Il problema dei 3 corpi: Attraverso continenti e decadi, cinque amici geniali fanno scoperte sconvolgenti mentre le leggi della scienza si sgretolano ed emerge una minaccia esistenziale. Vieni a parlarne su TopManga.


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Campionato di calcio Serie A stagione 2022/2023 di Award & Oscar FFZ

Ultimo Aggiornamento: 12/06/2023 14:35
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Gioia Lazio nel derby: Zaccagni castiga la Roma in 10 per oltre un'ora

Giallorossi in inferiorità numerica dal 31' per l'espulsione a Ibanez.
Nella ripresa un autogol di Casale viene annullato per fuorigioco di Smalling.
In tutto 5 espulsi: rosso a fine gara per Cristante e Marusic


Andrea Pugliese


Un colpo da biliardo di Zaccagni e la solita ingenuità di Ibanez nel derby. Sono i tratti distintivi di una sfida nervosa (alla fine saranno cinque i cartellini rossi sventolati da Massa), che la Lazio ha saputo portare a casa perché ci ha messo più voglia fin da subito, potendo poi sfruttare la superiorità numerica per oltre un’ora. Ibanez, infatti, sbaglia il suo terzo derby (oramai un incubo per il brasiliano), prendendo due gialli ingenui in poco più di mezzora e rovinando la partita alla Roma. Nella ripresa, poi, l’assedio biancoceleste e il gol di Zaccagni. La Lazio ora è seconda (in attesa di Inter-Juventus), ma soprattutto ha portato a 5 i punti di vantaggio sulla Roma. Un solco importante, con vista sulla Champions.

ROSSI E SCINTILLE — Sarri conferma le previsioni della vigilia, con Felipe Anderson ancora falso nove e Marusic al posto di Lazzari. Mou, squalificato, invece sceglie ancora Belotti al centro dell’attacco e conferma in mezzo Wijnaldum (alla terza consecutiva da titolare). Ne viene fuori subito una partita più combattuta che bella, dove la Lazio sembra metterci da subito un pizzico in più di energia. Dybala corre ad abbraccia Sarri in avvio e nel primo tempo si nota praticamente solo per questo. Belotti, invece, prende qualche punizione, ma in generale il baricentro giallorosso è troppo basso per dargli una mano vera. Dall’altra parte, invece, Milinkovic e Luis Alberto in mezzo giostrano bene e anche Zaccagni a sinistra sembra ben ispirato. Il primo brivido lo porta però Wijnaldum, con un tiro da fuori da 20 metri di poco alto a cui la Lazio replica con uno spunto in area di Felipe Anderson e un tiro da fuori di Zaccagni, parato da Rui Patricio. Al 32’ arriva la prima grande svolta, con Ibanez che marchia ancora una volta in negativo il derby (è il terzo della sua storia), con un doppio giallo per falli ingenui e inutili su Felipe e Milinkovic. Poi al 43’ una mega rissa tra le due panchine, innescata da un battibecco tra Nuno Santos (il preparatore dei portieri giallorossi) e Pedro. Ad andare gli spogliatoi, allora, sono lo stesso Nuno Santos (decimo rosso stagionale alla panchina giallorossa) e Marco Ianni, assistente tecnico di Sarri, proprio l’uomo che in Premier accese la famosa rissa tra Mourinho e Sarri in un Chelsea-Manchester United del 2018.

DECIDE ZACCAGNI — Mou allora riparte mettendo dentro Llorente e chiamando fuori Dybala, schierando la Roma con il 5-3-1. E il piano partita adesso è chiaro: si gioca solo negli ultimi trenta metri di campo romanisti, con i giallorossi intenti a chiudere ogni linea di passaggio ed a compattarsi a difesa di Rui Patricio (ottimo su un bolide da fuori di Luis Alberto, che poi ci riprova altre due volte) e la Lazio che invece cerca lo spunto nel breve, con il fraseggio dei suoi palleggiatori. Nell’assedio biancoceleste si distingue ancora Rui Patricio, perfetto prima su Pedro e poi su Felipe. Al 19’ però il portoghese non può far nulla su Zaccagni, bravo a sfruttare l’errore di Zalewski ed a superare con un destro a giro il portiere avversario. Allora le mosse romaniste sono Matic ed Abraham per Wijnaldum e Belotti, la Roma pareggia anche subito con un autogol di Casale sugli sviluppi di un calcio di punizione, ma c’è un fuorigioco di Smalling (visto al Var) a rendere tutto vano. Ora è una corrida: Llorente salva su Luis Alberto, Provedel dice no a Spinazzola, poi entrano anche El Shaarawy, Cancellieri e Solbakken, con i giallorossi che chiudono con un 4-2-3 a caccia del pari. Finisce con un’altra rissa e altri due rossi, uno per Marusic e l’altro per Cristante. Poi la gioia infinita della Lazio sotto la curva Nord e quei 5 punti sulla Roma che sembrano un solco già decisivo per il futuro.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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19/03/2023 23:06
 
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Kostic fa piangere l'Inter:
la Juve sbanca San Siro e va a -7 dal quarto posto

La squadra di Allegri supera i nerazzurri
grazie a un gol del serbo:
la zona Champions è più vicina


Andrea Ramazzotti


La Juventus passa a San Siro e infligge all'Inter il nono k.o. in ventisette giornate di campionato. Inzaghi, che è ai quarti di Champions e che nelle semifinali di Coppa Italia sfiderà di nuovo Allegri, viaggia alla media di una sconfitta ogni tre gare: un ritmo non da qualificazione alla prossima Champions. Non a caso stasera è stato sorpassato dalla Lazio e resta terzo solo perché Milan e Roma sono in difficoltà. Diverso il discorso per la Signora ancora a -4 dal sesto posto, ma ora anche a -7 dal quarto. Naturalmente senza contare i 15 punti di penalizzazione: altrimenti sarebbe seconda da sola. Sul successo della Signora c'è l'ombra di un fallo di mano, non ravvisato neppure dal lungo controllo Var, di Rabiot in occasione del gol di Kostic, ma la prestazione di Brozovic e compagni resta deludente. La sosta permetterà a Inzaghi di recuperare gli infortunati, ma ad aprile, con 9 impegni ufficiali, serve un cambio di marcia per non gettare alle ortiche la stagione. Per la Juve, alla prima affermazione esterna contro una grande, è il quarto successo di fila. Non male...

IL DIAGONALE DI KOSTIC — Inzaghi, senza gli infortunati Skriniar, Bastoni e Gosens, ridisegna la difesa a tre (Darmian, Acerbi e De Vrij) e preferisce Brozovic a Mkhitaryan, fino a stasera titolare in tutte le gare del 2023. Allegri risponde con De Sciglio a destra (panchina per Cuadrado) e piazza Soulé alle spalle di Vlahovic tenendosi in panchina Di Maria e Chiesa, entrambi non al top. L'Inter inizia forte con Barella che si inserisce di continuo senza che Rabiot riesca a fermarlo: il centrocampista sardo prima spara da fuori, esaltando Szczesny che devia in angolo, poi su filtrante di Lukaku, trova ancora sulla sua strada il polacco. Vlahovic si batte davanti, a differenza di Lautaro che è invisibile. Passata indenne la mareggiata iniziata, la Signora va avanti grazie a un diagonale perfetto di Kostic, lasciato troppo libero da Dumfries e non chiuso in tempo da Darmian. La rete viene convalidata dopo un consulto al Var durato oltre quattro minuti: c'è il dubbio di un tocco di braccio di Rabiot che avvia la ripartenza fulminante degli ospiti, ma alla fine da Lissone arriva l'ok senza neppure bisogno dell'on field review. Anche domenica scorsa contro la Sampdoria il francese in scadenza di contratto era stato protagonista di un episodio contestato in occasione di uno dei suoi gol. La gara diventa una corrida, con tensione sugli spalti, ma anche contatti proibiti tra Bremer e Lukaku. Barella e Gatti vengono ammoniti e i padroni di casa, che si salvano su una conclusione debole di Soule, provano a schiacciare nella loro metà campo gli avversari facendo affondare anche Darmian e Acerbi. Allegri non si scompone perché il match è sui binari a lui graditi: chiede ai suoi di restare tutti dietro la linea della palla e di andare subito in verticale. E proprio su un'incursione sulla destra gli juventini vanno vicini al raddoppio, vanificato da una chiusura provvidenziale di Barella sull'ottimo Kostic. La produzione offensiva dell'Inter? Dopo la sgasata iniziale di Barella, solo un colpo di testa di Lukaku sul fondo. Oggettivamente troppo poco per chi vuole tenersi stretto il secondo posto in classifica. D'accordo i meriti di Bremer e compagni, che si difendono bene, ma i vice campioni d'Italia non velocizzano a sufficienza la manovra e il ritorno dal 1' in regia di Brozovic, con Calhanoglu mezzala, non dà gli effetti sperati.

LA SIGNORA TIENE — Le squadre rientrano con gli stessi uomini: l'Inter prova ad alzare la linea del pressing, ma non è rabbiosa o arrembante e la Juventus si copre senza scomporsi o andare in affanno. E quando i nerazzurri sfondano, ci pensa Locatelli a stoppare la conclusione quasi a botta sicura di Calhanoglu. Il numero 5 bianconero prova anche il tiro, ma Onana blocca in due tempi. Inzaghi toglie Dimarco, toccato duro, e inserisce D'Ambrosio, ma sostituisce anche l'ammonito Barella con Mkhitaryan. Il nazionale azzurro la prende malissimo: prima mastica qualche parola, poi allarga le braccia e scalcia qualcosa vicino alla panchina. Allegri risponde inserendo Chiesa per Soulé e l'ex viola ha il duplice compito di schermare Brozovic e di far male in ripartenza. Con Dumfries non in serata e D'Ambrosio non a suo agio sull'out mancino, i padroni di casa non hanno spinta sulle fasce e faticano a creare pericoli. Forse sarebbe stato meglio mettere D'Ambrosio nei tre dietro e piazzare Darmian sull'out mancino. L'Inter torna ad impensierire Szczesny con una punizione telefonata di Calhanoglu: dalla precedente conclusione nello specchio di Barella (al 18'pt) sono passati ben 53 minuti. Un'eternità per chi è sotto nel punteggio. E a niente vale il marcato possesso palla: la Juve sfiora il 2-0 con Chiesa, poi Gatti fa una chiusura importante su un cross di Dumfries che si risveglia improvvisamente. Gli uomini di Inzaghi si allungano e provano il tutto per tutto con Correa e Dzeko per Darmian e Lukaku: si passa al 4-3-1-2, mentre Allegri è costretto a sostituire Chiesa, di nuovo ko, con Paredes. Una botta di Mkhitaryan alta è l'ultimo brivido poi, dopo 7' di recupero, Chiffi fischia la fine e, mentre la Juventus festeggia, ci sono altre scintille con una mezza zuffa e il rosso a D'Ambrosio e Paredes.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2022/2023 27ª Giornata (8ª di Ritorno)

17/03/2023
Sassuolo - Spezia 1-0
Atalanta - Empoli 2-1
18/03/2023
Monza - Cremonese 1-1
Salernitana - Bologna 2-2
Udinese - Milan 3-1
19/03/2023
Sampdoria - Verona 3-1
Fiorentina - Lecce 1-0
Torino - Napoli 0-4
Lazio - Roma 1-90
Inter - Juventus 0-1

Classifica
1) Napoli punti 71;
2) Lazio punti 52;
3) Inter punti 50;
4) Milan punti 48;
5) Roma punti 47;
6) Atalanta punti 45;
7) Juventus(-15) punti 41;
8) Udinese punti 38;
9) Fiorentina, Bologna e Torino punti 37;
12) Sassuolo punti 36;
13) Monza punti 34;
14) Empoli punti 28;
15) Lecce e Salernitana punti 28;
17) Spezia punti 24;
18) Verona punti 19;
19) Sampdoria punti 15;
20) Cremonese punti 13.

(gazzetta.it)

(-15) Penalizzazione della giustizia sportiva ad opera della Corte Federale d'Appello dopo la
riapertura del processo "Plusvalenze" che a maggio 2022 era stato chiuso con sostanziali
assoluzioni dei club calcistici coinvolti (non solo Juventus ma anche Sampdoria e Napoli in Serie A).
In attesa di eventuale ricorso da parte della Juventus e di altri tronconi di inchiesta
correlati ai mancati pagamenti degli stipendi dei calciatori durante la fase del covid.
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Tris dell'Atalanta a Cremona:
agganciato il Milan al quarto posto


Dea in vantaggio con De Roon in chiusura di 1° tempo.
Al 56’ il pareggio su rigore di Ciofani.
Poi a segno Boga e Lookman


Andrea Elefante


Chiamiamolo momento magico, chiamiamolo centravanti magico. Oggi l’Atalanta non può prescindere da Hojlund, che dopo le scorribande in nazionale mette una firma decisiva anche sulla vittoria dell’Atalanta a Cremona, che vale, almeno per una notte, il quarto posto assieme al Milan, che gioca domani a Napoli. Un impatto decisivo sulla partita e l’azione irresistibile che ha portato al 2-1, togliendo la Dea da una situazione di impaccio che poteva farsi ancora più complicata con il passare dei minuti.

LE SCELTE — Ballardini, che ha già dovuto rinunciare a Ferrari, Chiriches e Okereke, lascia in panchina anche Vasquez. Sernicola e Dessers, preferendo nella coppia offensiva Ciofani al fianco di Tsadjout. Gasperini sceglie, dove può, chi si è allenato più a lungo a Zingonia durante la sosta per le nazionali. Dunque Ruggeri e non Maehle e Muriel e non Hojlund, nonostante i cinque gol segnati con la Danimarca: il tandem d’attacco è lo stesso della gara contro l’Empoli, conferma anche per Ederson al fianco di De Roon, visto il mancato recupero di Koopmeiners.

PRIMO TEMPO — La partita che ti aspetti dalla Cremonese: raccolta, compatta, concentrata nel chiudere gli spazi e, appena possibile, attaccare con molti uomini. Succede di più nei primi 10’, quando l’Atalanta è ancora come anestetizzata e gli unici tentativi verso la porta avversaria sono di Meité e Benassi. Ma anche quando prende, secondo logica, il governo del gioco, è l’Atalanta che non ti aspetti: quasi impeccabile dietro, ma senza soluzioni negli ultimi venti metri, spesso ingolfata per vie centrali, affidata all’estro spento di Pasalic e Muriel, che non trovano mai lo spunto giusto. L’unico tentativo concreto per impensierire Carnesecchi è di Toloi, fra i migliori, al 25’: una girata deviata in corner da Ciofani. Ma proprio due minuti prima dell’intervallo la svolta, approfittando della prima occasione in cui la Cremonese si lascia sorprendere in campo aperto: Zapata va in fuga uno contro uno con Bianchetti, il suo tiro viene respinto (male) da Aiwu e De Roon, troppo libero al centro dell’area, può imbucare comodamente l’1-0.

SECONDO TEMPO — Gasperini cambia due terzi dell’attacco con Boga e Lookman per Pasalic e Muriel, il nigeriano si vede cancellare il possibile 2-0, ma la gara dell’Atalanta sembra tornare in salta al 56’, quando un tiro di Ciofani incontra il braccio largo di Toloi (ammonito, era diffidato, salterà il Bologna) e il rigore è indiscutibile e trasformato dal centravanti. Stavolta Gasperini non aspetta troppo per giocarsi la carta Hojlund e fa bene: dopo 5’ di ambientamento il danese dimostra subito di essere inarrestabile per tutti e in meno di un quarto d’ora riporta avanti la Dea. Succede al 72’: scatto e uno contro uno (su Bianchetti) irresistibile, con radente sul quale Boga anticipa Aiwu. Sembra finita, in realtà la Cremonese non molla neanche stavolta, sfiora il 2-2 con un tiro di Valeri, poi si arrende al terzo errore decisivo di Aiwu, che crolla sulla pressione di Boga e perde un pallone che transita da Ederson a Lookman, che torna al gol dopo sette gare di digiuno.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Bonaventura gela Inzaghi, blitz Viola:
Inter a picco, è la terza sconfitta di fila



Già reduci dai due k.o. con Spezia e Juventus,
i nerazzurri non si rialzano e cadono per la decima volta in campionato:
decide la rete a inizio secondo tempo dell’ex rossonero,
quinta vittoria di fila della Fiorentina


Filippo Conticello

Non è uno scherzo, neanche un pesce d’aprile: l’Inter in campionato ha perso dieci partite. Dieci su ventotto, più di una ogni tre gare: altro che utopia scudetto nutrita fino a un paio di mesi fa, questa squadra si sta accartocciando pericolosamente nei suoi limiti e nelle sue paure. La caduta rovinosa di oggi contro la Fiorentina di Italiano, che merita di sognare in grande, è l’ennesima spia di una situazione grave. E il peggior inizio possibile di un mese in cui i nerazzurri si giocano la pelle per davvero: la Coppa Italia e la vertigine Champions contano, ma qui si rischia pericolosamente il quarto posto. E mentre San Siro alla fine fischia, i viola coraggiosi e fortunati saltellano dalla gioia: per loro, il finale di stagione può tendere meritamente all’alta classica.

L’AVVIO — Inzaghi riesuma Correa, non il giocatore più amato a San Siro, accanto a un Lukaku rivitalizzato dai gol in nazionale, mentre in mezzo al campo inizia la riconnessione di Brozovic al progetto nerazzurro: visto il guaio di Calhanoglu, in vista del Benfica urge trovare nel croato il regista di un tempo. Italiano, invece, sceglie a sorpresa per Castrovilli, lasciando in panchina Amrabat e Barak, mentre Saponara la spunta come titolare da sinistra nel 4-2-3-1 (alle spalle di Cabral completano il reparto Bonaventura al centro e Ikoné a destra). La prima occasione della partita al 12’ è comunque di colore viola, con Castrovilli che calcia in diagonale da dentro l’area: la reattività di Onana, un gatto sia nel respingere sia nell’allontanare con una manata dopo il rimpallo, riscalda subito lo stadio ancora una volta strapieno. Applausi, ma non quanto quelli che strappa Mkhitaryan qualche minuto dopo. La giocata armena è uno schiaffo al tempo che passa: una percussione con due dribbling come avesse dieci anni meno dei 34 che pesano sulla sua schiena. Dopo aver sverniciato Saponara, mette giù Igor e, ingolosito, prova il tiro respinto da Terracciano: bastava solo un piccolo passaggio per far segnare Lukaku a porta vuota e spedire la giocata nella cineteca di viale della Liberazione.

CHE OCCASIONI — In generale, il primo tempo tende all’arancione, nel senso che l’Inter ha buona intensità e fa la partita, ma il pallone prima o dopo finisce sempre sui piedi traballanti di Dumfries. Fisicamente mette sotto l’ex Biraghi, ma il problema arriva al momento di apparecchiare un cross, spesso pure comodo: l’olandese alterna uno spunto interessante a un erroraccio in rifinitura. Una volta, liberato da un tacco di Lukaku, pasticcia al momento di mettere al centro. E la volta dopo, quando in qualche modo riesce a servire Romelu a centro area, è il belga a commettere un errore grave, non l’unico del match: non tira di prima e poi si complica la vita col destro. È un’altra grande occasione nel primo tempo interista e dà la misura quanto manchi ancora per vedere il vero Big Rom: il centravanti è tornato vivo nella lotta, ma sottoporta e negli spunti in profondità è lontano parente del giocatore che ricordavano da queste parti. Nel complesso, nella prima metà Brozovic non fa rimpiangere il Calha infortunato, mentre Barella è più impreciso del solito. Dietro, invece, la difesa balla quando i viola sfondano con la loro qualità: ad esempio, è pericolosissimo un affondo di Saponara, che entra in area tamponato da Darmian. Poi la carambola arriva sui piedi di Ikoné che cicca e grazia i nerazzurri. Sarebbe stato troppo per il primo tempo di italiano, che soffre sugli esterni e solo a tratti riesce a innescare la qualità in mezzo e sulle ali.

LA BEFFA — Il secondo tempo è aperto da un brivido lungo la schiena dei 73mila di San Siro: un tiro docile di Castrovilli va a millimetri dall’incrocio. Poi, però, ecco lo snodo chiave che fa inclinare al partita da una lato. Tutto accade al 49esimo, quando Lukaku divora l’ennesimo gol della sua serataccia: dopo una bella sovrapposizione, Bastoni gli mette un cross basso da spingere col più elementare dei tap-in, ma il belga inspiegabilmente usa il sinistro, anziché il destro, e butta alle ortiche il vantaggio. Puntuale come la morte e le tasse ecco la punizione viola: sfruttando un calcio d’angolo, la Fiorentina castiga i nerazzurri spreconi. Onana smanaccia di istinto sulla testata di Cabral, ma è lesto Bonaventura sul secondo palo a dare il vantaggio. Il numero 5 di Italiano è una delle chiavi del match col suo instancabile lavoro a tamponare Brozo e raccoglie un premio inattesa per tanta fatica in una scorribanda offensiva.

SCARSA REAZIONE — Di fronte alla doccia gelata l’Inter prova almeno una reazione nervosa, suggellata dal palo che Barella fa tremare di controbalzo: il destro da fuori è la cosa più bella della sua partita tendente al grigio. A questo punto Inzaghi non può che usare la panchina per tentare di cambiare l’inerzia: fuori Bastoni, Gosens e Correa; dentro Bellanova, De Vrij e Lautaro. Il campione del mondo chiede subito un rigore e in generale prova a sbattersi, ma nel mentre gli spazi davanti a lui si restringono un po’ alla volta: Italiano manda in campo Sottil e Amrabat per Saponara ed un ottimo Castrovilli, poi dentro anche Ranieri e Barak al posto di Mandragora e Ikoné. In generale, con una linea di difesa stretta a 5, il tecnico viola prova a sporcare tutte le linee di passaggio (piuttosto prevedibili) dei nerazzurri. Un’occasione maxi per il pareggio, però, ci sarebbe ed ha una fabbricazione inattesa: arriva da un cross finalmente azzeccato da Dumfries deviato in porta dall’incursione da sinistra di Bellanova, ma Terracciano mette il piede di istinto e salva. Alla fine, salta definitivamente il tappo della gara e, in preda alla disperazione, Inzaghi appronta il maxi-tridente con Dzeko assieme alla Lu-La: tanto fumo e pochissimo arrosto, come questa Inter del resto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Juve non si ferma più:
col Verona ci pensa Kean.
La Champions è a 4 punti

Dopo un paio di rischi iniziali bianconeri avanti con l'azzurro.
Nella ripresa sprecate molte occasioni per il raddoppio


Filippo Cornacchia


L’effetto Del Piero e il graffio di Moise Kean. Il capitano-leggenda, ospite d’onore dell’Allianz Stadium esaurito come nelle grandi notti, porta bene alla Juventus. La squadra di Massimiliano Allegri, grazie a un gol nella ripresa dell’attaccante dei record del vivaio bianconero, batte il Verona e riprende come aveva interrotto prima della sosta per le nazionali: con una vittoria. Tre punti pesantissimi. In attesa della prima delle due semifinali di Coppa Italia contro l’Inter (martedì l’andata) e soprattutto dopo la sconfitta dei nerazzurri nel pomeriggio contro la Fiorentina. La Juve, nonostante la penalizzazione di 15 punti, è sempre più vicina alla zona Champions. Il quarto posto di Milan (in campo domani) e Atalanta dista 4 punti e la squadra di Simone Inzaghi è appena 6 punti sopra.

RECCO MILIK — Kean premia la scelta di Allegri, che riparte da lui e Milik. Già, l’ex Marsiglia subito titolare due mesi dopo il brutto infortunio alla coscia del 29 gennaio contro il Monza. E ancora fiducia al giovane Barrenechea, in campo dal primo minuto – e nel ruolo di mezzala - al posto dello squalificato Adrien Rabiot.

SUBITO VERONA — Il primo pericolo lo crea Bremer, con un colpo di testa dei suoi sugli sviluppi del calcio d’angolo. Ma è il Verona a sfiorare il vantaggio al quarto d’ora: il diagonale di De Paoli finisce fuori di pochissimo. L’Allianz Stadium tira un sospiro di sollievo.

IN PIEDI PER DEL PIERO — A far passare la paura ci pensa… Alessandro Del Piero. L’ex capitano viene inquadrato sul maxischermo, proprio mentre Cuadrado si sistema la palla per calciare una punizione dal limite, e i tifosi si alzano tutti in piedi per lui. “Un capitano, c’è solo un capitano”, il coro da brividi. Al 29’, ancora da fermo, la Juventus va a un passo dal vantaggio: la punizione di Danilo, deviata da De Paoli, sbatte sull’incrocio dei pali. Si accende il pubblico e pochi secondi dopo è ancora Cuadrado a creare ansia a Montipò con una conclusione dal limite. Sul finale di tempo Kean prova una ripartenza delle sue, ma sul più bello non trova il tempo per l’assist a centro area per Milik.

DECIDE KEAN — E’ puntualissimo, invece, Kean a inizio ripresa (10’). L’attaccante italiano conclude con grande freddezza l’azione avviata da Miretti, entrato nella ripresa al posto di Barrenechea, e rifinita da Locatelli. Moise esulta, anche troppo: l’arbitro lo ammonisce e l’ex Psg (diffidato) salterà la partita della prossima settimana contro la Lazio. Allegri ne approfitta per cambiare l’attacco: fuori Milik e Kean, dentro Di Maria e Vlahovic per il finale di gara. E poi Kostic per Cuadrado. Il Verona risponde con un triplice cambio: ecco Verdi (al posto di Veloso), Cabal (per Ceccherini) e Doig (per De Paoli). Le occasioni più importanti per chiudere in anticipo la serata capitano a Di Maria, che non trova il tempo giusto, e poi a Bremer. Il brasiliano da pochi passi (minuto 41’ s.t.) non trova la deviazione vincente. Gol sbagliato e… pericolo del Verona con una punizione del solito Verdi. Allegri imbocca la via dello spogliatoio in anticipo, come nelle ultime uscite, e la Juventus esulta: il ciclo di ferro di aprile inizia nel migliore dei modi.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Bologna travolge l'Udinese e la scavalca:
ora è ottavo con la Fiorentina



La squadra di Motta a segno con Posch, Moro e Barrow.
I bianconeri - con la rosa ridotta all'osso - possono
poco e si fanno anche superare in classifica


Matteo Dalla Vite

L’Udinese ha tentato più volte di darsi un tono, di restare in partita, di dare un senso a una trasferta già difficile viste le defezioni pesanti (Walace, Becao, Success, Perez), ma il Bologna è stato – molto banalmente – più forte. Ovunque. Lo è stato in mezzo, nella ferocia offensiva (primi tre tiri in porta e tre gol), nella costruzione e nella protezione di Bardi che all’ultimo momento ha dovuto prendere il posto di Skorupski. Motta vola a 40 punti, salvezza acquisita anche se non era questo l’obiettivo: il resto si vedrà. Posch (al quinto gol), Moro (prima rete stagionale) e Barrow (non segnava da oltre cinque mesi), regalano a Thiago Motta una vittoria a Senso Unico, senza discussioni e che vale il sorpasso in classifica sui friulani e l’aggancio alla Fiorentina.

UNO-DUE — Gli undici iniziali hanno del sorprendente: Motta, che perde Skorupski per febbre (Bardi in porta) e apparecchia Sansone Falso-9, lascia giù Sosa, Lykogiannis e Orsolini per far posto a Lucumi, Aebischer e Barrow; Sottil (squalificato, in panchina Cristaldi) perde Success (nemmeno in panchina, ed è il quinto titolare che gli manca) e rispetto alle previsioni della vigilia mette Samardzic al posto di Arslan, Zeegelaar al posto di Masina e Thauvin in avanti assieme a Beto. La direzione di Maria Sole Ferrieri Caputi (Mazzoleni al Var) è la seconda assoluta in A e l’inizio è un fulmine di Posch che da 25 metri infila Silvestri (colpevole) per il vantaggio interno. L’Udinese ha situazioni obbligate ma Sottil decide che in mezzo è meglio Samardzic, e effettivamente quando si accende lui (come Udogie a destra) l’Udinese ha un altro passo. Solo che il Bologna tiene sempre in mano la gara: al 12’ arriva il raddoppio con Moro che dribbla al limite dell’area proprio Samardzic e infila il pertugio necessario per il 2-0 con Silvestri in tuffo. Bologna dominante, con Ferguson che annulla Pereyra e Beto che riceve un solo pallone e viene disinnescato da Posch al 21’ del primo tempo. Il primo acuto vero dei friulani arriva al 42’: dal limite dell’area proprio Beto protegge e si gira, botta che si alza di poco rispetto alla traversa. L’Udinese finisce proprio per affidarsi moltissimo all’attaccante portoghese, per sbrogliare una matassa di centrocampo nella quale Cristaldi non trova soluzione di uscita in maniera pulitissima. L’ultima occasione dei friulani arriva su punizione di Samardzic: Bardi vola anche troppo ma la prende.

MUSA E SAPUTO — Il tecnico dell’Udinese decide di cominciare la ripresa inserendo Nestorovski: difesa che passa a 4 (dal 3-5-2) e tridente mascherato con Thauvin, il macedone e Beto. Ma passano 4’ e il Bologna fa il terzo gol: discesa a sinistra di Kyriakopoulos, Udinese schiacciata dentro l’area, palla a Moro che fa fuori Lovric e appoggia a Barrow che torna al gol (il terzo personale) dopo cinque mesi e mezzo. Un gol importante con una dedica speciale, "alla famiglia di Sinisa Mihajlovic". È un Bologna che strappa applausi e infeltrisce un’Udinese sì rabberciata (la mancanza di Walace si sente) ma che non riesce a fermare l’onda di occasioni, anche se poi (come a Salerno: due tiri due gol) il Bologna fa tre gol con tre tiri in porta. C’è un’occasione anche per Sansone (qui Silvestri è impeccabile) ma insomma la gara è stata strozzata dal Bologna all’inizio dei due tempi: e Saputo, che in serata tornerà negli Stati Uniti, si convince sempre di più nel poter rinnovare l’accordo con Thiago Motta fino al 2025. Appuntamento a fine aprile, per ora il Bologna è ottavo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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guagliù, stammatin stamme a lutt!!!! [SM=x611831]




"Ci siamo messi dalla parte del tortano perché la pastiera era finita"




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Lazio, la corsa continua:
batte il Monza 2-0 e vola a +5 sull'Inter.
Ma è rabbia Luis Alberto

Biancocelesti avanti con Pedro al 13', raddoppio con un
gioiello di Milinkovic-Savic su punizione al 56'.
Difesa imbattuta da 565'.
Lo spagnolo furioso per la sostituzione


Stefano Cieri


Stavolta la Lazio non tradisce Sarri. I biancocelesti bissano un successo importante (quello del derby di due settimane fa) vincendo pure a Monza grazie a una prova di qualità, ma anche di grande concretezza. La formazione biancoceleste parte bene, sblocca la gara con Pedro, quindi controlla la reazione del Monza per poi ripartire e chiudere la gara con Milinkovic nella ripresa. Quinta vittoria nelle ultime sei partite e secondo posto consolidato. Con in più il 17° clean sheet di Provedel (record in A per un portiere della Lazio, non prende gol da 565'). Passaggio a vuoto, invece, per il Monza, che però nulla toglie all’ottimo campionato disputato fin qui dai brianzoli. Palladino paga le assenze pesanti di due leader come Izzo e Pessina e deve arrendersi alla superiore caratura tecnica degli avversari.

SBLOCCA PEDRO — La Lazio parte con le idee chiare: deve fare la partita per spegnere sul nascere l’aggressività del Monza. Il piano riesce bene nella prima mezzora. Fraseggio stretto a centrocampo, palleggio a ritmi sostenuti in attesa dell’imbucata giusta. La scelta di Sarri di lasciare Immobile in panchina, oltre che per le non ancora perfette condizioni dell’attaccante, è dettata dall’esigenza di avere due reparti (centrocampo e attacco) legati tra di loro con un continuo scambio di posizioni che non dia punti di riferimento agli avversari. E infatti il Monza, almeno inizialmente, va in crisi. Palladino, privo di Izzo e Pessina, schiera il 3-4-2-1 previsto, ma non riesce a togliere l’iniziativa agli ospiti. I giocatori di casa sembrano sempre un attimo in ritardo quando si tratta di chiudere e ribaltano l’azione solo in pochissime occasioni. L’avvisaglia dell’1-0 c’è già dopo una decina di minuti con Pedro che conclude di poco a lato. Al 13’, però, lo spagnolo non sbaglia. Si avventa da rapace d’area sul traversone di Zaccagni che Felipe Anderson non riesce a controllare: per Di Gregorio non c’è nulla da fare. E’ il momento migliore per la formazione di Sarri che, dopo aver sbloccato, sfiora il raddoppio prima con Zaccagni (bravo Di Gregorio a sventare) quindi due volte con Luis Alberto (sulla prima provvidenziale deviazione di Marì, sulla seconda il tiro è di poco fuori). Attorno alla mezzora, però, la formazione romana abbassa il ritmo, perde un po’ le distanze ed è costretta a subire il ritorno di un Monza che entra in partita. I brianzoli sfruttano l’ampiezza che garantiscono i due quinti, Ciurria e Carlos Augusto, e si fanno vivi nell’area laziale. Il pareggio viene sfiorato prima da Sensi (colpo di testa alto di poco) e viene poi negato da un Provedel gigantesco sul colpo di testa a botta sicura di Petagna. Anche Rovella ci prova, ma il tiro da favorevole posizione finisce lontano dai pali di Provedel. La Lazio resiste in questa fase, ma - sorniona - prova anche a sfruttare qualche opportunità. Quella buona capita sui piedi di Luis Alberto poco prima dell’intervallo: la conclusione dello spagnolo termina fuori di poco.

MILINKOVIC CHIUDE — Rinfrancata dal riposo dell’intervallo, la Lazio si rimette a giocare nella ripresa così come aveva fatto nella prima mezzora. E proprio come nella prima parte della gara, il Monza perde le distanze e non riesce a contenere il superiore palleggio degli avversari. Anche perché le velleità dei brianzoli di pervenire al pareggio vengono spente dopo soli undici minuti dal raddoppio di Milinkovic. Il serbo (che non segnava da due mesi e mezzo) realizza magistralmente con una punizione dai 20 metri che lascia di sasso Di Gregorio. Il calcio da fermo viene conquistato da Zaccagni (fallo di Donati), pescato da un passaggio al bacio dallo stesso Milinkovic. A quel punto la gara di fatto si chiude. Il Monza, colpito per la seconda volta, non riesce più a rialzarsi. Palladino prova a rianimare i suoi con i cambi. Subito dopo il secondo gol della Lazio mette dentro Antov (per Marlon), Dani Mota (per Petagna) e Colpani (per Rovella). Successivamente il tecnico dei brianzoli fa entrare pure Gytkjaer per Caprari e Barberis per Machin. Ma l’inerzia della partita non cambia. L’unica occasione degna di questo nome la squadra di casa la costruisce allo scadere con Colpani (Provedel respinge con qualche difficoltà e a Gytkjaer non riesce il tap-in). La Lazio invece amministra fino alla fine senza dannarsi più di tanto. Sarri fa entrare al 60’ Immobile (per Pedro): il capitano torna così in campo a un mese dall’ultima presenza. Poi il tecnico laziale farà entrare anche i più robusti Vecino e Basic per i più tecnici Cataldi e Luis Alberto. E lo spagnolo non la prende bene. Lo scopo è chiaramente quello di congelare il risultato. Operazione che va a buon fine.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Pari tra Spezia e Salernitana:
un punticino a testa per la salvezza

Gli ospiti vanno in vantaggio con un autogol
di Caldara e possono raddoppiare con Piatek.
Poi i padroni di casa pareggiano con Shomurodov e colpiscono due legni


Luca Taidelli


Mai 1-1 salvezza fu più bugiardo. Perché Spezia e Salernitana dominano un tempo per parte ma quando i padroni di casa trovano il meritatissimo pareggio non si accontentano di salire a +6 sul Verona terz’ultimo ma cercano la vittoria, come confermano i clamorosi legni colpiti nel finale da Maldini (migliore in campo) ed Ekdal. Dopo una prima metà di gara alla grande ma premiata soltanto dall’autogol di Caldara, la Salernitana non torna in campo dopo l’intervallo, crolla su un errore di Pirola che regala a Shomurodov la prima gioia in bianconero e chiude ringraziando la fortuna.

PRIMO TEMPO — Senza lo squalificato Nzola, Semplici punta sul tridente Gyasi-Shomurodov- Verde. In mediana la sorpresa è Kovalenko con Bourabia ed Ekdal. Sousa invece schiera insieme Dia e Piatek in un 3-4-1-2 in cui Candreva si muove tra le linee e Vilhena affianca Coulibaly in mediana, con Sambia (Mazzocchi è out) e Bradaric sugli esterni. Esce molto dai blocchi la Salernitana che prende subito in mano la partita con Candreva che non dà punti di riferimento a Ekdal, mentre Vilhena e Coulibaly portano a scuola Kovalenko e Bourabia con un’intensità di gioco nettamente superiore. Il match potrebbe sbloccarsi già all’11’, ma sullo scavetto di Dia davanti a Dragpwski Candreva scivola e Caldara (il cui errore però aveva innescato l’azione) può salvare sulla linea. Lo Spezia senza Nzola è un’altra cosa, perché Shomurodov gira a vuoto e non fa mai salire i compagni. Verde si intristisce a destra, Gyasi almeno prova a mettere due bei cross, ma l’uzbeko prima e Kovalenko poi non concretizzano. A furia di spingere la squadra di Sousa trova il vantaggio al 43’, con Caldara che nel tentativo di anticipare Piatek beffa Dragowski con una puntata nel sette. Buon per Semplici che prima Candreva sfiori il palo con un gran destro, poi Sambia esalti Drago dopo un’iniziativa solitaria e infine Piatek centri in pieno la traversa con un colpo di testa.

SECONDO TEMPO — Dopo l’intervallo restano negli spogliatoi Kovalenko e Verde, sostituiti da Zurkowski e Maldini, che si piazza alto a sinistra e regala subito un bel numero sul fondo. Ora lo Spezia, rivisitato con il 4-1-4-1, ha un’altra marcia perché gli esterni vanno a prendere alti i terzini e il baricentro sale. Entra anche Agudelo per l’acciaccato Gyasi, mentre Sousa risponde togliendo Piatek per l’ex Maggiore, fischiato e applaudito dai suoi vecchi tifosi, e passando al 3-4-2-1. Il tempo di vedere Bohinen per Candreva che la gara torna in equilibrio per un’altra castronata di un difensore. Sull’alleggerimento di Coulibaly, Pirola infatti liscia il pallone e spalanca la porta a Shomurodov, freddo nel battere Ochoa in uscita con un tocco sotto. Chi pensa che il pari a questo punto possa andare bene ai padroni di casa, che tengono a 6 punti il Verona, si sbaglia di grosso. Maldini è scatenato, si guadagna una punizione dal limite (ammonito Daniliuc) e poi da fermo pennella un destro che si stampa in pieno sulla traversa. E all’83’ Ekdal, lievitato nella ripresa come un soufflé, sulla triangolazione con Agudelo prende un clamoroso palo interno. Insomma, un pareggio che va bene a tutti ma che sta sicuramente più stretto a Semplici.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Roma, tutto nella ripresa:
tre gol alla Samp rimasta in dieci

Al 52' espulso Murillo e i giallorossi dilagano con le reti di Wijnaldum,
Dybala (su rigore) e El Shaarawy. Mourinho resta in scia Champions


Andrea Pugliese


La partita di Wijnaldum, con un gol, un palo e un rigore procurato che lanciano in orbita l’olandese, finalmente sui suoi livelli. La Roma così torna alla vittoria dopo la sosta (e il doppio ko con Sassuolo e Lazio), supera per 3-0 la Sampdoria e agguanta l’Inter al terzo posto, in attesa di vedere cosa farà il Milan a Napoli. Per i giallorossi una partita condotta dall’inizio alla fine, chiusa però solo nel finale con il rigore di Dybala e il colpo da biliardo di El Shaarawy. Per la Samp, invece, tante recriminazioni sul doppio giallo di Murillo ad inizio ripresa.

DOMINIO GIALLOROSSO — Mourinho torna alla difesa a quattro, causa le tante assenze (Ibanez, Mancini, Karsdorp, Kumbulla e Cristante), e davanti rilancia dal via Abraham. Stankovic invece è senza la coppia di centrali (Nuytinck e Gunter), ma disegna ugualmente una squadra viva. A fare la partita però sempre la Roma, che alla fine del primo tempo chiuderà addirittura con un conteggio di 15 tiri a 2 a suo favore. Ci prova subito un paio di volte El Shaarawy da fuori, poi una serpentina di Dybala, a cui fanno da contraltare un tiro di Cuisance e una punizione velenosa di Gabbiadini. La Roma crea gioco, anche se a volte in modo ondivago: i giallorossi vivono di fiammata, si accendono all’improvviso, ma quando arrivano negli ultimi 20 metri avversari danno sempre l’impressione di poter far gol. La miccia c’è, va solo accesa. Solo che Abraham è in una di quelle giornate (tante oramai) in cui lo si nota più per i suoi atteggiamenti scenografici e per le sbracciate che non per quel che fa in campo. E allora i pericoli nascono altrove, con Ravaglia bravo prima adire di no Llorente di testa e poi ottimo su una doppia parata su Zalewski e Pellegrini. In mezzo anche l’occasione più grande per i padroni di casa, con il palo di Wijnaldum, bravo a superare lo stesso Ravaglia con uno scavetto in corsa.

SCAVETTO — La ripresa si apre con l’episodio chiave, il secondo giallo a Murillo che porta all’espulsione del colombiano. Stankovic si infuria, la Sud inizia a insultarlo pesantemente, [URL=https://www.gazzetta.it/Calcio/Serie-A/Roma/02-04-2023/roma-sampdoria-mourinho-stankovic-cori-zingaro-460954778203.shtml, con il tecnico della Samp che si batte il petto per ribadire l’orgoglio delle sue origini. E allora si riprende a giocare e dopo un’altra parata di Ravaglia su Smalling di testa, al 12’ la Roma passa: cross perfetto di Matic e colpo di testa vincente di Wijnaldum nei pressi dell’area piccola. A questo punto diventa un’altra partita. Solbakken stava per entrare ma si risiede e la Roma smette di spingere sull’acceleratore, anche per controllare. E allora la Samp si gioca la carta Lammers, prova a rimettere il naso fuori dalla sua metà campo e si rende pericolosa con Leris. Poi è Dybala ad andare ad un soffio dal 2-0, Spinazzola impegna ancora Ravaglia. Poi il finale: Lammers salva sulla linea su colpo di testa di Smalling, Ravaglia atterra Wijnaldum in area di rigore e Dybala chiude i conti dal dischetto. Prima della fine c’è ancora tempo in pieno recupero per il 3-0 di El Shaarawy, con un colpo di biliardo in corsa che manda in visibilio l’Olimpico. Finisce così, con i giallorossi a far festa e i doriani a capo chino.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Napoli ora ha meno certezze, il Milan trova coraggio:
il 4-0 ribalta anche la sfida di Champions

Il clamoroso successo dei rossoneri intacca la
solidità degli azzurri: questione di autostima.
E ora Spalletti non è più favorito come poche ore fa


Stefano Agresti


È stata una partita che ha ribaltato qualsiasi cosa: il pronostico, i valori espressi finora nella stagione, i ventitré punti di distacco in classifica con i quali le squadre si sono presentate in campo. Tutto cancellato dai novanta minuti più sorprendenti della stagione. Avevamo le idee chiare: Napoli incontenibile, se non imbattibile, certamente bellissimo e travolgente; Milan in affanno, discontinuo come chiunque là dietro agli azzurri. Ora siamo molto più confusi, perché questo 4-0 mischia le carte come non avremmo mai immaginato. E cambia gli equilibri anche, se non soprattutto, in vista della doppia sfida di Champions.

IL RIBALTONE — Era opinione diffusa che il Napoli fosse favorito, anzi favoritissimo nel confronto con il Milan che vale la semifinale di Coppa. Ora non è più così: le certezze si incrinano, i superlativi appaiono improvvisamente eccessivi, esagerati. Ma può una partita, una sola, modificare in modo tanto profondo le valutazioni maturate nel corso di mesi e mesi di vittorie e di sconfitte, di magie e di errori? Sì, può, perché un incontro del genere - un 4-0 così fragoroso - cambia anche la testa, le convinzioni e i sentimenti dei protagonisti. Il Napoli si sentiva forte, e sicuramente lo era; il Milan era pieno di dubbi e di debolezze. Oggi è tutto diverso.

L’AUTOSTIMA — Chiamiamola proprio così, autostima. A volte incide in misura determinante su una prestazione. La sconfitta per 4-0 mina quella del Napoli, la intacca, eppure sembrava solidissima; nel contempo la restituisce al Milan, che dava la sensazione di credere molto meno in se stesso rispetto alla scorsa stagione e adesso ritrova fiducia, coraggio, ottimismo. Poi ci sono i valori tecnici, e ovviamente pesano molto, anzi spesso decidono. E questi sono di sicuro dalla parte degli azzurri, come dice - appunto - la classifica del campionato, e al netto dell’infortunio del fenomenale Osimhen. Ma se c’era un modo per dare una spallata alla solidità del Napoli in vista della Champions, il Milan l’ha trovato.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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FORZA NAPOLI SEMPRE ! ! ! [SM=x611903]





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L’Empoli ritrova il sorriso
grazie a un rigore di Caputo:
per il Lecce 5° k.o. di fila

La gara è iniziata alle 19.30, con un’ora di ritardo,
per un principio d’incendio avvenuto nello spogliatoio
della squadra di casa verso le 17.
Il gol decisivo al 62’, con la massima punizione
fischiata per un fallo di Hjulmand su Parisi


Francesco Velluzzi


Altro che pareggio annunciato. L’Empoli, che non vinceva dal 23 gennaio a San Siro contro l’Inter, vuole mettersi definitivamente al sicuro e ci riesce con pieno merito battendo il Lecce che incassa la quinta sconfitta di fila senza segnare. Campanello d’allarme. Un rigore di Ciccio Caputo (secondo centro con i toscani) al 17’ della ripresa, procurato da una discesa alla sua maniera di Parisi, regala un successo fondamentale. La squadra di Paolo Zanetti era reduce da quattro sconfitte e da otto partite senza gioire. La squadra di Marco Baroni non era messa meglio. Ma ha prodotto poco, anzi praticamente nulla in fase offensiva, forse pensando che il pareggio fosse scritto. Ma se nel primo tempo è riuscito sostanzialmente a controllare, pur lasciando un dominio territoriale ai padroni di casa, nella ripresa, dopo l’episodio del rigore, sul quale lo specialista in recuperi e scivolate Hjulmand, non è stato impeccabile, non ha mostrato una minima reazione, è sembrato quasi arrendersi. E così la salvezza non è semplice da conquistare perché alla fine del torneo mancano ancora 10 partite, una vita. Per la prima volta i meravigliosi tifosi salentini che hanno occupato il solito spicchio a loro riservato hanno contestato la squadra che è andata a salutare.

IL PRE — Il prepartita si trasforma in ansia totale. Perché il controsoffitto dello spogliatoio dell’Empoli brucia, pare per un problema elettrico con una presa. Ma il guaio sarebbe arrivato dalle tribune. E la squadra di casa resta fuori, proprio mentre sta andando a cambiarsi. Vigili del fuoco al lavoro, lunga attesa, col rischio che, addirittura, la partita venga rinviata. Niente di danneggiato, ma negli spogliatoi l’Empoli non può proprio entrare. Si paventa il rischio del fischio di inizio ale 20.30. Alla fine il ritardo è di un’ora e basta. L'ok ad entrare c’è. E alle 19.30 si comincia.

PRIMO TEMPO — Zanetti fa una sorpresa pre pasquale: davanti con Caputo, c’è Roberto Piccoli che fino a questo momento ha giocato 131 minuti senza segnare. Baroni stupisce di più: Banda davanti a sinistra nel tridente e non Di Francesco, Pezzella tra i difensori, sempre a sinistra, preferito a Gallo. Il primo tiro è di Strefezza dopo 8’: fuori. Poi ci prova Caputo, stessa sorte.Tuia fa un gran recupero in scivolata, con l’Empoli che pressa alto e prende campo. Il primo giallo lo prende invece Bandinelli. I padroni di casa hanno il jolly della punizione, ma non è una maledetta e Marin la calcia lontano dalla porta di Falcone. La prima cosa bella la fa Baldanzi che tira al volo ben coordinato ma facile per Falcone. Il vero brivido è invece dieci minuti dopo quando Tuia che interviene in anticipo va a scontrarsi con Akpa Akpro che ha la peggio ed è costretto a uscire. Dentro Fazzini, ma il primo tiro pericoloso è di Caputo che va via in velocità e spara, ma Falcone ci mette la manona e manda in angolo.

SECONDO TEMPO — La ripresa si apre col primo cambio del Lecce, peraltro prevedibile: Di Francesco per Banda. Partita che sembra orientata verso un pareggio senza farsi male, ma al 15’ Parisi fa saltare il banco: scende indisturbato, entra in area e Hjulmand ingenuamente lo manda per terra. Non c’è dubbio: è rigore. E Ciccio Caputo lo trasforma di mestiere spiazzando Falcone. Il Lecce incassa male. Non sembra reagire anche perché poco dopo l‘Empoli ha una doppia occasione per pareggiare. Baldanzi, assolutamente padrone, mette una palla sulla testa di Piccoli respinge Falcone che poi para anche su Bandinelli. Comincia la girandola di sostituzioni. Prova Baroni a inserire forze fresche con Oudin, Helgason e ovviamente Ceesay, stessa cosa fa Zanetti con Satriano, Haas, Grassi, Cambiaghi. Ma non succede assolutamente nulla, anzi è l’Empoli più vivace, a restare sempre acceso e pronto a colpire. Il Lecce non fa un tiro porta vero e proprio si limita a qualche cross e adesso la situazione non è buona.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Guizzo di Pinamonti e perla di Sanabria:
Sassuolo-Torino finisce 1-1

Emiliani in vantaggio con la rete del giovane attaccante,
nella ripresa bel gol di testa dell'attaccante granata.
Una rete annullata per parte e traversa di Radonjic


Mario Pagliara


È stata una serata divertente al Mapei Stadium, giocata meglio dal Torino contro un Sassuolo che nella ripresa è riemerso sul piano del gioco. È finita 1-1, grazie al vantaggio di Pinamonti e al pari di Sanabria. Alla voce delle occasioni, avrebbero certamente meritato di più i granata, più volte pericolosi anche dopo l’uno a uno. La squadra di Juric ci ha provato fino all’ultimo secondo di recupero a vincerla. Alla fine, il pari non sposta gli equilibri e rinvia alle prossime giornate i giochi in termini di una classifica dove entrambe le squadre restano nella scia delle posizioni buone per l’Europa.

IL PECCATO — Ci sono leggi non scritte che nel calcio appaiono infallibili. La storia si ripete nel primo tempo del Mapei Stadium: il Toro gioca bene, spreca tanto, si ferma anche su una traversa (colpita da Radonjic) ma se non concretizzi il predominio territoriale finisce che gli avversari ti puniscono. Così, nel finale della prima parte della sfida, il Sassuolo trova il vantaggio nel suo unico blitz dalle parti di Milinkovic e va avanti di un gol all’intervallo. Il peccato più grosso del Toro è concentrato nella sua imprecisione sotto porta. Per il resto, si può dire poco o nulla alla squadra di Juric che riesce ad imbrigliare completamente per un tempo il Sassuolo. Radonjic è schierato in linea con Sanabria, si accende spesso e diventa imprendibile: dopo 13’ una discesa del serbo semina il panico, cross di Vlasic e Rogerio salva sulla sforbiciata di Sanabria. Due minuti dopo ancora Sanabria di testa va vicino al vantaggio. Minuto 28’: Vlasic rifinisce, il colpo di testa di Singo si spegne tra le braccia di Consigli. La pressione granata aumenta: la sventola di Radonjic non trova la porta (31’) e un minuto dopo ancora il serbo, su imbucata di Sanabria, si stampa sulla traversa.

LO SQUILLO — Come dicevamo, quando giochi così bene e sbagli così tanto, il calcio puntualmente ti restituisce un’amara sorpresa. Capita questa sera al Torino, con gli emiliani che trovano il primo squillo nella loro unica azione del primo tempo. E’ il 36’, Rodriguez non riesce a frenare il diagonale di Berardi dalla destra. Milinkovic è stilisticamente incerto e respinge corto, Singo non è attento su Pinamonti che trova il tempo per piazzare il tap-in vincente. Dopo un rapido check sulla posizione di Pinamonti, l’arbitro Pezzuto convalida il gol e la squadra di Dionisi va all’intervallo con una ruota davanti al Toro.

L'OTTAVO — Nei primi quindici minuti della ripresa, il Sassuolo è più intraprendente, trascinato da un Frattesi che inizia ad alzare i giri del motore. Al 13’, in contropiede, Laurienté lanciato da Lopez fa 2-0 ma la posizione di partenza è in fuorigioco (gol annullato dopo check al Var). Il Toro è però perfettamente dentro la partita, risponde colpo su colpo. Juric inserisce Lazaro (rientrato dopo tre mesi dall’infortunio) e al 21’ l’austriaco pennella per la testa di Sanabria. In tuffo il paraguaiano fa 1-1: è il suo ottavo gol in Serie A. Al 31’ il Toro sfiora il colpaccio: bellissima combinazione Vlasic-Ricci, al volo al centro dell’area per Radonjic che non inquadra la porta per un soffio.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2022/2023 28ª Giornata (9ª di Ritorno)

01/04/2023
Cremonese - Atalanta 1-3
Inter - Fiorentina 0-1
Juventus - Verona 1-0
02/04/2023
Bologna - Udinese 3-0
Monza - Lazio 0-2
Spezia - Salernitana 1-1
Roma - Sampdoria 3-0
Napoli - Milan 0-4
03/04/2023
Empoli - lecce 1-0
Sassuolo - Torino 1-1

Classifica
1) Napoli punti 71;
2) Lazio punti 55;
3) Milan punti 51;
4) Inter e Roma punti 50;
6) Atalanta punti 48;
7) Juventus(-15) punti 44;
8) Bologna e Fiorentina punti 40;
10) Torino e Udinese punti 38;
12) Sassuolo punti 37;
13) Monza punti 34;
14) Empoli punti 31;
15) Salernitana punti 28;
16) Lecce punti 27;
17) Spezia punti 25;
18) Verona punti 19;
19) Sampdoria punti 15;
20) Cremonese punti 13.

(gazzetta.it)

(-15) Penalizzazione della giustizia sportiva ad opera della Corte Federale d'Appello dopo la
riapertura del processo "Plusvalenze" che a maggio 2022 era stato chiuso con sostanziali
assoluzioni dei club calcistici coinvolti (non solo Juventus ma anche Sampdoria e Napoli in Serie A).
In attesa di eventuale ricorso da parte della Juventus e di altri tronconi di inchiesta
correlati ai mancati pagamenti degli stipendi dei calciatori durante la fase del covid.
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07/04/2023 21:51
 
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L'Inter spreca troppo e non vince più:
la Salernitana fa 1-1 al 90' con un "cross" di Candreva



A Inzaghi non basta il gol di Gosens nel primo tempo,
raggiunto da un gollonzo dell'esterno nel finale.
Palo di Barella, traverse di Lukaku e Dia


Davide Stoppini

Incredibile a Salerno: l'Inter sbaglia tutto quel che è possibile sbagliare su un campo di calcio, non chiude una partita mai in discussione fin dalla rete di Gosens in apertura e al 90' subisce il pareggio di Candreva, che fissa l'1-1. È un altro stop importante in ottica qualificazione Champions: nelle ultime sei partite per la squadra di Inzaghi solo una vittoria, certamente non il modo migliore di avvicinarsi alla sfida di Champions di martedì con il Benfica. Ed è invece un punto d'oro, quasi insperato, per la Salernitana. Grazie a Candreva, certo. E a un super Ochoa, autore di una prestazione super.

PRIMO TEMPO — Neppure il tempo di prendere le misure che l'Inter è già avanti. Merito di Gosens, minuto 6: Asllani imbuca di prima, Lukaku spizza di testa in direzione di Correa, l'argentino non ci arriva, dietro di lui Gosens si infila tra Bronn e Daniliuc e batte facilmente Ochoa. La squadra di Inzaghi ritrova così una rete su azione che mancava dal 5 marzo. La partenza nerazzurra è dominante. E al 9' Lukaku va a pochi centimetri dal raddoppio: Correa si invola centralmente e serve il belga, controllo e tiro col destro che sfiora il secondo palo. Solo Inter, sempre Inter. E tanto Gosens, che al 13' prima sbaglia la misura dell'assist per Lukaku, poi conclude centralmente di testa su cross di Barella. La Salernitana osserva, l'Inter spinge. Ed è ancora Lukaku ad andare al tiro: al 23', Barella imbuca per Asllani che a sua volta serve il belga, la cui conclusione non impensierisce Ochoa. Paulo Sousa si sbraccia dalla panchina, fa segno ai suoi di alzare il baricentro. Ma non ce n'è. Anzi, è l'Inter ad andare ancora una volta vicina al raddoppio: minuto 32, Acerbi avanza e allarga per Gosens, cross del tedesco e colpo di testa di Correa che costringe Ochoa a una deviazione complicata. La partita non cambia mai indirizzo, ma la Salernitana al 43' almeno trova il primo tiro in porta: è di Coulibaly, destro dai 20 metri che Onana controlla facilmente. Assai più complicato, invece, l'intervento di Ochoa, che nel secondo minuto di recupero è molto reattivo nel respingere con il corpo il colpo di testa di Lukaku da pochi passi, su assistenza di Dumfries.

SECONDO TEMPO — La migliore notizia per la Salernitana, all'intervallo, è il risultato. Sousa va negli spogliatoi sotto di una sola rete e decide di cambiare: fuori Bronn, dentro Dia, abbandonando dunque la difesa a tre per il 4-2-3-1. Ma la musica non cambia: al 4' Daniliuc perde un pallone in uscita, Barella con il destro coglie il palo, anche grazie alla deviazione decisiva di Ochoa. Copione identico, la Salernitana si affaccia al 14': tiro cross di Candreva dalla destra, pallone che sbatte addosso a Piatek senza che possa impensierire Onana. Ancora Ochoa-show dall'altra parte: prima devia in angolo al 18' il destro di Mkhitaryan dai 20 metri, poi alza in angolo il colpo di testa di Dumfries e infine respinge incredibilmente il tap-in di De Vrij in mischia dopo l'incredibile traversa colpita da Lukaku da dentro l'area piccola. È il momento dei cambi: al 21' Sousa mette Nicolussi Caviglia per Coulibaly, poi Troost-Ekong per Pirola, Inzaghi invece inserisce Brozovic per Asllani, Gagliardini per Barella e Lautaro per Correa. Ed è la Salernitana stavolta ad andare vicinissima al gol: cross di Candreva, Dia anticipa Darmian e colpisce la traversa. La Salernitana è viva, grazie al suo portiere e per i demeriti dell'Inter che non chiude il match. Al 30' Inzaghi inserisce Dimarco per Gosens, un minuto più tardi Bradaric e Dia creano scompiglio con una ripartenza che Darmian riesce a domare. Sousa mette dentro Bohinen per Vilhena. Al 37' altra grande chance per l'Inter: Lukaku difende ottimamente un pallone e serve in campo aperto Lautaro, l'argentino s'invola verso Ochoa ma poi conclude in maniera inguardabile. Dall'altra parte ci prova ancora Dia al 37', ma il destro finisce tra le mani di Onana. Siamo al rush finale del match. Ed è sempre Ochoa a fare il fenomeno sul tiro di Lukaku. Altri due cambi: Botheim per Kastanos, Dzeko per Lukaku. Piatek al 40' spedisce fuori di testa un cross di Candreva. Non c'è un attimo di respiro. E al 90' accade l'incredibile: dalla destra, sulla trequarti, Candreva fa partire una traiettoria che inganna Onana e il pallone si infila sul palo lontano. L'Arechi esplode, l'Inter non può che mangiarsi le mani. Nel recupero addirittura Dia ha l'occasione per il 2-1, ma gestisce male il pallone. Sarebbe stato troppo. Ma è già troppo anche così, per l'Inter.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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07/04/2023 22:08
 
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Un autogol regala i tre punti al Napoli:
Lecce battuto, Spalletti riparte

Azzurri avanti con Di Lorenzo (18'), ma vengono raggiunti da Di Francesco a 52'.
Poi arriva l'autorete di Gallo. Infortunio muscolare per Simeone


Maurizio Nicita


Il Napoli scopre il corto muso, ottenuto anche con un autogol. E il successo sul Lecce ridona il sorriso alla squadra di Spalletti che dunque conserva almeno 16 punti di vantaggio sulla seconda a 9 giornate dalla fine. Ma le buone notizie finiscono qui. Perché con Osimhen ancora ai box, Raspadori indietro di condizione e Simeone che esce per un infortunio ai flessori lascia il campo, gli azzurri non hanno un centravanti in forma per la sfida di mercoledì in Champions con il Milan. Il Lecce merita applausi e anche il pari, cosa che non capiscono gli ultrà locali che alla fine chiedono di più a una squadra che dà tutto. Mentre i colleghi di sponda azzurra continuano la loro contestazione contro il presidente De Laurentiis.

GOL DELLA DIFESA — In una gara che il Lecce gioca meglio come dinamismo e verticalità - efficace un’azione Oudin-Di Francesco-Maleh con buona parata di Meret - il Napoli fatica a trovare profondità con i propri attaccanti, che tendono a venire incontro tutti, favorendo Umtiti e compagni in letture semplici. Poco movimento in mezzo, dove il solo Elmas cerca spazi anche senza palla, e allora per sbloccare serve un calcio piazzato procurato da Lobotka. Sul pallone messo in mezzo da Mario Rui, si allarga Kim che crossa teso in mezzo dove Di Lorenzo con perfetta scelta di tempo di testa batte Falcone, mettendo fine al digiuno degli azzurri durato giusto la partita col Milan. Sconfitta che comunque si vede che ha lasciato scorie perché la manovra della capolista è troppo orizzontale, lenta e prevedibile. Utile comunque a tenere il Lecce lontano da Meret e a sfiorare il 2-0 con un paio di iniziative del confusionario Lozano che prima impegna Falcone e poi si vede ribattuto un tiro a botta sicura da Baschirotto.

LECCE PROTAGONISTA — Nella ripresa i salentini partono in quarta e Oudin manca una deviazione ravvicinava dopo un ottimo taglio. È il segnale. Poco dopo su angolo il meritato pari. Con Ceesay che da pochi passi, su azione da angolo, di testa colpisce la traversa: sulla respinta Di Francesco è il più rapido ed è 1-1. Il Napoli va in difficoltà e il Lecce spinge. Ma proprio nel momento migliore dei padroni di casa il clamoroso autogol in collaborazione… volatile. Sul cross di Mario Rui il difensore giallorosso mette verso la propria porta e il portiere sorpreso non riesce a fermare una traiettoria non impossibile. Il Napoli esulta e raccoglie il gentile regalo pasquale. Ora Spalletti sostituisce uno spento Raspadori con un più efficace Simeone che però presto si fa male al flessore della coscia destra. Nel finale il centravanti va a farlo Kvaratskhelia e il Napoli regge l’urto finale del Lecce.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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07/04/2023 23:12
 
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Il Milan non sfonda, Pioli sbatte sull'Empoli.
E il terzo posto adesso è nel mirino della Roma



Giroud segna con il braccio all'89',
ma il Var richiama Marcenaro per annullare il gol:
i toscani non calciano mai in porta, il turnover rossonero
però non paga e i campioni in carica si avvicinano
alla Champions League con uno scialbo pareggio


Marco Fallis

Il turnover pre-Champions porta un punto e nessun gol: il Milan frena con l’Empoli a San Siro e si avvicina ai quarti di coppa contro il Napoli con il passo del gambero. Meno precisione, meno cattiveria, meno gioco rispetto al 4-0 del Maradona e un passettino in classifica che certo non aiuta: la Roma può sorpassare al terzo posto.

L’alibi di Pioli sta nelle sue stesse scelte iniziali: il Milan che per una buona fetta di partita non sarà quello di mercoledì. Né negli uomini né nel modulo. E le colpe del tecnico? Anche queste, nelle scelte: difficile che un Milan così sperimentale e diverso dal solito potesse tenere il passo di quello ammirato domenica scorsa… L’Empoli se ne torna a casa con un punto a San Siro, dopo il successo di gennaio con l’Inter: non male per una squadra capace di produrre un solo tiro in porta, all’ultimo minuto di questa serata.

SENZA SBOCCHI — Pioli ne cambia cinque rispetto a Napoli, ma oltre che negli uomini, la rivoluzione è nell’assetto: disegna un Milan con un inedito 4-2-2-2 in cui Saelemaekers e Bennacer sono trequartisti “stretti”, alle spalle di Origi e Rebic, mentre l’ampiezza corre sui piedi di Calabria e Hernandez, che partono spesso sulla linea del fallo laterale. La mossa spiazza l’Empoli soprattutto nei primi minuti, quando Perisan deve fare i miracoli su Rebic (mandato in porta da Saelemaekers) e poi su Theo. Alla distanza, però, il 4-3-1-2 dei toscani prende le misure ai rossoneri, anche perché i pioliani si ammassano centralmente finendo per risultare spesso leggibili. L’Empoli non spaventa mai Maignan perché l’atteggiamento è rinunciatario, ma i padroni di casa non fanno un granché per rompere l’equilibrio. Serve un bel lancio in profondità di Tomori per Rebic, a fine primo tempo, per rivedere i rossoneri in zona gol: il tiro del croato però è sballato come la sua serata. Non che il suo compagno di reparto faccia meglio, anzi: Origi sembra girare al largo dai palloni potenzialmente pericolosi, per Luperto controllarlo è un gioco da ragazzi.

FISCHI A ORIGI — Nella ripresa va in scena la stessa recita fino al 70’, fino a quando cioè Origi e Rebic restano in campo: il croato manda fuori di testa da buona posizione, il belga riesce a incartarsi a due passi dalla porta. Quando Pioli lo richiama in panchina insieme a Rebic, da San Siro piovono fischi. Il Milan dell’ultimo spicchio di gara è quello dei titolarissimi: entrano Diaz, Leao e Giroud. Il portoghese scodella un pallone che Florenzi (dentro per Calabria) scaraventa sul palo, lo spagnolo si infila tra le maglie bianche e chiama Perisan alla parata della serata, il francese segna… ma con un braccio. L’arbitro annulla mentre i 72mila del Meazza ancora esultano. Il Milan spinge anche nei 9 minuti di recupero, ma il muro dell’Empoli non crolla. E San Siro mugugna.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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08/04/2023 21:26
 
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Monza, sfuma al 92' la vittoria per Berlusconi.
L'Udinese si salva su rigore



Gol ed emozioni nella prima partita di A della domenica.
Avanti i friulani con Lovric nel primo tempo,
ribaltone brianzolo con Colpani e Rovella.
In pieno recupero la rete del pari definitivo


Francesco Velluzzi

La dedica era già pronta. Per Silvio Berlusconi, ma il secondo colpo del Monza alla Dacia Arena di Udine è sfumato al fotofinish per una clamorosa ingenuità di Andrea Petagna, peraltro triestino, che ha spinto quasi senza motivo Nestorovski proprio all’ingresso dell’area causando il rigore che Beto ha trasformato nel recupero. Così Udinese e Monza si spartiscono un punto (2-2) che non serve a nessuno. Si spartiscono anche i tempi: uno a testa. Il primo dominato dai friulani, il secondo dai brianzoli che nei primi 11 minuti della ripresa hanno impresso una grossa accelerazione e ribaltato il vantaggio iniziale di Lovric con i botti di Colpani e Rovella, forse il migliore dei suoi a dimostrazione che nella Juve del futuro potrà esserci davvero spazio per lui. E’ una partita che si chiude tra tanti dubbi, soprattutto da parte degli ospiti che lamentano più un rigore non dato da un incerto e insufficiente Massimi (Becao su Valoti) nel primo tempo (al 10’) che quello che gli ha negato la vittoria nel finale.

LA SFIDA — Ci sono ventimila persone alla Dacia Arena. Merito della promozione del club che ha messo i biglietti a 5 euro per gli Under 18. Mossa che vince sulla vigilia pasquale, sulla giornata non splendida, sull’orario. Sottil non ha tante alternative, privo di Pereyra. La formazione è quella prevista con Samardzic e Lovric nel ruolo di mezzala a piede invertito. Palladino opta per una soluzione non preventivata per l’attacco con Valoti supportato da Colpani e Sensi. I centravanti sono in panchina. Come Marlon al quale viene preferito Antov. Che, però soffre, dal suo lato, troppo Udogie e quindi presto si scambia di posizione con Izzo che rimedia un giallo sacrosanto per un brutto intervento su Success. La partita ristagna in avvio, tranne un dubbio che resta, perché al 10’ Becao cintura con troppa energia Valoti, ma Massimi la pensa diversamente fischiando punizione per l’Udinese. I rossi brianzoli protestano allo stesso modo in cui Becao ha cinturato Valoti. Per il resto le squadre non forzano e il Monza che non sembra aver quel furore che aveva annunciato Palladino alla vigilia da dedicare a Silvio Berlusconi. E, infatti, al primo errore, di Sensi che perde palla, al 18’ i bianconeri partono con Beto che serve Walace che alla perfezione manda nel corridoio Lovric sulla profondità. Lo sloveno va all’uno contro uno con Di Gregorio e non perdona: 1-0. Ma Lovric (quarto gol dopo Roma, Spezia e Inter) non è sazio e dopo 5’ costringe Di Gregorio a deviare in angolo. Al 27’ stessa cosa: Lovric calcia, il portiere del Monza rimedia in angolo. La reazione del Monza non si vede proprio se non con un tiro da fuori dell’ex Pablo Mari e una buona occasione vicina all’area piccola che Ciurria spreca in malo modo. L’unico intervento, pregevole, Silvestri lo compie di piede su Colpani. Ma la squadra di Palladino sembra decisamente sottotono.

SECONDO TEMPO — Si riparte e, visto che siamo sotto Pasqua, ecco la sorpresa: Rovella duetta con Carlos Augusto che crossa, Valoti la sfiora ma al centro c’è Colpani che al volo con Bijol immobile colpisce benissimo: 1-1. La partita si agita, è viva, ne fa le spese Antov che viene ammonito. Ma al 12’ il Monza passa, Sensi, sul quale Bijol non interviene, manovra sulla destra e pesca Rovella che approfitta di Becao che non ci arriva e di Ehizibue che non fa la diagonale e insacca, meritatamente perché la sua è una gran partita. Sottil prova la mossa che tutta Udine desidera: dentro Pafundi al 23’ per Samardzic. Qualità per qualità. Ma Success resta in campo, in una sorta di 3-4-1-2. Il ragazzino (2006) amato dal ct Roberto Mancini ha numeri, tanti. Ma è molto leggero. Però la cosa più pericolosa la crea lui con un gran lancio in profondità per Beto sul quale Di Gregorio esce di piede fuori area. Ne fa un altro simile per Nestorovski appena entrato. E il macedone ha il merito di procurarsi il clamoroso rigore al 90’. Quando Petagna quasi al limite dell’area gli frana ingenuamente addosso. Massimi non ha dubbi e indica il dischetto. Con il recupero (6’) ancora da ufficializzare. Beto trasforma fa 2-2 e raggiunge la doppia cifra. L’Udinese rimedia incredibilmente una partita ormai persa. Anche perché prima del definitivo 2-2 il Monza aveva sfiorato più volte il 3-1.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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