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Campionato di Calcio Serie A 2021 - 2022. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

Ultimo Aggiornamento: 25/05/2022 14:00
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SERIE A 2021/2022 19ª Giornata (19ª di Andata)

21/12/2021
Udinese - Torino (non disp)
Genoa - Atalanta 0-0
Juventus - Cagliari 2-0
22/12/2021
Sassuolo - Bologna 0-3
Venezia - Lazio 1-3
Inter - Torino 1-0
Roma - Sampdoria 1-1
Verona - Fiorentina 1-1
Empoli - Milan 2-4
Napoli - Spezia 0-1

Classifica
1) Inter punti 46;
2) Milan punti 42;
3) Napoli punti 39;
4) Atalanta punti 38;
5) Juventus punti 34;
6) Roma e Fiorentina punti 32;
8) Lazio punti 31;
9) Empoli e Bologna punti 27;
11) Torino punti 25;
12) Verona e Sassuolo punti 24;
14) Udinese(*) e Sampdoria punti 20;
16) Venezia punti 17;
17) Spezia punti 16;
18) Geno punti 11;
19) Cagliari punti 10;
20) Salernitana punti 8.

(gazzetta.it)


(*) Udinese - Torino rinviata a causa del forfait della Salernitana causa Covid-19, in attesa di
decisioni circa un probabile 3-0 a tavolino per l'Udinese (salvo ricorsi sportivi).
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Gabbiadini illude la Samp, Pavoletti la ribalta: che colpaccio del Cagliari!

Alla squadra di D'Aversa non basta il sesto gol consecutivo del suo attaccante.
Deiola trova il pari al 55' e al 71', la zampata vincente del bomber
dei sardi regala a Mazzarri 3 punti fondamentali per la salvezza


Filippo Grimaldi


Sarà un caso, ma i numeri raccontano che il Cagliari (successo per 1-2 ieri al Ferraris) ha conquistato sei dei suoi tredici punti (e le uniche due vittorie…) in campionato proprio contro la Sampdoria. Dopo il successo dell’andata a ottobre, la squadra di Mazzarri ha ribaltato ieri i blucerchiati dopo avere chiuso in svantaggio il primo tempo per il sesto gol negli ultimi sei turni di Gabbiadini, scavalcando il Genoa ed avvicinando lo Spezia. Poi, però, complice l’infortunio di Yoshida, i blucerchiati hanno perso sicurezza in difesa permettendo agli ospiti prima di pareggiare con Deiola e poi di piazzare il colpaccio con Pavoletti. Trascinatore assoluto, però, un inesauribile Joao Pedro, al tempo stesso solista e uomo-squadra. Nel finale, rosso diretto a Candreva (46’), per una spinta ingenua su Carboni a gioco fermo, proprio davanti alla panchina ospite.

EMERGENZA PER DUE — Nella sfida del Ferraris, D’Aversa deve rivoluzionare la sua Sampdoria per necessità, fra cessioni (Depaoli e Silva), infortuni (Damsgaard, Verre), squalifiche (Askildsen), coppa d’Africa (Colley) e positività al Covid-19 (Augello, Falcone): quindi avanza Bereszynski alla… Candreva, sposta quest’ultimo a sinistra inserisce Ferrari e Murru esterni in difesa e si affida alla coppia Gabbiadini-Caputo in attacco. Mazzarri, che ha perso le ultime tre gare di campionato, sta forse persino peggio: alla lunga lista degli infortunati, del nazionale Keita e dello squalificato Dalbert si è aggiunto Ceppitelli, fermato da un guaio muscolare. Via libera dunque per il neoacquisto Lovato e per Altare, al debutto dall’inizio in Serie A e una panchina con appena sei uomini di movimento. Il Cagliari parte bene, dà inizialmente buoni segnali, contro una Sampdoria che apparentemente fatica in fase di costruzione dando modo agli ospiti di gestire senza difficoltà il gioco. Ne sono la prova la doppia occasione per la squadra di Mazzarri (11’, Chabot mura Joao Pedro un attimo prima del tiro; 13’, errore di Ekdal e ripartenza di Marin che manca l’aggancio a Pavoletti), grazie alla superiorità creata in mezzo dalle ripartenze di Deiola e Marin, favoriti da una Samp troppo bassa.

LA SVOLTA — Tutto cambia al 18’, quando il magico assist di petto di Yoshida (Altare, che errore) per il bomber blucerchiato Gabbiadini (sesto centro di fila nelle ultime sei gare) porta in vantaggio la squadra di D’Aversa, che da lì in poi gioca tutta un’altra partita. Il Cagliari (contestato dai suoi tifosi) sbanda, arretra, non riesce a ripartire e un evidente scollamento fra mediana e attacco rende di fatto vani tutti i tentativi di Joao Pedro e Pavoletti. Volenterosi, questo sì, ma costretti ad andare a recuperare palloni a trenta metri dalla porta, con tutto quel che ne consegue. Tiri in porta nel primo tempo? Nessuno. I blucerchiati, invece, senza più l‘affanno di inizio partita e contro un avversario inconcludente, vanno in gestione e sfiorano ancora il gol con Candreva (25’) e, ancora, Gabbiadini (30’), il cui diagonale scivola a lato di un soffio. Nella ripresa D’Aversa perde quasi subito Yoshida, l’unico centrale difensivo che aveva a disposizione, per un guaio muscolare, sostituito da Dragusin.

RIBALTONE — E lì cambia la storia della partita, perché Marin (11’) vince un contrasto con Ekdal sulla corsia di destra, s’invola al centro e il suo passaggio per Deiola si trasforma nell’assist del pari: Audero mura il primo tentativo dell’avversario, ma nulla può sulla ribattuta. Uno a uno e Cagliari che si rianima, cresce, spinge e al 26’ va in vantaggio: errore di Ekdal, Lykogiannis calcia verso il centro dell’area, dove Pavoletti (tenuto in gioco da Chabot: il check Var conferma) va a bersaglio. D’Aversa ci prova con Quagliarella (e poi Torregrossa per Caputo), ma gli ospiti vanno vicinissimi all’1-3, con un contropiede di Marin che serve Joao Pedro, ma trova Audero alla ribattuta decisiva. Ma la Samp ha perso ormai lucidità, mostra stanchezza. E nervosismo: in pieno recupero Candreva fa cadere Carboni a gioco fermo: rosso diretto e blucerchiati in dieci, mentre l’onnipresente Joao Pedro al 50’ trova ancora Audero a chiudergli la porta.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Olimpico show, Milinkovic salva la Lazio al 93':
con l'Empoli è 3-3!



Partita bellissima. Toscani in gol con Bajrami, Zurkowski e Di Francesco.
Immobile segna e sbaglia un rigore, il serbo (doppietta) rimedia nel recupero


Stefano Cieri

Un altro incredibile e pirotecnico pareggio interno per la Lazio, dopo il 4-4 con l’Udinese di un mese fa. Anche stavolta, come allora, il pareggio matura in pieno recupero al termine di una partita in cui succede tutto e il contrario di tutto, ma mentre in quell’occasione la Lazio era stata raggiunta nel corso dell’extra-time, stavolta riesce a riacciuffare il risultato. Pareggio giusto, anche se maturato in maniera singolare, tra due squadre molto simili, pur nella differenza dei valori. Bravissime quando si tratta di cercare il gol (creano e realizzano tanto), ma spesso imbarazzanti quando devono difendere. La Lazio concede due gol ai primi due attacchi subiti, altri ne rischia e poi ne concede un terzo nella ripresa. L’Empoli prende tre gol, lascia un’altra mezza dozzina di occasioni agli avversari (compresa una traversa e un rigore parato). Se per Andreazzoli, al netto della beffa finale, può andar bene così (il suo Empoli si conferma una bellissima realtà ed ha già la salvezza in tasca) per Sarri è l’ennesimo passo indietro di questa stagione vissuta sulle sulle montagne russe.

PARTENZA COL BOTTO — Tre gol nel primo quarto d’ora, la partita comincia subito con i botti. La Lazio si fa sorprendere dal solito Empoli sbarazzino e irriverente. Dopo otto minuti i toscani sono già sul 2-0 grazie al rigore trasformato da Bajrami e al gol di Zurkowski. L’1-0 matura al 6’ quando, su errato retropassaggio di testa di Hysaj, Strakosha esce alla disperata (e in ritardo) su Di Francesco, abbattendolo. Rigore ineccepibile che realizza Bajrami spiazzando lo stesso Strakosha. La Lazio accusa il colpo e sbanda e così, dopo appena due minuti, al secondo affondo degli ospiti, subisce di nuovo. Discesa di Stojanovic sulla destra, palla a Bajrami, il cui tiro-cross viene rimpallato da Luiz Felipe, ma finisce sui piedi di Zurkowski che non perdona. A quel punto la Lazio si sveglia e comincia a giocare. Il gol che riapre la gara arriva subito grazie al solito Immobile che - come da tradizione (sesto anno su sei) - segna alla prima gara del nuovo anno. Il cross è di Milinkovic, la girata di testa dell’attaccante anticipa tutti, Vicario compreso. La Lazio ritrova un briciolo di entusiasmo e continua ad accelerare, ma va all’intervallo ancora in svantaggio perché Vicario è attento sulla conclusione a colpo sicuro di Immobile, Luperto devia quel tanto che basta una conclusione insidiosa di Milinkovic e, soprattutto, la traversa respinge il tiro di Felipe Anderson che alla mezzora avrebbe potuto sancire il 2-2. Entrambe le squadre spendono una sostituzione già nel corso della prima frazione. Prima Acerbi (entra Patric), poi Parisi (lo rileva Marchizza) devono alzare bandiera bianca per problemi muscolari.

RIPRESA DA BRIVIDI — Il 2-2 arriva invece a metà ripresa grazie ad una splendida girata al volo di Milinkovic su cross di Felipe Anderson. Pareggio meritato a quel punto, visto che la Lazio in precedenza ha già sciupato altre tre palle-gol, con Pedro, Immobile e Anderson. Ma, una volta completata la rimonta, la squadra di casa commette l’errore di credere che la partita sia ormai in discesa. E invece l’Empoli è sempre sul pezzo e, alla prima opportunità, torna in vantaggio. Bella iniziativa sulla destra di Stulac (da poco entrato al posto di Bajrami) e palla a Di Francesco che, tutto solo a pochi passi da Stakosha, deve solo depositare in rete. Lazio di nuovo sotto, ma la squadra di Sarri riparte a testa bassa, prendendo la spinta anche dai cambi operati dal tecnico, che butta dentro Leiva e Zaccagni (escono Cataldi e Pedro). Il 3-3 arriva al 35’ sugli sviluppi di un angolo di Luis Alberto grazie alla deviazione di Patric. Ma, dopo un interminabile controllo al Var, la rete viene annullata per il tocco di mano del difensore. Cinque minuti più tardi, però, il pareggio sembra cosa fatta, quando l’arbitro Giua indica il dischetto per la gomitata di Luperto a Immobile. Ma l’attaccante tira troppo centralmente e Vicario respinge il penalty. Per l’Empoli si avvicina l’ennesima vittoria in trasfeta sul campo di una grande. E invece in pieno recupero la testa di Milinkovic, sul traversone di Zaccagni, svetta più in alto di tutti e fa 3-3. Pazzesco, rocambolesco, ma giusto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Caprari scatenato: il Verona vince
a La Spezia e inguaia Thiago Motta



Una doppietta dell’attaccante lancia l’Hellas (con 10 uomini in meno causa Covid) in Liguria.
Erlic accorcia ma è troppo tardi. Nel finale espulso Agudelo


Alla faccia del focolaio. Il Verona riparte con una vittoria sudata ma alla fine meritata contro un discreto ma incompleto Spezia. Meglio non poteva festeggiare il compleanno delle mille partite in Serie A. L’hombre della fiesta è un ragazzo veloce di piedi e di idee che si chiama Gianluca Caprari, quello che all’inizio faceva storcere il naso come sostituto del rimpianto (anche adesso?) Zaccagni. Thiago Motta, che ha appena incassato la fiducia della società, aveva molti meno giocatori positivi ma, vista la pochezza della rosa, più decisivi. E ha pagato dazio.

EQUILIBRIO — Infatti il bollettino Covid giocava a netto sfavore del Verona: 10 positivi per l’Hellas (altri due riscontrati ieri) a 4 per lo Spezia, ma due erano i probabili attaccanti titolari: Nzola e Manaj. Per fortuna di Tudor, solo un paio di titolari fissi sono stati colpiti, Faraoni e Montipò. Così il tecnico ha potuto schierare una formazione più che discreta per la millesima candelina in Serie A. Motta, memore della scoppola dell’andata (un 4-0 esagerato) si è cautelato con un 4-5-1 pronto a modificarsi in un tridente nella fasi d’offesa. Il Verona invece col suo schema fisso, e con le solite sfide uomo contro uomo. Il primo round è stato sostanzialmente equilibrato, con una leggera supremazia in manovra dello Spezia (bellissima l’azione che ha portato al tiro Reca, prodezza di Pandur in uscita) e una superiore pericolosità in ripartenza del Verona. In una di queste, Lazovic in triangolazione con Ceccherini ha colpito la traversa al secondo tentativo dopo il primo tiro rimpallato. Dunque, tutto sommato era giusto che la prima parte della gara finisse in parità.

CCO CAPRARI — Un errore di Kiwior a centrocampo al quarto d’ora del secondo round ha rotto l’equilibrio. Lasagna ha rubato palla, si è involato e ha passato a Simeone in area che ha servito (galeotto anche un rimpallo) Caprari che si trovava al posto giusto al momento giusto. Dieci minuti dopo il folletto gialloblù ha concesso il bis, con un gran tiro da fuori a fil di palo. A quel punto Motta, che aveva già inserito Verde per uno Strelec un po’ fulso, ha speso anche Antiste che si scambiava con Gyasi e lo stesso verde tra punta e trequarti. Ma è servito a poco, anche se nel finale si è scatenato Erlic. Con un bolide ha impegnato Pandur e poi, sul corner, ci ha messo la testa per il 2-1. Ma sono stati episodi, perché il Verona aveva in mano la partita e ha meritato di festeggiare.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Magia di Destro, poi il solito Berardi:
Sassuolo-Genoa finisce 1-1



L'attaccante del Grifone torna a segnare con un gran colpo di tacco.
La squadra di Dionisi nella ripresa produce tanto e trova il pari con il suo capitano


Pierfrancesco Archetti

Terzo punto per Shevchenko, ancora a secco di vittorie; pareggio con qualche recriminazione per il Sassuolo. La prima partita dell’anno per le due squadre non ha vincitori ma viene nobilitata da Mattia Destro e Domenico Berardi. Sono loro a fornire le emozioni più calde in un gelido match. Il genoano porta avanti i suoi con uno splendido gol di tacco; l’azzurro, protagonista anche in altre occasioni, pareggia nella ripresa con una botta violenta da dentro l’area.

GOL E DIFESA — La rete di Destro dopo 7’ mette subito in discesa la partita per Shevchenko perché il Genoa può restare basso e cercare di sfruttare il contropiede sugli errori del Sassuolo. Però non sale. I neroverdi gestiscono il possesso ma non arrivano troppo vicino alla porta di Sirigu, cercano di sorprenderlo allora con i tiri da fuori, però le conclusioni di Berardi, Raspadori e Kyriakopoulos non impensieriscono il portiere. I difensori rossoblù non si distraggono nei duelli e il Sassuolo non sfonda.

ROTAZIONI — Infortuni, positività e mercato hanno rivoluzionato le formazioni: il Sassuolo lamenta nove assenze, tra cui quelle di Scamacca e Frattesi, Dionisi è costretto a sistemare Kyriakopoulos, di solito difensore, esterno alto a sinistra. Il Genoa non è messo tanto meglio, però può presentare forze fresche come il neoacquisto Hefti, laterale destro preso dallo Young Boys, e far tornare almeno in panchina Caicedo e Fares. Entrano nel finale. Vanheusden e Hernani partono titolari, oltre agli infortuni va messa in conto pure la squalifica di Sturaro, ma Portanova dà sostanza in mezzo.

IL PAREGGIO — Quando comincia il secondo tempo, il Sassuolo è più determinato e rapido e il Genoa paga la sua passività. Defrel trova un varco nelle protezioni degli ospiti e arriva davanti a Sirigu ma il portiere respinge l’occasione, quindi l’attaccante calcia sull’esterno della rete il secondo tiro. Ma è soltanto il prologo al pareggio di Berardi che sfrutta una corta respinta in area di Vanheusden. Il Sassuolo insiste ma Defrel, che sbaglia troppo, manda alto pure il possibile raddoppio e Berardi ci prova anche al volo ma non inquadra di poco la porta.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Milan schianta la Roma, la vetta (provvisoria) adesso è a -1

Senza dieci giocatori il Diavolo piega i giallorossi con i gol di Giroud (rigore),
Messias e Leao (Abraham a segno per gli uomini di Mou).
Ibra sbaglia un rigore, espulsi nella ripresa Karsdorp e Mancini


Marco Pasotto


Più che la befana, a Milanello dev’essere passata una fata con la bacchetta magica che ha restituito al Milan in una volta sola tutto ciò che l’aveva fatto singhiozzare negli ultimi due mesi: gioco, spirito, punti, autostima. Il Diavolo, vittorioso già all’Olimpico, schianta la Roma anche a San Siro e inizia il 2022 mostrando i muscoli e gonfiando il petto. Tutti avvisati, anche chi non ha giocato come l’Inter, che ora si ritrova in scia i rossoneri separati da un -1 che gratta una bella dose di peperoncino sul derby in programma fra un mese esatto. Finisce 3-1 (Giroud su rigore, Messias, Abraham, Leao) ma poteva essere qualcosa di più ampio, da ambo le parti, se pensiamo che il Milan ha preso due traverse e sbagliato un rigore (Ibra), mentre Maignan ha fatto il fenomeno almeno tre volte. Una vittoria che fortifica una squadra priva di ben dieci giocatori tra infortuni, Covid e Coppa d’Africa. Un Milan ancora una volta più forte dell’emergenza, nella quale spesso ama esaltarsi. Il carbone allora è tutto per la squadra di Mourinho, che in pratica ha giocato soltanto i primi venti minuti della ripresa e, dopo l’illusoria vittoria con l’Atalanta, è ripiombata negli annosi problemi contro gli avversari d’alto bordo. Tanti, troppi errori in tutte le zone del campo e una reazione tardiva non hanno lasciato scampo di fronte a un Milan così agguerrito.

LE SCELTE — Fra le cose che Pioli chiedeva con maggior forza al 2022 c’era almeno un po’ di pace in ambito medico. Ma l’anno nuovo è iniziato com’era finito il vecchio: un elenco infinito di indisponibili, situazione ancora più surreale se consideriamo che diversi infortunati sono tornati a disposizione. Una sorta di interminabile turnover dell’infermeria. E così, se da un lato si registrano i graditi ritorni di Ibra, Rebic e Leao, dall’altro negli ultimi tre giorni sono spariti di scena Tatarusanu, Castillejo, e soprattutto Calabria (che a fine dicembre era tornato a lavorare in gruppo), Tomori e Romagnoli. Il club ha ufficializzato il Covid soltanto per il portiere, mantenendo la privacy per gli altri nomi, ma qui più che la forma conta la sostanza: Pioli ha dovuto inventarsi un’altra volta la difesa, schierando Kalulu e Gabbia centrali. La Coppa d’Africa ha completato l’opera: in mediana, senza Kessie e Bennacer, spazio a Tonali e Krunic. Davanti Giroud, assistito da Messias, Diaz e Saelemaekers. Per Mourinho una situazione decisamente più leggera, allietata dal ritorno di Pellegrini quaranta giorni dopo l’ultima apparizione. Un 3-5-2 in cui l’unica novità rispetto alle previsioni di vigilia è stata l’esclusione di Cristante, con Veretout al centro della mediana e l’ingresso di Mkhitaryan. Davanti, Zaniolo e Abraham a sfidare i baby centrali rossoneri (43 anni in due).

MILAN CORTO — Eppure Gabbia e Kalulu se la sono cavata. Certo, concedendo qualcosa e con giocate non sempre impeccabili, ma con buona personalità di fronte alla tecnica di Zaniolo e Abraham. La verità è che il Milan nei primi 45 è riuscito non solo a tamponare le assenze, ma anche a impossessarsi del match grazie a un’ottima interpretazione collettiva. Logico, non avendo stelle, ma non così scontato. E’ stato il Milan dei tempi migliori, feroce nel pressing e nel recupero palla nella metà campo altrui, e rapido nello spostarla da una parte all’altra del campo. A spiccare, in particolare, la condizione atletica: eccellente. Pioli in vigilia l’aveva fatto capire chiaramente. Rossoneri migliori nei contrasti, nei raddoppi e sulle seconde palle, tutto l’opposto di una Roma lenta, prevedibile e vittima di se stessa, con errori tecnici in numero ampiamente oltre il lecito. In mediana nel primo tempo non c’è praticamente stata partita, Tonali e Krunic hanno inaridito i terreni di Mkhitaryan e Veretout, mentre Pellegrini provava a infilarsi nella terra di nessuno a metà strada con la trequarti. Movimenti a cui il Milan, cortissimo e reattivo, non ha quasi mai abboccato, affidando poi la fase offensiva a tutti i suoi interpreti: le sgommate di Messias che hanno preoccupato parecchio Viña, le imbucate di Hernandez dall’altra parte, le sportellate di Giroud con Smalling. Due approcci diversi visibili fin dai primi minuti e infatti il Diavolo ne ha impiegati solo otto per passare. Siluro al volo di Hernandez e braccio largo di Abraham in area prima del super riflesso di Rui Patricio (alla faccia dei problemi alla schiena): controllo di Chiffi al monitor e rigore, trasformato da Giroud. Altri nove minuti e altro gol, emblematico perché innescato da un retropassaggio osceno di Ibanez che ha messo Giroud davanti a Rui Patricio: palo, rimbalzo e Messias a rimorchio nell’angolino.

SUPER MIKE — Due schiaffi che la Roma ha accusato visibilmente e la differenza di vivacità e lucidità fra le due squadre si è accentuata ulteriormente, anche se i giallorossi sono comunque riusciti a presentarsi un paio di volte molto pericolosamente davanti a Maignan. Prima con Zaniolo (errore di Kalulu, muro di piede del portiere francese) e poi con un colpo di testa di Abraham (riflesso eccelso del 16 rossonero). Al 40’ la Roma ha accorciato con l’inglese, lesto e scaltro a deviare a centro area un destro di Pellegrini. Finale di tempo decisamente nervoso: comportamenti poco onorevoli di Hernandez e Karsdorp, poi un rigore chiesto inutilmente da Zaniolo. La ripresa, almeno nei primi venti minuti, è stata esattamente speculare al primo tempo: Roma famelica, aggressiva e lucida, Milan rintanato e impaurito. A parte un break di Diaz – traversa piena –, il Diavolo ha dovuto nuovamente ringraziare super Maignan, efficace prima su Abraham e superlativo poi su una botta al volo di Mkhitaryan. La spinta della Roma ha iniziato a vacillare intorno a metà tempo, l’inerzia si è affievolita e il colpo di grazia è arrivato alla mezzora con l’espulsione di Karsdorp (secondo giallo). Il Milan ha picchiato ancora sui legni – incrocio dei pali di Florenzi su punizione – e poi la sfida si è adagiata definitivamente sul versante rossonero con il terzo gol di Leao (subentrato a Saelemaekers), spedito in porta da Ibrahimovic. Rui Patricio ha evitato un passivo peggiore parando un rigore allo svedese nel recupero, ma il fallo di Mancini su Leao è costato il secondo rosso di giornata alla truppa di Mourinho. Non benissimo in vista della Juve.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Juve e Napoli, un punto a testa e molti rimpianti

Finisce in parità fra due squadre decimate dal Covid.
Gli azzurri schierano dal 1' i "quarantenati" Rrahmani, Lobotka e Zielinski.
Fra i bianconeri rientrano Chiesa e Dybala


Livia Taglioli


Il big match serale della prima giornata di ritorno finisce in parità: Chiesa risponde a Mertens, e fra Juve e Napoli finisce 1-1, dopo una partita intensa e vissuta sul filo dei nervi anche per le ore di grande incertezza che hanno preceduto il match, fra decisioni delle Asl, dubbi interpretativi e sorprese in formazione. Il risultato premia il coraggio del Napoli, che si è esaltato nelle difficoltà, mentre conferma la mancanza di continuità della Juve, capace di partire con aggressività, perdersi e poi ritrovarsi nell’arco di 90 minuti. Sfruttando al minimo sindacale il momentaneo stop dell’Atalanta (che non ha disputato il match contro il Torino).

PRESENZE ED ASSENZE—
54
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Koulibaly, Anguissa, Ounas, Osimhen, Malcuit, Meret, Fabian Ruiz. Spalletti completa la rosa degli assenti: i primi tre a causa della coppa d’Africa, gli altri fra Covid e strascichi. Con Mario Rui squalificato. Ma ad animare le ore precedenti o match è stato soprattutto il “caso” legato a Rrahmani, Lobotka, Zielinski: messi in quarantena dalla Asl 2 di Napoli, sono scesi in campo dal 1’. Un caso destinato a far discutere anche dopo il 90’. Anche la Juve fa la conta degli assenti: Pinsoglio e Chiellini fermati dal Covid, Bonucci da un guaio muscolare, Pellegrini e Kaio Jorge dall’influenza. Ma con Chiesa e Dybala al rientro, il primo schierato tra i titolari, l’altro in panchina per 66 minuti. Con Bernardeschi e il discusso Morata a completare il tridente d’attacco, il primo in attesa del rinnovo, il secondo di un via libera destinazione Barcellona. Intanto lo spagnolo gioca ventre a terra anche contro il Napoli, lottando e impegnandosi come da patto di ferro siglato con Allegri in settimana.

VANTAGGIO NAPOLI — Parte spavalda la Juve, che schiaccia subito sull’acceleratore creando due buone occasioni nei primi cinque minuti del match: Di Lorenzo devia una conclusione di Chiesa, McKennie di testa sbaglia mira d’un soffio su tiro di Bernardeschi dalla bandierina. Il Napoli però non sta a guardare, con Insigne, lui sì con la valigia ufficialmente in mano, che arriva due volte al tiro (alto). Il Napoli sposta in avanti il baricentro, ma soprattutto si muove in velocità, con pochi e precisi tocchi, che siano verticalizzazioni o passaggi ravvicinati. E arriva spesso dalle parti di Szczesny. Chiesa conclude con un pallone di poco alto una bella percussione. Mertens non sbaglia su assist di Politano: al 23’ il Napoli passa in vantaggio, col sesto gol del belga. La Juve accusa il colpo: perde ritmo e colpi, la sicurezza cala e l’affanno cresce. Tanto che il gioco diventa ancor più confusionario, le uscite sporche ed i tocchi sempre meno precisi. E un Napoli compatto e determinato non chiede di meglio.

CHIESA RITROVA LA VIA DEL GOL — Poi la Juve si scuote, e dopo l’intervallo torna in campo una squadra con più mordente: Morata conclude alto e al secondo affondo la Juve trova il pareggio. Al 54’ Chiesa, il maggior tiratore bianconero del match, si trova sui piedi un pallone invitante e non sbaglia, complice una deviazione di Lobotka. L’azzurro non segnava in campionato dal 22 settembre: per lui è il secondo gol, il quarto in stagione. E sfiora pure il raddoppio, una manciata di minuti più tardi, con Ospina che si oppone al suo gran destro in corsa. Szczesny dice di no a Mertens, quindi Allegri ridisegna la squadra, togliendo Rabiot e Bernardeschi. Con Bentancur e Dybala la Juve sembra ritrovare idee ed energie, con l’argentino che appena entrato impegna Ospina con un tiro dalla distanza. Sarà un biglietto da visita promettente ma senza seguito. Poi Kean e De Sciglio danno il cambio a Morata ed Alex Sandro, con Kulusevski che all’80’ rileva uno stanco Chiesa. Nel Napoli entrano Petagna e Zanoli. Ma le due squadre hanno già dato il meglio, Kean manda alto un colpo di testa a tempo scaduto, e il match si consegna al pareggio finale.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2021/2022 20ª Giornata (1ª di Ritorno)

06/01/2022
Bologna - Inter (non disputata)
Sampdoria - Cagliari 1-2
Lazio - Empoli 3-3
Spezia - Verona 1-2
Atalanta - Torino (non disputata)
Sassuolo - Genoa 1-1
Milan - Roma 3-1
Salernitana - Venezia (non disputata)
Fiorentina - Udinese (non disputata)
Juventus - Napoli 1-1

Classifica
1) Inter(*) punti 46;
2) Milan punti 45;
3) Napoli punti 40;
4) Atalanta(*) punti 38;
5) Juventus punti 35;
6) Roma, Fiorentina(*) e Lazio punti 32;
9) Empoli punti 28;
10) Bologna(*) e Verona punti 27;
12) Torino(*) e Sassuolo punti 25;
14) Udinese(**) e Sampdoria punti 20;
16) Venezia(*) punti 17;
17) Spezia punti 16;
18) Cagliari punti 13;
19) Genoa punti 12;
20) Salernitana(**) punti 8.

(gazzetta.it)


19ª giornata: Udinese - Salernitana non disputata per il forfait della Salernitana causa Covid-19, in attesa di
decisioni circa un probabile 3-0 a tavolino per l'Udinese (salvo ricorsi sportivi).
20ª giornata: Bologna - Inter, Atalanta - Torino, Salernitana - Venezia e Fiorentina - Udinese non disputate
per forfait di almeno una delle squadre a causa del Covid, in attesa di ulteriori decisioni.
(*) una partita in meno
(**) due partite in meno
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Milan, com’è bella Venezia: Ibra e Theo show.
Diavolo sempre a -1 dall'Inter

I rossoneri confermano l’ottimo momento.
Zlatan segna e poi cede un rigore a Hernandez, che aveva raddoppiato.
Lagunari mai pericolosi e in dieci nella ripresa (espulso Svoboda)


Marco Pasotto


Una passeggiata in Laguna che per il Milan ha quasi del romantico, considerando che sono arrivati (altri) tre gol, non ne sono stati presi, non ci sono state sgradevoli novità in infermeria (di questi tempi è una notizia) e Ibra ha cavallerescamente ceduto un rigore a Hernandez. Il Venezia finisce sott’acqua 3-0, spinto sul fondale dai gol di Zlatan e dalla doppietta di Hernandez, impreziosita dalla fascia di capitano. E’ un Diavolo che si conferma in forma scintillante e che nelle ultime tre uscite – Empoli, Roma e oggi – ha messo in buca 10 gol. D’altra parte, prima dei due crash test consecutivi con Juve (23 gennaio) e Inter (6 febbraio), occorreva dare massima continuità ai risultati e così sta avvenendo. Ulteriore pressione sulle spalle dei nerazzurri, con un primato provvisoriamente passato di mano. Smaccato il gap tecnico fra le due squadre al Penzo, non c’è praticamente stata partita se pensiamo che Maignan non è mai stato coinvolto in un intervento “vero”. Quando poi all’ora di gioco i padroni di casa sono rimasti in dieci (espulso Svoboda), è stato scritto l’epitaffio sul match. Pioli ha festeggiato col sorriso le 400 panchine in A, il Venezia non vince dal 21 novembre e ha raccolto solo 2 punti nelle ultime 7 uscite. Una miseria.

LE SCELTE — Zanetti deve rinunciare agli squalificati Caldara e Tessmann, oltre a Ebuehi partito per la Coppa d’Africa. In porta confermato Romero, Svoboda al posto di Caldara, il neo acquisto Cuisance subito nella mischia da mezzala destra e tridente con Aramu, Henry e Okereke. Pioli si è ritrovato nella stessa situazione – tragica – vissuta con la Roma: dieci giocatori out tra infortuni, Covid e Coppa d’Africa. Tre cambi rispetto alla sfida coi giallorossi: Bakayoko per Krunic, Leao per Messias (con Saelemaekers a destra) e Ibra per Giroud. Confermata in blocco la difesa d’emergenza, con Kalulu e Gabbia davanti a Maignan. Il Milan però riesce a mettere immediatamente in discesa il match. Il cronometro segna un minuto e 58 secondi quando Ibra appoggia in rete comodo comodo in area piccola santificando l’eccezionale lavoro in fascia di Leao, genialmente lanciato in profondità da Hernandez. Rafa si esibisce nel suo repertorio migliore – scatto, progressione, avversario saltato, servizio per il compagno -, ma la fase difensiva veneta è da bollino rosso, con Svoboda che fallisce malamente l’intervento e Ceccaroni che abbocca al movimento di Ibra. Per Zlatan il Venezia è la vittima numero 80 nei maggiori cinque campionati europei: applausi. Il gol a freddo ovviamente gasa il Diavolo e terrorizza il Venezia, che sulla sua fascia destra finisce in centrifuga, con Mazzocchi e Svoboda incapaci di contenere le sgommate di Theo e Leao.

FACILITÀ DI GIOCO — E’ un Milan che esibisce straordinaria facilità di gioco, che entra nel cuore degli avversari con modalità disarmanti. Cuisance non se la cava affatto male per essere al debutto, ma Tonali gli sta col fiato sul collo e ovviamente per il francese è un problema enorme. Mazzocchi tenta qualche percussione interessante, i tre davanti si scambiano spesso posizione ma quando si arriva sulla trequarti emergono evidenti limiti tecnici. Nella scelta dell’ultimo (e anche del penultimo) passaggio. Nella scelta degli spazi da riempire. Limiti che diventano una zavorra nel quarto d’ora in cui gli uomini di Zanetti prendono coraggio e fanno abbassare il Milan (al 25’ recupero fantastico di Tonali su Okereke lanciato a rete). Limiti che il Diavolo non ha: nel giro di pochi minuti vanno al tiro Hernandez, Florenzi e Leao, con Romero che fa buona guardia. E’ di nuovo un Venezia intimidito ed è un peccato perché il Milan nell’ultima parte di tempo diventa presuntuoso, gioca come si trovasse sul tre a zero. Infatti Pioli si arrabbia e Florenzi all’intervallo avvisa in tv: “Se abbassiamo la guardia vuol dire che siamo una squadra che non vuole lottare per grandi traguardi”.

IBRA GALANTUOMO — Il problema viene risolto subito, perché nella ripresa il Milan colpisce immediatamente, come nei primi 45. Dialogo a memoria Diaz-Leao-Hernandez con Theo che va via di potenza al povero Mazzocchi e di potenza infila Romero. La partita si chiude definitivamente molto presto. Minuto numero 12, Svoboda completa il suo pomeriggio da film horror prima servendo Ibra con un retropassaggio svagato e poi murando con una mano davanti alla porta il tiro di Hernandez. Irrati ovviamente lo caccia. Ibra, dopo i ripetuti errori, cede il dischetto allo stesso Theo – la maturità dei 40 anni… -, che serve il tris. Con quel punteggio, e in superiorità numerica, cala il sipario. Per Pioli diventa la partita adatta a fare le rotazioni più utili nell’ambito dei vari minutaggi (giovedì c’è la Coppa Italia), per il Venezia l’obiettivo è quello di evitare l’imbarcata pesante. Finisce così, senza altri sussulti, se non il piacere in casa rossonera per l’esordio in A del Primavera Stanga, al posto di Florenzi nel finale. Tutto (troppo) facile per il Milan.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Sassuolo col trio meraviglia italiano
travolge l'Empoli e lo aggancia



Berardi la sblocca su rigore, poi le doppiette per Raspadori e Scamacca.
I toscani (in gol di Henderson) crollano dopo il rosso a Viti


Pierfrancesco Archetti

Il Sassuolo torna a vincere dopo un mese grazie ai suoi gioielli azzurri Raspadori, Berardi e Scamacca, tutti in rete. Il risultato non lascia alibi all’Empoli che pure si è lamentato per l’espulsione di Viti dopo un’ora e per il gol del 3-1, secondo i toscani irregolare. Ma gli ospiti sono stati superiori anche prima. Una bella rivincita per l’allenatore del Sassuolo, Dionisi, che un anno fa portò in A l’Empoli ma che da queste parti non è più troppo amato.

DOMINIO — Già il primo tempo è dominato dal Sassuolo: due gol da una decina di occasioni, ritmo alto, facilità di tiro. Berardi si guadagna il rigore al 13’ (fallo di Henderson) e infila per il suo decimo centro in campionato. L’Empoli però al primo tiro in porta pareggia tre minuti dopo con una zampata di Henderson che sfrutta un’incertezza di Lopez in area. Ma gli ospiti non si fermano. Viti salva sulla linea un tentativo di Toljan, ma Raspadori al 24’ taglia a fette le blande protezioni dell’Empoli. Dalla trequarti punta l’area, salta Ismajli e di destro infila sull’angolo lontano. Tutto molto bello. I padroni di casa cercano di rialzarsi con Pinamonti (bene Consigli) e Cutrone (alto) ma ancora i neroverdi potrebbero allungare con Ferrari a cui non riesce la deviazione di tacco.

E MOSSE — Il Sassuolo può convocare Scamacca e Frattesi, ma all’inizio Dionisi deve sistemarli in panchina. Il tecnico è ancora alle prese con sette assenze: la formazione è uguale a quella che ha pareggiato con il Genoa giovedì. Ma tutto funziona meglio. L’Empoli ha mezza difesa fuori causa, la coppia centrale è formata da Ismajli e Viti, in attacco torna titolare però Pinamonti. Di Francesco deve uscire dopo mezz’ora, entra Cutrone a far coppia in attacco.

IL CROLLO — Nella ripresa Andreazzoli immette subito Ricci e Tonelli per Marchizza e Stulac. Ma dopo un paio di squilli delle punte, le speranze dell’Empoli si azzerano quando Viti viene espulso al 60’ per una doppia ammonizione in due minuti, sempre per trattenute su Berardi. Dionisi fa entrare Frattesi e Scamacca, il Sassuolo allunga su un’azione contestata. Raspadori ruba palla a Tonelli che cade per una trattenuta leggera, l’arbitro Volpi non fischia, Berardi offre il 3-1 a Scamacca che non sbaglia. Anche per la Var è tutto regolare. Non c’è più partita quando il Sassuolo va sul 4-1. Botta di Scamacca, Vicario devia sulla traversa e Raspadori insacca a porta vuota chiudendo la sua giornata da migliore in campo. Nel recupero è Frattesi a mandare in porta Scamacca per il 5-1.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Una magia di Petagna punisce la Samp.
Il Napoli torna a correre, ma Insigne va k.o.

Una mezza rovesciata dell'attaccante regala i tre punti a Spalletti
che però non può sorridere per l'infortunio del suo capitano


Maurizio Nicita


Gli azzurri espugnano il Maradona dopo tre sconfitte consecutive e ritrovano il successo che mancava dalla vittoria con il Milan. Confortante la prova della squadra, sempre padrona del campo che fa fatica a trovare il gol ma non subisce mai l’avversario. La risolve Andrea Petagna, il migliore in campo, non solo per il bel gol ma per il lavoro tattico svolto per tutti i 90’. La Samp ha schierato il meglio in avanti ma non ha mai impensierito il Napoli, che difende il terzo posto e ora spera nel rientro di Osimhen (ieri negativizzato) e di Fabian, visto nel finale. Peccato solo per l’infortunio a Insigne.

RIECCO SPALLETTI — Ormai è inutile parlare degli assenti, parecchi da ogni parte. La notizia è che si rivede in panchina Spalletti, negativizzatosi in mattinata per stare accanto ai suoi ragazzi. Con D’Aversa condivide carenze di difensori, ma a quest’ultimo forse manca di più Candreva, l’uomo di raccordo per le due fasi. Per cui la Samp mantiene baricentro basso e linee strette ma si vede poco davanti, dove ci sono due ex come Gabbiadini e Quagliarella isolati e autori degli unici due conclusioni del primo tempo: alta la prima, tiraggiro parato la seconda. Per il resto è solo Napoli, che controlla sempre il pallone ma trova poca profondità e la velocità di esecuzione non è impeccabile.


STOP INSIGNE — Poco pubblico ma occhi puntati su Lorenzo Insigne che prova a inventare qualcosa - bella una verticale su Ghoulam - ma poi in un’accelerazione si stira all’adduttore destro ed è costretto a uscire. Spalletti inserisce Politano a destra e così Elmas si sposta a sinistra. Ora il Napoli cerca di stringere i tempi e chiudere la Samp negli ultimi venti metri. L’urlo del gol resta in gola a Juan Jesus che segna con bello stacco di testa su cross di Politano. Ma il brasiliano, che l’ultima rete in A l’aveva segnata proprio ai blucerchiati nel novembre 2018, ha un piede in fuorigioco, giusto annullare. L’episodio scuote il Napoli che attacca con intensità. Elmas e Mertens triangolano in velocità e Thorsby tira giù il belga, ma Ferrari respinge corto e Petagna con una elegante sforbiciata di sinistro sblocca la partita.

D’AVERSA CAMBIA — Il tecnico dei liguri deve sostituire il portiere Audero (caduto male sul fianco sinistro con Falcone) ma cambia soprattutto sistema lanciando il neo acquisto Rincon (al posto di Ekdal non al meglio), schierato centrale basso con Torsby e Askindsen. Si passa al 4-3-3 con Quagliarella centravanti e Gabbiadini col giovane (2002) Ciervo larghi. Ma è sempre il Napoli a tenere il pallino del gioco. E la Samp non riesce ad alzare il baricentro. I padroni di casa sfiorano il raddoppio specie con una bella azione Petagna-Elmas-Mertens, ma la conclusione del belga è a lato. D’Aversa inserisce anche Caputo affiancandolo a Quagliarella, con Gabbiadini trequartista, ma è ancora il Napoli a sfiorare il raddoppio con un bel sinistro di Petagna parato e uno di Mertens fuori di poco. Spalletti inserisce il nuovo acquisto Tuanzebe per dare riposo all’encomiabile Ghoulam, con l’inglese che va in mezzo e Juan Jesus che scivola a sinistra. La Samp non riesce a concludere verso la porta e il Napoli merita di vincere.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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10/01/2022 00:00
 
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Muriel impazza, l'Atalanta dilaga
e consolida il quarto posto.
Udinese travolta

Vittoria già ipotecata nel primo tempo, chiuso per 3-0.
In gran spolvero Muriel, autore di una doppietta.
Segnano pure Pasalic, Malinovskyi, Maehle e Pessina


Andrea Elefante


Non deve ingannare il 6-2 finale: l’Atalanta che continua a viaggiare come un treno in trasferta (nove vittorie e due pareggi) ovviamente stramerita di vincere, ma l’Udinese non merita di perdere con questo scarto, frutto dell’inevitabile stanchezza finale per una squadra arrivata a giocare questa partita con una settimana di non-lavoro e undici giocatori contati, più un paio di cambi che Cioffi spende solo perché non può farne a meno. L’effetto Covid, alla fine, penalizza più l’Udinese, nonostante anche l’Atalanta - però con una rosa più profonda ed equilibrata - avesse tre positivi, uno squalificato (Freuler) e due infortunati importanti (Zapata e Gosens). La squadra di Gasperini, così, riprende la sua corsa Champions dopo la doppia frenata prenatalizia e ora attende, domenica, l’Inter al Gewiss.

LE SCELTE — Cioffi recupera in extremis anche Beto, dunque gli unici attuali titolarissimi a mancare sono il portiere Silvestri, sostituito da Padelli, e Arslan (Pereyra è infortunato da un po’ e Samir è stato ceduto al Watford). Con scelte limitatissime al di là degli undici, non potendosi permettere di lasciarsi cambi in panchina (solo Success, in pratica) il tecnico decide di utilizzare tutti tre gli attaccanti disponibili,con Pussetto e Deulofeu larghi assieme a Beto; il terzetto di centrali difensivi è Beto-De Maio-Neutinck, Udogie si adatta a fare l’interno, accanto a Walace, e Perez l’esterno sinistro. Gasperini sceglie Palomino e non Demiral come centrale difensivo e a centrocampo preferisce Pezzella a Hatebor, mandando Maehle a destra; davanti, i tre che avrebbero giocato contro il Torino: Malinovskyi e Pasalic assieme a Muriel. In panchina non ci sono Sportiello, Zappacosta e Piccoli: non ci sono comunicazioni ufficiali dal club, ma si può ipotizzare siano i tre positivi che erano stati annunciati ieri, senza specificare i nomi.

PRIMO TEMPO — L’Udinese parte subito forte, sapendo di avere meno energie da spendere: per un quarto d’ora è più padrona del gioco, ma alla prima chance passa l’Atalanta, quando su cross (deviato) di Pezzella, Pasalic va a bruciare di testa De Maio. Che 5 minuti dopo viene dribblato secco da Muriel, lanciato come un fulmine in incursione centrale da un invito al bacio di Malinovskyi. Stupenda la serpentina in velocità del colombiano, meno la sua provocazione al suo ex pubblico, che come sempre lo aveva beccato per una separazione sempre mal digerita, da queste parti. Ma quando vede Udinese, Muriel è una sentenza. Meno l’Atalanta dopo il 2-0, anzi Gasperini ha i suoi buoni motivi per arrabbiarsi: un po’ di rilassamento e qualche errore di troppo danno coraggio all’Udinese, vicina per due volte al 2-1: al 35’, quando una ripartenza di Beto viene chiusa da Deulofeu, con sterzata su Palomino, e serve il miglior Musso petr evitare il gol; e poi al 39’, quando Udogie mira alto di testa un cross dalla destra di Molina. Il pericolo corso scuote l’Atalanta, che piazza il 3-0 poco prima del riposo: azione costruita da Pasalic, rifinita da Muriel per Pezzella, il cui tiro viene respinto alla disperata da Neutinck, ma sul sinistro di Malinovskyi, indisturbato, che non perdona.

SECONDO TEMPO — La partita sembra saldamente in mano all’Atalanta, ma l’Udinese, come già nel primo tempo, aggredisce bene la partita e trova con un po’ di fortuna - tiro di Molina deviato da Djimsiti - il 3-1 che potrebbe rianimarla. In effetti la squadra di Gasperini accusa il secondo momento di semi black out della partita, ma la stanchezza inizia a farsi sentire nelle gambe dei bianconeri. Che poco dopo la mezzora subiscono il gol taglia gambe: ancora del killer Muriel, che con una doppia finezza (stop a seguire di testa e ancora dribbling secco su De Maio) segna il 4-1. La partita finisce praticamente lì, il resto è frutto solo di una distrazione dell’Atalanta (Success si beve Pessina e serve bene il taglio di Beto per il 4-2) e del serbatoio vuoto dell’Udinese, che prende altri due gol nel giro di tre minuti: il 5-2 da Maehle, che attacca bene l’area su assist di Hateboer; il 6-2 da Pessina, su assist dello stesso Maehle e velo prezioso di Miranchuk. E nel frattempo Gasperini ha fatto esordire in Serie A il giovane difensore Cittadini, classe 2002.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Motta gioca l'asso di Bastoni:
lo Spezia fa festa sul Genoa

Un primo tempo opaco degli uomini di Shevchenko spiana la strada agli ospiti,
in vantaggio grazie al terzino dal 14'. Inutili i tentativi nella ripresa


Filippo Grimaldi


Un verdetto definitivo sulla via della salvezza? Presto per dirlo, ma questo successo pesantissimo dello Spezia (0-1 al Ferraris con gol di Bastoni nel primo tempo) allontana la squadra di Motta dalla zona rossa della classifica e fa sprofondare il Genoa sempre più in zona retrocessione, dopo la sesta sconfitta in otto gare della gestione-Shevchenko. Da qualunque parte si osservi questo risultato, rispecchia in pieno i valori visti in campo. Genoa-Spezia era già una partita da dentro e fuori. Alla fine la festa è della squadra di Motta, che centra il secondo successo esterno di fila.

MONOLOGO — È stata una sfida senza comandanti in panchina: Motta squalificato e costretto a seguire la sfida in un box tv nella tribuna superiore, Shevchenko neppure al Ferraris, di nuovo bloccato da una positività al Covid-19 dopo quella che lo aveva costretto a rimanere isolato a Londra dal 27 dicembre alla vigilia dell’Epifania. In campo, il tecnico degli aquilotti sceglie di non riproporre lo stesso 3-5-2 del Genoa, ma opta per il consueto 4-3-3 che costringe i rossoblù a tenere più bassi i suoi esterni, complicando ulteriormente i piani di una squadra che gioca il peggior primo tempo della gestione-Shevchenko contro un avversario che, invece, fa vedere il suo miglior calcio della gestione-Motta fino all’intervallo. Dopo un inizio nel complesso bruttino, lo Spezia prende in mano la gestione della partita e sblocca il risultato con Bastoni (14’): azione avviata da Erlic, che interrompe un tentativo genoano e favorisce la ripartenza di Verde, che a sinistra ha un’autostrada. Difesa genoana in ritardo, il risultato è devastante per i rossoblù. Verde serve un rasoterra intelligente a centro area per Bastoni, che non sbaglia. Bani è in ritardo, ma l’errore a livello di posizione è collettivo e conferma le difficoltà del Grifone. Vantaggio strameritato per la squadra di Motta, ma il gol subìto non serve a risvegliare i padroni di casa. Al contrario, lo Spezia capisce che l’avversario è in difficoltà e spinge con forza sulla sinistra, dove Verde fa impazzire Ostigard. Gli ospiti spingono: Maggiore impegna Sirigu, poi Fares salva sulla riga ancora su Verde. Blackout rossoblù senza fine, e Spezia da applausi. Manaj (33’) piazza una girata splendida a lato di poco (33’), ma anche qui Ostigard sbaglia tutto. Verde, incontenibile, sfiora ancora il bis dalla sinistra (41’). Rossoblù senza idee e inconcludenti.

RIVOLUZIONE — Il Genoa cambia completamente faccia e ritmo nella ripresa. Passa al 4-3-3 con l’innesto di Pandev in avanti, rinforza la mediana con il ritmo e la classe di Rovella e inserisce Hefti in difesa, che riesce a limitare Verde e si concede anche alcuni pericolosi affondi sulla destra. Padroni di casa più vivi e Spezia costretto a rimanere più basso. Scintille fra Vasquez e Manaj (giallo per entrambi), la sfida si accende. Più sostanza ed equilibrio per il Genoa, ma non basta ai rossoblù per acciuffare il pari. Provedel para su Destro (12’), Sirigu mette in angolo un tiro insidioso di Bastoni dalla distanza, prima che Verde sprechi un’altra palla d’oro per il raddoppio. Lo Spezia resiste: Tassotti mette dentro Caicedo per Ekuban, ma non basta. L’occasione migliore del Genoa è un diagonale di Hefti sul quale Caicedo non arriva. Non c’è altro, a parte un tiraccio di Destro proprio al novantesimo. Troppo presto per dire se questa sia una condanna quasi definitiva sulla via di una salvezza sempre più lontana per il Genoa. Di sicuro lo Spezia respira e torna a casa allungando per ora a sei punti dalla terzultima. E blinda la panchina di Motta, che allontana i fantasmi.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Juve, è una rimonta pazzesca: spettacolare 4-3 alla Roma!

I bianconeri sotto 3-1 trovano una grande vittoria grazie
anche a Szczesny che nel finale para un rigore a Pellegrini


Livia Taglioli


Sette gol, un rigore (ancora) parato dall’ex Szczesny, l’espulsione di De Ligt: c’è tutto questo ed altro ancora nella vittoria per 4-3 della Juve contro la Roma, all’Olimpico. I bianconeri allungano così in classifica, restando in scia all’Atalanta (che ha una partita in meno) e del quarto posto. Due delle tre reti dei padroni di casa arrivano da calci da fermo: il primo, con Veretout dalla bandierina ed Abraham a colpire di testa, e il terzo, con un destro perfetto di Pellegrini su punizione. In mezzo il momentaneo pareggio firmato da Dybala e il raddoppio di Mkhitaryan, su assist di Pellegrini. Poi è Locatelli, al suo primo gol di testa in A, a dare il via alla rimonta, coronata da Kulusevski e De Sciglio. Per la prima volta in questo campionato la Juventus ha subito tre gol: ai bianconeri non accadeva da maggio contro il Milan.

PRESENZE E ASSENZE — Mourinho deve fare a meno di Zaniolo, al suo posto gioca Felix al fianco di Abraham, col neo arrivato Maitland-Niles subito lanciato nella mischia. Cristante arretra in difesa, con Kumbulla in panca e Veretout al centro, a dirigere le operazioni. La Juve, con Landucci in panchina al posto dello squalificato Allegri, schiera Kean terminale offensivo avanzato, con Morata risparmiato in vista della Supercoppa di mercoledì, davanti al trio McKennie-Dybala-Chiesa e un centrocampo a due, con Bentancur al fianco di Locatelli. Out Alex Sandro, Chiellini è negativo (parte in panchina e finisce in campo con una gran fasciatura intorno alla testa), con Danilo e Bonucci ancora out. La prima conclusione è di Dybala, che non spaventa Rui Patricio, e subito dopo Szczesny è abile su un colpo di testa di Abraham. Chiesa batte alto dalla distanza, ma è la Roma che cresce e trova il gol, su azione di calcio d’angolo.

VIA ALLA GIRANDOLA DEL GOL — All’11’ Veretout batte dalla bandierina, Abraham, piazzato sul primo palo fra Bentancur e Rugani, salta più in alto e firma il suo quattordicesimo gol stagionale: è l’1-0. La Roma reclama un calcio di rigore per un pallone che carambola sul braccio (largo) di De Ligt, il Var dice di no. Sarebbe il coronamento di una fase di supremazia giallorossa. Invece Dybala suona la carica: una sua percussione solitaria viene murata davanti a Rui Patricio, poi, al 18’, l’argentino stoppa da manuale un assist di Chiesa e dal limite, da fermo, lascia partire un sinistro angolato che riporta la gara in parità. Poi il ritmo cala, la Roma allenta il pressing e non riesce più a farsi pericolosa, se non a tempo scaduto, con una schiacciata di testa di Smalling che una coscia di Abraham involontariamente devia alle stelle. La Juve intanto perde Chiesa per un guaio al ginocchio destro, al suo posto entra, a freddo, Kulusevski. Un suo colpo di testa finirà di poco a lato.

MASSIMA DISTANZA E GRAN RIMONTA — Come già nel primo tempo, è la Roma a entrare prima in partita: pronti, via e dopo 3 minuti Mkhitaryan trova il raddoppio, su assist di Pellegrini, complice una deviazione decisiva di De Sciglio. Ma non finisce qui: al 53’ Pellegrini trova il suo sesto gol in campionato, con una punizione perfetta: il suo destro angolatissimo sorvola la barriera e si infila sotto l’incrocio dei pali. Intanto Cuadrado era stato ammonito, e dunque salterà la sfida di Supercoppa contro l’Inter in programma mercoledì. Morata e Arthur subentrano a Kean e Bentancur, e proprio dai piedi dello spagnolo nascono i due gol bianconeri della rimonta: al 70’ Locatelli, tutto solo in area, devia in gol un suo cross (3-2), al 72’ su un suo tiro rimpallato si avventa Kulusevski e realizza il 3-3. Il Var verifica un fuorigioco di Cuadrado, poi il gol viene convalidato. Ma la Juve è scatenata e al 77’ trova il vantaggio (3-4), con De Sciglio bravo a controllare di petto e a battere Rui Patricio con un destro ravvicinato. Ma non è finita: al minuto 81 un braccio allargato di De Ligt stoppa un tentativo di Abraham e induce Massa a fischiare il calcio di rigore. L’olandese, già ammonito, viene espulso. Mentre Szczesny concede il bis, respingendo il penalty battuto da Pellegrini, come già all’andata aveva ipnotizzato Veretout. Il finale è un giro sulle montagne russe, ma dopo 6 minuti di recupero Massa decide che può bastare così.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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L'Inter non perde la testa: batte
2-1 la Lazio e risorpassa il Milan

Le reti di Bastoni e Skriniar condannano la Lazio,
a cui non basta il momentaneo pari di Immobile


Vincenzo D’Angelo


La risposta c’è stata, ma quanta sofferenza. L’Inter, all’ottava vittoria consecutiva, si riprende la testa della classifica lasciata ai cugini del Milan soltanto per un pomeriggio: il tempo di tornare in campo per il debutto nel nuovo anno e di superare la Lazio , che ha spaventato parecchio la banda nerazzurra. Inzaghi stavolta vince il suo derby del cuore e ringrazia Alessandro Bastoni, il difensore-tifoso che calcia come un 10 e difende come pochi sanno fare in Italia. Gol e assist (per Skriniar) per il numero 95, che con le due magie ha reso inutile il guizzo di Immobile. E ora la testa può già andare a mercoledì sera, quando a San Siro arriverà la Juve per la Supercoppa.

BOTTA E RISPOSTA — La Lazio è più accorta del solito: Sarri preferisce l’equilibratore Basic al talento di Luis Alberto. Ma anche Inzaghi ha meno qualità vista l’assenza per squalifica di Calhanoglu e alla fine preferisce i centimetri di Gagliardini per limitare Milinkovic sul gioco aereo. Nei primi 10’ succede poco, salvo un’uscita bassa di Handanovic su Felipe Anderson, poi arrivano le emozioni. Perisic (14’) rovina l’assist da oscar al volo di Barella, spedendo alto di testa da buona posizione. E pochi minuti dopo San Siro fa festa prima di essere gelata – ancora di più, vista la temperatura – dalla Var: Lautaro segna su imbeccata verticale di Sanchez ma la posizione del Toro è di poco oltre l’ultimo difensore. Tutto da rifare, ma per il Toro la serata sembra stregata: al 29’ è straordinaria la volée in piena area su splendido suggerimento di Dumfries, ma Strakosha di istinto fa il miracolo. Ma un minuto dopo l’Inter passa lo stesso: su una corta respinta della difesa laziale da calcio d’angolo, Bastoni ha il tempo di stoppare e prendere la mira dal limite: sinistro a giro chirurgico e palla in buca d’angolo: 1-0 e quindicesimo marcatore diverso in A per il migliore attacco del torneo. Ti aspetti che il gol possa essere l’inizio di un arrembaggio alla ricerca del 2-0, e invece è la Lazio a trovare il pareggio al 35’ grazie a una dormita generale della difesa nerazzurra: sul lancio lungo di Felipe Anderson pasticciano in tre: De Vrij si fa scavalcare dalla traiettoria, Immobile scappa a Skriniar e Handa esce a vuoto, con Ciro nazionale che infila a porta vuota. All’intervallo è 1-1.

EROE INATTESO — La ripresa si apre subito forte: 30 secondi e Immobile di testa impegna Handa, sul capovolgimento di fronte un bel tiro-cross di Perisic attraversa l’area piccola senza trovare deviazioni amiche. All’8’ clamorosa occasione per Milinkovic, che cicca da due passi dopo invenzione di Felipe Anderson. L’Inter risponde con una punizione angolata ma debole di Sanchez (18’), respinta da Strakosha, ma l’occasionissima arriva un minuto dopo: Dumfries si avventa su una palla vagante ma spara su Strakosha in uscita disperata, poi è Luiz Felipe a murare Perisic a porta vuota. Ma in gol è nell’aria, San Siro inizia a spingere e al 22’ può esplodere di gioia: fanno tutto gli esterni del tridente difensivo – marchio di fabbrica del gioco di Inzaghi – con Bastoni al cross teso e Skriniar a svettare più in alto di tutti. Un bacio alla parte bassa della traversa e 2-1 Inter. Il finale è convulso e nervoso: Pairetto espelle Radu per due interventi duri, poi torna sui suoi passi e lascia che la gara si chiuda 11 contro 11. L’Inter soffre ma tiene, la Lazio non sfonda più. E Inzaghi si prende la personale rivincita del cuore: la prima vittoria da ex è un grande segnale al campionato.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Salernitana, che blitz a Verona:
Djuric e Kastanos regalano i 3 punti a Colantuono

Granata in vantaggio a fine primo tempo.
Poi il pari della squadra di Tudor con Lazovic a inizio ripresa,
prima del gol partita del cipriota


Matteo Fontana


Nella grande ghiacciaia del Bentegodi, con un lungo elenco di assenti per la positività al Covid sia da un lato che dall’altro, una Salernitana ordinata sorprende il Verona, vince per 2-1 e riaccende la corsa alla salvezza. L’Hellas viene dalla vittoria con lo Spezia, è piena di giocatori bloccati dal Covid, ha un positivo in più (Sutalo) e due in meno (Magnani e Cancellieri, comunque out), ma la Salernitana ha, allo stesso modo, tante assenze a causa del virus ed è ferma, di fatto, da più di venti giorni, all’insegna della turbolenza, con il passaggio societario sul filo concluso con l’acquisto del club, in fase di formalizzazione, da parte di Danilo Iervolino: esordio bagnato dalla vittoria, il suo.

POCHI TIFOSI — In uno stadio con poco pubblico (la Curva Sud, cuore del tifo gialloblù, decide di non entrare, viste le nuove restrizioni per gli accessi), Tudor, necessariamente, cambia poco rispetto alla partita di giovedì – Tameze comincia dalla panchina, esordio da titolare per Depaoli, trio in avanti con Lasagna e Caprari a supporto di Simeone –, Colantuono sceglie l’assetto con il 3-5-2, in attacco al fianco di Djuric c’è Gondo. Il Verona spinge subito, la Salernitana resta compatta dietro e cerca il ribaltamento di fronte per pungere. Simeone sale di testa, colpisce, deviazione in angolo. Biglia che ruota tra i piedi dell’Hellas, che ci prova con Ilic (Belec mette fuori). Appena il Verona, sbaglia però, è patatrac, con la Salernitana che scatta: Gunter stende Gondo in area, rigore, Djuric, al 29’, supera Pandur. Traballa l’Hellas, Gondo ha sulla testa il pallone per raddoppiare, Pandur ribatte. Fatica ad assorbire lo svantaggio, il Verona, produce poco, inizia ad andamento lento nel secondo tempo. Tudor decide che è ora di cambiare, inserisce Kalinic per Simeone e Barak per Depaoli. Arriva il pareggio, realizzato da Lazovic, al 18’: tiro che gira in diagonale, Belec tocca, non basta. La Salernitana si riorganizza, riparte e passa ancora, stavolta su una punizione pennellata da Kastanos, a 20’ dalla fine. Il Verona torna alla carica, va vicino al pari con un tacco di Kalinic, poi con Barak, mette in fila calci d’angolo. Finale acceso, Ilic viene espulso per proteste. Niente da fare per l’Hellas, la Salernitana ritrova una vittoria che mancava dalla partita del 23 ottobre con il Venezia. Anche allora, e sempre in Veneto per 2-1.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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È un Toro da sballo:
Fiorentina travolta 4-0!



Dominio assoluto della squadra di Juric,
che approfitta dei clamorosi errori degli avversari.
In gol Singo, Brekalo (doppietta) e Sanabria


Mario Pagliara

Una notte a riveder le stelle così al Toro non capitava dal 2018-2019, l’anno dei record finito con l’ingresso in Europa League. Demolita la Fiorentina (4-0), i granata vanno a letto dopo questo trionfale lunedì facendo sogni europei. Perché adesso la classifica dice che la bellissima squadra di Juric ha scalato il nono posto, ed è a quattro punti dal sesto con una partita (quella di Bergamo) da recuperare. La legge dell’Olimpico Grande Torino sta diventando implacabile: settimo risultato utile consecutivo (sei vittorie e un pareggio), 23 su 28 punti Juric li ha conquistati in casa. Soltanto l’Inter capolista ha fatto più punti (26) nel proprio stadio finora in Serie A.

TORO PERFETTO — Se possa mai esserci un modello di prestazione perfetta da proporre nelle scuole calcio, allora la performance del primo tempo del Torino di Ivan Juric si candiderebbe sicuramente ad essere proiettata nelle aule. Baricentro spinto (molto spinto, anche più del solito rispetto alla media dei 53 metri dei granata), difesa impeccabile, esterni che sfondano a piacimento. Si direbbe, partita in controllo. Ma è anche di più: perché i granata sono un’onda che sa diventare travolgente contro una Fiorentina forse sorpresa dalla serata spettacolare del Toro, ma di certo irriconoscibile rispetto alla bella squadra che aveva stupito nella prima parte del campionato. Lunedì specialissimo, poi, per il portiere Luca Gemello: a ventuno anni (è un 2000) bagna il debutto in Serie A. Per lui cresciuto nel vivaio del Toro, originario di Savignano (Cuneo, feudo granata), è diventato un lunedì indimenticabile. E senza nemmeno troppa emozione: lo dimostra, al 27’, quando si oppone a una botta di Vlahovic. Eravamo sul 2-0. Gemello diventa il quarto calciatore prodotto dalla favolosa Primavera 2018-2019 (la classe 99-2000) a scendere in campo con Juric, dopo Buongiorno, Singo e Kone.

FINALMENTE LE FRECCE — Se l’avvio scorre sui binario dell’equilibrio, almeno per un quarto d’ora, e se dopo tre minuti passa impunito uno schiaffo di Milenkovic (ai limiti dell’intenzionalità) a Sanabria (naso sanguinante), il resto è un monologo tutto dei padroni dei casa. Nulla può la Fiorentina di questa sera, che pure di qualità ne avrebbe a iosa: da Gonzalez a Castrovilli, da Callejon a Bonaventura, senza contare bomber Vlahovic. Ma che resta prigioniera delle sue paure, e soprattutto da un Toro che non concede nulla. E che punisce ogni volta che può. Come dopo diciannove minuti, ad esempio, quando Djidji firma uno show offensivo in dribbling, poi si innescano le frecce di Juric: la rivelazione di fine 2021 Vojvoda scodella un cross perfetto per Singo che stappa la serata. Primo assist per Vojvoda, secondo gol per Singo: Juric applaude. Finalmente i suoi esterni, sembra dire Juric: è dall’inizio della stagione che chiedeva e aspettava una tale incisività dalle ali.

JOSIP MANIA — Ma qui arriva il bello. Perché, passato in vantaggio, il Toro si scatena che è uno spettacolo. Quattro minuti dopo, è il 23’, Lukic sfonda centralmente fino ad arrivare davanti a Terracciano. Poi fa la cosa più intelligente: non tira, ma serve un rigore in movimento per Brekalo in arrivo di corsa dalle retrovie. Colpo secco e Toro in paradiso molto prima della mezzora: due a zero. Il folletto croato rompe un digiuno bimestrale (durava dal 22 novembre, gol all’Udinese) e, poco dopo, piazza addirittura il tris. Minuto 31’: Callejon sbaglia il retropassaggio per Terracciano, Brekalo se ne accorge, si invola e fa doppietta salendo a cinque gol in campionato, mettendosi sulla testa la corona di bomber granata del Toro. Sì, è tornato la Josip-mania. E il Torino va all’intervallo sul 3-0.

LA CILIEGINA DI TONNY — In avvio di ripresa, Italiano corre ai ripari inserendo Igor per Quarta e Saponara per Callejon. Fiammate di Fiorentina, qua e là, come quando Saponara dopo pochi minuti ci prova, ma Gemello è attento nella presa bassa. Oppure come quando, al 26’, Gonzalez di testa non sorprende Gemello, un gatto nel tuffo. Ma questa è la serata del Toro che, al 13’, pone anche la ciliegina: Mandragora inventa, Sanabria rifinisce sotto la curva Maratona e cala il poker. Fiorentina in ginocchio e confusa, Toro in estasi. I tifosi granata cantano “oh mamma mamma mamma, ho visto un gran bel Toro”, e hanno ragione. Nel finale Italiano ricorre anche al suo ultimo acquisto, Ikonè, mentre Juric concede la standing ovation a Brekalo a dodici minuti dal novantesimo. Al suo posto entra Pjaca. Finisce 4-0 con il Toro a far festa e la Fiorentina a ripensare alla sua serataccia.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Pereiro ribalta il Bologna:
assist e gol al 94', il Cagliari gode


L'uruguaiano entra dopo la rete su punizione di Orsolini e trova le due giocate decisive.
Sconfitta immeritata per la squadra di Mihajlovic



Due partite per girare una stagione: con la seconda vittoria consecutiva per 2-1 il Cagliari batte il Bologna e crede sempre più nella salvezza, visto che ora è terzultimo ma a meno uno dal Venezia e a meno due dallo Spezia. In una partita in cui i due allenatori hanno gli uomini contati, l'uomo-copertina è Gaston Pereiro, unica vera opzione dalla panchina per Mazzarri: l'uruguaiano entra dopo la splendida punizione di Orsolini e la ribalta con l'assist a Pavoletti e il gol-partita in pieno recupero. Mihajlovic può recriminare parecchio, al di là dell'avvicinamento molto complesso alla partita: nel finale, dopo il pari di Pavoletti, Orsolini e Skov Olsen hanno colpito due legni (lo stesso destino era toccato al tiro di Bellanova in avvio).

LA PARTITA — Il Bologna schiera comunque un 11 più che decoroso: in avanti c'è il ritrovato Orsolini accanto ad Arnautovic. Tra i sardi non sfigurano i giovani difensori Altare e Carboni, anche se la squadra ha bisogno di rinforzi. Il legno di Bellanova è l'unica vera occasione del primo tempo. La ripresa si accende con la splendida punizione mancina di Orsolini, che non dà scampo a Cragno. Poi Mazzarri pesca il jolly Pereiro e dà una svolta alla stagione del Cagliari, quando ormai la partita sembrava indirizzata verso un pareggio che sarebbe stato più equo.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2021/2022 21ª Giornata (2ª di Ritorno)

09/01/2022
Venezia - Milan 0-3
Empoli - Sassuolo 1-5
Napoli - Sampdoria 1-0
Udinese - Atalanta 2-6
Genoa - Spezia 0-1
Roma - Juventus 3-4
Inter - Lazio 2-1
Verona - Salernitana 1-2
10/01/2022
Torino - Fiorentina 4-0
11/01/2022
Cagliari - Bologna 2-1

Classifica
1) Inter(*) punti 49;
2) Milan punti 48;
3) Napoli punti 43;
4) Atalanta(*) punti 41;
5) Juventus punti 38;
6) Fiorentina(*), Roma e Lazio punti 32;
9) Torino(*), Sassuolo e Empoli punti 28;
12) Bologna(*) e Verona punti 27;
14) Udinese(**) e Sampdoria punti 20;
16) Spezia punti 19;
17) Venezia(*) punti 17;
18) Cagliari punti 16;
19) Genoa punti 12;
20) Salernitana(**) punti 11.

(gazzetta.it)


19ª giornata: Udinese - Salernitana non disputata per il forfait della Salernitana causa Covid-19, in attesa di
decisioni circa un probabile 3-0 a tavolino per l'Udinese (salvo ricorsi sportivi).
20ª giornata: Bologna - Inter, Atalanta - Torino, Salernitana - Venezia e Fiorentina - Udinese non disputate
per forfait di almeno una delle squadre a causa del Covid, in attesa di ulteriori decisioni.
(*) una partita in meno
(**) due partite in meno
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16/01/2022 00:57
 
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Singo mette il turbo, l'ex Praet è letale:
il Toro ribalta la Samp e corre per l'Europa

Blucerchiati in vantaggio con Caputo,
ma la squadra di Juric non molla e porta a casi i tre punti


Mario Pagliara


Il blitz di Marassi accende i sogni europei del Toro. Sì, ora si può scrivere senza più tentennamenti: i granata sono entrati in corsa per un posto in Europa. Se Juric cercava delle conferme, le ha trovate tutte in casa della Sampdoria. Il due a uno finale è fin troppo striminzito per il livello della prestazione dei granata (16 occasioni da gol contro 3): superbi, a tratti bellissimi, atleticamente furiosi. Juric la vince di rimonta, con gran merito, dopo il vantaggio di Caputo grazie alle reti di Singo e Praet, sbloccando un’astinenza che fuori casa durava da quattro mesi. Ultima vittoria in trasferta il 17 settembre a Reggio Emilia con il Sassuolo. Pochissima Sampdoria, situazione difficile per D'Aversa: la classifica si è complicata e non di poco.

L’ERRORE DI VANJA — Un errore di Vanja Milinkovic Savic dopo diciotto minuti mette inaspettatamente in salita il pomeriggio genovese del Toro. Inaspettatamente, perché fino a quel momento la squadra di Juric si era fatta apprezzare decisamente di più giocando un buon calcio aggressivo, mettendo alle corte la Sampdoria per tutto il primo tempo (quasi il 70% di possesso del Toro, occasioni 8-2 per i granata). Il punteggio di parità (uno a uno) con il quale si va all’intervallo non rispecchia dunque l’andamento di una prima parte del match dominata dai granata. L’errore nel passaggio arriva proprio da chi non te l’aspetti: l’abilità palla al piede è una delle specialità di Milinkovic. Ma al 18’ sbaglia la scelta e calibra male la potenza del calcio, favorendo la ripartenza della Sampdoria: Gabbiadini imbuca centralmente la difesa granata spiazzata dal rovesciamento improvviso, Caputo passa alle spalle di Bremer e i blucerchiati sono in vantaggio per uno a zero.

BREKALO CHE DELIZIA — E’ una punizione troppo severa per un Toro che era partito con le marce alte. Dopo il primo (e unico) squillo di Candreva dopo due minuti (sfiora il palo), fino a quel momento i granata avevano prodotto almeno tre pulite occasioni da rete. In avvio l’ex Praet è una goduria, ma soprattutto Brekalo è una delizia. Rivedere per credere il filtrante che inventa dal nulla dopo dieci minuti: splendido, Sanabria si ritrova davanti alla porta ma Falcone salva tutto in angolo. Due minuti dopo dall’uno-due con Mandragora, Vojvoda scarica un tiro a giro intercettato ancora da Falcone. Toro all’attacco a testa bassa. Passano sessanta secondi e Praet se ne va con una serpentina tra due difensori, ma si ritrova con poche energie al momento del tiro.

ALTA VELOCITÀ GRANATA — Il Toro però continua a fare la partita, la spinta è costante, il dominio delle fasce è una certezza. E così proprio dagli esterni nasce l’occasione che porta al pareggio. Esattamente come accaduto lunedì scorso nel 4-0 alla Fiorentina, ci pensano le due frecce granata. Un ottimo Vojvoda lavora un buon pallone sulla sinistra e poi crossa chiamando Singo all’appuntamento con il gol. Di testa, l’ivoriano non sbaglia di testa: è il meritato uno a uno, terzo timbro stagionale per Singo. Alla mezzora Rodriguez spara dal limite, per pochi centimetri non inquadra lo specchio. Il Toro chiude il primo tempo tutto proteso negli ultimi venticinque metri doriani: c’è il tempo di apprezzare un altro paio di giocate di Brekalo di alta scuola. Manca il guizzo finale per firmare il sorpasso.

THORSBY SULLA LINEA — Quando si riparte nella ripresa, si ha l’impressione che il copione non sia cambiato di molto. Passano solo cinque minuti e sui piedi di Brekalo cade una clamorosa palla gol: tutto nasce lungo il binario di destra, Zima-Praet-di nuovo Zima. Assist per Brekalo, di piatto il croato cerca la precisione ma conclude tra le braccia di Falcone. Al quarto d’ora un altro errore di Milinkovic (davvero partita no la sua) rischia di compromettere ancora una volta tutto per il Toro: il portiere granata si fa beffare da un rimbalzo non riuscendo a controllare un comodo cross di Candreva. Sul rimpallo si avventa Thorsby di testa, provvidenziale il salvataggio sulla linea di Rodriguez.

PRAET BUCA LA RETE — Il Toro però continua nella sua opera di demolizione della difesa doriana, facendo leva su un pressing asfissiante a tutto campo. Dopo ventidue minuti della ripresa arriva il sorpasso. E, neanche a dirlo, nasce ancora dai piedi di Brekalo: il croato vede un corridoio come solo lui, lanciando Lukic. Cross preciso del serbo per la testa di Praet che pesca l’angolino. Ed è proprio il caso di dirlo: buca la rete. Nell’angolo alla sinistra di Falcone si apre uno squarcio nella rete che obbliga alla sospensione per quattro minuti per riparlarla. Intanto Toro avanti sul due a uno: Praet sale a due gol in stagione, entrambi alla sua ex Sampdoria. I granata non si fermano, e alla mezzora potrebbero chiudere i conti prima con Singo (bolide dai venti metri) poi sotto porta con un impreciso Sanabria. L’ultimo brivido è però della Sampdoria: a trenta secondi dal novantesimo, il colpo di testa di Quagliarella (assist di Ciervo) finisce di un nulla fuori.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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