spegnere le fonti di gioco di Ancelotti: Walter imposta un Toro trasformista, che difende con il 4-4-1-1, con Laxalt nella posizione di terzino sinistro, Ansaldi alto a destra, Verdi dirottato sulla sinistra e Lukic più avanzato, praticamente incollato ad Allan. Quando invece il Toro deve costruire si rimodella in un 3-5-2, con Verdi che riconquista la posizione di campo alle spalle di Belotti. Manca all’appello De Silvestri, che non è nemmeno in panchina nonostante fosse convocato: l’esterno destro è stato fermato nella notte da un picco di febbre. Il Napoli parte con il 4-3-3, affidandosi al tridente tutto fantasia (Lozano-Mertens-Insigne), almeno sulla carta, che però si accende poco e non riesce ad incidere. La coppia centrale difensiva è composta da Luperto-Manolas, a sinistra gira Hysaj, si fa male subito e al suo posto subentra Ghoulam.

INCIDENTI — Il Toro gioca 45’ di applicazione e di attesa, provando a colpire in contropiede; il canovaccio del Napoli è all’insegna del vorrei ma non posso. La squadra di Ancelotti non alza quasi mai il ritmo, Zielinski graffia poco (si evidenzia giusto per un tiro dalla distanza, al 23’, controllato da Sirigu), Fabian Ruiz prova a infondere la marcia in più ma non trova il conforto né di Lozano né di Allan e finisce per sbattere spesso contro la diga granata a centrocampo. Il primo squillo della gara, al decimo, lo firma proprio Ruiz, con una conclusione dalla distanza deviata in angolo da Sirigu. Poi, al quarto d’ora, Izzo sbaglia l’anticipo a centrocampo permettendo ad Insigne di scappare via ma Lyanco alla disperata riesce a smorzare il gesto tecnico a giro di Lorenzo. Sessanta secondi dopo, Zielinski scivola innescando Rincon che serve Verdi, ma il diagonale dell’ex non va a bersaglio. Intorno al 25’ sale la tensione tra i tifosi del Napoli e quelli del Toro presenti nella curva Primavera: un numeroso gruppo di tifosi azzurri scavalcano il divisorio tra il settore ospiti e la Primavera, facendo salire la tensione. Dentro lo stadio, comunque, al di là di una diffusa preoccupazione non si verifica nessun contatto, mentre è fuori dallo stadio che per un quarto d’ora circa vengono segnalati incidenti tra opposte tifoserie lungo via Filadelfia, con la polizia impegnata a sedare gli animi. Alla fine del primo tempo gli ultras rientrano dentro lo stadio nei rispettivi settori e torna la calma.

MERTENS ED ANSALDI — In un primo tempo che non decolla, sono due le principali occasioni. La prima del Napoli, al minuto numero ventotto, quando Mertens prova un pallonetto che dà l’illusione del gol (palla fuori). La seconda piove al secondo e ultimo minuto di recupero, poco prima dell’intervallo, quando dagli sviluppi di un calcio di punizione Ansaldi lancia un siluro che esalta le qualità di Meret. Parata dall’alto indice di difficoltà.

CALLEJON PIù LLORENTE — Nel primo quarto d’ora del secondo tempo non cambia di molto la filosofia generale della partita. Certo, il Toro è più combattivo e un po’ alla volta prova guadagnare campo, ma è sempre il Napoli ad avere il pallino senza però riuscire a sfondare la doppia linea, di difensori e centrocampisti, eretta da Mazzarri. All’undicesimo un contatto nell’area del Napoli tra Izzo e Ghoulam chiama in causa l’arbitro Doveri, che lascia correre. Scollinata l’ora di gioco, Ancelotti piazza la mossa Callejon, richiamando in panchina uno spento Lozano, e sei minuti dopo lancia nella mischa Llorente al posto di Insigne, ancora una volta incapace di lasciare il segno sulla serata. L’occasione più importante del Napoli cade proprio sulla testa di Llorente, centoventi secondi dopo essere entrato: cross di Di Lorenzo, Lyanco si perde lo spagnolo il cui colpo di testa a pochi passi da Sirigu è alto.

IL RITORNO DI FALQUE — La risposta dalla panchina di Mazzarri sono i muscoli di Meité per uno stremato Baselli (partita la sua di grande corsa). Alla mezzora, anche il Toro ha la sua chance, affidata a una botta secca di Ansaldi, deviata da Luperto con una spalla in angolo. A dieci minuti dalla fine, l’arbitro Doveri conferma il suo metodo di condotta di gara facendo correre su un contatto, stavolta nell’area del Toro, ancora tra Ghoulam e Izzo. Llorente ha almeno un paio di cross buoni per battere di testa, ma ci arriva sempre senza mordente. Nel finale Mazzarri fa appello alla freschezza di Aina e, soprattutto, al talento di Iago Falque (per Verdi, al 44’) che ritorna in campo dopo l’infortunio del 25 luglio contro il Debrecen. La voglia c’è, e si vede: Iago impiega venti secondi per arrivare alla conclusione. Non accade più nulla. È un pari giusto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Sinfonia Juve a San Siro: Dybala e Higuain stendono l’Inter.
E la Signora torna in testa

Bella partita e successo meritato per la squadra di Sarri, che viene fuori alla distanza.
Tre gol argentini: la Joya, Lautaro su rigore e il Pipita, appena entrato


Davide Stoppini


San Siro dice Juventus, dice Maurizio Sarri, dice bianconero: Dybala e Higuain battono l’Inter, a nulla serve il pareggio momentaneo di Lautaro su rigore nel primo tempo. E’ sorpasso in testa alla classifica: Antonio Conte perde proprio nello scontro diretto al vertice la sua prima partita in campionato, la seconda in quattro giorni dopo quella in Champions di Barcellona. Il capitolo ultimo, in coda a una partita intensa e bellissima, l’ha scritto Higuain, subentrato nel secondo tempo e decisivo a 10 minuti dalla fine, proprio quando Handanovic e compagni pensavano di aver ormai addormentato la furia juventina.

PRIMO TEMPO — Mica un caso, se Inter e Juve sono le prime due della classe di questo campionato. Conte propone gli 11 annunciati, con Lukaku regolarmente vicino a Lautaro. Sarri sorprende lasciando fuori Huguain e Ramsey per Dybala e Bernardeschi, per un continuo tourbillon offensivo codificabile in un 4-3-1-2. L’intensità è subito a mille. La Juve parte meglio e dopo neppure 4’ è già avanti: De Vrij esce alto su Ronaldo, Pjanic vede il corridoio e lancia splendidamente Dybala, Skriniar è morbido nella copertura, dal sinistro dell’argentino esce un missile che Handanovic può appena toccare. L’Inter pare accusare il colpo, la Juve fa male sul fronte sinistro offensivo. Ed è lì, al 7’, che Ronaldo si infila prima di essere contenuto da Godin. Suona male per l’Inter: al 9’ CR7 da sinistra si accentra e con il destro colpisce la traversa ad Handanovic battuto. L’Inter non ci sta e si affaccia dall’altra parte: ancora minuto 9, De Ligt perde palla, Lautaro innesca Lukaku che però viene contenuto da Bonucci. La squadra di Conte prende fiducia e un po’ di campo. E al 17’ un cross di Barella trova il gomito di De Ligt: Rocchi fischia il rigore, che Lautaro trasforma con un destro preciso alla destra di Szczesny. Parità ristabilita, San Siro infuocato, i ritmi sono altissimi e gli animi in campo vanno di conseguenza. Arriviamo al minuto 28: Lautaro sfrutta un’indecisione di Bonucci dopo una giocata di Lukaku su De Ligt, il Toro va col destro, Szczesny deve impegnarsi per deviare. Juve col predominio del gioco, anche se un po’ in difficoltà nella costruzione in difesa: per poco lo stesso Szczesny e Pjanic non combinano una frittata, sulla pressione di Sensi. Sensi che però deve alzare bandiera bianca: problema muscolare all’adduttore, al 34’ Conte inserisce al suo posto Vecino, spostando sul centrosinistra Barella. La Juve prende campo. Eccoci al minuto 41: Matuidi dalla sinistra innesca Dybala, appoggio per Ronaldo, conclusione violenta che Handanovic respinge d’istinto. L’azione prosegue, CR7 scambia con Dybala e solo davanti al portiere nerazzurro trova il vantaggio, ma Rocchi annulla giustamente per una posizione irregolare di Dybala. Finire del tempo col giallo, perché Rocchi dopo aver toccato il pallone scodella per Godin, ordinando all’uruguaiano di restituire il pallone alla Juve: Dybala passa dietro al difensore e gliela soffia, cosa che scatena un parapiglia all’ingresso negli spogliatoi prima dell’intervallo.

SECONDO TEMPO — Ripartenza senza cambi. Juve subito in pressione, al 4’ Bernardeschi ha una buona chance, il destro dai 20 metri è parato da Handanovic. Conte però perde subito un altro pezzo: al 9’ fuori Godin, dentro Bastoni che lascia il centrodestra a Skriniar. Due minuti più tardi Juventus pericolosa: Dybala innescato in posizione regolare, Handanovic è bravo a limitarlo in uscita bassa, poi lo stesso argentino non riesce a trovare la porta in girata. Adesso è Sarri a far ricorso alle sostituzioni. Doppio cambio: fuori Khedira per Bantancur, poi dentro Higuain per Bernardeschi, con Dybala che passa a fare il trequartista. I ritmi fisiologicamente un po’ si abbassano, l’Inter prende un po’ di campo. Al 24’ Vecino scarica un destro dai 20 metri che carambola sulla schiena di De Ligt e per pochissimo non beffa Szczesny immobile, sfiorando il palo. Cambio di versante, fiammata bianconera: minuto 25, Higuain per Ronaldo, da posizione angolata sinistro potentissimo letto bene da Handanovic. Sarri gioca anche il terzo cambio: fuori Dybala, dentro Emre Can, la trequarti cambia di nuovo padrone, a vantaggio di Bentancur. Ultima sostituzione Inter: minuto 32, fuori Lautaro, Politano va a far coppia con Lukaku. E siamo al passaggio decisivo, è il 35’: Pjanic, ancora lui, in verticale per Ronaldo, palla a Bentancur che legge benissimo l’inserimento di Higuain, Bastoni è fuori tempo, il Pipita con il destro batte Handanovic. Juve di nuovo avanti, Inter colpita quando pareva aver superato il momento difficile. La reazione arriva allo scoccare del minuto 40: D’Ambrosio vede l’inserimento di Vecino, l’uruguaiano devia in scivolata ma Szczesny è bravo in uscita. E’ l’ultimo acuto nerazzurro, non c’è più tempo: è sorpasso Juve.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2019/2020 7ª Giornata (7ª di Andata)

05/10/2019
Spal - Parma 1-0
Verona - Sampdoria 2-0
Genoa - Milan 1-2
06/10/2019
Fiorentina - Udinese 1-0
Atalanta - Lecce 3-1
Bologna - Lazio 2-2
Roma - Cagliari 1-1
Torino - Napoli 0-0
Inter - Juventus 1-2
07/10/2019
Brescia - Sassuolo (rinv.)

Classifica
1) Juventus punti 19;
2) Inter punti 18;
3) Atalanta punti 16;
4) Napoli punti 13;
5) Roma punti 12;
6) Lazio, Cagliari e Fiorentina punti 11;
9) Torino punti 10;
10) Verona, Bologna, Parma e Milan punti 9;
14) Udinese punti 7;
15) Sassuolo(*), Brescia(*), Spal e Lecce punti 6;
19) Genoa punti 5;
20) Sampdoria punti 3;

(*) Brescia e Sassuolo una partita in meno.
Brescia - Sassuolo rinviata al 18-12-2019 per lutto.

(gazzetta.it)
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Muriel e Gomez show, poi l'Atalanta si butta via.
E la Lazio firma la rimonta



Avanti di tre reti all'intervallo, la squadra di Gasperini subisce il ritorno
biancoceleste firmato da un doppio rigore di Immobile e il gol di Correa


Nicola Berardino

Due partite in una, col forte profumo di Champions, a suon di gol e spettacolo. La prima la vince l'Atalanta, dominando il primo tempo con un 3-0 scandito dalla doppietta di Muriel e da un gol di Gomez. La seconda se l'aggiudica la Lazio, con una ripresa d'applausi che suggella un'incredibile rimonta grazie a due gol di Immobile (entrambi su rigore) e a uno di Correa. Tre reti per parte e un pareggio finale che porta pure qualche reciproco rimpianto ma esalta il valore e le prospettive delle due squadre in questo campionato.

TRIS NERAZZURRO — Inzaghi inserisce Parolo in regia al posto dello squalificato Leiva. Sulla fascia destra Marusic avvicenda Lazzari, che si ferma durante il riscaldamento per problemi intestinali. In attacco, Correa affianca Immobile. Ampio turnover nell'Atalanta verso la sfida di Champions di martedì a Manchester col City. Gasperini sceglie Muriel per sostituire l'infortunato Zapata. In difesa, tornano dal 1' Toloi e Masiello; a metà campo, riecco Hateboer e Pasalic; sulla trequarti c'è Malinovskyi. De Roon e Ilicic partono dalla panchina. Si affacciano subito al tiro i nerazzurri. Al 2', è alta la botta dalla distanza di Malinovskyi, un minuto dopo Strakosha para su Pasalic. Si sgancia la Lazio: Gollini anticipa Correa. Al 5' irrompe in area Milinkovic: Palomino fa muro. Insiste l'Atalanta: al 12', Strakosha è pronto a respingere di piede su tocco ravvicinato di Pasalic, un minuto dopo Muriel calcia a lato da buona posizione. Partita molto viva con rapidi capovolgimenti di fronte. Al 21' tenta la conclusione improvvisa Muriel ma non inquadra la porta. E al 23' la squadra di Gasperini va in vantaggio con Muriel servito in area da Gosens. Due minuti dopo l'Atalanta sfiora il raddoppio con lo stesso Muriel (fuori). Gran ritmo della formazione di Gasperini, mentre la Lazio è in difficoltà in fase di costruzione del gioco. Al 28' il raddoppio atalantino è un'operazione chirurgica: Muriel fa il bis su punizione dalla sinistra che coglie in controtempo i difensori laziali, a parte una deviazione finale di Parolo. Dalla Curva Nord nuovi cori contro il presidente della Lazio, Lotito. L'Atalanta non rallenta: al 31', bordata di Gomez a lato. Strakosha si oppone al sinistro radente di Malinovskyi su punizione. Lazio incerta e senza incisività. Freuler tenta il tris dalla distanza (a lato). Al 37', biancocelesti al tappeto: ennesima ripartenza dell' Atalanta che sigla il terzo gol con un sinistro velenoso di Gomez. La Lazio cerca di scuotersi dinanzi al dominio avversario ma è troppo appannata. Alla fine del primo tempo, biancocelesti subissati dai fischi dell'Olimpico.

RIMONTA LAZIALE — Al via della ripresa, Lazio con due cambi: Patric rileva Marusic, Cataldi prende il posto di Parolo. Inzaghi prova a riportare in partita la sua squadra. All'8', tiro ravvicinato di Immobile, neutralizzato da Gollini. All'11' destro a giro di Luis Alberto: fuori bersaglio. Biancocelesti in crescita. Gomez lamenta noie muscolari. Correa non centra lo specchio della porta. Al 15', prima sostituzione nell'Atalanta: De Roon per Pasalic. Anche Immobile non graffia al tiro: al 21', colpo sopra la traversa. Fuori Muriel, Gasperini innesta Ilicic. Al 24' Immobile accorcia le distanze su rigore dopo esser stato atterrato da Palomino. Passano trenta secondi e la Lazio segna ancora: Immobile lancia Correa che non dà scampo a Gollini. L'Olimpico si accende e la squadra di Inzaghi scorge una clamorosa rimonta. Gasperini avvicenda Palomino con Kjaer. Dopo un gran primo tempo, Atalanta in riserva di energie. Al 33', dai 25 metri Luis Alberto fa volare Gollini per deviare in angolo. Inzaghi toglie Radu, vittima di crampi, per irrobustire l'attacco con Caicedo. Al 34' Gollini c'è sul colpo di testa di Correa. Riparte l'Atalanta: Gosens conclude a lato, così come va sul fondo un tentativo insidioso di Malinovskyi. Lazio all'assalto. Strakosha evita il quarto gol in uscita su Gomez. Cinque minuti di recupero. Rocchi non ha dubbi nel concedere di nuovo il rigore dopo che De Roon travolge Immobile. Al 48' dal dischetto il bomber di Inzaghi firma il 3-3: Golini tocca ma non trattiene il pallone. Nono gol per il capocannoniere del campionato. L'ultimo tentativo è dell'Atalanta con una punizione di Malinovskyi parata da Strakosha. Tra gli applausi dell'Olimpico finisce 3-3 una partita stupenda, ricca di gol ed emozioni fino alla fine.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Super Milik abbatte il Verona. E il Napoli torna a vincere

Gli azzurri conquistano i 3 punti e guadagnano posizioni in classifica.
Decidono il match due reti, le prime stagionali, del polacco schierato da Ancelotti dal primo minuto:
una al 37’ su assist di Fabian Ruiz, l’altra al 67’ su punizione di Insigne.
Nel finale palo di Mertens


Mimmo Malfitano


Non è stato facile mettere sotto il Verona. Ma, alla fine, il Napoli c’è riuscito ritrovando la sua forza offensiva e, soprattutto i gol di Arek Milik: doppietta del polacco ed Hellas abbattuta 2-0. Primi gol stagionali per Milik che hanno aggiunto tre punti pesanti alla classifica e, in qualche modo, rilanciato l’ambizione scudetto. Onore agli sconfitti, comunque, perché la formazione di Juric avrebbe meritato qualcosina in più nel primo tempo. E se non l’ha ottenuta è stato soltanto per le prodezze di Alex Meret che ha parato l’impossibile, mascherando così il momento di grande confusione in cui erano piombati i suoi compagni.

FUORI MERTENS — Carlo Ancelotti pensa anche alla gara di Champions League, a Salisburgo, mercoledì sera. Dal risultato di questa partita si potrà avere un’idea più chiara di quante possibilità abbia il Napoli di passare agli ottavi. E, dunque, l’allenatore tiene a riposo Dries Mertens e schiera Insigne al fianco di Milik. Nella linea di centrocampo, al posto del capitano, c’è Amin Younes. Novità anche in difesa, dove Di Lorenzo agisce a sinistra, mentre nel suo ruolo, a destra, c’è Malcuit. Ivan Juric, invece, chiede conferme al suo Verona che è in serie positiva da tre partite: quattro degli attuali nove punti in classifica, li ha conquistati in trasferta e, dunque, non avendo impegni europei, sia affida alla formazione titolare, con Stepinski al centro dell’attacco.

SENZA TIMORE — Il Verona lascia subito intendere che non si arrenderà facilmente: non sarà un boccone semplice da buttare giù. Ed il Napoli comincia con l’insolito 4-2-3-1, archiviato dopo la sconfitta di Torino, contro la Juventus, alla seconda giornata. Insigne agisce da centrale nei tre alle spalle dell’unica punta, Milik. È proprio l’attaccante polacco che viene anticipato, in due tempi, da Silvestri sul cross di Malcuit (7’). Ed è sempre il portiere veneto a respingere una conclusione senza troppe pretese di Allan (8’). Da quel momento, il Napoli scompare, il Verona prende l’iniziativa e inizia a pressare a tutto campo, Juric ha preparato una gara che non contempla l’attesa: il Napoli va aggredito.

PRODEZZE MERET — Dovrà considerarlo, Roberto Mancini, tra i portieri da portare al prossimo Europeo. Il giovane numero uno napoletano si merita l’apoteosi del San Paolo quando, al 18’ respinge di seguito le conclusioni di Lazovic, Pessina e Stepinski. E non è finita qui, perché appena due minuti più tardi, con i suoi in bambola, respinge coi piedi un gran tiro ravvicinato di Zaccagni. Il Napoli è spaventato dall’aggressività degli avversari, a centrocampo Veloso e Amrabat avviano le azioni per le incursioni di Lazovic, a sinistra, e di Faraoni a destra. E il Napoli? Sembra una squadra spaesata, senza un’anima. Ogni tanto, riemerge dal grigiore e prova a organizzare qualcosa di serio, ma con risultati improbabili. Tanto movimento tra le linee offensive, ma di conclusioni pericolose nemmeno a parlarne.

RIECCO MILIK — Quando non concretizzi succede poi che vieni punito. Ed è quanto è successo al Verona: le imprecisioni sotto porta e le parate di Meret gli hanno impedito di segnare. Cosa che, invece, ha saputo fare il Napoli al 37’, quando Milik ha deviato in rete il cross basso di Fabian Ruiz dalla sinistra. Per il centravanti polacco è il primo centro stagionale, per lui una vera e propria liberazione. Il tempo si chiude coi veronesi all’attacco.

SUPERIORITÀ — Emerge tutta nel secondo tempo, quando il, Napoli pressa con maggiore insistenza. Juric richiama Zaccagni e inserisce Salcedo (7’), mentre Silvestri deve distendersi per respingere la conclusione di destro di Fabian Ruiz. Lo stesso portiere veronese devia in angolo una conclusione ravvicinata di Younes (12’). Intanto, Juric provvede alla seconda sostituzione, inserendo Di Carmine al posto di un impalpabile Stepinski. Anche Ancelotti provvede a un cambio: dentro Zielinski e fuori Younes. Ed è proprio il centrocampista polacco che conquista la punizione dalla quale nasce il secondo gol di Milik: la battuta di Insigne viene deviata a volo dal centravanti. Per lui è doppietta. Il doppio svantaggio non abbatte il Verona che di tanto in tanto si presenta nell’area napoletana, con Salcedo (fuori di poco) e con un tiro dalla distanza di Faraoni che termina a lato. Poco dopo la mezz’ora c’è spazio pure per Mertens (colpisce il palo al 37’) che entra per sostituire Insigne: per il capitano c’è l’applauso del San Paolo. Lo stesso tripudio riservato a Milik a dieci minuti dalla fine, quando lascia il suo posto a Fernando Llorente.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Juve vola con Ronaldo e Pjanic ma al 94'
è la traversa a condannare un bel Bologna

A segno CR7, il Danilo rossoblù e il bosniaco, autore di un’altra grande partita.
Santander in pieno recupero sfiora il pari.
In attesa di Sassuolo-Inter, bianconeri a +4 sui nerazzurri


Filippo Conticello


Ronaldo che scavalla la vertigine dei 700. Pjanic che, oltre a dare la carte, tira fuori anche l’asso. E la Juve che si conferma bella, sarriana e, soprattutto, prima. Questo Bologna di Mihajlovic in trasferta a Torino è pur sempre una squadra di ottima fattura e spaventa pure con la perla di Danilo e con la traversa finale di Santander, ma i bianconeri hanno ormai preso l’ascensore: al netto di pericolosi cali di tensione, stanno decisamente salendo di livello. Hanno perfino superato la vecchia legge della sosta: raramente si era vista una squadra così in palla dopo la pausa delle nazionale. Martedì arriva la Lokomotiv in Champions e, forse, bisognerà capitalizzare di più e rischiare meno nel finale.

L’AVVIO — All’inizio l’applauso emozionato per il grande Sinisa, che da queste parti è stato sempre “nemico” ma poteva pure diventare allenatore, ha sciolto il cuore dell’Allianz. Questo stadio, però, ha un soltanto un sovrano, fresco di vetta hymalaiana raggiunta, omaggiato dal presidente Agnelli con una maglia metà bianca e metà nera con dietro il numero 700. Può sembrare impossibile, ma sono tanti i gol segnati da Cristiano in carriera. Anzi no, non fai neanche in tempo a celebrarlo che lui sposta i mirino: il portoghese ha segnato il numero 701. Oltre a Ronaldo, da notare però la novità più interessante nell’ormai solita architettura sarriana: al posto di Matuidi, Rabiot che un po’ fa il play aggiunto e un po’ si allarga.

LA MANOVRA — Per il resto è la solita manovra armoniosa vista nelle ultime settimane, col pallone che guizza via veloce sul campo bagnato. Il Bologna di Mihajlovic “buca” soprattutto a destra dove alle spalle di Mbaye ha spazio Alex Sandro: da lì arrivano le azioni pericolose del primo tempo, anche se il gol arriva curiosamente da destra. Il tiro dell’1-0 di CR7 (errore di Skorupski) è affilatissimo, ma non quanto quello del Danilo bolognese, che in libera uscita dalla difesa pesca un incredibile destro qualche minuto dopo: è l’1-1 che beffa Buffon. Sull’azione si nota che è in ritardo nell’uscire Cuadrado: spingerà pure parecchio, ma nel nuovo ruolo di terzino deve ancora imparare certi movimenti. Il pari suona come una sveglia per i bolognesi che crescono in fiducia ed escono dal nascondiglio in cui la Juve li aveva messi. Così Palacio punzecchia un imperfetto De Ligt, l’ex Orsolini inizia ad accentrarsi e cadono palloni pericolosi nell’area bianconera.

SECONDO TEMPO — Nella ripresa i bianconeri si riprendono subito la scena, portando più in alto il baricentro, pressando e aumentando la velocità dei triangoli. Certo, il gol del nuovo sorpasso arriva in un’azione buffa e confusa: errore in disimpegno di Soriano che riceve una palla imperfetta da Danilo, Orsolini e Poli inciampano sul pallone, palla a Ronaldo che in piena area tira in porta ma centra un avversario. Alla fine la sfera finisce a Pjanic che segna da due passi. Per il bosniaco il coronamento di una partita deliziosa, l’ennesima, da quando il nuovo tecnico gli ha dato le chiavi della macchina. Da quel momento piovono le occasioni per il tris, ma un po’ Skorupski e un po’ gli errori davanti negano ai bianconeri il gol della sicurezza. Per come hanno giocato, soprattutto nel secondo tempo, l’avrebbero pure meritato, mentre il Bologna a immagine e somiglianza di Sinisa ha confermato di aver tutto per stare dalle parti nobili della classifica. Anzi, può mangiarsi le mani per quell’ultima azione maledetta: quando l’arbitro fischia, trema ancora la traversa colpita di testa da Santander. E subito dopo è il numero 9 a tentare una rovesciata spettacolare: Buffon, stavolta, ci mette le mani e protegge il risultato. Pareva sicuro e, invece, poteva scivolare via.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Inter di nuovo a -1 dalla Juve.
Domina col Sassuolo per oltre 70’ ma alla fine rischia la beffa

Nerazzurri avanti 4-1 con le doppiette di Lautaro e Lukaku (di Berardi il gol del momentaneo 1-1),
poi il Sassuolo risale fino al 3-4 con Djuricic e Boga



SUBITO GOL — Di tutto di più, come da vecchio slogan della tv di stato. Vi era mancata l’Inter in queste due settimane? Vi era mancata la pazza Inter in questi mesi? Rieccole entrambe, nel 4-3 su un Sassuolo a suo volta prima sparring partner, poi dominatore dal gioco avvolgente. Prima, la commemorazione di Squinzi, in mezzo, un paracadutista che atterra sul Mapei Stadium (invasore, non programmato). Durante, una doppietta a testa per Lukaku e Lautaro, quest’ultimo in edizione deluxe. E poi chiusura con un’Inter vecchia maniera, che si ferma, va in errore di sistema e finisce in balia degli avversari, rischiando di pareggiare una partita in cui avrebbe potuto dilagare. Giornata da attaccanti, comunque.
Non sarà un pranzetto, ma un’abbuffata: le punte nerazzurre ci mettono poco più di sessanta secondi per capirlo. Al minuto 2’ Lautaro gode di un paio di metri di libertà, servito in area da Brozovic: Tripaldelli non stringe, lui trova un destro perfetto nell’angolino lontano. Dopo una decina di minuti saluta Marlon sul filtrante di Gagliardini, ma tira fuori. La difesa del Sassuolo balla visibilmente, il morbo contagia quella dell’Inter dopo 16’. Traoré si infila fra le linee e fa uscire un centrale, serve Berardi che punta e salta Biraghi e poi in diagonale trova il secondo palo. Il pareggio gela Conte in panchina e i 4000 interisti del settore ospite (ma anche nelle altre tribune i colori nerazzurri tendono verso il maggioritario). Sull’1-1 c’è tempo per un gol annullato per parte (Lautaro per spinta di Lukaku su difensore, Caputo per fuorigioco), prima che l’Inter riprenda il controllo, appoggiandosi alle spalle larghe di Lukaku.
Romelu, fin lì piuttosto ingabbiato, al 38’ riceve in area, spalle alla porta, da De Vrij: come un vero pivot tiene Marlon a distanza, si gira e di destro fa 2-1. Segnerà anche il 3-1, stavolta su rigore, concesso per un fallo di Marlon su Lautaro (ancora ricezione in area spalle alla porta). E se il primo festeggiamento era stata una corsa liberatoria verso la panchina, ad abbracciare prima Esposito e poi Conte, sul secondo gol Lukaku guarda in cagnesco la curva del Sassuolo, il che fa pensare che abbia sentito qualche becero buu razzista.
Tutto questo nel primo tempo. Il secondo garantisce qualche nuova perla della giornata di grazia di Lautaro, compresa un’azione personale che Consigli evita si trasformi in gol, e un nuovo rigore che illude i nerazzurri di averla chiusa: fallo di Muldur e Djuricic su Barella, trasformazione di Lautaro. Escono il Toro e Candreva, entrano Politano e un titubante Lazaro. Ma sono anche i cambi di De Zerbi che la riaprono: lo slalomista Boga mostra il suo talento prima servendo a Djuricic la palla del 4-2, poi andando da solo fino al 4-3. L’Inter si è fermata di botto e si garantisce 9’ più recupero di paura e ansia, come ai vecchi tempi. Tiene botta, con un paio di interventi di Skriniar. E porta a casa i tre punti dopo la doppia frenata prima della sosta. I due davanti danno certezze, Candreva esce fra gli applausi, Gagliardini tiene botta, ma il finale varrà a tutti più di qualche urlata da parte di Conte.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Cagliari formato europeo: super Nainggolan affonda la Spal



Sesto risultato utile per i rossoblù che salgono al quinto posto, a 14 punti.
Semplici non riesce invece a sfatare il tabù trasferta


Francesco Velluzzi

Come nelle favole... Il primo gol in rossoblù nella nuova stagione per Radja Nainggolan. E che gol. Il rientro, con gol, per Paolo Pancrazio Faragò che non giocava in campionato dal 20 aprile (col Frosinone) e ha penato tutta l'estate per l'infortunio all'anca. Così il Cagliari regola (2-0) una Spal che qualche problema lo crea nel primo tempo, ma poi si spegne condizionata da una rosa troppo esigua. Se ai problemi che già hai, sommi la squalifica di Strefezza e l'infortunio di Di Francesco non puoi sognare. Ma devi sperare di raggiungere una miracolosa salvezza. La Spal patisce il caldo tremendo della Sardegna Arena. Il Cagliari ci è più abituato Qui è ancora estate piena. Infatti le squadre dopo 35' abbassano i ritmi. Volare si può? Il Cagliari può volare. La classifica induce ad aumentare il desiderio...

PRIMO TEMPO
— Maran conferma le impressioni della vigilia. Faragò debutta direttamente da titolare, come terzino destro (Cacciatore e Mattiello sono out) e Pinna non ottiene la nuova chance (dopo Brescia) in cui sperava. Una sorpresa c'è: Nandez per la prima volta, si accomoda in panchina facendo posto a Castro. Non aveva mai rifiatato. La Spal è quella annunciata, con Igor che ormai è una conferma e Valdifiori che prova a cucire il gioco. Davanti con Petagna c'è sempre Floccari (Moncini resta sempre in panca). La Spal fa tremare Olsen, ma Floccari è in fuorigioco. Il Cagliari si lamenta perché Chiffi tarda a far tornare in campo Rog, uscito per uno scontro. Ma all'11' Radja Nainggolan regala la prima vera gioia al popolo sardo che lo ha accolto come un re. Su punizione di Cigarini, la Spal respinge praticamente sui suoi piedi. Il Ninja ha tutto il tempo e di controbalzo di collo pieno fulmina Berisha. Gran gol. Radja non corre tanto, ma qualche lampo lo dà. Dopo 21' in uno scontro con Ceppitelli è Castro che rischia di finire il match. Rientra col turbante e la Spal avanza, guadagna campo e reagisce soprattutto dalle parti di Faragò con Reca che imperversa a sinistra. Rog fa il miracolo su Kurtic di testa, il Cagliari soffre tanto sulle palle inattive dei ferraresi. E non la chiude. Simeone manda fuori due occasioni. E nei 4' di recupero c'è solo un salvataggio di Missiroli sulla tentata conclusione di Nainggolan.

SECONDO TEMPO — Si riparte con Nandez al posto di Castro. E prova subito a mettere il turbo su una partita che si incattivisce un po'. In 15' Chiffi estrae quattro gialli, giusti: Missiroli (fallaccio su Rog), Tomovic (che fa una fatica bestiale a contenere Joao Pedro), Simeone (con la Spal lanciata in contropiede) e Igor (entra taccia su Nandez). Ma al 19' con la Spal in 10 (perché Vicari è uscito e Cionek non riusciva entrare) Nainggolan rischia il bis ancora da fuori: il pallone colpisce il palo. Ma 3 minuti dopo, la partita la chiude Faragò che approfitta del pasticcio di Floccari, gli ruba la palla e va a comandare. È 2-0 e l'esterno novarese può esultare. Il Cagliari, che con Nandez che sgomma ha più birra, vola. La Spal è al tappeto, Rog si vede deviare in angolo il pallone del 3-0 da Berisha. Semplici prova a giocare con tre attaccanti inserendo (tardi) Moncini. Ma non ottiene nulla. Due vittorie in otto partite sono troppo poco e il prossimo avversario si chiama Napoli. Mentre il Cagliari va a Torino e in trasferta fa meglio che in casa...

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Pari Samp al debutto di Ranieri, ma che jella la Roma:
altri due infortunati (e Kluivert espulso)



Partita molto fisica e con pochissimi tiri in porta.
Fonseca (in tribuna) ha perso già nel primo tempo Cristante e Kalinic,
anche Quagliarella in campo con il turbante.
Nel finale Lopez ha salvato su Bonazzoli


Filippo Grimaldi

Buona la prima per Claudio Ranieri sulla panchina sampdoriana, nel giorno del compleanno numero 68 per il tecnico romano. Un punto che fa morale per i blucerchiati, contro una Roma in piena emergenza, poco incisiva in attacco, che raccoglie quel che semina.

INFORTUNI — Nella Samp, dentro l’ultimo arrivato Bertolacci al posto di Ekdal in regia, con Rigoni preferito a Ramirez come esterno di una mediana a quattro. Di là, giallorossi con Kalinic uomo più avanzato, ma costretto a lasciare il posto a fine primo tempo a Dzeko, in campo con la mascherina protettiva. Una gara, dunque, tutta in salita per la squadra di Fonseca, che perde già in avvio Cristante (8’, fastidio inguinale) sostituito da Pastore e di fatto cerca soprattutto di limitare una Sampdoria che in attacco fa le cose migliori nel finale. Per i padroni di casa, a migliore occasione del primo tempo arriva al 14’ con Quagliarella, bloccato da Lopez. Ranieri disegna una squadra molto chiusa, e così per la Roma gli spazi sono limitati. I giallorossi stentano sulle fasce, con Kluivert che fatica su Murru, mentre dall’altra parte Florenzi non trova varchi su Bereszynski e Murillo. Certo, i padroni di casa non sono propositivi in attacco, dove Gabbiadini fa la gara numero 300 da professionista. Partita frammentata: l’arrivo di Ranieri ha dato qualcosa in più alla Samp, ma la strada è ancora lunga. La Roma è lenta, prevedibile, macchinosa. Nel finale del primo tempo l’arbitro Maresca dialoga a lungo con Vieira, segnalando al centrocampista originario della Guinea di avere sentito gli ululati razzisti dei romanisti nei suoi confronti. L’episodio, per fortuna, non si ripete più.

RISCATTO — Ospiti più vivi nella ripresa, Samp che perde vigore, anche se la forza offensiva della Roma è di fatto molto limitata. L’ingresso di Bonazzoli nella Samp quasi a metà del secondo tempo dà vivacità alla manovra sampdoriana, con la Roma che solo al 33’ trova per la prima volta la porta di Audero con una debole conclusione di Dzeko. Troppo poco: va male anche a Depaoli e Quagliarella, neppure Perotti (dentro al posto di Florenzi) risveglia i giallorossi. Che, anzi, restano in inferiorità numerica al 41’ per il secondo giallo a Kluivert. Ma, a quel punto, la Samp non ha più la lucidità e le energie per approfittarne, anche se un sinistro velenoso di Bonazzoli rischia di beffare la Roma: Lopez salva.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Basta un gol di Okaka per domare il Toro e lanciare il "bunker" Udinese

L’ex Roma decide con un colpo di testa.
Nel secondo tempo l’ingresso di Zaza scuote i granata che però
sbattono contro la difesa meno battuta del campionato


Stefano Cantalupi


Quattro gol in 8 giornate di Serie A e 10 punti in classifica: non si può dire che l’Udinese non faccia tesoro delle sue poche reti. Alla Dacia Arena stavolta a perdere 1-0 è un Torino davvero opaco, raggiunto a quota 10 in classifica proprio dai friulani.

OKAKA SBAGLIA… — Nell’area tecnica dell’Udinese passeggia Luca Gotti, vice dello squalificato Igor Tudor. A Walter Mazzarri, invece, la Corte federale d’Appello ha restituito la panchina. Neanche il tempo di sistemarsi sulle poltroncine e l’Udinese ha una clamorosa occasione con Okaka: il diagonale di Sema è respinto da palo, il numero 7 bianconero avrebbe un comodo tap-in a porta vuota ma sbaglia mira. I friulani (peggior attacco nei top campionati europei con sole 3 reti segnate prima del fischio d’inizio, ma miglior difesa della Serie A) sono però bravi a non perdersi d’animo, e con Jajalo ci provano un altro paio di volte.

… E SI FA PERDONARE — Il 3-5-2 di Mazzarri, col solo Verdi a supporto di Belotti, fatica moltissimo a creare gioco, nonostante un paio di volate interessanti degli esterni Ansaldi e Laxalt (su una di queste l’uruguaiano protesta per un contatto in area con Opoku). Funziona meglio l’organizzazione bianconera, con De Paul – fresco di rinnovo – che alterna momenti da mezzala a incursioni da trequartista. È sempre Sema, però, il più incisivo quando avanza. E al 42’ un suo cross dal fondo trova mal posizionata la difesa granata, che concede la torre indisturbata a Mandragora e il tocco di testa vincente a Okaka.

POCO GALLO — Mazzarri si rende conto che così non va, toglie Lukic e inizia la ripresa con Zaza, passando al 4-4-2. In una decina di minuti arrivano due occasioni: la prima è una prodezza acrobatica di Belotti (l’unica cosa davvero buona della sua gara) su cui Musso deve impegnarsi, la seconda un doppio tiro di Zaza su cui Ekong si lancia rischiando il “mani”. Lasagna con un cross volante pericoloso e Mandragora con un sinistro alto rispondono per l’Udinese. E il Toro, col passare dei minuti, perde anche quel minimo di energia che sembrava aver trovato. Mazzarri butta in campo anche il giovane Millico per l’assalto finale, ma rischia di subire il raddoppio, evitato dalla scarsa lucidità degli attaccanti bianconeri nelle ripartenze. È Iago, entrato al posto di uno spento Verdi, ad accendere il finale: prima sfiora il pari con una conclusione dalla distanza, poi offre a Belotti un pallone che il Gallo non sfrutta a dovere. Ma non basta: troppo poco per un Toro involuto, che ora rischia di ritrovarsi nella parte destra della classifica.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Parma scopre Cornelius: tripletta al Genoa!
Ora Andreazzoli è sempre più a rischio

Il danese entra per l’infortunato Inglese a segna 3 gol.
Gol anche per Kucka, Pinamonti e Kulusevski


Bastano otto minuti al Parma per annientare il Genoa. Tra il 38’ e il 46’ del primo tempo la squadra di D’Aversa infierisce su avversari totalmente incapaci di difendere. Ma anche per quanto riguarda la produzione offensiva e la voglia di combattere e correre il Genoa mostra enormi limiti e adesso naturalmente si torna a parlare della situazione di Andreazzoli. Il tecnico, confermato da Preziosi durante la sosta, sarà nuovamente valutato dalla società che ora si trova al penultimo posto in classifica, con un solo punto di vantaggio sulla Sampdoria. Il 5-1 finale è un punteggio che dice tutto: l’ottima giornata del Parma, trascinata da un protagonista inatteso (Cornelius, che ha sostituito Inglese al 12’ e ha realizzato una tripletta), e la debolezza di un Genoa passivo e impaurito per tutta la gara.

PRIMO TEMPO — Fin dall’inizio il Parma è apparso più determinato e cattivo, mentre il Genoa ha rischiato di subire gol dopo pochi secondi a causa di una farraginosa costruzione dal basso. I rossoblù hanno avuto anche l’occasione per girare la partita al 31’ quando su azione di corner Zapata ha fatto la torre per Goldaniga che da pochi passi ha costretto Sepe a un doppio intervento decisivo. Ma subito dopo sul Genoa si è scatenato l’inferno. Al 33’ Cornelius ha mancato la porta deviando un tiro sporco di Gagliolo. Al 38’ Gervinho ha iniziato un’azione che, proseguita da Scozzarella, ha portato Kucka alla fuga per trenta metri prima dello scambio con Kulusevski e della conclusione di sinistro in spaccata che ha battuto Radu. Al 42’ Scozzarella ha pennellato una punizione perfetta sulla testa di Cornelius, bravissimo a svettare in terzo tempo su Zapata e a indirizzare nell’angolo. Al 46’ Gervinho è scappato sulla sinistra e ha crossato per Cornelius, dimenticato dai difensori rossoblù e libero di scaricare il sinistro in porta con una bella girata.

SECONDO TEMPO — Dopo l’intervallo non è cambiato nulla. E infatti al 5’ Cornelius ha scambiato con Kulusevski e ha trovato l’angolino con un sinistro dal limite. Il Genoa ha finalmente reagito con Pinamonti (che a inizio ripresa aveva sostituito Pandev), bravo a girarsi rapidamente in area e a segnare al 7’ la rete che però non poteva riaprire una gara ormai chiusa. E infatti non l’ha riaperta: il Genoa improvvisa un paio di azioni, ma senza pungere. E al 34’ il Parma fa la cinquina con Kulusevski che sfrutta un assist al contrario di Ankersen: Dejan interviene sul retropassaggio a Radu, dribbla il portiere e segna.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Falsa partenza per Pioli, il Lecce riacciuffa il Milan al 92': finisce 2-2



Al tecnico, all'esordio in rossonero, non bastano i gol di Calhanoglu e Piatek.
Babacar e un tiro pazzesco del terzino impongono il pari


Alessandra Bocci

La cura Pioli non basta. Un Milan più libero, discontinuo e coraggioso, si fa rimontare due volte a San Siro da un Lecce non solo ordinato, ma determinato e propositivo. Un primo tempo tutto Milan, un secondo pieno di sorprese. E finisce 2-2, fra i fischi di San Siro meno assordanti di quelli raccolti dopo Milan-Fiorentina, ma comunque inesorabili. Apre un Calhanoglu in gran forma, pareggia Babacar su rigore, va ancora avanti il Milan con Piatek che torna al gol su azione, nel finale ecco il pareggio di Calderoni, uno dei migliori in campo. La strada per tornare in alto per il Milan è veramente lunga. Il Lecce invece conquista un punto che psicologicamente vale molto più di uno.

PARTENZA SPRINT — Pioli conferma la fiducia a Rafa Leao, con Piatek in panchina, e Calhanoglu alla fine vince il ballottaggio con Rebic. Una soluzione che permette a Theo Hernandez di muoversi con leggerezza, diventando una sorta di quinto attaccante, quello che spariglia le carte contro un Lecce che ci prova, ma non incide mai. Nel primo tempo Donnarumma deve intervenire soltanto su un tiro di Falco sporcato da Romagnoli. È un Milan allegro e intelligente, non concretizza abbastanza, ma segue una sua logica. Quella dei giovani talenti che Pioli lascia liberi di esprimersi, sempre in un contesto che, visti i pochi giorni di lavoro, risulta logico e ordinato, però non prevedibile. Uno a zero dopo il primo tempo, con un gol di Calhanoglu che sfrutta un bel lancio di Biglia e per fortuna si evita il saluto militare e ogni altra manifestazione pro Erdogan. Accade al 20'. Il Lecce ci prova con Falco, Babacar cerca di scappare qua e là provocando le rarissime sbavature della difesa rossonera. Il Milan è in controllo, nonostante il silenzio assordante della curva e il tifo di migliaia di leccesi che dal terzo anello si fanno sentire. La magia di San Siro è anche questa. "Dalla società al campo lavorate e battetevi per questa gente che ama il Milan follemente". È lo striscione che decora tutta la curva Sud, silente. Poi ne viene esposto un altro. "Da nove anni la curva Sud è il nostro posto. Forza Milan torna a essere tosto". Nove anni. Lo spazio temporale che contiene i successi di Allegri e altre catastrofi, e dopo tanto vagare ecco l'estate scorsa consolidarsi la coppia di due antichi amici, Boban e Maldini. Sono stati fatti errori nei primi mesi, ma questa sembra l'occasione per ripartire.

RITORNO SALENTINO — Però il Lecce non ha intenzione di fare la vittima designata sulla strada del rilancio rossonero. E niente è come sembra. Un vero grosso rischio arriva all'11' del secondo tempo, quando un errore a centrocampo libera Mancosu in area, ma il recupero di Biglia è strepitoso e il Milan può ripartire. Poi il fallo da rigore di Conti, che tocca la palla con l'avambraccio e rimette tutto in discussione dopo un'ora di gioco. Babacar contro Donnarumma, che para, ma sulla ribattuta il giocatore del Lecce è implacabile. 1-1 e tutto da rifare.

CHE FINALE — Al 22' del secondo tempo escono Rafael Leao e Paquetà, dentro Krunic e Piatek. Più muscoli, più peso per reagire. Subito un'occasione di testa per il polacco, che cerca di sfruttare un bel cross di Krunic, però la difesa pugliese è attenta. Ora lo stadio fischia e ribolle, lo sciopero del silenzio della curva non incide più. Ancora Calhanoglu va vicino al gol mentre i minuti passano. Ci prova Hernandez, ma la partita diventa sempre più nervosa e concitata e Liverani si fa espellere. A poco più di dieci minuti dalla fine entra in campo Rebic, e poco dopo è Piatek a riportare in vantaggio il Milan sfruttando un numero di Calhanoglu. Uno dei migliori in campo, con Hernandez libero di essere se stesso, magari non sempre tatticamente a posto, ma una furia quando si tratta di spingere, attaccare e anche recuperare palla. A proposito di recuperi, Piatek torna al gol su azione, un'altra buona notizia per il Milan in fondo a questa partita complicata. Perché alla fine il Lecce pareggia ancora con Calderoni, e blocca l'attesa inversione di tendenza. Il Milan a tratti è più bello, ma i risultati non cambiano. Anzi.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Fiorentina rallenta ma il Brescia non sorride:
brutto infortunio per Dessena



Poche emozioni e pareggio giusto.
Per i viola sesto risultato utile consecutivo, ma dopo tre vittorie di fila è un piccolo stop


Alessandra Gozzini

Un pari che non fa contento nessuno, o forse fa tutti felici. Il Brescia che in casa conquista il suo primo punto stagionale e la Fiorentina che dà continuità ai suoi risultati: ora sono sei utili consecutivi, tre pareggi e tre vittorie. Nella Fiorentina è tutto come annunciato, con il 3-5-2 che è il marchio di fabbrica della nuova squadra di Montella. Nel Brescia dà forfait Balotelli: guaio al ginocchio che costringe Corini e farlo sedere in panchina. Non è un primo tempo scintillante: pochi tiri in porta, un gol (annullato) e nulli anche i tentativi di rompere l'equilibrio della partita da parte della Fiorentina (che cerca Chiesa in profondità o i cambi di gioco: non riesce nemmeno una delle due strategie) e quelli del Brescia di costruire partendo dal solito Tonali. Riuscirebbe una volta in realtà: quando lo stesso Tonali supera Pulgar in pallonetto e avvia l'azione del vantaggio, che viene però annullato dalla Var che segnala un tocco di mano del numero 4 bresciano nel momento in cui tenta di scavalcare l'avversario con la giocata. Il piatto-gol di Aye (palo-rete) non vale. La Fiorentina pareggia il conto delle occasioni con il suo gioiello del centrocampo, Castrovilli: azione personale che impegna Joronen sul primo palo. Aye di testa su angolo e Lirola in caduta chiudono i quattro tentativi del primo tempo. Decisamente poco. L'intensità della partita è proporzionale al numero di occasioni prodotte: basso. La speranza è di rimandare l'appuntamento con lo spettacolo al secondo tempo quando Corini rientra presentando Balotelli.

DENTRO I CENTRAVANTI — E in effetti il primo brivido della ripresa è di Mario: testa su azione d'angolo, potente e di poco a lato. Stessa scena per la prima occasione viola del secondo tempo: torsione di Pezzella fuori di poco. Ma siamo al 27': in mezzo tutta la solita mole di gioco sconclusionato e una brutta scena, quando sull'entrata di Pulgar Dessena va k.o. e viene portato via in barella. La Fiorentina pareggia anche il conto dei centravanti con Vlahovic dentro per Chiesa e la presenza si sente: un invito al tiro per Ribery e un suo tentativo angolato ma debole. Nel finale tanti errori che avrebbero potuto aprire a qualsiasi soluzione ma anche la partita si era ormai adeguata all'assenza di emozioni: e così finisce, senza emozioni, senza gol.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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22/10/2019 00:30
 
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SERIE A 2019/2020 8ª Giornata (8ª di Andata)

19/10/2019
Lazio - Atalanta 3-3
Napoli - Verona 2-0
Juventus - Bologna 2-1
20/10/2019
Sassuolo - Inter 3-4
Cagliari - Spal 2-0
Sampdoria - Roma 0-0
Udinese - Torino 1-0
Parma - Genoa 5-1
Milan - Lecce 2-2
21/10/2019
Brescia - Fiorentina 0-0

Classifica
1) Juventus punti 22;
2) Inter punti 21;
3) Atalanta punti 17;
4) Napoli punti 16;
5) Cagliari punti 14;
6) Roma punti 13;
7) Lazio, Parma e Fiorentina punti 11;
10) Torino, Udinese e Milan punti 10;
13) Bologna e Verona punti 9;
15) Brescia(*) e Lecce punti 7;
17) Sassuolo(*) e Spal punti 6;
19) Genoa punti 5;
20) Sampdoria punti 4;

(*) Brescia e Sassuolo una partita in meno.
Brescia - Sassuolo rinviata al 18-12-2019 per lutto.

(gazzetta.it)
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Ossigeno Djuricic, il Sassuolo respira.
Solo pali per il Verona



Primi punti in trasferta per De Zerbi, che ferma a tre la striscia di sconfitte di fila.
Juric mastica amaro per i legni di Faraoni e Verre. Ben 10 ammoniti


Il Sassuolo torna a respirare, dopo oltre un mese di sole sconfitte. L'ossigeno di Roberto De Zerbi ha il volto di Filip Djuricic, match winner dell'anticipo della nona giornata di Serie A al Bentegodi contro un Verona volenteroso, ma fermato nella ripresa da ben due pali. Per i neroverdi sono i primi punti in trasferta in stagione e arrivano dopo tre k.o. consecutivi. È anche la prima vittoria senza patron Squinzi, morto il 2 ottobre. Raggiunto in classifica a quota 9 proprio l'Hellas, con una partita in meno, però, da recuperare contro il Brescia.

LA PARTITA — Juric è senza il cervello del suo centrocampo, Miguel Veloso. Arretra così Pessina, con la coppia Zaccagni-Verre dietro all'unica punta Di Carmine. Per De Zerbi l'emergenza difesa continua: senza Ferrari, Chiriches, Tripaldelli e Rogerio, il tecnico neroverde lancia per la prima volta Romagna in mezzo con Marlon, spostando Peluso a sinistra e affidando a Toljan la fascia destra. Il consueto 4-3-3 è però più frequentemente un insolito 4-2-1-3, con Djuricic collante tra mediana e attacco, dove non c'è Caputo ma Defrel. L'inizio è di marca gialloblù, perché il Sassuolo fatica a trovare le distanze tra i reparti: al 7' Consigli copre bene il primo palo sull'incursione di Faraoni, due minuti dopo Di Carmine cicca la girata a due passi dalla porta dopo un bello spunto di Lazovic sulla sinistra. La partita è intensa, l'arbitro Pairetto comincia a sventolare cartellini gialli a destra e manca. Saranno ben 7 già al termine di un primo tempo in cui il Sassuolo pian piano prende ritmo e chiama Silvestri a tre parate importanti: una su Boga al 19' (egoista il franco-ivoriano a non appoggiare al centro per Defrel) e due su Berardi negli ultimi 10'. In mezzo, Consigli è bravo a respingere con i piedi su Amrabat al 40'. Insomma, portieri sugli scudi.

RIPRESA — A inizio secondo tempo, subito un brivido per Consigli, che tocca di quel tanto che basta il diagonale di Faraoni per spingerlo contro il palo. L'Hellas assapora il vantaggio, ma al 5' va addirittura sotto: Boga serve Djuricic che stoppa e dai 20 metri fa partire una saetta all'incrocio. Stavolta Silvestri non ci può arrivare. Un minuto dopo, Verre col sinistro gira in porta, ma a Consigli battuto è ancora il palo a dire di no al Verona. La reazione dei padroni di casa è comunque apprezzabile. Al 10' lo scatenato Verre taglia tutto il campo, quindi consegna ad Amrabat un pallone d'oro, spedito maldestramente in curva dal centrocampista marocchino. De Zerbi capisce che un po' di equilibrio non guasterebbe, e allora fuori l'autore del gol Djuricic e dentro Obiang. Si torna al 4-3-3 vecchia scuola. L'Hellas trova così meno campo aperto davanti e nonostante la carica del Bentegodi, fatica da qui in poi a farsi vedere in avanti con pericolosità. Juric prova a sparigliare il mazzo con la carta Salcedo. È proprio il giovane attaccante ex Inter al 32' a innescare Pessina, ma il centrocampista gialloblù apre troppo il piatto e spreca tutto da distanza ravvicinata. È però una scintilla isolata. Anzi, al 90' è Duncan ad avere la chance del raddoppio, ma il suo tocco mancino sbatte sul palo. Sarebbe stato forse troppo per i padroni di casa.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Dybala non basta: Mancosu-gol e il Lecce frena la Juventus



Partita decisa da due rigori trasformati a inizio ripresa.
Palo di Bernardeschi, infortunato Pjanic, ferito alla testa Higuain.
Primo punto in casa per Liverani


Filippo Conticello

Dalla sua umile dimora torinese Cristiano Ronaldo non avrà gradito: quei difetti seminati attorno a lui sono esplosi tutti insieme qui in Salento. La Juve, a volte, è infatti troppo sciupona e poco cattiva: per mancanza di cinismo butta via tutta la fatica fatta nel costruire la propria ambiziosa architettura di gioco. Il Lecce, che ha strappato nella gara più difficile il primo punto casalingo della stagione, ha invece avuto il merito di risaltare le pecche dei bianconeri: con un rigore di Mancosu ha risposto al penalty di Dybala e si è preso gli applausi del Via del Mare vestito a festa. A distanza, avrà gradito il risultato soprattutto un doppio ex: Conte, leccese e un tempo bianconero, può risuperare Ronaldo.

PRIMO TEMPO — Maurizio Sarri aveva detto che avrebbe usato questa tappa salentina per dare fiato a qualcuno e sperimentare. Quale occasione migliore allora per riabilitare alla causa il “rinnegato” Emre Can, il centrocampista escluso con polemica dalla lista Champions? Nella Juve deronaldizzata il tedesco è la novità assieme al rientro di Danilo a destra. Il tedesco mette la fisicità che spesso non ha questa Signora tendente al ricamo, anche se sull’ultimo passaggio il ragazzo si perde sempre. Nel primo tempo, però, i bianconeri sfondano proprio dalla sua parte, a destra, sull’asse terzino-mezzala: il povero Calderoni, terzino salentino, se li vede arrivare ovunque e sono dolori. Ma i giallorossi di Liverani (squalificato, in panchina Coppola) sono quelli di sempre: una squadra sbarazzina, che gioca a viso aperto, anche a costo di scoprirsi e prendere freddo. Stavolta Tachtsidis fatica ad alzarsi per aggredire Pjanic e così, a parte un tiro di Majer su ennesmo regalino di De Ligt, nel primo tempo il Lecce finisce per concedere un lungo rosario di occasioni: sono quasi tutte figlie di un palleggio stretto che arriva al limite dell’area. E così per l’H e per la D piovono occasioni: un gol di Higuain è annullato dalla Var, un altro di Dybala, assai ispirato, è salvato da un miracolo di Gabriel. Da aggiungere alcune palle scottanti in area mancate dagli attaccanti in ritardo. Nonostante lo 0-0 il primo tempo si chiude con la sensazione che il gol stia arrivando: è in quest’aria che profuma ancora di estate.

LA RIPRESA — Nel secondo tempo salta, invece, il tappo nella maniera che non ti aspetti: un rigore tira l’altro e in un amen il punteggio diventa 1-1. Prima il penalty bianconero causato da intervento spericolato di Petriccione su Pjanic, rivisto con la Var: la trasformazione mancina è di Dybala. E poi ecco il solito fallo di mano di De Ligt: la Juve dovrà risolvere questo problema, mentre il pareggio lo segna Mancosu. In realtà il botta e risposta mette un po’ di pepe, ma non cambia il gusto del match: è sempre la solita Juve che divora un gol con Berna, bravissimo a saltare il portiere prima di colpire il palo a porta vuota. L’infortunio di Mire Pjanic, uscito per un problema alla coscia, cambia la gara, ma può anche mutare questo scorcio di stagione bianconera. In attesa di capire meglio l’entità dell’infortunio dell’uomo chiave bianconero, Sarri inserisce prima Khedira e poi Rabiot per avere più creatività dalle mezzali. Ma la Juve sbatte su un muro e si fa pure male: Higuain, travolto da Gabriel, starà in campo a forza, ma poi lascerà lo stadio in barella dopo la fine. E lo scenario non cambia neanche quando la Juve maestra di palleggio e in preda all’ansia, è costretta a rovesciare palloni in area: il secondo pari in campionato arriva, forse, nella gara in cui la Juve meno se la aspettava. Per la gioia di tutta Lecce, che balla al Via del Mare, e di un leccese trasferito a Milano.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Inter, che occasione persa:
l’ex Karamoh fa male, col Parma è solo 2-2

Non bastano i gol di Candreva e Lukaku: i nerazzurri restano dietro alla Juve in classifica


Valerio Clari


Si è fatta vedere negli specchietti, ha provato a sfruttare la scia, ha cullato l’idea di un sorpasso fino all’ultima curva, poi ha dovuto alzare il piede dall’acceleratore. Niente da fare, manca la sgasata: l’Inter non sfrutta il “giro lento” della Juve e resta dietro. Ai box Conte si agita, ma le “strategie” permettono solo di rientrare sul Parma, lui sì velocissimo nel dritto, con i cavalli non solo di Gervinho, ma soprattutto di Karamoh. Un gol e un assist per l’ex, pareggiati da un gol e un assist per il soldato Candreva per il 2-2 finale. Lukaku infila la sesta (segnatura) e si conferma più concreto che bello a vedersi. Esposito sfiora il gol vittoria da predestinato, a cui fa seguire due errori che Conte non mancherà di fargli rivedere, per tenerlo coi piedi per terra. Il Parma si prende un punto meritato soprattutto in un primo tempo che è un capolavoro tattico.

DOPPIO COLPO — “Il Parma è letale nelle ripartenze” aveva detto Conte alla vigilia. Saperlo evidentemente non basta, perché l’Inter passata in vantaggio con il solito “nuovo” Candreva (sviluppi di un angolo, tiro da fuori con deviazione di Dermaku) si fa rimontare prendendo due ribaltamenti improvvisi. Il primo, invece di bloccarlo, addirittura lo costruisce, con un retropassaggio di Brozovic a Godin (oggi centrale nella difesa a tre) intercettato da Karamoh. Il francesino mai esploso all’Inter si accende a San Siro, rientrando verso il centro e inventando un gran tiro a giro sul primo palo. Non è finita: quattro minuti dopo (siamo al 30’) sfrutta un "buco" di Brozovic, salta Godin con un sombrero, attira Skriniar e poi scarica per Gervinho, che completa il ribaltone sul 2-1. Due gol che partono dal pomeriggio difficile di Brozovic, asfissiato da Kulusevski. Lo svedese classe 2000 in fase d’attacco è un po’ rifinitore e un po’ falso nueve (out Inglese e Cornelius), aprendo spazi alle due frecce, ma quando l’Inter ha la palla si incolla ad Epic. Quando va male rallenta la costruzione nerazzurra, quando va bene ci scappa la ripartenza. Il Parma al 45’ non è in vantaggio per caso, ha tirato verso la porta 10 volte.

PRIMI PARI — L’Inter invece trova pochi spazi davanti, trova raramente Lautaro (un assist per Gagliardini, un colpo di testa, un rigore reclamato) e quasi mai Lukaku. La creatura di Conte pende a destra, attacca spesso dalla parte di Candreva. Gagliolo per un tempo regge, poi tutto il Parma dopo l’intervallo si trova di fronte un’Inter diversa. Il pacato discorsetto di Conte (facile immaginarselo così) funziona, perché i più anestetizzati si risvegliano. Barella cresce (una costante), Biraghi attacca (una novità), al 7’ arriva il pareggio. Azione arrembante e avvolgente, con Brozovic che dal centro trova Candreva in area: cross basso, controllo difficile e girata pronta di Lukaku per il 2-2. L’arbitro prima annulla per fuorigioco di Candreva, poi dopo lunga consultazione del Var convalida. Sembra l’inizio di una mareggiata, anche perché arriva subito un’altra ondata con Lautaro, invece la carica nerazzurra viene contenuta dal Parma, che ha tanti meriti, fra cui quello di scomporsi poco. Conte inserisce De Vrij per Godin (non felicissimo), poi Esposito per Lautaro (debutto in A per Seba) e Politano per Gagliardini. E’ il più giovane, con un tiro al volo a centimetri dal secondo palo, ad andare più vicino al gol del sorpasso, a Parma e Juve. Ma il finale con collezione di angoli non basta, D’Aversa trova a San Siro il primo pareggio stagionale, Conte il primo pari in campionato, la Juve resta davanti.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Thiago Motta, esordio da favola: batte il Brescia con i tre subentrati



Dopo il gran gol di Tonali nel primo tempo, i rossoblù, trasformati, rimontano con Agudelo, Kouamé e Pandev


Filippo Grimaldi

Ci vuole un fenomenale Kouame, e subito dopo una perla di Pandev (su assist dell’ivoriano) per rovesciare una partita in cui il Genoa pareva destinato a soccombere dopo il gol-capolavoro su punizione nel primo tempo di Tonali. La ripresa, invece, capovolge completamente una sfida che i rossoblù di Thiago Motta, alla prima in panchina, hanno la forza di far girare dalla loro parte grazie anche ai due cambi in attacco. Il Brescia torna a casa senza punti, ma con l’unico torto di non avere avuto la lucidità per chiudere la partita già nel primo tempo, quando i padroni di casa – subìto il gol dell’azzurro – sono crollati innanzitutto sul piano mentale.

RIPARTENZA — Ne esce così una vittoria pesantissima per i genoani, reduci da cinque sconfitte nelle precedenti sei gare di campionato. Lo zero a uno iniziale è una prodezza di Tonali che sorprende Radu e premia la prestazione nei primi 45’ degli ospiti, contro un Genoa rivoluzionato sul piano del modulo (un inedito 3-4-2-1) e degli uomini (Gumus al debutto, Cassata alla seconda gara in campionato e Radovanovic arretrato al centro della difesa). Il Brescia è attento a non scoprirsi in difesa, ben organizzato in mezzo e pronto a colpire davanti, anche perché questo Genoa a due facce inizialmente tiene il baricentro molto (troppo) basso. Il risultato è che la squadra di Corini (dopo una buona occasione sprecata da Ayè) fa e disfa a suo piacimento. Romulo spinge forte a sinistra, il Genoa si affida quasi esclusivamente alle ripartenze veloci di Gumus: il tedesco calcia centrale al 28’, ma non basta a far saltare una difesa ospite che perde poi Chancellor prima dell’intervallo (sostituito da Gastaldello), ma non una sostanziale buona tenuta.

PERLA — Per sbloccare una gara che non riesce mai a salire di livello, ci vuole una punizione-capolavoro di Tonali al 34’ del primo tempo, che sorprende dalla sinistra Radu e porta gli ospiti in vantaggio. Il Genoa accusa il colpo, piovono i primi fischi, e l’unico segno di risveglio è una nuova palla-gol per Gumus a metà gara, respinta da Joronen.

RISVEGLIO — Servirebbe altro per far paura al Brescia, ma il Genoa pare non avere i mezzi per riuscirci, né – aspetto ancora più pericoloso – il carattere. Thiago Motta gioca la carta Agudelo ad inizio ripresa (fuori Radovanovic). Ankersen (3’) impegna Joronen a terra, però ai padroni di casa manca la continuità nella manovra. Il Brescia prova a ripetere la prestazione del primo tempo: non si chiude, pressa con attenzione, pronto a colpire. Ma non fa i conti con le mosse azzeccate da Thiago Motta, che butta dentro Pandev e Kouame. L’ivoriano colpisce subito un palo, ed è il segnale della riscossa genoana. Il sinistro dalla distanza di Agudelo riporta la gara in parità, e in successione, di fronte a un Brescia che sbanda vistosamente, arrivano il gol di Kouame (splendida rovesciata su cross di Ghiglione) e poco dopo il sinistro a giro di Pandev. Tre a uno per i rossoblù e festa grande al Ferraris. C’è ancora il tempo per un altro palo di Schone. Il futuro, adesso, fa meno paura. Il Brescia può solo prendersela con se stesso.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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