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Campionato di calcio Serie A stagione 2018/2019: cronache, classifiche e... soprattutto commenti

Ultimo Aggiornamento: 27/05/2019 00:22
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Sampdoria-Udinese 4-0: doppietta di Quagliarella, chiudono Linetty e Gabbiadini

Tutto facile per i blucerchiati:
il capitano segna due gol su altrettanti calci di rigore ed eguaglia Batistuta,
nella ripresa i padroni di casa dilagano e volano in classifica



E primato (eguagliato) sia. La festa Samp (che si chiude con un netto quattro a zero su un’Udinese mai in partita) comincia al 33’ del primo tempo, quando il primo rigore realizzato da Fabio Quagliarella (autore di una doppietta e di un assist: la serata perfetta) consente all’attaccante (sedici centri in campionato) di eguagliare lo storico primato di partite consecutive con gol, che apparteneva sino a ieri a Gabriel Batistuta, riuscito nell’impresa in un tempo ormai lontano: novembre 1994. Sotto gli occhi del c.t. azzurro Mancini, in tribuna per seguire l’attaccante, il Ferraris ha tributato una lunghissima standing ovation al capitano della Samp, che poi ha fatto il bis, ancora dal dischetto, all’11’ della ripresa.

EPISODIO — Un fallo sciocco, ma netto, quello di Behrami su Defrel che ha permesso alla squadra di Giampaolo di sbloccare la partita nel primo tempo che sino a quel momento aveva visto l’Udinese di Nicola molto chiusa, ma sempre in grado di tenere bene il campo, grazie a un 3-5-2 (con De Paul al fianco di Okaka in attacco) che diventava spesso un 5-3-2, dove Larsen e D’Alessandro sulle corsie esterne scalavano sulla linea dei difensori. Pochi spazi, dunque, per i blucerchiati, apparsi però nel primo tempo comunque più propositivi degli ospiti, salvati da un gran riflesso di Musso ancora su Quagliarella tre minuti dopo il gol.

PRESSIONE — Nicola, che nel frattempo aveva sostituito Behrami con Pussetto, ha cercato invano maggiore profondità. La Samp, però, continua ad affondare e al 10’ si è conquistata un altro rigore, per fallo di mano di Opoku su Murru, dopo una bella deviazione di Musso su una punizione del capitano. Udinese non pervenuta e con zero tiri in porta. Il raddoppio Samp ha chiuso di fatto la partita, ma non la voglia di attaccare dei blucerchiati, ancora in gol al 23’ con Linetty, bravo a chiudere una combinazione in velocità fra Quagliarella e Saponara e poi ancora al 33’ con il primo gol della nuova avventura sampdoriana di Gabbiadini. Su assist di Quagliarella, ovviamente, poi sostituito da Kownacki per una meritata, seconda standing ovation del Ferraris.

Filippo Grimaldi

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Milan-Napoli 0-0: Piatek debutta, Ancelotti espulso

Equilibrio assoluto nell'anticipo della 21ª giornata:
debutta l'attaccante polacco, Ospina salva su Musacchio e
alla fine le squadre si prendono un punto ciascuna



Lo scontro Champions tra l’allievo e il maestro finisce in parità. Senza gol, con qualche emozione e senza noia. Il Milan presenta per la prima volta Paquetà a San Siro, mentre i tifosi devono scorgere Piatek inizialmente tra le riserve. Cutrone è titolare, senza sorprese. Qualcuna in più nel Napoli: scontati i rientri di Insigne e Koulibaly, meno il cambio tra i pali tra Ospina e Meret. La prima occasione è loro: sull’asse Insigne-Callejon lo spagnolo arriva al tiro e Donnarumma fa una figura simile a quella su Milik, nell’ultimo Milan-Napoli. Il Milan è altrettanto propositivo, accende San Siro fino all’area avversaria quando però non riesce a trovare spazi per il tiro. Ci prova Calhangolu, bloccato da Ospina. O rovesciando il fronte prima Zielinski di forza poi Callejon in pallonetto: sempre fuori. A parte Gigio in avvio, i portieri non risultano molto operativi: eppure la partita è piacevole, e sembra potersi definitivamente accendere da un momento all’altro. Poche palle gol fatte arrivare ai centravanti: Cutrone e Milik restano senza rifornimenti per quasi tutti i primi 45’.

11 A 9 — Dopo due minuti della ripresa l’occasione è rossonera: Kessie approfitta dell’errore in disimpegno di Albiol ma alza alto co deviazione decisiva di Malcuit. Ecco la fotocopia del primo tempo: un’occasionissima in avvio e poi squadre che giocano ma il ritmo che un po’ cala. Il Napoli fa più giro palla, il Milan è più costretto a inseguire: per questo la fatica si fa sentire a metà tempo. Milik dall’altezza del rigore si gira in area e ritrova Donnarumma al centro, Zielinski dalla distanza pesca ancora reattivo Gigio, anche se in due tempi. Così prima della mezz’ora Rino cambia: fuori un nuovo acquisto (Borini per Paquetà) e dentro l’ultimissimo arrivato, Piatek per Cutrone. Subito dentro la partita: Borini verticalizza per Piatek e Koulibaly salva. Sull’angolo successivo ci prova Musacchio in acrobazia e a esaltarsi stavolta è Ospina. Il finale resta però del Napoli con un altro tiro dalla distanza, ancora di Zielinski. Sempre lui è imperdonabile dopo, in azione di contropiede supportata da quattro uomini: il tiro è ancora su Gigio. Finisce 11 a 10 (o nove): espulsi nel recupero Ruiz e Ancelotti.

Alessandra Gozzini

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Chievo-Fiorentina 3-4: Muriel e Chiesa trascinano i viola

Partita dalle mille emozioni nel lunch match della 21esima giornata di Serie A.
La squadra di Pioli ritrova il successo dopo tre partite a secco



Molti gol, molti errori, di certo non un grande spettacolo. Grazie a Chiesa la Fiorentina coglie una vittoria sul campo del Chievo in un'ora-pranzo gelata. Comincia benissimo per i viola con il gol di Muriel al quarto minuto, ma il Chievo reagisce rabbiosamente e prima del raddoppio di Benassi c'è tempo per un gol annullato (pasticcio di Vitor Hugo con il portiere Lafont, ma il silent check aiuta l'arbitro: Pellissier era entrato in area prima che il portiere rinviasse) e un rigore reclamato e non concesso al Chievo. Subito dopo, ecco il raddoppio con l'inserimento di Benassi, servito da Simeone dalla linea di fondo.

RIMONTA CHIEVO — Partita chiusa? Nonostante i nervi tesi, la squadra di Di Carlo mantiene la lucidità necessaria e Stepinski con un bello stacco di testa beffa Pezzella. Partita riaperta e continui colpi di scena anche nel secondo tempo, con l'espulsione di Benassi per fallo di mano, il rigore stavolta concesso e segnato da Pellissier, poi parate e traverse in ordine sparso, fino a quando Gerson, entrato all'inizio del secondo tempo, prima lancia Chiesa verso il nuovo vantaggio, poi colpisce la palla con la mano in area per un rigore dubbio e stavolta concesso da Chiffi: Lafont, fino a quel momento in balia dei colleghi difensori, si riscatta parando il tiro di Pellissier, e subito dopo Chiesa costruisce con Gerson un dai e vai che vale il quarto gol viola.

APPLAUSI AL CHIEVO — Finita finita? Neppure per sogno, perchè Djordjevic ci mette la testa e riporta sotto il Chievo. Non c'è tempo per pareggiare, ma il Chievo esce fra gli applausi dei tifosi, soprattutto Pellissier, ultimo a imboccare la via degli spogliatoi consolato da Di Carlo. Una bella scena per sigillare una gara sconclusionata, decisa da difensori imperdonabili e da un attaccante che mezzo modo vorrebbe: Federico Chiesa.

Alessandra Bocci

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Atalanta-Roma 3-3: Dzeko è tornato, ma la Dea risorge e pareggia

Il bosniaco trova la doppietta, El Shaarawy fa il terzo, poi si spegne la luce.
I bergamaschi a segno con Castagne, Toloi e Zapata.
Il colombiano sbaglia anche un penalty



Esattamente come all’andata, anche se all’Olimpico fu la Roma a recuperare (quella volta da 1-3) per chiudere poi sul 3-3- finale. Stavolta, invece, un’Atalanta gigantesca per cuore e personalità è capace di risalire dall’inferno (0-3) fino al pareggio, grazie ad un Gomez favoloso e ad un Castagne che a sinistra ha vinto i duelli prima con Karsdorp e poi con Florenzi. La Roma, invece, butta via una vittoria praticamente acquisita, ma soprattutto gioca un secondo tempo in cui non riesce mai a tirare in porta, restando spesso vittima dell’aggressività nerazzurra. Eppure Dzeko si era finalmente svegliato e sembrava aver vinto il duello a distanza con Zapata. Ed invece è proprio il colombiano, dopo aver sprecato un rigore, a segnare il meritato 3-3 finale e a chiudere la partita così.

LE DUE FACCE — Gasperini dietro preferisce Djimsiti a Palomino e a sinistra Castagne a Gosens, Di Francesco invece deve rinunciare in extremis a Fazio, debilitato dall’influenza settimanale. Confermata davanti l’opzione di Zaniolo spostato a destra. Considerando lo stato di salute di entrambe le squadre, ci si aspettava una partita scoppiettante. Attese non tradite, anzi. Anche perché sia Atalanta che Roma pressano subito altissime, con i giallorossi che dopo appena 3’ di gioco trovano il vantaggio con Dzeko (bello l’assist di petto di Zaniolo ad andare dentro). Era l’uomo più atteso, quello chiamato a cambiare marcia alla Roma. Stavolta non si è fatto attendere, perché il bosniaco segna anche il 2-0 (33’), sfruttando un brutto malinteso tra Toloi e Berisha. E l’Atalanta? Il gol preso a freddo ha cambiato ovviamente lo spartito della partita, ma la squadra di Gasperini spinge in continuazione, lasciando però troppo spazio alle ripartenze giallorosse. Ilicic fa ammattire Marcano, ma spesso è troppo egoista e finisce con il rovinare tutto. Zapata, invece, stavolta si deve arrendere a Manolas, mentre Gomez ogni volta che tocca palla è un pericolo: prima prende la traversa su angolo (6’), poi manda dentro Ilicic che spreca a lato da solo davanti ad Olsen (9’) e infine mette dentro una palla tagliata bassa su cui ancora Ilicic arriva con un soffio di ritardo per il tap-in vincente. La pressione sella Dea è costante, Manolas salva su Ilicic a botta sicura, Karsdorp rinvia sulla linea un colpo di testa di Zapata che sembrava gridare al gol. Quando però costruisci così tanto senza concretizzare, facile dopo essere puniti. Anche perché la Roma riparte che è una bellezza e quando si distende in contropiede sembra una fisarmonica perfetta. Così al 40’ è ancora Zaniolo a trovare dall’altra parte El Shaarawy, che brucia Berisha per il 3-0. Sembra tutto archiviato, ma a un minuto dal riposo un colpo di testa di Castagne (su Karsdorp) riapre i giochi.

DOMINIO DEA — Neanche il tempo di ripartire che Ilicic ha un’occasione colossale per riaprire la partita, ma contro ogni legge della fisica riesce a sbagliare a pochi metri da Olsen. Ora è una corrida, duelli ovunque, anche con qualche eccesso di troppo. E al 14’ Gomez inventa un’altra pennellata delle sue per Toloi, che in area svetta su Manolas e brucia Olsen. La foga agonistica dell’Atalanta adesso è fortissima, spinta da uno stadio entusiasmante. La Roma invece è ormai alle corde e non riesca mai a risalire. Nzonzi si ammonire per proteste (salterà il Milan, esattamente come Cristante) e Di Francesco per riequilibrare la squadra inserisce Florenzi per Pellegrini, riportando Zaniolo alle spalle di Dzeko. Al 23’ Ilicic va giù in area, per Calvarese è simulazione, con giallo per lo sloveno. Poi interviene la Var e Calvarese torna sui suoi passi: rigore, con il giallo che da Ilicic passa a Kolarov. Sul dischetto va Zapata, che calcia alle stelle. Il colombiano però si rifa un minuto dopo, quando di destro beffa Olsen, con Manolas che chiude in ritardo. Nonostante il 3-3, l’Atalanta non è paga e con Hateboer sfiora anche il 4-3. Di Francesco non sa più che fare e allora passa alla difesa a tre (dentro Fazio). Al 42’ altro brivido, con Castagne che da due passi non riesca ad insaccare. Al 45’ Olsen salva su Barrow, ma è fuorigioco. Finisce così, con la Roma a recriminare per una vittoria buttata via e l'Atalanta a gioire per un pareggio strameritato.

Andrea Pugliese

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Bologna-Frosinone 0-4:
reti di Ghiglione, Ciano (doppietta) e Pinamonti

Scontro salvezza a senso unico:
padroni di casa in 10 dopo soli 14 minuti per l’intervento di Mattiello su Cassata,
gli ospiti dilagano con due reti per tempo



Clamoroso al Dall’Ara: Bologna zero, Frosinone 4. Adesso Filippo Inzaghi è più fuori che dentro, e forse il Bologna è ancor più in B che in A. Il Frosinone umilia il Bologna e il resto è solo cronaca. In tutto questo ha sbagliato anche Inzaghi stesso agevolando la tempesta perfetta di un Frosinone che dopo aver vinto in Emilia (casa-Spal) ha ribaltato anche il Dall’Ara davanti a Saputo che guarda molto al futuro dovendosi però preoccuparsi più del presente. Bologna che sparisce dopo 14’, ovvero quando Mattiello si fa scioccamente e giustamente cacciare dal campo (rosso diretto) per entrata su Cassata. Da quel momento, il Frosinone si è trovato in mano il campo ideale per darsi convinzione: il 4-0 a Bologna avvicina i ciociari proprio ai rossoblù che peggio di così non potevano immaginare di andare e che ora dovranno trovare un tecnico che risollevi una situazione imbarazzante.

BOLOGNA, SBAGLIANO TUTTI — In sette minuti il Bologna piomba nell’incubo: al minuto 14’ Mattiello merita il cartellino rosso per entrata sulla caviglia di Cassata e da quel momento il Bologna entra nella confusione più totale. Perché Inzaghi invece di infilare un terzino destro di ruolo arretra Poli nella difesa a 4 ed è proprio da quella parte che il Frosinone trova la gloria: due cross di Beghetto (minuti 18 e 21) mettono in rete Ghiglione e Ciano completamente soli in mezzo all’area. E’ un Bologna che aveva iniziato rombando e tirando (con Orsolini e Palacio) ma dal momento dell’inferiorità numerica è andato completamene nel pallone legittimando (con errori del tecnico e propri) il doppio vantaggio di un Frosinone che si è presentato con Ciano e Pinamonti davanti e che sin dai primi minuti aveva evidenziato inferiorità rispetto al Bologna. Ma di questi tempi in rossoblù succede un po’ di tutto, e così in due occasioni (minuto 25 e 39) la Curva Bulgarelli perde la pazienza e grida prima “tirate fuori le palle” e poi “Fenucci stiamo arrivando”. Un primo tempo impietosamente sbagliato da parte degli uomini di Inzaghi poi controllati – in alcune fiammate – da un Frosinone colmo di realismo e semplicità. Il Lato A del match finisce coi fischi dello stadio: nessuno escluso.

DONADONI — Nella ripresa Inzaghi infila Calabresi e Destro ma il Frosinone fa il terzo e il quarto gol con Pinamonti prima (e giochi liberi ancora di Beghetto) e poi con Ciano che vola libero infilando il 4-0. Il Bologna colleziona calci d’angolo ma non sfonda: non ha i mezzi e forse da domani avrà anche un nuovo allenatore, sempre ricordando che Donadoni è ancora a libro paga fino a giugno.

Matteo Dalla Vite

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Parma-Spal 2-3: doppio Inglese, poi l'incredibile rimonta ferrarese

Derby da brividi: crociati avanti di due gol fino al 70’,
poi la squadra di Semplici ribalta la partita.
Tre punti importanti in chiave salvezza



L’impresa della Spal è clamorosa. Sotto di due gol a metà del secondo tempo e con il pensiero che la vittoria manca addirittura dal 20 ottobre 2018, la squadra di Semplici si trasforma e in venti minuti ribalta il canovaccio della partita e va a conquistarsi una meritatissima vittoria in trasferta contro il Parma. Il sigillo finale di Fares (gran tiro da fuori area) è il simbolo della tenacia dei ferraresi che, neppure quando si sono trovati con l’acqua alla gola, hanno alzato bandiera bianca. Il Parma, invece, dimostra una fragilità che finora in campionato non aveva mai palesato. Non si può dilapidare un vantaggio di due gol, in casa. Troppe disattenzioni sulle palle inattive e sui cross.

PRIMO TEMPO — Il rigore trasformato da Inglese dopo 11 minuti dovrebbe consentire al Parma di gestire la partita, di aspettare gli avversari e ripartire in velocità in contropiede, che è poi l’arma preferita dai ragazzi di D’Aversa. Succede, invece, che il pallino della sfida lo prende in mano la Spal e non lo molla più fino al termine del primo tempo. Il Parma non riesce quasi mai a innescare Gervinho e Inglese e sembra troppo prudente e troppo attendista. Sono soprattutto i cross dalla trequarti a tenere in apprensione la difesa del Parma: Fares, a sinistra, e Lazzari, a destra, spingono come forsennati e scodellano in mezzo all’area palloni su palloni. Bruno Alves e Bastoni hanno parecchio lavoro da sbrigare. La Spal, tuttavia, a parte queste soluzioni sugli esterni, non trova mai l’imbucata centrale.

SECONDO TEMPO — È sempre Inglese, che si fionda sulla ribattuta della traversa dopo il tiro di Gervinho, a trascinare il Parma in avvio di ripresa. E a quel punto, sul 2-0, la partita sembra chiusa. Ma Semplici, a metà tempo, s’inventa la mossa che manda in crisi il Parma: inserisce Valoti e Antenucci, passa dal 4-4-2 (molto scolastico) al 4-3-3, e la Spal diventa imprendibile. Valoti inzucca l’1-2 (dormita generale della difesa del Parma), Petagna lo imita per 2-2 (ma dov’è Bruno Alves?) e infine il siluro di Fares consegna ai ferraresi una vittoria che mancava da 11 partite di campionato.

Andrea Schianchi

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Torino-Inter 1-0: gol di Izzo, Politano espulso nel finale

Un colpo di testa del difensore regala ai granata tre punti fondamentali per credere all'Europa.
I nerazzurri giocano una gara pessima: ora il Milan è a 5 punti


L'Inter è più vicina al Toro di quanto lo sia alla Juve. Non è un giudizio, ma una lettura della classifica: sedici punti di distacco dalla vetta (che potrebbero aumentare in serata), 10 di vantaggio sui granata, oggi decimi. E quei dieci nemmeno si vedono, nella fredda serata di gennaio, che riapre enormi punti interrogativi sulla squadra di Spalletti. Vince il Toro 1-0, sfruttando un colpo di testa di Izzo, in carambola su D'Ambrosio, dopo 35', su azione di corner. Basta questo, e una disciplinata esecuzione di un accorto 3-5-2 per avere ragione dei nerazzurri, senza idee e quasi senza tiri in porta nella ripresa.

SEGNI — Il rosso a Politano, per proteste, dopo un quarto d'ora dal suo ingresso in campo è un altro segno di una squadra che fatica ormai a nascondere tensioni che vanno oltre l'andamento negativo di questa gara. Certi ostinati tentativi di uscita palla al piede di Skriniar (con palla persa e rischi) sembrano espressione di un senso di impotenza e della volontà di risolvere una situazione senza sbocchi. Ma lo slovacco, che in difesa si mangia avversari nell'uno contro uno, non è lì per fare anche quello. Spalletti cambia quattro moduli, partendo dal 3-5-2 con Lautaro-Icardi, senza trovare un gioco. Un alieno atterrato oggi a Torino non capirebbe perché il numero 9 chieda 7 o più milioni di euro, e perché stia quasi per ottenerli. O perché tutti da mesi invocassero in campo anche il 10.

MERITI TORO — Tutto ciò rischia di oscurare i meriti del Toro, che non sono clamorosi, ma ci sono: squadra "mazzarrianamente" solida, che senza rubare l'occhio fa cantare la Maratona. I tre centrali, guidati da Nkoulou, sbagliano poco, il centrocampo protegge e prova a lanciare la coppia d'attacco Zaza-Belotti, per la quarta volta insieme dal 1'. Con un po’ di freddezza in più nelle scelte del numero 9, sarebbe potuto arrivare anche il raddoppio. Rincon lotta per tre, Ansaldi interno si fa quasi rimpiangere dai suoi ex tifosi. Il Toro passa dopo 35', quando sugli sviluppi di un corner Ansaldi crossa sul secondo palo: Izzo sovrasta D'Ambrosio e colpisce di testa. La palla rimbalza sull'interista e si alza a pallonetto, finendo sul palo lontano. Trovato il vantaggio, non è che tremi più di tanto, fino al 95'.

CAMBI — Naufraga così la prima Inter post-Perisic, anche se il croato c'è, ed è in panchina: Spalletti schiera l'agognata coppia Icardi-Lautaro dal 1', e viene riproposta anche la difesa a tre che all'andata non convinse. Stavolta il problema principale sono gli esterni: Dalbert e D'Ambrosio sono in giornata no, il neo-acquisto Cedric (rimasto ad Appiano) guadagna posizioni interne senza giocare. L'altro limite nel 3-5-2 è che si l'Inter fa fatica a costruire, a meno che Icardi o più spesso Lautaro non vengano a prendere palla sulla trequarti: nascono così le due migliori azioni nerazzurre del primo tempo, chiuse da un tocco fuori di poco del numero 10 e da un tiro dal limite parato del capitano. Il passaggio al 4-3-1-2 con Nainggolan per Miranda, non porta ad apprezzabili miglioramenti del gioco o a pioggia di occasioni. Per Nainggolan la partita buona, anche stavolta, sarà la prossima: Radja appare spaesato, prova a sbloccarsi con un tiro, ma va alle stelle. Molto più impatto arriva dal cambio seguente, con l'ingresso di Politano e il passaggio al 4-3-3: l'azzurro sembra il più intraprendente (tiro fuori di poco al 73'), ma brucia in fretta: espulso. Gli assalti finali non sono nemmeno veementi, di Icardi si perdono le tracce. Tornando a parlare di punti, la quinta è lontana due partite. Occhio.

Valerio Clari

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Serie A, Lazio-Juventus 1-2:
Cancelo e CR7, è rimonta bianconera

I biancocelesti fanno la partita e passano in vantaggio con un autogol di Emre Can,
sprecano il possibile raddoppio e vengono ripresi e sorpassati dai gol dei portoghesi.
Bianconeri a +11 sul Napoli



Va sotto, soffre, rimonta e alla fine vince e di fatto ammazza il campionato, perché ora la Juventus è a +11 sul Napoli. Dev'essere destino che all'Olimpico di Roma con la Lazio vada a finire così: un anno fa la Signora aveva vinto con una magia di Dybala nel finale una partita decisiva per lo scudetto, ora siamo ancora lontani nel finale di stagione ma i tre punti strappati ai biancocelesti, la squadra che più di tutte l'ha messa in difficoltà, sono pesantissimi. Merito di Cancelo, che è entrato e ha cambiato la partita, segnando la prima rete in bianconero e poi procurandosi il rigore trasformato da Cristiano Ronaldo: la coppia portoghese fa volare i bianconeri.

LAZIO, CHE OCCASIONI — La Juventus, forse condizionata dal pareggio di ieri del Napoli, entra in campo molle e poco aggressiva. Tutto il contrario della Lazio, che invece spinge da subito sull'acceleratore nonostante le tante assenze. Inzaghi senza Acerbi sceglie la difesa a tre, infoltisce il centrocampo e piazza Parolo largo a destra, Allegri sostituisce Pjanic (infortunato come Mandzukic, Khedira, Cuadrado e Barzagli) con Emre Can in regia, lascia a riposo Chiellini (ma durerà poco) e completa il tridente con Douglas Costa. La Juve però va subito in difficoltà: i biancocelesti corrono di più e fanno girare meglio la palla, i bianconeri sono poco appannati nelle scelte e negli interventi, l'unico lucido è Rugani: suo il salvataggio a pochi minuti dall'intervallo su Immobile, con Szczesny ormai fuori dai giochi. E' l'ultima, ma non la sola azione della Lazio nei primi 45'. Poco prima Szczesny aveva salvato il risultato con una mano su Parolo, in precedenza ci avevano provato anche Correa e Luis Alberto. Il primo e unico mezzo tiro in porta bianconero è di Douglas Costa intorno alla mezz'ora: un cross deviato da un laziale che diventa pericoloso per Strakosha. Cristiano Ronaldo non è contento e lo dimostra platealmente con urla e gesti rivolti ai compagni. Intanto piove sul bagnato: dopo aver stretto i denti per un po', Bonucci è costretto a lasciare il posto a Chiellini per un infortunio alla gamba dentra: gli occhi umidi e la faccia affranta con cui lascia il campo non lasciano presagire nulla di buono. Da segnalare anche le proteste bianconere per un tocco di mano in area di Wallace da terra, su cui l'arbitro fa proseguire.

VANTAGGIO — Nel secondo tempo non si cambia spartito: Lazio sempre più pericolosa, prima con Luis Alberto, il migliore per distacco (tiro a fil di palo), poi con Bastos (di testa: alto). Tenta che ti ritenta, i ragazzi di Inzaghino trovano il vantaggio al 14', su angolo: Parolo svetta di testa, non la prende manda fuori giri Emre Can, che devia il pallone in rete. Juve tramortita e Lazio che sfiora subito il 2-0 con Immobile ben imbeccato da Correa, che però calcia male. Dalla prima della classe t'aspetti una reazione che invece non arriva, neanche con l'innesto di Bernardeschi.

CI PENSA CANCELO — C'è una sola squadra in campo, padrona in ogni zona, in particolare in mezzo. I bianconeri non vincono un contrasto, non saltano l'uomo e non sfruttano le fasce; non brilla nemmeno la stella di CR7. I cambi però sono come al solito la risorsa di Allegri: entra Cancelo per Douglas Costa e la Juventus trova il pareggio con l'unica azione degna di questo nome: cross di Bernardeschi, tiro di Dybala che Strakosha non trattiene e su cui s'avventa il portoghese meno famoso ma stavolta più concreto. Non solo: è sempre Cancelo a procurarsi il calcio di rigore (fallo di Lulic) che Ronaldo trasforma per il ribaltone del 2-1. Finale amaro per la Lazio, che paga a caro prezzo alcune leggerezze. La Juve invece tira un sospiro di sollievo e festeggia. Come al solito.

Fabiana Della Valle

Fonte: Gazzetta dello Sprt
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Empoli-Genoa 1-3: Sanabria gol all’esordio, Lazovic trascinatore

I rossoblù conquistano tre punti importanti in trasferta.
Il centrocampista segna un gol e regala un assist al neo acquisto.
Di Kouame e Di Lorenzo le altre reti



Primo successo esterno per il Genoa di Prandelli, che sale a più nove sul Bologna terzultimo e inguaia l’Empoli. Scatto decisivo per i rossoblù nella ripresa, dove il doppio colpo Lazovic-Sanabria (debutto con gol del paraguaiano) manda al tappeto l’Empoli, che era riuscita momentaneamente a recuperare con Di Lorenzo lo svantaggio iniziale per la rete di Kouame. E dire che il Genoa era sceso in campo con un atteggiamento molto prudente: Kouame unica punta e Bessa a supporto. Ma è stato proprio l’ivoriano ad andare subito a segno nel primo tempo, approfittando di una colossale ingenuità (17’) di Veseli, dopo un inizio che aveva visto i toscani molto pericolosi con Traore e Zajc. Il vantaggio della squadra di Prandelli cambia però gli equilibri della partita: il Genoa gioca con maggiore tranquillità, anche se gli uomini di Iachini per tre volte vanno vicinissimi al pari: Radu è decisivo su Krunic (28’) e poi su Caputo (37’), che nel recupero del primo tempo anticipa Romero, ma il suo diagonale va a lato di un soffio. Ospiti dopo il gol pericolosi solo una volta con un tiro dalla distanza di Romulo, deviato in corner (32’) da Provedel.

COPERTI — Nella ripresa Prandelli passa al 4-2-3-1, cercando di tenere il vantaggio limitando i rischi, piazzando Veloso e Rolon davanti alla difesa. Con i rossoblù così coperti, l’Empoli fatica a trovare varchi in attacco. Iachini mette in campo Mchedlidze al posto di uno spento Krunic e passa al 3-4-1-2. Acciuffa così il pari con Di Lorenzo (18’) su un cross di Caputo non trattenuto da Radu.

SCOSSA — Sembra una gara destinata al pari, invece il Genoa dà la scossa alla partita. Al 25’ gol capolavoro dalla distanza di Lazovic, che poi al 28’ serve con un pallonetto delizioso il debuttante Sanabria per il suo primo gol genoano. Nel finale pesante contestazione del pubblico toscano alla squadra di Iachini, alla terza sconfitta casalinga consecutiva.

Filippo Grimaldi

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2018/2019 21ª Giornata (2ª di Ritorno)

26/01/2019
Sassuolo - Cagliari 3-0
Sampdoria - Udinese 4-0
Milan - Napoli 0-0
27/01/2019
Chievo - Fiorentina 3-4
Atalanta - Roma 3-3
Bologna - Frosinone 0-4
Parma - Spal 2-3
Torino - Inter 1-0
Lazio - Juventus 1-2
28/01/2019
Empoli - Genoa 1-3

Classifica
1) Juventus punti 59;
2) Napoli punti 48;
3) Inter punti 40;
4) Milan punti 35;
5) Roma punti 34;
6) Sampdoria punti 33;
7) Atalanta e Lazio punti 32;
9) Fiorentina e Torino punti 30;
11) Sassuolo punti 29;
12) Parma punti 28;
13) Genoa punti 23;
14) Cagliari e Spal punti 21;
16) Udinese punti 18;
17) Empoli punti 17;
18) Bologna punti 14;
19) Frosinone punti 13;
20) Chievo(-3) punti 8.

(-3) Il Chievo sconta la penalizzazione per la sentenza del Tribunale della Federcalcio.

(gazzetta.it)
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Empoli, Caputo salva Iachini: Chievo rimontato, finisce 2-2

Giaccherini e Stepinski lanciano i veneti, ma l’attaccante è implacabile e firma il pareggio


Un pareggio che non piace a nessuno. Il 2-2 lascia il Chievo all’ultimo posto lontano dalla zona salvezza. E non permette all’Empoli di risalire posizioni in classifica. La squadra di Di Carlo ha avuto il torto di non saper gestire i due gol di vantaggio. In grande evidenza, tra gli azzurri, Caputo, autore di una doppietta. Parte meglio l’Empoli che sfrutta la vivacità di Traorè. Il talento ivoriano però pecca in fase conclusiva. Il Chievo guadagna campo ma al 29’ perde Pellissier per un problema muscolare. Al suo posto entra Djordjevic. Due minuti dopo il Chievo passa in vantaggio. Giaccherini si inserisce centralmente, viene favorito da un errore di Rasmussen e fulmina Provedel con un destro imparabile. Un gran gol. L’Empoli sbanda. Fatica a riorganizzarsi. E il Chievo ne approfitta per andare ancora a segno nel recupero del primo tempo. Su azione da calcio d’angolo Silvestre regala un assist involontario a Stepinski che da due passi va a segno. Non è finita. La squadra di Iachini riesce a ridurre lo svantaggio prima dell’intervallo con Caputo che appoggia in rete un cross di Di Lorenzo che attraversa tutta l’area di rigore avversaria. 1- 2 e la partita resta viva.


CAPUTO A QUOTA 11 — L’Empoli pareggia a inizio ripresa. Rinvio di Provedel, errore di Hetemaj e grande azione personale di Caputo. L’attaccante salta Sorrentino e appoggia in rete la palla del 2-2. Undicesimo centro in campionato per l’attaccante azzurro. La partita torna in equilibrio nel risultato e anche nell’andamento della gara. Ha una buona opportunità Stepinski che arriva in spaccata su un cross di Jaroszynski. La palla vola via alta. Sull’altro fronte l’Empoli mantiene una certa supremazia territoriale. Ma la squadra di Iachini fatica ad arrivare al tiro. Gli azzurri si giocano anche la carta Mchedlidze. Gli azzurri passano al 4-3-3. L’ultima occasione da gol è una deviazione di Stepinski che Providel controlla e la sfida finisce in parità.

Luca Calamai

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Serie A, Napoli-Sampdoria 3-0: decidono Milik, Insigne e Verdi

La squadra di Ancelotti costruisce il successo con un gran primo tempo.
Dodicesimo gol in campionato per Milik, Insigne rompe il digiuno e nel finale segna anche Verdi su rigore.
Niente record per l'ex Quagliarella



Con il minimo sforzo e senza patire. Il Napoli fa valere la legge del San Paolo e ne rifila tre alla Sampdoria. Una gara che non ha avuto storia, con la formazione di Ancelotti a comandare il gioco sin dalle prime battute. E’ la notte di Lorenzo Insigne, in ogni modo. Dopo tre mesi, ritorna al gol, l’ultimo l’aveva realizzato all’Empoli, il 2 novembre scorso. E lo è anche di Arek Milik, ancora a segno, per il dodicesimo gol personale in campionato. Non è stata, invece, la notte di Fabio Quagliarella: Napoli non gli ha concesso nulla e, dunque, non ha potuto stabilire il record di gol consecutivi segnati in serie A. Un primato che deterrà insieme a Gabriel Batistuta: i due si sono fermati a quota 11.

MILIK SPIETATO — Sono poche le novità di Ancelotti in formazione. Hysaj rientra a destra, mentre Maksimovic è ancora in coppia con Koulibaly. Giampaolo tiene in panchina Gabbiadini e schiera Defrel al fianco di Quagliarella. L’avvio è caratterizzato da un paio di respinte, goffe, di Audero che crea più di qualche apprensione nei suoi compagni. Una decina di minuti di studio e il Napoli spinge la Sampdoria nella propria metà campo. L’azione e le ripartenze di Zielinski sono travolgenti, così come sulla destra le puntate di Callejon, verso l’area avversaria, trovano impreparato Murru. Il vantaggio napoletano arriva al 25’, a propiziare l’azione è proprio Callejon che, scattato sul filo del fuorigioco, crossa basso. Sul pallone si avventa Milik per il dodicesimo centro in campionato.

RIECCO INSIGNE — Giusto il tempo per consentire alla Samp di riprendere il gioco che arriva il raddoppio napoletano. E’ ancora Callejon a indovinare il corridoio giusto per smarcare Insigne: la conclusione di destro dell’attaccante incrocia l’uscita di Audero e il pallone finisce in rete (26’). Per Lorenzo è il gol della liberazione, arrivato dopo tre mesi esatti di astinenza. L’ultimo, infatti, l’aveva realizzato il 2 novembre, contro l’Empoli.

QUAGLIARELLA C'È — L’attaccante è braccato da Maksimovic, ma riesce comunque a concludere un paio di volte verso Meret. L’azione più incisiva arriva al 36’, quando il tocco a volo sul cross di Murru finisce di poco a lato. Ancora Quagliarella, al 40’, ma la conclusione viene deviata in angolo. Sul finire del primo tempo Pairetto annulla un gol a Milik per fuorigioco, confermato dalla Var.

DOMINIO — La padronanza del Napoli non è in discussione. Giampaolo inserisce Saponara per verticalizzare il gioco e, poco dopo, manda in campo anche Gabbiadini, ma il prodotto non cambia. Meret blocca una conclusione dal limite di Saponara (16’), mentre Quagliarella combatte contro Maksimovic per provare la conclusione. Intanto, Zielinski continua a imperversare tra le linee e Koulibaly s’improvvisa prima ala destra e poi centravanti: Audero è pronto a respingergli le conclusioni. Sul finire della gara (43’), Pairetto concede un rigore al Napoli, con suggerimento della Var, per un fallo di mano di Andersen sul tiro di Zielinski. Dalla panchina, Ancelotti indica Simone Verdi per la battuta. L’ex bolognese spiazza Audero per il 3-0 finale.

Mimmo Malfitano

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Serie A, Juve-Parma 3-3:
gol di Ronaldo (2), Rugani, Barillà e Gervinho (2)

Dopo l’eliminazione in Coppa Italia i bianconeri frenano ancora.
CR7 fa la differenza, ma la difesa (inedita) si fa sorprendere e la squadra di D’Aversa pareggia al 93’.
Bernardeschi infortunato



Dura la vita senza la BBC. Il clamoroso 3-3 con cui il Parma rimonta allo Stadium nasce da un’insolita fragilità difensiva della Juventus. Che non può essere figlia solo della mancanza dei difensori titolari, ma di fatto confeziona il secondo pareggio interno stagionale dopo l’1-1 col Genoa. Rugani e Caceres hanno disputato un’ora più che positiva, ma negli episodi finali sono mancati, rivitalizzando un Parma fin lì innocuo.

RIECCO MANDZUKIC — E non è un caso che Cristiano Ronaldo ritrovi subito il gol su azione, che nella ripresa si trasforma in una sontuosa doppietta, la terza da quando è alla Juve. Il croato è ancora lontano dal top, come dimostra la frittata in copertura nel recupero che avvia l’azione del 3-3. Ma basta la sua presenza per far sì che CR7 sia maggiormente dentro la partita. I due assieme funzionano, al di là dell’assist di SuperMario per il 3-1. Il portoghese si defila sulla fascia e crea pericoli, quando conclude non è sempre preciso ma mostra evidenti segnali di ripresa dopo un gennaio quasi da giocatore normale, gol al Milan a parte. Così come Blaise Matuidi, che con la sua prestazione risolleva un centrocampo reduce da una serie di esibizioni non esattamente brillanti. Minuti preziosi anche per Khedira (due pali ma la responsabilità sul 2-1 di Barillà) e Pjanic: per il tedesco seconda partita consecutiva dall’inizio.

SENZA LA BBC… — Sei gol in 4 giorni, due partite di fila con tre gol sul groppone. Rugani gioca una discreta partita e segna il 2-0 prima degli evidenti affanni finali, Caceres per un tempo non concede nulla a Inglese, poi perde incisività e il centravanti ex Chievo lo mette in crisi. Lo spauracchio Gervinho, che si era visto solo dopo 4’, si scopre anche killer dell’area di rigore, con la doppietta ispirata dalle giocate di Kucka e Inglese.

INEDITO — Il Parma era venuto a Torino a fare il tipo di partita che gli ha già portato molti punti in classifica. Difesa abbastanza bassa senza aggredire i portatori di palla, recupero palla e via in contropiede con Biabiany (nullo) e Gervinho. La Juve sembrava aver chiuso la pratica quando aveva accelerato dopo una mezz’ora soporifera. Quando la squadra di Allegri si trova avanti di due gol a 20’ dalla fine, di solito non concede nulla. Il Parma, molto migliorato dall’innesto di Siligardi, è riuscito invece ad arrivare con molta facilità dalle parti di Perin. Bonucci e Chiellini dovrebbero rientrare con l’Atletico. La notizia consola, ma sia i sostituti che l’intera fase difensiva, devono archiviare in fretta queste ultime due partite. Perché la Juve, anche quella di Ronaldo, vince trofei soprattutto perché si difende come nessuno.

Jacopo Gerna

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Spal-Torino 0-0, Nkoulou espulso, tanti gialli e nessun gol

Poco spettacolo, molti falli e un’espulsione: la sfida del Paolo Mazza finisce a reti inviolate



Niente break europeo per il Toro, punto carico di fiducia per la Spal. All’ora di pranzo restano all’asciutto Semplici e Mazzarri, in una contesa giocata sul filo dell’equilibro nel primo tempo, ma con i ferraresi che avrebbero meritato il vantaggio nella ripresa, prima e dopo l’espulsione di Nkoulou (al 20’ del secondo tempo) per doppia ammonizione.

A SPECCHIO — Non è una domenica da fuori programma: Semplici e Mazzarri confermano le indicazioni filtrate alla vigilia. Spal e Toro a specchio, 3-5-2 dominante da una parte e dall’altra. Tra i ferraresi, Valoti vince il ballottaggio a centrocampo con Valdifiori, per tutto il resto c’è la formazione annunciata: Cionek, Felipe e Bonifazi davanti a Sirigu; Lazzari e Fares sulle fasce, Kurtic e Valoti ai fianchi di Missiroli. Davanti Antenucci per innescare Paloschi. Mazzarri dà fiducia agli stessi che hanno battuto l’Inter, con l’unica eccezione rappresentata da Moretti al posto dell’infortunato Djidji (comunque in panchina): Iago Falque, Baselli e Meité fuori; Ansaldi e Lukic a centrocampo, Zaza a fare coppia con Belotti.

LA MANO DI SIRIGU — Più frizzante il Toro in avvio di primo tempo, chiude in crescendo la Spal. Tutto sommato prevale l’equilibrio nel primo atto del Paolo Mazza, sia nella tenuta del campo sia nel numero di occasioni. Una per parte: la prima si colora di granata, quando Belotti si lancia in una penetrazione centrale, ma trovo un Viviano attento a mettere in angolo la conclusione da fuori area del Gallo. Sette minuti dopo tocca a Sirigu firmare una super parata, deviando in angolo con una mano il colpo di testa di Fares. La partita scorre sui binari soprattutto dei duelli individuali: De Silvestri incide poco sulla destra di attacco del Toro, generoso Zaza nel lavoro sporco, Ansaldi porta dinamismo nel mezzo; dall’altra parte Lazzarri guadagna campo con il passare dei minuti, Paloschi non punge, Antenucci è una mina vagante nelle ripartenze. Per far saltare il banco, la soluzione diventa spesso la conclusione dalla distanza: Rincon (12’ e 21’) è impreciso, la girata di Belotti (18’) non trova fortuna, Kurtic (30’) sbatte sui tabelloni. E quando Izzo apre un buco nel muro del Toro (25’), Antenucci rovina tutto con una conclusione in curva.

IL ROSSO A NKOULOU — Neanche l’ingresso ad inizio della ripresa di Meité (al posto di Ansaldi) riesce a interrompere la progressiva crescita della Spal. Nella prima mezz’ora la manovra spallina è avvolgente e sostenuta da ritmi alti, mentre il Toro prima soffre poi va in apnea dopo l’espulsione di Nkoulou per doppia ammonizione arrivata al 20’ del secondo tempo (si prende il secondo giallo per l’atterramento di Paloschi). La Spal si affaccia ripetutamente dalle parti di Sirigu: comincia Antenucci (al 3’) con una gran botta finita fuori, si ripropone Fares con una sberla (18’) che Sirigu si ritrova tra le mani, ma l’occasione più ghiotta capita sui piedi di Valoti (31’) che dal centro dell’area di rigore, senza essere ostacolato da nessun difensore granata, spara direttamente in curva. In mezzo, per il Toro, il colpo di testa di Izzo (7’), di poco a lato. Nel finale Mazzarri prova a riequilibrare il Toro con l’innesto di Baselli (per Zaza), chiedendo più sacrificio a Rincon in fase di copertura e, negli ultimi cinque minuti, con la freschezza di Berenguer (fuori Lukic); Semplici invece toglie un difensore (Cionek) per una punta (Floccari) e prova a dare più brio al centrocampo con Murgia (fuori Valoti). Molto stanche, le squadre si trascinano fino al quarto minuto di recupero, ma il risultato non si schioda.

Mario Pagliara

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Genoa-Sassuolo 1-1, Sanabria replica a Djuricic

Succede tutto nel primo tempo: neroverdi avanti con l'attaccante serbo.
L'assist di Kouame favorisce il gol del pari del sostituto di Piatek in casa Grifone



Meglio dimenticarsi i fuochi d’artificio e gli otto gol della partita di andata: l'1-1 finale della sfida fra Genoa e Sassuolo è lo specchio perfetto di una gara vissuta in chiaroscuro da entrambe le squadre. Buon avvio della squadra di De Zerbi, con gli uomini di Prandelli poco sciolti nella manovra e secondo tempo con un Grifone più propositivo della squadra emiliana.

RIPARTENZA — Il nuovo Genoa con Lerager e Radovanovic subito titolari, al pari di Sanabria, fatica in avvio a costruire gioco, spinge a tratti, anche perché il paraguaiano, troppo isolato, è poco incisivo. La mediana lavora solo di interdizione, costringendo fra l’altro Kouame e Lazovic sulle corsie esterne a un lavoro spesso di copertura. Il Sassuolo, con il consueto 4-3-3 e Sensi di nuovo titolare in mezzo al campo, non viaggia a ritmi indiavolati, ma gestisce la partita con tranquillità, nonostante qualche sbavatura difensiva. Babacar si presenta (2’) con una conclusione sopra la traversa, poi Radu (13’) accompagna in angolo una punizione insidiosa dalla destra di Berardi. E’ un canovaccio che non riesce a cambiare e dura di fatto sino al vantaggio ospite (28’), realizzato da Djuricic, lasciato colpevolmente libero di colpire sulla sinistra al termine di un’azione avviata da Duncan e proseguita da Locatelli. L’ex Betis del Genoa trova tuttavia il guizzo vincente (secondo centro in due partite) buttando in rete il pallone dell’uno a uno (41’), dopo un rimpallo che aveva messo k.o. Kouame. Il giallo a Duncan nel recupero del primo tempo per un contrasto che lascia Criscito a terra è pesante, perché il ghanese salterà la prossima gara contro la Juventus. Nel Genoa anche Romero (pure lui ammonito, era diffidato) salterà la prossima delicata trasferta dei rossoblù a Bologna.

NULLA CAMBIA — Ripresa con i padroni di casa più brillanti, soprattutto nel finale di gara, quando il Sassuolo abbassa decisamente il suo baricentro e gioca di rimessa. Poche le occasioni da rete: una conclusione di Bourabia (6’), che aveva preso il posto di Sensi nell’intervallo, un altro tentativo di Duncan (15’) e un diagonale rasoterra di Sanabria (22’) che taglia tutta l’area del Sassuolo. Decisivo, però al 39’, Consigli, che con un ottimo riflesso nega a Kouame il raddoppio. Sassuolo attento, nel complesso, e Genoa più brillante sul piano fisico. Serve altro, però, per uscire dal limbo.

Filippo Grimaldi

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Udinese-Fiorentina 1-1. Gol di Larsen e Fernandes

Bianconeri avanti con Larsen al 55’, ma dieci minuti dopo una gran botta di Fernades ristabilisce il pari.
La gara termina con un punto per parte



ue gol casuali e una partita tecnicamente povera: logico pareggio tra Udinese e Fiorentina nel ricordo di Davide Astori, tragicamente scomparso undici mesi fa prima di questa partita. Il risultato serve a poco a Nicola e a Pioli, per i quali sarebbe stata molto importante una vittoria. Ma la prestazione è stata abbastanza deludente, soprattutto nei primi 45 minuti.

PRIMO TEMPO — Fin dall’inizio il ritmo è molto basso, le due squadre sembrano più attente a non concedere spazi che a cercarne nella metà campo avversaria. All’improvviso al 12’ l’Udinese ha una grande occasione per passare in vantaggio: De Paul, servito da Mandragora, dribbla secco Milenkovic e si trova davanti a Lafont, ma calcia malamente sul fondo anche perché il pallone gli era rimasto leggermente indietro. Il tema della partita, comunque, non cambia: i friulani tengono gli esterni Larsen e D’Alessandro molto bassi, la Fiorentina sposta in avanti il baricentro ma la circolazione è troppo lenta per creare pericoli. Non a caso la prima palla-gol viola arriva su azione di corner al 26’: Biraghi crossa, Pezzella svetta, Musso si salva con un gran riflesso. Nel finale del primo tempo un tiro dell’intraprendente Pussetto finisce sull’esterno della rete.

SECONDO TEMPO — Dopo l’intervallo il copione resta lo stesso e all’11’ l’Udinese segna su gentile omaggio viola. Angolo per la Fiorentina, Biraghi serve Veretout fuori area per calciare, stop errato e contropiede bianconero. Pussetto fa tutto il campo e tira, Laurini devia e Larsen appoggia in rete. Nove minuti dopo il pareggio viola è altrettanto casuale: improvviso rasoterra diagonale di Fernandes, molto bello nell’esecuzione. Pioli, nel frattempo, aveva cambiato due volte modulo passando prima al 4-3-3 (fuori Mirallas, dentro Simeone) e poi al 4-2-3-1 (fuori Gerson, dentro Pjaca). La pressione finale della Fiorentina crea qualche pericolo soprattutto grazie alla crescita di Chiesa, ma nulla che giustificherebbe una vittoria. E infatti la partita finisce in parità.

G.B. Olivero

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Inter-Bologna 0-1: gol di Santander
San Siro fischia i nerazzurri, ancora battuti dopo la trasferta di To
Inter-Bologna 0-1: gol di Santander

San Siro fischia i nerazzurri, ancora battuti dopo la trasferta di Torino.
Il paraguaiano decide di testa al 32’, la squadra di Spalletti produce poco.
Mihajlovic subito vittorioso



L’Inter non è guarita e la malattia adesso si fa davvero preoccupante. La sconfitta in casa con il Bologna, la terza in meno di una settimana dopo l’1-0 di Torino e il k.o. ai rigori in Coppa Italia contro la Lazio, è molto di più di un campanello di allarme, è la certificazione che non siamo davanti a una crisetta invernale ma a qualcosa di più. Il Meazza fischia con convinzione: questa squadra è troppo brutta, non sa più segnare, sembra non sapere cosa fare. Spalletti, protetto dalla società nei giorni delle voci su Antonio Conte, è in difficoltà e la sua posizione diventa ogni giorno più traballante: deve conservare il posto Champions, è ancora terzo, ma il solo punto nelle prime tre giornate del girone di ritorno sono insufficienti. Contro Mihajlovic Luciano non riesce a rivitalizzare i suoi uomini, si riaffida a Nainggolan e Perisic (il primo fischiato quando viene sostituito, il secondo all’inizio), addirittura butta nella mischia Ranocchia (debuttante in A quest’anno) in versione attaccante a 12 minuti dalla fine. La mossa della disperazione che non serve e che, anzi, dà l’idea della confusione e della scarsa tranquillità che oggi domina lo spogliatoio nerazzurro.

MALATTIA — La partita è una sofferenza per i nerazzurri, che hanno la palla per scacciare la paura dopo appena 50 secondi, ma Icardi non sfrutta il gentile omaggio di Poli. Poi il gioco è tutto nei piedi del Bologna, soprattutto nel primo tempo: l’Inter fa molto possesso palla, spesso con passaggi all’indietro, mentre gli emiliani affondano, spinti anche dalla carica di Mihajlovic, che conosce bene l’ambiente del Meazza. Un ambiente strano, per la verità: la Curva Nord torna dopo i buu e gli incidenti di Santo Stefano, gli ultrà - che nel giornaletto della Curva attaccano Koulibaly e definiscono “una pagliacciata” la campagna BUU del club - si presentano con gli striscioni capovolti, rimangono zitti per 5 minuti, poi qualche coro e di nuovo silenzio, rotto solo dai fischi a fine primo tempo. Già, perché dopo 45’ l’Inter è indietro e non centra mai la porta. E lo 0-1 va anche bene a Spalletti: perché prima della spizzata perfetta di Santander su angolo di Pulgar, il Bologna ha almeno altre tre occasioni pulite, con san Handanovic miracoloso su Orsolini e ancora su Santander. Mentre l’Inter si vede solo con Vecino che gira alto su un bel movimento di Dalbert sulla sinistra.

ASSALTO — Il copione non cambia nemmeno nel secondo tempo. Certo, gli attacchi dell’Inter sono più convinti, ma nemmeno l’ingresso di Lautaro al posto di un inesistente Candreva serve a cambiare marcia. C’è confusione, il ripescato Perisic non fa niente che verrà ricordato. Dopo due tempi interi senza tiri nerazzurri in porta, Nainggolan ci prova ma centra Skorupski. Radja è più vivo del solito, ma sbaglia tanto e Spalletti lo toglie. L’occasione più grossa è di Lautaro, che al 21’ la mette clamorosamente a lato di testa. Icardi è ancora una volta un fantasma, la miriade di cross non trova mai un finalizzatore e i nerazzurri non riescono a tirarsi su. Alla fine la pioggia di fischi del Meazza non stupisce: l’Inter è ancora terza, ma è malata. Spalletti cosa riuscirà a fare?

Carlo Angioni

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Roma-Milan 1-1: gol di Piatek e Zaniolo

Meglio i giallorossi, che colpiscono un palo con Pellegrini e si trovano davanti un Donnarumma super.
I rossoneri recriminano per un rigore non fischiato su Suso


Un punto per uno, vai a capire se va bene così o era meglio allungare. Sta di fatto che Roma e Milan si dividono la posta in palio e un po' di rammarico c'è da entrambe le parti. La Roma per aver trovato un Donnarumma in stato di grazia, autore almeno di cinque parate importanti, ma anche un po' di sfortuna (il palo di Pellegrini). Il Milan per essere passato in vantaggio e non aver saputo gestire un gol che avrebbe allontanato la Roma dalla corsa-Champions e avvicinato il terzo posto, occupato ancora dall'Inter. Decidono Piatek e Zaniolo, oggi i volti più freschi di Milan e Roma.

CONTESTAZIONE — Si gioca in un clima surreale, con l'Olimpico che contesta la Roma fin dal riscaldamento. Insulti per qualcuno, fischi per tutti, anche alla lettura delle squadra, quando Kolarov vince di gran lunga la classifica del fischiometro (ma il mirino è ben piazzato anche su Florenzi) e la tifoseria salva i soli De Rossi e Zaniolo. Poi striscioni per Antonio De Falchi (con la Curva Sud che gli intitola la curva e gli dedica la coreografia con 30 stendardi con il suo volto) e la stessa curva (per metà, la parte calda) che dopo 15' di gioco abbandona il settore per protesta contro società e squadra. "Oggi solo Antonio dobbiamo onorare, a voi non vi vogliamo neanche guardare", lo striscione a centro curva. A cui fanno seguito cinque "Portate rispetto". E i fischi finali, a partita conclusa.


LAMPO PIATEK — Poi si gioca, con la Roma che costruisce e il Milan che colpisce. La differenza, nel primo tempo, la fanno i portieri (grandissimo Donnarumma, rivedibile Olsen sul gol) e il mercato invernale. Tanto per intenderci, il vantaggio rossonero (26') lo costruisce Paquetà (palla rubata a Pellegrini e assist) e lo concretizza Piatek, che approfitta anche di una dormita centrale di Fazio. Esattamente i due rinforzi di gennaio del Milan. Al resto, poi, ci pensa soprattutto Donnarumma, che prima dice no a Dzeko (16'), poi a Zaniolo (36') e infine si esalta con una grande doppia parata (44') sul colpo di testa di Schick e sulla ribattuta di Dzeko. La sfortuna della Roma è anche quella di trovare un portiere in giornata di grazia. In mezzo, invece, i rossoneri si affidano soprattutto ai muscoli di Kessie e Bakayoko, cercando sempre la verticalità su Piatek, vera spina nel fianco della difesa giallorossa.

RIPRESA GIALLOROSSA — Neanche il tempo di ripartire, che la Roma trova il pari. Dopo 25 secondi Karsdorp taglia bene una palla dentro, Musacchio svirgola in disimpegno, Donnarumma ci mette ancora una pezza ma la palla resta lì e Zaniolo di rabbia insacca. Poi all'8' il Milan reclama un rigore per un contatto dubbio in area tra Suso e Kolarov, ma per Maresca è tutto regolare. In generale è proprio in questo momento che i rossoneri provano a innescare Suso e Calhanoglu, che il primo tempo hanno sparato di fatto a salve. Ma mentre lo spagnolo qualche idea sparsa ogni tanto la tira fuori, il turco è praticamente latitante. E così a sfiorare il vantaggio è Dzeko di testa (26'), ma Donnarumma è ancora una volta strepitoso. Poi a fermare i giallorossi è il palo (36') su colpo di testa di Pellegrini. L'ultimo brivido però è per la Roma, proprio al 45', con Olsen che salva su Laxalt da posizione ravvicinata. Finisce così. Un punto per uno che tiene in vita entrambe per la corsa alla Champions.

Andrea Pugliese

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Frosinone-Lazio 0-1. A Inzaghi basta Caicedo: Roma agganciata

Un gran sinistro dell'ecuadoriano permette ai biancocelesti di raggiungere
i cugini e portarsi a una sola lunghezza dalla zona Champions



Dopo tre giornate la Lazio torna a vincere e balza a un punto dal quarto posto del Milan. Un gran gol di Caicedo prima dell’intervallo spiana la strada verso i tre punti contro un Frosinone che lotta tenacemente per fronteggiare il gap tecnico con i biancocelesti. Soprattutto nella ripresa la squadra di Inzaghi, causa anche le fatiche di Coppa Italia, va in difficoltà ma sa resistere. Ancora una volta rinviato l’appuntamento dei ciociari col primo successo casalingo.

SBLOCCA CAICEDO — Nel Frosinone tre novità rispetto ala formazione che ha vinto a Bologna. Tutte a centrocampo. Zampano e Viviani, all’esordio in giallazzurro, rilevano gli infortunati Ghiglione e Maiello, mentre Valzania prende il posto dello squalificato Cassata. Nella Lazio, cinque cambi rispetto alla formazione opposta all’Inter in Coppa Italia. Non solo Bastos e Parolo per l’infortunato Wallace e lo squalificato. Inzaghi dà spazio al turnover: Badelj, Durmisi e Caicedo titolari, in panchina Leiva, Lulic e Correa. La Lazio parte dall’attacco. Al 6’ Caicedo impegna Sportiello. Che al 13’ si oppone pure a un tentativo di Badelj. Al 15’ si affaccia il Frosinone in avanti: girata a volo di Pinamonti, a lato di poco. Al 16’ chance per Caicedo che però vien murato da Salamon. La squadra di Inzaghi alza il ritmo e ci riprova con Luis Alberto (fuori). Ciociari sempre pronti alle ripartenza. Badelj perde palla, scatta Pinamonti che serve Valzania: para Strakosha. Al 26’ Bastos trattiene Ciano in area: Fabbri non sembra aver dubbi nel concedere il rigore al Frosinone ma poi cambia idea dopo il passaggio dalla Var. La Lazio si rilancia: al 31’ Immobile non centra il bersaglio. Biancocelesti molto imprecisi e spesso leziosi contro avversari attenti e dinamici. Ma al 36’ la squadra di Inzaghi riesce a sbloccare il risultato con una giocata spettacolare di Caicedo, innescato da Luis Alberto. L’ecuadoriano riceve col destro e poi con una fiondata di sinistro sotto l’incrocio realizza il suo secondo gol in campionato. Il Frosinone accusa il colpo, mentre la Lazio si sente più sicura col vantaggio all’intervallo.

MURO LAZIALE — Nella ripresa la squadra di Baroni si ricarica. All’8’ insidioso Pinamonti con un colpo di testa: sopra la traversa. Al 12’ occasione Lazio: botta di Parolo, respinta da Sportiello, Caicedo non centra lo specchio. Un minuto dopo Inzaghi fa entrare Leiva e Berisha al posto di Badelj e Caicedo per potenziare gli ormeggi in copertura. Al 20’ si ferma Luis Alberto per guai muscolari: spazio a Lulic. La Lazio si ricompatta. Il Frosinone cerca di dare profondità al gioco. Lulic si muove a supporto di Immobile, ma diventa pure uno scudo in più per la mediana. Al 30’ Baroni si gioca la carta Ciofani per ravvivare il potenziale offensivo (out Krajnc) e inserisce Sammarco (fuori Viviani) per rinsaldare la mediana. Ciociari a proiezione ancor più offensiva con l’ingresso di Trotta al 36’ al posto di Valzania. La Lazio insegue il raddoppio: Leiva perde l’attimo su invito di Immobile. Il Frosinone aumenta la pressione. Al 40’ Pinamonti sbuca davanti alla porta ma calcia incredibilmente alto. Un minuto dopo prodezza di Strakosha su Trotta. Lazio affaticata e in grande sofferenza. Finale ad alta intensità. Si blocca pure Immobile per problemi alla coscia sinistra. Il Frosinone ci crede fino all’ultimo istante dei quattro minuti di recupero, ma la porta di Strakosha è blindata per conquistare i primi tre punti del 2019.

Nicola Berardino

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Cagliari-Atalanta 0-1, Hateboer fa volare la Dea

I nerazzurri passano alla Sardegna Arena grazie a una rete a inizio ripresa,
i rossoblù colpiscono una traversa con Deiola al 91’.
Infortuni per Birsa e Thereau



E sono quattro. Si ferma Zapata dopo 10 partite con gol, ma non l’Atalanta che passa pure alla Sardegna Arena dove già aveva avviato il suo strepitoso cammino in coppa Italia il 14 gennaio. Dopo Sassuolo e Frosinone in campionato, ecco la terza vittoria di fila che lancia la Dea in zona Champions. E’ un lampo di testa di Hateboer su cross di Castagne a far gioire i nerazzurri e piangere un Cagliari che deve cominciare a preoccuparsi. Nel girone di ritorno ha raccolto appena un punto in casa con L’Empoli (perso col Sassuolo a Reggio Emilia) e l’andata l’ha chiusa perdendo a Udine. Il pubblico fischia e chiama la squadra di Rolando Maran sotto la curva (ci vanno), ma la differenza in campo c’è e si vede. La Dea è in riserva, dopo aver affrontato a Bergamo Roma (3-3) e Juve (battuta 3-0 in coppa), ma ha risorse inaspettate, carattere, personalità per resistere e colpire. E’ una squadra matura che marcia spedita ed è un pericolo per le big annunciate.

PRIMO TEMPO — Lo stadio non è pieno. E pure il presidente Giulini se l’aspettava. Alle 21 dai paesi sardi arrivano in pochi. Rolando Maran stupisce sempre. E infatti la sua formazione presenta due novità: Srna sta fuori per scelta tecnica, come Joao Pedro. L’intento è quello di coprirsi e tamponare le offensive del miglior attacco del campionato. E quindi ecco tre centrali dietro insieme a Padoin e Deiola in mezzo perché con la sua gamba può arginare gli spunti del Papu. Davanti con Pavoletti c’è Birsa, che prova a scattare ma dopo poco si arrende: in un contrasto con Palomino ci rimette il braccio sinistro e l’ingresso in campo di Joao Pedro è obbligato. Il Cagliari non punge, l’Atalanta fa la partita costringendo i rossoblu, che tengono, a rintanarsi tutti dietro con una sorta di 4-4-2 copertissimo. Pavoletti quando gli arriva qualche palla è bravo a far respirare i suoi. I pericolo sono pochi: su un corner Djmsiti va in torsione di testa e crea scompiglio, al 38’ Valeri concede una punizione frontale al Papu che subisce un dubbio fallo da Deiola. Calcia ma Cragno mette in angolo.

SECONDO TEMPO — Sembra una partita da pareggio, perlomeno il Cagliari la interpreta in questo modo, ma per l’Atalanta non è così e dopo 5’ Freuler, super concreto, avvia l’azione per il solito Castagne che crossa, c’è una deviazione che favorisce lo stacco imperioso di Hateboer che fa 4 in campionato e porta in vantaggio i suoi. La curva la prende male. Chiede la reazione. Che c’è. Si sveglia Joao Pedro che fa a cosa più bella della gara saltandone due e servendo Pavoletti che viene murato da Berisha. E’Joao che anima il Cagliari che prova a scuotersi. Maran leva un insufficiente Cigarini per inserire Monsiuer Thereau. Che finora ha giocato 28 minuti e finisce per strapparsi. Dentro anche Luca Pellegrini. Il Cagliari ci prova anche se la differenza è tanta e nel recupero Deiola colpisce di testa la traversa. E’ l’ultimo sussulto di una partita stregata per i rossoblù che porta in paradiso la Dea.

Francesco Velluzzi

Fonte: Gazzetta dello Sport
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