00 14/02/2009 18:23
Ciao Eluana

Mi spiace per quello che è successo. In questi giorni ho avuto difficoltà a mangiare perché mi sentivo in colpa per il fatto che io, nello stesso paese democratico, avessi cibo e acqua in abbondanza mentre Eluana stava morendo perché non gliene davano. Questa cosa mi ha fatto davvero male dentro. Perché Eluana è una nostra sorella. E’, potenzialmente, ognuno di noi che si potrebbe trovare in quella faccenda.
Ma ecco che la confusione si fa più forte. Perché il problema è da come si vede la cosa. Se fossi stato al suo posto? Se fosse stata mia sorella?
Ho provato a chiudere gli occhi per dormire la sera della sua scomparsa. Ma gli occhi si riaprivano. Ero triste, impotente di fronte a uno scempio perpetuato senza rispetto per la vita.
Ho provato a girarmi dall’altra parte. Ma il suo volto, non quello diffuso dalle foto, mi veniva sempre in mente. Avrei voluto darle la mia vita. Dico sul serio. Pur di farla vivere ancora un secondo di più. Perché in quel momento che arrivò la notizia, 'Eluana è morta', qualcosa è morto anche dentro di me. Una rassegnazione, una desolazione forte, più di me, mi ha scavato nel cuore, fino alle ossa, fragili e deboli come quelle di quella donna devastata da 17 anni di infermità.
Perdonami Eluana. Per la mia voce debole e fioca: perdonami! Se avessi realizzato qualcosa di valido nella mia vita, se fossi stato qualcuno che conta, forse, dico forse, qualcuno mi avrebbe ascoltato. Avrei potuto fare qualcosa. Invece mi sei scivolata dalle mani come acqua fredda che cerca l’oblio verso la terra, come sabbia che torna nel mare. Le mie mani erano più malferme delle tue. Più fragili. E’ colpa mia, ti ho ucciso io, come italiano, come persona, come tutto. Non ho saputo difendere una vita debole su un letto di morte.
Eppure siamo un Paese che si è schierato tra i primi contro la pena di morte nel mondo. E che cosa abbiamo fatto? Cosa ho fatto?!? Che potere ho io contro l’ingiustizia commessa?
E quanta ipocrisia da chi ti sta vicino e poi dice che vuole rimanere in silenzio. Una persona che prima si rivolge ai media per 17 anni, che porta avanti una battaglia politica e poi pretende il silenzio?
Il fatto che la tua materia grigia fosse compromessa e che solo le funzioni basali andavano avanti non comporta automaticamente una scelta presunta. Dov’è questo tuo testamento biologico? Dov’è la volontà certa di volersene andare? C’è il dolore di un padre, che rispetto e che deve essere stato incommensurabile, ma la mente era scollegata dal corpo ed è ragionevole a livello scientifico definire il fatto che tu non soffrissi. Non soffrivi fino a quando qualcuno, con una ‘dolce’ mano, ti ha levato il nutrimento. In un paese in cui c’è gente che se uccide un gatto va in galera, è stato possibile ucciderti in nome di diritti e doveri presunti.
E la sinistra che come al solito non ha perso la sua occasione per fare brutta figura. Per gridare al lupo al lupo contro Berlusconi. Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo personalmente sa che sensibilità ha questo uomo. Sa che ha pianto, come ho fatto io, per tutto questo. E che si sia agevolata la Chiesa, ma chi se ne frega? Il Decreto Legge è uno strumento importante, basilare per risolvere un’urgenza. Questo uomo, accusato di avere chissà quali poteri, non è riuscito ad intervenire per salvare una povera donna morente. Non c’è riuscito. Chi lo conosce sa delle beneficenze che fa, sa di come aiuti chiunque ne ha bisogno. Ma di questo non ne fa pubblicità. Perché se fai qualcosa per gli altri è un dono ma se lo racconti agli altri diventa sporco, finto. Almeno io la vedo così.
Nessuno è inguardabile. Neanche un malato terminale. Ne ho visti. Ne ho sentite di ultime parole. E quando qualcuno mi stringeva la mano, maledizione, era una mano viva! VIVA! Perché la vita lotta fino all’ultimo. E’ un meccanismo casuale che vale ogni secondo di lotta. Perché prima e dopo non c’è nulla. E’ una macchina straordinaria, incredibile, la macchina della vita. Una macchina che ha richiesto eoni di evoluzione, di crescita, morti, progressi tecnologici.
Ma è chiaro. C’è gente che fa audience al Grande Fratello. Un programma per cui l’unico motivo per seguirlo sono due tette giganti che saltano da una zona all’altra della ‘casa’. Eluana tutta quella roba non ce l’aveva. E’ inguardabile. Non è ‘in’. Non è fatta per questa società dove conta l’ultimo jeans, dove conta la faccia di merda, dove conta sputare e sotterrare il prossimo fino a ridurlo in cenere.
Era inguardabile Eluana.
Non aveva le chiappe della Ferilli né le movenze di una pornostar.
Era inguardabile.
Certo. Inguardabile per una società dove il massimo fine della vita è prendere in giro sé stessi dalla mattina alla sera e viceversa.
Per me non era inguardabile. Ne ho viste tante di Eluana. Uomini, donne, bambini. Sulle sedie a rotelle. Senza gambe. Gente morente per cancro. Altri malati di varie demenze. Ne ho visti di gente.
Ma per me sono guardabili. Sono belli. Perché sono vivi. Perché dentro questa incredibile macchina umana qualcosa dentro di loro batteva, lottava, fino all’ultimo secondo!
Ecco perché doveva vivere Eluana! Doveva vivere fino all’ultimo, fino all’ultimo secondo.
E tutto questo pianto non nega la comprensione delle altre posizioni. Comprendo e rispetto la sofferenza del padre, a cui va un abbraccio perché ha perso, in ogni caso, una figlia. Ma gli ricordo che quella Chiesa, a cui io non credo essendo ateo convinto, gli ha dato delle suore che ogni giorno pulivano quel corpo che veniva da lui. Lo giravano e lo rigiravano per evitare le pieghe da decubito. Lo nutrivano.
Nutrire. Per me questa parola ricorda suoni, colori, coccole antiche.
‘Hai mangiato?’. Una delle prime cose che mi chiedeva mia madre o mia nonna quand’ero piccolo. Una delle preoccupazioni che le persone care hanno per te. Perché se no stai male. Se non hai appetito stai male. E non mi venite a raccontare che si tratti di un atto di pietà e di coraggio. Quella di Beppino è stata sì una lotta ed un calvario, ma politici. Perché se davvero avesse avuto pietà si sarebbe basato sulla vera volontà della figlia e non presunta. Se davvero avesse avuto il coraggio si sarebbe portato la figlia in casa a fare quello che ha fatto fare ad altri.
Né coraggio né pietas. Sono solidale al suo dolore. Ma non posso condividere quelle scelte.
La Cassazione poi in certi casi deve rifarsi alla regola generale. Ma la regola generale è che se una persona fa del male ad un’altra cagionandone la morte si macchia di omicidio. Non l’estremizzazione dell’articolo 32 Costituzionale.
Io trovo tutto ciò atroce e doloroso. Ed è un dolore vero, fisico che spero mi passerà al più presto.
E comprendo le altre posizioni. Ho provato a chiudere gli occhi. Ad impormi di stare fermo. A convincermi che quella sarebbe potuta essere la mia condizione, come fu per la povera Eluana. Dopo un po’ mi sentivo disperato, volevo muovermi. Sentire il contatto con le lenzuola, sperare che qualcuno venisse e mi spostasse da lì, per farmi vedere il cielo, fuori dalla finestra…
Deve essere atroce. Basta poco e potrebbe toccare a tutti. Anche a me. Allora cosa fare in quello stato?
Ecco che comprendo anche altre ragioni. Ecco perché sì sono da una parte ma non condanno totalmente le altre scelte. Ma non possiamo, come Stato, acconsentire e macchiarci di simili scelte che, in ogni caso, secondo me, non sono chiare, non sono definibili.

‘Hai mangiato Eluana?’.