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Campionato di Calcio Serie A 2020 - 2021. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

Ultimo Aggiornamento: 27/05/2021 00:19
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Il Crotone è ancora vivo: batte il Torino 4-2 e torna a sperare



Pioggia di gol e due traverse: a segno Simy al 27' su rigore, Mandragora al 45',
ancora il nigeriano al 54', Reca all'80', Sanabria all'84' e Ounas al 94'.
Dubbi sulle decisioni arbitrali, i granata chiudono in dieci per l'espulsione di Rincon


Nicola Cecere

Il Crotone è ancora vivo. Col primo roboante successo della gestione Cosmi ha il diritto di sentirsi ancora iscritto alla corsa salvezza. Quattro le reti inflitte al Torino (prima sconfitta per Davide Nicola) reduce dalla quarantena e perciò impossibilitato a reggere il confronto sul piano atletico. Questo Toro decimato dal virus era privo di Belotti, Bremer, Singo, Nkoulou e Linetty. Con Baselli, Murru e Buongiorno recuperati in extremis in panchina ma non utilizzati. Una squadra, quella granata, andata a pochi centimetri da un clamoroso 3-3 (da 1-3) tra il 40’ e il 41’ del ripresa grazie auna prodezza balistica di Sanabria (al debutto) e a una parata di Cordaz che riesce a spedire sulla traversa un missile di Gojak. Dopo di che in un finale rovente, Ounas prima fa espellere Rincon e poi maramaldeggia in area fino a trovare un sinistro micidiale che chiude questa battaglia.

CAIRO FURIOSO — Diretta in modo approssimativo da Guida, che ha scontentato i calabresi sul gol dell’1-1, ma soprattutto i granata, come si evince dalle parole del presidente Urbano Cairo: “Tutti hanno visto cos’è accaduto. Tre episodi su tre piuttosto evidenti giudicati sempre e comunque ai danni del Toro. Senza nemmeno andarli a verificare al Var, in nessun caso. Direi che i fatti si commentano da soli, anche nella scia di quanto accaduto nelle ultime settimane“. Il numero uno granata si riferisce al rigore concesso al Crotone per mani di Ansaldi commesso (spalle all’attaccante) dopo che Messias lo aveva spinto alla schiena; ai due rigori non concessi al Torino, il primo per un mani di Simy e l’altro per una spinta di Luperto a Sanabria.

UNA BATTAGLIA — Sì, il confronto è stato subito teso. Non cattivissimo però sullo stadio è calato un clima generale di nervosismo che nei primi venti minuti impedisce di vedere tre passaggi di fila. E così, eccezion fatta per un sinistro su punizione di Rodriguez di poco alto, i portieri rimangono inoperosi: gioco a centrocampo. A spezzare questo equilibrio è Zaza, ma non in versione attaccante: nel tentativo di allargare la manovra mette il pallone sul piede di Messias che dalla trequarti galoppa sicuro verso l’area esplodendo poi un tiro dal limite che Sirigu riesce a mettere in angolo (23’). Tre minuti più tardi lo stesso attaccante rossoblu propizia la prima svolta del match incornando un cross verso il centro dell’area e trovando sulla traiettoria il braccio alzato di Ansaldi: un rigore del genere di quello causato da Strygen Larsen all’ultimo minuto di Milan-Udinese. In questo caso, però, il giocatore del Torino si lamenta molto per una spinta alle spalle. In effetti alla moviola si nota l’appoggio furbo di Messias, evidentemente l’arbitro non ha valutato il contatto punibile. Il Var non interviene, i dubbi restano.

GIRANDOLA DI EMOZIONI — Qui la partita si accende. Il Toro prova subito a reagire, il Crotone ha una ghiotta opportunità per raddoppiare ma Ounas in un comodo due contro uno ignora Messias liberissimo accanto a lui e va a cercare la soluzione più complicata: tiro alto. (35’). Sulla immediata replica, Ansaldi impegna Cordaz con una volée insidiosa. E Lyanco (42’) sbucando su un angolo a centro area di testa mette fuori. Sono gli squilli granata che preannunciano il pareggio. Azione insistita e avvolgente chiusa da un cross di Vojvoda che Ansaldi colpisce al volo. Sulla traiettoria c’è il piede di Mandragora che da due metri devia in rete. Anche qui ci sono proteste insistite stavolta di Cordaz che lamenta un contatto tra Mandragora e Pereira in avvio dell’azione. Anche in questa circostanza l’arbitro lo aveva valutato non punibile e quindi proteste inutili.

TORO SOTTO LA CAPPA DELLA MALASORTE — La ripresa si apre con una prodezza di Bonazzoli che dai venticinque metri colpisce l’incrocio dei pali. Sul ribaltamento di fronte è Petriccione a prendere il palo dal limite in seguito a deviazione di Mandragora. La carambola favorisce Messias (il migliore in campo) che cerca il tap in col piatto, Sirigu è sulla palla ma non trattiene e Simy deposita in rete il 2-1. Per il terzo gol occorre un’altra prodezza balistica, firmata Reca dopo che Magallan aveva centrato un altro palo di testa: 3-1 al 35’. Ma il Toro non si è ancora arreso. I cambi operati da Nicola hanno rivitalizzato un po’ la squadra e Sanabria riaccende la sfida col suo capolavoro. Gojak fa il numero del pari, ma non è serata: Toro ancora sotto la cappa della malasorte. Con l’arbitro che giudica non punibile un intervento di Luperto che travolge in piena area Sanabria. Guida è sicuro, noi meno.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Fiorentina si fa rimontare due volte, il Parma spreca: è 3-3



La squadra di Prandelli non riesce a difendere il vantaggio e si fa riprendere nel primo e nel secondo tempo.
Gli ospiti provano a vincere, ma poi arriva l'autogol


Luca Calamai

Un finale pirotecnico. Per un 3 a 3 che lascia il Parma al penultimo posto in classifica e la Fiorentina sempre più in zona retrocessione. Il gol del definitivo pareggio arriva nei minuti di recupero grazie a un clamoroso autogol di Iacoponi che deposita nella propria porta un cross di capitan Pezzella. Un punto a testa per due squadre in evidente crisi.

PRIMO TEMPO — Partita strana. Nel primo tempo, a esempio, il Parma ha fatto qualcosa in più eppure ha chiuso sotto per 2 a 1. La squadra viola passa in vantaggio al 28’ con un colpo di testa di Quarta su angolo battuto da Pulgar. Prima rete dell’argentino in maglia viola. Grandi responsabilità, però, della difesa emiliana. E in particolare di Kurtic che salta fuori tempo. Il Parma reagisce bene e quattro minuti dopo pareggia con un rigore trasformato da Kucka. Netto il fallo di mano di Pulgar sul tocco di Gervinho. Partita nuovamente in equilibrio. Ma la squadra di D’Aversa dimostra, anche nel finale di tempo, tutta la sua fragilità difensiva. E al 42’ la Fiorentina torna in vantaggio. Su un colpo di testa innocuo di Pezzella smanaccia male Sepe e Milenkovic da due passi ribatte in rete. In mezzo i gol di Kukca e Milenkovic sono da registrare due opportunità del Parma con Gervinho (ottima respinta di Dragowski) e Bani (colpo di testa fuori). Parma bellino ma sprecone.

SECONDO TEMPO — D’Aversa inserisce a inizio ripresa Mihaila per Hernani e passa al 4-3-3. Il Parma continua a fare la partita. Faticando, però, a costruire importanti azioni da gol. Al 9’ Kurtic non riesce a correggere di testa un interessante cross in area e qualche minuto dopo una conclusione di Karamoh viene bloccata in due tempi da Dragowski. La Fiorentina rallenta ancora di più i ritmi rischiando però pochissimo in fase conclusiva. D’Aversa cambia i due attaccanti inserendo Man e Brunetta e arriva anche il primo cambio della Fiorentina che inserisce Bonaventura al posto dell’infortunato Amrabat. Il predominio territoriale del Parma frutta il pareggio agli emiliani. Cross di Mihaila che trova in area libero Kurtic che appoggia in rete. Grave l’errore di Malcuit che ha perso il centrocampista avversario. Prandelli al 32’ decide di inserire lo spagnolo Callejon al posto di uno stremato Borja Valero. Ma è ancora la formazione emiliana ad andare a segno al 45’ con un micidiale contropiede avviato da Man e sviluppato dal nuovo entrato Inglese con un assist perfetto per Mihaila. Il Parma sembra vicino a conquistare tre punti d’oro. Ma in pieno recupero arriva l’autorete di Iacoponi e un 3 a 3 che non fa sorridere nessuno.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Milan sbanca Verona con le seconde linee e "rivede" l'Inter

A segno Krunic e Dalot in una partita controllata con saggezza e umiltà,
costringendo i veneti – quasi mai pericolosi – a giocare sotto ritmo.
Nerazzurri, in campo domani, a -3


Marco Pasotto


Si dice che a volte ci siano vittorie che valgono più di tre punti. Riflessione normalmente banalotta, però ci sono eccezioni come questo successo del Milan a Verona. Sarebbe stato complicato riuscirci già in condizioni normali, figuriamoci senza otto giocatori, tre dei quali persi per strada nelle precedenti ventiquattrore. Roba da uscire pazzi. E invece, passerella per le seconde linee: il Diavolo sbanca 2-0 il prato dell’Hellas – irriconoscibile – grazie a una magistrale punizione di Krunic e un destro fantastico di Dalot dopo un’azione corale magnifica. Un gol per tempo, senza mai dare spazio ai veneti a eccezione del primo quarto d’ora di partita. Una vittoria che, oltre a tenere a debita distanza chi insegue e accorciare per una notte a -3 dall’Inter, dà anche un grande valore simbolico nel mischione per la Champions: significa raccontare alla concorrenza (e a se stessi) che le difficoltà fortificano e che questo Milan è tutt’altro che scoppiato.

EMERGENZA TOTALE — Juric ha confermato le previsioni della vigilia, con Ceccherini preferito a Lovato in difesa e con Barak e Zaccagni dietro Lasagna in attacco. Lo stesso undici che si era ottimamente liberato del Benevento la giornata precedente. Dall’altra parte del campo, l’ecatombe. Pioli nella sola giornata di vigilia ha perso Rebic, Hernandez e Tonali (portato comunque in panchina), che si sono aggiunti a Ibrahimovic, Calhanoglu, Mandzukic, Bennacer e Maldini. Guai quindi in tutti i reparti, con un attacco totalmente smembrato, tanto da costringere l’allenatore a convocare il baby svedese Roback dalla Primavera. E così davanti, oltre allo scontato Leao, il Milan si è presentato con Saelemaekers, Krunic e Castillejo, mentre in mediana accanto a Kessie è andato Meité e in difesa Dalot ha rilevato Hernandez.

SUPER KESSIE — I primi venti minuti sono andati com’era piuttosto prevedibile, per caratteristiche del Verona e assenze del Milan. E cioè veneti avanti tutta, con la consueta aggressività, soprattutto a sinistra grazie al tandem Lazovic-Zaccagni, con il chiaro scopo di creare superiorità numerica. Rossoneri costretti dunque a una gara di contenimento, riuscito comunque bene perché l’unico brivido fatto correre da Donnarumma è stato a causa del flessore della gamba destra. Quando Gigio dopo 11 minuti ha iniziato a toccarsi la coscia (è intervenuto il massaggiatore), al Milan è sembrato probabilmente di essere su Scherzi a parte. Falso allarme, invece. Il portiere è rimasto al suo posto e il Diavolo, col passare del tempo, ha capito che il possesso veronese non si traduceva in pericoli concreti, e così ha preso coraggio. Il primo break è stato di Leao, che ha sprecato malamente di testa un cross perfetto di Calabria. Il cronometro segnava il minuto numero 15 e i rossoneri poco a poco hanno iniziato a prendere possesso del campo. Un nome su tutti: Kessie, semplicemente mostruoso nell’annullare Barak, coprire le spalle a Dalot e aiutare in fase di costruzione. Insomma, lo scorrere delle lancette ha finito con l’intimidire il Verona e in pratica si è verificata la situazione opposta rispetto alla teoria: è stato il Milan a non far giocare bene i gialloblù, a spegnerli, e non viceversa. La partita si è sbloccata al 27’ grazie a Krunic, che in pratica ha fatto tutto da solo: si è procurato una punizione dal limite (fallo di Magnani, in ampio ritardo) e l’ha trasformata con un arcobaleno di destro degno dei migliori specialisti. L’inerzia del match a quel punto è cambiata ulteriormente, perché una vera e propria reazione il Verona non l’ha trovata e il Milan è riuscito in una piccola, grande impresa: far giocare sottoritmo i veneti.

CONTROLLO — La ripresa non si è discostata dalla seconda parte dei primi 45. Anzi, il canovaccio semmai si è ulteriormente confermato: Verona incapace di alzare il ritmo, Milan in controllo piuttosto agevole e capace di colpire sanguinosamente i gialloblù dopo cinque minuti. Grazie a un’azione molto bella, impostata da Saelemaekers, agevolata da un velo intelligente di Leao che ha mandato fuori causa Ceccherini e Gunter) e un destro all’incrocio di Dalot. La morale è evidente: se manca chi può fare i numeri da solo (Ibra, Calhanoglu), il Milan sa arrivare al gol di squadra. Un’antica virtù ritrovata in una delle giornate più difficili. Anche perché il 2-0 è stato una bella botta per i veneti, che sono caduti in incertezze puerili sia in difesa che in mediana, con tanti errori tecnici. A nulla sono valsi i cambi di Juric: al 9’ trequarti tutta nuova con Bessa e Salcedo per Zaccagni e Barak, tre minuti dopo Dimarco e Ilic per Gunter e Veloso. Nulla da fare: Kessie e Meité sono rimasti padroni della mediana. Ci ha provato Ceccherini di testa (fuori non di molto) e poi Faraoni (salvataggio di Krunic a ridosso della linea), due sussulti estemporanei che non hanno spaventato il Diavolo. Controllo era, e controllo è rimasto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Samp rimonta e si illude,
Nainggolan al 96' fa ridere il Cagliari



Joao Pedro porta avanti Semplici prima dell'uno-due firmato Bereszynski e Gabbiadini.
Alla fine Ranieri e Semplici portano a casa un punto a testa: i rossoblù sono a +2 dalla zona rossa


Filippo Grimaldi

Il Cagliari ha sette vite, perché dopo la doppia prodezza Bereszynski-Gabbiadini, che in tre minuti riprendono e ribaltano i rossoblù proprio nel finale, all’ultimo secondo di un recupero infinito Nainggolan (ma il tocco di Yoshida inganna Audero) beffa la squadra di Ranieri: due a due fra le proteste blucerchiate per un presunto tocco con il braccio di Pavoletti al momento di servire Radja. Partita ad alta tensione al Ferraris, ma gestita per quasi settanta minuti dagli ospiti, in vantaggio nel primo tempo con Joao Pedro, ma poi k.o. fra il 34’ e il 36’ della ripresa. Ora non avrebbe senso domandarsi dove sarebbe oggi questo Cagliari se il cambio della guardia in panchina fosse arrivato prima. La sostanza è che i rossoblù, grazie al tredicesimo gol stagionale di Joao Pedro e al colpo di Nainggolan, raccolgono il settimo punto nelle ultime tre partite. La Samp ha il merito di avere avuto di recuperare lo svantaggio in una partita complicata, anche se l’errore finale è stato fatale. La sfida del Ferraris doveva essere una cartina di tornasole (per due): la squadra di Ranieri voleva capire cosa avrebbe potuto fare da grande, chiuso il mini ciclo di cinque partite (cinque punti raccolti: troppo pochi) per misurare le sue ambizioni a medio termine. Il bilancio parla da sé. Il Cagliari di Semplici, invece, che veniva da due successi nelle prime due gare dopo il cambio di panchina, conferma i suoi progressi, anche sul fronte offensivo. La squadra aveva bisogno di una scossa e di un rinnovamento (anche) tattico. Il rimpianto, semmai, è cosa sarebbe successo se l’iniezione di autostima fosse arrivata prima. Aveva ragione Ranieri a dire che questo Cagliari stava in una posizione di classifica poco consona al valore della squadra.

ALTA VELOCITÀ — La partita è subito accesa: gli ospiti partono forte, squadra corta, gran pressing. Samp in sofferenza, già in difficoltà dopo cinque minuti quando Audero compie una prodezza su Joao Pedro, ma il brasiliano è in fuorigioco. Ma ancora l’attaccante del Cagliari all’11’ va a segno: su una rimessa laterale, Pavoletti sul limite dell’area piccola fa la sponda di testa per Joao Pedro: Audero (super) respinge il primo tiro, ma nulla può sulla ribattuta. Per il brasiliano è il gol numero 13 in campionato, ma la difesa blucerchiata totalmente immobile ha pesanti responsabilità. Botta e risposta, ma il gol del pari non arriva: al 14’ su lancio di Quagliarella, Keita viene atterrato in area rossoblù da Rugani. Giacomelli prima assegna il rigore, poi dopo un check con il Var annulla la decisione - e pure il giallo a Rugani - per un fuorigioco di Quagliarella al momento del lancio.

PRESSING TOTALE — Ma è l’atteggiamento in campo che premia il Cagliari. La Samp non affonda sulle fasce, soprattutto a sinistra dove la catena Augello-Jankto potrebbe fare male a Nandez. Il Cagliari no: è tosto, determinato, e soprattutto rapido a superare la mediana, mentre le ripartenze blucerchiate sono lente e macchinose. Neppure il gol da recuperare fa cambiare la situazione. La Sampdoria parte troppo da lontano, e il Cagliari non si fa mai sorprendere, grazie a un’intensità superiore. Ranieri assiste impotente alla prova grigia di una squadra che ha poco equilibrio e scarsa inventiva. Marin (44’) va vicinissimo al raddoppio, ma è in fuorigioco e sulla ripartenza Jankto spara alto da buona posizione.

MODULO FANTASIA — Dopo l’intervallo, Ranieri prova a dare più fantasia alla manovra, e il cambio tattico (si passa al 3-4-1-2) con l’innesto di Ramirez trequartista al posto di Augello, va proprio in questo senso. Blucerchiati prevedibili, Gaston è l’uomo che può innescare le punte, ma nei fatti l’inizio della ripresa è choc, con Bereszynski decisivo a murare (2’) la conclusione del solto Joao Pedro. La squadra di Semplici va in gestione, ma Pavoletti già ammonito (salterà la Juventus) al 12’ rischia grosso per un intervento in ritardo su Colley. Giacomelli lo grazia, fra le proteste blucerchiate. Ranieri cerca più fisicità in mediana, e prova Thorsby al posto di Ekdal, con Gabbiadini in attacco al posto di uno spento Keita. Soltanto ora la Samp riesce ad alzare il baricentro e in un paio di occasioni Thorsby e poi Quagliarella riescono a battere in porta. Sale la pressione: Bereszynski pareggia con un gol-capolavoro, e poco dopo Gabbiadini con un gran sinistro (lancio di Quagliarella) dal limite firma il 2-1. Gara chiusa? Macché! I tre minuti di recupero raddoppiano dopo uno scontro in area Ferrari-Pavoletti e alla ripresa del gioco arriva la botta decisiva di Nainggolan.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Insigne e Osimhen, che magie.
Il Napoli batte un Bologna sfortunato



Gli attaccanti fanno felice Gattuso, ma Sinisa avrebbe meritato di più:
due gol annullati a Palacio e palo di Skov Olsen.
Non basta la rete di Soriano. Crac Ghoulam: si teme per il legamento crociato


Mimmo Malfitano

Nel nome di Lorenzo Insigne. Il Napoli piega il Bologna e conquista la quinta vittoria consecutiva al Diego Maradona. La serata del posticipo domenicale ha nel capitano napoletano il protagonista principale. Realizza due reti, la seconda pesantissima, perché arrivata dopo che il Bologna aveva accorciato le distanze con Soriano. L’orgoglio di Lorenzo è andato oltre, stavolta. Ha sentito dentro di sé la responsabilità di tenere in corsa il suo Napoli per il quarto posto e lo ha fatto nella maniera più concreta possibile. Non ha sfigurato, comunque, il Bologna. Mihajlovic non ha rinunciato a giocarsela, la partita, e in un paio di occasioni ha pure sfiorato il pareggio.

SUBITO INSIGNE — La delicatezza del momento impone al Napoli un atteggiamento prudente, anche perché il Bologna lascia subito intendere che non starà lì a difendersi. Si parte con grande intensità, allora, e Lorenzo Insigne impiega appena nove minuti per indirizzare il risultato. Il capitano, assistito da Zielisnki con un apprezzato colpo di tacco, indovina l’angolo alla sinistra di Skorupski per il, vantaggio napoletano. Il gol, ovviamente, allenta un po’ le tensioni tra i ragazzi di Gattuso. Il quale perde Faouzi Ghoulam dopo appena 20 minuti. In un tentativo di recupero su Palacio, l’esterno sinistro si blocca di scatto tenendosi la coscia sinistra: la prima diagnosi parla di trauma distorsivo ginocchio sinistro, si teme per il legamento crociato. Domani mattina andrà a Roma per farsi visitare dal professor Mariani, a Villal Stuart. Al suo posto entra Hysaj che va a sistemarsi dal lato di Skov Olsen, la vera spina nel fianco della difesa napoletana.

VICINO AL PARI — Mihajlovic priva a spostare di qualche metro il baricentro, per aggredire il Napoli poco fuori dalla sua area. Al 20’, Skov Olsen riesce persino a mettere i brividi all’avversario con un gran diagonale da destra: il pallone sbatte sul palo e ritorna in campo. Gattuso richiama i suoi, li sprona per tirarli fuori da quel leggero torpore nel quale sono piombati subito dopo il gol. Ed allora, è ancora una volta Insigne a scuotere la difesa emiliana, sempre da limite, con un tiro a giro sul quale Skorupski compie un vero prodigio, deviando il pallone in angolo. La gara è equilibrata, le azioni si susseguono su entrambi i fronti. Mertens resta un po’ isolato in attacco, mentre Zielinski è a mezzo servizio per un problema fisico. Dall’altra parte, Palacio corre come un ragazzino, non teme nemmeno il confronto con Koulibaly. Ed è proprio il difensore senegalese, al 23’, a deviarne una botta dal limite. È ancora l’attaccante argentino a gettare nel panico Gattuso, quando al 29’ colpisce di testa, a botta sicura, il cross di De Silvestri. Ospina, al rientro, evita il pareggio con un balzo felino. La chiusura del primo tempo tocca ancora a Palacio che si vede annullare un gol per fuorigioco.

ANCORA PALACIO — La ripresa si apre con l’attaccante argentino sempre protagonista. È lui che dopo due minuti va a contrastare un rinvio di Ospina, frenandone il rilancio e appoggiando il pallone in rete. L’arbitro Chiffi ha un attimo di esitazione, mentre il guardalinee Valeriani punta la bandierina verso il centrocampo. Il dubbio viene risolto dalla Var che evidenzia il fallo di Palacio. Dalle due panchine si provvede ai primi cambi. Gattuso inserisce Osimhen per Mertens (8’), mentre Mihajlovic richiama a sé Poli per fare spazio a Dominguez.

CAMBIO VINCENTE — L’ingresso di Osimhen permette al Napoli di avere un riferimento certo per puntare sulla profondità, favorito pure dal gioco sbilanciato del Bologna che deve recuperare il risultato. Così, al 21’, Zielinski avvia il contropiede con un lancio lungo per Osimhen che, sulla distanza, lascia un metro indietro Danilo e batte Skorupski. Appena un minuto prima del raddoppio, Mihajlovic aveva inserito Musa Barrow per dare maggiore consistenza all’attacco. Ma il raddoppio napoletano rende poco funzionale la mossa del tecnico emiliano che, nonostante tutto, può esultare al 28’ quando Ospina sbaglia un appoggio su Demme e favorisce l’azione per il gol di Soriano. Bologna rientrato in partita? Macché. Lorenzo Insigne non conosce la resa così 4 minuti dopo, approfitta di un controllo difettoso di De Silvestri per avviarsi tutto solo verso Skorupski che batte un tiro a fil di palo.

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È un'Inter al bacio: 1-0 all'Atalanta e di nuovo +6 sul Milan



Decisivo nella ripresa il destro di Skriniar, nel primo tempo super Handanovic su Zapata.
Conte non si ferma più: sette vittorie di fila


Luca Taidelli

Mancheranno pure 12 finali, ma l’Inter ne vince una più finale delle altre contro il peggior avversario del momento, l’Atalanta di Gasperini che avrebbe meritato il pareggio e invece resta dietro alla Roma e al momento fuori dalla zona Champions. Decide un gol di Milan Skriniar, il possibile tesoretto estivo che si trasforma in uomo scudetto nella serata in cui Zapata lo mette spesso alla corda. Ma quello che conta è che l’Inter vola e respinge l’assalto di Milan, che torna a -6, e Juve, di nuovo a -10 ma con un match da recuperare. Così i 113 anni che il club festeggerà domani sono stati festeggiati al meglio.

PRIMO TEMPO — Conte ripropone i soliti noti, con l’eccezione di Vidal che viene preferito a Eriksen per un match che si annuncia molto fisico. Così facendo però si priva del doppio regista, con Gasperini che mette Pessina ad asfissiare Brozovic, l’unica fonte di gioco rimasta ai padroni di casa. La sorpresa tra gli ospiti è però Malinovskyi, il classico terzo che gode nel ballottaggio che sembrava riguardare Muriel ed Ilicic per affiancare Zapata. Pur vantando i migliori attacchi del torneo, le due squadre hanno trovato l’equilibrio vincente blindando nell’ultimo mese la fase difensiva. L’Atalanta arriva al Meazza senza aver subito gol nelle ultime tre trasferte. I tre centrali hanno fisico e velocità per reggere l’urto con Lukaku, che infatti gira al largo contro Toloi e più spesso Djimsiti, lasciando l’uno contro uno centrale su Romero a Lautaro, col difensore che al 14’ rischia l’autogollonzo con un retro passaggio che costringe Sportiello (ancora preferito a Gollini) costretto a mettere in angolo con un colpo di testa. Poco prima però era stata l’Atalanta a rendersi pericolosa con un cross dal fondo di Gosens che attraversa tutta l’area piccola senza che un compagno intervenga. Mentre Skriniar suda sette magliette per tenere Zapata, Bastoni dall’altra parte è poco sollecitato in marcatura ma è bravissimo al 25’ a lanciare Lukaku in campo aperto. Straordinario Djimsiti a recuperare sul belga e poi a murare il destro di Lautaro. Alla distanza cresce però la squadra di Gasp, che alza il baricentro appoggiandosi alla quercia Zapata, vicinissimo al vantaggio quando di testa da angolo svetta su De Vrij e costringe Handanovic al miracolo. Sul secondo corner è Toloi a prevalere su Bastoni, con Brozovic attento sul primo palo. Lo 0-0 all’intervallo insomma è un affare più per Conte che per Gasp.

SECONDO TEMPO — Si riprende con Ilicic al posto di Malinovskyi e Vidal inspiegabilmente in campo malgrado una prestazione insufficiente. Il cileno durerà altri 7’, rimpiazzato da Eriksen. E, ma questo è un caso, l’Inter la sblocca subito dopo, con Bastoni che in mischia da angolo ha la prontezza di toccare la palla per Skriniar, chirurgico col destro nell’angolino. Ecco la svolta che stappa il match, con la capolista a un passo dal colpo del k.o. quando Toloi scivola e dà via libera a Lukaku, colpevole di perdere l’attimo per portarsela sul sinistro, facendosi rimontare da Romero. Mentre nel primo tempo pareva più contratta dell’avversario, con il vantaggio l’Inter sembra acquisire sicurezza mentre l’Atlanta s’ingolfa malgrado un super De Roon che riesce a normalizzare Barella, peraltro non visto visto da Lautaro in due ripartenza che potevano essere sanguinose. Ilicic sembra in modalità off, anche se Zapata appena prima di lasciare il posto a Muriel mette i brividi ad Handanovic con un destro a fil di palo. Entra anche Miranchuk, autore del gol del pareggio all’andata, per Pessina, mentre Conte al 32’ richiama uno spremuto Brozovic e Lautaro per Sanchez e Gagliardini, che a sorpresa si prende la posizione centrale in cui si pensava scalasse Eriksen per schermare proprio Miranchuk. Gasp tenta il tutto per tutto con Pasalic e Palomino per Djimsiti e Freuler, con Toloi che sale a centrocampo in un 4-2-3-1. Conte chiude la girandola dei cambi rinfrescando le fasce con D’Ambrosio e Darmian. La metà campo interista è un enorme corpo a corpo in cui si trasforma in operaio anche il principe Eriksen e l’Inter sguazza. Verso lo scudetto? Lo diranno le prossime 12 finali.

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SERIE A 2020/2021 26ª Giornata (7ª di Ritorno)

06/03/2021
Spezia - Benevento 1-1
Udinese - Sassuolo 2-0
Juventus - Lazio 3-1
07/03/2021
Roma - Genoa 1-0
Crotone - Torino 4-2
Fiorentina - Parma 3-3
Verona - Milan 0-2
Sampdoria - Cagliari 2-2
Napoli - Bologna 3-1
08/03/2021
Inter - Atalanta 1-0

Classifica
1) Inter punti 62;
2) Milan punti 56;
3) Juventus(*) punti 52;
4) Roma punti 50;
5) Atalanta punti 49;
6) Napoli(*) punti 47;
7) Lazio(*) punti 43;
8) Verona punti 38;
9) Sassuolo(*) punti 36;
10) Sampdoria e Udinese punti 32;
12) Bologna punti 28;
13) Genoa punti 27;
14) Fiorentina, Spezia e Benevento punti 26;
17) Cagliari punti 22;
18) Torino(**) punti 20;
19) Parma punti 16;
20) Crotone punti 15.

(gazzetta.it)

(*) Juventus, Napoli, Lazio e Sassuolo una partita in meno.
(**) Torino due partite in meno.
Lazio - Torino non disputata (il Torino non si è presentato in campo causa Covid).
Torino-Sassuolo è stata rinviata per Covid al 17 marzo prossimo.
Juventus-Napoli da rigiocare dopo il ribaltamento al terzo grado di giustizia sportiva (CONI)
e punto di penalizzazione di conseguenza restituito al Napoli.
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Caicedo entra e risolve.
La Lazio riparte, ma che sofferenza col Crotone



Due volte in vantaggio con Milinkovic e Luis Alberto, due volte ripresa da Simy.
Poi il gol dell'ecuadoregno che ha sostituito un opaco Immobile


Nicola Berardino

Ci voleva un gol di Felipe Caicedo, quelli tipici dell'ecuadoriano nel finale di partita, per riportare la Lazio ai tre punti dopo le sconfitte contro Bologna e Juventus. La vittoria contro il Crotone è scaturita però tra tanti affanni da una prestazione che ha risentito delle ombre dell’ultimo periodo (in cinque gare ben quattro k.o. compreso quello di Champions col Bayern). I gol di Milinkovic e Luis Alberto, intervallati dal pari provvisorio di Simy, riavviano nel primo tempo la squadra di Inzaghi. Nella ripresa, dopo il nuovo pareggio con Simy su rigore, altre difficoltà dei biancocelesti, ben fronteggiati dalla caparbietà del Crotone. Al 39’ risolve Caicedo, subentrato 8 minuti prima a Immobile. E la Lazio ha rivisto la luce.

RIPARTENZA LAZIALE — Inzaghi recupera Radu e può risistemare Acerbi al centro della difesa, che sulla destra registra il rientro di Patric, così Marusic avanza a metà campo. Squalificato Cosmi (in panchina Tardioli), il Crotone scende in campo con la formazione che ha vinto contro il Torino. Gara anticipata al venerdì in vista di Italia-Galles di rugby in programma domani all’Olimpico. Assetto molto guardingo dei calabresi con i due esterni di centrocampo che arretrano per fortificare la difesa dinanzi agli assalti della Lazio. Al 7’, alto un tentativo di Correa. Due minuti dopo Cordaz chiude lo specchio della porta a Immobile. Ma il Crotone sbuca al tiro al 12’: insidioso il diagonale di Messias. La Lazio non sbaglia al 14’: cross dalla sinistra di Radu, con un colpo di piatto Milinkovic sigla il suo sesto gol in campionato. La squadra di Inzaghi controlla il gioco cercando spiragli per verticalizzare. Il Crotone studia come ripartire. E al 29’ approda al pareggio con Simy, che si libera di Acerbi e infila Reina con un tocco angolato dai limiti dell’area su pregevole imbeccata di Magallan. Lazio spiazzata dall’1-1. Proteste dei calabresi per un atterramento in area di Ounas. Cordaz para su fiondata di Luis Alberto al 38’. Un minuto dopo lo spagnolo scorge l’angolo giusto per colpire su traversone di Radu smistato da Immobile. E la Lazio torna in vantaggio con l’ottavo centro in campionato del Mago.

CAICEDO DECISIVO — Nella ripresa, il Crotone si presenta con una novità di difesa: Djidji al posto di Magallan. E al 5’ riaggancia il pari con un rigore di Simy, concesso dopo un fallo di Fares su Messias. Dodicesimo gol per il nigeriano, alla terza doppietta in questo campionato. All’11’, Cordaz è pronto su botta di Luis Alberto, deviata da Simy. Si riaccende la Lazio. Alta una conclusione di Immobile. Prova a farsi largo in area Correa. Al 20’, nuovo cambio nel Crotone: Rispoli rileva l’infortunato Reca e va sulla destra mentre Pedro Pereira cambia fascia. Spinge la Lazio. Incornata di Immobile sopra la traversa. Al 25’, esce Pedro Pereira per Benali (Molina si sposta sula sinsitra). E la Lazio fa entrare Escalante e Lulic per sostituire Leiva e Fares. Al 30’, grande chance per Milinkovic: colpo di testa fuori da buonissima posizione. Un minuto dopo, Inzaghi avvicenda la coppia d’attacco: ecco Muriqi e Caicedo per Correa e Immobile. Ma al 33’ Reina salva la Lazio: respinta su incursione di Rispoli. Cordaz rimedia su Milinkovic. Inzaghi dà spazio a Andreas Pereira per Radu. Biancocelesti a testa bassa in avanti. E al 39’ ci pensa Caicedo a liberare la Lazio dalle angosce: su una bordata di Escalante, si inserisce l’ecuadoriano e fulmina Cordaz con la sua settima rete in campionato. Tardioli cambia Petriccione con Di Carmine. Andreas Pereira sciupa al tiro. Il fischio finale di Rapuano dopo 4 minuti di recupero fa tirare un gran sospiro di sollievo a Simone Inzaghi.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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L'Atalanta soffre, poi si scatena Pasalic e lo Spezia va k.o.



Dopo 45' in cui i liguri si fanno preferire,
la Dea si sveglia e con un doppietta del croato più una perla di
Muriel si prende di forza i tre punti per tornare in zona Champions.
E martedì c'è il Real...


Marco Guidi

Un tempo forse con la testa già al Real Madrid, un altro per sbrigare la (complicata) pratica Spezia. L'Atalanta vince 3-1, ritrova il miglior Pasalic (prima doppietta in stagione) e si prende tre punti fondamentali per riportarsi in zona Champions, almeno per una notte. Ora la banda Gasperini può concentrarsi sull'impresa in terra di Spagna: servirà per 90' ben altra intensità e attenzione per rimontare lo 0-1 di Bergamo con i Blancos...

SCELTE — Gasperini risparmia solo Romero e Pessina dell'undici titolare, schierando Palomino in difesa e Pasalic sulla trequarti. Duvan Zapata, uscito per un problema muscolare con l'Inter lunedì, va in panchina. Davanti la coppia Ilicic-Muriel. Italiano disegna lo Spezia col solito 4-3-3, affidando la regia a Ricci e dando fiducia al tridente Verde-Nzola-Gyasi.

EQUILIBRIO — Il primo squillo è della Dea. Al 5' punizione di Muriel, girata di testa di Pasalic: fuori di un soffio. Passata la paura, lo Spezia inizia a macinare il solito calcio di Italiano, fatto di intensità e perfetti meccanismi di copertura preventiva. L'Atalanta invece fatica a innescare le punte, ma al 17' ha la palla per sbloccare una gara complicata: Zoet pasticcia con i piedi, Pasalic è rapido nel servire Ilicic, che senza portiere si fa respingere il sinistro a colpo sicuro dalla testa di Erlic. I liguri creano la loro prima, vera occasione da gol al 33': verticale di Verde per l'inserimento di Ricci che calcia subito sul primo palo, Sportiello è reattivo nel chiudere in angolo. Il primo tempo, a livello di cronaca, è tutto qui, ma il modo in cui lo Spezia imbriglia le trame nerazzurro meriterebbe un manuale di tattica dedicato. Difesa alta, Leo Sena e Maggiore che creano sempre superiorità a centrocampo e Nzola a battagliare su ogni palla con la difesa di casa.

RIPRESA DA DEA — Il secondo tempo inizia con lo stesso canovaccio, ma al 53' Ilicic azzecca la prima giocata della serata, in combinazione con Maehle, e offre dalla destra a Pasalic la palla del vantaggio: piatto dai dieci metri e Zoet battuto. La partita svolta. Gasperini toglie Djimsiti (piccolo problema fisico, ma non preoccupa in vista del Real Madrid in Champions), inserisce Romero e la gara prende una piega decisa appena 2' dopo: sponda di Gosens di testa, Muriel si aggiusta la palla sul destro e pennella una traiettoria da artista all'incrocio opposto. È il 2-0 che rassicura i nerazzurri. A metà ripresa Gasp cambia l'attacco con gli ingressi di Malinovskyi e Zapata per Ilicic e Muriel, mentre Italiano tenta di rivitalizzare i suoi con gli innesti di Estevez e Acampora per Maggiore e Vignali. Tutto inutile, lo Spezia non riesce più ad andare sopra ritmo. E l'Atalanta è in pieno controllo. Anzi, al 73' Pasalic si toglie la soddisfazione della doppietta su pregevole assist di Zapata. La girandola di cambi consegna poi all'ex Piccoli la chance di ricordare alla Dea che lui aspetta di tornare dal prestito: il giovane centravanti accorcia infatti le distanze in un'azione convulsa all'82', un minuto dopo essere entrato, su invito più o meno volontario di Estevez. Nel finale c'è spazio per una protesta furiosa di Gasperini per un intervento più che sospetto di Erlic su Gosens e per un gol divorato da Zapata a tu per tu con Zoet, bravo a respingere in uscita disperata. Adrenalina che servirà ad avvicinarsi con la testa giusta all'appuntamento da dentro o fuori di martedì a Madrid.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Quante emozioni al Mapei: il jolly è di Traoré.
Il Sassuolo torna a correre, Verona k.o.

La squadra di De Zerbi batte e scavalca in classifica l'Hellas:
subito in vantaggio con Locatelli, viene raggiunta da Lazovic a fine primo tempo.
Nella ripresa ancora avanti con Djuricic, quindi il 2-2 di Dimarco prima del gol vincente dell'ivoriano


Alex Frosio

[IMG]https://images2.gazzettaobjects.it/methode_image/2021/03/13/Calcio/Foto_Calcio_-_Trattate/1306862268-0114-kfy-U4001446830706LwF-528x329@Gazzetta-Web_528x329.jpg?v=202103131718
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Una gran partita: fisica, tattica, anche tecnica. La spunta il Sassuolo, che ritrova il successo giocando una partita più conservativa del solito ma anche andando a segnare tre gol.

STRATEGIA — Defrel nell’undici non significa soltanto più fisico, è anche un cambio di strategia di De Zerbi: il francese si sistema al fianco di Caputo mentre sui lati si allineano Berardi e Djuricic. Come previsto, infatti, il Verona si accampa nella metà campo del Sassuolo, che quindi rinuncia – giustamente – alla costruzione dal basso per andare direttamente da Consigli a Caputo che combina rapido con Defrel. E al 4’ i neroverdi sono già in vantaggio: Berardi lavora a sinistra, cerca in mezzo Defrel che appoggia per il rimorchio di Locatelli, destro misurato all’angolo alto e dedica con T in favore di telecamera alla fidanzata Tessa. La partita si sviluppa nel tema opposto al previsto: il possesso è infatti del Verona, mentre il Sassuolo tiene la difesa alta ed è attento nelle uscite in pressione. Un lancio in profondità di Veloso al 12’ innesca Lazovic, cross per la testata di Barak e Consigli reattivo ad alzare in angolo. Dimostrazione della reazione dell’Hellas, ancora pericoloso al 16’ (sponda di Lasagna, destro a lato di Tameze) e al 17’ (Faraoni liberato da Zaccagni davanti alla porta si allunga il pallone). Il Sassuolo risponde su angolo di Berardi e testata di Ferrari al 19’ – Silvestri imita Consigli e alza – e con un’azione manovrata da manuale al 35’, con sfondamento di Djuricic e palla a Berardi al lato opposto, finta con il sinistro a sedere Ceccherini e diagonale di destro, niente gol ma mani nei capelli per il capitano neroverde. Il Sassuolo sembra avere le misure degli attacchi veronesi ma al 43’ si apre un buco: Kyriakopoulos e Ferrari bucano il filtrante di Barak che così può arrivare a Faraoni, cross in mezzo dove Lasagna può permettersi pure il liscio, perché Lazovic può raccogliere tutto solo sul secondo palo per freddare Consigli. Da un esterno all’altro, entrambi con i piedi in area, come imparato da Juric alla bottega di mastro Gasperini.

REAZIONE — È l’ultima giocata di Faraoni: c’è Dimarco al suo posto a inizio secondo tempo, introdotto da una fuga di Lasagna interrotta con qualche dubbio da Ferrari. Il Sassuolo torna avanti presto. Al 6’ Kyriakopulos affonda a sinistra, mette in mezzo, la respinta di Gunter è corta, Djuricic raccoglie e fulmina Silvestri. E stavolta la reazione del Verona è meno efficace. La continua ricerca della profondità viene frustrata dai tanti fuorigioco e dalle rincorse dei difensori neroverdi. A volte faticose, tanto che a metà ripresa De Zerbi cambia: fuori Djuricic e Defrel, dentro Marlon e Traore, e 3-5-2. La risposta di Juric è all’attacco: dentro Bessa per Magnani, con Zaccagni a tutta fascia a sinistra e Dimarco terzo difensore, ma a uomo su Traore quindi sempre altissimo. Talmente alto che al 34’ è proprio Dimarco a segnare al volo il 2-2 su cross di Lazovic (di nuovo da lato a lato), nonostante l’estremo tentativo di Ferrari che un minuto prima aveva salvato in rovesciata sulla linea un tentativo di Barak. La partita è vivissima, una battaglia tattica feroce, che non permette cali di attenzione. E invece il Verona ci casca. Al 36’ un retropassaggio di Zaccagni, in zona a lui poco familiare, innesca Caputo che cincischia ma serve Berardi, Dawidowicz devia davanti alla porta. Sull’angolo seguente, però, una mischia sputa il pallone sui piedi di Traore che infila nella foresta di gambe davanti a lui. Juric ci riprova: fuori Zaccagni e dentro Salcedo che va largo a destra. De Zerbi risponde con Lopez per Locatelli e poi Ayhan per Chiriches: niente svolazzi, niente più costruzione da dietro, blindatura dell’area e se serve si spazza. E così il Sassuolo torna al successo, mentre il Verona si ferma ancora, con Juric espulso a ridosso del 90’ per proteste.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Vlahovic, tripletta da urlo:
la Fiorentina respira, per il Benevento è crisi nera

Il serbo ne segna tre (l’ultimo è un capolavoro),
poi la squadra di Inzaghi reagisce, accorcia e sfiora il 2-3 con Caprari.
Ma Eysseric chiude i conti


Maurizio Nicita


La Fiorentina vince nettamente e con merito lo spareggio per evitare la zona caldissima della classifica e proseguire con un pizzico di tranquillità il campionato. Il serbo Vlahovic segna una splendida tripletta con i francesi Ribery ed Eysseric che con classe confezionano assist e gol per chiudere la gara e respingere la reazione veemente di inizio ripresa di un Benevento che non si è mai arreso e comunque mostra vitalità per continuare a lottare, nonostante la vittoria manchi ormai da 11 turni. Inzaghi nel secondo tempo e riuscito a far giocare meglio i suoi e da qui deve ripartire per conquistare punti importanti per la salvezza.

GLI ASSETTI — Pippo Inzaghi opta per l’albero di Natale, lasciando da parte il 3-5-2 efficace visto a Spezia. Come centravanti confermato l’argentino Gaich. Prandelli nel suo 3-5-2 rinuncia a Biraghi, preferendo l’esperienza di Caceres e opta per il francese Eysseric al posto di un Castrovilli non al meglio, con questa scelta che si rivelerà tatticamente buona.

BUM BUM VLAHOVIC — La differenza la fa un vecchietto di 37 anni che si chiama Ribery e ancora si diverte a giocare. Il francese fra le linee va a prendersi un pallone che porta rapidamente davanti all’area avversaria, palla allargata a Eysseric il cui cross basso, seppur sporcato da Improta, arriva a Vlahovic che di sinistro non perdona. Il serbo si ripete poco dopo da ottimo opportunista quando dopo un colpo di testa di Caceres (cross ancora di Eysseric) Montipò respinge come può e sulla respinta Vlahovic piazza la doppietta della tranquillità. In mezzo la Fiorentina fallisce una clamorosa occasione con Martinez Quarta che da pochi passi alza incredibilmente sulla traversa. Complessivamente sul piano del gioco la Fiorentina comanda il gioco, “allargando” la difesa avversaria, con un Benevento che fatica a risalire dalle parti di Dragowski. L’unica occasione su un cross di Hetemaj sul quale Gaich manda fuori tempo Pezzella ma poi sull’uscita del portiere viola conclude di tacco male. Ma prima di andare negli spogliatoi ecco il capolavoro di Vlahovic che difende palla nella trequarti dagli abbracci non tanto affettuosi di Glik poi si gira compie un paio di passi e dai 20 metri scaglia un sinistro a giro che va nel “7” a mettere in sicurezza il risultato.

UN’ALTRA PARTITA — È quella della ripresa, con il Benevento trasformato che produce il massimo sforzo mettendo alle corde la Fiorentina con un’azione veloce e avvolgente. Roberto Insigne, al posto di Viola, si produce in un paio di tiri interessanti. Il gol della speranza arriva da angolo, ben calciato da Caprari con Ionita che salta più alto di Pezzella. Poi ancora Caprari costringe alla parata Dragowski e sull’angolo i padroni di casa protestano per un mani di Caceres, ma Giacomelli (consultandosi col Var Maresca) decide di non fischiare perché la palla prima tocca la coscia dell’uruguaiano. Inzaghi ci prova inserendo Lapadula accanto a Gaich, Prandelli dà più sicurezza ai suoi passando al 4-4-2 e quadrando meglio la fase difensiva. E alla prima occasione ecco quel vecchiaccio di Ribery che confeziona anche il quarto gol, servendo un assist delizioso ad Eysseric che confeziona un altrettanto preciso pallonetto che chiude definitivamente la gara col 4-1.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Botta e risposta Pandev-De Paul:
tra Genoa e Udinese è 1-1.
Ma quel palo al 93'...



L'attaccante macedone subito in gol, l'argentino non sbaglia dal dischetto.
Friulani più pericolosi, ma nel recupero che occasioni per Zajc e Behrami


Filippo Grimaldi

Il Genoa riparte, con il rammarico per la doppia occasione Zajc-Behrami (palo) negli ultimi secondi di gara: l’1-1 finale (guizzo di Pandev e rigore di De Paul) permette comunque ai rossoblù di ripartire dopo la sconfitta dell’Olimpico, e questo era ciò che più interessava a Ballardini, in una lotta per la salvezza sempre più complicata. L’Udinese continua invece la sua costante risalita in una classifica sempre più interessante: quindici punti nelle prime otto giornate del ritorno dicono molto, ma non tutto, su una crescita importante degli automatismi e del gioco della squadra di Gotti. Certo è che l’anticipo del Ferraris regala quanto prometteva alla vigilia: ritmi alti sino alla fine e gara giocata a viso aperto. Ballardini passa indenne il primo esame di un trittico-chiave per il Grifone (le prossime saranno la trasferta a Parma e la Fiorentina a Marassi) nella lotta per la salvezza. Il Genoa ritrova un buon Perin fra i pali, anche se deve rinunciare a due titolari come Masiello (a sorpresa titolare Biraschi dopo 111 giorni dall’infortunio: l’ultima all’andata a Udine) e Destro, sostituito proprio dal macedone. L’Udinese, no: si affida a Nuytinck in difesa, mentre De Maio sostituisce Bonifazi come centrale. In mediana comanda De Paul, che da quando è a Udine ha sempre fatto male ai rossoblù, con Llorente terminale offensivo più avanzato assistito da un eccellente Pereyra, migliore dei suoi.

BOTTA E RISPOSTA — Partita decisa dai gol nel primo tempo, con l’Udinese subito a gran ritmo (4’, affondo pericoloso di Pereyra), ma che poi è andata in svantaggio (8’) con una prodezza di Pandev (ma sbaglia De Maio), servito da Strootman sulla fascia sinistra dopo che Shomurodov aveva aperto lo spazio per il compagno. L’arbitro Camplone prima annulla per un presunto tocco con il braccio del macedone, ma poi dopo il consulto con la Var convalida la rete. I friulani ripartono: Pereyra va a segno (14’), ma è in posizione irregolare. La squadra di Ballardini vive qui il suo miglior momento, anche perché gli uomini di Gotti faticano a fare un pressing efficace. Ma dopo un’occasione per parte – Stryger Larsen alto al 25’, e Shomurodov fuori misura un minuto dopo – arriva il pari ospite. De Paul mette un pallone perfetto per Pereyra che al limite dell’area piccola viene messo giù da Criscito. Rigore netto e lo stesso De Paul dal dischetto non sbaglia (30’). La parità ridà nuovo slancio al gioco bianconero, che sfiorano il raddoppio con Llorente: Perin bravo a bloccare a terra. Bel primo tempo, vivace, ma l'Udinese può essere davvero pericolosa alzando il baricentro e aumentando il numero dei giri.

FINALE CALDO — Non cambia il canovaccio nella ripresa. Il Genoa prova a sorprendere la squadra di Gotti che pare però in assoluta gestione del gioco. De Maio manca il raddoppio di testa sugli sviluppi di un angolo (10’), Zappacosta risponde con diagonale dalla distanza (12’) lontano dalla porta. Ripresa comunque divertente, a buon ritmo. Gotti prova la carta-Makengo, ma il protagonista assoluto diventa Pereyra, che dribbla quattro difensori e trova Perin e Radovanovic a chiudergli lo spazio al tiro (20’). Qualche pausa e un po’ di errori su entrambi i fronti, sino al finale-show del Genoa, che in settanta secondi va due volte vicino al raddoppio, con Zajc (47’) e con il successivo palo di Behrami (48’).

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Bologna-show, che tris alla Samp!
E per Ranieri continua il periodo nero

In gol per gli emiliani Barrow, Svanberg e Soriano. Di Quagliarella la rete dei blucerchiati


Matteo Dalla Vite


La Samp fa volume. Ma il Bologna suona ed è estremamente rock, per una volta. La Samp crea e fa gioco. Il Bologna mette nel tabellino quasi i tiri fatti, nel senso che la squadra di Mihajlovic viene accompagnata dalla spietatezza che una volta non aveva. Barrow, Svanberg e Soriano mettono il Bologna a un punto da una Samp molto giochista ma anche sprecona dopo una gara piacevole e spigliata. Morale: il Bologna (al quale annullano un gol di Sansone) torna a vincere dopo due k.o. di fila e i blucerchiati (che mettono in conto un palo di Thorsby) rimandano i tre punti che non arrivano dal giorno di San Valentino.

SAMP DOMINANTE MA… — Davanti a Pagliuca in tribuna (doppio ex) e dopo aver diffuso il tributo a Raoul Casadei, Bologna e Sampdoria si mettono a cercare una vittoria che manca da un po’. Ranieri mette il dispositivo “Il vecchio e il bambino” in avanti: Quagliarella-Damsgaard è l’attacco che presenta il tecnico dei blucerchiati, mentre Mihajlovic (reduce da due sconfitte di fila) rimette Skov Olsen (che è cresciuto proprio con Damsgaard nel Nordsjaelland) dal 1’ e Barrow a sinistra, con Sansone inizialmente in panchina e Palacio ancora Falso-9. Quagliarella-Palacio è una sfida di Highlander mentre, agli antipodi del campo, c’è anche il duello nipponico fra Yoshida che è capitano di Tomiyasu nella nazionale giapponese. L’inizio, e fin quasi il 30’, è tutto sampdoriano: il culmine è un palo colpito da Thorsby su palla persa da Schouten (scivolato) al limite dell’area. Bologna graziato ma che col dispositivo rivisto e corretto di Ranieri (4-5-1, Damsgaard largo a sinistra) ci capisce poco.

BOLOGNA SPIETATO — C’è tanta Samporia, i due centrali di centrocampo rossoblù vedono una giostra di uomini blucerchiati che fra scambi, tagli interni e inserimenti mettono sempre qualche brivido alla porta rossoblù, con l’altro (serio) che arriva da tiro di Damsgaard (19’, parato da Skorupski) e Bereszinski (24’). Il Bologna è schiacciato e confuso, solo che basta una giocata e qualcosa succede: Palacio, a destra, sfugge a Ferrari, il cross è perfetto e Barrow infila l’1-0 calibrando la zuccata. Non è finita: su azione susseguente a palla persa da Barrow, la Sampdoria vede Quagliarella in gol (37’), bravo a sfruttare l’assist di Augello per l’1-1. C’è tanta Samp ma anche cinismo-Bologna: questa volta crea poco ma segna, perché un contropiede con rimpalli favorevole di Barrow porta Svanberg a realizzare il 2-1 dal limite dell’area al 41’. Samp vari tentativi e molti angoli, un gol; Bologna due occasioni e due reti.

SORIANO DA RECORD — La ripresa tiene lo stesso spartito del Lato A: la Samp crea e attacca arrivando al tiro con Quagliarella (5’), Jankto (6’) e Damsgaard (8’), poi – quasi fosse un copia e incolla del primo tempo – è il Bologna a farsi feroce: una doppia occasione fallita da Palacio e Skov Olsen (minuto 16’, grandissimo Audero) diventa l’antipasto del 3-1 rossoblù: cavalcata di Svanberg (migliore in campo con Barrow), palla a Soriano che infila il suo nono gol in campionato, come ai tempi del Villarreal ma record personale in Serie A. Può essere la botta che schiena definitivamente la Sampdoria ma Ranieri infila Ramirez, Gabbiadini e Leris per dare una forma diversa (4-3-3) e occasioni che riaprano la gara. Però, niente da fare: la Samp fa gioco e il Bologna fa del male: Sansone si vede annullare un gol al 31’ mentre un minuto prima Svanberg era arrivato vicino alla doppietta, mortificata da un colpo di schiena sulla linea di Yoshida. Morale: il Bologna torna a vincere alle 12,30, non succedeva dal 2019. Sempre contro la Sampdoria.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Roma, batosta a sorpresa. Il Parma torna ad esultare dopo 4 mesi!

Gli emiliani vincono coi gol di Mihaila ed Hernani e continuano a sperare nella salvezza.
Per i giallorossi stop pericoloso in chiave Champions


Andrea Pugliese


Una vittoria che vale oro per il Parma, una sconfitta che invece pesa tantissimo per la Roma. Al Tardini a mettere le ali ai gialloblù sono i due esterni d’attacco, Man e Mihaila, praticamente imprendibili per quasi tutta la partita. Scatti, qualità delle giocate, affondi e attacco degli spazi. I due romeni hanno fatto a lungo la differenza, con Mihaila che ha anche aperto le danze (Hernani, su rigore, le ha invece chiuse). Per la Roma una partita da cancellare dall’inizio alla fine. Possesso palla sterile, poche idee e anche confuse, ricerca degli spazi sterile. Squadra irriconoscibile, probabilmente anche a causa delle fatiche di Europa League. Da annotare solo l’esordio in Italia di Reynolds, con il Parma che torna a vincere 17 partite dopo l’ultima volta (Genoa-Parma 1-2 del 30 novembre scorso).

ROMENI AL POTERE — Il Parma deve vincere per rientrare nella corsa salvezza, la Roma per inseguire ancora la Champions. E il piano-partita è chiaro da subito, con i giallorossi a fare la gara e gli emiliani pronti a far male in transizione, con le ripartenze. Ed il vantaggio dei padroni di casa arriva proprio così, con Man che brucia Kumbulla in velocità e mette in mezzo un pallone su cui Mancini è approssimativo, con Mihila che gli sbuca alle spalle e insacca di piatto. Se c’è una speranza per il Parma di rimettersi in gioco nel corso di questo finale di stagione, quella è legata proprio alla velocità ed ai colpi dei due esterni romeni, che mettono in apprensione la difesa della Roma ogni volta che entrano in possesso del pallone. Dall’altra parte, invece, un possesso palla compassato, avulso, senza mai costruire qualcosa di davvero pericoloso. Pellegrini reclama subito un rigore per un intervento di Hernani, Dzeko calcia alto dal limite, El Shaarawy prova in un paio di occasioni a mettere paura a Sepe. Ma sono essenzialmente iniziative estemporanee, dei singoli. Dietro, poi, Kumbulla va spesso in difficoltà, anche perché Spinazzola spinge tanto e recupera poco e l’albanese si trova sempre in mezzo tra la copertura dell’ala (Man) e della mezzala di riferimento (Hernani). Ne viene fuori un primo tempo in cui il Parma ci mette grande cuore e dignità, con Pellè che lotta e guadagna punizioni importanti. La Roma invece si perde nell’anonimato, un po’ come i primi 45 minuti di Pedro, uno di quelli che invece dovrebbe accendere la luce nei momenti di difficoltà.

HERNANI LA CHIUDE — La ripresa si apre con le scintille. Man va subito vicinissimo al raddoppio, con Lopez che salva sul tocco ravvicinato del romeno. Poi è El Shaarawy ad avere la palla del pareggio, ma il suo tiro a giro (deviato da Conti) va fuori di un soffio, infine Mancini e Ibanez confezionano il patatrac, con il brasiliano che frana su Pellè in area di rigore nel tentativo disperato di recupero: è calcio di rigore, che Hernani realizza perfettamente. Così Fonseca tira fuori Kumbulla, Pedro e Peres e manda dentro Cristante, Perez e Reynolds (per l’americano è il debutto assoluto in Italia). Il Parma invece perde per infortunio Pellè, proprio mentre un paio di minuti prima Man e Mihaila avevano confezionato ancora un’azione pericolosissima, andando vicino al 3-0. Allora la partita diventa una battaglia, in un paio di circostanze rischia anche di incattivirsi. La Roma va a caccia del gol della speranza, ma le idee restano sempre labili, proprio mentre i padroni di casa accorciano ancora di più le linee a difesa del risultato. Al 32’ è Carles Perez a chiamare all’intervento Sepe da fuori, mentre dall’altra parte Mihaila va via a solo e mette paura a tutti. L’ultima carta di Fonseca è Mayoral, con il doppio centravanti al fianco di Dzeko. L’assalto finale dei giallorossi produce però solo una serie di mischie in aria, ma niente di più. Finisce così, con la Roma che resta fuori dalla zona-Champions e il Parma che torna in vita.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Lautaro "mata" un bel Toro: l'Inter decolla sull'ottovolante



Apre Lukaku su rigore, pareggia Sanabria, ma nel finale l'argentino
- 4 gol in 4 gare contro i granata -
trova la magia che vale l'ottavo successo di fila e la fuga scudetto


Luca Taidelli

L’Inter sale sull'ottovolante con una magia nel finale di Lautaro, al quarto gol in altrettante gare contro il Torino. Punizione esagerata per i granata, che hanno a lungo messo in difficoltà la capolista proprio con le sue armi: concentrazione, compattezza e ripartenze. L' Inter si porta così a +9 sul Milan (sconfitto a San Siro dal Napoli) e a +10 sulla Juve, che però deve giocare il recupero proprio contro gli azzurri.

LE SCELTE — Nicola recupera Belotti per la panchina e preferisce Sanabria a Zaza come compagno d’attacco di Verdi. Squalificato Rincon, con Lukic e Mandragora in mediana c’è Baselli. Bremer si riprende una maglia in difesa a spese di Rodriguez, mentre sugli esterni ci sono Vojvoda e Murru. Conte risponde con i soliti dieci, perché da tempo la formazione è scolpita e l’unico dubbio riguarda la mezzala sinistra. Oggi al posto dell’acciaccato Eriksen gioca Gagliardini. D’Ambrosio in tribuna per un’indisposizione, Vidal invece tornerà dopo la sosta.

PRIMO TEMPO — Come già successo in altre occasioni, l’Inter soffre contro squadre disposte a specchio con il 3-5-2 e che tengono la linea molto bassa. A volte è stato decisivo, anche per cambiare il quadro tattico, un gol all’alba del match. Contro il Toro ci va vicino Lautaro, che al 4’ gira sul fondo un cross di Perisic e al 7’ viene anticipato da Lyanco mentre calcia a pochi passi da Sirigu. Passata la fiammata nerazzurra, inizia la prevedibile guerra di trincea senza grandi emozioni. I granata tengono nei corpo a corpo, disinnescano Hakimi con la morsa Murru-Bremer, pressano tutti tranne Skriniar, il meno incline a impostare. Bremer è espolosivo e ingabbia Lukaku, mentre il Toro interista s’ingolfa col passare dei minuti. Al 28’, su una punizione dalla sinistra di Verdi, Bastoni scivola e Lyanco è liberissimo di insaccare di testa da pochi passi, ma prende un palo clamoroso. Lo spavento non accende la capolista, che continua a ruminare un calcio troppo lento per sorprendere le due linee strettissime dell’avversario.

SECONDO TEMPO — Nessun cambio nell’intervallo, anche se Baselli dura pochi minuti prima di cedere il posto a Linetty. Incapace di cambiare ritmo, l’Inter ci prova con la contraerea, ma nè Skriniar nè Gagliardini di testa inquadrano la porta. Al 56’ Conte comanda al vice Stellini il cambio della catena di sinistra: dentro Young ed Eriksen per Perisic e Gagliardini. Serve un episodio, che arriva al 16’ quando Lautaro difende il pallone in area sul tocco di Lukaku e induce al fallo Izzo. Dal dischetto il belga è glaciale e stappa la partita. Con Hakimi che dopo 2’ potrebbe chiuderla sull’assist di Lautaro, ma Sirigu salva di piede. Nicola si gioca Ansaldi e Zaza per Murru e Verdi e al 25’ la riacciuffa al termine di un mischione da farwest risolto da Sanabria, dopo che Handanovic aveva murato Zaza. Tocca a Sanchez e al tridente pesante, visto che esce Brozovic. E proprio il cileno a pochi minuti dalla fine pennella il cross su cui Lautaro compie il capolavoro: stacco a prendere il tempo a Izzo e incornata nell'angolino opposto a beffare Sirigu. Ancora una volta decidono i cambi in corsa di una rosa in fuga per lo scudetto.

Fonte: Gazzette dello Sport
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Ronaldo scatenato: risponde alle critiche con un tris al Cagliari, la Juve c'è

Nella prima gara post eliminazione dalla Champions,
il portoghese realizza le tre reti con cui i bianconeri superano i sardi.
Problema muscolare per Alex Sandro


Livia Taglioli



Ronaldo deve avere un fatto personale con il Cagliari. All’andata l'aveva abbattuto con una doppietta, stavolta realizza addirittura tre gol (come nella passata stagione) e chiude di fatto il match alla mezz’ora del primo tempo: 3-1 il finale alla Sardegna Arena, l’unico stadio italiano in cui CR7 non aveva ancora segnato. Gol pesantissimi e decisamente eloquenti, dopo la fresca eliminazione dalla Champions League e la successiva centrifuga che aveva investito il portoghese nei giorni scorsi, in un rutilare di dubbi, voci di mercato, supposizioni.

Ronaldo ha risposto realizzando il 23° gol in campionato, il 95° in 122 gare in bianconero. Il Cagliari non può che arrendersi di fronte a tanta furia e incassa la sconfitta n. 18 contro i bianconeri, interrompendo la sua serie positiva che durava da tre gare consecutive.

IL TRIS È SERVITO — Contro il Cagliari Pirlo rimescola le carte: Arthur e McKennie ancora non sono al meglio e partono dalla panchina, Danilo avanza sulla linea del centrocampo, con Rabiot, Kulusevski a destra e Chiesa a sinistra. Dietro Cuadrado affianca De Ligt, Chiellini e Alex Sandro, mentre davanti Morata fa coppia con Ronaldo. Il Cagliari, forte dei 7 punti in 3 gare ottenuti con Semplici in panca, schiera un 3-5-2 senza sorprese, con Godin dietro a vedersela con CR7 e il duo Joao Pedro-Simeone a cercare di far male. Ma non è solo la formazione offensiva a spingere in avanti la Juve: stavolta l’approccio alla gara è quello giusto: squadra compatta e attenta, colpisce al primo affondo: Ronaldo prima si guadagna un calcio d’angolo, poi di testa vola più in alto di Nandez, impatta sul cross dalla bandierina di Cuadrado e batte Cragno. E’ il 10’: Juve avanti 1-0. Ronaldo viene ammonito per una brutta entrata su Cragno (un intervento da "arancione"), stessa sorte per Cuadrado, che salterà il Benevento. Una grande occasione per Morata è il preludio del raddoppio, che arriva al 25’: lo spagnolo lancia in profondità Ronaldo, il suo scatto in area è fermato fallosamente da Cragno. Rigore. E gol, firmato Ronaldo.

Il Cagliari lascia praterie, la Juve ci si infila con gusto: ne nasce un primo tempo a senso unico, con la Juve padrona del campo ma anche molto attenta e lucida. Il tris arriva al 32’: assist di Chiesa e sinistro letale di Ronaldo. Tre reti e una voglia ancora straripante, Cragno deve tuffarsi fra i suoi piedi per impedire il poker. Bernardeschi sostituisce Alex Sandro che ha accusato un problema muscolare ereditandone anche il ruolo e finisce il primo tempo.

FORZA DI REAZIONE — La ripresa si apre con un paio di occasioni per il Cagliari, la Juve fa finta di niente, in realtà la vitalità del Cagliari si trasforma in gol: al 61’ Simeone, a secco da fine ottobre, colpisce di destro un cross rasoterra di Zappa, sfuggito con una finta a Bernardeschi, e infila Szczesny. E’ il 3-1. Ronaldo di nuovo fa la faccia cattiva, e prova un destro a girare che esce di pochissimo. E’ la prova: come la Juve accelera i sardi vanno in difficoltà. Asamoah e Klavan prendono il posto di Zappa e Ceppitelli, Bonucci e McKennie rilevano invece Chiellini e Morata, con Kulusevski che va ad affiancare Ronaldo. Ma la sostanza della gara non cambia: il Cagliari insiste ma alla fine non punge davvero, con Szczesny impegnato sporadicamente, mentre la Juve mantiene alta la vigilanza senza investire troppe energie. E come alza il ritmo conquista l’area avversaria. Ma soprattutto Ronaldo e C. sanno dare – forti e chiare - quelle risposte che un ambiente bianconero deluso dopo l’eliminazione dalla Champions aspettava con ansia e trepidazione.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Impresa Napoli: Milan a -9 dall'Inter.
Si infiamma la corsa Champions

Rossoneri opachi, decide Politano.
Nel finale i rossoneri reclamano un rigore su Hernandez e Rebic è espulso


Marco Pasotto


I migliori auspici si sono trasformati nel peggiore degli scenari. Dopo due decisi passi avanti – Verona, United -, pieni di cose belle e di un futuro a tinte rosa, per il Milan ecco la doccia fredda: il Napoli sbanca San Siro 1-0 con un gol di Politano ed è un k.o. che pesa tre volte. Perché permette all’Inter di volare via a +9, perché serve un pasto completo a una diretta avversaria per la Champions e perché offusca le certezze maturate nelle uscite precedenti.

Il Meazza si conferma ancora una volta poco amico del Diavolo: quattro sconfitte casalinghe nelle ultime sette apparizioni in campionato. Uno stadio, anzi il “suo” stadio, che Gattuso viola. Felice per aver dato una prova di forza in una situazione molto complicata in termini personali (intanto ora sono 10 punti in quattro gare), ma forse un po’ meno felice per aver dato un brutto ceffone al suo passato più luminoso. Il Napoli non vinceva in trasferta dal 10 gennaio e questo successo ha un effetto dirompente sulla lotta per la Champions. Adesso, escludendo l’Inter, ci sono cinque squadre in sei punti per tre posti. Sarà bagarre fino alla fine del campionato.

LE SCELTE — L’infermeria ha restituito a Pioli tre giocatori in un colpo solo – Hernandez, Calhanoglu e Rebic -, ma ne ha perso per strada un altro, ovvero Calabria. Quindi: Dalot a destra e Tomori, diventato una garanzia in poche partite, al posto di Romagnoli, ancora infortunato. In mezzo c’è comunque stata una novità, ovvero il ritorno di Gabbia (mancava dal 13 dicembre, giorno dell’infortunio al ginocchio), agevolato dalle condizioni non ottimali di Kjaer, risparmiato in vista del ritorno con lo United. Una difesa totalmente inedita. In mediana si è rivisto dall’inizio Tonali, sulla trequarti Castillejo, Calhanoglu al rientro e Krunic preferito a Rebic. Davanti, come ormai di consueto, Leao. Anche Gattuso se l’è dovuta vedere con svariati problemi, costretto a partire per Milano senza Lozano, Rrahmani e Manolas. In pratica difesa quasi obbligata con Maksimovic accanto a Koulibaly, e Hysaj e Di Lorenzo (l’alternativa al centro avrebbe potuto essere lui) esterni. Mediana e trequarti sono state quelle attese e il grande ballottaggio della settimana per la maglia da centravanti l’ha portato a casa Mertens, con Osimhen pronto a subentrare. Una staffetta obbligata, dal momento che entrambi non hanno ancora i 90 nelle gambe.

DIFFERENZE IN FASCIA — Il primo tempo non ha offerto uno spettacolo indimenticabile. Squadre molto attente a restare corte il più possibile e, dopo una decina di minuti nella terra di mezzo, l’inerzia si è spostata dalla parte del Napoli. Migliore nel palleggio, nella tecnica e nella precisione rispetto al Milan, ma troppo fumoso al momento di concludere o dell’ultimo passaggio. Ai punti, comunque, meglio gli azzurri, soprattutto per una maggiore efficacia in fascia. Insigne ha puntato spesso Dalot e Hysaj in particolare ha martellato parecchio sulla sponda sinistra, costringendo Castillejo alla massima prudenza, un po’ troppo basso rispetto alle sue abitudini. Più equilibrata la sfida sull’altra corsia perché Hernandez con i suoi strappi non ha permesso a Politano una pressione costante. Il migliore pregio del Napoli è stato l’autorevolezza con cui si è impossessato del match, quello del Milan l’umiltà di accettare la superiorità tecnica avversaria senza scomporsi e senza spaventarsi, ma chiudendo comunque abbastanza bene gli spazi. L’occasione più limpida è finita sul sinistro di Zielinski, imbeccato da Insigne, che si è spento fuori. Il 20 azzurro, servito in corsa e senza fastidi in marcatura, avrebbe potuto fare decisamente meglio. Il resto sono stati sprazzi: Hernandez prima ha innescato Leao, murato da Ospina, e poi il destro a giro (alto) di Calhanoglu, ancora in evidente rodaggio così come Mertens, poco cercato e poco reattivo con la palla fra i piedi. Ancora Zielinski, neutralizzato da Donnarumma, ed è stato tutto per la prima frazione.

STANCHEZZA — Il Napoli è passato al quarto minuto della ripresa e il gol è coerente con quanto visto nei primi 45 perché è stato propiziato dagli errori del Milan, che ha sbagliato più volte nella stessa azione. Prima Dalot in uscita (brutto passaggio per Castillejo, anticipato da Hysaj), poi Kessie ha bucato l’anticipo e infine l’assetto difensivo, che ha permesso a Politano di presentarsi davanti a Donnarumma con Hernandez fuori posizione. Il destro dell’esterno azzurro non è stato assolutamente granché, un po’ strozzato, lento ma beffardo abbastanza da superare Donnarumma. Un Milan opaco, visibilmente stanco dopo l’intensità della sfida con lo United e poco incisivo in attacco. Infatti Pioli al quarto d’ora ha cambiato in blocco la trequarti: dentro Saelemaekers, Diaz e Rebic, mentre Gattuso dall’altra parte toglieva di scena Mertens per Osimhen. La triplice novità ha dato i suoi effetti perché a quel punto la conduzione è diventata rossonera. Un Milan rigenerato in termini atletici, ma non ancora sufficientemente efficace in zona gol. Al 20’ l’occasione più limpida della sfida: cross perfetto di Rebic per Leao, che a due passi dalla porta ha colpito di piatto destro con estrema mollezza. Una mangiata colossale. Poi ancora Rebic, che di testa ha esaltato i riflessi di Ospina. Proteste rossonere per un intervento in area di Bakayoko su Hernandez, che Pasqua ha rivisto al Var, valutandolo non da rigore. Il Milan ci ha provato fino alla fine, ma usando più la pancia della testa. Che Rebic ha perso nel recupero: rosso diretto per frasi poco carine all’arbitro. Una grande sciocchezza anche alla luce dell’uscita dal campo di Leao, pare per problemi muscolari.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2020/2021 27ª Giornata (8ª di Ritorno)

12/03/2021
Lazio - Crotone 3-2
Atalanta - Spezia 3-1
13/03/2021
Sassuolo - Verona 3-2
Benevento - Fiorentina 1-4
Genoa - Udinese 1-1
14/03/2021
Bologna - Sampdoria 3-1
Parma - Roma 2-0
Torino - Inter 1-2
Cagliari - Juventus 1-3
Milan - Napoli 0-1

Classifica
1) Inter punti 65;
2) Milan punti 56;
3) Juventus(*) punti 55;
4) Atalanta punti 52;
5) Napoli(*) e Roma punti 50;
7) Lazio(*) punti 46;
8) Sassuolo(*) punti 39;
9) Verona punti 38;
10) Udinese punti 33;
11) Sampdoria punti 32;
12) Bologna punti 31;
13) Fiorentina punti 29;
14) Genoa punti 28;
15) Spezia e Benevento punti 26;
17) Cagliari punti 22;
18) Torino(**) punti 20;
19) Parma punti 19;
20) Crotone punti 15.

(gazzetta.it)

(*) Juventus, Napoli, Lazio e Sassuolo una partita in meno.
(**) Torino due partite in meno.
Lazio - Torino non disputata (il Torino non si è presentato in campo causa Covid).
Torino-Sassuolo è stata rinviata per Covid al 7 aprile prossimo.
Juventus-Napoli da rigiocare dopo il ribaltamento al terzo grado di giustizia sportiva (CONI)
e punto di penalizzazione di conseguenza restituito al Napoli.
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Il Toro non muore mai:
Zaza e Mandragora ribaltano il Sassuolo.
Sorpasso al Cagliari



Nel recupero della sfida rinviata per il Covid a De Zerbi non bastano due gol di vantaggio per vincere.
I granata creano tante occasioni e vengono premiati nel finale. Ora i granata sono quart'ultimi


Mario Pagliara

Il Toro esce dalla fossa all’ultimo respiro e al 92’ con la doppietta di Zaza (è il 3-2) si regala la prima e pesantissima vittoria in casa di questo campionato (all’Olimpico mancava da luglio, in Toro-Genoa). E’ un’impresa che ha del pazzesco, perché quando il Toro sembrava morto, sotto di due gol contro un ottimo Sassuolo spinto dalla doppietta di Berardi, al 32’ della ripresa è arrivato il diagonale di Zaza a riaprire i giochi. Ne è poi seguito il quarto finale più gagliardo della stagione granata, con il pari di Mandragora e il sigillo finale ancora di Zaza. La squadra di Nicola sale a 23 punti e si riporta sopra il Cagliari, mentre De Zerbi lascia lo stadio infuriato.

PRIMO TEMPO NEROVERDE — Non era certamente quello del primo tempo il Toro che Nicola aveva immaginato alla vigilia di questo importantissimo recupero di campionato. Certo, una reazione c’è pure stata, ma nel mezzo della tempesta non è bastata per arginare un Sassuolo arioso, bello, magari non continuo nelle giocate (come più volte De Zerbi sottolinea dalla panchina ai suoi), ma certamente che sfodera una superiorità che è palese in tutte le zone del campo. Se a questo si aggiunge la giornata di grazia di Domenico Berardi, per il Toro cala presto notte fonda. Dopo sei minuti i granata vanno già k.o.: Djuricic semina il panico in area, Caputo firma l’assist, poi il tiro vincente è di Berardi. Sirigu si fa sorprendere da un rimbalzo.

BERARDI DA IMPAZZIRE — I granata hanno un sussulto di orgoglio intorno al quarto d’ora, quando vanno vicini al pari in tre occasioni: Consigli ci mette i pugni su Mandragora (14’), ancora Consigli si rifugia in angolo sul colpo di testa di Murru (16’), un minuto dopo il portiere del Sassuolo si oppone a Sanabria. Nella circostanza il Toro reclama per una spinta di Berardi su Bremer: Mariani fa giocare, Di Paolo al Var non corregge la decisione. La stessa cosa si verifica al 19’ quando Sanabria cade in area sulla pressione alle spalle di Magnanelli. Il Sassuolo è squadra completa, che corre e diverte. Non si accontenta, e trova il raddoppio su una magia di un Berardi da impazzire: è il 38’, cross di Toljan, Berardi indovina una conclusione al volo che passa sotto le gambe di Sirigu. Nel finale di primo tempo fiammate di Belotti: il Gallo prima rovescia (44’), ma trova Consigli, poi ci prova con una botta al volo (46’).

SPERANZA ZAZA — Ad inizio del secondo tempo, Nicola sostituisce Lukic con Verdi e Murru con Vojvoda, ma è il Sassuolo ad avere la prima chance con Djuricic, che sfiora subito il terzo gol (3’). Il Toro reagisce con una botta al volo di Mandragora (8’) che meriterebbe di più, ma di fronte si trova un Consigli in formato nazionale. Poco dopo il 50’ Nicola ricorre anche al terzo cambio, inserendo Gojak al posto di Bremer e passando al 4-2-4, con Gojak e Verdi attaccanti esterni. Mandragora spedisce in curva una buona occasione (12’), poi ancora Consigli alza il muro contro Verdi (14’). All’ora di gioco De Zerbi fa le sue prime tre mosse, gettando nella mischia Locatelli (per Magnanelli), Boga (per Djuricic) e Traore (per Defrel). Il Toro ci prova ma sembra frenato, mentre il Sassuolo ha in contropiede la palla del 3-0 con Caputo (25’). Poco dopo, Nicola aggiunge l’ennesima punta, lanciando in campo Zaza al posto di Rincon e arretrando Gojak in mediana. Ma è ancora Caputo a fallire una palla gol, con Lyanco che respinge sulla linea di testa (28’). All’improvviso, però, la partita si riapre grazie alla combinazione Sanabria-Zaza, con Simone che insacca con un diagonale preciso (32’).

IL CUORE TORO — L’inerzia della gara si ribalta, il Toro preme, il Sassuolo è intimorito e qui emerge il grande cuore granata. Così al 42’ su un tiro da fuori area di Gojak, Mandragora raccoglie sotto porta la deviazione di Consigli e firma il 2-2 che fa esplodere la panchina granata. Nicola inserisce addirittura Bonazzoli (per Belotti) e prova a vincerla, ma l’occasione clamorosa capita sulla testa di Obiang (43’) che chiama Sirigu a un intervento strepitoso che salva il risultato. Nei quattro minuti di recupero il Toro prova a gettare il cuore oltre l’ostacolo, e a 120 secondi dalla fine la testa di Zaza sbuca più alta di tutti sul cross di Ansaldi e firma il clamoroso 3-2.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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17/03/2021 23:55
 
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SERIE A 2020/2021 Recupero 24ª Giornata (5ª di Ritorno)

17/03/2021
Torino - Sassuolo 3-2

Classifica
1) Inter punti 65;
2) Milan punti 56;
3) Juventus(*) punti 55;
4) Atalanta punti 52;
5) Napoli(*) e Roma punti 50;
7) Lazio(*) punti 46;
8) Sassuolo(*) punti 39;
9) Verona punti 38;
10) Udinese punti 33;
11) Sampdoria punti 32;
12) Bologna punti 31;
13) Fiorentina punti 29;
14) Genoa punti 28;
15) Spezia e Benevento punti 26;
17) Torino(*) punti 23;
18) Cagliari punti 22;
19) Parma punti 19;
20) Crotone punti 15.

(gazzetta.it)

(*) Juventus, Napoli, Lazio e Torino una partita in meno.
Lazio - Torino non disputata (il Torino non si è presentato in campo causa Covid).
Juventus-Napoli da rigiocare dopo il ribaltamento al terzo grado di giustizia sportiva (CONI)
e punto di penalizzazione di conseguenza restituito al Napoli.
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