Con 'Global Conflicts: Palestine' della danese Serious Games Interactive ci si cala nei panni di un giornalista che intervista i protagonisti del conflitto
Videogame per diventare reporter
nella guerra tra arabi e palestinesi
I creatori: "Lo scopo è capire che ci sono punti di vista diversi
e la storia può essere raccontata da angolazioni differenti"
di GIOVANNI GAGLIARDI
Videogame per diventare reporter
nella guerra tra arabi e palestinesi
ROMA - "Il Medio Oriente è lontano. Questa è la tua occasione per avvicinarti". Si presenta così 'Global Conflicts: Palestine', distribuito da Serious Games Interactive, un videogioco sulla guerra diverso, educativo. Sviluppato in Danimarca, si propone di dare agli studenti delle scuole superiori, lontani anni luce dalla realtà mediorientale, l'opportunità di analizzare il conflitto fra israeliani e palestinesi da diversi punti di vista.
"Si gioca nel ruolo di un giovane giornalista appena arrivato in Israele", spiegano gli ideatori, che invitano il 'reporter' a "completare l'incarico a ogni costo, interpellando fonti palestinesi e israeliane per completare il tuo articolo". "Riesci a rimanere obiettivo e conservare la fiducia di entrambe le parti mentre il conflitto si intensifica? Cosa succede quando le persone diventano molto più che una semplice fonte?", sono le domande chiave del gioco. Insomma una bonaria provocazione, ma assolutamente appropriata alla gravità della situazione mediorientale, del tutto evidente anche nella simulazione del gioco.
Una volta raccolte le informazioni sufficienti, il giornalista virtuale potrà scrivere il suo pezzo sul conflitto. L'articolo verrà poi sottoposto al giudizio del videogame. "Lo scopo dei giocatori sarà quello di capire che ci sono punti di vista diversi, che la storia può essere raccontata da angolazioni differenti", spiega da Copenaghen uno dei creatori del videogame, Simon Egenfeldt-Nielsen.
All'inizio della partita il giocatore deve scegliere uno di sei scenari tratti da decine di anni di violenze fra israeliani e palestinesi: attacchi kamikaze, raid israeliani in Cisgiordania e a Gaza o episodi ad alta tensione ai checkpoint dell'esercito israeliano.
L'obiettività non è un obbligo per il reporter. Il giocatore può infatti scegliere se essere pro-israeliano, pro-palestinese o neutrale, mentre si fa strada nelle diverse scene in 3D e interagisce con i diversi personaggi virtuali, i quali hanno risposte programmate, che però fanno riferimento a situazioni reali. Le risposte variano a seconda delle domande del giornalista e di quale fazione il reporter appoggia. Un militante palestinese, per esempio, offrirà più informazioni a un giornalista schierato dalla sua parte che non a un reporter pro-israeliano. "Il dialogo può essere indirizzato nei binari desiderati", spiega Simon Egenfeldt-Nielsen, sottolineando che avanzando nel gioco, per il 'reporter' sarà sempre più difficile mantenere l'obiettività. Uno degli obiettivi del gioco, infatti, è proprio questo: cercare di capire se, in fondo, esista davvero una situazione 'reale'.
Negli ultimi 15 anni sono stati lanciati molti videogiochi sui conflitti mediorientali, la maggior parte dei quali implica l'uso della violenza. Un gioco di simulazione del 1990 prodotto da Virgin Interactive, intitolato 'Conflitto in Medioriente', permette, ad esempio, di impersonare il primo ministro israeliano e lanciare potenti attacchi contro i paesi musulmani, come l'Iran, oppure agire per vie diplomatiche o persino lanciare una bomba atomica.
Al contrario il nuovo videogioco danese, non tratta di vittoria o sconfitta: "Non esistono vincitori in questo conflitto", conclude Egenfeldt-Nielsen. Il gioco, prima di essere messo in commercio, sarà tradotto in cinque lingue. Dovrebbe essere distribuito a marzo nelle scuole superiori europee e forse in tutto il mondo.
(1 novembre 2006)