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Serie A Campionato 2017-2018: cronache, classifiche e... tanti commenti

Ultimo Aggiornamento: 21/05/2018 13:08
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Torino-Inter 1-0: l'ex Ljajic punisce i nerazzurri

La squadra di Spalletti non riesce a sfruttare le tante occasioni da gol e viene punita al primo tiro in porta granata.
L'Inter perde così punti preziosi in ottica Champions


L’Inter rallenta con il Torino anche al ritorno. Dopo il pareggio dell’andata, i nerazzurri perdono 1-0 in trasferta colpiti dal gol dell’ex Ljajic. L’Inter avrà di che rammaricarsi visto che la partita è stata condotta in maniera convincente per la maggior parte del tempo. E così il quarto posto torna in bilico.

C'È BORJA — Cambiare per non cambiare marcia. Luciano Spalletti sceglie Borja Valero al posto di Rafinha come trequartista forse perché il brasiliano è stato visto meno brillante in una settimana che lo ha visto titolare sia contro il Verona sia nel derby. Walter Mazzarri, contro la sua ex squadra, ripropone la difesa a tre (con De Silvestri e Ansaldi sugli esterni, quindi pronti a trasformarla a cinque) e Ljajic alle spalle di Iago Falque e Belotti. Il primo tiro in porta è di Candreva che al 4’ avverte Sirigu con una conclusione centrale. Il Torino sembra aver iniziato meglio come atteggiamento. Al 10’ Ljajic illumina il movimento di Iago che non arriva in scivolata per poco. All’11’ Sirigu regala un cross innocente a Perisic: invece che trattenere la palla, sbagliando i tempi, la consegna al croato che di prima intenzione partorisce un pallonetto-passaggio allo stesso portiere. Sirigu al 13’ mostra ben altri riflessi sul corner di Cancelo. La palla arriva a Icardi che gira verso la porta e solo la mano di Sirigu arriva dove sarebbe difficile anche pensarlo. Il pareggio è ancora imbalsamato. E rimane tale anche quando l’Inter riparte veloce con Borja per Icardi, il capitano serve Candreva il cui destro è ancora respinto da Sirigu. I nerazzurri salgono pian piano e il Toro lo percepisce. Dal corner seguente al tiro di Candreva, Cancelo pesca la testa di Perisic che va ad appoggiare il pallone sulla parte alta della traversa. Candreva deve avere qualche conto in sospeso con Sirigu perché anche al 30’ il suo destro dal limite è rispedito al numero 87. Due minuti e si vede Belotti, il quale rincorre un pallone difficile trasformandolo in un tiro poco alto sulla traversa. Candreva al 34’ci prova ancora, Sirigu blocca a terra. Sulla ripartenza però è il Toro che passa in vantaggio. Belotti porta palla per trenta metri, inseguito da Perisic che scivola all’inizio della corsa perdendo proprio lui la palla, il croato rincorre e per chiudere finisce per passare il pallone a De Silvestri che accompagna l’azione sulla destra, cross per Ljajic che sul secondo palo insacca al 36’. Granata avanti dopo aver subito la pressione interista nel cuore della prima frazione. Al 39’ Brozovic si fa ammonire per fermare Belotti: cartellino giallo pesante, il croato salterà per squalifica la trasferta di sabato sera contro l’Atalanta.


ASSEDIO — Nessun cambio a inizio ripresa. E si riparte con l’Inter che si affaccia nella metà campo granata con un destro di Brozovic al 5’ centrale e innocuo per Sirigu. Dopo l’assist, De Silvestri va vicino anche al gol. Punizione di Ljajic, il terzino gira verso la porta dove incontra uno strepitoso Handanovic che devia in angolo. Ansaldi rompe gli indugi al 12’ e parte sulla sinistra accentrandosi, gli interisti non possono fermarlo perché ammoniti (Brozovic e Gagliardini) e così la sua palla per Ljajic innesca un cross pericoloso sul quale Belotti non ci arriva per poco. Primo cambio, dentro Rafinha al 14’ per Candreva. Punizione di Cancelo, testa di Skriniar e Sirigu dice ancora no. L’Inter ridisegnata cambia di poco visto che Rafinha parte da destra dove agiva Candreva e poi naturalmente cerca aria dove ne trova. Altro croner sul secondo palo, Miranda svetta e la traiettoria scavalca Sirigu ma prima dell’arrivo di Gagliardini interviene in spaccata volante Nkoulou ad allontanare il pericolo. Altra mossa di Spalletti, dentro Karamoh per Borja Valero. Al 25’ doppia occasione nerazzurra: prima il palo di Rafinha con un sinistro delizioso, poi il quasi autogol di Obi su cross di Cancelo. Il Toro è schiacciato, Mazzarri prova a dare refrigerio ai suoi inserendo Edera per Iago e Acquah per Baselli. I nerazzurri tengono il Toro in un angolo nel finale di partita, anche se faticano a creare. Mazzarri chiede sacrificio, serra la squadra in due linee da cinque con Belotti che lo si ritrova anche in versione tornante. C’è da soffrire, sia in casa granata sia in casa interista. Ai nerazzurri manca il colpo di genio che vada oltre la ricerca continua degli esterni. Karamoh al 42’ calcia all’improvviso e una deviazione millimetrica regala un corner.

RANOCCHIA CENTRAVANTI — L’inserimento di Ranocchia per D’Ambrosio significa una torre in più per l’assalto finale (il centrale infatti farà il centravanti al fianco di Icardi), quello di Valdifiori per Obi invece la ricerca di un palleggiatore in mezzo alla burrasca. Nel finale prendono la scena i raccattapalle del Torino che, evidentemente indottrinati, ritardano palesemente la ripresa del gioco (episodio ripetuto per tutta la ripresa). Con un po’ di astuzia e tantissimo cuore il Torino tiene fino alla fine. La vittoria consente alla squadra di Mazzarri di restare sulla scia di chi intravede l’Europa League sullo sfondo. Al triplice fischio la stretta di mano di Spalletti a Mazzarri è vigorosa e accompagnata da un breve confronto: chissà cosa si saranno detti.

Matteo Brega

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Crotone-Bologna 1-0, Simy regala tre punti d’oro

Il nigeriano con un gol di sinistro ringrazia Zenga per la fiducia.
I calabresi agganciano così la Spal al terzultimo posto: la corsa salvezza è ancora apertissima



Tre punti fondamentali per Walter Zenga. Tre punti che a sette giornate dalla fine del campionato portano il Crotone a 27, ancora terzultimo ma adesso insieme alla Spal che ha pareggiato con l’Atalanta. Una boccata di ossigeno e di speranza in una corsa salvezza che si fa sempre più avvincente, visti pure gli stop di Chievo e Cagliari. Tre punti che arrivano grazie a un gigante di un metro e 95 dalla corsa un po’ ciondolante, capace però davanti ai propri tifosi di realizzare un gol determinante. Simy, nigeriano di 25 anni, solitamente non è tra le prime scelte di Zenga, ma stavolta non tradisce la fiducia che il tecnico gli concede anche se condizionata dalle indisponibilità di Budimir e Nalini. Quello che conta comunque è questo 1-0, contro un Bologna che non ha più molto da chiedere a questo campionato, ma che comunque non ha sfigurato, soprattutto nel secondo tempo.

LA PARTITA — La differenza di motivazione nei primi minuti di gioco è evidente. Al 10’ è Trotta a mettere alla prova Mirante con un sinistro che viene deviato sul palo. Cinque minuti più tardi ci riprova Ricci dalla sinistra e anche qui il portiere del Bologna si supera. Ma nulla può al 25’ sul sinistro di Simy: il nigeriano approfitta del lancio perfetto di Stoian e di sinistro trova la rete del vantaggio. Il Bologna invece si fa vedere poco: a spaventare Cordaz si fa vedere giusto Verdi, con una punizione al 19’ deviata sopra la traversa e un cross insidioso che il portiere blocca senza troppi affanni. Gli uomini di Donadoni fanno molto meglio nella ripresa: al di là delle occasioni (Verdi su punizione di poco sopra la traversa al 4’ e il colpo di testa di Masina al 15’), il Bologna ha a lungo in mano il gioco, complice pure l’ingresso di Dzemaili per Donsah. La palla gol più clamorosa capita però al 22’ sui piedi di Ricci, che solo davanti a Cordaz riceve da Simy, ma sbaglia a calciare: per il portiere del Bologna è facile a quel punto evitare il raddoppio. Alla mezzora Donadoni azzarda e manda dentro anche Avenatti per Poli, ma Zenga risponde inserendo Rohden per Ricci in un 5-4-1 per difendere tre punti troppo preziosi per rischiare. Missione compiuta.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Verona-Cagliari 1-0, Romulo e il Var fanno sorridere Pecchia

Al Bentegodi l'Hellas vince di rigore.
Tecnologia decisiva anche nella ripresa: annullato il raddoppio a Franco Zuculini



Il Verona è vivo. Il Cagliari sta per affondare. Dimenticata la scoppolona di Benevento, l'Hellas vince (1-0, gol su rigore da Var di Romulo), riprende a sperare e inguaia il Cagliari e forse anche il suo tecnico Diego Lopez al terzo k.o. di fila. Al pubblico del Bentegodi non basta: finita la partita continua a insultare i giocatori, ed espone striscioni tra i quali "Setti, primo colpevole" e "Pecchia Vattene".

SCELTE — Pecchia, il vero vincitore di questa sfida, cambia tanto: fa fuori Verde, Buchel, Petkovic, Caracciolo. Segno che c'è tensione. D'altra parte fuori dallo stadio prima del via si capisce che aria tira. Contestano in 1500, tifosi che aspettano il pullman gialloblù al grido di "Conigli". Durante il riscaldamento e prima del gol liberatorio non va meglio, Pecchia è un bersaglio fisso, i giocatori pure. E c'è pure la razione per l'ex d.s. Fusco che ha abbandonato la nave alla deriva: per lui striscione con tanto di scritta "Vigliacco". Entusiasmo e pazienza sono finiti: lo dimostrano anche i miseri 2390 accorsi al botteghino per la partita dell'ultima speranza. Speranza che il Verona riaccende. Domenica a Bologna sarà un'altra battaglia alla ricerca di un miracolo.


CAGLIARI — Per i sardi è un'altra brutta botta. C'è da premettere che la fortuna non assiste i rossoblù, condannati da un tacco di Immobile al pareggio con la Lazio, da un siluro di Medeiros al 45' col Genoa e oggi da un rigore assegnato da Valeri col sostegno della Var per un mani di Pavoletti su tiro di Fossati appena dentro l'area. Ma il Cagliari, che segna davvero col contagocce, e su rigore, ha fatto poco, pochissimo per meritarsi un risultato positivo. Tattica troppo attendista fino al gol subito (36'), zero idee di gioco, solo qualche lancio lungo di Romagna per cercare la testa di Pavoletti, unica risorsa davanti, cercata ancora di più quando Lopez ha perso per infortunio pure Lykogiannis e si è affidato alla spinta del belga Miangue a sinistra. Il Cagliari ha lottato, ma con troppa confusione dopo che ha subito il vantaggio. Pavoletti e Faragò nella ripresa hanno fatto compiere due miracoli a Nicolas che con teatralità si è poi accartocciato su ogni pallone che acchiappava.

PIU' CARATTERE — Il Verona l'ha vinta col carattere. Meno tecnica rispetto al Cagliari, ma i polmoni di un mai domo Zuculini, qualche sgasata di Cerci, il dinamismo di Romulo e il continuo movimento del finto centravanti Fares che ha corso e speso tanto creando parecchio scompiglio. Il Cagliari ha provato a rimediare, ma la qualità di una squadra decimata dagli infortuni e con due perdite enormi come quelle di Cigarini (solo panchina per lui, rientra sabato con l'Udinese) e Joao Pedro (doping) è quella che è. Incredibile l'involuzione dell'ex gialloblù Ionita. Persino Castan sembra aver perso sicurezza. Solo l'inesauribile Barella e il difensore Pisacane hanno provato in qualsiasi maniera a non arrendersi. E la paura sembra abbia preso il sopravvento. Nella prima parte del match si è vista tanta paura. Quella che non ha avuto il Verona, spinto dal guerriero Franco Zuculini (che aveva anche trovato il 2-0 annullato per posizione irregolare di Cerci) e dalla voglia di dimenticare Benevento. Lopez ha provato per quel che ha potuto a invertire la rotta, inserendo anche Ceter e Cossu, capace di inventare qualche giocata. Niente da fare. E ora il Cagliari teme davvero. Aspettando le decisioni del presidente Giulini.

Francesco Velluzzi

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Napoli-Chievo 2-1, Milik e Diawara firmano al rimonta

La squadra di Sarri resta in corsa per lo scudetto con due gol negli ultimi 4',
dopo il rigore sbagliato di Mertens e il vantaggio veronese di Stepinski


Incredibile al San Paolo, al terzo di recupero Diawara ribalta il Chievo e tiene aperta la corsa scudetto al termine di una partita che il Napoli non ha certo giocato al meglio, anzi. Eppure, l'ha vinta con un po' di fortuna, con i cambi di Sarri e con un'arma nuova: l'anima. Gli azzurri sono andati oltre l'ostacolo quando erano sotto per la rete di Stepinski, a dimostrazione che dove non arrivano le gambe può arrivare, appunto, il cuore. Il Chievo avrebbe meritato miglior sorte, ma la parabola di Diawara era evidentemente destinata a lasciare aperta la volata tricolore.

BRAVO MARAN — Sarri ha scelto Tonelli, e non Chiriches, per lo squalificato Albiol. Diawara ha sostituito Jorginho, anche lui appiedato dal giudice sportivo. Chievo frizzante con Bastien in mediana e Depaoli improvvisato, molto improvvisato, terzino destro su Insigne (apparso particolarmente ispirato). Davanti però Maran ha voluto inizialmente l'esperienza di Meggiorini e non la velocità di Stepinski al fianco del futuro azzurro Inglese (che si è visto a tratti). L'ex Giaccherini un po' trequartista e più spesso ala sinistra. Atmosfera bellissima al San Paolo, che al 16' ha strozzato in gola l'urlo del gol perché Callejon ha mandato alto da buona posizione la prima occasione di giornata. Ritmi blandi complice il primo vero caldo e per merito di un Chievo comunque organizzato seppur molto basso davanti a Sorrentino (bravo quando è stato chiamato in causa). Il Napoli si è specchiato in maniera eccessiva davanti ai sedici metri avversari (Mertens ha "legato" poco il gioco ma ha sfiorato il gol al 45') e spesso non ha centrato la porta con i suoi stoccatori. In pratica il primo tempo è andato così come Maran lo aveva immaginato.

FORZE FRESCHE — Nella ripresa il Napoli ha provato a cambiare marcia e così Insigne al 3' ha calciato debole di sinistro da buona posizione. Al 5' rigore per gli azzurri dopo una triangolazione tra Mertens e Callejon che ha restituito palla al belga, atterrato dal disastroso Depaoli che ha rischiato il secondo giallo. Mertens però si è fatto respingere il penalty da Sorrentino. Maran ha letto il pericolo imminente e ha cercato di cambiare qualcosa. Il Chievo però ha iniziato a soffrire tanto anche sulle palle inattive (mischia clamorosa al 12' in area ospite risolta a fatica dalla difesa). Sarri ha messo dentro Milik proprio per sfruttare il gioco aereo ma il polacco con il mancino ha tirato su Sorrentino in uscita al 25'. Invece il Chievo al 28' è passato, al primo affondo, con Stepinski: clamoroso errore in uscita di Koulibaly e piatto apparecchiato per il polacco dal Giaccherini.. A quel punto il Napoli si è messo ad assediare la porta avversaria da fuori area mentre Tonelli ha preso la traversa di testa su azione d'angolo con deviazione di Sorrentino, poi bravo anche su Insigne. Troppo altruista Lorenzino davanti al portiere al 40' e troppo nervoso nel rispondere ai fischi del pubblico. Sua però la pennellata per il gol di Milik, ovviamente di testa, al 44' prima dell'apoteosi finale con il gol di Diawara, un tiro a giro da dentro l'area di rigore sugli sviluppi di un corner in pieno recupero. Roba per cuori forti, appunto.

Gianluca Monti

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Udinese-Lazio 1-2. Gol di Lasagna, Immobile e Luis Alberto

Decima vittoria in trasferta per Inzaghi e record:
Lasagna spaventa, poi Ciro (27° gol in Serie A) e lo spagnolo
portano i biancocelesti terzi con la Roma.
Oddo, 8° k.o. di fila


Vittoria esterna (la decima, record per il club) e terzo posto di nuovo agguantato a pari punti con la Roma. La Lazio torna a volare grazie ai gol di Immobile e Luis Alberto, allungando la crisi nera dell'Udinese che subisce l'ottava sconfitta consecutiva. Partita che si decide già nel primo tempo e che vede gli uomini di Inzaghi costantemente padroni del campo ad eccezione del primo quarto d'ora nel corso del quale soffrono un po' a trovare le misure. Ma poi, una volta entrati a regime, prendono il pallino in mano e non lo mollano più. Cogliendo tre punti preziosissimi nella lotta Champions che, combinati alle sconfitte di Roma e Inter, rilanciano la formazione biancoceleste. Niente da fare, invece, per l'Udinese. Neppure il ritorno di Lasagna (che comunque segna e convince) risveglia i friulani la cui classifica comincia a farsi preoccupante.


LA SORPRESA — Con la formula a quattro stelle (Luis Alberto, Milinkovic, Anderson e Immobile contemporaneamente in campo) la Lazio ci mette un po' a carburare. Normale perché con un solo incontrista in mezzo, Leiva, e due esterni fin troppo alti, Marusic e Lulic, non è così immediato trovare gli equilibri. L'Udinese lo capisce e, nel primo quarto d'ora, affonda che è un piacere. Ci prova prima Lasagna, quindi Barak e infine è Lasagna a bucare Strakosha su cross di Larsen. Passati in vantaggio, però, i friulani rallentano. Ma è anche la Lazio a salire in cattedra. Leiva prende per mano la squadra, i due interni a trazione anteriore, Luis Alberto e Milinkovic, cominciano ad essere più disciplinati e la partita si ribalta. Vanno vicini al pareggio prima Marusic (murato da Adnan), quindi Leiva (salva Bizzarri sulla linea). L'1-1 lo realizza però Immobile al 26', al termine di un'azione condotta da Felipe Anderson e rifinita da Lulic. All'alba della quale i friulani reclamano per un contatto Marusic-Jankto nella metà campo laziale che Rocchi giudica regolare e che il Var conferma tale. La Lazio ormai si è accesa e la squadra di Oddo non riesce più a contrastarla. Così arriva anche il gol del sorpasso. Lo realizza Luis Alberto al termine di un fraseggio stretto ispirato da Leiva e Milinkovic.

RIPRESA DI CONTROLLO — Dopo le emozioni del primo tempo, la ripresa scorre più tranquilla, senza troppi scossoni. L'Udinese resta a metà strada tra il desiderio, ovvio, di riequilibrare la gara e il timore di esporsi ancora di più alle ripartenze laziali. La squadra di Inzaghi, dal canto suo, preferisce controllare la partita piuttosto che provarla a chiudere, anche per dosare le energie in vista della sfida di giovedì a Salisburgo in Europa League. E in questa ottica rientrano pure i cambi che centellina nel corso della ripresa l'allenatore, inserendo subito Patric per l'acciaccato Lulic, quindi Murgia per Luis Alberto e Caicedo per Immobile. Il calcolo della Lazio alla lunga si rivela giusto, ma anche parecchio rischioso. Perché l'Udinese nel quarto d'ora finale getta il cuore oltre l'ostacolo e prova ad agguantare il pareggio. Oddo, dopo aver cambiato l'infortunato Samir con Widmer, si gioca le carte De Paul e Ingelsson (per Maxi Lopez e Adnan) ed ordina ai suoi di provarci. E il 2-2 per poco non ci scappa a un minuto dal 90', quando Jankto sfiora il gol di testa su cross di Lasagna. Troppo poco, però, per poter recriminare.

Stefano Cieri

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Milan-Sassuolo 1-1: Kalinic risponde a Politano, Gattuso frena ancora

Gli emiliani segnano per primi e spaventano i rossoneri,
il croato si sblocca e trova il pareggio nel finale.
La Champions resta lontana, e occhio alla Fiorentina



A San Siro finisce in pareggio con il Sassuolo che si conferma bestia (rosso)nera. Il Milan vede ridurre le speranze Champions, prima drasticamente (sul gol di Politano) e poi di nuovo riaccese nel finale dal pari di Kalinic. Stavolta ridurre la distanza dall’Inter non porterebbe con sé il sogno Champions ma solo una rivincita nel confronto cittadino. Il Milan che sogna ancora il quarto posto deve guardare più a Sud, alle romane appaiate a 60 punti.

NON SI PASSA — Per mantenere viva la speranza i rossoneri avevano necessità di vincere. Gattuso aveva scelto il solito Cutrone e il solito blocco, eccezion fatta per Abate al posto di Calarbia. Iachini nel Sassuolo rinunciava al centravanti (e nel primo tempo specialmente pagava la scelta) affidandosi ai soli Berardi e Politano davanti. Il Milan entra stanco ma poi, con il passare dei minuti, si rianimava: ascoltati i consigli di Gattuso che in panchina si sgolava per chiedere ritmo e soprattutto velocità. Rapidità d’esecuzione è effettivamente ciò che al Milan della prima frazione manca: spesso davanti al portiere avversario ma incapace di scegliere – in fretta – la miglior cosa da fare. Nullo il Sassuolo, che tiene praticamente inoperoso Donnarumma. Le azioni pericolose del Milan si sprecano, ma senza esser mai decisive: Kessie dopo pochi secondi trova un cross che gli sbatte tra faccia e petto a un metro dalla porta, Biglia che taglia per Cutrone su cui è fondamentale la deviazione di Peluso, Suso un paio di volte da fuori area con il suo classico mancino a giro, un doppio tentativo ancora di Kessie che sbatte entrambe su Consigli, infine un occasione dalla sinistra per Cahlanoglu. Il Milan era stato sfortunato anche con Romagnoli, k.o. per un problema muscolare dopo pochi minuti e sostituito da Musacchio.

DOPPIE PUNTE — La ripresa è la fotocopia del primo tempo, se non per qualche differente interprete in campo. Il Milan è quello con l’atteggiamento più spregiudicato, nella disposizione e nella sostanza. Gattuso toglie Abate per André Silva (più tardi Cutrone per Kalinic) e la sua squadra resta quasi costantemente in possesso di palla. Gli avversari rinunciano a Matri o Babacar, i centravanti di scorta, e praticamente ad avere una presenza nella metà campo avversaria, se non in un’occasione a metà tempo con Ragusa. Il calcio ha però regole tutte sue e al 30’ della ripresa il Sassuolo passa: errore in disimpegno della difesa rossonera – Bonucci il principale indiziato - e Politano che dalla distanza zittisce Gigio (e San Siro). L’assist è di Mazzitelli. Altre brutte notizie rossonere: Bonucci ammonito, salterà il Napoli per squalifica. Il resto è il solito – improduttivo – possesso palla rossonero, anzi con il passare dei minuti calano le speranze e anche le occasioni da gol. La più limpida la spreca Kalinic di testa su spunto di Calhanoglu. Nel finale però è lo stesso croato, il più discusso dei suoi, a rimettere la partita in pareggio: stop, torsione e palla all’angolino basso. Bonaventura in extremis dalla distanza manca il raddoppio rovescia partita. Non è molto ma un piccolo passo è: la strada per la Champions è sempre più in salita, ma almeno, lassù in cima, è ancora visibile.

Alessandra Gozzini

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2017/2018 30ª Giornata (11ª di Ritorno)

07/04/2018
Benevento - Juventus 2-4
Roma - Fiorentina 0-2
Spal - Atalanta 1-1
Sampdoria - Genoa 0-0
08/04/2018
Torino - Inter 1-0
Crotone - Bologna 1-0
Hellas Verona - Cagliari 1-0
Napoli - Chievo 2-1
Udinese - Lazio 1-2
Milan - Sassuolo 1-1

Classifica
1) Juventus punti 81;
2) Napoli punti 77;
3) Lazio e Roma punti 60;
5) Inter punti 59;
6) Milan punti 52;
7) Fiorentina punti 50;
8) Atalanta e Sampdoria punti 48;
10) Torino punti 45;
11) Genoa e Bologna punti 35;
13) Udinese punti 33;
14) Sassuolo punti 30;
15) Chievo e Cagliari punti 29;
17) Spal e Crotone punti 27;
19) Hellas Verona punti 25;
20) Benevento punti 13.

(gazzetta.it)
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Cagliari-Udinese: Ceppitelli match winner, Oddo sprofonda

Il difensore segna il gol partita dopo la rete di Lasagna e il pareggio di Pavoletti.
Per Oddo si tratta della nona sconfitta consecutiva



Il Cagliari suona la nona all’Udinese. E risorge. È tutta una questione di testa perché quella di Pavoletti sistema le cose nel primo tempo dopo il gol del solito Lasagna, quella di Luca Ceppitelli decide la partita al 39’ del secondo tempo quando sembrava che la gara potesse finire con un pareggio. Quello che l’Udinese ha cercato dall’inizio (troppo rintanata a protezione del fortino) e che ha tentato di conservare, soprattutto dopo l’uscita per infortunio di Lasagna. Al Cagliari, però, un punto non poteva bastare e così, sul secondo angolo consecutivo battuto da Andrea Cossu, gettato nella mischia da Diego Lopez al posto dell’esausto (ma ottimo) Cigarini, al rientro dopo quasi due mesi, Ceppitelli ha svettato in mezzo all’area realizzando il suo secondo gol in questo campionato (aveva già segnato in casa col Verona) e salvando tutto e tutti, tecnico compreso.

RESPIRO — Il Cagliari respira, trova i tre punti fondamentali per scacciare incubi e paure dopo l’ennesima settimana travagliata che ha portato alla separazione dal direttore sportivo Giovanni Rossi e all’ingaggio di Marcello Carli. Il ritiro di Assemini è servito, la squadra ha limiti evidenti, ma ci ha messo l’anima, a cominciare dal capitano Marco Sau che ha giocato una partita intera di grande sacrificio. Il Cagliari ha sofferto nella prima parte le accelerazioni di Fofana, quella di Barak che bevendosi metà dei rossoblù ha messo al centro per Lasagna che ha battuto Cragno. Se con la Lazio gli erano serviti 13 minuti per sbloccarsi, stavolta a Kevin ne sono bastati meno di 10. Imprendibile Lasagna per Castan, ma il Cagliari non si è disunito come a Verona, dove non era stato capace di far gioco, e trainato dal regista ritrovato, Cigarini, ha reagito trovando il pari proprio sugli sviluppi della punizione del suo faro finita sul palo. Ma Pavoletti è stato più lesto di Nuytinck e lo ha anticipato in tuffo di testa segnando il nono gol del suo campionato.

RIPRESA — Il secondo tempo ha detto poco, ritmi più bassi, Udinese sotto ritmo per evitare di perdere ancora, e Lasagna che dopo 13 minuti si è arreso nuovamente. Oddo, che di attaccanti in grado di far la differenza ne ha uno solo, ha chiesto a Jankto di fare quasi la punta. E poi ha provato anche a inserire De Paul per Maxi Lopez che non l’ha presa bene. Sembrava tutto ok fino alla dormita generale con Ceppitelli in alto lassù a dare al Cagliari tre punti vitali e a Oddo e all’Udinese la nona delusione di fila. E ora c’è Napoli per i bianconeri (resteranno in ritiro?), mentre il Cagliari martedì sarà a Milano con l’Inter senza Barella e Cigarini squalificati. Ma serviranno di più nell’altro spareggio di domenica col Bologna.

Francesco Velluzzi

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Chievo-Torino 0-0.
Ansaldi si ferma sul palo, punto prezioso per i veneti

Quarto risultato utile di fila per i granata, Maran muove la classifica.
Occasione di Belotti nel primo tempo, chance per Cacciatore e Ljajic nella ripresa.
Espulso Bani nel finale



Uno 0-0 che accontenta e serve di più al Chievo, non c’è dubbio. Tanto più dopo la sconfitta del Crotone, che ha ridimensionato il peso della vittoria del Cagliari. Il Toro, dopo tre vittorie consecutive, frena: ma più che in proiezione corsa Europa League - un obiettivo comunque complicato - il rimpianto è per non aver sfruttato le due-tre occasioni da gol comunque create, nonostante l’atteggiamento molto difensivo del Chievo.

LE SCELTE — Maran, non avendo Birsa al top, aveva puntato su Castro per compensare all’assenza di Giaccherini. In difesa confermata la coppia centrale Bani-Tomovic, con Jaroskinski a sinistra, e davanti fiducia al nuovo uomo gol, Stepinski, al fianco di Inglese. L’ultimo test ha dato il via libera a Mazzarri, che dunque recupera Ljajic e non rinuncia al 3-4-1-2 delle tre vittorie consecutive, con il serbo alle spalle di Belotti assieme a Iago, che oscilla sul centrodestra. Unica novità il rientro di Rincon, squalificato nell’ultima partita, al fianco di Baselli. Intoccabili i tre centrali e i due laterali, con De Silvestri a destra e Ansaldi a sinistra.

PRIMO TEMPO — La trama del film è chiara da subito: palla al Toro e Chievo allineato (in due linee strette, per il solito 4-4-2) e molto coperto. In quel traffico Ljajic e Iago faticano a chiudere qualunque dialogo con Belotti, dunque la manovra si allarga molto sulle fasce, soprattutto a sinistra dove Ansaldi, al tiro (sballato) già dopo meno di un minuto, mette in difficoltà spesso Bastien. De Silvestri, appena può, fa lo stesso dall’altra parte con Jaroszynski e un doppio pericolo mette in allarme Maran: prima un palo colpito da Ansaldi (con Sorrentino comunque in copertura) e poi un sinistro troppo aperto da Belotti, su splendida ispirazione di Ljajic. Il tecnico del Chievo, così, sceglie di ingolfare ulteriormente il Toro mettendosi a specchio: 5-3-2 con Radovanovic arretrato al centro della difesa, Rigoni play davanti alla difesa, Castro e Bastien interni. La mossa non serve ad aumentare la produzione offensiva (l’unico brivido per Sirigu resta un colpo di testa da rischio autogol di Burdisso dopo 9’), ma frena un po’ il Toro, che va negli spogliatoi senza aver più trovato un corridoio giusto.

FINALE IN DIECI — Proprio quando ci si aspettava che alzasse l’intensità dei suoi attacchi, il Toro invece si è un po’ spento: è successo dopo 9’ quando Ljajic ha chiuso una ripartenza tirando invece di servire il più libero Iago. Lì la squadra di Mazzarri ha perso un po’ di peso e ha dato coraggio al Chievo, che ha intensificato l’occupazione degli spazi sulle corsie. Le due occasioni migliori a quel punto sono state proprio della squadra di Maram, al 15’ con un colpo di testa di Bani su corner e al 31’ quando un’uscita difettosa di Sirigu su cross dalla sinistra di Hetemai ha offerto a Cacciatore la chance di una girata, mirata però malissimo. Il Toro ha ritrovato un po’ di coraggio solo nel finale, tanto più quando il Chievo è rimasto in dieci per un’espulsione diretta di Bani, dopo entrata molto avventata su Bonifazi: la chance per la vittoria in extremis se l’è costruita Ljajic, ma Sorrentino con il ginocchio ha slavato un punto prezioso soprattutto per la sua squadra.

Andrea Elefante

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Genoa-Crotone 1-0, Grifone quasi salvo.
Per Zenga un k.o. che fa male

Nell'anticipo del 32° turno Var protagonista:
annulla rigore su Medeiros, poi convalida il gol vincente di Bessa.
I calabresi restano terzultimi



Vince 1-0 il Genoa, che così mette definitivamente in archivio il discorso salvezza, lasciando al Crotone tutte le pene della disperata corsa per restare in serie A. Il Genoa e la Var dominano l’avvio di partita. I rossoblù, grazie alla verve di Medeiros, occupano stabilmente l’area calabrese e le occasioni non mancano. La tecnologia interviene tre volte in meno di mezz'ora: prima chiarisce le proteste su una possibile deviazione di mano in area calabrese, poi cancella un rigore concesso da Irrati per atterramento di Medeiros da parte di Cordaz (la Var porta all’ammonizione per simulazione del portoghese), infine concede la rete a Bessa, su assist ancora di Medeiros, annullando i dubbi di fuorigioco. Il Crotone non può che subire, soffre all’indietro e crea pochissimo, nonostante le tre punte: l’unico brivido arriva al 40’, quando Perin, al rinvio, colpisce Simy, ma la palla finisce a lato della porta.

ASSALTO VANO — Si rende più pericoloso ancora il Genoa, con Bessa, che non centra la porta da buona posizione nel finale di primo tempo. Con il calo di Medeiros e l’ingresso di Barberis per Ajeti, gli ospiti nella ripresa riescono ad avanzare il loro baricentro, ma le insidie per Perin restano poche: un tentativo impreciso di Martella, una mancata deviazione di Simy su cross di Trotta e un palo scheggiato da Ricci, pescato però in posizione di fuorigioco. L’unico tiro in porta arriva da Trotta, al 35’ del secondo tempo, ma è centrale e prevedibile. Il Genoa, invece, sfiora il raddoppio con Cofie, impreciso, e con Bertolacci che, da ottima posizione, centra la traversa. Vani gli ultimi assalti dei calabresi, finisce 1-0 e Zenga resta terzultimo.

Alessio Da Ronch

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Atalanta-Inter 0-0: Spalletti non vince più,
la corsa Champions si complica

Gomez e compagni spaventano Handanovic nel primo tempo, poi reggono nel secondo tempo.
Il pareggio serve a poco a entrambe in chiave coppe europee



Finisce 0-0 tra Atalanta e Inter. Un punto che serve più all’Atalanta per restare nel gruppone di chi aspira all’Europa League piuttosto che all’Inter per spingere in chiave Champions.

FIATONE INTER — Non ci sono Petagna e Ilicic, squalificato e infortunato, quindi Gasperini rinfocola la sua vena giovanile e lancia Barrow (nato nel 1998) dal primo minuto. Spalletti deve rinunciare – seppur in panchina – a Candreva e così disegna un 3-4-3 parente stretto del 3-4-2-1. D’Ambrosio è il centrale di sinistra, Cancelo e Santon i terzini, Rafinha e Perisic alle spalle di Icardi ed entrambi portati a stringere e allargare a seconda delle esigenze. L’Atalanta è sistemata in maniera simile con Cristante e il Papu a fare la fisarmonica ai lati di Barrow. Dopo 5’ i bergamaschi mostrano un pezzo di calcio spettacolo: il Papu e Cristante dialogano, l’argentino arriva davanti a Handanovic e – cosa più difficile che semplice – calcia fuori. L’Inter inizia in affanno, con il fiatone, trascinata nella confusione dalla veemenza atalantina. Servono 18’ alla squadra di Spalletti per verificare l’esistenza della porta avversaria con un tiro di Rafinha che si chiude abbastanza al largo da Berisha. Un minuto dopo però Barrow, lanciato in profondità, mostra la differenza con una vera occasione da rete obbligando Handanovic a una parata decisamente di livello. L’Inter non sembra trovare le contromisure adeguate, Spalletti prova allora a invertire i due centrali difensivi mettendo D’Ambrosio sul Papu. Al 24’ Freuler si infila tra Gagliardini e Borja Valero prendendoli in contropiede e arriva quasi fin da Handanovic: il suo destro è assopito in due tempi dal portiere sloveno. Al 27’ un pallone perso ingenuamente da Cancelo lancia Gosens nel vuoto. Il suo cross trova Barrow che sul primo palo gira ma trova solo l’esterno della rete. Al 30’, su cross del Papu, Barrow chiama ancora Handanovic a una parata strepitosa. Il capovolgimento di campo mette in scena la migliore azione interista con Rafinha che manda in porta Perisic, stoppato solo dai riflessi di Berisha che alza in corner. Alla squadra di Spalletti non resta che giocare da provinciale, quindi in ripartenza, con lo stesso Ivan imbeccato da Gagliardini nello spazio. Il diagonale però svanisce di poco sul fondo. Il primo tempo finisce 0-0, unico lato positivo (senza meriti per Spalletti e soci) di una frazione che l’Inter ha giocato come la neve che scende soffice dal cielo sulla terra, dove Gasperini l’ha attesa con un pressing asfissiante. Il risultato è stato togliere luce a ogni portatore di palla interista costretto a barcollare nei coni d’ombra senza trovare il senso del discorso.

NIENTE GOL — Si ricomincia con Cornelius al posto di Barrow e quando l’Inter rientra in campo trova tutta l’Atalanta già schierata. Le ultime indicazioni di Spalletti e del vice Domenichini a Miranda e Skriniar fanno esplodere di fischi lo stadio. L’Atalanta abbassa la pressione e l’Inter prende una boccata d’ossigeno nei primi 15’. Quando Santon nota davanti a sé del campo, pare non crederci così al 16’ arriva fino al limite e ci prova di destro: palla fuori. I bergamaschi non sono più quelli del primo tempo e l’Inter sale poco alla volta. Rafinha, prima di lasciare il posto a Eder al 26’, spreca un’occasione clamorosa dall’interno dell’area calciando in curva un pregevole assist di Icardi. Gasperini al 35’ inserisce Castagne al posto di Gosens. La sberla di Eder al 36’ su punizione fa emergere un po’ di apprensione a Berisha che in volo respinge. Cinque minuti e Perisic prende un’ascensore sul cross di Eder, ma il colpo di testa non è preciso. Al 44’ l’ex Gagliardini va vicinissimo al gol con un sinistro chirurgico. Spalletti prova a cavalcare il momento positivo inserendo Karamoh per Santon al 45’. È Perisic che si abbassa sulla linea del centrocampo lasciando il francese libero di agire a destra. Dal continuo sbracciarsi nei vestiti esce sconfitto Spalletti dalla sua camicia, selvaggiamente fuori dai pantaloni. Il recupero non cambia niente, semmai sottolinea l’incapacità interista di segnare per la terza gara consecutiva. L’aggancio alle due romane a quota 60 punti è momentaneo e in casa nerazzurra si spererà per un derby da 1-2. Mezzo sorriso per l’Atalanta invece che dopo un gran primo tempo ha viaggiato saggiamente nella ripresa schivando guai senza violare troppo la difesa altrui. L’Europa resta lì vicino per la lunga volata primaverile.

Matteo Brega

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Fiorentina-Spal 0-0: Simeone e Chiesa sprecano

Il gol non arriva: la striscia vincente di Pioli si ferma a 6 di fila.
Settimo risultato utile consecutivo invece per squadra di Semplici


Tra le due strisce si ferma quella viola. Non arriva infatti la settima vittoria consecutiva per la formazione di Pioli, mentre la Spal ottiene il settimo risultato utile consecutivo. Una valanga di gol sbagliati dai padroni di casa premia lo sforzo della Spal che esce dal Franchi con il punto sperato. Tutto confermato nella Fiorentina con il rientro di Chiesa a destra e Milenkovic preferito a Laurini. Nella Spal il 'fiorentino' Semplici sceglie Floccari come partner di Antenucci, spedendo in panchina Paloschi. Inizio tutto viola, Fiorentina arrembante, e subito Saponara al tiro due volte: Meret non si fa sorprendere. Alla prima offensiva ospite Orsato concede un rigore molto contestato dalla Fiorentina per un tocco a centro area su Felipe. Il pubblico viola canta 'insensibile' al direttore di gara (logico riferimento alle parole di Buffon). La Var però richiama Orsato ed il penalty viene tolto. Un minuto dopo Simeone si mangia il vantaggio su assist di uno scatenato Chiesa. Per l'argentino sarà una giornataccia. Al 36' la palla buona arriva nuovamente sul destro di Saponara che dal limite spreca calciando altissimo. Tre minuti dopo Meret si supera sulla bomba di Chiesa deviando miracolosamente in corner. E' il momento migliore della Fiorentina ma il vantaggio non arriva ed il primo tempo finisce senza reti.


QUANTI SPRECHI — Semplici cambia. Prima Mattiello per Costa, poi Paloschi al posto di Floccari. La Spal prende coraggio mentre la Viola pare stanca e fatica a creare gioco. I primi venti minuti sono ospiti e così anche Pioli deve modificare la squadra inserendo Eysseric e Falcinelli per Saponara ed uno spento Simeone. Il francese porta vivacità sulla trequarti sprecando però malamente alla conclusione. Semplici è costretto a bruciare l'ultimo cambio con Mattiello infortunato costretto a lasciare il posto a Schiavon. Al 32' lo stadio si prepara ad esultare con Biraghi solo a due passi da Meret: il terzino però spara alto sprecando l'occasione migliore della partita. Nemmeno l'azione personale di Gil Dias che nel finale si presenta davanti a Meret sblocca la gara e la Fiorentina sciupa una occasione d'oro per avvantaggiarsi nella lotta all'Europa. Punto d'oro per la Spal che prosegue nella volata salvezza con il vento in poppa.

Giovanni Sardelli

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Bologna-Verona 2-0: gol di Verdi e Nagy

I rossoblù conquistano tre punti fondamentali e si allontanano dalla zona retrocessione,
Pecchia sempre più nei guai anche se il quartultimo posto dista solo tre lunghezze



Il Bologna ritrova la vittoria dopo quasi due mesi, mentre il Verona può consolarsi solo con i risultati delle altre squadre in lotta per la salvezza: a parte il Cagliari, non ha vinto nessuno e allora l'effetto della sconfitta del Dall'Ara è meno devastante. Ma l'impressione lasciata dal Verona è brutta: giocando così sarà difficile evitare la retrocessione in B.

PRIMO TEMPO — Il Bologna, che è rimasto in ritiro da martedì sera, ha voglia di giocare e di cancellare le ultime delusioni. Donadoni piazza Destro in mezzo a Verdi e Palacio, mentre Pecchia sceglie un terzetto di velocisti in avanti: Cerci a destra, Fares centrale e Aarons a sinistra. In pratica il Verona imposta una partita sulle ripartenze cercando di far salire il Bologna e di sorprenderlo rubando palla sulla trequarti. Il piano, però, non riesce perché i rossoblù sono attenti nel fraseggio e nel mantenere un certo equilibrio. Al 14' Nicolas è bravo a deviare un bel tiro di Dzemaili dopo un'azione iniziata da Verdi e proseguita da Palacio. Il Bologna fatica ad entrare nell'area avversaria, ma sa essere pericoloso da fuori. Al 31' Verdi segna su punizione dopo essersi procurato il fallo: Nicolas è sorpreso dal sinistro sul suo palo. Al 44' (dopo un palo preso da Destro, ma in posizione di fuorigioco) il portiere si riscatta con uno splendido intervento su conclusione di Pulgar. Dal Verona un solo cenno di vita: un'azione personale di Cerci conclusa con un destro sull'esterno della rete.

SECONDO TEMPO — Dopo l'intervallo ci si aspetta un Verona più determinato e invece la partita non cambia. Il Bologna gestisce pallone e ritmi, i gialloblù provano solo a ripartire. Pecchia inserisce Petkovic al posto di Cerci, poi passa al 4-2-3-1 aggiungendo anche Lee sulla trequarti. Ma il Bologna sfiora il raddoppio con Dzemaili (bravissimo Nicolas), mentre Mirante osserva la partita fino al 43' quando Lee lo impegna con una conclusione dal limite. Il Verona accelera quando è troppo tardi: Fares sfiora il palo con un sinistro dal limite. Ma al 49' il Bologna chiude la sfida con il tap-in di Nagy dopo l'ennesima parata di Nicolas su tiro di Destro.

G. B. Olivero

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Sassuolo-Benevento 2-2. Diabaté e Politano, che doppiette

Punticino per gli emiliani nella corsa salvezza,
tra i campani grande protagonista il maliano che sale a 7 gol in 6 partite



Il sesto pareggio di fila è poco per il Sassuolo, che contava sul "jolly" Benevento per staccarsi dalla zona rossa. E invece la squadra di De Zerbi, sempre ultimissima, ma un piacere da vedere, gioca una gran partita e si stramerita il primo punto fuori casa del suo campionato. E' la partita delle doppiette: quella di Diabaté, salito a 7 gol in 6 partite, e quella di Politano.

EQUILIBRIO — Il Sassuolo lascia in panchina Berardi per dare spazio in attacco alla coppia Babacar-Politano ma si consegna già inizialmente al palleggio del Benevento. Il possesso dei campani tuttavia inizialmente è inibito dalla pressione del Sassuolo, che trova anche un paio di conclusioni pericolose, con un pallonetto di Cassata al 16’ (appena alto) e un destro di Politano anche questo fuori misura, al 20’. Il Benevento non rinuncia comunque al fraseggio, cercando poi la profondità quando le linee sono ostruite. Arriva così il vantaggio al 22’. Lancio lungo, Guilherme ci rimette una gamba per vincere il contrasto su Acerbi, Djuricic di tacco serve Diabaté che davanti a Consigli sceglie un delicatissimo pallonetto. Guilherme deve uscire in barella, al suo posto Brignola, Acerbi ammonito. E Sassuolo che deve rincorrere. Non solo in senso figurato. Il Benevento lo fa ballare e al 37’ Djuricic spreca il possibile raddoppio sbagliando il controllo davanti a Consigli. Inaspettato è dunque il pareggio, al 41’. Magnanelli lancia a memoria ma nel nulla, Puggioni non esce e Babacar ci crede, mettendo in mezzo per Politano che di prima con il destro non sbaglia mira. Ma è ancora Benevento. Un errore di Adjapong al 43’ apre la strada a Brignola, che calibra male l’assist per Diabaté e Consigli chiude. Tra la rete di una porta che si stacca, l’infortunio di Guilherme e un’occhiata alla Var (fallo di Magnanelli su Tosca appena fuori area), il recupero si allunga fino al 53’, quando Cataldi sbatte l’ultima punizione sulla barriera.


DJURICIC MIGLIORE IN CAMPO — Il palleggio anche basso del Benevento a volte è a forte rischio-errore. Cataldi si becca un giallo al 1’ della ripresa per fermare Politano, poi al 19’, dopo l’ingresso di Berardi per Magnanelli, perde la palla che dà il via libera a Babacar: palla a Politano, pallonetto su Puggioni in uscita e Sassuolo che respira aria di salvezza. Ma dura poco. De Zerbi mette Parigini per Iemmello, allarga il campo e al 28’ pareggia. Lunga azione aggirante, poi Sandro imbuca per Cataldi che assiste basso il solito Diabaté. Spaccata, 2-2 e Consigli spaccato dal contrasto con il centravantone giallorosso. Il Benevento ne ha di più, Djuricic – migliore in campo – è imprendibile. Peccato che Brignola nel finale sprechi due occasionissime in area, una di piede e una di testa. L’ultimissima chance è per Politano, sinistro di poco fuori.

Alex Frosio

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Milan-Napoli 0-0, Gattuso e Sarri lottano.
La Juve se la ride

Al Meazza, rossoneri e azzurri provano senza successo a trovare la via del gol



La manona di Gigio Donnarumma schiaccia l’interruttore dei sogni scudetto del Napoli al 92’, come nei peggiori incubi azzurri: il tocco di Milik è di quelli che possono cambiare la storia della stagione, tenere vive le speranze di rimonta sulla Juve e rimettere benzina nel motore balbettante di questa primavera sarriana. Invece niente: Gigio si allunga e spegne la luce. A San Siro, tra Milan e Napoli finisce 0-0 e a sorridere è solo la Juve, che contro la Samp ha l’occasione di allungare a +6 sugli azzurri e (ri)cucirsi un altro pezzetto di stoffa tricolore sul petto. Sarri vede l’impresa allontanarsi, Gattuso sciupa un’altra occasione di riavvicinare il terzetto della zona Champions: il tris di gare in casa ha portato 3 punti, l’unica euro-consolazione era arrivata da Firenze prima del match, la Fiorentina è ancora dietro.


LA PARTITA — Gattuso sceglie di non pressare alto e intasa il campo di uomini in fase di non possesso: quando il Napoli porta palla, il 4-3-3 rossonero diventa un 4-5-1 con due linee molto strette a coprire il campo, Insigne e compagni provano a sfondare centralmente con combinazioni nello stretto ma trovano pochi sbocchi, merito anche di un Zapata sontuoso nelle chiusure – il colombiano dà sicurezza ai suoi – e dell’attento lavoro di Biglia in copertura. La banda Sarri non è al top della condizione e si vede: raramente riesce ad alzare i ritmi e quando lo fa, manca la zampata vincente. Prima del match ball fallito da Milik nel recupero, il palloni migliori capitano al quarto d’ora del primo tempo sul destro di Mertens, liberato da un tacco favoloso di Insigne al limite dell’area (azione viziata da un fuorigioco del fantasista), con Donnarumma a dire di no, e in avvio di ripresa: Hamsik spreca allargando troppo l’angolo del suo diagonale su un’altra magia nello stretto di Insigne. Rispetto alle uscite con Inter e Sassuolo, il Milan sta meglio e prova a creare pericolo soprattutto nella prima fetta di gara, allargando sulle fasce e cercando Kalinic con i cross: il croato manda fuori di testa all’11’, poi soffre gli anticipi di Albiol e Koulibaly. Al 70’, quando Silva prenderà il suo posto, saranno fischi, come sempre. La vera chance, però, il Milan se la crea con un tiro da fuori di Bonaventura nei primi minuti: bravissimo Reina ad allungarsi. Nel finale di gara, invece, le ultime accelerate ancora a forza di palloni in mezzo all’area: Silva e Locatelli mettono i brividi agli azzurri ma non si passa.

I SOLITI NOTI — Look “casual” ma non solo: Sarri e Gattuso si somigliano anche quanto alle scelte a gara in corso. Entrambi si affidano ai propri titolarissimi e tardano ad effettuare le sostituzioni. Il toscano inserisce Milik a metà ripresa (continua il periodaccio di Mertens, peraltro sempre all’asciutto contro i rossoneri), Ringhio gioca la carta Silva poco dopo. E il polacco, fermato dal miracolo di Donnarumma al 92’, toglierà il sonno a Sarri: con più tempo a disposizione, avrebbe avuto altre occasioni di bucare la porta rossonera?

Marco Fallisi

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Abbiamo perso il treno pure quest'anno! [SM=g8890]





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Juve-Samp 3-0: Douglas tre assist,
gol di Mandzukic, Howedes e Khedira

Il brasiliano entra per l'infortunato Pjanic e serve tre passaggi gol : bianconeri a +6 sul Napoli



Tre gol come al Bernabeu, ma senza amarezza finale. Anzi, la vittoria della Juventus sulla Sampdoria ha un retrogusto anche più dolce grazie allo 0-0 del Napoli a casa del Milan, perché permette ai bianconeri di mettere un'ipoteca sullo scudetto. Persa la Champions, la Signora azzanna il campionato con la ferocia di chi non vuole abdicare dopo 6 anni di tirannia e sbatte i rivali azzurri a -6 in attesa dello scontro diretto (tra una settimana allo Stadium). L'impresa stavolta è firmata da protagonisti vecchi e nuovi: apre Mandzukic, protagonista al Bernabeu, bis della new entry Howedes (prima rete in bianconero) e terzo gol di Khedira. Tutto con la sapiente regia di Douglas Costa, subentrato ma decisivo.

ANCORA TU, MARIO — Allegri lascia in panca Benatia, Alex Sandro, Lichtsteiner, Douglas Costa e Higuain e sceglie il 4-2-3-1 con Howedes terzino destro, Matuidi alto a sinistra, Cuadrado a destra e Mandzukic centravanti, ma il primo tempo è da pennichella. A parte il gol, la Juventus tira in porta due volte (con Cuadrado e Mandzukic) e la Samp di Giampaolo, schierata con il 4-3-1-2 (Ramirez a sostegno di Zapata e Quagliarella), è tutta in un'occasione dell'ex Quaglairella, su cui Buffon è ben piazzato. Il resto è svagatezza e tatticismo, almeno fino a quando la cattiva sorte non dà un aiutino ad Allegri: a due minuti dall'intervallo Pjanic esce per un fastidio muscolare e il sostituto Douglas Costa pochi attimi dopo dipinge per il destro di Mandzukic il cross che vale il vantaggio. Così Marione, che non aveva mai segnato in campionato nel 2018 (ultima rete a Bologna a metà dicembre) trova la terza rete nelle ultime due gare dopo la doppietta (inutile) al Real.

MARCHIO DOUGLAS — Massimo risultato con il minimo sforzo, con Douglas Costa che si conferma letale per parabole e accelerazioni. Non a caso è sempre lui a mettere sulla testa di Howedes (già, proprio l'oggetto misterioso del mercato estivo, con più minuti passati in infermeria che in campo) il cioccolatino delizioso per il raddoppio, che arriva al 14'. E poi a omaggiare Khedira (al 29') con un altro pallone irresistibile. Tre a zero e tre assist di mister Flash, che vuole griffare il settimo scudetto. A inizio ripresa Giampaolo aveva provato a muovere le acque inserendo Kownacki per Quagliarella, che dà meno punti di riferimento. Ed è lui a creare subito un po' di agitazione nell'area avversaria (palla che finisce a lato), seguito a ruota da Zapata (colpo di testa stoppato da Buffon). Fino al 2-0 di Howedes, che chiude partita e forse anche il campionato. La Signora ferita non molla, anzi diventa ancora più feroce. Napoli avvisato: appuntamento domenica prossima sempre allo Stadium (mercoledì ci sarà la trasferta a Crotone per il turno infrasettimanale) per il match clou della stagione.

Fabiana Della Valle

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Lazio-Roma 0-0: Radu espulso, due legni per i giallorossi

La squadra di Inzaghi fa la partita ma crea poco,
quella di Di Francesco è più pericolosa (legni di Peres e Dzeko) ma non sfonda.
Espulso il terzino biancoceleste



La Lazio fa la partita ma non tira in porta, la Roma è più stanca e si ferma ai pali: il derby finisce 0-0 e il risultato tiene le squadre appaiate al terzo posto, con il piccolo vantaggio da parte giallorossa legata allo scontro diretto favorevole. Il risultato è casuale, se è vero che la squadra di Inzaghi pare avere a lungo il controllo della gara, almeno fino a quando non resta in dieci. E dall’altra parte Di Francesco può recriminare per i due legni colpiti, l’ultimo al 46’ del secondo tempo da Dzeko.

PRIMO TEMPO — Le formazioni sono quelle annunciate, Inzaghi sceglie Felipe Anderson vicino a Immobile e lascia in panchina Luis Alberto, mentre Di Francesco se la gioca modello Barcellona, riproponendo lo stesso modulo e la stessa formazione, fatta eccezione per Bruno Peres al posto di Florenzi. La Lazio inizia meglio, prova a tenere alti i ritmi e a soffocare con un pressing asfissiante il gioco della Roma. Al 7’ la prima occasione è per Parolo: Jesus e Kolarov si addormentano su un pallone vagante in area, il centrocampista arriva in corsa e spara alto il destro. La linea difensiva della Roma gioca molto alta: in appena 15 minuti Manolas e compagni mettono in fuorigioco cinque volte gli attaccanti di Inzaghi. Così la gara si impantana a centrocampo, dove le due squadre provano a giocare massimo a due tocchi nella speranza di trovare un’imbucata vincente. Proprio questa è la giocata di Milinkovic al 29’: pallone dietro la linea giallorossa per Parolo che non capisce di essere solo - seppur in posizione defilata - e invece di controllare accelera la conclusione sbagliandola. L’ultimo quarto d’ora è invece di marca Roma, che al 37’ confeziona l’unico tiro nello specchio della porta del primo tempo: Nainggolan confezione un gioiello per Peres tagliando fuori Radu, il brasiliano controlla solo davanti a Strakosha spostato sulla destra e centra il palo con un diagonale. Un minuto dopo Dzeko non arriva in tempo al tap-in a pochi passi da Strakosha, dopo un cross di Kolarov. Il match è duro come non può non essere un derby, se è vero che Mazzoleni deve usare quattro volte il cartellino giallo.

DUE VOLTI — Il secondo tempo comincia sulla falsariga del primo: è la Lazio a fare la partita, la Roma si abbassa e prova le ripartenze. Al 7’ un errato disimpegno di Manolas favorisce Immobile, che s’invola verso Alisson ma sbaglia l’ultimo controllo e consente il recupero dei difensori della Roma. Il primo cambio è di Di Francesco, che sostituisce un evanescente Schick con Under. Proprio una ripartenza del turco porta alla conclusione Dzeko, al 13’: destro a giro, alto. Inzaghi risponde con un doppio cambio: al 14' fuori Felipe Anderson e Lulic, dentro Luis Alberto e Lukaku. Al 16' primo nello specchio della Lazio: sinistro di Marusic, Alisson blocca a terra. L’occasione più grande, per la Lazio, arriva all’inizio del minuto 21: Peres perde un pallone in uscita, Milinkovic dal limite scucchiaia per Immobile che allarga troppo l’esterno destro sul secondo palo. Al 29’ Manolas, colpito duro in precedenza da Immobile, lascia il campo a Florenzi: Di Francesco non cambia modulo, Kolarov scala a fare il terzo centrale, Peres va a sinistra, Florenzi a destra. Non passa neanche un minuto, la Lazio buca a sinistra, il pallone arriva a Luis Alberto che dal limite sfiora il palo con il destro. Al 35' la Lazio resta in dieci: Radu trattiene Under, Mazzoleni estrae il secondo giallo per il romeno. A quel punto Di Francesco toglie Peres inserendo El Shaarawy per un 4-2-3-1, mentre Inzaghi rinuncia a Immobile per Bastos. L’inerzia cambia totalmente, la Roma si riversa nella metà campo avversaria alla ricerca dei tre punti, anche se Milinkovic si mette a fare l’attaccante e proprio lui costruisce un’occasione d’oro per Marusic, sul quale è provvidenziale il recupero di El Shaarawy al momento del tiro. Poi Dzeko ha tre grandi occasioni in meno di un minuto, tra il 45 e il 46’: prima si vede parare da Strakosha il colpo di testa su cross di Under, poi stampa sulla traversa un’altra zuccata a Strakosha battuto, infine sfiora il palo con una conclusione dal limite. C’è ancora spazio per un recupero di Kolarov al 48’ su un contropiede Lazio e un tentativo da metà campo di Milinkovic che spaventa Alisson. Lo 0-0 sa di Champions, qualificazione che oggi sarebbe centrata da entrambe le squadre.

Davide Stoppini

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2017/2018 31ª Giornata (12ª di Ritorno)

14/04/2018
Cagliari - Udinese 2-1
Chievo - Torino 0-0
Genoa - Crotone 1-0
Atalanta - Inter 0-0
15/04/2018
Fiorentina - Spal 0-0
Bologna - Hellas Verona 2-0
Milan - Napoli 0-0
Sassuolo - Benevento 2-2
Juventus - Sampdoria 3-0
Lazio - Roma 0-0

Classifica
1) Juventus punti 84;
2) Napoli punti 78;
3) Lazio e Roma punti 61;
5) Inter punti 60;
6) Milan punti 53;
7) Fiorentina punti 51;
8) Atalanta punti 49;
9) Sampdoria punti 48;
10) Torino punti 46;
11) Genoa e Bologna punti 38;
13) Udinese punti 33;
14) Cagliari punti 32;
15) Sassuolo punti 31;
16) Chievo punti 30;
17) Spal punti 28;
18) Crotone punti 27;
19) Hellas Verona punti 25;
20) Benevento punti 14.

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