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Il dono di Natale.

Ultimo Aggiornamento: 07/12/2007 19:09
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07/12/2007 19:09
 
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Il dono di Natale.
Di James Herriot.

Non passa un Natale senza che io ricordi una certa gattina… la vidi per la prima volta quando andai a visitare uno degli amatissimi basset-hound della signora Pickering.

Osservai un po’ sorpreso la creaturina dalla folta pelliccia che avanzava tranquillamente lungo il corridoio.
“Non sapevo che possedeste un gatto.” Dissi alla signora Pickering, una donna grassottella dal volto bonario.
La signora Pickering sorrise: “In realtà non è nostro. Debbie è una piccola vagabonda. Viene qui due o tre volte la settimana e le diamo qualcosa da mangiare. Non so dove viva.”
“Avete mai avuto l’impressione che desiderasse rimanere con voi?” chiesi.
“no” rispose scuotendo il capo “E’ molto timida. Appare all’improvviso, le diamo da mangiare… poi se neva. Non sembra desiderare minimamente il mio aiuto.”
Osservai di nuovo la gattina tigrata e dissi:
“Oggi però non stramangiando.”
“E’ strano, ma di tanto in tanto entra nel soggiorno e rimane per alcuni minuti davanti al caminetto accesso… come se volesse offrirsi un po’ di svago.”
La gattina era seduta in posizione molto eretta sullo spesso tappeto steso davanti al fuoco scoppiettante.
I tre cani, sdraiati, sembravano essere abituati a Debbie; due di essi la fiutarono in modo annoiato e il terzo le lanciò a malapena un’occhiata sonnacchiosa, prima di rimettersi a dormire.
Debbie non faceva nessun movimento per raggomitolarsi o per lavarsi; si limitava a guardare tranquillamente davanti a se.
Poi all’improvviso si volse, sgusciò fuori dalla stanza e scomparve.
“Accade sempre così, con Debbie” disse la signora Pickering, ridendo. “Non si trattiene mai più di dieci minuti, poi sparisce.”

Mi recavo molto frequentemente in casa dei Pickering, e ogni volta cercavo la gattina.
Un giorno la vidi intenta a mangiare con grazia il contenuto di un piattino posto davanti alla porta della cucina.
Mentre la osservavo, si volse e si allontanò a passi felpati lungo il corridoio, fino al soggiorno.
Si sistemò tra i basset-hound nella posizione che le era consueta: eretta, immobile, fissando il fuoco.
Questa volta cercai di fare amicizia, ma quando tesi la mano si scansò. Parlandole sommessamente, riuscii tuttavia ad accarezzarla con un dito.
Poi giunse per lei l’ora di andarsene e, una volta uscita dalla casa, Debbie balzò sul muretto di pietra, ricadendo dalla parte opposta.
L’ultima cosa che vidi fu la sua esile sagoma tigrata che guizzava tra le alte erbe del campo.
“Mi chiedo dove stia andando…” mormorai.
“Noi non siamo mai stati capaci di scoprirlo.” Disse la signora Pickering.

Ebbi notizie della signora Pickering solo tre mesi dopo, ed era la mattina di Natale.
“Sono così spiacente di disturbarla proprio oggi…” mi disse parlandomi al telefono.
“Non si preoccupi” replicai. “Quale dei suoi cani ha bisogno di me?”
“Non si tratta dei cani. E’… Debbie. Oggi è venuta… C’è qualcosa che non va. La prego di passare da noi appena possibile.”
Attraversai in auto la piazza del mercato, che era deserta. La strada e i tetti delle case circostanti erano coperti da una spessa coltre di neve. I negozi erano chiusi, ma alle finestre scintillavano le luci colorate degli alberi di Natale.

La casa della signora Pickering era splendidamente decorata con nastri dorati e agrifoglio; dalla cucina giungeva un delizioso profumo di tacchino farcito con salvia e cipolle.
Mentre la signora Pickering mi accompagnava nel soggiorno, vidi che aveva un’espressione preoccupata.

Nel soggiorno c’era Debbie, ma non sedeva nella posizione abituale. Giaceva immobile, e rannicchiato accanto a lei c’era un minuscolo gattino.
Osservai la scena, sbalordito, e chiesi:
“Che cosa è successo?”
“Una cosa stranissima” rispose la signora Pickering. “Non ho visto Debbie per settimane e poi… due ore fa è comparsa improvvisamente e si è diretta vacillando verso la cucina, con questo gattino in bocca. Lo ha portato qui e lo ha deposto sul tappeto. Mi sono accorta quasi subito che non stava bene… si è sdraiata nella posizione che lei vede e da allora non si è più mossa.”

Mi inginocchiai sul tappeto e passai una mano sul corpo di Debbie, sotto al quale la signora Pickering aveva fatto scivolare un pezzo di tela.
Era molto, molto magra, e il suo pelo era malconcio… Compresi che non sarebbe vissuta a lungo.
“E’ammalata, signor Herriot?” chiese la signora Pickering con voce tremante.
“Si… temo che lo sia… ma credo che non soffra.”
La signora mi guardò e vidi che aveva gli occhi pieni di lacrime. Poi si inginocchiò a sua volta accanto a Debbie e le accarezzò il capo, mentre le sue lacrime cadevano sulla pelliccia tigrata della gattina.
“Oh, poverina! Avrei dovuto fare di più per lei.”
Allora le dissi: “Nessuno avrebbe potuto fare più di quanto lei ha fatto per Debbie. Non vede? Le ha portato il suo gattino.”
“Si, lei ha ragione, me lo ha portato…”
La signora Pickering tese una mano e sollevò l’inzaccherato gattino.
“Non è una cosa strana? Debbie sapeva che stava per morire e ha portato qui il suo piccolo. E… proprio nel giorno di Natale.”
Mi chinai e misi una mano sul cuore di Debbie… non batteva più.
“Credo sia morta.” dissi; sollevando il piccolo corpo lo avvolsi nel pezzo di tela e lo portai fuori.
Quando rientrai in casa, la signora Pickering stava ancora accarezzando il gattino. Le lacrime si erano asciugate e quando mi guardò vidi che i suoi occhi brillavano.
“Prima d’ora non ho mai avuto un gatto.” mormorò.
Le sorrisi: “Ebbene, a quanto pare ora ne possiede uno.”

E fu così. Il gattino crebbe rapidamente trasformandosi in un superbo e snello gatto tigrato, che faceva balzi altissimi, e la signora Pickering lo chiamò Buster.
Non era timido come la sua gracile mamma, e viveva come un re… si, sembrava proprio un re, per via del collarino decorato che portava.
Lo osservavo crescere con piacere, ma non dimenticherò mai il successivo Natale, un anno dopo il suo arrivo.
Stavo tornando da una fattoria, dove ero andato a visitare la mucca ammalata di un contadino, e pregustavo il mio pranzo di Natale.
Quando passai davanti alla casa della signora Pickering, questa era sulla porta e udii che mi gridava:
“Buon Natale, signor Herriot! Entri, venga a bere un bicchierino per riscaldarsi!”
Avevo un po’ di tempo a disposizione, sicchè fermai l’auto ed entrai.
La casa era decorata allo stesso modo dell’anno precedente, nell’aria aleggiava lo stesso delizioso profumo di tacchino farcito con salvia e cipolle.
Ma ora non c’era più dolore… grazie alla presenza di Buster!
Si lanciava su ciascuno dei tre cani, a turno, con le orecchie erette, gli occhi sfavillanti; li colpiva con una zampa e quindi si allontanava…
La signora Pickering disse ridendo: “Buster li stuzzica sempre a questo modo… non li lascia mai in pace.”
Aveva ragione. Per molto tempo i cani avevano condotto un’esistenza molto tranquilla, andando a passeggio con la loro padrona, mangiando tante buone cose, facendo lunghi pisolini, russando sul tappeto e sulle poltrone.
Poi era arrivato Buster.
Ora stava balzando sul più giovane dei cani, piegando la testa da un lato, come per invitarlo a giocare. Quando cominciò a colpirlo con la zampa, il cane rotolò su di lui, dando inizio a una lotta scherzosa.
“Venga in giardino” mi disse la signora Pickering. “Voglio mostrarle una cosa.”
Prese una pallina di gomma che era posata sulla credenza e uscimmo.
Tirò la pallina attraverso il prato e Buster fece un balzo e si lanciò all’inseguimento, mentre la sua pelliccia tigrata luccicava al sole… L’afferrò con la bocca, la riportò alla sua padrona, la depose ai piedi di lei e attese. La signora Pickering la lanciò di nuovo, e ancora una volta Buster gliela riportò.
Sussultai. Un gatto da riporto!
Il basset-hound osservavano la scena, poco impressionati. Nulla li avrebbe indotti a rincorrere una pallina, ma Buster lo fece ancora a diverse riprese, come se non si stancasse mai di quel gioco.
“Ha mai visto nulla di simile?” mi chiese la signora Pickering.
“No.” risposi. “Il suo è un gatto davvero notevole.”
Rientrammo in casa. La signora Pickering sollevò Buster e lo tenne in braccio, ridendo mentre lui faceva le fusa.
Osservandolo, così soddisfatto di sé e pieno di salute, ricordai la sua mamma, che lo aveva portato nel solo luogo caldo e confortevole che avesse conosciuto.
La signora Pickerting doveva pensare la stessa cosa, perché mi guardò e, benché sorridesse, aveva un’espressione assorta.
“Debbie sarebbe contanta” disse.
Annuii.
“Si lo sarebbe. E’ trascorso un anno da quando lo ha portato qui, vero?”
“Si.”
La signora Pickering strinse nuovamente Buster a sé, mormorando:
“E’ stato il più bel regalo di Natale che io abbia mai ricevuto.”


Il Dono di Natale è un volume dedicato da James Herriot ai ragazzi.
Dopo il gattino Mosè, dopo Gyp, il cane che non abbaiava mai, ecco un nuovo personaggio incontrato dal famoso veterinario durante le sue visite alle fattorie nella campagna dello Yorkshire: Debbie, una gatta randagia, protagonista insieme con il figlioletto, di uno struggente episodio di amore materno.

Quando Sabrina era piccola adorava queste tenere storie, anche se poi scoppiava a piangere ogni volta che qualche animale lasciava questa terra per il paradiso degli animali.
Mi sono commossa a rileggere questo racconto e ho voluto condividerlo con le persone che, come me, amano gli animali.
Il Natale si sta avvicinando, quanti vorranno un tenero cucciolo come regalo, pensateci molto seriamente, un cucciolo non è un giocattolo, è un essere vivente e come tale ha il diritto di essere rispettato. E’ un impegno che si prende per tutta la vita, corta o lunga che sia.

Ariel.


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