00 07/05/2013 15:54


In qualche telegiornale è stato presentato quasi come un fatto simpatico e di colore ma il ritorno del baratto non può e non deve far gioire.
Quella dello scambio di merci senza moneta, è un’idea che piace a 3 italiani su 4, stando ad un sondaggio della Coldiretti diffuso in occasione della giornata conclusiva di “Cibi d’Italia” di Campagna Amica al Castello Sforzesco di Milano, dove si è svolto il primo mercato del baratto per fare la spesa a costo zero con formaggi, salumi, frutta e vino pagati con scarpe, orologi, quadri, libri e cd.
“Contro la crisi della moneta, sottolinea la Coldiretti, si tratta della prima esperienza italiana di mercato di scambio fisico di prodotti alimentari Made in Italy con convenienza reciproca senza spendere un euro. Una iniziativa per evidenziare i danni provocati dalla finanza esasperata degli ultimi anni, ma anche per sottolineare l’importanza di tornare a sostenere l’economia reale in un difficile momento di crisi”.
Il ritorno allo scambio di merci senza moneta è testimoniato dal fiorire di iniziative quali gli “swap party” (dall’inglese to swap, scambiare), veri e propri mercati del baratto, agli “swap shop”, i negozi del riciclo di lusso dove si scambiano oggetti e vestiti alla moda che non si utilizzano più, ma anche libri e musica.
Per quanto riguarda i libri, sta prendendo sempre più piede il fenomeno del bookcrossing, ossia rilasciare libri nell’ambiente, affinché possano essere ritrovati e quindi letti da altri, che a loro volta poi possono fargli proseguire il viaggio.
Una forma particolare di baratto è costituita dalle banche del tempo, associazioni ad iscrizione gratuita dove ci si scambia servizi o piccole commissioni quotidiane.
Ad esempio un lavoretto in casa per una seduta di stiratura, la compilazione di moduli e documenti in cambio di qualche ora come baby sitter.
In Italia, attualmente, stando alle stime rese note dall’Organizzazione degli imprenditori agricoli, sono già più di 200 quelle attive.
Oltre al baratto, però, ci sono diversi modi per risparmiare senza sacrificare le proprie abitudini e passioni.
In ambito lavorativo c’è chi, ad esempio, ha deciso di condividere l’ufficio con altre persone che fanno lavori completamente differenti.
Viene chiamato coworking ed ha come scopo quello di ammortizzare i costi di affitto e di gestione (come la corrente, il collegamento internet, la pulizia dei locali…) senza dover rinunciare alla propria indipendenza.

C’è chi condivide l’ambiente di lavoro e chi addirittura il divano di casa propria. Viene chiamato couchsurfing e consiste nel mettere a disposizione la propria abitazione come base di appoggio per i viaggiatori che vengono a visitare la città in cui si vive.
Le persone ospitate generalmente ricambiano l’accoglienza con piccoli favori, come cucinare o fare la spesa per l’intero periodo di permanenza. Una tipologia di vacanza a costi molto contenuti che, dati i tempi magri, piace sempre di più, come dimostra il fatto che l’omonimo network da cui nel 2003 ha preso il via questo modo di viaggiare, conta oggi oltre 6 milioni di iscritti, residenti in più di 100mila città di tutto il mondo. La miseria aguzza l’ingegno e rafforza le capacità di adattamento, non v’è dubbio. Ma è pur sempre miseria...

(Fonte Rinascita)