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Campionato di Calcio Serie A 2020 - 2021. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

Ultimo Aggiornamento: 27/05/2021 00:19
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È sempre Caicedo all'ultimo secondo:
Juve ripresa al 95'! CR7 segna ma esce per infortunio

Grande primo tempo del portoghese (uscito nel finale per un
problema alla caviglia), che va in gol e colpisce un palo.
Ma la squadra di Inzaghi pareggia all’ultimo


Luca Bianchin


elipe Caicedo ha da tempo un posto nell’epica laziale. La novità è che rischia di entrare nelle enciclopedie del calcio. Zona Cesarini scansati, l’uomo degli ultimi minuti è lui, il gigante che segna ancora alla Juve, ancora oltre il 90’, come in campionato un anno fa. L’azione: una brutta palla persa da Dybala innesca il classico assalto della Lazio. Correa salta secco Bentancur e la serve in area, Caicedo si gira su Bonucci e la mette nell’angolo. La novità è che, rispetto alla scorsa stagione, il gol pesa per la classifica perché il risultato finale non è 3-1 come a Riyad ma 1-1. Tutto questo pesa per Pirlo più che per Inzaghi, a cui il punticino dà più morale che spinta in classifica. La Juve sale appena a 13 punti, a -3 dalla vetta in attesa del Milan, e rischia di passare la sosta a farsi domande. Anche su un contropiede quattro contro tre sprecato – proprio lui – da Ronaldo.

LA PARTITA — Questo Lazio-Juve, anche prima del finale, era stato strano. Tra i molti modi che una Signora conosce per vincere una partita, in questa domenica Pirlo ha scelto di strappare una pagina dal manuale della famiglia Inzaghi. La Juve ha difeso bassa, arroccandosi davanti a Szczesny e ripartendo, copione scelto in tante serate di gloria dalla Lazio. Non solo, il gol del vantaggio di Ronaldo è nato da un bel cross di Cuadrado e soprattutto da un fondamentale di CR7 da grande attaccante: partire in fuorigioco e rientrare un centimetro oltre la linea di difesa al momento giusto. Puro Pippo-style. In tutto questo, un dubbio da moviola per il pomeriggio: una punizione di Milinkovic nel secondo tempo è finita sulla barriera della Juve e il braccio largo di Ronaldo ripreso dalle telecamere potrebbe obbligare i moviolisti a una lunga serie di replay.

JUVE DA C ONTROPIEDE — La Juve insomma ha giocato una partita diversa dal solito, lontana dai propositi di Pirlo. Meno gioco propositivo, molto meno possesso ma tanta disponibilità ad aiutarsi, lottare, stringersi. Questo è, sacrificio, come da comandamenti storici della casa. Non per caso, la Signora in blu ha avuto almeno tre palle gol buone per un documentario sul contropiede. Minuto 37: ripartenza rapida con tiro (fuori) di CR7. Minuto 43: quattro contro quattro con Ronaldo che, dopo passaggio gentile di Kulusevski, si sposta la palla e calcia col destro. Palo. Minuto 20 del secondo tempo: giocata da campione dello svedese col 44 che si smaterializza tra due avversari e riappare cinque metri più in là per il quattro contro tre Juve, gestito male da Cristiano. CR7 uscirà poco dopo, sostituito da Dybala: non pare grave, ma le prossime ore chiariranno. Pirlo così, al di là dei pensieri da infermeria, torna a Torino soddisfatto soprattutto per la tenuta difensiva: bene Bonucci dietro, benissimo Rabiot in mezzo.

LAZIO DI ORGOGLIO — La Lazio invece si è spaccata la testa per 90 minuti sullo stesso rompicapo: come attaccare il muro blu della Juve arroccata negli ultimi 30-40 metri. Muriqi non è stato mai pericoloso, Correa si è acceso solo a 25 minuti dalla fine e Luis Alberto non è andato oltre un paio di giocate di qualità. Intensità, nel complesso, poca. Così la migliore occasione del primo tempo è arrivata, dopo 20 minuti, con un classico della casa: la palla lunga di Radu per Milinkovic, che è saltato sopra Danilo per la sponda di testa. Sembrava tutto troppo poco, tutto insufficiente fino alla magata finale di Caicedo, al quinto gol oltre il 90’ dall’inizio della scorsa stagione. Per le statistiche normali, ripassare più tardi.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Inter, Lautaro non basta: in casa dell'Atalanta è 1-1

La squadra di Conte si porta avanti al 58' grazie a un gol di testa
dell'argentino, ma al 79' i bergamaschi trovano il pari con Miranchuk


Davide Stoppini


Pareggio e rimpianti, più per l’Inter che per l’Atalanta. Perché fino alla rete del pareggio di Miranchuk Lautaro e compagni sembravano in controllo del match, dopo aver sprecato con Vidal e Barella la chance del raddoppio. Ma il finale è stato tutto della squadra di Gasperini, che ha meritato il pareggio. Conte non riesce ad allungare: la rete del Toro aveva aperto la via, fin lì anche la tenuta difensiva era stata buona.

PRIMO TEMPO — Il primo tempo va via a ritmi alti, ma senza che i due portieri siano impegnati in una vera parata. L’Inter ritrova in avanti Sanchez con Lautaro, quest’ultimo regolarmente in campo dopo aver accusato una noia muscolare nel riscaldamento. Gasperini sceglie invece il 3-4-3: il centravanti lo fa (con licenza di abbaassarsi) Gomez, Zapata si allarga a sinistra dalle parti di Skriniar, Malinovskyi invece capita spesso dalle parti di Bastoni. Il primo affondo è dell’Inter: all’8’ ottima apertura di Barella per Darmian, cross per Lautaro che viene anticipato da un grande intervento di Romero. Pressing asfissiante di entrambe a metà campo, si gioca in spazi strettissimi e la voce da padrone la fa Vidal, il migliore dei suoi. L’Atalanta ci prova, quasi casualmente, al 18’ con Malinovkyi, il cui tiro-cross viene smanacciato da Handanovic. Dall’altra parte - minuto 19 - Sanchez pesca bene in area Lautaro, ma il destro fiinsce fuori. L’occasione più grande per gli uomini di Gasp arriva al 23’: affondo dritto per dritto sul centro sinistra di Gomez che poi allarga a destra per Malinovsky, ma il sinistro è sballato. L’Inter replica subito con Vidal, il cui colpo di testa su cross di Bastoni sfiora l’incrocio dei pali. Squadre molte attente a non concedere spazi, lavoro extra per i centrocampisti: il primo tempo di fatto è tutto qui.

SECONDO TEMPO — Ripartenza senza sostituzioni. Il copione non cambia, serve l’episodio o la giocata che sblocchi la partita. La trova l’Inter al 13’, con un’azione ben avviata da Brozoic che trova largo a sinistra Young. L’inglese punta Hateboer poi col destro mette destro per Lautaro, che di testa trova l’angolo più lontano, anticipando Djimsiti. Gasperini corre subito ai ripari, on un doppio cambio: fuori Pasalic e Malinovskyi, dentro Pessina e Miranchuk. Ma è sempre Inter, che alza ancor di più il ritmo del pressing, fino a portare Young al 19’ a sfiorare con il destro il palo lontano. Ma un minuto dopo - è il 20’ - la squadra di Conte spreca un’occasione enorme per il 2-0: Lautaro manda in porta Vidal, che punta dritto Sportiello ma calcia addosso al portiere, bravo a mandare in angolo anche il successivo tentativo di Barella. Primo cambio per Conte: al 25’ fuori Vidal, appena ammonito, dentro Gagliardini, che in mattinata aveva raggiunto il ritiro in extremis dopo la notizia della negatività al tampone Covid. Gasp risponde con Muriel, dentro per Toloi, e Lammers per Zapata. E’ l’ora del massimo sforzo dell’Atalanta, che Conte contrasta cambiando la coppia d’attacco, buttando in campo al 29’ Lukaku per Lautaro, oltre che Perisic per Sanchez. Ma il jolly lo pesca Gasp, quasi improvviso: al 34’ Miranchuk riceve al limite dell’area, si gira, tira tra le gambe di Bastoni beffando Handanovic. Il pareggio ora non sta bene a nessuno, Conte cambia ancora con un’altra doppia sostituzione: minuti per D’Ambrosio e Hakimi, al posto di Hakimi e Young. Ma la chance capita sulla testa di Muriel, che al 39’ spreca di testa a pochi passi da Handanovic, dopo l’assistenza di Freuler. E’ l’Atalanta ad averne di più, Gasp inserisce Mojica per Ruggeri. Ultime due occasioni: al 47’ Miranchuk non trova il tap-in sulla palla i Muriel, dall’altra parte l’inserimento diHakimi non trova in mischia Lukaku. Non c’è più tempo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Mkhitaryan, che tris!
Ora è la star della Roma:
"Dzeko me l'aveva detto..."



Prima tripletta dell'armeno nei primi cinque campionati europei,
in nazionale ne aveva siglata una contro il Guatemala.
Giallorossi terzi: "Possiamo arrivare ai livelli che vogliamo"


Francesco Pietrella

Un destro al volo che sa di Brasile, una tripletta al Genoa per lanciare la Roma. Calcio allegro e bailado, Mkhitaryan sa cosa vuol dire. Questione di viaggi.

RETAGGI — Armeno di Yerevan, a 14 anni se ne andò a San Paolo per imparare calcio. Merito di mamma, volto noto della federazione, che sfruttò una rete di contatti per far fare al figlio un'esperienza di 4 mesi nelle giovanili del Tricolor. Il riferimento si chiama Oscar, il compagno di stanza Hernanes. Lui, fantasista puro, impara il portoghese e torna in patria trasformato, come uomo e come talento. Perché alcuni tocchi te li ricordi, restano impressi, e a distanza di anni vengono replicati. Prima tripletta in Serie A, primo tris nei primi cinque campionati e Roma terza in classifica dopo l'1-3 al Genoa. Un grazie a Fonseca e l'altro a Dzeko: "Mi ha detto che avrei segnato". Profezia rispettata, e se non fosse stato per la traversa avrebbe calato il poker. Mai una tripletta con United e Dortmund, sì con la nazionale: Guatemala-Armenia 1-7, 28 maggio 2016. Ora il ragazzo sogna nella Capitale: "Possiamo arrivare ai livelli che vogliamo, abbiamo tutto per farlo".

STELLA — La Roma non può farne a meno. Tre gol e 4 assist in A. Preso a titolo definitivo nell'ultimo mercato, Mkhitaryan si è calato nella parte di leader e ci sta riuscendo. Parlano i numeri: dall'inizio del 2010, solo due giocatori hanno segnato almeno 10 reti in Serie A, Bundesliga e Premier. Edin Dzeko e Mkhitaryan, oggi decisivo. "L'anno scorso sono stato spesso infortunato". Nonostante tutto, però, 9 gol e 6 assist in 30 partite tra campionato e coppe. Perché la specialità è sempre stata servire i compagni: nel 2015-16 sfornò 32 passaggi vincenti con lo Shakhtar.

GOL — Punto di riferimento tecnici di una Roma ritrovata, terza in A grazie all'armeno poliglotta con una laurea in economia. Mkhitaryan parla 6 lingue e ha sempre segnato, dallo United al suo Shakhtar, gioiello di Lucescu: "Il più forte che abbia mai allenato", disse una volta. Parlano i gol: 44 in 106 partite in Ucraina, alla Donbass Arena, dove sparavano la Sabre Dance a tutto volume dopo ogni gol, canzone famosissima in Armenia. Chissà se l'Olimpico ne proporrà un'altra.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Palo di Gojak, Sirigu decisivo:
0-0 tra Torino e Crotone, rimasto in 10



Rossoblù due volte vicini al gol con Messias, poi legno del trequartista.
Nel finale espulso Luperto per doppio giallo


Mario Pagliara

Il Toro va in bianco, il Crotone rientra in Calabria con un punto meritato. La squadra di Giampaolo non piazza il break dopo la vittoria di Marassi, frutto di una prestazione incolore e con troppi e ripetuti errori. Gli uomini di Stroppa si fanno preferire sul piano tattico, e del gioco soprattutto nel primo tempo, ma non hanno mai la forza per piazzare la zampata. Finisce zero a zero. L’impressione è che i granata abbiano pagato dazio sul piano fisico alla terza partita in sette giorni, la quinta in due settimane: la stanchezza c’era e si è vista.

LA RAGNATELA DI STROPPA — E’ un bel pollice alto quello che il Crotone merita nel primo tempo sul piano del gioco, passettino indietro del Toro, invece, rispetto alle ultime uscite nelle quali i granata erano apparsi costantemente in crescita. I calabresi sorprendono la squadra di Giampaolo per la fluidità e la qualità del possesso, una voce sulla quale sono praticamente dominanti per tutta la prima mezz’ora, di fronte a un Toro troppo attendista e incapace, per larghi tratti, di venire fuori dalla ragnatela tessuta da Giovanni Stroppa. Il Crotone infatti è schierato benissimo, con un centrocampo a cinque a trazione offensiva, spinto da due mezzali (Vulic e Benali) posizionate molto alte che mandano continuamente in affanno sia Meité che Linetty. Un altro elemento che scava differenze è la supremazia sulle fasce di Reca (che vince il duello con Vojvoda) e di Pereira (sempre in vantaggio su Rodriguez). Al di là degli aspetti squisitamente tattici, bisogna aggiungere che non è certo un primo tempo memorabile. Il Toro si affaccia nell’area avversaria solo con un paio di calci d’angolo, mentre il Crotone firma l’unico tiro in porta prima dell’intervallo al 46’ con una sventola di Pereira sulla quale Sirigu si fa trovare attento.

PALO DI GOJAK — In avvio di ripresa il giro-palla del Crotone perde ritmo e linearità, pur restando con il pallino tra i piedi. Il Toro però non ne approfitta, stenta a decollare e riempie la sua partita di errori. Intorno al ventesimo del secondo tempo, arrivano i primi cambi dalle panchine: Giampaolo capisce che è il momento di dare più freschezza sulle fasce e cambia entrambi gli esterni (dentro Singo per Vojvoda, Murru per Rodriguez), Stroppa risponde inserendo Petriccione (al posto di Cigarini) nel motore della sua squadra. In un pomeriggio che complessivamente non decolla, il secondo tiro della sfida è ancora del Crotone che ha il merito di crederci di più: lo scocca Messias alla mezzora, Sirigu respinge coi pugni. Nel finale Giampaolo si gioca anche le carte Bonazzoli (per Verdi) e Gojak (per Meité). I granata sfiorano il vantaggio con Gojak (38’), il suo cross dalla destra, deviato dalla schiena di Reca, prende una parabola impazzita e sbatte sul palo.

FORCING FINALE — A quattro minuti dal 90’ Luperto stende Belotti in corsa e si becca il secondo cartellino giallo della ripresa: il Crotone finisce in 10 uomini, lasciando il campo al forcing del Toro. C’è ancora il tempo per un nuovo giro di sostituzioni: dentro Ansaldi per il Toro e Cuomo per l’infortunato Siligardi, subentrato cinque minuti prima. La squadra di Giampaolo getta il cuore oltre l’ostacola, e al primo di recupero prima Bonazzoli (su assist di Belotti) e poi Murru di testa falliscono due clamorose occasioni.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Osimhen vale 3 punti: il Napoli di Gattuso mette k.o. il Bologna



Il bomber nigeriano torna al gol e regala la vittoria ai partenopei.
A nulla serve l'assalto finale della squadra di Mihajlovic


Matteo Dalla Vite

In attesa del ricorso per lo 0-3 contro la Juventus, il Napoli si prende tre punti pesanti, meritati ma ringraziando anche Ospina che al 41’ della ripresa ha salvato un colpo sottoporta di Orsolini, che ha sfiorato il pari. Il Bologna si è svegliato tardi. Troppo tardi. Irretito dalla manovra qualitativa dei partenopei, la squadra di Sinisa (priva comunque di 8 uomini) ha cominciato a mulinare occasioni vere solo dalla mezz’ora della ripresa in poi. Troppo poco davanti a un Napoli che spesso ha avuto il merito di nascondere la palla e al quale l’arbitro Pasqua ha annullato il 2-0 per fallo di mano di Osimhen. Ed è stato proprio il nigeriano a spaccare la partita: gol di testa in solitaria al 23’ e col Bologna che registra la partita numero 40 di fila con rete subita.

SECONDO... OSIMHEN — Sinisa e Rino (due che urlano squarciagola ad ogni secondo di gara, fra dritte e arrabbiature spesso sacrosante) si mettono con moduli a specchio, quindi col 4-2-3-1: Gattuso – per motivi disciplinari, li ha visti poco concentrati nell’ultimo allenamento – ha messo in… castigo e in tribuna Mario Rui e Ghoulam. Sinisa deve fare a meno di otto uomini perché l’ultimo che si è infortunato è stato Hickey (adduttore) dopo Santander, Poli, Dijks, Skov Olsen, Medel, Mbaye e Sansone. Il primissimo tiro in porta è di Osimhen, prima punta assistita – da destra – da Lozano, Mertens e Insigne. Il Napoli palleggia subito bene, cerca la profondità che il Bologna riesce a trovare di rado: Sinisa Mihajlovic mette in piedi i duelli in mezzo al campo, con Schouten su Fabian Ruiz e Dominguez su Bakayoko; il Napoli cerca di sgusciare via con Lozano che al 15’ infila una palla in mezzo sulla quale Insigne arriva lungo e comunque dopo la spazzata di Dominguez, molto spesso in aiuto della linea a 4 difensiva. Altro pericolo dal Napoli arriva proprio da Lozano, che si mangia Denswil: colpo preventivabile che Skorupski prende facilmente. Skorupski che due minuti dopo lascia sfilare un tiro a girare dalla sinistra di Mertens: il Napoli ogni volta che sale sa crearsi una conclusione e così succede che al 23’ sempre Lozano vola via a Denswil, cross per Osimhen in mezzo all’area, solitudine assoluta, Skorupski esco-non esco, vantaggio Napoli. Per il nigeriano è il secondo gol in campionato, per il Bologna zero tiri in porta nel primo tempo davanti a cinque (verso la porta) effettuati dalla squadra di Gattuso.

RISVEGLI TARDIVI — Dopo 5’ minuti della ripresa c’è il secondo gol del Napoli: viene annullato dall’arbitro Pasqua perché Osimhen (che ha ricevuto uno strattone prima?) colpisce la palla con la mano in e vanifica la botta di Koulibaly. A quel punto, Sinisa chiama un cambio: Dominguez è sfinito, dentro Svanberg e faccia comunque e sempre offensiva davanti a un Napoli che mulina qualità nascondendo anche il pallone. Ovvio che ci sia differenza tecnica fra le due squadre, e come quasi inevitabile conseguenza il Bologna scocca il primo tiro verso la porta di Ospina con Barrow al 23’ s.t. Mentre Gattuso infila Zielinski e Politano, Mihajlovic è già passato al 3-4-1-2, togliendo anche Denswil per Vignato. Il Bologna dà qualcosa in più, ma è un risveglio tardivo anche se il pari sarebbe stato più facile farlo che no: al 41’, Vignato ruba palla e serve Orsolini che si porta il pallone sul sinistro, Ospina ribatte, conclusione di Palacio ancora ribattuta, tiro di Svanberg che lo stesso Orsolini non riesce a deviare in rete. Subito dopo, Palacio viene ammutolito da Ospina e il Napoli si porta a casa i tre punti, soffrendo sì alla fine ma davanti a un Bologna molto sveglio solo dal trentesimo della ripresa in poi. Troppo poco.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Sempre Ibra, nel bene e nel male: il Milan riprende il Verona al 93', è 2-2

Zlatan sbaglia dal dischetto, colpisce una traversa ma alla fine trova il pari:
la squadra di Pioli resta a +2 in vetta.
Le altre reti: Barak e due autogol (Calabria e Magnani)


Marco Fallisi


I piani di fuga sono andati in fumo, ma il Milan si è ritrovato dopo essere finito a un passo dal secondo tonfo in quattro giorni, e forse questo è l’aspetto che più brillerà agli occhi di Stefano Pioli dopo il 2-2 di San Siro con il Verona. Il suo Diavolo finisce sott'acqua, rientra in gara ed evita la beffa al 93’ con il solito Ibra. Anche se di consueto, nella serata dello svedese – tra un rigore sbagliato, una traversa e un fallo di mano costato un gol a Calabria – c'è stato poco. Juric sfiora il colpaccio ma si riallinea con la tradizione – in 29 incroci al Meazza in A, l'Hellas non ha mai battuto il Milan – e si accontenta di un buon pareggio; Pioli mantiene invariate le distanze sulle inseguitrici ma arriva comunque alla sosta da capolista e imbattuto. Dopo il campanello di allarme con il Lilla, il bicchiere resta mezzo pieno.

CHE VERONA — La partita riserva sorprese fin dall'inizio, perché Pioli è costretto a fare a meno di Romagnoli, k.o. durante il riscaldamento per un problema ai flessori: tocca a Gabbia, che torna in campo a poco più di un mese dall'ultima volta. Le sorprese più grandi però le sfodera il Verona, che dopo 19 minuti è avanti di due gol, nati entrambi dagli sviluppi di un calcio piazzato. Al 6’ è Barak ad anticipare tutti dopo la traversa colpita da Ceccherini di testa dopo un corner, al 19’ è Calabria a deviare alle spalle di Donnarumma un tiro dal limite di Zaccagni (punizione di Dimarco). Il vantaggio della banda Juric è meritato: il 3-4-2-1 disegnato dal tecnico dell’Hellas è compatto e aggressivo, Zaccagni, fantasista di sinistra alle spalle di Kalinic, e Dawidowicz, mastino davanti alla difesa, prevalgono rispettivamente su Calabria e Calhanoglu, il Milan soffre fin da subito – serve un super intervento di Donnarumma per negare a Kalinic il gol dell’ex al 5’ – e rischia di affondare dopo l’uno-due gialloblù. Ibra si muove più da regista offensivo che da centroboa e manda in porta Saelemaekers, sul destro del quale Silvestri è attento. Ma è Leao il più ispirato lì davanti: il portoghese vince il duello dei ventenni con Lovato – talento seguito dal Milan, come ha ammesso nel prepartita lo stesso Maldini – e sfiora il gol al 22’, con un destro deviato prima da Dawidowicz e poi da Silvestri dopo uno strappo in ripartenza. I rossoneri sono meno brillanti e precisi del solito, insomma, e danno sempre l’impressione di poter soffrire quando il Verona si affaccia dalle parti di Gigio, ma producono comunque occasioni e riescono a tornare in partita al 27’: Saelemaekers mette in mezzo per Kessie che devia, il pallone sbatte sul corpo di Magnani e finisce in porta. Poco dopo Silvestri chiude su Hernandez da pochi passi.

IBRA DISFA E FA — Nella ripresa Pioli cambia, inserendo Rebic per Saelemaekers con il piano di alzare il tasso di corsa e potenza nel trio alle spalle di Ibrahimovic. Lo scatto alla partenza però è ancora del Verona, che fallisce il colpo del k.o. con Dimarco: solita discesa di Zaccagni a scherzare Calabria, palla in mezzo per l'esterno che sbuca in mezzo ai difensori e da solo alza sopra la traversa. Il Milan resta in piedi e ci prova: al 51’ Calhanoglu segna ma Guida annulla per fuorigioco. Superata l'ora di gioco, è Hernandez a fare tremare Juric: il francese si infila sul filo del fuorigioco e calcia a tu per tu con Silvestri, ma il portiere del Verona arriva anche lì. Non gli servono miracoli poco dopo, al 66’, perché Ibra fa tutto da solo dal dischetto: Guida fischia un penalty per fallo di Lovato su Kessie, ma lo svedese spara in curva, è il quarto rigore sbagliato negli ultimi 6 tentativi. La porta dell'Hellas, per Ibra, sembra stregata: al 76’ centra la traversa con un colpo di testa, poco dopo è il solito Silvestri a salvare su un'altra incornata dell’11 rossonero. C'è ancora lo zampino, anzi il braccio, del gigante di Malmoe anche sul pareggio di Calabria annullato dopo una Var review: la sponda di Ibra per il terzino rossonero è viziata da un fallo di mano. Ma non è finita, perché lo svedese rimette in piedi la serata dei compagni (e ovviamente la sua) al 93’: calcia al volo e Silvestri devia, ma sul cross con cui Brahim (entrato nell'ultima parte di gara) rimette in mezzo la palla della disperazione sale in ascensore e infila la porta del Verona. Avversario mai affrontato prima da Ibra: per arricchire la collezione, Zlatan ha fatto una fatica del Diavolo. Il Diavolo però ringrazia lui, anche stavolta.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2020/2021 7ª Giornata (7ª di Andata)

06/11/2020
Sassuolo - Udinese 0-0
07/11/2020
Cagliari - Sampdoria 2-0
Benevento - Spezia 0-3
Parma - Fiorentina 0-0
08/11/2020
Lazio - Juventus 1-1
Atalanta - Inter 1-1
Genoa - Roma 1-3
Torino - Crotone 0-0
Bologna - Napoli 0-1
Milan - Verona 2-2

Classifica
1) Milan punti 17;
2) Sassuolo punti 15;
3) Napoli(-1) e Roma punti 14;
5) Juventus e Atalanta punti 13;
7) Inter e Verona punti 12;
9) Lazio punti 11;
10) Sampdoria e Cagliari punti 10;
12) Fiorentina e Spezia punti 8;
14) Bologna, Parma e Benevento punti 6;
17) Torino e Genoa punti 5;
19) Udinese punti 4;
20) Crotone punti 2.

(gazzetta.it)

(-1) Penalità al Napoli e vittoria a tavolino (3-0) alla Juventus per il match Juventus - Napoli non disputato dai partenopei,
salvo altre decisioni della giustizia sportiva dal momento che il Napoli ha annunciato il ricorso.
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La Lazio balla sotto la pioggia: 2-0 a Crotone.
Immobile torna e va subito a segno

Un bel gol di testa del bomber e una rete di Correa regalano
i tre punti a Inzaghi su un campo reso pesante dalla pioggia.
Per i calabresi solo un’occasione in avvio per Simy


Stefano Cieri


Immobile-Correa e la Lazio va. Nell’acquitrino di Crotone la squadra di Inzaghi torna al successo grazie alle reti nel primo tempo dell’attaccante napoletano, al rientro, e dell’argentino nella ripresa. Successo limpido, che non è mai stato in discussione. Troppo ampio il divario tra le due formazioni, nonostante il campo pesantissimo rendesse la vita più complicata alla formazione con il maggior tasso tecnico, ossia la Lazio. I biancocelesti sono stati però abili a calarsi subito nel tipo di partita da disputare, necessariamente diverso dal solito. Meno ricami e più sostanza, questo Inzaghi aveva chiesto ai suoi. Che hanno eseguito gli ordini sin dalle prime battute di gioco.

IMMOBILE LA SBLOCCA — Dopo un primo quarto d’ora equilibrato, nel corso del quale i biancocelesti hanno comunque avuto due ottime opportunità con Immobile e Correa (ma anche il Crotone si era fatto vivo con Simy che ha colpito un palo esterno), i biancocelesti hanno preso il comando delle operazioni attorno al 15’. Fondamentale la cerniera di centrocampo assicurata da Leiva e Parolo (quest’ultimo ha preso il posto di Milinkovic). Proprio da un’iniziativa di Parolo è nato il gol che ha sbloccato il risultato. Traversone dalla trequarti dell’ex azzurro e colpo di testa vincente in tuffo di Immobile, bravo a incunearsi tra Magallan e Marrone, un po’ statici nell’occasione. Cordaz, che in precedenza aveva salvato su Luis Alberto, nulla ha potuto. Ma il portiere dei calabresi ha poi avuto il grande merito di tenere i suoi in partita fino all’intervallo grazie ai due miracoli compiuti su Parolo e su Fares. Il raddoppio di Correa Il 2-0 è comunque arrivato nella ripresa, grazie a Correa, uno degli uomini migliori in campo. Messo in movimento da un intelligente assist di Immobile, l’argentino si è incuneato in area e con un tocco morbido ha beffato sia il tentativo di intervento di Marrone sia l’uscita di Cordaz. La partita è sostanzialmente finita lì. Il Crotone, frenato anche da un campo che col passare dei minuti diventava sempre più difficile, non ha avuto la forza di rialzarsi. E’ stata così la Lazio a sfiorare il 3-0, con Caicedo che era subentrato a Correa. In precedenza Inzaghi aveva sostituito anche Parolo e Fares con Akpa Akpro e Marusic e successivamente ha inserito pure Pereira per Immobile. Anche Stroppa ha operato qualche cambio nel corso della ripresa nella speranza di riaccendere una squadra che andava sistematicamente a sbattere contro il muro della Lazio. Pereira e Reca hanno provato a dare più velocità sulle fasce, ma senza risultati concreti. E così alla fine la Lazio ha portato a casa i tre punti senza correre particolari rischi.

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21/11/2020 21:10
 
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Provedel è super: Atalanta fermata in casa dello Spezia



Per i nerazzurri tante occasioni, un gol annullato a Gosens e un palo di Zapata.
Bene la squadra di Italiano, che ha colpito un legno con Farias


Marco Guidi

Zero gol, un palo a testa e due conferme. La prima, che lo Spezia è una signora squadra, ben allenata dall’emergente Italiano. La seconda, che la giostra Atalanta ha qualche meccanismo inceppato. Lo 0-0 finale non fotografa la gara, che è stata emozionante fino al 90’ e oltre, ma premia e punisce in ugual misura difetti e pregi delle due contendenti. Certo, i nerazzurri avrebbero comunque potuto strappare i tre punti a Cesena, non avessero trovato sulla loro strada un super Provedel, ma il punto conquistato dai liguri è più che meritato. Lo Spezia resta ancora a caccia della prima vittoria casalinga in Serie A, mentre l’Atalanta per la quarta volta consecutiva dopo la sosta per le nazionali non riesce a centrare il successo. La squadra di Gasperini rischia di perdere altro terreno in classifica e mercoledì c’è il Liverpool in Champions: servirà ben altra tempra.

PRIMO TEMPO — Qualche sorpresa nelle scelte degli allenatori. Italiano rinuncia a Chabot, non al meglio, e affianca Erlic a capitan Terzi al centro della difesa, con Vignali e Bastoni sulle corsie. In mezzo conferma per il terzetto Estevez-Ricci-Pobega, mentre davanti Farias e Gyasi ai lati di Nzola. Gasperini, dopo aver lasciato a casa Djimsiti, Hateboer, Mojica e Muriel, rinuncia anche a Freuler e Pasalic, lanciando dal 1’ Pessina in coppia con il rientrante De Roon in mediana. Prima stagionale per Gollini tra i pali, di ritorno dall’infortunio patito ad agosto nell’ultima giornata del campionato scorso. In attacco si rivede Ilicic titolare con Zapata e Gomez alle loro spalle. L’avvio dello Spezia è all’insegna dell’aggressività. Pressing a tutto campo e sovrapposizioni a go go dei terzini. E al 2’ arriva già il primo brivido per Gollini: Farias si accentra partendo da sinistra e col tiro a giro colpisce il palo. Quattro minuti dopo è ancora l’attaccante brasiliano a provarci, dopo una bella percussione di Estevez, ma stavolta la mira è decisamente sballata. L’Atalanta soffre il ritmo dei padroni di casa e si abbassa un po’ troppo sugli esterni sul primo palleggio avversario, lasciando spazio a Vignali e Bastoni per agevoli ricezioni, ma quando supera la prima pressione sa come rendersi pericolosa, soprattutto sul binario di sinistra, dove Gosens corre come un treno. Al 14’ all’esterno tedesco manca solo la precisione sotto porta, dopo una pregevole combinazione con Zapata. Lampi del vero Ilicic (una rarità anche oggi) poco dopo, quando lascia sul posto due avversari, ma Provedel legge bene le sue intenzioni anticipando Zapata in uscita. Prima sostituzione obbligata al 25’: Gasperini perde Depaoli e manda in campo Piccini, alla prima dopo il bruttissimo infortunio di Valencia datato agosto 2019. Lo Spezia abbassa leggermente il ritmo, ma la partita si mantiene equilibrata e gradevole. Ultimo squillo prima dell’intervallo di Zapata al 40’: palo pieno.

SECONDO TEMPO — Alla ripresa Gasp sorprende di nuovo, togliendo uno spento Gomez per Pasalic. Un cambio anche per Italiano: Maggiore per Pobega, apparso un po’ stanco. I liguri, però, faticano più che nel primo tempo in fase di possesso e Nzola è lasciato troppo spesso in balia di Romero. Al 9’ ci prova da fuori Toloi: non va. L’Atalanta è lontana parente della squadra schiacciasassi di qualche tempo fa, ma annusa il calo avversario e prende fiducia. E al 12’ passa anche: cross di Toloi, Zapata allunga di testa e Gosens con il sinistro fa partire una rasoiata all’angolo opposto. Tutto molto bello, non fosse che il colombiano è leggermente avanti all’ultimo difensore di casa. Fuorigioco pescato puntualmente dal Var. Italiano capisce la difficoltà dei suoi e attinge dalla panchina: fuori in serie i due terzini, Vignali e Bastoni, dentro Mattiello e Marchizza. La mossa dà la sveglia allo Spezia e al 18’ sporca i guanti anche Gollini, opponendosi alla girata di Gyasi. Poi Estevez perde in tempo in area sull’invito intelligente di Maggiore. Anche Gasp, da par suo, vuole un cambio di marcia, così al 22’ Lammers rileva Zapata.

SUPER PROVEDEL — L’olandese ci mette un minuto a farsi notare: destro piazzato dal limite e gran risposta di Provedel in angolo. Le squadre perdono le distanze e aumentano le azioni da gol, da una parte e dall’altra. Nzola allarga troppo il sinistro al 27’. Due minuti dopo Piccini di testa va poco convinto sul cross pennellato da Gosens. Il finale è di marca atalantina, ma è ancora Provedel con una doppia parata strepitosa su Pasalic e Gosens al 39’ a salvare la propria porta. Il portiere vince il duello con il croato anche al 43’, sigillando lo 0-0 finale.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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22/11/2020 00:45
 
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La Juve riparte a tutto CR7:
2-0 al Cagliari e si mette in scia al Milan

Doppietta del portoghese nel primo tempo, bianconeri sempre in controllo.
Gol annullati a Bernadeschi e Klavan per fuorigioco


Valerio Clari


Le solite grida di Ronaldo, la voce grossa della Juventus, i sussurri di Pirlo che iniziano a farsi sentire. Nello Stadium vuoto si misurano i decibel, il Cagliari viene zittito, i nove volte campioni non steccano: 2-0. Non siamo ancora alla sinfonia, ma la Juve si fa sentire, anche dalle parti del Milan (ora a un punto). Gli acuti sono sempre del solito, Cristiano (8 gol in 6 gare stagionali), ma il coro bianconero lo supporta. Segnali di vera Juve, contro un Cagliari senza qualche titolare, ma che fin qui non era stato avversario tenero.

TOTEM — Ripartire così, dopo una sosta, dopo il precedente pareggio incassato all'ultimo minuto, potrebbe valere qualcosa di più dei canonici tre punti, quelli che Pirlo aveva posto come obiettivo irrinunciabile alla vigilia. Ripartire da Cristiano Ronaldo, certo, ma anche da Matthijs De Ligt. Un totem davanti e uno dietro: la Juve contro il Cagliari per un tempo tiene tutti lontani da Buffon, l'olandese al debutto stagionale trova comunque modo di far sentire il suo peso. Anticipi, chiusure, un costante senso di potenziale dominio del match, o almeno della sua zona di campo. In altre zone c'è il re portoghese, che inizia sbagliando qualche scelta e danzando un po’ troppo sul pallone, ma poi passa presto in modalità “letale”. Quei due e tutta una squadra intorno, convincente, avvolgente, ordinata e veloce: fino al vantaggio manca un po’ l'ultima giocata, ma è solo questione di tempo. Kulusevski a destra per aprire il piatto sinistro a giro (pericoloso al 28’), Bernardeschi a sinistra, positivo e in gol già dopo 11’ (fuorigioco di Morata, che per cambiare un po’ si fa annullare l'assist), Arthur in mezzo a smistare palloni come i ragazzi dei giornali dei vecchi film americani: di qua, di là, nessuna genialata, ma mai una palla persa. Rabiot al suo fianco prova gli strappi, Morata davanti è riferimento e centroboa.

GOL E RISPOSTE — Alvaro è centravanti funzionale, a volte fin troppo generoso nel cercare l’assist: non può esser definito tale il passaggio da centro area a Ronaldo al 38’. Completa un'azione iniziata da destra da Bernardeschi, ma poi CR7 ci mette tanto del suo: con due tocchi prepara il tiro eludendo Zappa e Pisacane. Conclusione chirurgica sul palo lontano, così come è perfetta, per tempismo e tocco, la palla arpionata al volo qualche minuto dopo sul colpo di testa di Demiral dopo corner di Cuadrado: 2-0, superiorità che prende forma nel tabellino. Il Cagliari, piazzato da Di Francesco con una inedita difesa a tre (che diventa a cinque), deve cambiare qualcosa e aggiunge Sottil all’evanescente Ounas e Joao Pedro e Simeone, annullati da De Ligt e Demiral. Il nuovo spirito e il nuovo modulo (il ritorno al 4-2-3-1) se non altro portano i sardi ad alzare il baricentro e farsi vedere nella metà campo avversaria: La Juve va vicina al 3-0 con Demiral (traversa su colpo di testa) e Bernardeschi (Cragno para), il Cagliari segna con Klavan ma la rete è annullata per fuorigioco. Poi tocca a Dybala testare i riflessi del portiere: entra per Morata, mette minuti cercando la risalita. Servirà: era solo la prima di dieci partite prima di Natale.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Benevento, che colpo a Firenze! Prandelli, ritorno da incubo

La squadra di Inzaghi vince 1-0 grazie alla rete di Improta nella ripresa e supera i viola in classifica.
Continua il momento no della Fiorentina, che non vince da tre gare


Luca Calamai


Nella prima di Cesare Prandelli fa festa Pippo Inzaghi. Il Benevento vince per 1-0 al Franchi interrompendo una striscia di cinque risultati negativi, Coppa Italia compresa. Grande delusione per la Fiorentina e per Prandelli. Tra le cattive notizie per i viola anche l’infortunio a Ribery uscito alla fine del primo tempo. Per la creatura di Rocco Commisso un brutto passo falso.

PRIMO TEMPO — Grande possesso di palla della Fiorentina nella prima frazione di gioco. Prandelli perde nel riscaldamento Bonaventura per problemi alla caviglia e inserisce al suo posto Duncan. Il modulo tattico dei viola è un 4-2-3-1 con Castrovilli che opera dietro a Vlahovic. La Fiorentina prende possesso della metà campo avversaria ma di spazi ce ne sono pochi. La prima e l’unica conclusione dei viola nel primo tempo è un sinistro alto di Biraghi. In due-tre occasioni il giro palla dei giocatori di Prandelli mette Ribery in una buona situazione di uno contro uno. Ma il francese non riesce mai a saltare il diretto avversario. Il Benevento si limita ad aspettare gli avversari. La squadra di Inzaghi lentamente accenna anche a qualche ripartenza. Sau cerca la conclusione. Ci prova anche Barba, in uno dei suoi inserimenti offensi vi ma il suo sinistro termina altissimo sopra la traversa. Insomma, un primo tempo senza nessuna vera conclusione nello specchio della porta. Nel finale della prima frazione dopo una ripartenza mal sfruttata resta a terra Ribery. Vittima di problemi muscolari. Al 43’ il francese viene sostituito da Saponara. Per FR7 proprio una brutta domenica.

LA RIPRESA — Si riparte con Saponara trequartista e Castrovilli allargato a sinistra nella posizione di Ribery. Il Benevento inserisce Insigne al posto di Sau. E la squadra di Inzaghi al 7’ passa in vantaggio. Controllo sbagliato di Biraghi su rilancio di Dragowski. Recupera palla il nuovo entrato Insigne che appoggia per Improta che azzecca un rasoterra vincente. E’ l’1-0 per le Streghe. Prandelli opera un triplice cambio: entrano Cutrone, Pulgar e Lirola; escono Kouame, Igor e Duncan. La Fiorentina passa al 4-3-1-2. Il Benevento insiste. Al 18’ bella girata di Insigne, entrato benissimo in partita. Dragowski devia in angolo. Cambio obbligato per il tecnico del Benevento: esce Letizia, entra l’ex Maggio. Il Benevento ancora in attacco. Al 26’ una conclusione di Moncini viene ribattuto da Pezzella in scivolata. Entra Lapadula per Moncini. E al 34’ un altro errore di Biraghi regala il sinistro a Insigne. Conclusione larga. Grande punizione di Lapadula: Dragowski vola e devia in angolo. Bravo il portiere viola. La Fiorentina al 40’ costruisce la sua più limpida occasione da gol. Perfetto il tocco del nuovo entrato Borja Valero per Vlahovic che da pochi passi devia di tacco. Montipò respinge d’istinto. L’arbitro assegna sei minuti di recupero. In contropiede Lapadula spara alto da buona posizione. Finisce con la vittoria del Benevento.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Inter, che rimonta! Sotto di 2 gol,
Sanchez e la LuLa ribaltano il Toro

Granata avanti con Zaza e Ansaldi su rigore.
Ma il Niño Maravilla, il doppio Big Rom e Lautaro nel finale regalano i tre punti ai nerazzurri


Filippo Conticello


Senza rimonta, che gusto ci sarà mai? L’Inter, squadra altamente specializzata nel complicarsi la vita, ritrova il successo nel più pazzo dei modi, il suo: va a fondo per un’ora, recupera due gol a un Toro ottimo e cambia l’inerzia con la forza dei nervi. Il 4-2 finale, rotondo, può regalare un po’ di ottimismo in vista della Champions: hanno fatto centro i tre attaccanti, segno che la mira si sta finalmente assestando. Ma il risultato non cancella le difficoltà lunghe un’ora. E non cancella neanche la prova del Torino che, privo di Belotti e poi anche di Verdi, gioca la migliore partita stagionale, prima di sciogliersi nonostante il gelo di San Siro.


L’INIZIO — Non bastava al Toro rinunciare all’allenatore Marco Giampaolo, fermato dal Covid: anche il Gallo deve saltare il match per un leggero infortunio nel pre-gara. Ma il bello è che i granata, con il vice Francesco Conti in panchina, fanno lo stesso un figurone, anche senza il loro cannoniere a guidare la truppa. Per ogni passaggio molle e impreciso dell’Inter, c’è infatti una ripartenza affilata del Torino, sempre uno in più e con praterie davanti da sfruttare. Così il Toro domina per gran parte del primo tempo e produce tiri in serie: Zaza in alcune occasioni potrebbe fare meglio, in altre si trova davanti un buon Handanovic. In un tempo lo sloveno alza la quantità di parate effettuate in tutta la stagione.

SENSO UNICO — E’ come se la difesa a tre, inaugurata dal Toro dall’inizio per l’occasione, tolga riferimenti a Conte, incapace di pescare contromisure adeguate. Il giovane Singo a destra è una freccia nel costato, mentre l’idea di avanzare Vidal sulla trequarti, novità interista di giornata, naufraga presto: è preso in mezzo tra la difesa granata e i centrocampisti di combattimento del Toro. Vidal sta lì anche per l’assenza di Brozovic, regista necessario a Conte per costruire un centrocampo a 5 con due mezzali vere accanto. Al posto del croato, torna Gagliardini sulla stessa linea di Barella, ma la manovra è nel complesso macchinosa e arrugginita. Sanchez, preferito a Lautaro in vista del Real, gira a vuoto e anche Hakimi è lontano parente dell’esterno ammirato a Dortmund.

IL VANTAGGIO — La conseguenza è il vantaggio, meritatissimo, del Toro che curiosamente arriva dopo che i granata perdono per infortunio anche l’altro attaccante titolare: Verdi deve lasciare a Bonazzoli, talento svezzato proprio all’Inter. Ma la rete dell’1-0 allo scadere del primo tempo la segna Zaza, la punta che più aveva cercato la conclusione, l’uomo che aveva già fatto piangere Conte da c.t. della Nazionale. Dopo una palla sanguinosa persa da Sanchez, Meitè inventa un tacco geniale per il sinistro del numero 11. In una singola azione ecco la fotografia di un primo tempo a senso unico.


LA RIPRESA — Il secondo tempo inizia senza cambi, nonostante l’Inter sia una copia sbiadita di ciò che potrebbe essere. Il cronometro che passa inesorabile porta i nerazzurri ad alzare il baricentro col rischio di lasciare ancora più spazio alle spalle. Su una delle mille ripartenze granata, l’esplosivo Singo brucia alle spalle Young che gli rifila un calcione: serve l’intervento del Var dopo lunghi minuti per certificare il rigore, trasformato di potenza da Ansaldi. Col 2-0 la montagna da scalare diventa altissima, ma la reazione è veemente. Come se improvvisamente arrivasse una scarica di adrenalina su un corpo privo di forze: dopo un minuto, in mischia, Sanchez riesce ad accorciare le distanze. Un gol che sarà come una scintilla.

LA SCINTILLA — Da quel momento inizia, infatti, un’altra partita, orientata anche dai cambi: Conte alza il baricentro facendo entrare Lautaro al posto di Gagliardini con Sanchez spostato sulla trequarti. Il Toro getta via quanto di buono fatto fino a quel momento, perde misteriosamente sicurezze, mentre l’Inter trova baldanza e subito arriva la rete del pareggio: Lukaku fa gol servito da Sanchez. E’ il 67’ e sul punteggio si legge 2-2: cinque minuti prima i granata erano in totale controllo, avanti di due reti. Stranezze del calcio, soprattutto quando di mezzo c’è un’Inter così tanto pazza. Gli ultimi 20 minuti sono quelli dell’arrembaggio garibaldino, con i nerazzurri che tentano di completare la rimonta mancata altre volte: Ranocchia divora di testa, Hakimi manca spesso il cross decisivo.


L’EPISODIO — Alla fine il 3-2 arriva, ma è ancora più beffardo per il Tporo perché causato da un rigore assegnato col Var all’84’ dopo una azione bizzarra. Hakimi, atterrato in area da Nkoulou, rientra dal più classico dei fuorigioco. Dopo aver fischiato l’offside, l’arbitro La Penna viene chiamato al Var per valutare la natura del tocco del difensore camerunese precedente al fallo: il suo stop, infatti, viene considerato una giocata che rimette in posizione regolare l’esterno. Alla fine il penalty del sorpasso lo segna Lukaku, che poi trova il tempo di servire al gemello Lautaro l’assist del 4-2.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Mkhitaryan più Mayoral, Roma sul velluto:
Parma schiantato in 40 minuti

I giallorossi la chiudono già nel primo tempo: Parma travolto.
Doppietta dell’armeno, primo gol in A per lo spagnolo.
Prosegue l’imbattibilità sul campo di Fonseca


Massimo Cecchini


Un ritorno al passato in tutti i sensi. In attesa delle partite serali, la Roma - giunta a 16 risultati utili consecutivi in campionato (escludendo la sconfitta tavolino col Verona) - torna ai vertici della classifica e la famiglia Friedkin sfoggia una mascherina con il vecchio stemma del club, quello tanto amato di tifosi più accesi, che l’ex presidente Pallotta aveva sostituito. Insomma, è giorno di letizia in casa giallorossa, visto che il successo sul Parma per 3-0 - santificato dalle reti di Mayoral e dalla doppietta di Mkhitaryan- è stato frutto di una prova molto convincente, a prescindere dai demeriti delle formazione emiliana.

SPINAZZOLA E KARSDORP SPRINT — Nonostante il Covid e le indisposizioni abbiano fatto fuori in partenza la spina dorsale della squadra (Smalling, Pellegrini, che entrerà solo nel finale, e Dzeko), Paulo Fonseca conferma il 3-4-2-1, abbassando Cristante sulla linea dei difensori, spostando Ibanez sulla destra per metterlo sulle trecce di Gervinho, lanciando l’ottimo Villar in regia e dando fiducia in attacco a Mayoral, sempre meno oggetto misterioso e sempre più convincente. Piace il modo con cui i giallorossi sanno dare il pressing, così da invitare il Parma a non arroccarsi solo in difesa, ma anche a provare a liberare la corsa dell’ivoriano e di Inglese, spesso appoggiati da Kucka sulla destra. Tattica astuta, perché negli spazi che si aprono sulla trequarti sanno infilarsi Pedro e Mkhitaryan, potendo contare sull’appoggio a sinistra di uno straripante Spinazzola e destra di un ritrovato Karsdorp. Entrambi i terzini, infatti, fungono da attori non protagonisti in due delle tre reti, tutte nel primo tempo, in cui i gialloblù non tirano neppure una volta nello specchio della porta. La Roma, infatti, comincia a graffiare già al 28’, quando Spinazzola fa una sorta di “no look” in area per Mayoral, che segna da posizione molto defilata sulla sinistra. Il raddoppio arriva quattro minuti più tardi, quando lo stesso Mayoral - pur subendo fallo - fa bene da sponda all’accorrente Mkhitaryan, che da oltre venti metri realizza con un gran tiro sotto la traversa. Il Parma è, forse un po’ snaturato col 3-5-2 che non pare nelle corde di Liverani, è alle corde. Troppo impreciso nei passaggi, troppo poco reattivo sulle seconde palle, così al 40’, da un cattivo controllo di Kucka sulla destra, nasce una ripartenza di Spinazzola, che Pedro rifinisce a beneficio dell’accorrente Karsdorp, bravissimo a crossare subito al centro per l’accorrente Mkhitaryan. È il tris, peraltro bellissimo, che chiude una prima frazione in cui già in avvio - con Veretout al 7’ e Mkhitaryan al 16’ - la Roma aveva fatto assai bene. Impressioni? Con la difesa a tre, gli emiliani - contro una sola punta - consegnano il centrocampo agli avversari e la pagano.

CACCIA AL POKER — La ripresa si apre sulla falsariga di quanto già visto, con Pedro che al 4’ va già vicino al poker dopo una combinazione con Mayoral. La brutta notizia, però, è l’infortunio di Ibanez, che lascia il posto a Juan Jesus, ma il tiro al bersaglio continua, con Pedro al 10’ e Veretout al 14 che falliscono il quarto gol. Liverani fa entrare Kurtic, Karamoh e Brunetta per provare a dare la scossa ad un Parma che, ogni volta che attacca, rischia tantissimo nelle praterie che lascia. Al 20’, ancora una volta è Pedro ad andare vicino alla marcatura. Per Fonseca cominciano i cambi in vista della Europa League, con Carles Perez che prende il posto di Mayoral. Al 22’, finalmente, il Parma conclude in porta per la prima volta proprio con il neo entrato Karamoh, ma la conclusione dell’ex interista, defilato a destra, viene parato facilmente da Mirante. Le squadre si allungano e la capacità tecnica si fa valere, così al 25’ è di nuovo Mkhitaryan ad impegnare Sepe, che rischia al 27’ su conclusione di Carles Perez ribattuta nei pressi della porta da un difensore. Siamo ai titoli di coda. Il tempo di annotare una buona occasione di Brunetta al 32’, che non riesce a calciare, che le sostituzioni si affastellano (post-Covid, si rivedono Diawara e Pellegrini) e i ritmi si abbassano. A guidare le danze, però, è sempre ala Roma che al 34’ va vicino al gol con Spinazzola, il cui tiro a botta sicura viene deviato da Sepe sulla traversa. Negli ultimi minuti il Parma, per favorire l’ingresso di Busi, torna al difesa a quattro, proponendo un 4-3-3 da bandiera, rinunciando però a Pezzella, vittima di un infortunio al flessore della gamba sinistra. È finita, con due certezze: il Parma farà bene a guardarsi alle spalle mentre la Roma - questa Roma - può sognare.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Un autogol clamoroso e il Bologna rimonta la Samp

I blucerchiati si erano portati in vantaggio grazie a Thorsby.
Poi l'autorete di Regini e il gol di Orsolini regalano i 3 punti a Mihajlovic


Filippo Grimaldi


Ripartenza. Al Ferraris è festa Bologna, che rompe il tabù-trasferta e conquista i primi punti fuori casa del suo campionato, mandando al tappeto (1-2 il finale) una Sampdoria al secondo k.o. di fila dopo quello di Cagliari. Partita dai due volti, che la Sampdoria mette subito in discesa con il gol di testa di Thorsby in apertura (7’, su angolo di Candreva), prima di farsi riprendere dal tocco maldestro di Regini quasi all’intervallo, la cui autorete rimette in gara i rossoblù. Prima di andare al tappeto ad inizio ripresa sul gol di Orsolini (al terzo centro personale contro i blucerchiati), che già nel primo tempo aveva colpito una clamorosa traversa su lancio di Svanberg.

DOPPIA FACCIA — Analizzato alla distanza, l’errore (e il rimpianto) dei blucerchiati è stato quello di non capitalizzare a sufficienza la maggiore pressione creata nei primi 45 minuti, quando invece gli ospiti hanno pagato una certa prevedibilità sul piano offensivo – bene sino alla trequarti, poi in difficoltà fra le maglie strette dei blucerchiati -, oltre a una certa imprecisione. Il patatrac di Regini, sostituto dello squalificato Augello a sinistra, è stato di fatto l’episodio che ha fatto girare il vento in campo. Ovvio, anche Mihajlovic (che ha preso gol di testa per la quinta volta) avrà ora il compito di registrare la difesa, visto che il Bologna ha subìto gol per la quarantunesima gara di fila, ed il primato (42) è a un passo. Ma in una squadra che ha ritrovato Hickey e Schouten ci sono comunque buoni motivi per sorridere, vista la capacità d non farsi schiacciare nella ripresa da una Samp che però aveva smarrito le sue doti migliori nel primo tempo: il pressing altissimo, la ricerca della profondità e la densità in fase difensiva, grazie anche a un 4-1-4-1 (con Ekdal raccordo fra reparto arretrato e mediana e Quagliarella unica punta) che aveva prodotto risultati positivi. Il cinismo del gruppo di Ranieri non è però bastato ed a nulla sono serviti i correttivi della ripresa, con Jankto chiamato a tamponare le falle di Regini e Ramirez al posto di Silva per dare più imprevedibilità all’attacco. Il gol dell’1-2 (con Barrow che crossa dalla sinistra, ma non è in posizione fuorigioco) cambia tutto. La squadra di Ranieri avrebbe subito il pallone per rimettere in pari la partita, ma Quagliarella calcia fuori misura.

VANI ATTACCHI — Gli ultimi venti minuti mostrano di nuovo una Sampdoria più propositiva, anche se negli spazi larghi il Bologna è sempre pronto a colpire ed a fare male: Soriano lancia Palacio, sul quale è decisivo Audero, poi è Barrow che manca il gol dell’1-3. Nei sei minuti finali, dopo l’espulsione di Ranieri dalla panchina blucerchiata, la Samp si getta in avanti regalando spazio a Palacio che al 49’ in contropiede colpisce il palo alla destra di Audero per quella che sarebbe stata, probabilmente, una punizione eccessiva per i blucerchiati.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Boga e Berardi da impazzire:
il Sassuolo stende il Verona e continua a sognare

Con due reti per tempo i neroverdi si impongono sulla squadra di Juric che ha colpito quattro legni


Pierfrancesco Archetti


Il Sassuolo ci ha sperato. Una notte in testa da solo. Poi il Milan ha battuto il Napoli 3-1 al San Paolo. Pazienza, ma la stagione d'oro dei neroverdi resta tutta, centrata a Verona la quarta vittoria esterna su quattro, un pieno completo grazie alle reti di Boga e Berardi. Il Verona ha più occasioni ma non riesce a segnare, anche per pochissimo: quattro legni tra pali e traverse. La squadra di Juric perde fra le recriminazioni e meritava qualcosa in più, la concretezza manda il Sassuolo sempre più in alto.

IL VANTAGGIO — Il Verona ha le migliori opportunità anche nella prima parte, ma al 42' è il Sassuolo a segnare con il primo tiro in porta: Boga sfrutta la libertà concessa dai difensori e piazza la palla sotto l’incrocio lontano. Allora l’Hellas ripensa ai suoi tentativi senza esito. Il primo palo di Ilic al minuto cinque, il secondo con un tiro cross di Dimarco, la gran parata di Consigli su Dawidowicz. Juric è senza gli esterni titolari Lazovic e Faraoni, modifica il suo sistema in 4-4-2, con Dimarco a sinistra e Dawidowicz a destra. In attacco il tecnico decide per le due punte, affiancando Di Carmine a Kalinic ma il croato deve uscire per infortunio al 38', rilevato da Colley. Fra le varie assenze del Sassuolo, quelle dell'attacco sono le più pesanti: Caputo e Defrel non sono disponibili, il centravanti Raspadori fatica a far scorrere il gioco, mentre da due spunti di Berardi nascono le chance dei neroverdi nella prima parte.

RADDOPPIO — Non cambia molto la musica nella ripresa: l'Hellas attacca e il Sassuolo prova con le ripartenze. Le incursioni di Zaccagni fanno male ma a centro area non vengono sfruttate. Tameze calcia alto una sorta di rigore in movimento, Berardi invece non sbaglia sfruttando uno spazio centrale e battendo Silvestri dal limite. Sullo 0-2 il Verona non si abbatte: Veloso coglie il palo su punizione, Consigli fa un miracolo su colpo di testa di Salcedo, poi proprio all’ultimo istante una deviazione di Udogie finisce sulla traversa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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All'Udinese basta il solito De Paul.
Genoa, la classifica scotta



Un gol dell'argentino, che colpisce anche una traversa su punizione,
punisce la squadra di Maran, ora al penultimo posto con il Torino.
Gotti e i suoi, invece, respirano tirandosi fuori dalla zona retrocessione


Guglielmo Longhi

Sorpasso riuscito: l'Udinese fa il salto triplo, supera il Genoa e salta, oltre ai rossoblù, anche Parma e Torino. Ma che fatica vincere questo primo scontro salvezza. Vittoria meritata perché gli uomini di Gotti l'hanno cercata con più forza e soprattutto con il giocatore che può fare, e ha fatto, la differenza.

LE NOVITÀ — Maran cambia modulo, passa al 3-5-2 come l'Udinese e deve fare a meno del talento di Rovella, fermato da un problema intestinale. Si gioca a specchio e per forza di cose la partita è bloccata. Le squadre hanno paura e si vede, perché si dividono il possesso palla in parti uguali. Ma a fare la differenza, dopo la mezz'ora, è lui, Rodrigo de Paul, vero uomo ovunque di Gotti. Sturaro, al rientro dopo 4 mesi, lo segue e cerca di limitarlo ma quando gli concede un minimo di spazio, De Paul colpisce. Accade al 34': palla in avanti di Zeegelaar, Okaka la difende bene e passa a Pereyra che vede l'argentino. Sturaro è in ritardo e non può fermarlo, destro a incrocio che batte Perin. L'episodio spacca la partita, il Genoa prova a reagire, Pellegrini riprende a spingere con insistenza sulla sinistra (al 22' suo il cross per la testa di Bani che da ottima posizione colpisce tra Becao e Nuytinck: fuori). Ma il Genoa dà l'impressione di faticare, nel finale del primo tempo Biraschi esce per una botta alla spalla destra.

CHE FINALE — Il secondo tempo è molto simile al primo: l'Udinese a fare la partita, il Genoa ad aspettare. Maran prova a dare una scossa ai suoi: fuori Pandev, male, dentro Zajc. E qualcosa cambia, cresce il tasso di imprevedibilità. De Paul va vicino al bis: traversa su punizione. Poi nel Genoa entra un attaccante in più: Destro. I rossoblù hanno una reazione, ma troppo tardi. Nel finale Scamacca si vede annullare il pareggio per fuorigioco. E per chiudere in bellezza, a pochi secondi dal triplice fischio Perin si fa buttare fuori dopo aver steso Larsen.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Un Ibra da 10 e lode fa volare il Milan:
doppietta (con infortunio) e impresa al San Paolo

Due gol dello svedese (già in doppia cifra in serie A),
il Napoli accorcia con Mertens ma resta in 10 per il rosso a Bakayoko,
poi Hauge la chiude nel recupero


Maurizio Nicita


Immenso Ibra che decide la sfida del San Paolo e risponde con una doppietta a Cristiano Ronaldo, prima di infortunarsi nel finale (problema muscolare alla gamba sinistra). Il Milan continua solitario la sua corsa in vetta e merita il successo perché il Napoli regala mezz’ora iniziale in cui lo svedese come un cavallo di razza mette il muso davanti agli avversari, con un gran gol. La reazione più nervosa che lucida della squadra di Gattuso viene frenata da un grande Donnarumma e nel finale non basta la rabbia per raggiungere il pari, anche perché alcune decisioni discutibili di Valeri (leggi l’espulsione di Bakayoko) influiscono. Anche se il Milan legittima il successo col gol finale di Hauge. Esulta in isolamento Pioli, mentre Gattuso deve chiedersi perché la sua squadra sbagli partite del genere e ancora non riesca a decollare.

LO SCACCHIERE — I due sistemi sono simili ma diverse sono le interpretazione del 4-2-3-1 e poi mentre quello del Milan è annunciato, negli uomini, quello del Napoli è diverso perché l’assenza di Osimhen costringe Gattuso a delle varianti. E allora ecco che dietro Mertens prima punta agisce Politano, che spesso però è al fianco del belga in una sorta di 4-2-4 in cui gli esterni sono Lozano e Insigne pronti a rientrare in fase difensiva sulla mediana con un classico 4-4-2. Alla prima situazione, di ripartenza, sembra meglio messo il Napoli con Romagnoli preso d’infilata da Politano e sul cross basso Kjaer salva in spaccata il pallone destinato a Mertens. Il danese sembra essersi fatto male ma stringe i denti e rientra.

VANTAGGIO MERITATO — Ora è il Milan ad apparire più compatto e attento a non subire contropiede. Funzionano meglio i cambi gioco rossoneri, e con un Fabian Ruiz impreciso la squadra di Pioli prende il predominio in mezzo e nel giro di una decina di minuti ha tre palle gol nitide. La prima con un pallonetto di Ibra che Rebic cicca calciando sulle braccia di Meret. Poi un destro da fuori di Calhanoglu che Meret devia in angolo e dalla bandierina la palla sfila sul secondo palo con Kjaer che spreca di sinistro con la porta spalancata. Il gol è maturo e lo segna in maniera splendida il solito Ibra che sul traversone di Hernandez, ruba il tempo in anticipo su Koulibaly e gira di testa lì dove Meret non può arrivare.

LA REAZIONE AZZURRA — Il Napoli non è messo bene in campo, con un centrocampo a volte lontano dagli attaccanti e con un Fabian Ruiz troppo falloso negli appoggi. Però la reazione caratteriale c’è e con gli attaccanti che cominciano a entrare nel vivo del gioco e muovono palla velocemente Romagnoli vanno difficoltà. E così ci vuole il miglior Donnarumma per mettere in angolo un tiro velenoso di Mertens e poi respingere, da angolo, la conclusione ravvicinata di Bakayoko. E la buona stella aiuta Gigio perché sulla corta respinta a botta sicura Di Lorenzo colpisce la traversa.

SEMPRE IBRA — Ancora lo svedese protagonista nella ripresa. Prima rifila una gomitata in viso a Koulibaly, senza che Valeri veda nulla e la Var intervenga (probabilmente perché non la ritiene da rosso). Poi si fa trovare puntuale nel contropiede avviato da Calhanoglu e rifinito da Rebic, col Napoli colpevolmente sbilanciato. Gli azzurri reagiscono e trovano il gol con Mertens, abile a battere Donnarumma di destro. Poi Valeri aggiunge un’altra chicca alla sua serata dando il secondo giallo a Bakayoko (il primo era inesistente), con il Napoli che resta in 10 e si mette in campo con un 4-3-2 e davanti Petagna con Mertens. Ma nonostante la foga della squadra di Gattuso il pari non arriva.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2020/2021 8ª Giornata (8ª di Andata)

21/11/2020
Crotone - Lazio 0-2
Spezia - Atalanta 0-0
Juventus - Cagliari
22/11/2020
Fiorentina - Benevento 0-1
Inter - Torino 4-2
Roma - Parma 3-0
Sampdoria - Bologna 1-2
Verona - Sassuolo 0-2
Udinese - Genoa 1-0
Napoli - Milan 1-3

Classifica
1) Milan punti 20;
2) Sassuolo punti 18;
3) Roma punti 17;
4) Juventus punti 16;
5) Inter punti 15;
6) Napoli(-1), Atalanta e Lazio punti 14;
9) Verona punti 12;
10) Sampdoria e Cagliari punti 10;
12) Bologna, Spezia e Benevento punti 9;
15) Fiorentina punti 8;
16) Udinese punti 7;
17) Parma punti 6;
18) Torino e Genoa punti 5;
20) Crotone punti 2.

(gazzetta.it)

(-1) Penalità al Napoli e vittoria a tavolino (3-0) alla Juventus per il match Juventus - Napoli non disputato dai partenopei,
salvo altre decisioni dopo il rigetto in appello del ricorso del Napoli.
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Solida, cinica e con un gran Lautaro:
col Sassuolo Conte ritrova la sua Inter

Un disastroso Chiriches propizia il gol di Sanchez e fa autogol, nella ripresa Gagliardini chiude i conti.
Per il Sassuolo solo un palo di Djuricic


Davide Stoppini


Real Madrid cancellato, seconda vittoria consecutiva in campionato e secondo posto momentaneo dietro il Milan. Ma, quel che più conta, una dimostrazione di compattezza come poche altre volte in questa stagione. L’Inter ritrova il sorriso a Reggio Emilia e aggancia in classifica a 18 punti proprio la squadra di De Zerbi, apparsa poco brillante e sorpresa dall’avvio top dei nerazzurri. Sanchez, autorete di Chiriches e Gagliardini sono le firme dello 0-3 finale.

AVVIO SPRINT — L’Inter ci mette 42 secondi per rendersi pericolosa, con una giocata ciccata da Lautaro in piena area. E’ una buona occasione, dà l’idea di una squadra scesa in campo con l’approccio giusto, a differenza delle ultime uscite. E infatti già al 4’ arriva il vantaggio nerazzurro: Chiriches si fa ribattere il rinvio, Sanchez imbecca Lautaro che prima si fa murare dallo stesso Chiriches, poi però è bravo a pescare solo in area Sanchez, freddo nel controllare e battere Consigli. Il Sassuolo non c’è, è un monologo Inter. Al 6’ Perisic sveglia Consigli, all’11 Lautaro pescato in profondità cerca la giocata top con un pallonetto che finisce di poco fuori. Tre giri di lancette ed è raddoppio: minuto 14, angolo di Sanchez, Toljan fa inspiegabilmente scorrere, Vidal calcia forte dal secondo palo trovando la deviazione nella propria porta di Chiriches. De Zerbi prova a scuotere i suoi. Il sussulto è di Djuricic, con un destro a giro dai 20 metri che pizzica il palo di Handanovic, poi sempre il portiere sloveno è attento nell’uscire sul cross basso dello stesso numero 10 del Sassuolo. Ora è sfida più equilibrata, l’inter fa schermo con un inedito Barella centrale davanti alla difesa, in avanti è Vidal - schierato mezzala destra - a spedire altissimo dal limite. De Zerbi si sbraccia, il Sassuolo si fa pericoloso con i due terzini: prima Rogerio - Handanovic respinge in due tempi - poi Toljan, ancora rispedito indietro dal portiere nerazzurro. Di qua è Lautaro a sprecare con un sinistro male impattato una buona assistenza di Sanchez. C’è spazio ancora per un cambio - fuori Chiriches dolorante, dentro Marlon - e per un buon colpo di testa di Locatelli, che però non trova lo specchio.

RIPRESA — Nessuna sostituzione in avvio. Il Sassuolo alza il ritmo, ma la prima chance è dell’Inter, con Vidal, che all’8’ si fa pericoloso con un colpo di testa su cross di Darmian. Ed è sempre l’esterno italiano, al 9’ a trovare con un tracciante Lautaro, il cui destro di prima intenzione finisce alto. De Zerbi cambia: al 14’ dentro Obiang e Muldur per Djuricic e Toljan. Ma è l’Inter a trovare il tris, un minuto dopo: Rogerio, già ammonito, è in sofferenza, Darmian lo punta e trova in area Gagliardini, che batte Consigli con il destro. La reazione del Sassuolo è sui piedi di Locatelli, che al 19’si vede respingere da Bastoni una conclusione ben indirizzata. Di qua l’Inter trova le praterie: al 22’ è Sanchez al volo a cercare invano l’eurogol. Di là Berardi non trova la deviazione giusta su cross di Muldur. Ma l’Inter è in controllo. Altre sostituzioni: fuori Lopez per Schiappacasse, poi Raspadori per Traore. Mentre Conte sfrutta la panchina solo a 11’ dalla fine: Lukaku per Lautaro e Young per Sanchez. Lukaku trova anche il gol, ma in fuorigioco. E poi c’è spazio anche per Eriksen (altri spiccioli, dopo quelli col Real) al posto di Perisic e di Sensi in luogo di Barella. Il risultato non è più in discussione, c’è tempo giusto per un’ultima conclusione di Traore e l’ingresso di Hakimi per un ottimo Darmian. Sorrisi per Conte, che può preparare al meglio la trasferta di Moenchengladbach.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Senza Ronaldo la Juve si smarrisce:
Morata gol e rosso, Letizia firma la rimonta

Ai bianconeri non basta il gol dello spagnolo Morata:
Dybala spreca la palla del raddoppio e i campani trovano il pari prima dell'intervallo.
Finale incandescente


Valerio Clari


Fermata anche a Benevento. Superata dall'Inter. Potenzialmente a meno sei dal Milan capolista. Dopo aver indirizzato la gara col solito Morata la Juventus perde altri due punti contro una neopromossa e con loro anche parecchie certezze. La dipendenza da Ronaldo non è più un sospetto, è una realtà: la rinuncia col senno di poi alimenta rimpianti. Il gioco offensivo contro le squadre chiuse resta un'idea teorica, con poche applicazioni reali, anche per la forma rivedibile di molti interpreti. Il Benevento festeggia al 96’, i bianconeri si infuriano per l'atteggiamento speculativo dei padroni di casa e dopo il triplice fischio un nervosissimo Morata riesce anche a farsi espellere. Resta un altro pareggio per Pirlo, dopo quelli con Verona e Crotone, rimane anche la buona partita della classe operaia di Inzaghi: Letizia (autore dell'1-1), Improta e Schiattarella in testa.

SEGNALI — Per la Juventus ci sono segnali ricorrenti che sembrano campanelli d'allarme non ascoltati. Il primo: i gol presi all’ultima azione. Con la Lazio da Caicedo al 94’, con il Benevento a fine primo tempo, quando Letizia sfrutta al meglio, con un tiro al volo che finisce all'angolino, un rinvio corto di Arthur. Non una disattenzione isolata: sempre nel recupero, pochi secondi prima, si era visto un tiro di Schiattarella su cui Szczesny aveva dovuto fare un paratone (non il primo intervento, peraltro). La gestione dei finali va rivista. Altro segnale negativo: una eccessiva fatica con le piccole, in trasferta. Era successo a Crotone, è accaduto ancora al Vigorito. Non è un caso che in entrambe le partite mancasse Ronaldo, l'uomo che da solo può “mangiarsi” un certo tipo di rivali. Però la Juve non può affidarsi in toto al portoghese. Sul vero Dybala ancora non può contare: il suo primo tiro centrato arriva nel finale (il buon Montipò para).

ALVARO E POCO ALTROo — Morata non basta: aveva fatto centro al primo tiro in porta, confermando di essere cresciuto soprattutto in efficacia: gran lancio di Chiesa da destra, Ionita in ritardo in chiusura, Alvaro se la aggiusta col destro e col sinistro infila il diagonale sul palo lontano. La profondità invocata da Pirlo porta i suoi frutti, ma non sarà ritrovata: la Juve arriverà pericolosa al tiro dopo belle azioni con scambi prolungati e triangoli, chiuse da Dybala (fuori di poco) e da Ramsey (Montipò para coi piedi). Se il primo tempo si chiude in modo insoddisfacente per i bianconeri, il secondo sarà peggio: giusto il 9 spagnolo per due volte si renderà pericoloso, la prima sbagliando di testa, la seconda con un turo da fuori. Ma con Dybala ancora non in palla, Cuadrado che sbaglia tanto e Kulusevski che quando entra incide pochissimo, la squadra di Pirlo crea poco. Si gioca anche poco, nei secondi 45’, fra falli, infortuni veri o presunti, cambi e legittima voglia del Benevento di portare a casa il prezioso pareggio. La missione è compiuta. Nessuna giocata degna di Diego Maradona, resta l'applauso al 10’, quando le squadre si fermano per ricordarlo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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