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Campionato di Calcio Serie A 2020 - 2021. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

Ultimo Aggiornamento: 27/05/2021 00:19
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ilpoeta59, 15/10/2020 07:29:


Juventus - Napoli 3-0 (a tavolino)



Ok, le regole sono regole ma esistono anche cause di forza maggiore...e poi quella del Covid è una ruota che gira...oggi a me domani a te! [SM=x1583484]




Infatti l'Inter ha perso il derby con parecchi giocatori out per Covid, ma ha giocato...
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Questo Napoli è uno spettacolo:
Lozano-show, Atalanta travolta 4-1



Gli uomini di Gattuso giocano un primo tempo devastante: a segno il messicano (doppietta), Politano e Osimhen.
Nella ripresa il gol di Lammers alleggerisce un po' il passivo


Andrea Elefante

Una botta di (ulteriore) autostima per il Napoli, una botta di umiltà per l’Atalanta, arrivata al San Paolo da capolista a punteggio pieno: il 4-1 finale dà perfettamente l’idea di una partita che non è stata una partita. E rilancia le ambizioni del Napoli, senza ridimensionare, ma rinviandole a nuovi test, quelle dell’Atalanta. Troppa superiorità da parte della squadra di Gattuso, perfetta nel primo tempo e tutto sommato saggia nella ripresa; troppo brutta per essere vera, soprattutto nei primi 45’, quella di Gasperini. Se è stata solo una giornata no, lo è stata in tutto: atteggiamento (al contrario del Napoli), lucidità, fluidità di gioco, fase difensiva, errori singoli (in particolare dei centrali, appunto).

LE SCELTE — Gattuso conferma la scelta del 4-2-3-1, con il debutto di Bakayoko davanti alla difesa, assieme a Fabian Ruiz; Politano, Mertens e Lozano alle spalle di Osimhen. Gasperini rilancia Ilicic dopo quasi cento giorni di assenza, e subito da titolare: gioca l’"attacco tipo" della scorsa stagione, con Gomez e Zapata. Per il resto il tecnico rinuncia ai tre giocatori scesi in campo in tutte le partite delle rispettive nazionali: Djimsiti, Freuler e Hateboer. A centrocampo dunque Pasalic per lo svizzero e la "sorpresa" Depaoli per l’olandese; in difesa c’è Romero (da centrale) al posto dell’albanese, al fianco di Toloi e Palomino.

PRIMO TEMPO — I primi 45’ non sono stati una frazione di una partita di calcio, ma un’esecuzione: tre gol del Napoli in 8’ scarsi, il quarto poco prima dell’intervallo, per spegnere anche la speranza dell’Atalanta di una ripresa da giocare alla ricerca di una rimonta. Il Napoli, per quanto aveva già dominato, ha segnato anche troppo tardi rispetto a quanto avrebbe potuto. E meritato per come, da subito, ha impedito all’Atalanta di essere se stessa, di organizzare il gioco con il quale aveva vinto tre partite su tre. Ritmo infernale, pressing non altissimo ma chirurgico, ripartenze micidiali, e sempre con tanti uomini. L’Atalanta, con Gomez più play che trequartista (quasi un 3-5-2 piuttosto che un 3-4-1-2), ha visto il suo palleggio sporcato sempre, senza mai riuscire a guadagnare la metà campo avversaria: Zapata cancellato, Ilicic in difficoltà ad assistere con le gambe le sue idee e Napoli come un’onda crescente. Dopo una girata fuori di Lozano e un tiro centrale di Osimhen, il primo gol è arrivato proprio dopo aver scampato l’unico pericolo, con percussione di Gomez con sinistro fuori di pochissimo. Subito dopo, sliding doors: Politano si beve per l’ennesima volta Gosens, in grande difficoltà, vede la sovrapposizione di Di Lorenzo, il cui cross, solo spizzato in uscita da Sportiello, viene corretto in gol da Lozano. Che raddoppia 4’: Palomino e Romero saltano a vuoto su Osimhen, la palla arriva a Lozano che sorprende Toloi e Sportiello sul palo lontano. Il tiro al bersaglio viene completato 3’ dopo da un sinistro di Politano, praticamente indisturbato e la giornata tragica dei centrali "rifinita" da Romero, che al 43’ salta a vuoto su rinvio di Ospina: la palla arriva a Osimhen che fa poker, stavolta cogliendo impreparato anche Sportiello. E l’Atalanta? Reazione praticamente nulla: solo un tiro innocuo di Toloi, mentre il Napoli prima del 4-0, aveva impegnato Sportiello altre due volte, con Osimhen e Politano.

SECONDO TEMPO — Gestione, per entrambe. Il Napoli può limitarsi a governare il risultato abbassando il baricentro, Gasperini sceglie di pensare anche alla Champions, dunque alla gara di mercoledì in Danimarca. Fuori subito Zapata, oltre che Palomino, e dopo 10’ anche Gomez, sostituito da Lammers. Con l’ingresso di Mojica e Djimsiti un’inedita difesa a quattro (tre e mezzo con le salite di Gosens) e un 4-4-2, con Toloi e Gosens (posizione poi invertita con il colombiano) laterali di difesa e davanti Ilicic con il Papu, e poi con l’olandese. Che segna il 4-1 al 24’, sette minuti dopo il possibile 5-0 del Napoli con tiro di controbalzo di Mertens e grande parata d’istinto di Sportiello: l’Atalanta dà un senso offensivo alla sua partita con un’azione personale di Romero che ruba palla nella sua trequarti a Bakayoko, bypassa in percussione centrale Koulibaly e regala a Lammers, freddissimo, l’assist per il suo secondo gol italiano. Ma non è giornata da rimonte, anche perché un sinistro di Malinovskyi, subito dopo il 4-1, finisce fuori e il Napoli, dopo un momento di calo dell’intensità, riorganizza in fretta un assetto più prudente e non rischia più nulla, a parte un colpo di testa di Gosens alto, su cross di Mojica. Anzi, sfiora ancora il quinto gol, e ancora con Lozano, fermato ancora da Sportiello.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Fenomeno Ibra: fa doppietta in 3’,
stende l’Inter e il Milan vola in testa da solo

Lo svedese segna due gol e trascina i rossoneri.
A Conte non basta Lukaku: Pioli primo in classifica


Davide Stoppini


Quattro anni e nove mesi di attesa, il Milan torna a vincere un derby di campionato. E lo fa nel segno di Ibrahimovic - chi sennò? - che con una doppietta manda in Paradiso Stefano Pioli, al primo derby vinto in carriera, solo in testa alla classifica a punteggio pieno. Si ferma l’Inter, a cui non basta la rete di Lukaku che nel primo tempo aveva provato a riaprire un match indirizzato fin dai primi minuti.

COME UN ANNO FA — Dov’eravamo rimasti, con i derby di Milano? A quello di febbraio, con il Milan che partì a mille all’ora. Ecco, replica servita, l’avvio è tutto rossonero, con qualche pizzico di lucida follia interista. Come quella di Kolarov, che all’11’ con un intervento scriteriato in area atterra Ibrahimovic. Rigore inevitabile, che Ibra prima si fa parare da Handanovic, salvo depositare in rete la respinta del portiere sloveno. Milan avanti. E in completo controllo, con un Calhanoglou che fa quel che vuole sulla trequarti nerazzurra. Ed è proprio il 10 di Pioli, al 16’, a innescare di prima Leao sulla sinistra, il portoghese salta D’Ambrosio senza problemi e crossa ancora per Ibra, che sul secondo palo facile facile fa 2-0, con un Kolarov ancora una volta difettoso. L’Inter? Non c’è, Conte urla dalla panchina e la prima reazione è in un destro facile al 18’ di Lukaku per Donnarumma. Serve una scintilla per tornare in partita. Arriva al 29’: Kolarov ha campo davanti e avanza fino ai 20 metri, servizio per Perisic che mette in mezzo, Donnarumma devia ma non abbastanza, Lukaku mette dentro a porta vuota. Cambia l’aspetto psicologico, ora i nerazzurri ci credono di più. Al 32’ doppia occasione: prima cross al bacio di Hakimi per Lautaro, il cui colpo di testa viene salvato poco prima di entrare in porta da Kjaer. E poi, pochi secondi più tardi, combinazione veloce Lukaku-Lautaro che porta al tiro Barella, centrale per Donnarumma. Il Milan si risistema, Calhanoglu va via a Brozovic ma non trova il tempo del cross, dall’altra parte prima Lautaro non spaventa Donnarumma (44’), poi in pieno recupero, su angolo di Brozovic, Lukaku fallisce un comodo colpo di testa per il 2-2.

RIPRESA — Si riparte senza cambi. Lo squillo lo tenta subito Hakimi, che al 3’ prende il tempo a Hernandez e punta Donnarumma, sbagliando poi il facile assist per Lukaku. Pericolo che porta pure dall’altra parte Leao: minuto 11, Kessie fa viaggiare il portoghese che si accentra e fa partire un destro che sfiora il palo di Handanovic. Dall’altra parte, ancora Hakimi: minuto 14, cross al bacio di Vidal, Hakimi va in tuffo di testa e mette fuori un 2-2 che pareva fatto. Il predominio del gioco è nerazzurro, il Milan si muove in ripartenza. Kjaer mura Barella in angolo al 17’, Pioli fa i primi due cambi: fuori Leao, dentro Krunic, fuori Saeemakers e in campo Castillejo. Dall’altra parte Conte chiama Eriksen: è il 22’, dentro il danese e fuori Brozovic. Ma è il Milan a sprecare: al 27’ Barella sbaglia un retropassaggio, Castillejo si intromette e manda in porta Krunic, che però solo davanti ad Handanovic, leggermente defilato sulla sinistra, spedisce alto. Neppure un minuto ed è giallo nell’altra area: Donnarumma atterra Lukaku, l’arbitro fischia rigore ma dopo suggerimento del Var annulla la decisione fischiando il fuorigioco. Kjaer ha una buona chance di testa, Conte invece gioca la carta Sanchez: esce Vidal, tridente schierato per gli ultimi sette più recupero. Subito dopo è Castilejo a spedire alto l’ennesima grande sponda di Ibrahimovic. Nel Milan esce Kessie per Tonali, siamo al rush finale. All’ultimo giro di orologio ci prova Perisic, alto di testa. Cinque minuti di recupero. C’è tempo per altre due chance targate Lukaku, che al 48’ spreca il 2-2, dopo un’ottima combinazione con Lautaro, e all’ultimo respiro ci prova con il tacco in mischia, bloccato da Donnarumma. Non c’è più tempo, è festa Milan.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Festa Samp contro la Lazio: 3-0.
Per un super Augello assist e primo gol in A



Del solito Quagliarella e di Damsgaard le altre reti.
I biancocelesti, scesi in campo con una formazione fortemente rimaneggiata, sono apparsi sottotono


Filippo Grimaldi

E dopo la Viola, la Samp, con una delle migliori prestazioni nella gestione-Ranieri, fa un’altra vittima illustre, una Lazio sopraffatta dai blucerchiati. Samp che s’impone per 3-0, con Augello grande protagonista: un assist per Quagliarella e un gol. Per i biancocelesti la parziale di molte (troppe) assenze illustri, a cominciare da Immobile, ma che sul piano del gioco e dell’intensità subisce nettamente alla distanza il maggiore vigore dei blucerchiati. La tradizione maledettamente sfavorevole alla Samp contro la squadra di Simone Inzaghi stavolta finisce nel cassetto (una vittoria nelle precedenti diciassette sfide contro i biancocelesti), perché il campo ha detto ben altro. Se queste sono le premesse, il Borussia Dortmund deve mettere più d’una preoccupazione addosso alla Lazio. Di fatto la Samp (con i nuovi Keita e Silva in panchina) ha bissato l’ottima prova di Firenze prima della sosta, legittimando il successo già nel primo tempo.

PRESSIONE E MODULO — Che potesse essere una serata di gloria s’era intuito già all’inizio, con i padroni di casa più agili ed efficaci nella ricerca della profondità ed una Lazio soltanto all’apparenza in grado di fare densità gestendo la partita con un giro palla in realtà poco efficace. Non solo: la squadra di Ranieri, ha abiurato quasi subito il suo ordinario 4-4-2 sposato sin qui, proponendo un 4-2-3-1 tanto inedito quanto efficace. Thorsby ed Ekdal si sono piazzati da schermo davanti alla difesa, con Candreva-Ramirez-Jankto alle spalle di Quagliarella. Nessun azzardo, ma una mossa geniale che ha soffocato spesso sul nascere i tentativi di ripartenza dei biancocelesti. Gara senza sussulti sino al 19’, quando Tonelli ha chiuso in modo provvidenziale su Correa lanciato a rete. Lì la Samp ha preso gradualmente il sopravvento, piazzando il primo sigillo al minuto 33, dopo un’efficace sgroppata di Augello sulla sinistra (ahi, Parolo, ma anche la difesa s’è fatta sorprendere…), che ha servito un assist per il capitano piazzato a centro area, trasformato di testa in gol da Quagliarella, a segno per la terza gara di fila. Lazio sorpresa, Samp aggressiva: e così sette minuti dopo è arrivato il bis del sinistro blucerchiato, con un rasoterra dalla distanza che ha sorpreso ancora Strakosha.

SI CAMBIA — L’ingresso di Marusic per Parolo serve per limitare la spinta di Augello. Inzaghi rinuncia poi a Caicedo e Hoedt (dentro Muriqi e Vavro), mentre Ranieri fa debuttare Silva in mediana al posto di Ekdal. Ma il gioco degli ospiti non decolla: la Lazio va a sprazzi, la Samp è attenta nella gestione del vantaggio, ma senza abbassarsi troppo. Certo, alla Lazio è mancata anche un po’ di fortuna: il diagonale di Correa (25’) ha sfiorato il palo alla destra di Audero, poi la conclusione di Milinkovic (27’) s’è spenta a lato. Ma la Samp s’è ripresa poi la scena quasi alla mezz’ora quando il ventenne Damsgaard su una ripartenza blucerchiata e un primo tentativo di Quagliarella salvato da Strakosha, ha trovato il 3-0 finale. E’ il gol più giovane in questo campionato. Festa Samp, dunque, chiusa dal doppio riflesso decisivo di Strakosha su Verre e sul debuttante Keita (quanta sostanza), l’altro ex laziale della Samp insieme a Candreva.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Pirlo, così la Juve non va:
non basta Morata, il Crotone strappa il pari

Sotto per il rigore di Simy, i bianconeri pareggiano con lo spagnolo.
Espulso Chiesa nella ripresa. La Var cancella il raddoppio dell’ex Atletico


Francesco Fontana


Un ottimo Crotone frena una Juventus non ancora “vera”: numeri e occasioni alla mano l’1-1 dello “Scida” rispecchia quanto visto in un match, tutto sommato, equilibrato. Si porta a casa un punto meritato Stroppa, bravo e intelligente nel sorprendere un Pirlo in vena di esperimenti (titolare il giovane Portanova) e che al 60’ rimane in inferiorità numerica per l’espulsione di Chiesa (duro intervento su Cigarini). I gol arrivano nei primi 45’: Simy apre su rigore (Bonucci atterra Reca), Morata pareggia da bomber su assist proprio di Chiesa. Per il Crotone arriva il primo punto in campionato, i campioni d’Italia salgono a quota 8 in classifica (come il Napoli), a -1 dall’Atalanta e a -4 dal Milan.

PIRLO LANCIA PORTANOVA — Formazioni: per Buffon arriva la 650esima presenze in Serie A. È questo il regalo di Pirlo, che concede a Szczęsny un turno di riposo in vista della Champions League (martedì si gioca a Kiev). Dietro tira il fiato Chiellini, con Danilo e Bonucci c’è Demiral. La sorpresa è Portanova, che obbliga Cuadrado alla panchina: largo a destra nel 3-4-2-1 bianconero ecco Chiesa, il classe 2000 si piazza là davanti con Kulusevski alle spalle di Morata, l’unica punta (out Cristiano Ronaldo, causa Covid-19). Per il resto, nessuna sorpresa: Frabotta a sinistra, in mezzo coppia Bentancur-Arthur. Il Crotone punta su Messias e Simy in attacco con Pereira, Molina, Cigarini, Vulic e Reca a centrocampo. In difesa, davanti a Cordaz, Magallan, Marrone (ex di turno) e Luperto. Arbitra Fourneau di Roma.

APRE SIMY, MORATA-GOL — Parte forte il Crotone (Simy pronti-via ci prova dal limite, palla fuori al 2’) e nei primi 10’ concede pochissimo, anzi, nulla alla Juventus. E puntuale, al 12’, arriva il vantaggio: Reca anticipa Bonucci, che in ritardo lo manda giù (giallo per il difensore bianconero). Fourneau non ci pensa due volte e indica il dischetto. Proprio Simy spiazza Buffon, il Crotone passa. La Juve prova a prendere le misure, con il passare dei minuti alza il ritmo e al 22’ arriva il pareggio con un cross dalla destra di Chiesa, bravissimo a cogliere Morata al centro che in spaccata, da bomber, non sbaglia: 1-1 e si riparte. Nella seconda parte del primo tempo ci prova due volte Portanova: al 39’, dalla distanza, non preoccupa Cordaz (conclusione a lato), al 42’ – su assist super di Morata – viene chiuso dal portiere del Crotone, attento in uscita bassa. Il risultato non cambia, anche perché Buffon - in bagher - si oppone a Pereira.

CHIESA OUT, ALVARO-VAR — Si ricomincia con la Juve subito pericolosa con il controbalzo di Bentancur che sfiora il palo alla destra di Cordaz, il Crotone risponde al 51’ con Messias che, da ottima posizione (in pratica, dall’area piccola), cicca non colpendo la palla. Brivido per Buffon, è ancor più grande quello al 54’: Cigarini dal limite la manda alta di pochissimo. Soffre la Juve e Pirlo cambia (out Portanova, dentro Cuadrado), ma al 60’ rimane in dieci per il rosso di Chiesa, espulso per un fallo in ritardo su Cigarini. Tre minuti dopo a tremare è Cordaz, che viene graziato dal palo sul gran colpo di testa di Morata. La partita è viva, vivissima: i 970 spettatori dello “Scida” si divertono. Tocca a Bernardeschi (altro ex del match) e Rabiot, sotto la doccia Kulusevski e Arthur. Dall’altra parte a Rispoli e Siligardi, fuori Pereira e Vulic. La Juve assapora la vittoria quando passa a 15’ dalla fine, ma il tap-in di Morata sul bell’assist di Cuadrado viene annullato dalla squadra-Var (spagnolo in fuorigioco millimetrico sul cross di Cuadrado). I rossoblù resistono anche nei 7’ di recupero, alla fine il pareggio li premia: Pirlo si augura di vedere, martedì a Kiev, una Juve decisamente diversa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Sassuolo, rimonta pazzesca a Bologna!
Da 3-1 a 3-4 in 13 minuti: ora è secondo



Caputo, Djuricic e un autogol di Tomiyasu ispirano il successo di Zerbi,
alla terza vittoria di fila. Soriano, Svanberg e Orsolini illudono Miha


Matteo Dalla Vite

Nel match del vivi e lascia vivere, del gioca e lascia giocare, il Sassuolo dimostra di avere più forza mentale e - soprattutto – di saper sfruttare al meglio le dormite altrui. Avanti per 3-1 con Orsolini che fa il gesto di zittire tutti dopo il gol (tutti in tribuna o altrove?), il Bologna si ammutolisce e si squaglia davanti ai cambi di De Zerbi (da 4-2-3-1 a 3-4-3) e soprattutto dalla forza persuasiva dei suoi che anche se sotto di due reti martellano e giocano come non ci fosse un domani. Così, da 1-3 il Sassuolo passa in 15’ a condurre grazie a Djuricic, a Caputo che sfrutta un liscio in area e poi a un autogol di Tomiyasu beffato da un’uscita malconcia del proprio portiere. Sassuolo a 10 punti e che sfiora il quinto gol con Maxime Lopez, Bologna che resta a tre e con la faccenda che diventa bollente perché sabato prossimo andrà a casa-lazio.

SETTE E TRENTASETTE — Sette occasioni da gol nel primo tempo e 2-1 per il Bologna. De Zerbi recupera Chiriches e forma la soluta coppia con Ferrari; davanti piazza Traoré largo e Djuricic al solito dietro l’unica punta Caputo; a destra il solito Berardi, che alla prima palla infilerà il momentaneo 1-1 con la doppia complicità di Hickey (che gli sta a otto metri, non schermandolo) e Skorupski che non legge un tiro diabolico ma intuibile. L’inizio è del Bologna con gol dopo appena dieci minuti: bella azione portata avanti da Orsolini, appoggio a Palacio che porta a sé due giocatori del Sassuolo servendo in maniera magistrale Soriano in mezzo all’area, libero, per l’1-0 e il terzo gol in questo campionato del trequartista di Mihajlovic. Dopo il vantaggio il Sassuolo alza pressione e baricentro, si avvicina al gol con Kyriakopoulos e Berardi, che al 18’ mette tutti in equilibrio: palla che parte da un versante e arriva all’altro, il capitano del Sassuolo entra nel campo, mira l’angolo e – né schermato e né letto – infila l’angolo opposto non coperto da Skorupski. Uno a uno e trantasettesima gara di fila in cui il Bologna prende gol. E’, questa, la fase in cui al Sassuolo le cose riescono meglio ma il Bologna ha carattere e attenzione: Schouten in mezzo è decisivo e poco fallibile, Tomiyasu si vede ribattere un colpo sottoporta e alla fine proprio da una palla recuperata dall’olandese nasce l’azione (bella anche questa) del 2-1: Barrow, Palacio, assist di Soriano e Svanberg infila il suo secondo gol in serie A piegando in diagonale Consigli.

MENTALITÀ — Il Bologna sa dominare ma non troppo: perché dopo un’occasione di Barrow ecco esondare il Sassuolo con Berardi due volte neutralizzato da Skorupski. E’ in quel momento che, minuto 15, arriva il 3-1 di Orsolini dopo ingenuità di Locatelli. Sembra fatta per il Bologna che però si squaglia: De Zerbi cambia volto alla squadra, 3-4-3 con dentro Ayhan, Raspadori e Lopez; la rimonta comincia. Un assist di Caputo manda in rete Djuricic, poi Palacio liscia in area propria un angolo banale che sbilancia tutti e favorisce Caputo che di testa infila il 3-3. Finta? Macché: un cross da sinistra Kyriakopoulos passa fra le gambe di Mbaye, Skorupski non lo trattiene e Tomiyasu con foga arriva da dietro e sbatte il pallone in rete. Inutili i tentativi di un Bologna che mentalmente è troppo fragile per essere vero e applausi al Sassuolo che non molla mai un centimetro di volontà e di campo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Fiorentina parte a razzo, poi si spegne.
Pari Spezia con Verde e Farias

In 4 minuti Pezzella e Biraghi a segno, poi i viola si adagiano e vengono rimontati dai liguri.
Callejon debutta nel finale


G.B. Olivero


Non bastano due gol nei primi quattro minuti alla Fiorentina, che a Cesena viene raggiunta dallo Spezia e rischia addirittura di perdere. I viola sono apparsi ingenui e un po’ presuntuosi nella gestione della gara che sembrava risolta in avvio e che invece ha trasmesso indicazioni preoccupanti per Commisso. Il centrocampo di qualità non ha funzionato, la difesa ha pagato errori individuali e l’attacco ha creato troppo poco. La panchina di Iachini non sembrava particolarmente salda già prima di questa partita, può darsi che adesso qualche riflessione in casa viola cominci. Lo Spezia, invece, ha mostrato grande carattere e la capacità di risalire con calma dopo gli errori che avevano in pratica consegnato la partita alla Fiorentina. Determinante l’ingresso nella ripresa di Nzola, che non ha segnato ma è stato tatticamente fondamentale per la crescita di tutto il gruppo.

PRIMO TEMPO — Pronti, via e la Fiorentina fa addirittura due gol. Al 2’ Biraghi batte un corner, Milenkovic fa scattare il blocco, Deiola si perde Pezzella che segna di testa senza nemmeno faticare. Al 4’ Vlahovic si allarga sulla destra, attira Chabot fuori dall’area, innesca Lirola il cui cross trova dalla parte opposta Biraghi pronto alla conclusione vincente. Due sberle che fanno male e infatti lo Spezia resta stordito per un po’. La Fiorentina potrebbe infierire, ma colpevolmente non lo fa giocando in modo un po’ troppo lezioso sulla trequarti. Ribery è sempre uno spettacolo però a volte non si capisce con i compagni e allarga sconsolato le braccia. Lo Spezia fatica a trovare spazi nell’area viola anche perché l’assenza di Galabinov toglie parecchie certezze. L’unica soluzione che sembra produrre qualcosa è il lancio lungo a scavalcare la difesa quando c’è un po’ di campo tra la terza linea viola e Dragowski. Così Gyasi riesce a servire Piccoli davanti alla porta, ma il giovane attaccante manca il tocco decisivo. Al 39’ un’azione simile consente allo Spezia di tirare per la prima volta in porta e di segnare: Terzi lancia lungo verso Verde, che è in chiara posizione di fuorigioco. Caceres, però, commette un gravissimo errore tecnico toccando appena il pallone e non riuscendo a rinviarlo. Il suo maldestro intervento sana la posizione di fuorigioco di Verde, che avanza e segna comodamente.

SECONDO TEMPO — Lo Spezia cresce e costringe la Fiorentina a cercare spazi in contropiede. Al 18’ della ripresa Lirola mette sui piedi di Castrovilli la palla per chiudere la partita, ma il gioiello viola conferma di essere in una pessima giornata e manca il tocco decisivo. I cambi rivoluzionano le squadre e lo Spezia trova energie importanti in Nzola, Ferrer e Farias. Al 23’ Nzola vince un contrasto con Pezzella e serve Farias che da ottima posizione prova il tiro a giro ma non centra la porta. Lo stesso Farias si fa perdonare dai suoi compagni al 30’ quando di punta trova l’angolino dopo un’azione di corner e una corta respinta di Igor, subentrato all’infortunato Pezzella. Iachini, dopo aver inserito Cutrone al posto di Vlahovic, fa debuttare Callejon e nel finale si affida anche a Kouame, ma a sfiorare la vittoria è lo Spezia con una girata volante dell’ottimo Nzola. La palla finisce sul fondo per pochi centimetri, ma probabilmente il pareggio non rimanderà il processo a Iachini.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Al Toro non basta un super Belotti, colpaccio Cagliari con Simeone



Inutile la doppietta del Gallo, terza sconfitta in tre gare per i granata.
Joao Pedro e il Cholito lanciano i sardi


Mario Pagliara

Un Cagliari sbarazzino e piacevole rompe l’astinenza e brinda alla prima vittoria di questo campionato (2-3), grazie a uno squillo di Joao Pedro e alla doppietta di Simeone. Il Torino cade per la terza volta consecutiva, a nulla basta la doppietta di Belotti, ed è ancora a secco di punti: il progetto di Giampaolo è ancora embrionale, c’è tantissima strada da fare. Granata poi anche autolesionisti: si fanno praticamente due gol da soli, prima con Lyanco (scivola e spalanca la porta all’1-2) poi con la frittata di Sirigu (sul 2-3). Semaforo verde invece per Di Francesco: il suo Cagliari cresce e gioca.

96 VOLTE GALLO — Non si potrà certo dire che il Toro non abbia approcciato la sfida con la testa giusta. A dimostrare la tesi c’è il vantaggio granata arrivato dopo appena 4 minuti: l’incursione della novità Lukic (schierato trequartista, Verdi in panchina) su lancio di Rodriguez brucia sullo scatto Godin. Atterramento e rigore: dal dischetto Andrea Belotti firma l’illusione che per i tifosi del Toro sarebbe stata una domenica pomeriggio in discesa. Per il Gallo è il suo 95° gol con il Torino in tutte le competizioni, l’82° in Serie A coi granata. Come nel più classico dei paradossi, il vantaggio ha come l’effetto di anestetizzare le gambe del Toro e scatenare l’orgoglio del Cagliari.

DISASTRO LYANCO — Sarà stato pure sorpreso, ma il Cagliari di Di Francesco sa esattamente cosa fare e come riprendere la partita. Inizia subito a proporre il suo calcio, sulle ali di 4-2-3-1 dinamico e arioso: tanto palleggio, ma mai sterile; incursioni devastanti soprattutto sulla destra con Nandez che presto diventa imprendibile. I sardi si allargano e accorciano, occupano con armonia tutto il campo in lunghezza e larghezza, e presto fioccano anche le occasioni aiutate da un disastroso Lyanco (seconda novità di giornata nell’undici granata, preferito a Bremer come difensore centrale in coppia con Nkoulou). Dopo nove minuti, ad esempio, Simeone fallisce una prima occasione a Sirigu battuto e a porta spalancata: non inquadra lo specchio, l’errore è grave. Passano tre minuti e Joao Pedro trova il pari: sugli sviluppi di un calcio d’angolo, Joao Pedro si ritrova solo davanti al portiere con Lyanco che lo guarda appoggiare la palla in porta. Lo stesso brasiliano insieme a Vojvoda ha la responsabilità di tenerlo in gioco, oltre che di averne perso la marcatura. Ma la frittata – quella più grossa – deve ancora arrivare. Minuto 19’: Nandez mette una palla apparentemente innocuo al centro dell’area del Toro, Lyanco è in anticipo ma da solo scivola goffamente e offre a Simeone un rigore movimento. Per lui è un gioco da ragazzi fare l’1-2. Fino alla conclusione del primo tempo il Toro non riesce più a reagire, il Cagliari gioca con piacere e costrutto.

A CRESTA ALTA — L’avvio della ripresa sembra una fotocopia del primo tempo: Toro nuovamente aggressivo, quasi rinato e nuovamente subito in gol (ancora al 4’): Vojvoda sfonda a destra, assist forte e teso raccolto da Belotti che con un incrocio perfetto realizza la sua seconda doppietta consecutiva in campionato (la prima all’Atalanta prima della sosta) e costringe ad aggiornare nuovamente le sue statistiche: i gol in granata salgono a 96, di cui 83 in Serie A.

DOPPIO SIMEONE — E’ in questa fase della sfida che si cominciano a intravedere i concetti del progetto di Giampaolo, con un Toro più rapido di testa e di gambe, capace di aprire il gioco (soprattutto a destra) e di sfondare centralmente. Dall’altra parte il Cagliari non esce affatto dalla gara: inizia a guardarsi le spalle, senza mai rinunciare alla propensione offensiva. Il risultato è una ripresa bilanciata e molto più gradevole. L’equilibrio è rotto al 28’ da un pasticcio di Sirigu, il primo da quando è al Torino: Nandez scocca un potente traversone rasoterra dalla destra, Sirigu si accascia ma non trattiene, favorendo il tap-in di Simeone (doppietta). Nel finale espulso dalla panchina il portiere Vanja Milinkovic Savic per proteste. E c’è anche il tempo per annotare un errore clamoroso di Verdi e un miracolo di Cragno in pieno recupero su una splendida rovesciata di Belotti. Ma solo il Gallo non può bastare.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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19/10/2020 00:22
 
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Errori, occasioni, gol.
E all'87' Pussetto fa gioire Gotti.
Tra Udinese e Parma finisce 3-2

Primi tre punti per i friulani. In gol Samir, Iacoponi (autorete) e Pussetto per la squadra di casa.
Hernani e Karamoh per i ducali


Alex Frosio


L’Udinese si sblocca: lascia quota zero battendo il Parma - comunque encomiabile considerata la rosa ridotta dal Covid – e guarda con più ottimismo il futuro. Il mercato ha cambiato la squadra di Gotti, che da anni non era così ricca di alternative e probabilmente anche di qualità. Senza i sei contagiati, Liverani accorcia la panchina e ridisegna il Parma con il 4-3-3, con Gervinho insolito centravanti accompagnato ai lati da Karamoh e Kucka, dietro c’è Gagliolo al fianco di Iacoponi, in mezzo il trio è composto da Hernani, Brugman e Kurtic.

SALTO DI QUALITÀ — L’Udinese è finalmente di qualità: Pereyra e Arslan entrano a tempo pieno nel centrocampo già fornito di De Paul. La squadra di Gotti sembra già diversa da quella intensa ma rozza delle prime tre giornate. E al 18’ De Paul lancia un tre contro due innescando la prima grande occasioni della partita: il 10 mette Okaka davanti a Sepe ma il 7 centra al corpo il portiere del Parma. Parma che cerca di costruire come suo solito, trovando libertà sulla salita dei terzini e sui cambi gioco perché quando arretra l’Udinese sistema un muro di cinque uomini che non danno profondità. Ma al 23’ un tiro di Gervinho che Nicolas controlla in due tempi anticipa il vantaggio ospite. Al 26’ Hernani approfitta dello spazio sulla trequarti per affondare e liberare un destro non irresistibile in diagonale: Nicolas non è prontissimo e la palla finisce vicino al palo. La reazione dell’Udinese però è immediata: due minuti dopo, angolo da sinistra e Samir stacca sulla testa di Laurini – era già successo al 10’ – e infila di prepotenza sotto la traversa. L’1-1 è il primo gol stagionale dell’Udinese. Che gioca bene condotta per mano da Pereyra, Arslan e De Paul: il 10 innesca con un cross Okaka al 40’, pallone appena alto. E al 46’ altra chance creata da De Paul che cambia per Ouwejan, destro a colpo sicuro ma Gagliolo respinge davanti alla linea di porta. Nell’altra area, poco dopo, è Ter Avest protagonista con due chiusure provvidenziali, prima su Kucka e poi su Kurtic.

COLPI DI SCENA A RIPETIZIONE — La grande chance in apertura di ripresa è del Parma: al 4’ Gervinho, finalmente a sinistra, scatta, poi finta, mette a sedere Becao e De Maio e chiama al tiro Hernani, che con il sinistro chiude incredibilmente a lato. Sembra il problema del Parma: non è più mortifero in contropiede come negli ultimi due anni, non è più strutturato e solido in costruzione. E infatti al 7’ va di nuovo sotto per un errore di Kurtic in disimpegno: Pereyra subentra e il suo assist per il rimorchio viene deviato in rete da Iacoponi. Liverani ricorre alla panchina: debutto per Cyprien, in regia al posto di Brugman, dentro anche Sohm. E Kucka va a fare il centravanti. Gotti risponde con Pussetto e Makengo per Lasagna e Arslan. L’Udinese sembra in controllo, e invece non preventivato arriva il pari: Pezzella da sinistra taglia con un cross tutta la difesa, sul secondo palo Karamoh spunta per la deviazione aerea.

LA CHIUDE PUSSETTO — E allora Gotti guarda di nuovo chi può mettere: ora ne ha, così entrano Deulofeu e Forestieri, e si passa al 4-2-3-1. Il premio arriva al 43’: ennesimo strappo di De Paul dalla mediana, Okaka difende e serve Pussetto che vede luce verso la porta, rasoterra all’angolo e l’Udinese si sblocca. Perché il Parma non ha la forza percussiva per un finale d’assalto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Si sblocca Dzeko, Pedro e Mkhitaryan incantano:
manita Roma al Benevento

Caprari segna subito, poi il tridente di Fonseca dà spettacolo e il bosniaco fa doppietta.
A segno anche Lapadula e Veretout su rigore e Carles Perez


Andrea Pugliese


Con un po’ di affanno e di paura, ma alla fine la Roma porta a casa una vittoria importante, che le permette di agganciare l’Inter in classifica e di portarsi a -1 da Napoli e Juventus. A portare in porto Fonseca è il trio offensivo (Pedro, Mkhitaryan e Dzeko), bravi a trovarsi negli spazi ed a dialogare tra di loro, sfruttando al massimo tutta la qualità che hanno nei loro piedi. Per il Benevento, invece, per quasi 70 minuti l’illusione di tornare a casa con un punto prezioso, illusione che poi si è sciolta nel finale, quando la Roma ha poi dilagato (5-2), per la gioia di Dan e Ryan Friedkin (entrambi presenti in tribuna).

BOTTA E RISPOSTA — Fonseca dietro deve rinunciare a Smalling e preferisce lasciare a riposo anche Kumbulla, tornando al 4-2-3-1 con Cristante vicino a Veretout. Inzaghi, invece, alla fine preferisce dare peso all’attacco, con Lapadula che vince il ballottaggio con Sau. Così Caprari (che festeggia con il gesto del ciuccio, presto diventerà papà di un bimbo) dopo 5 minuti ha già cambiato l’inerzia della partita, anche grazie ad una deviazione di Ibanez che trae in inganno Mirante. Lo svantaggio disorienta un po’ la Roma, che mantiene il possesso territoriale ma non riesce ad incidere come vorrebbe. Spinazzola e Mkhitaryan provano ad inventare sulla sinistra, ma ad avere la chance del 2-0 è Lapadula, che però perde l’attimo decisivo dopo un brutto errore di Ibanez. E’ il momento chiave, che ridà fiducia alla Roma. Pedro ci prova con un tiro a girare che finisce fuori, ma alla seconda occasione fa centro, sfruttando un bell’assist di Pellegrini. Riequilibrati i conti, la Roma passa ancora. Stavolta l’idea geniale è di Mirante, che pesca Mkhitaryan a 60 metri con il Benevento tutto proteso in avanti e l’armeno bravo ad inventare l’assist per il 2-1 di Dzeko. Nel finale di tempo è ancora Mkhitaryan a segnare, ma l’arbitro annulla per fuorigioco iniziale di Spinazzola. In precedenza sempre su colpo di testa di Mkhitaryan c’era stato un fallo di mano di Foulon in area (rigore non concesso ancora per un fuorigioco iniziale di Spinazzola), mentre ad inizio partita il Benevento aveva protestato per una manata di Mancini a Ionita sulla linea del fallo laterale.

TRA PAURA E SORRISI — La ripresa riparte con la Roma che prova a chiudere i conti, ma all’8’ arriva il patatrac di Veretout, che commette lo stesso identico errore dello scorso anno in Roma-Juventus, stoppando male il pallone ricevuto frontalmente da Mirante e commettendo fallo su Ionita. Mirante respinge il rigore di Lapadula, che però sulla ribattuta fa 2-2. Al 15’ gli ospiti vanno anche ad un soffio dal vantaggio, ma prima Mirante e poi Ibanez negano il gol a Lapadula da solo davanti al portiere (ma Ayroldi ha poi fischiato un precedente fallo dei campani). In campo regna la confusione, la Roma non riesce neanche più a trovare geometrie e ritmo. Ma nel caos totale si crea un corridoio su cui Dzeko trova Pedro, che poi allunga la falcata per saltare Montipò che lo stende. Altro giro, altro rigore. E dal dischetto Veretout si fa perdonare l’errore precedente, siglando il 3-2. Poi Dzeko da una parte e Ionita dall’altra hanno occasioni importanti, con la partita che oramai lascia spazi a iosa. La Roma allora si raggomitola su se stessa a difesa del vantaggio, con Villar (entrato per Veretout) che si distingue in mezzo al campo e apre l’azione del 4-2 (altro assist di Mkhitaryan e tap-in vincente di Dzeko). Poi Mkhitaryan si divora il 5-2 a botta sicura, gol che arriva con uno strepitoso spunto in velocità di Carles Perez, che prende palla a metà campo, punta la porta, salta due avversari e brucia Montipò dal limite. Finisce così, con i giallorossi pronti per la trasferta svizzera di Europa League.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Perin mura il Verona: il Genoa batte il Covid e strappa il pareggio



Dopo tre settimane senza calcio e tra mille problemi, la squadra di Maran conquista un pareggio di sacrificio.
Hellas, niente zona-Champions


Dopo tre settimane senza calcio e 17 positivi al coronavirus, tra giocatori e staff, il Genoa riprende confidenza con il pallone e strappa un pari di sacrificio contro un Verona stuzzicato dall'idea di inserirsi in zona-Champions. Niente da fare. Lo 0-0 forse sta stretto all'Hellas, un po' più propositivo degli avversari (Perin migliore in campo), ma non è un regalo al Genoa. Semmai un premio per il modo in cui è stato capace di uscire dall'emergenza. Non era facile.

PRIMO TEMPO — In campo, al Bentegodi, ci vanno i superstiti del lazzaretto. Assenti perché positivi al Covid-19 Barak e Gunter nel Verona; Lerager, Cassata, Zappacosta, Briek, Destro, Criscito e Males nel Genoa. Ivan Juric deve rinunciare anche a Cetin, Magnani, Dawidowicz, Danzi, Veloso e Benassi per altri problemi; a Rolando Maran manca pure Sturaro. Due squadre raffazzonate, quindi, ma a stare peggio è il Genoa che, travolto dal virus lo scorso 26 settembre, ha perso (malamente, 6-0) a Napoli, ha saltato la partita con il Torino ed è tornato ad allenarsi - a gruppetti di sei, nel rispetto del protocollo - soltanto una settimana fa. Lo spirito, però, è battagliero, fin dall'inizio del match (duro intervento di Radovanovic su Vieira dopo 30"). L'Hellas, con Favilli unica punta, Colley a sostegno e un centrocampo molto fitto che soffoca le idee genoane, prende il comando del gioco, ma a parte qualche angolo e un paio di tiri non irresistibili non ottiene. Il Genoa si sporge al 25', ma la punizione di Rovella sorvola la traversa. Lo stesso Rovella, poco dopo, spreca un buon assist di Shomurodov. La partita si accende dopo la mezz'ora grazie a Pandev e Colley: i due portieri si salvano deviando i loro tiri in angolo. L'Hellas chiude il tempo in attacco, ma il Genoa difende senza troppi affanni.

SECONDO TEMPO — Il Verona ricomincia come aveva finito, all'attacco. Colley serve Favilli, che regge l'urto di un difensore e riesce a tirare con il mancino: blocca Perin. Colley è pericoloso ogni volta che tocca palla e il Genoa, piano piano, comincia a dare segni di cedimento fisico. Prevedibile. Gli angolo per il Verona si moltiplicano. Dopo un'ora esatta di partita esce Favilli e c'è il debutto di Kalinic nell'Hellas. Al Verona manca sempre qualcosa negli ultimi metri e, stringi stringi, a Perin arrivano palloni facili da addomesticare. Nel finale Juric inserisce Salcedo e Zaccagni e prova a mettere alle corde il Genoa. Tocca ancora a Perin salvare i rossoblù: sugli sviluppi di una punizione, bello stacco di testa di Salcedo e tuffo decisivo del portiere. Nel recupero ci prova anche Kalinic, ma è l'ultimo squillo dell'Hellas.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2020/2021 4ª Giornata (4ª di Andata)

17/10/2020
Napoli - Atalanta 4-1
Inter - Milan 1-2
Sampdoria - Lazio 3-0
Crotone - Juventus 1-1
18/10/2020
Bologna - Sassuolo 3-4
Spezia - Fiorentina 2-2
Torino - Cagliari 2-3
Udinese - Parma 3-2
Roma - Benevento 5-2
19/10/2020
Verona - Genoa 0-0

Classifica
1) Milan punti 12;
2) Sassuolo punti 10;
3) Atalanta punti 9;
4) Napoli e Juventus punti 8;
7) Inter, Verona e Roma punti 7;
9) Sampdoria e Benevento punti 6;
11) Genoa(*), Fiorentina, Cagliari, Spezia e Lazio punti 4;
16) Bologna e Udinese punti 3;
19) Crotone punti 1;
20) Torino(*) punti 0.

(gazzetta.it)

(*) Genoa e Torino una partita in meno.
Genoa - Torino rinviata d'ufficio dalla Lega Calcio per il focolaio di Covid-19 del club ligure.
Juventus - Napoli, formalmente rinviata dopo la mancata presenza del Napoli a Torino, per la giustizia sportiva c'è l'assegnazione della vittoria (3-0) a tavolino
a favore della Juventus e un punto di penalizzazione per il Napoli. Salvo altre decisioni della giustizia sportiva dal momento che il Napoli ha annunciato il ricorso.
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25/10/2020 01:15
 
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Sei gol, prodezze e rimpianti: il Sassuolo riprende un grande Torino

I granata, avanti per 1-0 e per 3-1, sprecano moltissimo e vengono ripresi nel finale da Chiriches e Caputo.
A segno anche Linetty, uno strepitoso Djuricic, Belotti e Lukic


Matteo Dalla Vite


Nebbia, colpi di tacco, errori, magie, la solita rimontona del Sassuolo (che non sale in vetta per una notte) ma soprattutto un Torino che si prende il primo punto del campionato recriminando molto per il vantaggio buttato di due reti e l’incapacità di resistere all’onda d’urto dei neroverdi. Partita bella e avvolta nella foschia, nella quale Giampaolo riceve grandi messaggi dai propri giocatori e da una squadra che va in gol con tre elementi diversi (Belotti, Linetty e Lukic) e che si rammarica per le paratone di Consigli e per i due errori di Verdi che avrebbero potuto dare al copione uno svolgimento diverso. Il Sassuolo? Con la squadra di De Zerbi nessuna partita va buttata via: dopo la rimonta da 1-3 a 4-3 di Bologna, la banda di DeZ arriva ad agganciare un Toro convincente ma senza poter vivere una nottata in cima alla classifica perché il pari non le permette di scavalcare il Milan.

ARMA LINETTY — Giampaolo conferma Lukic dietro alle due punte, in questo caso Belotti e Verdi, e De Zerbi fa cominciare Maxime Lopez al fianco di Locatelli e preferisce infilare Raspadori centrale nei tre dietro a Caputo lasciando Djuricic largo a sinistra e in combattimento con Vojvoda. La nebbia rende tutto più pastoso ma non c’è dubbio che il Torino, almeno fino al pre-finalizzazione, veda tutto inizialmente benissimo: se è vero, come è vero, che la prima conclusione della partita è di Ferrari (colpo di testa alto al 5’), è altrettanto assodato che è il Torino a diventare il diavolo di Consigli che nonostante la visibilità ridotta para e pure bene. Succede al 10’ quando su volata inarrestabile di Lukic, Simone Verdi si trova da solo davanti al portiere sassuolese che la respinge in uscita e con la gamba destra; ricapita al 18’ quando, in piena area, è Meité a calciare nell’angolo destro alto della porta ma Consigli arriva anche lì, vanificando l’inizio molto concreto del Toro. La risposta del Sassuolo arriva al 25’: Berardi sgancia il sinistro sul quale Sirigu risponde perfettamente. Il Torino va meglio, è più attento rispetto a un Sassuolo che si gioca (vincendo) la testa della classifica: quando Vojvoda (minuto 33) infila un pallone in pienissima area, ecco che Ferrari non rimedia alla dimenticanza di Chiriches e Linetty in assoluta solitaria infila lo 0-1 e quindi la prima scintilla concreta della partita.

DI TACCO — L’inizio della ripresa non vede cambi ma il Sassuolo un po’ meno lezioso sì: Berardi e Kiryakopoulos (soprattutto, botta deviata) cercano il pari senza fortuna, il Toro regge e arriva quasi al raddoppio con zuccata di Belotti che Consigli para benone. Stessa cosa poco dopo: Verdi ha la palla del riscatto ma il portiere del Sassuolo resiste e tappa in uscita: il Toro ha forza, coesione e sicurezza mentre i neroverdi vivono di fiammate che non hanno (come invece succede spesso) il dono della spietatezza. Djuricic ci prova da centroarea (ribatte Lyanco) poi De Zerbi ne cambia tre: dentro anche Boga che finora non aveva giocato nemmeno un minuto in questo campionato anche causa quarantena. Ed è proprio lui, al minuto 24 della ripresa, a divorarsi il pareggio: cross perfetto di Djuricic da destra sul secondo palo, Boga può appoggiare e forse la desuetudine al campo lo fa “sparare” fuori. Ma il pareggio del Sassuolo arriva poco dopo: palla in mezzo di Muldur, deviazione e splendido gol di Djuricic, che di tacco infila Sirigu. Uno a uno.

TORO SCATENATO MA — Solitamente il Sassuolo quando infila un gol prende una carica esondante. Macché: il Toro contiene tutto e ha la fiducia (mista a compattezza) per ripartire e mettere a segno due gol, uno con Belotti (lanciato a Lyanco e con Chiriches trasparente) che poi appoggia per l’1-3 di Lukic. Il Sassuolo a questo punto le prova tutte: aveva assaporato l’idea di andare in testa per una notte ma le linee strette del Torino riescono ad avere la meglio fino all’eurogol di Chiriches, tanto pasticcione dietro quanto spietato nel 2-3. Tutto finito? Macché, Berardi da destra mette un pallone zuccherato che Caputo saltando oltre Bremer infila in rete: primo colpo, gol e 3-3. Partita pazzesca, pari che lascia tutti un po’ così, anche se il Toro comincia a crescere in maniera evidente.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Super Samp a Bergamo, Ranieri cala il tris e vince:
alla Dea non basta Zapata



Quagliarella segna e sbaglia un rigore, Thorsby raddoppia e Jankto chiude il match.
L'Atalanta segna il 2-1 con Zapata su penalty ma non basta: seconda sconfitta di fila dopo il Napoli


Andrea Elefante

Tre gol, come alla Lazio, un rigore sbagliato da Quagliarella, una partita difensiva attenta, coraggiosa, equilibrata ma senza rinunce in ripartenza: la Sampdoria merita di passare al Gewiss di Bergamo e di raggiungere in classifica l’Atalanta, alla seconda sconfitta consecutiva in campionato dopo quella di Napoli: due frenate consecutive c’erano state alla fine della scorsa stagione (sconfitta in casa con l’Inter e poi in Champions con il Psg), ma in A non le succedeva da quasi due anni, febbraio 2019, in casa con il Milan e poi a Torino contro i granata. I ricambi usati pensando alla Champions non hanno dato a Gasperini quanto si aspettava e la rivoluzione della squadra nella ripresa non ha portato alla rimonta cercata per i troppi errori tecnici e, alla fine, la stanchezza. Punita dalla Samp con grande cinismo e tutto sommato neanche troppa sofferenza. E ora l’Atalanta rischia anche di aver perso De Roon per la partita di martedì con l’Ajax.

LE SCELTE — Come annunciato da Gasperini, Atalanta con molto turnover in vista della gara di Champions di martedì, contro l’Ajax: in difesa non giocano Toloi e Romero (spazio a Sutalo e Djimsiti), in mezzo al campo fuori entrambi gli esterni, Hateboer e Gosens, e pure Freuler, con Depaoli, Mojica e Pasalic al loro posto. Davanti un po’ di riposo per Zapata e prima da titolare per Lammers, «accompagnato» dallo stacanovista Gomez e da Ilicic, che torna a giocare per la prima volta nel suo stadio, a distanza di tre mesi e mezzo dall’ultima volta (8 luglio), sempre contro la Sampdoria. Che anche stavolta Ranieri manda in campo con un 4-4-2 senza sorprese: confermata la coppia difensiva Yoshida-Tonelli, Damsgaard al posto dell’infortunato Candreva, ma sulla fascia sinistra con Jankto dall’altra parte, e davanti Ramirez a supporto di Quagliarella, con Keita ancora non pronto per i 90’.

PRIMO TEMPO — L’Atalanta sa che far chiudere la Samp nelle sue due linee strettissimi significherebbe iniziare in salita e prova a schiacciarla subito, appoggiandosi sui giochi di prestigio di Ilicic (subito due tunnel e un tacco per «aprire» il dribbling) e i suoi dialoghi con Gomez: il Papu ci prova due volte, prima su punizione (alta) e poi con doppio tentativo prima respinto e poi deviato, ma alla prima chance la Samp non perdona. Anche con un pizzico di fortuna, perché quado Ramirez prova a servire Quagliarella a centrocampo, Damsgaard si trova spalancato un corridoio centrale verso la porta: l’assist a sinistra è per Quagliarella, che punisce l’uno contro uno troppo staccato di Palomino e tira una sassata all’incrocio da due passi, sul palo di Sportiello. E’ il 12° gol personale di Quagliarella contro l’Atalanta, il 4° in questo campionato, il numero 168 in Serie A, come Savoldi. Ma è anche il 10° gol preso in cinque partite dall’Atalanta, che ora trova un muro blucerchiato e tentativi di conclusione sempre faticosi, con Ilicic (parata di Audero) e Lammers (colpo di testa morbido). E in ripartenza è sicuramente più pericolosa la Samp: prima con una punizione di Ramirez (34’) che trova Tonelli in spaccata (fuori) e poi con un tiro cross di Jankto, che viene toccato con la mano da Mojica: passano quasi tre minuti prima che Calvarese sia chiamato al video dalla sala Var per concedere il rigore. Che però Quagliarella «brucia» al minuto 44, facendosi respingere il tiro da Sportiello che intuisce alla perfezione tutto, angolo e altezza del tiro.

SECONDO TEMPO — Gasperini ridisegna la squadra con Gosens, Zapata e Toloi, ma l’andamento della gara è identico al primo tempo: avvio forte dell’Atalanta ma solo due tiri tutro sommato innocui di Gomez e Ilicic e al 14’ il gol del 2-0: nato da doppio errore di Depaoli (subito dopo sostituito da Hateboer) che prima perde palla e poi Thorsby, servito da Jankto. A quel punto Gasp deve giocarsi anche il quinto cambio (Malinovskyi per De Roon) e pagherà la stanchezza e la poca lucidità finale di Gomez e Ilicic. L’Atalanta sfiora il 2-1 con un diagonale sinistro fuori di Gosens, lo trova su rigore segnato da Zapata (segnalazione Var, non è chiaro se per fallo ingenuo di Keita sul colombiano, o spinta di Thorsby), ma gli ultimi sforzi dei nerazzurri e il loro sbilanciamento sono puniti con l’ennesima ripartenza della Samp, aperta e chiusa da Jankto su assist di Keita.

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Inter, ci pensa sempre Lukaku:
il Genoa non fa male e Conte si rilancia

Il solito gol del belga e D’Ambrosio nella ripresa decidono la partita,
con la difesa che per la prima volta in stagione non prende gol


Filippo Conticello


Cosa è la felicità richiesta, cercata, esibita da Conte? E’ avere questo Lukaku in stato di grazia permanente, che risolve anche la partita più incrostata e fa passare in secondo piano pure la luna storta di un nervosissimo Lautaro. La felicità è riavere Hakimi, dichiarato in extremis “falso positivo” dopo che un doppio tampone ha ribaltato i precedenti test Uefa. Il Genoa, sconfitto 2-0 con dignità dall’Inter (D’Ambrosio in gol oltre al solito Romelu), può invece dirsi felice per il solo fatto che, un po’ alla volta, sta riabbracciando i troppi reduci dal Covid: è normalità che sfida il caos e presto verranno tempi migliori. Maran ha, comunque, armato una squadra barricadera, pronta a difendersi con il coltello e poco incline ad offendere: Conte ha sbattuto un po’ contro il muro, poi l’ha buttato giù con l’ariete belga e così ha ritrovato la vittoria che mancava da 3 match. Troppi.

L’AVVIO — All’inizio Conte ha dato un turno di riposo a De Vrij e lanciato Ranocchia, che avrà avuto qualche crisi di identità prima di scendere in campo: era quasi rossoblù nel mercato estivo. E, oltre a Brozovic in mezzo, ecco una seconda chance da titolare per Eriksen, desideroso di dare continuità ai miglioramenti appena intravisti. In realtà, il danese continua a confermare una certa mollezza di fondo: è proprio ciò che non piace a Conte e le urla di Marassi che rimbombano nel vuoto sono lì a certificarlo. Maran, invece, continua a fare le nozze coi fichi secchi, con l’eterno Pandev e l’enigmatico Pjaca davanti, mentre nel 3-5-2 continua a esserci spazio come mezzala destra per il 18enne Rovella, talentino interessante scuola Inter. Finché resiste, l’applicazione difensiva è notevole in tutta la partita ed è una bella forma di resistenza dopo tanta sfortuna.

LA SCINTILLA — Il primo tempo è, così, un misto di predominio marcato e sterilità interista: tante manovre di accerchiamento, poche occasioni. E nella testa di tutti si sono risentite le solite considerazioni: la dipendenza dalla Lu-La rischia di diventare un problema e, se Lukaku e Lautaru per una volta non si connettono, salta il banco per intero. Insomma, in una partita così scivolosa Conte è andato a caccia della scintilla e l’ha pescata dalla panchina: dentro Barella per il solito enigmatico Eriksen e il redivivo Hakimi per Perisic al 14’ del secondo tempo. L’energia marocchina è evidente sulla destra, anche se è stata una incursione dell’ex Cagliari a smarcare Lukaku per il liberatorio 1-0. In realtà, è il vantaggio a far saltare il tappo al match perché a quel punto il Genoa ha dovuto alzare il baricentro (anche se a poco sono serviti gli innesti di Radovanovic e Zajc) e concedere spazio alle spalle. Ha provato ad approfittarne anche l’ex Pinamonti, entrato al posto di Lautaro, furioso al momento del cambio: il rumore dei suoi pugni sul sedile hanno superato perfino le urla di Conte e non è poco. Alla fine, però, il 2-0 della tranquillità lo ha segnato con una testata D’Ambrosio. E’ uno dei tanti soldati del generale Antonio in questa squadra che prende forma: alcuni difetti ci sono ancora, ma non manca mai la voglia di fare la partita. E di inseguire la felicità.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Gioiello di Luis Alberto e timbro di Immobile:
la Lazio stende il Bologna e riparte

Un gol splendido dello spagnolo e la rete del bomber rilanciano i biancocelesti.
Il Bologna migliora coi nuovi entrati ma segna solo nel finale con De Silvestri


Stefano Cieri


Dopo l’ottimo esordio in Champions la Lazio torna a sorridere pure in campionato. La squadra di Inzaghi supera il Bologna e trova così il suo secondo successo in A dopo quello della giornata iniziale a Cagliari. Vittoria sofferta, maturata grazie ad una discreta ripresa dopo un primo tempo in cui era stato il Bologna a far vedere le cose migliori. Alla lunga, però, prevale il maggior tasso tecnico dei biancocelesti. Le reti della vittoria non a caso portano le firme di Luis Alberto e Immobile. Il Bologna, ancora una volta, raccoglie gli applausi, ma resta a secco di punti. Non è solo sfortuna, però. Perché gli uomini di Mihajlovic non capitalizzano le occasioni che creano, a differenza dei padroni di casa che sono letali sottoporta.

BOLOGNA ONNIPRESENTE — La prima frazione si chiude sullo 0-0 col Bologna più propositivo rispetto alla Lazio. La squadra di Mihajlovic presidia militarmente tutte le zone del campo, impedendo alla Lazio di cucire le sue solite trame. Svanberg segue dappertutto Luis Alberto, Soriano blocca la regia di Leiva, sulle fasce De Silvestri e Hickey chiudono tutto quello che c’è da chiudere e ripartono pure. E il quartetto avanzato (Orsolini-Soriano-Sansone-Palacio) sporca il fraseggio basso dei difensori laziali. Ma la formazione emiliana non si limita a distruggere il gioco avversario, aggredisce pure. Di Orsolini (due volte), Palacio e Sansone i tentativi più pericolosi per sbloccare il risultato. Un gol il Bologna lo segna pure, al 13’ con Svanberg, ma l’arbitro Irrati, dopo averlo inizialmente convalidato, lo annulla dopo essere stato richiamato dal Var. L’azione del gol nasce da una palla riconquistata da Schouten con fallo su Leiva. La Lazio fa fatica a trovare il bandolo della matassa. Pesa l’assenza di Milinkovic, l’unico che prova a combinare qualcosa è Luis Alberto, nonostante la marcatura di Svanberg. Il tiro dello spagnolo al 24’ (deviato da Skorupski con qualche apprensione) è l’unica vera palla gol costruita dai padroni di casa fino all’intervallo. Le difficoltà a costruire gioco spingono Inzaghi a giocarsi un doppio cambio già prima dell’intervallo: Escalante rileva Leiva e Lazzari entra per Marusic. Sostituzioni che probabilmente il tecnico aveva preventivato in funzione Champions, ma che anticipa viste le difficoltà palesate dalla sua formazione.

LUIS SALE IN CATTEDRA — Che la ripresa sia diversa dal primo tempo lo si capisce subito. Dopo appena 4 minuti Akpa Akpro ha un’occasione colossale per sbloccare il risultato. E’ Danilo, con un intervento prodigioso in scivolata, a neutralizzarla. Ma il gol che rompe l’equilibrio è rimandato solo di qualche minuto. Arriva al 9’ per merito di Luis Alberto. Giusto che sia lui a sbloccare il risultato, visto che è il migliore della serata. Lo spagnolo conquista palla poco dopo la metà campo, avanza fino all’area e una volta giunto al limite esplode il destro che trafigge Skorupski dopo un geniale tunnel su Svanberg. Il Bologna ci mette un po’ a riorganizzare le idee, ma potrebbe pareggiare già al 16’ con Orsolini. La punizione calciata dal limite dall’attaccante rossoblù si stampa però sulla traversa. La squadra emiliana perde un po’ le misure, cerca di reagire, ma fa fatica a trovare i varchi gusti. Mihajlovic prova a dare più peso all’attacco inserendo Barrow al posto di Palacio, ma proprio quando la formazione emiliana si accinge a serrare le fila in cerca del pareggio arriva il gol del 2-0 della Lazio. Lo realizza Immobile di testa su assist (in rovesciata) di Fares. Il Bologna non si arrende. Il gol che potrebbe riaprire la gara viene evitato da Reina che si distende sul tiro di Barrow. Sembra finita, ma il Bologna è duro a morire e in avvio di recupero accorcia le distanze con l’ex De Silvestri che gira in rete da distanza ravvicinata su assist del nuovo entrato Santander. Troppo tardi però per poter agguantare il pareggio.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Cagliari doma anche un buon Crotone:
4-2 e Joao Pedro raggiunge Oliveira



Nel primo tempo segnano Messias, Lykogiannis, Simeone, Molina e Sottil.
Nella ripresa ospiti in dieci per il rosso a Cigarini e nel finale arriva il sigillo del brasiliano


Francesco Velluzzi

Il Cagliari esulta e trova la seconda vittoria di fila, la prima in casa. Ma il 4-2 con cui regola il Crotone alla Sardegna Arena davanti a mille spettatori distribuiti anche nei Distinti, è più sofferto di quanto si pensi perché la squadra di Giovanni Stroppa (che resta in partita fino a 5’ dalla fine), pur andando al riposo in svantaggio 3-2, gioca un gran primo tempo (col possesso palla del 63%, tirando nove volte contro le cinque dei sardi) sotto la direzione del maestro Luca Cigarini. Che, però, dopo 2’ della ripresa si fa cacciare per il secondo giallo, commettendo un fallo inutile su Joao Pedro che, invece, è il mattatore della giornata. Pensare che facesse l’esterno è un po’ improbabile, rimesso nel suo ruolo, trequartista libero di agire, pensare e pure concludere diventa determinante. Questa è la chiave: i due mediani Marin (molto bene) e Rog danno equilibrio e quando il pallone arriva al brasiliano la difesa avversaria deve preoccuparsi. Anche perché accanto a lui ci sono Nandez e Sottil che corrono a tutta.

PRIMO TEMPO — Si gioca. Godin è recuperato e Di Francesco non esita a schierarlo accanto a Walukiewcz anche se il sudamericano si vede che non è al top. Per il resto, il Cagliari è quello che ci si aspettava. Il Crotone no: Golemic riconquista il posto al centro della difesa a tre e Marrone (perché?) va in panchina, mentre Benali riottiene la fiducia a danno di Vulac. Proprio Benali apre il festival del tiro, facile per Cragno. Il Crotone dipende dai piedi di Cigarini, l’ex scaricato a fine contratto e maltrattato da Zenga, ma il romeno Marin, che ne ha preso il posto, non sfigura affatto, dà ritmo e buoni filtranti. Su schema da corner Lykogiannis ha la porta spalancata, ma calcia malissimo Dopo 17’, un classico, Ciga è già ammonito. Ma il Crotone è tignoso e quando parte fa male. Soprattutto con Junior Messias che sfugge a Godin e trova Cragno. Poi ci prova Simy a giro, fuori di poco. Ma il gol è nell’aria e lo trova il Crotone proprio con Messias che su cross di Reca, imprendibile per Zappa, brucia proprio il campione Godin. Il Cagliari replica subito: con la perla di Lykogiannis. Il greco trova il primo gol in A su punizione (fallo di Benali su Joao), una pennellata di sinistro imparabile per Cordaz. Prende fiducia il Cagliari, che è superiore e pressa di reparto con gli attaccanti, ma, da un’invenzione di Joao che lancia in profondità Simeone al 35’, c’è il vantaggio. Il Cholito supera in velocità l’incerto Golemic e non sbaglia. Le emozioni non sono finite, le difese non sono attentissime. Sale in cattedra Molina che prima pesca Simy in area, poi approfitta di un rinvio d testa di Godin e al volo fa 2-2. Ma il Cagliari ha ancora forza nel rush finale e stavolta si vede Zappa che crossa bene con Sottil che stacca su Pedro Pereira e trova pure lui il primo gol in A. Esultando davanti al gruppetto di tifosi personali.

SECONDO TEMPO — Si ricomincia da Cigarini: dopo 2’ entra duro su Joao Pedro a metà campo, il secondo giallo è inevitabile. La sua partita da grande ex rossoblù finisce qui addirittura tra gli applausi di chi gli ha voluto bene per tre anni. Disperato. Il Crotone resta in 10. È la svolta della sfida. La differenza si nota immediatamente perché il Cagliari ha le occasioni con Simeone che calcia fuori e con Nandez che trova due volte Cordaz, strepitoso sul tiro a giro dell’uruguagio al 18’. Non si pensi, però che il Crotone anche in queste condizioni molli. Messias e Simy sono scatenati e al 35 Cragno è attento quando il nigeriano riesce ancora a girarsi con Godin in marcatura. Ma al 39’ il Cagliari la chiude e meriterebbe la vetrina Leonardo Pavoletti che su corner colpisce di testa alla sua maniera. Cordaz respinge ma in agguato Joao che suggella la sua grande partita spingendo in rete. Di Martino, che ha lasciato tanto giocare, prima annulla, poi con l’aiuto del Var (Chiffi e Di Iorio) convalida. Joao Pedro raggiunge così Oliveira al secondo posto nella classifica dei marcatori rossoblù in A con 45 reti e il Cagliari finisce in gloria: 4-2.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Botta e risposta tra gli Insigne, poi Petagna lancia il Napoli a Benevento



Apre Roberto, risponde Lorenzo (dopo una traversa di Manolas e un gol annullato).
Poi mette la freccia il bomber su grande assist di Politano


Maurizio Nicita

Aspetti Lorenzo e spunta Roberto. Nel derby della Campania spunta l'Insigne che non ti aspetti e segna il fratello minore esaltando le doti battagliere del Benevento di Pippo Inzaghi. Ma nella ripresa sale in cattedra Lorenzo il Magnifico con un gran gol di sinistro e poi la qualità dei cambi fa la differenza. Vince il Napoli che sale al secondo posto, ma applausi al Benevento che lotta con tutte le proprie forze e finisce attaccando con il portiere Montipò a saltare in area sull'ultimo calcio piazzato. Lì Gattuso è andato su tutte le furie ricordando il suo esordio in A proprio su questo campo col portiere Brignoli che segnò il 2-2 allo scadere. Stavolta ci pensa Meret a sventare l'ultimo pericolo e per gli azzurri arrivano tre punti importantissima.

ATTENZIONE E CONTROPIEDE — La partita è intensa e piacevole. Inzaghi preferisce in difesa Foulon all'ex Maggio e in effetti a sinistra (a destra va Letizia) il belga è attento su Lozano e appena può spinge in avanti a buon ritmo. Ritmo che invece tiene troppo basso il Napoli con Gattuso che conferma l'impianto che ha strabiliato contro l'Atalanta (le uniche eccezioni Meret e Mario Rui) ma non fa rivedere la stessa brillantezza. Il Benevento resta un po' più basso del solito con le mezzali a uomo sui portatori di palla Fabian e Bakayoko e Schiattarella a uomo su Mertens, l'unico che cerca di inventare qualcosa. A parte un rigore chiesto dal Napoli con Foulon che da dietro spinge su Lozano, succede poco fino al gol della mezz'ora. È sempre il mancino belga a spingere la manovra e a servire in profondità Lapadula che dopo un rimpallo favorevole rimette in mezzo un pallone invitante per Roberto Insigne: controllo di sinistro e tiro potente sotto la traversa. Il Napoli ci mette un po' a riprendersi e solo negli ultimi minuti del tempo fa valere la propria forza tecnica ma non arriva il pari. Perché Montipò è bravo ad allungarsi su un tiro a giro di Lorenzo Insigne, e poi anche fortunato su una girata potente di testa (su angolo) di Manolas che prende traversa-palo ma esce dalla porta.

CAMBIO PASSO AZZURRO — Gattuso nell'intervallo fa capire che bisogna velocizzare il giro palla e in effetti l'atteggiamento del Napoli è più aggressivo. E dopo un gol annullato a Lorenzo Insigne sul filo del fuorigioco ecco la rete capolavoro del centravanti che incrocia un gran sinistro, e non è il suo piede, dalla distanza. Nel frattempo Inzaghi passa alla difesa a 5 per non concedere in attacco gli uno contro uno agli avversari. Ma è Gattuso ad azzeccare i cambi, disponendo di maggiore qualità nella rosa. Entrano Politano e Petagna che confezionano il gol del sorpasso. È il triestino a recuperare palla e a offrirsi per il triangolo che porta al suo primo gol in azzurro. Poi diventa battaglia, che il Napoli accetta restando basso e sfruttando gli spazi per il contropiede. Politano sfrutta male due ottime situazioni, mentre è l'ex Maggio ad avere l'occasione migliore per il Benevento. Ma il pari non arriva e il Napoli vince la sua quarta partita su quattro.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Tre pali e tante occasioni:
Parma-Spezia 2-2, Kucka rimonta i liguri al 93'



Chabot e Agudelo portano avanti Italiano, poi rete di Gagliolo e pari finale dello slovacco su rigore


Andrea Schianchi

Emozioni parecchie, e pure tanti, tantissimi errori che generano il risultato. Ecco spiegato il 2-2 tra Parma e Spezia, in questo Derby della Cisa che è un fuoco tutt’altro che pallido. A rimettere in equilibrio la sfida è Kucka, su calcio di rigore, al 48’ della ripresa, ma soffermarsi sul dettaglio sarebbe sbagliato: le squadre di Liverani e di Italiano se la giocano a viso aperto, creano occasioni su occasioni, a tratti domina l’una e a tratti l’altra in un continuo ribaltamento delle azioni e del fronte d’attacco.

PRIMO TEMPO — La maggiore capacità dello Spezia di gestire la manovra attraverso il possesso-palla è determinante nel primo tempo quando i ragazzi di Italiano scappano addirittura sul 2-0. Prima una zuccata di Chabot (28’, azione da calcio d’angolo) e poi una rasoiata di Agudelo imbeccato da un tocco di Nzola (31’). Il Parma sembra alle corde, ma si aggrappa a quella caratteristica che ha garantito due salvezze consecutive: lo spirito di sacrificio e la capacità di sopportazione del dolore. Gagliolo va a riaprire la partita al minuto 34’ (ribatte in rete una respinta di Provedel dopo un colpo di testa di Kurtic) e sfiora il pareggio sul finire del tempo con un tiro di Brugman ben servito da Gervinho.

IL PARI — Nella ripresa Liverani cambia le carte in tavola: dal 4-3-1-2 si passa al 4-3-3. Dentro Karamoh e fuori Hernani. Gli emiliani spingono, ma le idee non sono lucide e così lo Spezia, dopo aver saputo stringere i denti, rimette fuori la testa e fa paura: addirittura tre i pali colpiti con Estevez, Agoume e Verde, cui si devono aggiungere due limpide occasioni per Gyasi e Verde. Il Parma non sta a guardare e reagisce: Provedel compie due miracoli su Karamoh (35’ e 38’) e poi Kucka, al 42’, calcia fuori di un niente. Nel recupero, con la forza dei nervi più che con la lucidità, l’azione che porta al pareggio del Parma: pallone buttato in area dove Cornelius è bravissimo a stopparlo e a proteggerlo. Terzi, ingenuamente, lo atterra e il rigore è netto. Kucka trasforma senza difficoltà. Se lo Spezia dimostra di avere già un chiaro piano di gioco, il Parma appare invece ancora indietro: per adesso si salva con il carattere, ma gli uomini a disposizione di Liverani non sembrano i più adatti a portare in campo le idee dell’allenatore.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Castrovilli illumina la Fiorentina:
3-2 all’Udinese con due gol e un assist

La squadra di Iachini, senza Ribery e con Callejon al debutto da titolare,
dopo 20’ si ritrova sul 2-0 con un gol del suo gioiello e di Milenkovic:
accorcia Okaka, nella ripresa il 3-1 del “10” è spettacolare e dà il là
ai tre punti prima della spinta degli ospiti che trovano un altro gol di Okaka



Dopo due sconfitte e un pareggio torna al successo la Fiorentina grazie a un match caratterizzato da 5 gol e tante emozioni davanti al c.t. azzurro Roberto Mancini: il 3-2 all’Udinese è meritato ed è dovuto soprattutto alle magie di Gaetano Castrovilli, migliore in campo e autore di una prova di grande personalità impreziosita da due reti e un assist.

Già il primo tempo era stato abbastanza vivace, con tre gol. Nei primi 25’ la Fiorentina (col solito 3-5-2, come gli avversari) spinge molto, trova spazi ampi sulle corsie laterali, fa meglio dell’Udinese. Il gol arriva prestissimo, dopo 10 giri di lancette con Castrovilli che, imbeccato da Biraghi, dal centro dell’area di rigore trafigge Nicolas. Non si fermano, gli uomini di Iachini. E così dopo altri 10 minuti un cross dalla destra di uno scatenato Castrovilli trova il colpo di testa preciso di Milenkovic: 2-0, con Commisso che si alza in piedi ad applaudire.

RIFERIMENTO — Non c’è partita, insomma. Mentre dall’altra parte De Paul è l’unico che prova a farsi vivo assieme a Lasagna: proprio quest’ultimo semina Caceres, entra in area calciando sul primo palo ma trovando l’opposizione di un attento Dragowski che copre benissimo lo specchio della porta. Senza Pezzella (uscito per un problema muscolare) i viola perdono un riferimento importante, smarriscono un po’ il pallino del gioco consentendo all’Udinese di farsi viva. Il 2-1 arriva al 43’ con un colpo di testa di Okaka che trasforma un delizioso cross sulla destra del solito De Paul.

RIPRESA — Al rientro dagli spogliatoi, ancora i viola in evidenza: il 3-1 arriva al 52’ con una magia di Castrovilli, senza dubbio miglior giocatore della partita, che una volta entrato in area e liberatosi di un avversario, piazza un gran tiro di destro che si infila alla sinistra di Nicolas. Le reti da recuperare per la squadra di Gotti diventato così due. Il coraggio non manca, la bravura di Dragowski (super al 61’ su conclusione ravvicinata di Okaka) fa il resto, con l’Udinese che negli ultimi 20’ deve fare a meno anche di Lasagna, uscito per un leggero infortunio. Non si arrende, la squadra di Gotti, che a 5’ dalla fine trova ancora con Okaka il gol del 3-2 che illude. Ma è troppo tardi, finisce con i tre punti in tasca ai viola.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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