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Campionato di Calcio Serie A 2021 - 2022. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

Ultimo Aggiornamento: 25/05/2022 14:00
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Lazio, tutto facile col Genoa:
agganciate Juve e Roma

La squadra di Sarri sblocca la partita al 36’ con Pedro.
Nella ripresa Luis Alberto sale in cattedra e ispira le reti di Acerbi e Zaccagni.
Melegoni nel finale rende meno pesante il passivo


Nicola Berardino


La Lazio torna a vincere all’Olimpico dopo tre partite (compresa quella di Europa League col Galatasaray). Tre gol per schiantare il Genoa, che ha confermato ancora una volta tutti i suoi problemi. Senza Immobile, con Felipe Anderson in cattedra, tocca a Pedro, Acerbi e Zaccagni proporsi da goleador. Diciassettesima vittoria casalinga nel 2021: nuovo record biancoceleste, superato quello del 1950. Quinta sconfitta nelle sei gare della gestione Shevchenko. In attesa del mercato di gennaio, un lampo nel finale il gol del giovane Melegoni, al primo centro in A.

AVANTI CON PEDRO — Sarri ritrova Milinkovic dopo un turno di squalifica ma deve rinunciare a Immobile causa attacco gastrointestinale e schiera Felipe Anderson al centro dell’attacco. Parte nuovamente dalla panchina Luis Alberto. Shevchenko inserisce Vasquez al centro della difesa, Portanova a metà campo e Destro in prima linea. Genoa molto compatto in copertura. Si fa largo all’8’ Pedro con una parabola smanacciata da Sirigu in angolo. Lazio intensifica il ritmo per smontare il pressing genoano. Al 16’, ancora Pedro al tiro: ribatte Vanheusden di testa. Cross di Hysaj: zampata di Zaccagni a lato. Proteste del Genoa al 34’ per presunto tocco di mano di Luiz Felipe in scivolata su traversone di Cambiaso, che non viene ravvisato neanche con il passaggio dal Var. Al 36’ la Lazio sblocca il risultato con un lampo di Felipe Anderson che recupera la palla su Vasquez, scatta sulla sinistra e smista al centro per Pedro he insacca. Biancocelesti più sicuri dopo il vantaggio. Nel finale di tempo si ferma Vanheusden per guai muscolari. La sostituzione di Biraschi viene rinviata alla ripresa.

TRIS LAZIALE — Dopo l’intervallo Shevchenko fa entrare pure Hernani per rilevare Sturaro. Buon cross basso di Milinkovic ma Zaccagni manca il tocco finale. Il Genoa si porta nella metà campo laziale. Centrale la botta di Pandev al 9’: Strakosha controlla. Al 14’ altri due cambi tra i rossoblu: Ekuban e Sabelli per Pandev e Ghiglione. Doppia sostituzione pure nella Lazio: Basic e Hysaj cedono il posto a Luis Alberto e Radu. Gara a campo aperto anche se il Genoa non trova profondità. Sarri inserisce Leiva per Cataldi. Sirigu respinge una botta di Radu. Al 30’ la Lazio raddoppia con un colpo di testa di Acerbi su corner pennellato da Luis Alberto. Cinque minuti dopo il tris della Lazio firmato da Zaccagni, superando Sabelli in progressione su un lancio al volo di Luis Alberto. Portanova viene sostituito da Melegoni. Escono Felipe Anderson e Luiz Felipe per Muriqi e Patric. E al 41’ Melegoni scambia con Cambiaso e infila Strakosha realizzando il suo primo gol in A. Cerca il gol pure Muriqi, senza fortuna. Un minuto di recupero e la Lazio intasca i tre punti per riavviare la classifica dopo lo stop con Sassuolo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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L'Inter è una macchina da gol, 5-0 alla
Salernitana e mini fuga: +4 sul Milan



Perisic, Dumfries, Sanchez, Lautaro e Gagliardini
risolvono la pratica granata per la sesta vittoria di fila (con 103 reti nel 2021).
Barella, ammonito, salta il Torino


Luca Taidelli

Avviso al campionato. L'Inter di Inzaghi si diverte un mondo e fa dannatamente sul serio. Sembra un ossimoro, ma a Salerno si declina nella sesta vittoria consecutiva in campionato (quinta senza prendere gol), con annessa prima mini fuga, aspettando che domani la Roma dell'ex Mou provi a fermare l'Atalanta, altra macchina da gol nerazzurra, e che domenica Milan e Napoli si tolgano punti nello scontro diretto. Certo, non poteva essere una Salernitana troppo povera tecnicamente e con i noti problemi extra campo a costituire un vero banco di prova, ma i gol di Perisic (al quarto centro, quanti nell'intera stagione dello scudetto), Dumfries, Sanchez, Lautaro e Gagliardini sono addirittura poche per quanto espresso. Insomma, non c'è stata mai partita. E i campioni d'Italia vanno a nanna a +4 sulla seconda. E con 43 punti, due in più rispetto alla cavalcata dell'anno scorso in tutta l'andata, quindi con un match ancora da giocare.

PRIMO TEMPO — Colantuono disegna la Salernitana con un 5-3-2 aggiungendo Bogdan nella linea dietro e si affida alle fiammate di Ribery per innescare Simy. Inzaghi a sorpresa fa riposare Skriniar e punta su D'Ambrosio dietro, con Dumfries e Perisic sugli esterni e Sanchez preferito a Lautaro per affiancare Dzeko. Proprio il bosniaco apre la giostra delle occasioni nerazzurre. L'Inter infatti non accusa le vertigini da primato e da subito asfissia l'avversario mettendo in campo tutte le armi a disposizione: cambi di gioco, dialoghi nello stretto, sovrapposizioni e dominio nel gioco aereo. Proprio da un corner di Calhanoglu all'11' la gara si sblocca: Coulibaly si perde Perisic sul primo palo e il croato di testa fredda Fiorillo. L'Inter (al 12° gol di testa, il 15° su palla inattiva) sembra di un'altra categoria e va vicina al raddoppio con un diagonale di Dumfries che esalta il portiere campano. La Salernitana vive delle fiammate di Ribery, che al 30' pesca il taglio dell'ex Obi, ma Handanovic chiude bene lo specchio. E poco dopo l'Inter piazza il secondo morso letale. Con una verticalizzazione geniale, al 33' Brozovic apre in due come una mela la difesa amaranto e innesca Dzeko, bravo a vedere l'inserimento di Dumfries il cui destro si stampa sulla traversa, rimbalza a terra e torna in campo, ma dopo che il pallone aveva varcato abbondantemente la linea di porta. La squadra di Inzaghi non allenta la presa, dà l'idea di divertirsi mantenendo altissima la concentrazione. L'avversario poi la invita a nozze cercando di attaccare e lasciando spazi suicidi. Dzeko si mangia il 3-0 di nuovo da corner di Calha, poi Gyomber e Bogdan sono miracolosi su due ripartenze di Sanchez.

SECONDO TEMPO — Lo strapotere degli ospiti continua a inizio ripresa con un'azione emblematica. Al 49' infatti D'Ambrosio riceve da Barella e di sinistro scheggia il palo, ma in area c'è anche l'altro braccetto Bastoni. Quasi un'arroganza tattica, se non fosse che la squadra resta sempre corta. E brava a stanare l'avversario, per poi ripartire. Come al 51', quando Coulibaly sbatte sul muro nerazzurro e Sanchez prima avvia e poi conclude con un diagonale micidiale una ripartenza orchestrata da Dzeko e rifinita dal solito Calha, all'ottavo assist in meno di un girone. Match morto e sepolto, Inzaghi toglie in un sol colpo Bastoni, Barella (l'unico non scintillante, anzi ammonito per un fallo inutile su Gagliolo che gli costerà il match di mercoledì col Torino) e lo stesso Sanchez per Dimarco, Vidal e Lautaro, subito vicino al gol. Ovviamente di testa. Invece il Toro fa centro (il quinto consecutivo) con un destro da centro area al termine dell'ennesima azione che sembra un torello prolungato. Una differenza abissale, che dovrebbe far riflettere anche sull'opportunità di insistere sulla A a 20 squadre. Malgrado i subentrati Djuric e Gondo, nel finale apparecchino l'azione migliore dei padroni di casa. E invece quasi allo scadere è Gagliardini a calare il pokerissimo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Roma, che poker a Bergamo:
Zaniolo e Abraham travolgono l'Atalanta

Già in vantaggio dopo 55 secondi, i romani
raddoppiano con uno splendido contropiede di Zaniolo.
Di Muriel a fine primo tempo il gol dell’1-2, poi dopo una rete annullata
a Zapata chiudono il conto Smalling e Abraham


Andrea Elefante


Il campionato ritrova la Roma: spezza il volo dell’Atalanta giocando forse la miglior partita stagionale e rivendica il pieno diritto di correre perlomeno per un posto Champions. Una prestazione ai limiti della perfezione per una vittoria alla distanza strameritata: agevolata da un gol immediato, ma legittimata giocando sempre alla pari - anche quando costretta a difendersi nella sua metà campo - con la squadra di Gasperini. Che non perdeva dal 3 ottobre, si ferma a sei vittorie consecutive e ora vede il ritorno dei giallorossi a -6. Gli stessi punti che ora separano la Dea dalla vetta della classifica: forse per un po’ non si parlerà più di sogno scudetto per i nerazzurri. Dunque Mourinho, che aveva detto “Andiamo a Bergamo per vincere”, era stato davvero profetico.

LE SCELTE — Gasperini conferma quasi per intero la squadra che ha vinto Verona: uniche eccezioni Djimsiti (riposa Demiral), Freuler (per Koopmeiners) e Hateboer, che sulla fascia destra viene preferito a Zappacosta. Confermati Pezzella sulla sinistra e Ilicic e Pasalic ad “accompagnare” Zapata. Nessuna sorpresa da Mourinho: la linea a tre difensiva più affidabile (Mancini-Smalling-Ibanez), Karsdorp e Vina sulle fasce, Cristante e Mkhitaryan con Veretout e davanti Zaniolo al fianco di Abraham.

PRIMO TEMPO — Il solito avvio choc dell’Atalanta, com’era già successo contro il Milan e più recentemente il Villarreal: sotto dopo meno di un minuto, con molti dubbi su come viene contrastata una combinazione fra Zaniolo e Abraham, ma anche il dubbio di un fallo su Djimsiti che interviene in modo troppo molle per spezzare il dialogo. De Roon e Toloi sono in ritardo per intervenire, ci prova Hateboer ma il suo tentativo di liberare crea solo un rimpallo che favorisce Abraham. Nasce la partita teoricamente perfetta per il gioco di rimessa della Roma, ma è soprattutto la fase difensiva collettiva della squadra di Mourinho - con Smalling perfetto regista del reparto, oltre che implacabile francobollatore su Zapata - a frenare la reazione dell’Atalanta. Che va non lontana dal pareggio per due volte nel giro di un minuto (20’ e 21’) con un gran tiro di Djimsiti e una girata di Zapata, su cui Rui Patricio, straordinario nel primo caso, difende bene la porta. Ma il contropiede perfetto è nell’aria: minuto 27, Zaniolo detta la ripartenza con un colpo di tacco, Veretout la rifinisce restituendogli il pallone faccia alla porta e l’azzurro resiste al ritorno di Djimsiti, segnando il 2-0 (suo primo gol in questo campionato) sul primo palo. Controreazione nerazzurra con Toloi, e Rui Patricio protegge benissimo il palo, ma Gasperini capisce che serve una scossa, anche tattica, e si gioca subito il tutto per tutto: prima della mezzora fuori Djimsiti, dentro Muriel, e spazio al 4-2-3-1. E proprio il colombiano, a una manciata di secondi dall’intervallo, causa il 2-1, con la complicità di Cristante che spiazza Rui Patricio, deviando in porta la sua conclusione. Che sarebbe terminata fuori, e dunque autorete assegnata al giallorosso.

SECONDO TEMPO — Gasperini si gioca anche la carta Malinovskyi, al posto di Ilicic, e proprio l’ucraino sfiora il pareggio quasi subito, dopo 5’, su punizione respinta da Rui Patricio. L’Atalanta continua ad avere il governo della partita in mano, schiaccia la Roma che però continua a difendersi con ordine e grande aggressività e si rende davvero pericolosa solo su calcio piazzato, al 23’. In realtà su corner trova il pareggio, con colpo di testa di Zapata, ma Irrati annulla per fuorigioco di Palomino, che avrebbe ostacolato Cristante, trovandosi dunque in posizione attiva. Un duro colpo per la Dea, quasi una scossa di adrenalina per la Roma, che 4’ dopo ristabilisce il doppio vantaggio, con Smalling che sfrutta benissimo una punizione di Veretout, scappando al controllo di Toloi, con Musso che sceglie di non uscire. È una Roma che capitalizza tutte le occasioni che crea, al limite del cinismo: come dieci minuti dopo, quando a chiudere la partita è ancora Abraham. L’assist - un passaggio anche leggermente rimpallato - è ancora di Veretout, dopo iniziativa di Shomurodov, che premia le scelte di Mourinho anche a proposito di cambi.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Juve cinica e spietata:
2-0 sul Bologna nella nebbia del Dall’Ara

I bianconeri regolano gli emiliani con un gol per tempo: a segno Morata e Cuadrado.
Ma che fatica nella ripresa. Per la squadra di Mihajlovic è il terzo k.o. di fila


Livia Taglioli


Nella nebbia del Dall’Ara la Juve allunga ancora la striscia di vittorie consecutive contro il Bologna, centrando l’undicesima: la gara finisce 2-0 per i bianconeri, grazie a un gol di Morata, il secondo consecutivo, e al raddoppio, nella ripresa, di Cuadrado. E per la Juve è la vittoria numero 78 contro gli emiliani, alla terza sconfitta di fila in campionato come non capitava da ottobre 2020. Per la Juve anche un altro clean sheet, il quinto nelle ultime sette gare di serie A.

MORATA A SEGNO DOPO 6’ — Con Locatelli inizialmente in panchina, Allegri rispolvera Arthur, schierato al fianco di Rabiot, con il rientrante McKennie in mezzo in una linea a tre, fra Bernardeschi e Kean, con Morata terminale offensivo. Dietro conferma sulla sinistra per Pellegrini, con Dybala out, insieme a Chiesa, Danilo, Chiellini e Ramsey. Il Bologna schiera invece un 3-4-2-1, con Arnautovic a sostenere il peso dell’attacco, coadiuvato da Barrow e Soriano. Sono i padroni di casa i primi a valicare la linea dell’area, con Bonucci chirurgico su Barrow. Ma è la Juve a passare, dopo 6’: Morata appoggia su Bernardeschi da cui riceve il passaggio di ritorno, perfetto per zolla e tempismo (in tunnel su Theate). Destro ravvicinato e rabbioso dello spagnolo e vantaggio bianconero. Per l’ala è il quinto assist della stagione, per lo spagnolo il settimo gol, il quinto in campionato. Il Bologna non ci sta: pensa e si muove in velocità, con Barrow, Svanberg e Arnautovic sempre pronti all’affondo. In particolare una rovesciata dello svedese manca di poco lo specchio, al 22’. Il Bologna è abile a ribaltare l’azione e a far densità nella sua metà campo quando la Juve è in possesso palla, i bianconeri sono meno fluidi ma altrettanto efficaci, spingendo con continuità pur senza arrivare spesso alla conclusione e concedendo comunque poco all’avversario. Intanto però la Juve non riesce a chiudere il match prima dello scoccare del 45’.

RADDOPPIO CUADRADO E TANTI CAMBI — Anzi, la ripresa si apre nel segno del Bologna, con Svanberg stoppato prima da Mckennie e poi da De Ligt in un’azione insistita. La Juve subisce la pressione altissima del Bologna e fatica a interromperne la spinta. E quand’anche riesce a uscire con qualche azione di alleggerimento la scarsa precisione le impedisce di farsi pericolosa. E’ un Bologna che spaventa per intensità e pressione offensiva, la Juve resiste. Al 61’ Pellegrini, che già aspettava la sostituzione, si accascia per un problema a un polpaccio, e lascia spazio ad Alex Sandro. Locatelli prende invece il posto di Arthur, mentre nel Bologna Skov Olsen in apertura di secondo tempo era subentrato a De Silvestri. Il collettivo fatica a girare, e allora ci pensa Cuadrado: dribbling secco e gran destro deviato da Hickey, e per Skorupski non c’è scampo: 0-2 al 69’. Per il colombiano è il quarto gol in campionato. Anche Kean e McKennie vengono richiamati da Allegri, al loro posto Kulusevski e Bentancur. Nel Bologna Sansone e Vignato danno il cambio a Barrow e Svanberg. La nebbia si abbassa, entra anche Kaio Jorge, ma la partita ha già offerto il suo meglio: il raddoppio juventino ha placato gli emiliani, Skov Olsen nega la gioia della doppietta a Cuadrado. E la Juve può cominciare a pensare al Cagliari, ultimo avversario del girone d’andata, gara in programma martedì prossimo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Che bella l’Udinese di Cioffi.
Deulofeu travolge il Cagliari.
Che si scusa coi tifosi

Dopo il pari col Milan, i friulani dominano i sardi, contestati dal pubblico di casa.
Makengo sblocca il match dopo 4’, la doppietta dell’ex milanista e il bolide di Molina completano la goleada.
Espulso Marin. Sui social le scuse della società per la prestazione



Dopo il bel pari col Milan, l’Udinese di Cioffi domina all’Unipol Domus travolgendo per 4-0 il Cagliari, sempre più sul fondo della classifica. Gara che ha subito preso la piega giusta per i friulani, in gol con Makengo dopo 4’. La splendida punizione di Deulofeu in chiusura di primo tempo e il tris con una tremenda botta da fuori di Molina al 50’ segnavano definitivamente il match, con l’ex milanista che firmava il poker al 69’. Per i sardi, reduci da un altro 0-4, quello di San Siro con l’Inter , un pesantissimo passo falso casalingo che non inverte il trend negativo che ormai dura da inizio stagione. I bianconeri si allontanano invece dalla zona calda, salendo a quota 20 e mettendo 10 punti tra sé e le terzultime (Genoa e lo stesso Cagliari). A fine gara sui social la società sarda ha chiesto scusa ai tifosi per la prestazione.

PRIMO TEMPO — Subito in salita per Mazzarri la sfida, con Godin che al 4’ sbaglia in impostazione. Ne approfitta Makengo che ruba palla, triangola con Udogie e in scivolata infila Cragno. E’ la prima rete in Serie A per il franco-congolese. La reazione del Cagliari è immediata: uno-due Pavoletti-Joao Pedro e l’attaccante livornese costringe Silvestri a una non facile deviazione in angolo. Resterà l’occasione più pericolosa del Cagliari. I sardi faticano a costruire gioco. Al 29’ scontro Samir-Nandez: ad avere la peggio è il cagliaritano che, colpito duro al ginocchio destro, resta a lungo a bordo campo prima di rientrare. Cragno respinge coi pugni una conclusione di prima di Samir su calcio d’angolo al 38’ dopo un lungo periodo in cui non succede veramente nulla. Poco dopo arriva il giallo a Marin per una manata a Becao. In chiusura di tempo una galoppata di Udogie che parte dalla sua area e arriva palla al piede sino a 3-4 metri da quella avversaria, costringe Dalbert al fallo con inevitabile giallo. La punizione di Deulofeu è un gioiellino, Cragno può solo guardarla finire nell’angolino opposto: 0-2 all’intervallo.

RIPRESA — Mazzari riparte con Keita, Lykogiannis e Caceres per Nandez, Dalbert e Carboni. Ma al 50’ arriva il terzo gol dell’Udinese, Su rimessa laterale la difesa sarda respinge corto, sulla sfera si avventa Molina che con una gran sciabolata di destro di prima intenzione trafigge Cragno. Piovono i fischi sul Cagliari, ora al tappeto anche psicologicamente. Il secondo giallo a Marin al 66’ lascia i padroni di casa in 10, rendendo ancor più amara la serata rossoblu. Senza opposizione, Deulofeu (poi ammonito) al 69’ firma il poker con un bel tiro dentro l’area rivale. L’Unipol Domus si svuota, chi resta lo fa solo per contestare.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Scamacca apre, Vlahovic chiude:
gol e occasioni, Viola-Sassuolo finisce pari



La Fiorentina aggancia Juve e Roma al quinto posto col primo pareggio della stagione.
Emiliani al riposo avanti 2-0 con la punta azzurra e Frattesi,
ripresa tutta firmata dai padroni di casa con il serbo
a iniziare la risalita completata da Torreira.
Espulso Biraghi per doppia ammonizione


Giovanni Sardelli

Bellissima. Chi non si è divertito a pranzare con Fiorentina-Sassuolo ha poche speranze di amare questo sport. Ritmi altissimi, pressing, giocate. E ancora occasioni, rimonte e gol. Due squadre che sgomitano per diventare grandi, il percorso è quello corretto. La Fiorentina va sotto, rimonta, rischia di vincere. E ottiene il primo pareggio stagionale fra gli applausi del Franchi. Il Sassuolo è più cinico davanti alla porta, ma dietro ha lasciato caterve di palle gol. Che sarebbe stato un pranzo con i fiocchi lo si era capito dopo un minuto. La rovesciata di Vlahovic è bellissima, palla fuori. Due minuti dopo lo stesso centravanti libera Gonzalez al tiro, ma l’argentino spreca. Il Sassuolo risponde all’ottavo, Terracciano ribatte su Raspadori che di testa da pochi passi sfiora il vantaggio. E siamo solo all’inizio.

ODRIOZOLA CREA, IL SASSUOLO SEGNA — La partita è straordinaria con ritmi da Premier League ed occasioni a raffica. Al 16’ Odriozola scappa via e mette in mezzo per Gonzalez che calcia alto. L’asse si ripete cinque minuti dopo con lo scatenato spagnolo che serve l’argentino che non approfitta delle lacune difensive del Sassuolo e spreca malamente. Poi Torreira impegna Consigli con Quarta che di testa mette alto sulla ribattuta prima che Odriozola salvi su Raspadori lanciato in porta. Il Sassuolo prende coraggio dagli errori davanti alla porta dei viola ed inizia a proporre il proprio calcio. Al 28’ occasionissima per Frattesi che spreca a due passi da Terracciano. Ogni azione è un’occasione ed alla fine a passare è il Sassuolo con una straordinaria azione di Frattesi abile a tagliare il campo e servire Scamacca: diagonale perfetto e Terracciano battuto. La Fiorentina sbanda, il Sassuolo ne approfitta e raddoppia con un’azione meravigliosa. Scamacca corre e libera Raspadori che serve Frattesi in verticale. Il centrocampista, autore di una prestazione straordinaria, batte Terracciano senza difficoltà.

MIRACOLI CONSIGLI — Stavolta la reazione arriva e solo un prodigio di Consigli impedisce a Milenkovic di accorciare le distanze. Poi Vlahovic spreca di testa sull’ennesimo assist dello scatenato Odriozola. Al 45’ Bonaventura da due metri mette alto fra l’incredulità del pubblico. Prima che l’ennesimo miracolo di Consigli impedisca a Torreira di accorciare. Balzo prodigioso e palla in corner. All’intervallo Italiano cambia. Fuori Callejon ed un deludente Maleh, dentro Saponara e Duncan.

RIMONTA E ROSSO — Sembra non cambiare niente per l’errore immediato di Gonzalez al tiro. Ma il recupero alto di Torreira al 6’ libera Vlahovic davanti a Consigli. Il fuoriclasse serbo dice 33, intesi come i gol nel 2021 (raggiunto Ronaldo) scaraventando il pallone sotto la traversa. Dionisi prova ad arginare la valanga viola inserendo Henrique per Traorè e passando al 4-3-3. Tutto inutile. Le occasioni fioccano ed alla fine da una mischia in area esce vincitore Torreira che deposita in rete il 2-2. Dionisi cambia ancora inserendo Boga e Defrel. A mutare l’inerzia del match ci pensa la seconda sbracciata di Biraghi a Berardi: come nel primo tempo Serra decide per il giallo e tra le proteste viola Biraghi deve lasciare il campo. La Fiorentina perde propulsione, il Sassuolo poca forza per approfittarne e cosi gli ultimi minuti perdono emozioni. Finisce in parità. Finisce con oltre un’ora e mezzo di divertimento.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Prima Marchizza e poi Nikolaou:
Spezia-Empoli è 1-1, decidono due autogol



La squadra di Thiago Motta viene salvata più volte da Provedel,
trova il vantaggio ma si fa riprendere a 20' dalla fine


Alex Frosio

Forte delle sue certezze, di classifica e di gioco, l’Empoli prende il centro della partita e tesse il suo gioco corto, perfettamente cucito da Samuele Ricci. Di là non c’è un giocatore analogo, perché in mezzo Thiago Motta piazza Kiwior, uno stopper più che un costruttore. Quindi Spezia solo con il lancio lungo, che Manaj gestisce male non controllando il pallone o andando due-tre volte da solo contro tutto l’Empoli, toscani che invece arrivano “alla mano” verso la porta avversaria. Zurkowski al 7’ prova da fuori e Provedel alza in angolo, anticipandosi la giornata che lo aspetta. A fronte di una sola chance spezzina (cross di Reca, Maggiore sul secondo palo alza il piattone, minuto 24), tante quelle dell’Empoli. Al 27’ su cross di Di Francesco contenuto, Pinamonti arriva in anticipo sul pallone rimbalzante ma di testa mette sull’esterno rete. Al 33’ salvataggio sulla linea di Amian su Di Francesco, liberato da Bandinelli a sua volta innescato da un clamoroso filtrante di Ricci: segnalato in fuorigioco a fine azione, Bandinelli, ma non lo è, dunque se Amian non avesse salvato il Var avrebbe convalidato. Un minuto dopo, Henderson crossa forte verso Pinamonti che gira di prima, ancora Provedel. E ancora Provedel al 44’ su punizione violenta di Marchizza dal limite dell’area.

SECONDO TEMPO — Lo stesso Marchizza è protagonista dell’episodio sfortunato – per lui – che apre la ripresa: al 5’ infatti Reca affonda a sinistra e dal fondo mette in mezzo, il pallone sfiorato da Maggiore mette fuori tempo Provedel e rimbalza su Marchizza, rotolando in rete. Spezia in vantaggio senza mai tirare nello specchio della porta. Lo svantaggio non cambia il piano-partita dell’Empoli, che continua a manovrare come prima. Al 9’ Stojanovic, tra i migliori, trova Di Francesco in area: destro alto. Al 17’ uno schema su punizione libera al tiro Pinamonti: alto. Andreazzoli rinfresca lo schieramento al 18’: Bajrami per Bandinelli, Cutrone per Di Francesco, Parisi per Marchizza. Altre chance: Stojanovic moscio, Cutrone frettoloso, Parisi svirgolato. Ma è il gol è maturo. Anzi, l’autogol. Un altro. Al 26’, affondo di Zurkowski e cross forte sul primo palo, Nikolaou piantato devia nella propria rete. Lo Spezia va in confusione e rischia il crollo. Che potrebbe avvenire al 30’: tiro a botta sicura di Pinamonti, braccio di Amian secondo l’arbitro Maggioni. Rigore. Poi revocato al Var. Quindi secondo salvataggio decisivo di Amian. È comunque l’Empoli a provarci ancora ma l’unico ad andare vicino al colpo grosso è Henderson con un diagonale fuori di poco al 41’. Lo Spezia? Primo tiro nello specchio, debole, di Colley al 44’, poi chiusura di Vicario ancora su Colley al 45’. Pochino, ma è un po’ di ossigeno per Thiago Motta.

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Gabbiadini segna subito, poi magia di Henry:
emozioni e pari tra Samp e Venezia

I blucerchiati trovano il gol al 1' e hanno più occasioni per raddoppiare,
ma la squadra di Zanetti non si arrende e conquista un punto con una rete all'87'


Filippo Grimaldi


Un pari giusto, questo 1-1 (Gabbiadini dopo quarantotto secondi dal via, Henry nel finale) che premia da una parte l’ottimo primo tempo dei blucerchiati, ma pure la capacitò del Venezia di Zanetti di saper soffrire e ripartire approfittando di una ripresa in cui i blucerchiati hanno sprecato troppo, palesando però anche un calo sul piano atletico. Non è stata, insomma, per i blucerchiati una replica perfetta del derby vinto nove giorni fa, come aveva chiesto D’Aversa ai suoi alla vigilia, ma il punto permette comunque alla Sampdoria di rimanere a distanza dalla zona calda della classifica. E lo stesso discorso vale pure per il Venezia, che dà continuità al pari interno contro la Juventus e dimostra di avere l’umiltà per saper ribaltare anche situazione molto complicate.

AVVIO A HANDICAP — Come è successo, appunto, al Ferraris. Perché Gabbiadini (sempre lui: quarto centro nelle ultime quattro partite) l’ha messa subito in discesa per la Sampdoria, con un gol pesantissimo a chiusura di un’azione avviata a sinistra da Augello e proseguita con la sponda di Caputo a centro area che ha sorpreso tutta la difesa veneta. Visti i ritmi altissimi, i blucerchiati parevano davvero pronti a un’altra serata di gloria, dopo gli ottavi raggiunti in coppa Italia giovedì scorso. E, a giudicare dal rendimento in campo, gli uomini di D’Aversa hanno dato l’impressione di tenere il comando del gioco. D’Aversa, che ha riproposto la stessa squadra che ha conquistato la stracittadina, è riuscito a prendere possesso della mediana, tenendo alti Bereszynski e Augello e e impedendo così alla cerniera Busio-Ampadu-Tessmann di impostare il gioco. Johnsen, preferito a Henry nell’undici iniziale, ha faticato parecchio a crearsi spazi. Il Venezia ha viaggiato s sprazzi: bravo Audero su Tessmann (17’), precipitoso Kiyine su punizione (31’), ma sono i blucerchiati a insidiare di più l’ex (applauditissimo) Romero. Candreva (36’) ha messo in area un diagonale sul quale però Gabbiadini è arrivato in ritardo e ancora l’esterno sampdoriano in avvio di secondo tempo è stato abile a servire un cross perfetto sulla testa di Thorsby: tiro fuori di un soffio.

Il Venezia, però, sfruttando anche i cambi, ha preso coraggio: Tessmann, Aramu e Caldara hanno dato i primi segnali di risveglio ospite, a cui hanno provato a rispondere i blucerchiati (meno brillanti del primo tempo) ancora con Candreva e poi con Quagliarella, subentrato a Caputo. Ma è stato determinante l’ingresso di Henry per Tessmann: un errore grossolano di Silva in mediana ha favorito la ripartenza del Venezia e l’attaccante francese dal limite dell’area con un destro a giro ha superato Audero. Non era finita: Caldara, in pieno recupero, ha salvato sulla riga sul tiro di Candreva e su un successivo pasticcio di Dragusin, Henry ha mancato il bis. Finisce così, fra speranze e rimpianti.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Toro, decide Pobega:
steso il Verona in 10,
seconda vittoria di fila



Il centrocampista sblocca in mischia sulla punizione che segue al rosso di Magnani


Mario Pagliara

Il Toro si regala un dolce Natale. Perché, in qualsiasi modo finirà mercoledì a San Siro con l’Inter capolista, i granata si assicurano di girare alla fine del girone di andata almeno a 25 punti. È un ottimo bilancio a metà percorso per il progetto di Ivan Juric, avviato appena sei mesi fa. Per piegare 1-0 il Verona in dieci uomini dal 25’ (rosso diretto a Magnani) basta un lampo di Pobega a metà del primo tempo: si conferma la legge dell’Olimpico, i granata compiono in un colpo un salto triplo, scavalcando in classifica contemporaneamente Verona, Bologna e

RISPETTO — C’entra poco l’amicizia che lega Ivan Juric e Igor Tudor, Torino e Verona giocano i primi venti minuti rispettandosi e guardandosi a vista. L’inizio scorre sul binario dell’equilibrio, con una ripetizione di duelli a riempire ogni zona del campo. Granata e Hellas si guardano allo specchio e, fino a quando non arriva l’espulsione di Magnani, nessuno si sbilancia: 3-4-2-1 per il Toro con il confermatissimo tridente Praet-Pjaca-Sanabria, 3-4-2-1 anche per il Verona, con il tridente Lasagna (subentrato a Barak, infortunatosi nel riscaldamento)-Caprari-Simeone. Nei primi 22' c'è un solo momento nel quale la sottile linea dell'equilibrio si incrina: è quando Pobega se ne va con una progressione bruciante, mette al centro dell’area una palla che Praet deve solo spingere in rete, trovandosi sulla linea di porta. Ma il belga fallisce clamorosamente l’aggancio con il pallone: è una palla-gol grande così divorata dal Toro.

POBE-GOL — Arriva poi il minuto numero 22, e qui la sfida dello stadio Olimpico Grande Torino conosce un primo e sostanziale bivio. Magnagni atterra al limite dell’area Sanabria, che ha davanti la porta spalancata di Montipò: l’arbitro Fabbri assegna il calcio di punizione dal limite (giusto), ma incredibilmente sbaglia in presa diretta la sanzione disciplinare tirando fuori dal taschino solo il cartellino giallo. Si tratta di chiara occasione da rete, e il regolamento impone il rosso diretto: dalla sala Var Ghersini richiama Fabbri al video e, dopo aver rivisto l’azione, l’arbitro espelle Magnani (al 25’). Un minuto dopo dalla punizione calciata da Rodriguez nasce il rimpallo sul quale arriva puntuale il Pobega-express: è l’1-0 per il Toro, il quarto gol (tutti in casa) in campionato di Pobega, il bomber di Juric. Tudor corre ai ripari, passa al 3-4-2, lanciando Sutalo (per Caprari) e Tameze (per Lasagna). Il Toro gioca dal 25' con l'uomo in più ma fino all’intervallo non trova il colpo del k.o.: un’incursione di Djidji (39’) e una sventola di Singo (45’) vanno fuori bersaglio.

CONTROLLO — Quando inizia il secondo tempo, Tameze fa correre subito un brivido a Montipò rischiando l’autogol (5’) ma il portiere del Verona è attento. Fuori il rientrante Djidji dall’infortunio dopo 55 minuti, nasce la staffetta con Zima. I granata si sbilanciano a caccia del raddoppio, ma corrono anche qualche rischio di troppo: come al 16’ quando un colpo di testa di Ceccherini non gela l’Olimpico per una questione di centimetri. Sessanta secondi dopo Juric richiama in panchina Praet, si gioca la carta Brekalo. Prese le misure, i granata diventano padroni del campo giocando stabilmente nella metà campo veneta, controllando il vantaggio, pur senza trovare il guizzo del due a zero. Nel finale Tameze impegna Milinkovic dalla distanza (45’), ma al Toro basta il lampo di Pobega, e l’Olimpico può fare festa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Napoli sbanca San Siro.
Kessie, gol annullato dal Var nel finale: proteste Milan

Nella partita dell’“emergenza” decide un gol di Elmas dopo cinque minuti.
Nel finale annullato per fuorigioco di Giroud: proteste e polemiche


Marco Pasotto


No, da questa partita non è uscito il nome dell’anti-Inter – troppo sfigurate dalle assenze entrambe le squadre per poter giudicare – ma ha chiarito chi si lascia finalmente alle spalle il periodo nero e chi invece ci resta sgradevolmente appiccicato dentro: il Napoli sbanca il San Siro rossonero, acciuffa proprio il Milan in classifica e torna a respirare aria pulita d’alta montagna passando in novanta minuti dal quarto al secondo posto. Il Diavolo prosegue invece le sofferenze. Nelle ultime due settimane i rossoneri hanno dato l’addio all’Europa, pareggiato a Udine e perso in casa contro una diretta concorrente per lo scudetto e per la Champions. La partita ha detto una cosa inequivocabile: nell’emergenza più profonda per entrambe le squadre, è stato Spalletti a modellare quella più vicina all’idea di gioco originale, mentre il Milan si è snaturato affidandosi quasi esclusivamente a lanci lunghi che non fanno parte del suo bagaglio creativo. Nemmeno se davanti c’è Ibra. Il risultato spiana peraltro la strada all’Inter, che adesso corre a +4 su rossoneri e azzurri. Il Milan in questo campionato non aveva mai perso contro una big: brutto segno. Finale con polemiche feroci per un gol annullato – dopo controllo al monitor del Var - a Kessie al 90’ per un fuorigioco di Giroud (a terra). Milan furibondo.

LE SCELTE — Pioli si è presentato a questa sfida con l’ennesima sgradita notizia: Hernandez, influenzato per tutta la settimana ma comunque convocato, ha sofferto un rialzo febbrile a poche ore dalla partita ed è tornato a casa. Un’altra assenza pesantissima, andata a sommarsi ai soliti noti Kjaer, Calabria, Rebic e Leao. Al posto di Theo c’è andato il suo vice Ballo-Touré, con Florenzi dall’altra parte per una linea difensiva inedita e completata da Tomori e Romagnoli. Dietro a Ibra confermate le sensazioni della vigilia: Messias, Diaz e Krunic. Anche Spalletti ha perso il suo terzino sinistro a ridosso del match: Mario Rui, che pareva migliorato, ha alzato bandiera bianca e così a sinistra c’è andato Di Lorenzo, con Malcuit a destra. Ma la grande novità è stata il centravanti: niente Mertens, bensì Petagna, mai titolare in questo campionato. Mossa che ha pagato, quanto meno nelle fasi iniziali, con l’ex rossonero abile a usare il fisico nei duelli e bravo nelle sponde ai compagni. Ma, in generale, è stato tutto il Napoli a partire bene, molto meglio del Milan. Manovra avvolgente e orientata spesso verso i territori di destra, dove Lozano aveva un altro passo – e anche un’altra scaltrezza – rispetto a Ballo-Touré. Figura chiave, come prevedibile, quella di Zielinski, in modalità duale un po’ in appoggio a Petagna e un po’ a sporcare le zolle davanti a Kessie e Tonali. Compito particolarmente riuscito, quest’ultimo.

TANTI LANCI — Il Milan si è così ritrovato schiacciato immediatamente e il gol è stata una condanna rapida. Cinque minuti soltanto per l’angolo di Zielinski planato perfettamente sulla testa di Elmas. Coscienza sporca per Tonali (in particolare) e Ibra, che lo hanno fatto andare incontro al pallone senza seguirlo. L’ennesimo errore di piazzamento in fase difensiva per i rossoneri nell’ultimo periodo. Un Milan che si è ritrovato accartocciato su se stesso, incapace di far correre palla fra le linee come Pioli ha insegnato. E un Milan tremebondo in area, dove qualsiasi pallone vagante diventava fonte di ansia estrema. Ci ha messo un quarto d’ora il Diavolo per scrollarsi di dosso il Napoli, con Ibra che di testa in torsione fantastica ha quasi baciato il palo. A quel punto i rossoneri hanno capito come contenere gli azzurri, ma non come fargli male. Kessie ha incasellato diversi errori, Tonali faticava a trovare luce, Diaz vagava senza riuscire a farsi coinvolgere e così la palla si è inevitabilmente alzata. Tanti lanci dalla difesa, tanti cross: tutto molto prevedibile. Non un’eresia in realtà con Ibra davanti, ma nemmeno la tattica ideale se ripetuta quasi allo sfinimento senza cercare altre soluzioni. Occasioni, comunque, poche da una parte e dall’altra: siluro al volo di Florenzi fuori di poco e due muri rossoneri su Lozano in area.

CAOS FINALE — Nella ripresa il Milan ha cominciato come i campani a inizio gara: convinto, aggressivo, affamato. Dopo cinque minuti Ibra ha messo in evidenza gli ottimi riflessi di Ospina e i rossoneri hanno aumentato parecchio il coefficiente di coraggio con una pressione decisamente alta. Atteggiamento corretto e obbligato, con l’unica controindicazione – non da poco - di esporsi alle ripartenze campane. All’ora di gioco Pioli ha inserito Giroud e Saelemaekers per Diaz e Krunic: 4-4-2 con il francese accanto a Ibra per irrobustire l’attacco, ma gradualmente il Diavolo ha perso propulsione, offrendo il fianco al Napoli e faticando di più a entrare nell’area azzurra. Messias ha tentato senza esito lo spunto personale, Spalletti a un quarto d’ora dalla fine ha tolto Petagna per Mertens ma gli ultimi respiri del match se li è presi tutti il gol annullato a Kessie. Minuto numero 90, batti e ribatti in area azzurra col pallone che arriva all’ivoriano, comodo comodo a porta spalancata. Il Milan fa festa, ma San Siro viene gelato quando Massa è richiamato dal Var e, dopo controllo monitor, annulla per fuorigioco di Giroud. Disperazione, proteste accanite che non ovviamente non cambiano il verdetto. Il Napoli si abbraccia, questo è davvero un colpaccio.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2021/2022 18ª Giornata (18ª di Andata)

17/12/2021
Lazio - Genoa 3-1
Salernitana - Inter 0-5
18/12/2021
Atalanta - Roma 1-4
Bologna - Juventus 0-2
Cagliari - Udinese 0-4
19/12/2021
Fiorentina - Sassuolo 2-2
Spezia - Empoli 1-1
Sampdoria - Venezia 1-1
Torino - Verona 1-0
Milan - Napoli 0-1

Classifica
1) Inter punti 43;
2) Napoli e Milan punti 39;
4) Atalanta punti 37;
4) Napoli punti 36;
5) Roma, Fiorentina e Juventus punti 31;
8) Lazio punti 28;
9) Empoli punti 27;
10) Torino punti 25;
11) Sassuolo e Bologna punti 24;
13) Verona punti 23;
14) Udinese punti 20;
15) Sampdoria punti 19;
16) Venezia punti 17;
17) Spezia punti 13;
18) Genoa e Cagliari punti 10;
20) Salernitana punti 8.

(gazzetta.it)
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Zapata va k.o. e l'Atalanta s'inceppa:
il Genoa strappa lo 0-0


Resiste il bunker di Shevchenko, aiutato anche dal problema muscolare del colombiano a fine primo tempo.
La Dea chiude il 2021 con un punto in due partite



Grossa sorpresa a Marassi, dove il Genoa riesce a bloccare l'Atalanta sullo 0-0 e a strappare un punto che dà morale a Shevchenko in vista di un 2022 che vedrà la sua squadra all'inseguimento di una complessa salvezza. Chiude malissimo invece l'Atalanta, con un punto tra Roma e Marassi che ridimensiona un po' i sogni in grande di Gasperini, tradito anche dall'infortunio muscolare di Zapata sul finire del primo tempo. Tegola pesante: l'Atalanta ha perso l'unico attaccante che con la sua fisicità poteva scardinare il muro granitico del Genoa. E il sostituto di Duvan, Muriel, ha dimostrato ancora una volta di essere lontano anni luce dai livelli notevoli dell'anno scorso.

LA PARTITA — Gasperini inizia con Miranchuk (maluccio) e Malinovskyi dietro a Zapata, ma il Genoa, schierato con un 5-3-2 in cui difendono tutti e gli attaccanti Ekuban e Destro non la vedono mai, concede il minimo sindacale a una squadra che di solito crea tantissimo. Qualche bello spunto di Malinovskyi, un paio di respinte pericolose dalle parti di Sirigu, ma nulla di trascendentale. La parata più difficile il portiere del Genoa la deve spendere sulla girata di Zapata in avvio. Cambia poco anche nella ripresa: Pasalic e Ilicic, innesti di Gasperini, non fanno meglio di Miranchuk e soprattutto Malinovskyi. Così l'occasione più limpida capita a 10' dalla fine sulla testa di Demiral, che però la manda fuori.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Juve, vittoria e passo avanti.
Ora l'Atalanta e il quarto posto sono a -4

I bianconeri superano il Cagliari grazie ai gol di Kean e Bernardeschi, autore anche di un assist.
Il Genoa ferma i bergamaschi sul pari


Livia Taglioli


La Juve supera il Cagliari 2-0 ed Allegri raggiunge Capello nel numero di vittorie da allenatore in A (252), ma con oltre 40 panchine in meno. Dopo aver colpito un palo, Kean centra la porta, al 40’, su assist di Bernardeschi. Il raddoppio arriva nella ripresa: assist di Kulusevski e sinistro incrociato di Bernardeschi, a segno dopo 513 giorni. La Juve centra così il decimo successo negli ultimi 11 incontri contro i sardi e si porta a quota 34, a quattro punti dall’Atalanta quarta in classifica, fermata sullo 0-0 dal Genoa.

KEAN, PALO E GOL — La Juve si schiera con due novità rispetto al Bologna: dietro c’è Alex Sandro al posto di Pellegrini e in mezzo Bentancur è preferito a McKennie. Il Cagliari degli epurati Godin e Caceres presenta la sorpresa Pereiro al fianco di Joao Pedro. L’avvio è vivace, con la Juve che mantiene palla e iniziativa e dopo 10 minuti colpisce un palo con un colpo di testa di Kean, su cross di Cuadrado. Una Juve che sale in massa e cerca il varco giusto, i sardi giocano con due linee strette e Pereiro in marcatura stretta su Arthur. Ma ora Rabiot, ora Cuadrado spingono sulle opposte fasce portando in area rossoblù un gran numero di palloni.

Qualche imprecisione nell’ultimo passaggio o negli stop zavorrano la Juve dalle parti di Cragno, tanto che alla fine le conclusioni sono poche rispetto alla gran mole di lavoro offensivo. Il primo tempo è dunque una litania bianconera interrotta da qualche puntata in avanti del Cagliari, che non spaventa però Szczesny. Davanti Morata e Kean scambiano spesso la posizione, Bernardeschi è prezioso pendolino a tutta fascia. E dai suoi piedi nasce il gol del vantaggio: pallone indirizzato verso Cragno, Kean devia di testa e 1-0 per la Juve, al 40’.

OCCASIONI CAGLIARI, RADDOPPIO JUVE — La ripresa si apre con McKennie al posto di Rabiot, la Juve riparte col piglio giusto, fatto di velocità di tocco, attenzione e pressione offensiva. Il Cagliari non lascia varchi, la Juve fa girare il pallone, ora allargando, ora verticalizzando. Ma senza trovare il corridoio in cui infilarsi. Morata ci prova in tutti i modi, ma viene fermato in extremis o non trova lo specchio, con Kean tecnicamente impreciso ma abile ad aprire la difesa rossoblù portando via l’uomo. La Juve fa collezione di calci d’angolo e sperimenta schemi, ma senza impensierire Cragno.

A sobbalzare però è Szczesny, graziato al 60’ da Dalbert, che manda fuori da due passi su cross basso di Bellavista, nella prima limpida occasione da gol del Cagliari. I sardi replicano dopo otto minuti: stavolta è Szczesny a respingere un colpo di testa a botta sicura di Joao Pedro su cross di Zappa. Kean lamenta un problema alla coscia sinistra, al 72’ lascia il posto a Kulusevski, che si piazza sulla destra. La Juve ha abbassato baricentro e ritmo del suo palleggio e non riesce a “nascondere” il pallone, il Cagliari, che ora può contare anche su Pavoletti, trova coraggio e intraprendenza. E invece arriva il raddoppio della Juve: all’83’ Kulusevski pesca Bernardeschi in area, il suo sinistro incrociato batte Cragno. E la Juve chiude l’anno col botto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Bologna travolgente, tris al Sassuolo: Sinisa ritrova la vittoria

Dopo tre sconfitte di fila la squadra di Mihajlovic si
rilancia grazie ai gol di Orsolini, Hickey e Santander


Matteo Dalla Vite


Dopo tre sconfitte di fila il Bologna si ricicla squadra vera. Soprattutto cinica. Decisamente “cattiva” a un passo dal Natale: il vantaggio di Orsolini (secondo gol stagionale) e del wonder-boy Hickey (4° sigillo personale) mettono in ginocchio il Sassuolo che arrivava da sei risultati utili di fila. Nessun dubbio su meriti e demeriti: i neroverdi sono stati squadra vera e acuminata per 20’, il resto l’ha fatto il Bologna che Mihajlovic ha rivisto, corretto e “sfornato” nel modo migliore. Il 3-0 di Santander nel tramonto del match, con tutta la squadra che va ad abbracciarlo affettuosamente, è il sigillo più chiaro per un segnale importante: il Bologna sa reagire ed è squadra, e soprattutto raggiunge quota 27 che è record di punti nel girone d’andata nel campionato a venti squadre; il Sassuolo, solo per una gara, si è perso.

CINISMO BOLOGNA — Le due squadre iniziano appaiate in classifica con una sostanziale differenza: il Sassuolo veniva da sei risultati utili di fila, il Bologna da tre legnate consecutive contro Fiorentina, Toro e Juve. Sinisa Mihajlovic lascia in panchina Barrow e infila Orsolini al fianco di Arnautovic, con iniziale riposo di Theate per far posto a Bonifazi; Dionisi mette in campo praticamente tutta l’artiglieria pesante con Scamacca a fare da distruttore là davanti ma con Boga al posto di Raspadori e Pegolo per Consigli. Inizialmente è una sfida apparentemente equilibrata, poi però è il Sassuolo che nei primi 10’ prende il campo e le iniziative portandole avanti in maniera più netta e pulita. Per esempio: fra il 7’ e il 10’, Scamacca e Frattesi prendono palo e mani di Skorupski, tanto per dire che in campo sembra esserci una squadra sola, o comunque più sciolta. Il Bologna si fa vedere al 15’: lancio perfetto di Bonifazi per Orsolini che nonostante abbia un’occasione sul proprio piede manda la palla direttamente nella curva occupata dai suoi tifosi. I ritmi partono alti, si affievoliscono e non c’è dubbio che l’iniziale sprint del Sassuolo venga via via rintuzzato dal Bologna che poco alla volta riesce ad alzare il proprio baricentro. A tal punto che al 36’ la squadra di Mihajlovic arriva al vantaggio: palla profonda di Dominguez, Orsolini - tenuto in gioco da Ferrari - piazza una “fucilata” precisissima di sinistro nel primo “sette” di Pegolo. Il Sassuolo reagisce con Berardi ma sono i rossoblù che arrivano al raddoppio: palla di Skov Olsen susseguente a calcio d’angolo a Hickey che libera un mancino e infila nel “sette” di Pegolo una botta imprendibile di destro. Lo zero a due è sorprendente ma è anche di cinismo puro, peculiarità che il Bologna in passato ha avuto raramente.

RECORD PUNTI — L’attenzione, la pressione sull’avio-azione dei neroverdi e i massicci ripiegamenti a cinque del Bologna lasciano pochi spazi al Sassuolo che comunque cerca di riprendere in mano la partita: dopo una parata di Pegolo su altra conclusione di Hickey (4’), ecco che prima Berardi e poi Scamacca possono cercare la porta ma i loro due tiri sono alti e sbalestrati. Il centravanti del Sassuolo ci prova di testa anche poco dopo, 15’, Skorupski c’è. Nel frattempo Dionisi aveva infilato Raspadori mettendo a sedere uno spento Boga, così Sinisa mette in campo Vignato e Barrow per Svanberg e Orsolini. Barrow è di una mollezza disarmante, a tal punto da fallire un gol facile davanti a Pegolo; il Sassuolo ci prova due volte con Scamacca e Raspadori ma alla fine il Bologna riesce ad amministrare la gara raggiungendo quota 27 che è poi il record di punti del Bologna col campionato a venti squadre. Con gol di Santander: è proprio Natale…

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Lazio è cinica: soffre a Venezia ma poi vince 3-1

Al 3’ Pedro sblocca il risultato con un sinistro dopo 20 metri palla al piede.
Al 30’ Forte con una bella girata di testa pareggia. In avvio di ripresa il gol di Acerbi,
con tocco sporco su angolo. Espulso Tessmann.
In pieno recupero chiude Luis Alberto


G.B. Olivero


La Lazio chiude l’anno vincendo a Venezia con una prestazione poco brillante, ma sicuramente accorta e lucida restando così agganciata al treno per l’Europa. Solo nell’ultimo minuto di recupero la squadra di Sarri ha chiuso la partita, ma in realtà il Venezia è stato meno incisivo e propositivo rispetto ad altre esibizioni. Il 3-1 premia eccessivamente la Lazio, ma nel finale è emersa la qualità di Luis Alberto. La formazione di Zanetti dà l’impressione di avere bisogno di un po’ di riposo dopo un girone d’andata comunque positivo.

PRIMO TEMPO — Zanetti schiera Forte al centro dell’attacco: Henry, decisivo a Genova contro la Sampdoria, va addirittura in tribuna per un attacco febbrile. A centrocampo Crnigoj prende il posto di Busio. Nella Lazio non c’è Immobile a causa del Covid e Sarri ripropone Felipe Anderson come falso nove. In difesa Marusic fa il terzino destro, Radu il sinistro e Lazzari si accomoda in panchina, esattamente come Luis Alberto: oltre a Milinkovic, l’altra mezzala è Basic. L’equilibrio si spezza subito grazie a un’azione personale di Pedro che al 3’ non trova ostacoli verso la porta di Romero: fa venti metri palla al piede, salta Caldara e segna con un rasoterra di sinistro. Il Venezia, che già a Marassi era andato sotto dopo trentotto secondi, ha il merito di non farsi condizionare e continua a seguire il piano preparato da Zanetti, che cerca di non dare punti di riferimento agli avversari e modula il suo 4-3-3 di partenza in base alle necessità e ai momenti della gara. Al 10’ Forte calcia fuori di sinistro. La Lazio fatica a costruire, ma al 28’ ha una grande occasione: Pedro ruba palla a Ceccaroni, Anderson corre verso la porta ma scarica male a Basic che controlla in modo pessimo. Al 30’ il Venezia pareggia con un colpo di testa di Forte su cross di Aramu. Crnigoj segue Milinkovic da vicino e la Lazio non riesce ad attaccare la porta: nel primo tempo il suo unico tiro nello specchio resta quello del gol. Anche il Venezia non impegna Strakosha, ma al 37’ Mazzocchi manda in curva al volo da ottima posizione su perfetto lancio di Kiyine.

SECONDO TEMPO — La maledizione dei primi minuti colpisce il Venezia anche dopo l’intervallo: al 3’ Cataldi batte un corner, Acerbi devia con la spalla e riporta in vantaggio la sua squadra. Il Venezia stavolta non ha la lucidità per reagire bene e in tutta la ripresa non metterà mai in difficoltà la difesa della Lazio se non con qualche cross nel finale. La squadra di Sarri non crea molto, ma si limita a gestire la situazione. Acerbi si infortuna, ma non può essere sostituito perché Sarri ha esaurito gli slot e così il centrale difensivo resta in campo nella posizione di attaccante. Anche Caldara, vista la situazione, chiude da centravanti ma la Lazio controlla senza patemi. Al 49’ viene espulso Tessmann per gioco violento e al 50’ Luis Alberto scarica in rete di sinistro dopo uno scambio con Milinkovic.

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L'Inter cala il settebello di Natale:
Dumfries castiga un bel Toro



Settimo successo consecutivo per i nerazzurri, che soffrono ma passano
in contropiede con l'olandese e poi respingono i tentativi dei granata


Luca Taidelli

Inter settebellezze. La squadra di Inzaghi viene a capo di un ottimo Torino grazie al gol (in contropiede!) di Dumfries, centrando la settima vittoria consecutiva. Il Milan, vittorioso ad Empoli, è rimasto a -4 dalla capolista mentre il Napoli è scivolato a -7 dopo aver perso in casa con lo Spezia. E pensare che fino a un mese fa era l'Inter a inseguire con 7 lunghezze da recuperare. Un successo meno scintillante dei precedenti, ma anche per questo molto più importante. Dove non arriva col fioretto, la banda Inzaghi la spunta di spada, venendo a capo di un match rognosissimo grazie a una difesa diventata un bunker, come dimostrano le sei gare in fila senza subire gol.

PRIMO TEMPO — Inzaghi ripropone dal 1' Skriniar e Lautaro e sceglie Vidal per sostituire lo squalificato Barella. Sulle fasce, conferma per Dumfries e Perisic. Juric preferisce Buongiorno a Rodriguez per completare il terzetto difensivo con Djidji e Bremer. Al posto dell'acciaccato Praet, comunque in panchina, Brekalo vince il ballottaggio con Linetty e affianca Pjaca sulla trequarti, alle spalle di Sanabria. Singo e Aina (Vojvoda colpito da gastroenterite) a tutta fascia. L'idea granata è chiara da subito: inaridire le fonti del gioco interista, con Lukic e Pobega appiccicati rispettivamente a Calhanoglu e Brozovic. Su Vidal va con meno ossessione Buongiorno, che spesso si stacca dalla linea, con gli esterni che si abbassano. Il Toro in avvio però è molto altro, con Bremer che svetta nella propria area e i due trequartisti a mettere ulteriore pressione sulle uscite nerazzurre. Il destro a fil di palo di Pjaca suggella un quarto d'ora in cui gli ospiti si fanno preferire e la capolista non trova tempi di gioco e idee. A Inzaghi servirebbe che si accendessero gli esterni. Quando al 20' Perisic svetta su Singo e innesca Bastoni l'azzurro però si perde davanti a Milinkovic. Calha e Vidal provano a scambiarsi la posizione e il turco inventa subito per Lautaro, che serve Brozovic, la cui conclusione però è troppo debole. Il Toro ci prende gusto. Anche troppo, se è vero che al 30' si fa infilare da un contropiede magistrale inescato da Brozovic che apre per Dzeko, il cui tocco per l'accorrente Dumfries forse viene anche sfiorato dal croato. Quello che conta è che l'olandese trova l'angolino e stappa il match. E qui viene fuori la grande squadra. Al colpo di cinismo infatti segue un'aggressione continua, ispirata dal guerriero Vidal che va a tampinare tutti, mentre i due registi di Inzaghi ora hanno più libertà, con i loro marcatori che pagano lo sforzo iniziale. Al 38' Lautaro potrebbe raddoppiare sull'imbucata di Calha, ma dopo avere dribblato Milinkovic non trova di poco la porta. Il Toro accusa il colpo e si concede le prime sbavature in uscita (Djidji, che poi recupera su Dzeko), per la disperazione di un tarantolato Juric.

SECONDO TEMPO — Si riprende senza sostituzioni, ma dopo 14' di sportellate senza occasioni da rete Juric richiama Sanabria e inserisce il giovane Warming. Il biondo ci mette subito più verve del paraguaiano e costringe Perisic a un gran recupero. Al 19' Calhanoglu in scivolata intercetta col braccio il tiro di Lukic. Turco ammonito e quindi out alla ripresa, a Bologna, poiché diffidato. Malgrado l'ingresso dello specialista Rodriguez (out Buongiorno, mentre Mandragora rileva Pobega), il piazzato dal limite lo tenta lo stesso Lukic, ma Handanovic c'è. Inzaghi non si smentisce e toglie subito Calha (dentro Vecino), oltre a Lautaro per Sanchez. Il Toro però non ci sta e Warming, dopo avere scippato De Vrij, quasi induce all'autogol Bastoni. Juric al 76' gioca il tutto per tutto, togliendo Singo e Brekalo per l'ex Ansaldi (Aina a sinistra) e Praet. Proprio Ansaldi - dopo un velo suicida di Vecino - costringe Dumfries al salvataggio decisivo, anche se Guida sanziona un fallo di Bremer su De Vrij. L'Inter fatica a ripartire, ma dietro non molla di un centimetro e concede poco. Sensi e D'Ambrosio (out Vidal e l'applauditissimo Dumfries) sono le ultime mosse di Inzaghi. Proprio Sensi lancia Sanchez, il cui destro all'87' però scheggia soltanto il palo. Sull'annuncio dei 4' di recupero, Dimarco rileva Perisic. Ormai è festa Inter, con i 41 mila del Meazza che si inebriano al coro di "la capolista se ne va".

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Shomurodov chiama, Gabbiadini risponde:
la Roma viene ripresa dalla Samp



L’uzbeko al 72’ sblocca l’empasse dell’Olimpico, l’attaccante risponde all’80’.
Abraham fuori per infortunio ad inizio ripresa


Andrea Pugliese

Botta e risposta nel secondo tempo tra Shomurodov e Gabbiadini (al quinto gol in 5 partite, e sarebbero stati sei senza quello annullato al derby...), si chiude così l’anno di Roma e Sampdoria. A sorridere, ovviamente, sono i blucerchiati, che tornano a casa con un punto prezioso dopo l’1-1 dell’Olimpico che conferma il loro buon momento. Delusione, invece, in casa giallorossa, dove dopo la bella vittoria di Bergamo si sperava di salire a -4 dalla zona Champions. Speranza rimasta tale, con la squadra di Mou che è apparsa poco fluida nel gioco e improduttiva nella sostanza.

POCHE LUCI — Mourinho conferma lo stesso undici che ha schiantato l’Atalanta, D’Aversa davanti si affida invece a Caputo, coadiuvato come sottopunta da un Gabbiadini in grandissima forma. Gli ospiti pressano alti a fisarmonica, a volte dal fondo ed a volte lasciando il primo pallone ai giallorossi, per poi andarli a prendere. Una condotta di gara che la Roma soffre e che non gli permette di costruire gioco come desidererebbe, anche se nei primi 15 minuti la squadra di Mourinho va al tiro due volte (prima Abraham sbaglia un’occasione clamorosa, poi Viña calcia alto da buona posizione). Poi la Samp cambia di colpo condotta, provando ad addormentare la partita e cercando di attirare fuori posizione i giallorossi. Che però a pressare ci vanno poi poco ed allora le emozioni latitano. Un paio di tiracci da fuori di Silva e Askildsen da una parte, una transizione a campo aperto di Veretout che Abraham e Zaniolo non concretizzano dall’altra. Così il primo tiro in porta arriva solo al 36’ con Gabbiadini, la cui conclusione da fuori è però parata senza problemi da Rui Patricio. Poi Abraham salta male di testa su un cross al bacio di Karsdorp, Ekdal si deve arrendere a un problema muscolare (dentro Ferrari, con la Samp che passa al 4-4-2) e Zaniolo ci prova invano da fuori. Al 42’ arriva anche il primo tiro in porta della Roma con Mkhitaryan, ma è un tentativo velleitario. Il primo tempo finisce così, con uno 0-0 che non entusiasma.

BOTTA E RISPOSTA — Il secondo tempo non inizia bene per la Roma, con Abraham (dentro Felix) che dopo un minuto si arrende per un problema alla caviglia destra, colpita dura nel primo tempo da Colley. Nel pantano di una partita che fatica a sbloccarsi, arriva un’occasione propizia a testa: prima Candreva colpisce da dentro l’area un palo clamoroso, poi Falcone respinge un tiro da fuori di Zaniolo, ripetendosi sulla ribattuta ravvicinata di Felix, che però arriva molle e gli calcia addosso con tutta la porta spalancata davanti a sé. Mou allora cambia tutto e butta dentro anche Shomurodov ed El Shaarawy, passando al 3-4-2-1. E la mossa è quella giusta, che accende la partita. Perché proprio l’ubzeko sblocca la gara con un’azione caparbia, dove prova tre volte la conclusione, ma al gol giallorosso risponde poco dopo Gabbiadini sugli sviluppi di un angolo, ribadendo in rete il palo di Colley. Assalto finale vano dei giallorossi, si chiude in parità. Risultato che sorride alla Samp, non alla Roma.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Verona sogna con Lasagna,
reazione della Viola nel finale: 1-1

Dominio e vantaggio dei padroni di casa nella prima mezzora.
Vlahovic trascina la Fiorentina da leader nel finale, rete del pari di Castrovilli


Pierfrancesco Archetti


Dopo tre sconfitte consecutive, coppa compresa, il Verona si rialza anche se sente stretto il pareggio: viene raggiunto infatti dalla Fiorentina all’81’ dopo averla controllata per lungo tempo. I viola, al secondo pari consecutivo, si svegliano nel finale, mentre prima a lungo erano la brutta copia della squadra che domenica aveva dato spettacolo contro il Sassuolo. Devono ringraziare Castrovilli che ha battuto Montipò con un bel tuffo di testa.

IL VANTAGGIO — Il Verona prende subito le misure alla Fiorentina, è più aggressivo, va più in profondità. Un tiro cross di Faraoni tocca il palo, poi al 17’ arriva il vantaggio con un’azione che vede la partecipazione dei tre uomini d’attacco. Tocco di testa di Simeone per Caprari che smista a Lasagna: il suo sinistro batte Terracciano sul palo vicino. L’Hellas potrebbe raddoppiare al 32’: Igor scivola e dà via libera a Caprari che serve Simeone davanti alla porta, ma il Cholito tira alto. Chance uguale poco dopo per la Fiorentina, a cadere stavolta è Veloso ma la botta di Bonaventura viene intercettata in extremis da Sutalo.

DIFESE DIVERSE — Vincenzo Italiano sistema nell’undici di partenza tre difensori diversi rispetto al pari con il Sassuolo: Terzic (suo l’assist per l’1-1) a sinistra per lo squalificato Biraghi, Venuti sull’altro lato per Odriozola e Igor centrale per Quarta. La retroguardia spesso sembra spaesata. Anche il Verona ha una difesa in tribuna: tra squalifiche e infortuni mancano Gunter, Dawidowicz, Ceccherini e Magnani. Fra gli aggiustamenti, anche quello di Tameze arretrato nell’ultima linea ma con libertà di stringere a centrocampo. E’ pesante anche l’assenza di Barak ma il trio offensivo di Tudor mette in difficoltà i viola.

CAMBI E PARI — Nel secondo tempo Italiano prova a cambiare subito, facendo entrare Castrovilli per Bonaventura. Poi fuori anche Sottil per Saponara, che però deve uscire poco dopo per un colpo alla mano. La prima occasione dopo i cambi per i viola in rosso nasce da un’uscita difettosa di Montipò: sul tiro di Castrovilli la difesa gialloblù si salva con una deviazione fortuita. La partita è nervosa, più che spettacolare. La Fiorentina si fa più pericolosa verso la fine: Vlahovic manda alto di poco con una girata di sinistro, poi arriva il pareggio. A seguire un’incursione di Duncan potrebbe portare al sorpasso, ma sarebbe stato troppo per il Verona uscito fra gli applausi.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Milan, poker a Empoli e secondo posto da solo:
Kessie trequartista ne fa due

I rossoneri replicano subito all’Inter, restano in scia e si ritrovano secondi da soli.
Grande protagonista l’ivoriano, schierato dietro Giroud.
Di Florenzi, Hernandez, Bajrami e Pinamonti (rigore) gli altri gol


Marco Pasotto


Saranno stati i 700 berretti da Babbo Natale indossati dai tifosi rossoneri. Tante slitte, tanti regali. Quattro, e alzi la mano chi tra la gente milanista immaginava di chiudere l’anno servendo un poker sul tavolo di una delle squadre più in forma del campionato. Il Milan fa calare il gelo su Empoli e si appropria di una sfida complicatissima con grande maturità. Non con grande bellezza, questo no, ma con la virtù della pazienza e dell’organizzazione. Soprattutto con la grande dote dell’umiltà di fronte a uno scenario medico da trincea di guerra: nessuno ha voluto strafare, il Milan ha vinto da squadra con un trequartista che di mestiere fa il mediano (Kessie), con un terzino che in molti davano buono già per il prepensionamento (Florenzi) e con un altro che quest’anno sta vivendo più ombre che luci (Hernandez). Per Pioli è un gran bel riscatto in fondo a un periodo buio dove il tecnico rossonero ha dimostrato, ancora una volta, di avere gli strumenti e la bravura per rimettere la squadra in pista. Voleva girare oltre i 43 punti, ovvero più in su del girone di andata di un anno fa, ma può senz’altro accontentarsi di quota 42: il 2021 del Milan nella sua interezza è stato magnifico. Il 4-2 finale è una sentenza chiara, ma nulla toglie alla grande stagione dell’Empoli. Anche stavolta gli azzurri hanno esibito, per diversi tratti, un gioco divertente, ben gestito e produttivo.

LE SCELTE — Pioli chiude un anno disastroso sotto l’aspetto dell’infermeria rinunciando anche a Ibra. C’è della (sgradevole) coerenza. L’alternativa naturale stavolta c’è, ma in realtà Giroud non avrebbe il minutaggio per partire dall’inizio. Eppure la scelta è obbligata. La grande novità è l’uomo che gli sta alle spalle. Non Diaz, non Messias, non Krunic, bensì Kessie. Lo aveva già fatto qualche volta in finali di partita particolari, ma ovviamente mai dall’inizio. Accanto all’ivoriano Messias e Saelemaekers. Bennacer con Tonali in mediana. Ed Hernandez che si è ripreso i suoi terreni a sinistra. Andreazzoli davanti ha piazzato l’ex Cutrone con Pinamonti (aria di derby per lui), assistiti da Bajrami. In mediana Henderson ha vinto il ballottaggio con Bandinelli. L’Empoli viaggia a memoria, con il copione che conosce meglio e ne sta esaltando le qualità. Gioco rapido, verticale, terzini che martellano e mezzali che si inseriscono. Specialmente sulla destra, dove Stojanovic per venti minuti buoni si infila senza sosta spegnendo le aspirazioni offensive di Hernandez. Pinamonti si allarga spesso e volentieri, aprendo spazi a Bajrami. Insomma, sul proprio fianco sinistro il Milan soffre e i primi dieci minuti sono praticamente un monologo dei toscani, che vanno al doppio. Kessie è sì al centro della trequarti, ma con chiare e rigide consegne di marcatura a uomo sul play azzurro Ricci. A sinistra Saelemaekers movimenta parecchio il Diavolo, mentre dall’altra parte Messias stenta terribilmente a trovare la giocata pulita e così per Giroud diventa un problema essere coinvolto, anche perché Tonali e Bennacer faticano contro il dinamismo della mediana empolese. Quando Kessie, dopo qualche tentativo, riesce a trovare spazio, il Milan passa. Cross di Saelemaekers, Giroud appoggia saggiamente all’indietro per Franck che infila Vicario da posizione centrale.

QUALITÀ — Il tempo di riorganizzarsi e l’Empoli riassesta il match. La rete è decisamente pregiata, perché Bajrami tira al volo di controbalzo da posizione molto angolata ed è bravissimo a tenere la palla bassa. Maignan però non è impeccabile. Scampato il pericolo sono di nuovo gli azzurri a cucire il calcio migliore, mentre il Milan evidenzia il difetto sottolineato da Pioli negli ultimi giorni: mancanza di qualità negli ultimi venti metri. In realtà una sonora dormita se la fa anche Tomori con Pinamonti e stavolta Maignan smanaccia via con un riflesso super. A tre minuti dalla fine i rossoneri passano ancora: Saelemaekers serve Kessie, che carica il sinistro con tutta la forza che ha. La traiettoria è prevedibile ma Vicario, piazzato e sul suo palo, combina un obbrobrio facendosela passare sotto le gambe. Secondo gol per il trequartista d’emergenza e secondo gol che i toscani prendono sulla loro fascia destra, dove la fatica nel leggere movimenti e sovrapposizioni di Saelemaekers e Hernandez è evidente.

CONTROMISURE — La fine del primo tempo e l’inizio del secondo regalano altre emozioni. Prima Giroud non riesce inspiegabilmente a buttare in rete da pochi passi e poi Bajrami prende una traversa clamorosa dopo essersi liberato di uno svagato Tomori. L’Empoli prosegue sulla falsa riga dei primi 45, cercando intensità e profondità, ma il Milan col passare del tempo ha ormai capito le contromisure più importanti. La partita svolta definitivamente verso la sponda rossonera al 18’, quando da un errore in uscita degli azzurri scaturisce un fallo che Saelemaekers va a prendersi al limite dell’area. Il destro di Florenzi non è potente, ma chirurgico: un rimbalzo, Vicario osserva e palla in gol. E’ l’episodio da cui l’Empoli esce psicologicamente distrutto e la conferma arriva sei minuti dopo. Cross dalla sinistra di Saelemaekers (copione già visto a cui gli azzurri non sono praticamente mai riusciti a porre rimedio), i subentrati Bandinelli e Marchizza combinano un pasticcio totale in area e Hernandez si ritrova sul sinistro la più facile delle conclusioni. La partita finisce lì, al minuto numero 24, e a nulla serve il rigore vincente di Pinamonti (braccio di Bakayoko). Il resto, per il Milan, stavolta è soltanto gestione senza pensieri.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Colpo Spezia a Napoli: Spalletti scivola a -7 dall'Inter

Decisiva un'autorete di Juan Jesus nel primo tempo:
terzo k.o. di fila per gli azzurri al Maradona


Nicola Berardino


Un Napoli scarico e impreciso contro lo Spezia infila al Maradona la terza sconfitta di fila in campionato: 1-0 per i liguri il finale. Un risultato che può apparire clamoroso soprattutto dopo il colpaccio col Milan di domenica che aveva ridato il secondo posto agli azzurri. Ma il verdetto della partita legittima l’abilità dello Spezia nel difendere il vantaggio scaturito prima dell’intervallo da un autogol di Juan Jeus. La squadra di Spalletti non ha però saputo ritrovarsi nelle difficoltà smarrendo idee e lucidità per risalire la corrente. Per il Napoli uno stop pesante che allunga anche un tabù: salgono a nove i turni di A disputati di mercoledì senza vittorie. Lo Spezia torna vincere dopo sei giornate e interrompe una serie di sei sconfitte esterne di fila. Tre punti che potrebbero rinsaldare la panchina di Motta, ritenuta ormai al capolinea prima della gara. Il 2021 del Napoli in casa si chiude con una sconfitta contro i liguri così come era cominciato il 6 gennaio (2-1 per la squadra allenata da Italiano).

AUTOGOL DI JUAN JESUS — Per il Napoli alle assenze degli infortunati Koulibaly, Fabian Ruiz, Osimhen, si è aggiunta alla vigilia quella di un altro big, Insigne, fermato dal Covid. Rispetto alla gara col Milan, Spalletti può contare sul recupero di Mario Rui, così Di Lorenzo riprende la fascia destra. In mediana entra Lobotka. Novità anche nella trequarti: riecco Politano a destra, con Lozano che si sposta a sinistra, mentre Elmas parte dalla panchina. E si rivede Mertens. Motta modifica la formazione opposta all’Empoli inserendo in attacco Agudelo al posto di Nzola. Al via il Napoli si lancia subito all’assalto. Squillo di Zielinski: alto. Replica dei liguri: capocciata insidiosa di Manaj che sorvola la traversa. Lo Spezia si raccoglie nella propria metà campo: spazi ristretti per la manovra degli azzurri. Al 20’ si ferma Di Lorenzo dopo una ginocchiata di Reca alla coscia. Il difensore, soccorso dallo staff medico, riprende a giocare. Si allunga lo Spezia: Manaj sfugge a Politano ma viene bloccato da Lobotka. Un’opportunità pure per Bastoni che però non riesce a calciare in porta e il Napoli rilancia. Al 27’, sguscia Politano: fiondata sull’esterno della rete. Da Mario Rui per Mertens: tocco controllato da Provedel. La squadra di Spalletti cerca accelerazioni improvvise per aprire la ragnatela difensiva dello Spezia. Gli azzurri alzano il ritmo. Guizzo di Mertens sulla sinistra: Provedel devia in angolo. Il belga poi tenta pure dalla distanza: di poco a lato. Lo Spezia si proietta in avanti. Al 37’, una punizione di Bastoni diventa una trappola per Juan Jesus che nel tentativo di respingere, infila di testa il proprio portiere Ospina e fissa il sorprendente vantaggio dei liguri. Il Napoli accusa il colpo. Nel finale di tempo prova a riorganizzarsi ma senza incidere. Ammonito Mario Rui per fallo su Reca: il difensore era diffidato e salterà la trasferta con la Juventus alla ripresa del campionato.

ASSALTO VANO — Dopo l’intervallo, Spalletti avvicenda Mertens con Petagna. Spunto in area di Manaj, arginato da Di Lorenzo. Spettacolare semirovesciata di Lozano fuori bersaglio. Annullato per fuorigioco di Politano un gol di Lozano. Lo Spezia si affida con convinzione alle ripartenze e sfiora al 10’ il raddoppio con una rasoiata di Amian che va alta. Irregolare anche un gol di Petagna causa una spinta a Erlic. Cresce il Napoli. Al 18’, grande chance: Erlic salva a porta vuota su un colpo di Lozano. Lo Spezia rifiata manovrando a tutto campo. Al 24’, Spalletti fa entrare Ounas al posto di Zielinski per ravvivare il gioco d’attacco. Gli azzurri però non riescono a graffiare. Provedel governa agevolmente un tiro di Lozano. Altro affondo del liguri: Mario Rui salva in angolo su Manaj. Napoli frenetico ma senza idee. Lobotka sostituito da Elmas al 34’. Provedel neutralizza anche un tentativo di Di Lorenzo. Altri due cambi nel Napoli: Ghoulam e Demme per Mario Rui e Politano. Gli azzurri spingono con la forza dei nervi senza portarsi però all’assedio. Cinque minuti di recupero. Provedel si allunga su un tiro di Anguissa. La traversa si oppone a un colpo di testa di Elmas. Motta innesta Colley per Agudelo. Il Napoli non passa e registra un passo falso imprevisto tra i fischi del Maradona e la soddisfazione dello Spezia che si gode i tre punti.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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