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Campionato di Calcio Serie A 2021 - 2022. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

Ultimo Aggiornamento: 25/05/2022 14:00
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23/10/2021 18:54
 
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binariomorto, 21/10/2021 23:03:

SERIE A 2021/2022 8ª Giornata (8ª di Andata)

16/10/2021
Spezia - Salernitana 2-1
Lazio - Inter 3-1
Milan - Verona 3-2
17/10/2021
Cagliari - Sampdoria 3-1
Empoli - Atalanta 1-4
Genoa - Sassuolo 2-2
Udinese - Bologna 1-1
Napoli - Torino 1-0
Juventus - Roma 1-0
18/10/2021
Venezia - Fiorentina 1-0

Classifica
1) Napoli punti 24;
2) Milan punti 22;
3) Inter unti 17;
4) Roma punti 15;
5) Lazio, Atalanta e Juventus punti 14;
8) Bologna e Fiorentina punti 12;
10) Udinese e Empoli punti 9;
12) Torino, Verona, Sassuolo e Venezia punti 8;
16) Spezia punti 7;
17) Sampdoria, Genoa e Cagliari punti 6;
20) Salernitana punti 4.

(gazzetta.it)



Otto partite a punteggio pieno, non accadeva dal campionato 2017/2018, quando l'allenatore era Sarri! [SM=x611903]





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Colantuono, esordio da incubo:
poker Empoli, la Salernitana si sveglia tardi

I toscani partono a razzo e nel primo tempo vanno a segno 4 volte
grazie a una doppietta di Pinamonti, Cutrone e un autogol di Strandberg.
Nella ripresa i campani reagiscono, accorciano prima con Ranieri e poi con un'autorete di Ismajli.
Ma non c'è più tempo...


Maurizio Nicita


Un sogno per l’Empoli un incubo per la Salernitana, nemmeno un quarto d’ora e la sfida dell’Arechi è già incanalata verso un clamoroso risultato. La reazione veemente nel secondo tempo dei granata lascia accesa la fiammella della speranza ma Colantuono dovrà rivedere parecchie cose. Il nuovo tecnico schiera un 3-4-1-2, ma al di là del sistema di gioco e dei centrocampisti fuori ruolo (per emergenza), la squadra difende troppo bassa, favorendo gli attaccanti toscani. Sì perché per una volta Andreazzoli rinuncia al suo classico albero di Natale, schierando Cutrone e Pinamonti di punta con Henderson trequartista e un rombo di centrocampo duttile e dinamico. L’orologio non ha ancora finito il secondo giro dei secondi e l’Empoli è già in vantaggio: Bandinelli avanza nella trequarti e Pinamonti con un taglio semplice ed efficace passa dietro i difensori granata e anticipa Belec in uscita.

IL CUCCHIAIO DI PINAMONTI — I padroni di casa provano una reazione e Simy va in gol su lancio di Ribery ma il nigeriano è in fuorigioco e l’illusione dura altri tre minuti, il tempo che basta per raddoppiare. Azione simile che si sviluppa però stavolta sul versante destro con Haas che imbecca sul taglio Cutrone che può esultare in A dopo un anno e 3 mesi. Ma c'è di più. Due minuti dopo Henderson crossa in mezzo ed è Strandberg a deviarla in rete. Troppo passiva la difesa di casa. A questo punto, in vantaggio di 3 gol, l’Empoli può portare il ritmo al “piccolo trotto” anche perché dovrebbe essere la Salernitana ad aumentare l’intensità, ma non ha forza e qualità per farlo. I tiri di Gondo e Kastanos fanno il solletico a Vicario mentre le ripartenze dell’Empoli sono chirurgiche. Cutrone tira fuori da due metri, ma il 4-0 arriva grazie a Pinamonti su rigore. Lo stesso centravanti è fermato fallosamente da Strandberg. Poi dal dischetto batte con un cucchiaio Belec, che la prende male e insegue il marcatore dei toscani.

LA CONTESTAZIONE — Sul 3-0 parte la contestazione del paziente pubblico salernitano. Che se la prende con il d.s. Fabiani e con quel che resta della società. Chiedendo rispetto per la città. Singolare l’atmosfera nella quale Pinamonti batte il rigore a fine primo tempo: con tutto lo stadio a inneggiare a Salerno applaudendo. Una forma civile, questa, per contestare questa assurda stagione.

UN’ALTRA PARTITA — È quella cui si assiste incredibilmente nella ripresa. Colantuono cambia tre uomini ma soprattutto sistema. la squadra con 4-3-1-2 più sostenibile. L’Empoli forse rientra in campo troppo tranquillo e dopo 3’ arriva il primo gol in A di Ranieri abile a inserirsi in area per deviare in rete l’assist di Ribery. Si accende il francese - oggi capitano - e si riaccende la speranza, perché i tifosi non mollano la squadra e la spingono. E al 10’ ecco il 2-4, con Ribery bravo a creare spazio alla percussione di Kastanos il suo diagonale colpisce il palo, nella convulsione è Ismajili a deviare in porta. Pochi istanti prima Luperto aveva salvato sulla linea un colpo di testa di Strandberg. a dimostrazione che ormai la partita ha cambiato completamente verso. Ancora il trascinatore dei granata, Ribery, mette in mezzo un gran pallone con Simy che può colpire di testa senza nemmeno saltare ma passa la palla a Vicario. Il resto è un forcing disperato e poco lucido con Andreazzoli che passa a un più coperto 4-4-2. Ancora una accelerazione del capitano francese diventa un assist per Djuric con Vicario che salva sul colpo di testa. finisce così. Con l’Empoli in festa e la Salernitana a chiedersi cosa poteva essere questa partita senza quello sciagurato avvio.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Okereke illude il Venezia,
Henry fa la frittata ed è ribaltone Sassuolo



Gli uomini di Zanetti passano in vantaggio con il nigeriano,
poi arriva il tris degli emiliani con Berardi, l'autogol del francese e Frattesi.
Nel finale annullati due gol a Forte


Pierfrancesco Archetti

Il Sassuolo torna a vincere dopo due turni sorpassando il Venezia nel secondo tempo. Dopo aver subito la rete di Okereke, e aver corso altri rischi, la squadra di Dionisi è stata capace di rialzarsi. Al pareggio di Berardi hanno fatto seguito altri due centri: autogol di Henry e sigillo di Frattesi. Il verdetto è giusto, il Venezia, anche per le assenze, cala nella seconda parte e incassa la quinta sconfitta in campionato.

I MOTIVI — Una gara bloccata all’inizio, si scioglie dopo mezz’ora: verticale di Ampadu per le punte veneziane tenute in gioco da Ferrari. Henry lascia a Okereke che evita Chiriches e piazza il destro sul palo lontano. Il Sassuolo si sveglia, va subito a cercare il pari e lo ottiene cinque minuti dopo: assolo di Berardi e sinistro che batte Romero (37’). Il portiere si riscatta subito dopo ancora sull’attaccante della nazionale, poi evita il raddoppio su tiro di Raspadori. Ma il Venezia non si ferma e in un altro duello Okereke-Chiriches stavolta vince il difensore che evita un gol con l’aiuto di Consigli.

LE MOSSE — Al Sassuolo manca ancora Boga, tocca a Djuricic iniziare sulla fascia sinistra. Alessio Dionisi, ex del Venezia, presenta la stessa formazione che si era fatta raggiungere sul 2-2 dal Genoa domenica scorsa ma proprio Djuricic si fa male prima della mezzora e deve uscire. Entra Traore e Raspadori scivola a sinistra. Il Venezia potrebbe sfruttare l’entusiasmo per la vittoria di lunedì contro la Fiorentina, ma il primo successo stagionale in casa ha presentato il conto: sono fuori per infortunio Aramu, che decise la gara con i viola, Johnsen e Vacca, mentre Heymans non è stato convocato per motivi personali. Busio prende subito una botta ma regge fino all’intervallo. Poi viene sostituto con Peretz e il Venezia comincia a cedere. L’autogol di Henry al 5’ è il primo segnale, l’attaccante mette in rete di testa un angolo di Traore. Poi il Sassuolo tiene il comando del gioco: Berardi tira sul portiere il possibile tris, ma Frattesi (primo gol in A) non sbaglia su un delizioso assist di Raspadori. Al Venezia restano soltanto due gol di Forte annullati per fuorigioco e un salvataggio sulla linea di Lopez su Ceccaroni al 92’, quando la contesa è ormai chiusa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Sei gol, Bologna in 9, Ibra fa e disfa:
al Dall'Ara succede di tutto.
E il Milan vola in testa

I rossoblù nella ripresa si ritrovano in nove uomini dopo il rosso a Soumaoro e Soriano.
Diavolo avanti 2-0 con Leao e Calabria, poi i padroni di casa lo riacciuffano
grazie a un autogol di Zlatan e a una rete di Barrow.
Nel finale i rossoneri tornano sopra con Bennacer.
La chiude lo svedese


Marco Pasotto


Massima libertà di scelta. Chi vuole può optare per limitarsi al risultato, che regala al Milan il primato solitario in classifica almeno per una notte in attesa che qualcuna delle altre - domenica c’è Inter-Juve e Roma-Napoli - perda punti, comunque andrà a finire. Messa giù così, è pasteggiare a caviale e champagne. Il tifoso rossonero che invece preferisse scrutare oltre il risultato, andrà a dormire da primo in classifica, certamente, ma pieno di dubbi e di paure. Perché Bologna-Milan è finita 2-4 ma la sfida del Dall’Ara è stata la partita più pazza del mondo e paradossalmente è proprio il Diavolo a uscirne con molti dubbi e poche certezze.

MOMENTO DELICATO — Insomma, i rossoneri non hanno decisamente fatto una gran figura. L’ampiezza del risultato a favore del Milan non è lo specchio fedele di una gara folle, in cui gli emiliani si sono ritrovati in dieci dopo venti minuti e addirittura in nove dopo 13 minuti della ripresa. Una partita in cui il Milan si è accomodato nello spogliatoio all’intervallo sopra di due gol e di un uomo e si è ritrovato 2-2 al settimo minuto della ripresa, con un Bologna quasi commovente – oltre che estremamente lucido - nel rimettersi in parità e, anche dopo il secondo rosso, nel contenere bene un Diavolo sempre più scoraggiato e senza idee. E’ stata una magnifica volée di Bennacer nel finale a riportare davanti i rossoneri per una vittoria rifinita nel punteggio da un Ibra croce e delizia: assist a Leao e un gol, da dimenticare tutto il resto (con un autogol sulla coscienza), lontanissimo da una forma anche solo accettabile. Dopo quello che ha visto, Pioli ha lasciato il campo molto nervoso perché il momento è quello che è: un tempo regalato al Verona, un’intera partita al Porto e il serissimo rischio di non vincere stavolta con due uomini in più, sono campanelli d’allarme importanti.

LE SCELTE — Se Pioli era afflitto da mille problemi di infermeria (nove assenti), anche Mihajlovic aveva poco da sorridere. Soprattutto in mediana, dove gli uomini erano contati. Alla fine Dominguez, nonostante i recenti problemi muscolari, è sceso in campo dall’inizio accanto a Svanberg. Quindi con Medel lasciato al centro della difesa. Attacco affidato al tridente Soriano-Barrow-Arnautovic. Il Milan dietro a Ibra si è presentato con Castillejo (prima da titolare), Krunic e Leao, mediana obbligata con Tonali-Bennacer e conferma dell’intera linea difensiva schierata a Porto (Calabria, Kjaer, Tomori e Ballo-Touré). Per spiegare la prima parte di partita occorre fermare il cronometro al minuto numero 20. In realtà il Milan sta già vincendo, ma quello è il momento che cambia davvero la sfida: lancio in verticale di Kjaer per Krunic, che si lancia verso Skorupski e prima di entrare in area viene messo giù da Soumaoro. Valeri è fermo e immediato nel provvedimento: rosso diretto, confermato dal Var, e Bologna in dieci. E’ qui che cambia tutto. E’ qui che il Milan si ritrova improvvisamente in decisa discesa dopo un primo quarto d’ora abbastanza complicato. E’ qui che il Bologna deve arrendersi all’evidenza di non potersi più permettere la pressione utilizzata sapientemente nei primi minuti, quando il Diavolo era stato schiacciato nei suoi ultimi trenta metri dalla spinta emiliana. Con l’interessantissimo 19enne Hickey (ben protetto da Theate) che sgommava a sinistra, Svanberg che sovrastava Bennacer e Arnautovic che si muoveva su tutto il fronte creando corridoi per i compagni. Proprio il nazionale austriaco poco prima del quarto d’ora ha sfiorato il gol di testa su una mancata uscita di Tatarusanu. Un Bologna efficace in fase di manovra e ampiamente rivedibile in quella difensiva. Il primo gol rossonero è arrivato in contropiede ma con i rossoblù in superiorità numerica. Eppure Ibra è riuscito a lanciare profondo per Leao, e Leao ha bruciato sullo scatto Soumaoro, scoccando un sinistro su cui è risultata decisiva una deviazione di Medel.

UN ALTRO ROSSO — Quattro minuti dopo è arrivata l’espulsione e ovviamente è diventata un’altra partita. Mihajlovic è passato dal 3-4-2-1 al 4-3-2, ridisegnando la difesa con De Silvestri, Medel, Theate e Hickey. A dieci dall’intervallo il Milan ha sferrato il colpo che pareva del k.o.: cross di Ballo-Touré, brutta smanacciata di Skorupski, un po’ di ping pong in area e botta di destro definitiva di Calabria. Il Bologna a quel punto ha barcollato, ha patito il doppio schiaffo e con un uomo in meno si è rintanato davanti all’area. Un match virtualmente finito, a giudicare da quanto si stava vedendo in campo. Ma l’intervallo ha sparigliato le carte perché nel secondo tempo è successo di tutto. Il Bologna in sette minuti ha incredibilmente riacciuffato la partita. Al 4’ ci ha pensato direttamente il Milan, con Ibra che di testa ha infilato la porta sbagliata su angolo di Barrow, e al 7’ con una bella azione avviata da Arnautovic, rifinita da Soriano e perfezionata da Barrow sul filo del fuorigioco. Dall’Ara impazzito, Milan tramortito, ma beneficiario di un’altra decisione arbitrale fondamentale: brutta entrata di Soriano sulla caviglia di Ballo-Touré, il Var ha richiamato Valeri che una volta tornato dal monitor ha cacciato il secondo giocatore rossoblù. Undici contro nove, con Pioli che a quel punto si è giocato il tutto per tutto. Fuori Krunic, dentro Giroud. Ovvero Ibra e il francese insieme nell’ultima mezzora. Solo che il prodotto non è stato minimamente proporzionale alle attese.

INVENZIONE — In generale, il Milan non ha capito, o comunque non è stato in grado di farlo, come accerchiare il Bologna. Come infilarsi nei varchi giusti e, prima ancora, come crearli. I rossoneri invece di azzannare l’avversario hanno giochicchiato con un giro palla lento, scarico. Più scoraggiati dall’essere stati raggiunti che incoraggiati dalla doppia superiorità numerica. Tanti errori nei pressi della trequarti, difficoltà estrema nel rendersi pericolosi. L’unico sussulto vero per il Bologna è stato un colpo di testa di Giroud, sventato da un grande intervento di Skorupski. E gli emiliani si sono pure presi il gusto di spaventare il Diavolo con Arnautovic (attento Tatarusanu). Il Milan aveva bisogno di una giocata, di un episodio, di un’invenzione. Arrivata a sei minuti dal 90’: Bakayoko ha affondato a sinistra, cross alzato a campanile da Svanberg e sinistro al volo di Bennacer da fuori area. Bellissimo e imprendibile. Il colpo di grazia l’ha dato Ibrahimovic al 90’ con un destro chirurgico che gli permette di diventare, a 40 anni e 20 giorni, il quarto marcatore più anziano nella storia della Serie A. Bologna con le mani nei capelli, Milan fuori dall’incubo e primo in classifica ma di ritorno a Milanello con tante, troppe domande sgradevoli da farsi. A fine gara, la faccia di Pioli raccontava tutto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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L’Udinese non muore mai:
Malinovskyi illude Gasp, Beto al 94' firma il pari

Il gol dell’ucraino al 56’ sembrava aver deciso l’anticipo.
In pieno recupero il colpo di testa vincente del portoghese.
Per i friulani è il 7° punto nei minuti finali,
la quarta partita rimediata dopo quelle con Juve, Samp e Bologna


Andrea Elefante


Sembra una beffa, ma non lo è. Perché l’Udinese pareggia quando alla fine dei 5’ di recupero manca poco più di un minuto, ma non è la prima volta: è il 7° punto nei minuti finali, la quarta partita rimediata dopo quelle con Juve, Samp e Bologna, segno di un’anima che non molla. Perché Beto, l’autore dell’1-1 su corner battuto da Samardzic è al terzo gol di fila e non è un caso, vista la partita giocata. Perché l’Udinese ha più forze fresche da mettere in campo e Gotti le usa bene, mettendo spalle al muro l’Atalanta nella parte finale della partita. E perché l’1-0 dell’Atalanta era nato da un’improvvisa illuminazione di Malinovsyi e non da una partita dominata, anzi.

LE SCELTE — Gasperini perde anche Maehele (influenza), non rischia Demiral (anche se convocato, infatti va in tribuna) ma non abbandona la difesa a tre, arretrando ancora De Roon, assieme a Lovato e Palomino, con Pezzella più alto sulla fascia sinistra. Davanti sta fuori Muriel, con Ilicic e Malinovskyi esterni offensivi ai fianchi di Zapata. Gotti come annunciato cambia qualcosa: rinuncia sia ad Arslan che Samardzic e con tre esterni di ruolo manda Udogie a sinistra e Molina più alto a destra, davanti a Stryger Larsen, anche se il teorico 3-4-3 ripiega quasi sempre in 5-4-1.

PRIMO TEMPO — L’assetto tattico mette in difficoltà l’Atalanta, anche perché Gasperini non trova gli spunti che possano squarciare la ragnatela bianconera né da Ilicic, né tantomeno da Malinovskyi, in giornata decisamente no. Fino al 39’ l’Atalanta non tira in porta, anzi è quasi più pericolosa l’Udinese - nonostante l’atteggiamento molto prudente - con la ricetta più scontata, la ripartenza: ispirata da Pussetto per Beto, che scappa a Lovato e mette in mezzo un pallone dove Molina arriva male. Solo a fine primo tempo l’Atalanta si scuote un po’, in coincidenza con il primo spunto di Zapata, che riesce a liberarsi della morsa di Nuytinck e mette dentro per Ilicic che anticipa Becao e colpisce il palo. Un minuto dopo ancora un pericolo per Silvestri, freddo nel faccia a faccia con Pasalic che non riesce ad angolare il tiro.

SECONDO TEMPO — L’Atalanta entra in campo alzando un po’ il ritmo e una combinazione Malinovsky-Zapata-Ilicic, con tiro a giro dello sloveno fuori di poco, spaventa l’Udinese. Ma la partita si sblocca solo quando il peggiore fin lì, Malinovskyi, indovina un sinistro da venti metri, che sorprende Silvestri coperto da Becao. Ma l’Udinese non si butta giù, l’Atalanta ha una sola vera chance per mettere al sicuro il risultato (Silvestri mura Malinovskyi) e Gotti mette in campo tutte le forze che ha, con tre “2000” e un 4-4-2 che in realtà è un 4-2-4, fronteggiato da Gasperini con un “uno contro uno” che coinvolge anche il debuttante Scalvini. Ma l’Udinese va vicina al pareggio già al 45’, quando una palla persa da Miranchuk causa una ripartenza dell’Udinese, che per poco non si conclude con un autogol di Lovato, salvato sulla linea da Musso. E poi trova l’1-1 all’ultimo assalto, su calcio d’angolo battuto da Samardzic e sfruttato di testa da Beto, con la complicità dell’uscita difettosa di Musso, che è ostacolato da Koopmeiners ma resta troppo a metà strada. Nel recupero arriva anche l’espulsione di Gasperini.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Verona, è un Simeone da pazzi!
Il Cholito segna 4 gol e asfalta la Lazio



Hellas scatenato con l'argentino e Caprari (due assist) migliori in campo,
Immobile riapre la partita all'inizio del secondo tempo ma non basta


Fabio Bianchi

Gran Verona, formidabile Simeone. Un Cholito così non si era mai visto, nemmeno in Argentina. Un poker stupendo, una partita senza respiro. Le prime due reti, bellissime, a concretizzare la superiorità su una Lazio in tono minore. Il terzo per scacciare il fantasma dell’ennesima rimonta da subire in questo campionato, il quarto per chiudere in gloria. Non c’è stata partita, grazie a lui e a un super Caprari che conferma la bontà della scelta dei dirigenti per sostituire Zaccagni, che langue nell’infermeria della Lazio. Solo una piccola reazione a inizio ripresa e che ha dato l’impressione di poter riprendere la partita dopo la rete di Immobile. Ma è stata, appunto, solo un’impressione.

DOMINIO — Dopo qualche minuto di empasse, il Verona ha cominciato a prendere in mano la partita alla grande. Nel suo gioco uomo contro uomo arrivava quasi sempre prima sul pallone e una volta conquistato la manovra scorreva lucida. La Lazio, di contro, sembrava parecchio impacciata, con i giocatori spesso in ritardo. Viste le difficoltà a creare manovre efficaci, aveva bisogno dei dribbling di Anderson e Pedro per creare spazi e superiorità numerica. Ma i due avevano le stesse difficoltà dei compagni nei duelli personali. E il Verona, con Caprari ispirato, ha creato qualche occasione prima dell’irruzione di Simeone. Che al minuto 30 ha rifinito alla grande un’azione confezionata da Veloso e Caprari e sei minuti dopo, sull’imbucata di Veloso, dal limite dell’area ha tirato una sassata all’incrocio dei pali. Il primo tempo è stato un domino da parte della squadra di Tudor, che ha avuto l’unico dispiacere di perdere Casale giusto prima dell’intervallo per infortunio, sostituito da Ceccherini.

BRIVIDO — Nel secondo round Immobile ha accorciato subito le distanze con la gentile collaborazione di Gunter e Montipò, che si è fatto sfuggire sotto le braccia il pallone. Ed è riapparso il braccino del Verona, che in questo campionato ha già subito parecchie rimonte dopo un vantaggio di due reti. Ma Tudor ha fatto i cambi giusti in mezzo al campo per inserire polmoni freschi e in difesa per più sicurezza. Quando Simeone ha messo il terzo sigillo, il Verona ha concesso qualcosa (traversa di Milinkovic e poi paratona di Montipò sempre su Milinkovic) ma sembrava comunque in controllo. A tempo scaduto, ancora su invito di Caprari (la Lazio non gli ha mai preso le misure) il poker di Simeone che se n’è andato via felice col pallone sotto il braccio.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Onda Viola: una bellissima
Fiorentina travolge 3-0 il Cagliari



Vlahovic lascia a capitan Biraghi il penalty che sblocca il match.
Poi arrivano i gol di Nico Gonzalez e dello stesso attaccante


Giovanni Sardelli

La Fiorentina stritola il Cagliari dominando la gara dall'inizio alla fine. Bellissima la Viola nel proporre gioco, creare occasioni, divertire. Troppo brutta invece la squadra di Mazzarri incapace fin dai primi minuti di opporre resistenza. Quando va così meglio pensare alla prossima. Italiano piazza Saponara, risultato poi il migliore in campo, al posto di Callejon con Gonzalez e Vlahovic a completare l'attacco. Qualche fischio per il serbo nel pre gara ma nessuno, come immaginato, durante la partita. Mazzarri sposta Nandez a sinistra confermando la coppia Keita-Joao Pedro davanti. Ma a prescindere dai singoli, è tutta la squadra a fallire.

DOMINIO VIOLA — Il primo tempo ha un padrone solo. La Fiorentina. Che snocciola palle gol, diverte, segna. Al 10' occasionissima per Nico Gonzalez di destro su servizio di Bonaventura, palla fuori. Stesso destino per il colpo di testa di Quarta. Al 19' sugli sviluppi di un corner, Keita salta e colpisce con la mano: Banti richiama Rapuano al var e dopo la review viene concesso il rigore alla Fiorentina. A sorpresa non si presenta Vlahovic (c'è un labiale in cui dice "non me la sento") sul dischetto ma capitan Biraghi, che spiazza Cragno. Il monologo viola prosegue a suon di occasioni. Gonzalez mette fuori di testa, Saponara (autore di un primo tempo spettacolare) colpisce l'incrocio dei pali con un tiro a girare prima che lo stesso numero 8, qualche minuto dopo, consegnasse a Gonzalez il pallone del 2-0 facile facile. La differenza pare abissale.

ECCO DUSAN — Tre minuti del secondo tempo e Vlahovic stavolta il piazzato lo calcia. E' una punizione da venti metri che il serbo piazza con forza e precisione sotto l'incrocio dei pali correndo poi ad abbracciare Italiano sommerso dall'affetto dei compagni. Alcuni settori inneggiano il suo nome, la Curva preferisce continuare a sostenere la squadra nel suo collettivo mostrando indifferenza per il centravanti senza firma (sul rinnovo). Mazzarri prova il triplo cambio inserendo Pavoletti, Grassi e Pereiro ma non è una questione di singoli. Tutto il Cagliari non ha sostanzialmente giocato la gara travolto dalla voglia e dalla qualità viola. Dopo la vittoria con la Samp enorme passo indietro per i sardi mentre la Fiorentina ritrova il successo, il gol di Vlahovic ed anche una bella dose di serenità. Che non è poco.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Roma-Napoli, mille partite in una ma finisce senza reti.
E il Milan raggiunge Spalletti

Bella partita coi portieri imbattuti: per Abraham e Osimhen le migliori occasioni


Maurizio Nicita


Una partita bruttina interrompe la serie vincente del Napoli che per la prima volta non va in gol in campionato. La Roma se la gioca alla pari, ma i ritmi sono bassi. Solo qualche strappo col Napoli che colpisce un palo e la Roma che divora la migliore occasione nel primo tempo con Abraham. Alla fine risultato giusto e Napoli che mantiene la vetta ma deve condividerla con il Milan.

OBIETTIVO SPALLETTI — Salve di fischi e striscioni non proprio affettuosi per Luciano Spalletti. Il tecnico, quando nella seconda parte della gara viene insultato dallo stadio intero, alza il braccio e saluta con un ghigno. Ma quello che diventa insopportabile è il refrain dalle curve "Vesuvio lavali col fuoco" cantato da migliaia di persone.

ZANIOLO SPRINT — Mourinho continua nella sua battaglia e lascia fuori dalla partita 5 giocatori (Reynolds, Kumbulla, Diawara, Villar e Mayoral). Si parte con le formazioni annunciate, con le due zeta in campo: Zaniolo e Zielinski. Ed è soprattutto l’azzurro a mostrarsi in palla, puntando Mario Rui e cercando superiorità sulla fascia destra, supportato da Karsdorp. E da un cross dell’olandese nasce un pericolo, con Pellegrini che trova la coordinazione per tirare ma la conclusione è deviata in angolo. Il Napoli non sta a guardare e su una palla vagante in profondità, Osimhen tira quasi a botta sicura, ma Mancini si oppone col corpo.

QUELLO SCHEMA SULL'ANGOLO — Ricordate la soluzione da corner studiata dalla Roma di Spalletti? Era il 15 marzo del 2008 e Taddei faceva finta di battere e toccava leggermente la palla per fargli compiere il giro regolamentare, poi Pizarro partì direttamente palla al piede dalla bandierina. L’arbitro non capì e fermò il gioco. Stessa cosa ha fatto Massa che ha bloccato Insigne (dopo il tocco di Politano). Singolare che Spalletti - che aveva ripetuto l’esperimento a San Pietroburgo - lo abbia riproposto proprio all’Olimpico.

ABRAHAM CHE FAI ! — Partita bloccata in mezzo e squadre più preoccupate a non subire che a offendere. Al 28’ l’occasione più nitida. In mezzo Zielinski, anello debole azzurro, perde palla da Cristante, veloce a verticalizzare su Abraham che solo davanti a Ospina calcia a lato, sbagliando clamorosamente. Finale di tempo con Insigne protagonista che tira due volte dalla sua mattonella, ma prima spara alto, mentre il tiraggiro è molle. Gara ancora spezzettata con un duello poco edificante fra Mancini e Osimhen (già visto nella passata stagione): il difensore salta in testa all’attaccante colpendolo col brezzino sul capo, l’altro cadendo alza la gamba e lo sfiora a una spalla, con l’altro che sviene toccandosi la gamba. Massa però non prende alcun provvedimento. Si prosegue a strappi e nemmeno i cambi danno di più.

LEGNO OSIMHEN — Sfida che rimane bloccata per un quarto d’ora, quando Fabian trova il corridoio per verticalizzare su Politano: la deviazione da un passo di Osimhen è deviata miracolosamente sul palo da Mancini e sulla respinta Karsdorp salva su Mario Rui. Sul calcio d’angolo successivo di testa il nigeriano colpisce la parte alta della traversa, con Rui Patricio comunque sulla traiettoria. Si sveglia anche la Roma, bella una verticale Zaniolo-Pellegrini con conclusione di poco alta. Mancini, grande protagonista in difesa, sfiora il gol su un piazzato perfettamente calciato da Pellegrini, ma la sua girata di testa esce di un niente. Il Napoli con Mertens accanto a Osimhen e Lozano ed Elmas esterni passa al 4-4-2. Mourinho dopo essere stato ammonito riesce a farsi espellere. I tifosi del Napoli sussultano per un gol di testa di Osimhen ma è in fuorigioco. Finisce con la Roma all’attacco ma senza sussulti.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Juve agguanta l'Inter con un rigore nel finale:
pari e vetta lontana per entrambe

Il bosniaco firma il vantaggio al 17' del primo tempo, mentre i bianconeri
sono in 10 con Bernardeschi infortunato ed in attesa di cambio.
L'argentino, entrato al 61', batte Handanovic all'89'


Luca Taidelli


Poteva esserci un Inter-Juve senza polemiche? Ovviamente no. E dopo il rigore salva Champions dello scorso maggio i bianconeri strappano un pareggio contro un’Inter molto “contiana” con un penalty deciso al Var e segnato da Dybala appena prima del 90’ a vanificare il gol del solito Dzeko nel primo tempo. L’Inter fatica a digerire lo sgarbo, ma Inzaghi forse dovrà riflettere sulla mania di togliere un uomo non appena viene ammonito. Perché il fallo su Alex Sandro che cambia la notte di un Meazza stracolmo lo commette il goffo Dumfries, entrato dopo l’ammonizione dello straripante Perisic. Un caso? Fino a un certo punto. Resta il fatto che questo 1-1 lascia entrambe lontane dalla coppia Milan e Napoli, ora rispettivamente a +7 e a +10 sulle rivali.

MINUTI CHIAVE — Inzaghi perde Vidal per influenza, ma aveva già deciso di puntare su Calhanoglu. Darmian e Perisic sulle fasce, in attacco intoccabili Dzeko e Lautaro, anche perché Correa non è stato convocato. Allegri dietro preferisce Chiellini a De Ligt e tiene inizialmente in panchina Bentancur e Chiesa, cui preferisce McKennie e Kulusevski, reduce dal gol in Champions allo Zenit, per affiancare Morata. Al solito, il 4-4-2 in fase di possesso si declina in 3-5-2 con lo scivolamento a sinistra di Alex Sandro. Agonismo subito alle stelle, con l'Inter che prende metri ma sembra più attenta del solito, quasi "contiana" a non rischiare quei passaggi sbagliati che manderebbero a nozze la Juve versione autunnale, ben contenta di schiacciarsi sulla propria trequarti. Dopo un quarto d'ora di sportellate, la gara si stappa sull'infortunio di Bernardeschi, che cade male dopo un contrasto con Darmian e chiede il cambio per un problema alla spalla. Quando il gioco finalmente riprende, Allegri sta ancora istruendo Bentancur ma Calhanoglu con un tracciante improvviso (deviato da Locatelli) centra il palo interno e Dzeko sul tap-in segna il gol più semplice, anche se pesante, del suo stellare inizio di campionato. Reduce da quattro 1-0 consecutivi, la Juve è costretta ad azzannare la partita. Di fronte però trova un avversario che nel primo tempo ha più fame di lei. Perisic asfalta Cuadrado, Calha costringe McKennie in ritirata, Dzeko e Lautaro sono bravi a schermare Locatelli, l'unico che sembra in grado di creare gioco, visto che anche Kulusevski sbatte contro Brozovic e lascia Morata in balia dei tre centrali di Inzaghi.

REAZIONE JUVE — Si riprende senza sostituzioni, anche se Allegri sposta a sinistra McKennie e Bentancur - evanescente in fascia - al fianco di Locatelli nel cuore del gioco. L'Inter però resta più feroce, arriva prima sul pallone, fa ballare l'avversario anche se piuttosto che rischiare di prendere una ripartenza quando Brozovic e Perisic non possono accompagnare l'azione, perde un tempo di gioco e gestisce. Dopo un'ora finisce l'autonomia del Calha versione tuttocampista ed entra Gagliardini. Da notare che Barella sfugge alla "legge Inzaghi" e resta in campo malgrado l'ammonizione presa nel primo tempo. Anche quando sfonda la prima linea interista (vedi Kulusevski) la Juve non riesce a riempire l'area con altri uomini. Allegri cerca qualità con Chiesa e Dybala per gli spenti Cuadrado e Kulusevski. Al rientro dopo oltre un mese, la Joya pesca subito il taglio centrale di McKennie, che però non aggancia. Anche Chiesa bussa subito a destra, costringendo al giallo Perisic, lui sì subito sostituito malgrado un'ottima prestazione. Entra Dumfries, che fa traslocare Darmian, mentre Sanchez rileva Lautaro. Ma la Juve ormai si è trasferita nella metà campo avversaria. L'Inter va in sofferenza e fatica ad uscire in modo pulito. Il quadro è ribaltato. Ora è la Juve a sporcare tutte le linee di passaggio e a ringhiare su ogni pallone. All’82’ Allegri si gioca le carte Arthur e Kaio Jorge per McKennie e Locatelli, ma la Juve sembra meno feroce. Il regalo però glielo scarta Dumfries. Mariani nemmeno se ne accorge, ma Guida al Var lo sollecita e Dybala non sbaglia.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2021/2022 9ª Giornata (9ª di Andata)

22/10/2021
Torino - Genoa 3-2
Sampdoria - Spezia 2-1
23/10/2021
Salernitana - Empoli 2-4
Sassuolo - Venezia 3-1
Bologna - Milan 2-4
24/10/2021
Atalanta - Udinese 1-1
Fiorentina - Cagliari 3-0
Verona - Lazio 4-1
Roma - Napoli 0-0
Inter - Juventus 1-1

Classifica
1) Napoli e Milan punti 25;
3) Inter unti 18;
4) Roma punti 16;
5) Atalanta, Juventus e Fiorentina punti 15;
8) Lazio punti 14;
9) Bologna e Empoli punti 12;
11) Verona, Torino e Sassuolo punti 11;
14) Udinese punti 10;
15) Sampdoria punti 9;
16) Venezia punti 8;
17) Spezia punti 7;
18) Genoa e Cagliari punti 6;
20) Salernitana punti 4.

(gazzetta.it)
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Lo Spezia si illude e spreca,
il Genoa recupera in extremis:
finisce 1-1



La partita si accende dopo il vantaggio (autorete di Sirigu) dei padroni di casa, che però non trovano il raddoppio.
E allora all'85' Caicedo conquista un'occasione dal dischetto che Criscito trasforma


Filippo Grimaldi

Quanti rimpianti. Finisce uno a uno, ma lo Spezia porta a casa solo un punto, dopo non essere riuscito a capitalizzare il vantaggio ottenuto nella ripresa, quando su una punizione di Salcedo ribattuta dalla barriera, Colley ha piazzato il destro sul palo alla destra di Sirigu. Carambola sfortunata per il numero uno genoano: pallone sulla schiena e autorete. Ma da lì lo stesso portiere del Grifone ha tenuto in piedi le speranze del Genoa di recuperare lo svantaggio con due interventi decisivi su Colley, ancora lui, e Nzola. Il rigore di Criscito a quattro minuti dalla fine della partita, (fallo di Provedel su Caicedo, lanciato a rete da Destro) ha chiuso la partita. L'uno a uno non dà ossigeno alla classifica, ma spezza una lunga serie negativa per la squadra di Ballardini. Certo, i problemi rimangono, perché la classifica fa sempre paura e la lotta di Motta e Ballardini per una salvezza che pare oggi molto complicata, continua. Rimane l'obbligo di rialzare la testa in fretta.

SFIDA FRA DELUSE — Si sono affrontate le due delle difese peggiori della Serie A: 22 gol al passivo per gli aquilotti, uno in meno per il Genoa. Motta ha proposto il suo solito Spezia a trazione anteriore, più per necessità che per scelta, dovendo fare i conti con un'infinita lista di indisponibili, anche se ieri è arrivata la gara consecutiva numero ventisei con almeno un gol al passivo. Ballardini ha schierato un 4-3-3 inedito che, però, nel primo tempo non ha dato i frutti sperati. Gara scialba sino all'intervallo, prima di una ripresa più vivace. Sino all'intervallo Sirigu e Provedel non sono mai stati impegnati. Le due occasioni di Ekuban (28') e Destro allo scadere come unici squilli, ma senza pretese.

Nel secondo tempo padroni di casa si fanno più coraggiosi. Gyasi al 13' ha colpito il palo con un gran diagonale, poi al 21' il meritato vantaggio spezzino. Il Genoa lì ha faticato a riaccendersi, ma lo Spezia ha colpe enormi per non avere chiuso la partita. Dando così alla fine la possibilità ai rossoblù di risalire la corrente sino al rigore di Criscito, infallibile dal dischetto (86'). La strada resta lunga e in salita per tutte e due.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Salernitana, il colpaccio arriva al 95':
Schiavone sbanca Venezia



Clamoroso ribaltone dei campani, che segnano il gol decisivo al 5’ di recupero


Fabio Bianchi

All’ultimo respiro arriva la legge dell’ex. Schiavone punisce un Venezia un po’ leggero ma anche molto sfortunato, che paga l’espulsione di Ampadu e anche l’errore finale di Romero. Un pari forse sarebbe stato più giusto, ma la Salernitana non ha rubato nulla e con questo 2-1 si rilancia proprio contro una concorrente diretta per la salvezza. Punti pesanti.

ANCORA LUI — La Salernitana è partita più decisa, con baricentro e pressing alto e già al minuto 3 Kastanos ha impegnato Romero. Il Venezia ci ha messo un pochino a ingranare, anche perché Zanetti ha deciso, a differenza di Colantuono, per un turn over massiccio, soprattutto in difesa dove ha cambiato 3 giocatori su 4 lasciando titolare soltanto capitan Ceccaroni. Il Venezia manovrava basso e si rendeva pericoloso nelle ripartenze. E in una di questa ha fatto centro. Okereke ha innescato l’azione passando a Molinaro, sul cui cross lo stesso Okereke ha fintato per il gran tiro di Aramu. Ancora lui, terzo gol di fila in casa al Penzo, gli altri due con Torino e Fiorentina. La Salernitana, spinta di Bonazzoli e Ribery, ha reagito bene ha crea un paio di veri pericoli (bravo Romero a parare in due tempi una sassata di Djuric) ma ha rischiato ancora in contropiede con Okereke che si è fatto tutto il campo e ha tirato per la respinta d Belec.

LA RIMONTA — Dall’intervallo non rientra Aramu per qualche fastidio. Zanetti spende Ampadu e porta avanti Kiyine. Poi però deve uscire anche lui e al suo posto entra Heymans, un centrocampista, come terzo dell’attacco. La Salernitana spinge e trova il pareggio con Bonazzoli. Zanetti fa entrare Haps e Henri per Molinaro e Forte ma subito dopo l’arbitro Di Bello caccia Ampadu col rosso diretto per un fallo su Ribery in chiara occasione da gol. Curioso che il Var richiami l’arbitro al video (non potrebbe farlo) comunque l’arbitro conferma e Zanetti è costretto a cambiare ancora. Da lì in poi la sfida è parecchio confusa e Svoboda appena entrato ha due occasioni per segnare. Ma all’ultimo respiro ecco il gol di Schiavone con Romero che sbaglia l’uscita.

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Giroud stende il Torino:
un Milan spietato ora prova a scappare

I rossoneri attendono Napoli-Bologna cullando l’ambizione di fuga.
Buona prestazione per i granata, ma poca lucidità in fase offensiva


Marco Pasotto


Per la seconda volta in tre giorni il Milan si mette comodo in poltrona a osservare gli altri con l’animo leggero di chi ha scaricato tutta la pressione sulle spalle degli inseguitori. San Siro in campionato per il momento è una sentenza: cinque vittorie in cinque uscite e questa sul Torino permette ai rossoneri non solo di conservare il primato in classifica ma anche, perché no, di cullare il sogno proibito di ritrovarsi soli davanti a tutti domani notte, dopo che il Napoli avrà ospitato il Bologna. Decide un gol di Giroud, e pure lui al Meazza è una sentenza: 4 gol in campionato, tutti casalinghi. Nota di merito per la difesa: la porta è rimasta chiusa a oltre un mese dall’ultima volta. Il Torino non riesce a dare continuità di risultato ai grandi sorrisi raccolti col Genoa, ma la trova nel gioco: i granata hanno dato vita a una prova di ottima personalità in casa della capolista e condotto le danze per buona parte di gara, sfiorando il pari nel finale. Contro le big, però, il piatto piange parecchio.

LE SCELTE — Il numero da cui è partito Pioli stavolta è stato otto. Otto come gli inquilini dell’infermeria, settore che registra nuovi arrivi non appena viene dimesso qualcuno. Una maledizione. Gli ultimi della lista sono Castillejo e Ballo-Touré, usciti malconci da Bologna. La buona notizia è il ritorno di Hernandez, ma occorrerà attendere la Roma (così come per Diaz) per rivederlo dal primo minuto. In avanti stavolta è toccato a Giroud, con Krunic confermato alle sue spalle. In mediana Kessie per Bennacer, in difesa Romagnoli per Kjaer e Kalulu a sinistra. Juric in attacco ha puntato subito su Belotti (il Gallo non partiva titolare da fine agosto, prima panchina stagionale per Sanabria), supportato da Linetty (preferito a Praet) e Brekalo. In mediana Singo e Aina in fascia (Ansaldi è andato k.o.), Lukic e Pobega al centro. L’ex rossonero si è calato subito in battaglia con Kessie e hanno finito per annullarsi a vicenda. Pochi metri più in là invece comandava Tonali, con una doppia fase esemplare, ma nei duelli non c’è stata una squadra che ha dettato davvero legge. Sulla corsia sinistra del Milan, per esempio, Kalulu ha incontrato parecchie difficoltà nel contenere Singo. Al Torino va dato essenzialmente un merito: quello di essere sceso in campo senza badare alla classifica altrui, noncurante di essere in visita al domicilio della capolista. Il gioco granata fin dai primi minuti si è sviluppato armonicamente, fluido, ben ragionato, installato nella metà campo rossonera. Linetty e Brekalo hanno cercato di fornire pochi punti di riferimento, Belotti ha provato a partecipare il più possibile a una manovra avvolgente, con l’unico – ma grosso – problema di esaurirsi sulla trequarti. Mancanza del passaggio decisivo da un lato, difficoltà da parte del Gallo di proteggere palla: la ruggine c’è per forza di cose e si è vista. Risultato: il Toro nei primi 45 non ha praticamente mai tirato in porta.

INERZIA — Il Milan ha accettato il possesso granata, scegliendo per lo più di attendere e ripartire negli spazi. Una tattica vista già altre volte, che nasce dalla consapevolezza della propria pericolosità in contropiede. Leao ha cercato di aiutare e sfruttare Giroud sistemandosi il più vicino possibile al francese. Il gol è arrivato da un angolo di Tonali su cui il Toro è finito in letargo: spizzata di Krunic e Giroud si è infilato in area piccola tra Lukic e Singo, rimasti a osservare il movimento del 9 rossonero. La ripresa è iniziata con sostituzioni ragionate da entrambe le parti: Hernandez per Kalulu, Kjaer per Romagnoli e Rodriguez per Buongiorno: erano ammoniti tutti e tre. L’inerzia del match non è cambiata: palla fra i piedi granata, Milan pronto a sbucare fuori e azzannare nell’ambito comunque di una partita vissuta su ritmi decisamente non eccelsi. Dopo una decina di minuti dentro Sanabria e Praet per Belotti e Linetty, mentre Pioli ha tolto Krunic e piazzato Bennacer sulla trequarti, ovviamente con ampie consegne di contenimento. La spinta di Hernandez in fascia si è fatta sentire in un paio di occasioni, ma il passare dei minuti senza trovare il colpo del k.o. ha portato il Diavolo ad arretrare il baricentro, permettendo al Toro di avvicinarsi alla porta. E così i granata nell’ultimo quarto d’ora hanno costruito tre occasioni importanti: sulla prima decisiva una parata di Tatarusanu su Sanabria, poi una traversa accarezzata da Praet e in pieno recupero ancora Sanabria non ha trovato il tempo giusto in area piccola.

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Frattesi-Lopez, e la Juve cade in casa contro il Sassuolo

Emiliani avanti con Frattesi, poi i bianconeri trovano il pareggio con McKennie.
Ma a tempo scaduto il francese regala i tre punti alla squadra di Dionisi.
Palo di Dybala sullo 0-0


Livia Taglioli


Il Sassuolo passa per la prima volta all'Allianz Stadium e supera la Juventus per 2-1. In vantaggio con l'erede di Locatelli, il 22enne Frattesi, i bianconeri colpiscono un palo con Dybala e trovano il pareggio con McKennie, prima che Maxime Lopez raddoppi al 95’. Per la Juve, quella che avrebbe dovuto essere “una gara da vincere per non sprecare il punto strappato a San Siro”, diventa invece una sconfitta pesantissima, che la costringe a vedere ancor da più lontano la vetta della classifica, ora distante 13 lunghezze. A conquistare i tre punti è la squadra di Dionisi, debuttante all’Allianz Stadium, grazie al secondo gol consecutivo in A di Frattesi e al raddoppio a tempo scaduto del francese. Per il Sassuolo è la seconda vittoria contro la Juve (17 i precedenti), dopo il successo del 2015, per la Juve il primo k.o. dopo 6 risultati utili consecutivi, ma soprattutto una mazzata sui suoi propositi di rimonta.

SEI NOVITÀ FRA I TITOLARI — Out Bernardeschi e Kean, la Juve si presenta con 6 novità, da Perin fra i pali, ai rientri di De Ligt e De Sciglio dietro, Rabiot e Chiesa sugli opposti in mezzo, e Dybala a far coppia con Morata in avanti, ricomponendo un tandem che mancava dalla gara contro la Samp, quando entrambi gli attaccanti uscirono per infortunio. Nel Sassuolo giocano Muldur e e Ayhan in difesa, ma la vera sorpresa è Defrel al posto di Scamacca davanti. Fuori invece Djuricic, Boga, Obiang e Romagna. La Juve parte inanellando quattro occasioni nei primi 7’, ma fra fuorigioco e Consigli (su tiro cross di De Sciglio) non traduce in gol un avvio ad alto tasso di pericolosità. Poi molla un po’ la presa, De Sciglio deve abbandonare per un infortunio al ginocchio sinistro lasciando il posto ad Alex Sandro, il Sassuolo non appare per nulla intimidito dall’avvio rombante bianconero.

QUEL PALO, E POI FRATTESI — La gara per lunghi minuti si assesta così su un dominio di palla e di metri della Juve, tanto evidente quanto poco produttivo dalle parti di Consigli, con il Sassuolo che alza un po’ il suo baricentro ed è pronto ad approfittare di ogni errore della Juve, soprattutto in uscita. Al 18’ Perin in tuffo deve superarsi per deviare in angolo una conclusione velenosa di Berardi. La Juve cuce gioco di buona qualità, con McKennie molto attivo negli inserimenti, Chiesa che accompagna l’azione d’attacco ogni volta che Morata ha il pallone fra i piedi, spesso partendo dalle retrovie dove ripiega con grande puntualità, e Dybala che arretra a far da raccordo, liberare spazi ed arrivare al tiro quando trova lo spiraglio giusto. E’ così che succede al 37’, quando l’argentino con un gran sinistro centra il palo con Consigli battuto. Ma tanta pressione in avanti non viene concretizzata, e a far la… Juve ci pensa il Sassuolo, ottimizzando le rade occasioni create: al 44’ Frattesi si inserisce in area, e con un destro in corsa trasforma in gol l’assist di Defrel.

MCKENNIE NON BASTA — Nella ripresa si presenta Cuadrado al posto di un inconsistente Rabiot, con Chiesa che va a sinistra. Il Sassuolo abbasso il ritmo e si difende più basso, facendosi quasi attendistico. In fase di possesso palla va per vie orizzontali, puntando al possesso più che allo sfondamento. La Juve si mantiene corta e compatta e si impone pazienza. Ma nel contempo alza i giri e produce due occasioni in due minuti: al 58’ Ayhan respinge con un ginocchio un bolide di McKennie con Consigli battuto, poi il portiere respinge su Dybala, e Chiesa di testa manda alto. Scamacca prende il posto di Raspadori, Kaio Jorge quello di Morata. La gara vive di folate, ma è un flipper che non premia la Juve. Le vie centrali restano affollate, sulle fasce Alex Sandro e Cuadrado trovano invece spazi per affondare i colpi. Ma il Sassuolo non si fa sorprendere, ed anzi non rinuncia ad avanzare quando trova qualche varco. La Juve attacca a testa bassa, una rovesciata di Kaio Jorge finisce fuori di poco, poi dal suo piede nasce il pareggio bianconero. Al 76’ il brasiliano pennella una punizione perfetta per la testa di McKennie, che svetta su tutti in area e angola una conclusione a fil di palo. Allegri non si accontenta, e a dieci minuti dalla fine toglie uno sfinito Locatelli e Danilo, mandando in campo Arthur e Kulusevski per il forcing finale. Ma la palla buona capita a Maxime Lopez, che al 95' gela l'Allianz condannando la Juve alla seconda sconfitta casalinga della stagione.

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Zapata e Ilicic trascinano l'Atalanta:
tris alla Samp in rimonta



Blucerchiati avanti con Caputo, poi si scatena il colombiano c
he provoca l'autogol di Askildsen e sigla il gol del sorpasso.
Nel finale una perla dello sloveno chiude il match


Filippo Grimaldi

Chapeau, tutti in piedi: segna Ilicic. L’immagine-simbolo della serata del Ferraris (1-3) sta tutta nella magia di Ilicic che al 50’ della ripresa salta netto Yoshida e piazza un sinistro magico che vale l’1-3 finale. Atalanta che si aggancia con merito al treno delle grandi, con una prestazione importante (dopo il vantaggio di Caputo, l’autorete di Askildsen e il vantaggio di Zapata), che rimette a nudo i problemi di una Sampdoria che quest’anno non riesce proprio a trovare la giusta continuità. Vigore, furore. Ma anche idee maledettamente chiare, ritmi altissimi e capacità di coprire gli spazi in maniera sempre efficace, con ruoli spesso intercambiabili: con l’identikit tipico delle squadre di Gasperini (in tribuna perché squalificato), i nerazzurri strappano tre punti pesantissimi. Due squadre in emergenza (D’Aversa ha perso in extremis anche Augello a causa di problemi familiari e sostituito da Murru), ma la differenza alla fine sta nel valore globale delle due rose.

BOTTA E RISPOSTA — Avvio frizzante: al 4’ occasione d’oro per Zapata, a lungo mattatore della serata, un minuti dopo ci prova anche Maehle. Poi arrivano i fuochi d’artificio. Thorsby innesca alla perfezione Caputo che in contropiede controlla in corsa e batte Musso. Uno a zero. Ma l’Atalanta non si arrende, mette fisicità, corsa, pressing sul portatore di palla della Samp, e i blucerchiati soffrono. Malinovskyi si infila fra le linee, Candreva è in ritardo su Zappacosta, che serve Zapata, ma il tocco finale che taglia fuori Audero è di Askildsen (17’). La squadra di Gasperini non s’accontenta del pari e insiste. Murru perde una palla in uscita e ridà fiato alla spinta ospite: il solito Zappacosta serve Zapata, che anticipa il vano tentativo di Yoshida: 1-2 e qui la gara prende una direzione ben netta. Al 36’ grande pallone di Gabbiadini per Caputo, ma il pallonetto è impreciso e Musso è decisivo. Prima dell’intervallo c’è spazio per un’occasionissima di Malinovskyi, ma spara altissimo.

REAZIONE VANA — Gasperini sostituisce Palomino con Scalvini a inizio ripresa. La Samp ci prova: Caputo calcia a lato. D’Aversa alza Murru, sposta Candreva a destra, lascia Gabbiadini e Caputo come terminali alti. Gasp risponde con Pasalic per Ilicic. La Samp passa alla difesa a tre, ma tutte le soluzioni non danno esito, perché il fraseggio ospite, con i blucerchiati meno veementi del primo tempo, interrompe sul nascere tutti i tentativi dei padroni di casa di arrivare dalle parti di Musso. Quagliarella, subentrato a Gabbiadini, non punge. Ma lo spaccapartita è Ilicic al posto di Pasalic. Entra, accende la sfida, e dopo la palla dell’1-3 fallita sul colpo di testa di Zapata (36’) e un’altra buona occasione di Piccoli, lo sloveno s’inventa un gol da favola. Gara chiusa e tutta l’Atalanta va a far festa sotto il settore nerazzurro.

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Barak risponde a Success: fra Udinese e Verona è 1-1

I bianconeri avanti dopo 3 minuti si fanno
raggiungere nel finale da un calcio di rigore


Francesco Velluzzi


Le partite si chiudono e l'Udinese prende un’altra lezione, incassando il quarto pareggio di fila (Samp, Bologna, Atalanta e Verona) alla Dacia Arena col Verona dell'ex tecnico Igor Tudor, che prende e porta a casa grazie a un rigore concesso dopo un lungo check da Marchetti e dal Var e trasformato dal nemico Barak che qui non ci è mai voluto stare. Finisce 1-1 lo scontro tra il tecnico croato e quello che qui gli fece da vice, Gotti. Così i bianconeri di casa rinviano ancora una volta l'appuntamento con la vittoria che manca dal 12 settembre (a Spezia) ed escono confusi e infelici dopo una partita che avrebbero dovuto stravincere. Il Verona risparmia troppi titolari rispetto all'abbuffata di gol con la Lazio ma si tiene a galla e alla fine produce l’acuto decisivo.

LA SFIDA — C'è tanta attesa per l'incontro tra i due allenatori. Gotti arriva prima in campo in abito scuro e aspetta Tudor, che esce in tuta. Tra i due c'è un lungo abbraccio, il bello del calcio. Poi si gioca e il tecnico dell'Udinese, che conosce ogni mossa del croato al quale ha fatto da vice, si piazza a specchio: 3-4-2-1 per entrambi. In casa Udinese c'è il forfait di Pussetto (mal di schiena) oltre a quello annunciato di Deulofeu. L'attacco, insomma, è in perenne emergenza. Gotti lancia subito il nigeriano Isaac Success e lo sistema con Pereyra dietro Beto. In mezzo rientra Arslan. Tudor ne cambia sette rispetto alla scorpacciata di gol di domenica con la Lazio. Fuori tutta la difesa: Dawidowic, Gunter e Casale (infortunato). In panca pure Lazovic, Ilic e soprattutto l'uomo della domenica Giovanni Simeone. In attacco con Barak, a supporto di Kalinic, torna Lasagna che non era titolare dalla gara col Genoa. Pure Caprari è fuori. Neppure il tempo di partire e dopo 2'29" l'Udinese è in vantaggio: Arslan recupera palla e serve Succes, che si sposta da sinistra a destra e batte Montipò con un bel tiro.

Tudor sposta ancora la difesa: Sutalo va a destra e Ceccherini a sinistra. Ma Arslan è una furia e Hongla e Veloso non lo prendono con facilità, il tedesco-turco corre e smista palloni. L'Udinese è padrona: al 24' Montipò nega il gol a Nuytinck, bravo di testa su corner. La fisicità bianconera si impone sul Verona che fa fatica. Udogie contiene Faraoni senza farlo mai partire, Tameze a sinistra trova sbarramenti. L'Udinese insiste è sempre su corner Beto colpisce il palo. Poi Montipò la tocca, sul successivo tiro ci rimette Faraoni che resta a terra. All'Udinese manca solo il raddoppio, il Verona è irriconoscibile rispetto a domenica, ma i cambi sono troppi.

IL SECONDO TEMPO — A inizio ripresa Tudor prova a sistemare le cose: dentro Caprari, Lazovic e Dawdowicz, Tameze si rimette in mezzo e Lazovic va largo a sinistra. L'Udinese comincia ad abbassarsi, Samir commette una prima leggerezza facendo finire un pallone innocuo in corner. Lazovic e Caprari creano più problemi e Barak, silenzioso nella prima parte e senza assistenza, comincia a imperversare. Al 15' l'Udinese si riaffaccia davanti ma Molina, dopo l'uno-due con Beto, calcia fuori. Gotti capisce che deve fare più attenzione e toglie l'esausto e bravo Success per inserire Stryger Larsen. Molina, meno adatto a coprire, va avanti con Pereyra. Il fortino bianconero regge, il Verona ha il pallino con Veloso che dirige l'orchestra, ma combina poco. Al 30' Pereyra se ne porta via quattro e tira, ma Montipò manda in angolo. È l'ultimo sussulto prima dello strano rigore che Marchetti concede dopo un lungo consulto con Doveri e Di Iorio al Var. Prima viene fischiato un fuorigioco, poi prevale la tesi del fallo di Becao su Barak (ma che sciagurato Walace, fin lì forse il migliore, che recupera una palla che si si fa subito sfilare). Il centrocampista va sul dischetto e trasforma davanti allo spicchio di tifosi veronesi e con tutta l'antipatia verso Udine. Finisce pari, con l'Hellas che ringrazia.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Roma, colpo in rimonta a Cagliari:
Mou sorride, Mazzarri trema

Tutto nella ripresa: la squadra del portoghese (in tribuna perché squalificato)
reagisce alla grinta iniziale dei sardi, spettacolare il gol vincente di Pellegrini su punizione


Andrea Pugliese


Un buon Cagliari ed una Roma di rimonta, condotta in porto dal suo capitano, Pellegrini, che la tira fuori dalle sabbie mobili con un assist e un gol decisivi per la serenità di tutto l’ambiente giallorosso. Ma è stata dura per i giallorossi, anche perché il Cagliari ci ha messo il cuore, sperando fino a metà secondo tempo di poter fare il colpaccio. Che poi, prima della rimonta giallorossa, glielo ha negato Rui Patricio con una superparata su Pavoletti (autore anche dell’1-0). Se il Cagliari fosse andato sul 2-0 sarebbe stata francamente dura. Invece poi ci ha pensato proprio Pellegrini, che prima ha servito l’assist ad Ibanez per il pari e poi ha colpito con un gioiello su punizione.

POCHI SPAZI — Mazzarri in extremis perde anche Godin e Strootman, con Nandez che alza bandiera bianca anche lui. Mourinho (per l’occasione in tribuna per squalifica, al suo posto il vice Joao Sacramento) non cambia invece nulla e va avanti con gli stessi undici di sempre. Ne viene fuori una partita in cui la squadra di casa gioca corta e compatta, con il 4-4-2 che in fase difensiva diventa 4-5-1 (è Joao Pedro ad abbassarsi e Marin a scalare in mezzo) e una Roma che non riesce mai a trovare il modo di rendersi davvero pericolosa. Gli spazi sono pochi, Mkhitaryan e Abraham girano a vuoto e il lavoro fatto da Vina e Karsdorp per smagliare la difesa avversaria non dà i frutti sperati. Così i giallorossi concludono i primi 45 minuti senza neanche un tiro in porta (le conclusioni di Cristante di testa al 15’ e di Zaniolo in pieno recupero finiscono fuori), nonostante vada alla conclusione 7 volte e abbia un possesso palla del 61%. Dall’altra parte, invece, il gol Mazzarri lo sfiora eccome, all’8’, quando Marin con una delle sue tante giocate pesca bene in profondità Bellanova, che approfittando di uno sbilanciamento di Vina colpisce in pieno la traversa. L’ombelico del gioco sardo è Marin, lo stantuffo è invece Lykogiannis, che mette in piedi un confronto anche molto fisico con Zaniolo. Si va però a riposo così, sullo 0-0.

SCINTILLE E GOL — La Roma corre allora ai ripari e torna in campo con El Shaarawy al posto di Mkhitaryan, per dare maggiore peso all’attacco giallorosso. A passare però è il Cagliari, con una bella iniziativa Carboni-Marin sulla sinistra, il solito buco difensivo di Vina su Bellanova e Pavoletti pronto ad insaccare da due passi. Poi Joao Pedro ci prova di testa e al 12’ Mou manda dentro Felix, il centravanti della Primavera, preferito a Shomurodov e Carles Perez. La Roma passa così al 3-4-1-2, con El Shaarawy e Zaniolo che giocano però molto alti e a volte portano la linea offensiva anche a 4. Ad andare però vicinissimo al gol è ancora il Cagliari, con Pavoletti che si divora il 2-0 da solo davanti a Rui Patricio, con tutta la porta spalancata. Scampato il pericolo la Roma ci prova con Felix in mischia (ribattuta decisiva di Pavoletti) e Zaniolo (colpo di testa di poco al lato) e al 22’ ci arriva ad un soffio dal pari, con il tiro al volo di Pellegrini (spaccata su assist di Karsdorp) che si infrange sulla traversa. Poi è Mancini a sfiorare il palo sugli sviluppi di un angolo, Rui Patricio a salvare con un autentico miracolo su colpo di testa di Pavoletti e Ibanez a pareggiare i conti di testa su calcio d’angolo. Il pari è meritato, con la Roma che nel frattempo ha aumentato i giri del suo motore. E al 33’ i giallorossi passano ancora con una punizione magistrale di Pellegrini. L’assalto finale del Cagliari porta ad un tiro da fuori di Zappa, molta confusione e le proteste del Cagliari per un presunto fallo in area di rigore di Mancini su Pavoletti proprio all’ultimo giro. Finisce così, con la Roma che mantiene il quarto posto ed il Cagliari ultimo in classifica, con Mazzarri che trema.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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L'Inter si rilancia a Empoli:
vince 2-0 e ritorna a -7 dal Milan



I nerazzurri tornano alla vittoria dopo il punto raccolto tra Lazio e Juve.
Decidono D'Ambrosio e Dimarco. Ad inizio ripresa espulso Ricci


Luca Taidelli

L'Inter reagisce nel modo migliore alla beffa via Var contro la Juve. A Empoli serviva vincere per non perdere altro terreno dalla vetta, D'Ambrosio e Dimarco provvedono. Una gara di sostanza (facilitata dal rosso a Ricci a inizio ripresa), tanto che dopo oltre due mesi Handanovic torna a tenere inviolata la porta. Per i fronzoli ripassare più tardi. La sensazione è che l'harakiri contro la Lazio abbia segnato una svolta anche nell'atteggiamento della squadra, ora meno sbilanciata e più solida. Dopo essere stati per una notte a -10 dal Milan, ora i nerazzurri devono battere l'Udinese e tifare Mourinho per apparecchiarsi un derby di fuoco, il 7 novembre.

LE SCELTE — Turno infrasettimanale chiama turnover. Andreazzoli tiene in panchina Haas e punta su Zurkowski, con Bajrami dietro alla coppia Cutrone-Pinamonti. Inzaghi (in tribuna per squalifica) fa riposare due intoccabili come Skriniar e Dzeko a favore di D'Ambrosio e Sanchez, entrambi all'esordio dal 1'. Dimarco prende il posto di Perisic, Gagliardini quello di Calhanoglu. In attacco guida Lautaro.

PRIMO TEMPO — L'avvio è un film già visto per i campioni d'Italia in trasferta. Come a Verona, Firenze e Reggio, l'avversario azzanna la partita e l'Inter fatica ad allentare la pressione, sporcando troppe uscite. Anche perché Brozovic, la fonte del gioco nerazzurro, ormai viene marcato come se fosse Lewandowski. L'Empoli spinge anche con i terzini: Parisi innesca subito l'ex Pinamonti, chiuso bene da Bastoni; Stojanovic scalda i guantoni ad Handanovic, salvato poi da D'Ambrosio che si immola su Luperto, lasciato solo a centro area e libero di controllare e calciare. Solo a metà frazione Dimarco bussa con un mancino smanacciato da Vicario. Non appena i padroni di casa abbassano il ritmo però D'Ambrosio (che rischia per un contatto in area su Bajrami) diventa decisivo anche nell'area opposta. Al 34' rompe la ripartenza, serve Sanchez e si inserisce beffando Vicario con un colpo di testa sulla pennellata morbida del cileno. Il gol, meno facile di quanto sembri perché la palla era molle ed è servita una gran frustata, è una mazzata per Bajrami&C. e gasa gli ospiti, che nel finale di tempo diventano arrembanti con Barella che si decide a cambiare marcia. Se il palo dell'azzurro era viziato da fuorigioco, Sanchez e Lautaro vanno vicini al 2-0 sempre su azioni innescate dalla sinistra, con Dimarco protagonista.

SECONDO TEMPO — Nessun cambio nell'intervallo, ma stavolta l'Inter esce dai blocchi più convinta e al 51' va in vantaggio anche di un uomo. Chiffi infatti mostra il rosso diretto a Ricci per un'entrata scomposta su Barella. Andreazzoli tampona con Haas, ma non toglie una punta bensì Bajrami e resta in piedi solo perché Sanchez segna in fuorigioco sulla stoccata di Darmian, che poi crossa per Gagliardini, il quale a colpo sicuro di testa centra il palo. Il miracolo di Vicario su Lautaro e il diagonale di Brozovic a fil di palo certificano il dominio interista. Il tempo di pensare che però certe gare una grande squadra le chiude che Dimarco sul secondo palo scarta la caramella del Toro e al 66' fa 2-0. Andreazzoli ne cambia tre in un colpo (fuori Cutrone, Bandinelli e Zurkowski per Mancuso, Asllani ed Henderson), mentre Inzaghi risparmia il finale all'ammonito Brozovic - al solito monumentale per come taglia e cuce - e a Sanchez con Vecino e Correa. Entra solo nei minuti finali Dzeko, che sarà fondamentale nei prossimi dieci giorni per il tris Udinese, Sheriff e Milan.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Lampo di Pedro: 1-0 alla Fiorentina e la Lazio sale al 6° posto



Gara bloccata ed equilibrata:
decide un sinistro dello spagnolo a inizio ripresa.
Poche le emozioni, in ombra Immobile e Vlahovic


Stefano Cieri

L’altalena Lazio risale su ancora una volta dopo essere andata giù. La squadra di Sarri torna subito al successo tre giorni dopo la batosta di Verona e il ritiro punitivo che ne è seguito. I biancocelesti si impongono con il primo 1-0 della stagione. Decide una perla di Pedro in apertura di ripresa. Una rete che rompe l’inerzia di una gara che fino all’intervallo è molto equilibrata e che anche nella ripresa vede i padroni di casa e la Fiorentina fronteggiarsi ad armi pari. A prevalere, non senza una logica, è la squadra di casa che cerca il gol con maggiore convinzione rispetto alla formazione toscana. Che tuttavia non dispiace affatto.

EQUILIBRIO TOTALE — Il primo tempo scivola via senza grandi emozioni, ma con tantissima intensità da parte delle due squadre. Che sostanzialmente si annullano a metà campo con le stesse armi: pressing asfissiante sui portatori di palla e aggressività esasperata nei duelli uno contro uno. Lo schieramento a specchio (4-3-3 per entrambe) favorisce questo sostanziale no contest. Sarri cambia mezza squadra rispetto a Verona (anche perché ritrova i due centrali Acerbi e Luiz Felipe, assenti al Bentegodi perché squalificati) e soprattutto ripropone in mezzo al campo Luis Alberto. Italiano risponde con la novità dell’inserimento di Sottil al posto di Nico Gonzalez, fermato dalla positività al covid. Poche le emozioni fino all’intervallo. La Viola spinge un po’ di più nella fase centrale della prima frazione e si fa viva con un colpo di testa di Vlahovic che finisce di poco sopra la traversa. Poi ci prova Castrovilli, ma aggiustandosi il pallone con il braccio (e l’arbitro Ayroldi lo ammonisce). Lazio più attiva invece nell’ultimo quarto d’ora. Lazzari costringe Terracciano ad un difficile intervento. La squadra di casa reclama anche un rigore per un contatto Terracciano-Milinkovic. Che effettivamente c’è, ma l’arbitro Ayroldi scorge un fallo commesso in precedenza dallo stesso Milinkovic.

SBLOCCA PEDRO — La ripresa comincia subito in maniera diversa. Le squadre cominciano ad allungarsi, le distanze aumentano e cresce la possibilità di penetrare in area. La prima occasione è della Fiorentina, al 5’: Torreira calcia fuori da ottima posizione. Due minuti dopo arriva il vantaggio della Lazio. Azione tutta di prima, impostata da Milinkovic per Immobile che serve di nuovo il serbo che smista per Pedro che fulmina Terracciano. Il vantaggio laziale costringe la Fiorentina ad alzare il baricentro, ad abbandonare la tattica della lotta a tutto campo per intraprendere una strategia fatta di un gioco più avvolgente per stanare la Lazio dalla sua metà campo. Il progetto riesce solo fino un certo punto. La Viola cresce, ma fa comunque fatica ad entrare nell’area avversaria. Ci prova il solito Vlahovic in un paio di circostanze, ma il suo angelo custode Acerbi è attento. Italiano prova così a rimescolare le carte. Inserisce Bonaventura (per Castrovilli), Saponara (per Callejon), Odriozola (per Venuti). E poi nel finale anche Terzic e Benassi (escono Biraghi e Duncan). Sarri puntella invece la sua squadra con Patric (per l’infortunato Luiz Felipe), Basic (per Milinkovic) e nei minuti finali con Moro e Leiva (per Pedro e Cataldi). Ma la girandola dei cambi non cambia l’inerzia della gara. Che sorride alla Lazio.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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30/10/2021 17:04
 
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Questo Napoli è uno spettacolo:
ne fa tre al Bologna e riprende il Milan in vetta



Segnano Ruiz con un meraviglioso sinistro dal limite e Insigne (doppietta su rigore).
Ma il grande protagonista al Maradona è Osimhen.
Spalletti in tribuna ritrova il primo posto


Nicola Berardino

Il Napoli non molla la vetta della classifica. Al Maradona regola il Bologna con un 3-0 e riacciuffa al primo posto il Milan, vittorioso martedì contro il Torino. Strada spianata verso i tre punti già nel primo tempo con i gol di Fabian Ruiz e Insigne su rigore. Il capitano poi si ripete dal dischetto nella ripresa impacchettando il 3-0 finale e riprendendosi il ruolo di rigorista infallibile. Non è riuscita a reggere il confronto sin dall’inizio la squadra di Mihajlovic. Un punto nelle ultime tre gare (due k.o. di fila) per il Bologna che fuori casa ha raccolto appena due punti in cinque gare.

COLPISCONO RUIZ E INSIGNE — Squalificato Spalletti, c’è Domenichini a guidare la panchina del Napoli. Tracce di turnover nella formazione. Così rispetto all’undici schierato a Roma, Elmas dà il cambio a Zielinski a centrocampo, mentre Lozano avvicenda Politano in avanti per integrare il tridente con Osimhen e Insigne. Fermati dal giudice sportivo Soumaoro e Soriano infortunato Arnautovic, Mihajlovic conferma il Bologna col 3-4-2-1. De Silvestri arretra in difesa. In mediana entra Mbaye. Spazio a Orsolini e Vignato alle spalle di Barrow, terminale rossoblù. I primi applausi sono per Elmas, che va in dribbling tra tre avversari. Lozano non aggancia un bel traversone di Lozano. Bologna molto compatto in copertura. Skorupski pronto sul primo tiro del Napoli in porta effettuato da Mario Rui. Al 15’, fulminea ripartenza con Osimhen che lancia Insigne, che tenta una parabola a rete ribattuta di testa da Medel. Al 18’, Il Napoli sblocca il risultato con una sciabolata dalla distanza di Fabian Ruiz, innescato da Elmas su pallone sfuggito a Svanberg e smistato da Lozano: sinistro micidiale, pallone sotto l’incrocio, Skorupski senza scampo. Terzo gol in campionato per lo spagnolo. Osimhen e Anguissa cercano il raddoppio senza però riuscire a inquadrare la porta. Non rallenta il Napoli, anzi preme con maggiore intensità e sicurezza. Verso la mezz’ora il Bologna riesce a distendersi a tutto campo, ma la difesa azzurra vigila. Pericoloso il Napoli con un tiro-cross di Mario Rui. Lancio di Insigne in area per Osimhen, Medel nel tentativo di bloccare il nigeriano colpisce il pallone con le mani, Serra concede il rigore solo dopo esser passato dal Var. Dal dischetto Insigne al 41’ firma il raddoppio. Cori del Maradona per il capitano che infrange la serie personale degli ultimi errori dagli undici metri (tre rigori falliti in questa stagione).

IL BIS DEL CAPITANO — Al via della ripresa, il Napoli si rilancia all’attacco. Elmas tenta lo scavetto nel faccia a faccia con Skorupski, che ribatte con la gamba. Vignato prova a intrufolarsi nell’area campana: bloccato. Barrow si fa largo e scaglia un forte diagonale che va a lato. Il Napoli continua a cucinare gioco. Elegante colpo di tacco di Fabian Ruiz verso Insigne. Al 13’ diagonale di Osimhen, non lontano dal palo. Incursione di Di Lorenzo e pallone sull’esterno della rete. Il Napoli accelera per il terzo gol. Che arriva su rigore concesso per un atterramento di Mbaye ai danni di Osimhen. Al 17’, dal dischetto realizza Insigne che torna ed essere implacabile come rigorista. Mihajlovic sostituisce Mbaye con Skov Olsen. Anche il Napoli cambia: dentro Politano e Zielinski per Lozano e Insigne. Standing ovation del Maradona per salutare il capitano del Napoli, rigenerato dalla sua doppietta. Al 28’ traversa di Anguissa con una rasoiata dai 25 metri. Girata di Osimhen a lato. Il Napoli a caccia di altri gol. Altre sostituzioni, due per squadra. Nel Napoli, Mertens per Elmas, Demme per Anguissa. Nel Bologna, Sansone per Vignato, Binks per Dominguez. Gli azzurri governano il gioco. Ultime sostituzioni tra i rossoblù: van Hooijdonk e Dijks per Barrow e Hickey. Incornata di Osimhen, para Skorupski. Punizione di Orsolini: Ospina vola per deviare in angolo. Ultimi spiccioli di partita anche per rivedere in campo Ghoulam, subentrato a Mario Rui. Ultimo tentativo per il Bologna con Sansone. Finisce 3-0 e il Napoli può festeggiare la vittoria che vuol dire ancora primo posto in classifica, al fianco del Milan.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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