Berlusconi condannato
4 anni di reclusione per frode fiscale
La fine!
applicò (solo per sè)
meno tasse per tutti
MILANO - Quasi 10 anni di indagini. Un'udienza preliminare convocata e continuamente aggiornata di mese in mese fino ai rinvii a giudizio nel 2006. Quasi 6 anni di processo 'a singhiozzo' tra richieste di ricusazione avanzate dai legali e l'istanza di astensione presentata dal giudice. E ancora slittamenti dovuti al Lodo Alfano e al conseguente ricorso alla Consulta, richiesta di trasferimento del procedimento a Brescia, legittimi impedimenti di Silvio Berlusconi, cambi di capi d'imputazione. E' stato un percorso a ostacoli quello che ha portato oggi alla sentenza di primo grado per il processo Mediaset che ha visto l'ex premier condannato a 4 anni per frode fiscale. Le accuse dei giudici mosse, intanto. Secondo la procura di Milano il sistema organizzato da Fininvest negli anni Novanta per acquisire i diritti dei film americani era finalizzato a frodare il fisco. Come? Comprando i diritti non dalle major ma da una serie di intermediari e sottointermediari, con un passaggio 'utile' per gonfiarne il prezzo così da poter poi stornare la "cresta" a beneficio della famiglia Berlusconi. Fininvest quindi, secondo la tesi del pm Fabio De Pasquale fatta propria dai giudici del Tribunale 1, avrebbe sistematicamente aumentato il prezzo dei diritti di trasmissione dei film delle major americane. Facendo così avrebbe aumentato le voci passive dei propri bilanci, con risparmi notevoli da un punto di vista dell'imposizione fiscale, riuscendo al tempo stesso a produrre fondi neri.
Nel dettaglio, tra il 1994 e il 1998, il gruppo avrebbe avuto "costi fittizi per 368 milioni di dollari" nell'acquisto dei diritti tv su una spesa complessiva di un miliardo di dollari. Per Mediaset, come ha sostenuto l'accusa in sede di requisitoria, "ci sono stati 90 milioni di dollari in più all'anno di costi gonfiati". La contestazione di frode fiscale mossa a Silvio Berlusconi riguarda, in particolare, gli anni dal 2001 al 2003 e, secondo l'ipotesi accusatoria, in quei tre anni nei bilanci del gruppo gli effetti dei costi gonfiati dei diritti tv sono di circa 40 milioni di euro.
Nettamente opposta la tesi difensiva dell'ex premier per la quale l'intermediazione è prassi costante nel mercato internazionale dei diritti televisivi. Senza contare che Silvio Berlusconi era da tempo impegnato nell'attività politica e non nella gestione dell'azienda. Tesi questa non riconosciuta dei giudici che nel dispositivo della sentenza dicono espressamente che il Cavaliere ha mantenuto il controllo sulle proprie aziende anche dopo l'inizio dell'attività politica.
(26 ottobre 2012) repubblica.it