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Campionato di Calcio Serie A 2020 - 2021. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

Ultimo Aggiornamento: 27/05/2021 00:19
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Verona già in vacanza,
Ounas toglie il Crotone dall'ultimo posto

Decisivo l'ex attaccante del Napoli, che segna dopo 2'
e serve il raddoppio a Messias nella ripresa.
Nel finale autorete di Molina



Il Crotone approfitta di un Verona che non ha davvero più nulla da chiedere alla sua brillante stagione e lo batte per 2-1, lasciando all'ultimo posto un Parma sconfitto immeritatamente all'Olimpico dalla Lazio. Uomo partita Adam Ounas, alla ricerca di una maglia in serie A per la prossima stagione. L'attaccante ex Napoli segna dopo nemmeno 2' col sinistro sfruttando la mollezza della difesa di Juric e un perfetto assist di Simy, mentre nella ripresa mette sul sinistro di Messias la palla del 2-0, prima della goffa autorete di Salvatore Molina nel finale. Che fa salire a 91 il totale dei gol incassati dai calabresi: un dato francamente inaccettabile, che eguaglia il record negativo del Casale nel 1933/34.

VERONA SCARICO — Il Verona ha provato a costruire qualcosa, ma un po' il calo dei suoi uomini più rappresentativi (Zaccagni su tutti) un po' la mediocre prova dei giocatori con meno minuti nelle gambe proposti da Juric ha consentito a Cordaz di passare una serata abbastanza tranquilla. Male anche Kalinic: la mancanza di un centravanti efficace resta il problema irrisolto della stagione del Verona. Per i calabresi una soddisfazione in un campionato che si è ben presto rilevato un calvario. E alle porte c'è una sessione di mercato che dovrebbe portare un po' di bei soldini in cassa: vendendo bene Simy e Messias, non dovrebbe essere troppo complicato allestire una squadra in grado subito di risalire.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2020/2021 36ª Giornata (17ª di Ritorno)

11/05/2021
Napoli - Udinese 5-1
12/05/2021
Cagliari - Fiorentina 0-0
Atalanta - Benevento 2-0
Bologna - Genoa 0-2
Inter - Roma 3-1
Lazio - Parma 1-0
Sampdoria - Spezia 2-2
Sassuolo - Juventus 1-3
Torino - Milan 0-7
13/05/2021
Crotone - Verona 2-1

Classifica
1) Inter punti 88;
2) Atalanta e Milan punti 75;
4) Napoli punti 73;
5) Juventus punti 72;
6) Lazio(*) punti 67;
7) Roma punti 58;
8) Sassuolo punti 56;
9) Sampdoria punti 46;
10) Verona punti 43;
11) Bologna e Udinese punti 40;
13) Fiorentina e Genoa punti 39;
15) Cagliari punti 36;
16) Torino(*) e Spezia punti 36;
18) Benevento punti 31;
19) Crotone punti 21;
20) Parma punti 20.

(gazzetta.it)

(*) Lazio, Torino una partita in meno.
Lazio - Torino non disputata (il Torino non si è presentato in campo causa covid).
A quattro giornate dal termine l'Inter è matematicamente Campione d'Italia per la sua 19esima volta
(11 anni dopo l'ultimo scudetto) ma decise anche le retrocessioni in Serie B di Parma e Crotone.
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Atalanta, 45' da favola ed
è Champions aritmetica.
Genoa, la rimonta non riesce



La squadra di Gasperini va sul 3-0 a Marassi
prima del ritorno nella ripresa dei rossoblù (già salvi dallo scorso turno).
Ma la vittoria resta nerazzurra


Filippo Grimaldi

Che gran divertimento: sette gol e successo dell’Atalanta (3-4 il finale) clamorosamente in discussione sino alla fine, anche se la squadra di Gasperini stacca il pass per un posto in Champions per la terza stagione di fila. I rossoblù, già salvi dopo il successo di mercoledì scorso a Bologna e in campo con le seconde linee, hanno fatto soffrire la squadra di Gasperini sino alla fine, che comunque ha centrato aritmeticamente l’obiettivo con un turno di anticipo, senza dover aspettare l’esito dell’ultima gara di campionato con il Milan. Con il vantaggio, fra l’altro, di poter gestire in modo ottimale l’avvicinamento alla finale di Coppa Italia di mercoledì prossimo con la Juve. L’Atalanta in partenza aveva maggiori motivazioni e più rabbia agonistica, innanzitutto, oltre che una superiore qualità degli uomini in campo, anche se tre gravi blackout ospiti nella ripresa hanno fruttato i gol genoani. Ballardini ha voluto comunque premiare quei giocatori che sin qui avevano avuto meno spazio, ed è stato ripagato bene: da Marchetti fra i pali a Onguéné in difesa, da Melegoni a Cassata, oltre a Eyango, Portanova e all’ottimo Caso nella ripresa. Gasperini ha scelto invece in partenza un 3-4-2-1 con la coppia Miranchuk-Malinovskyi alle spalle di Duvan Zapata unica punta, e Djimsiti in difesa preferito a Palomino.

L'ILLUSIONE — Il Genoa, in verità, aveva dato l’impressione in partenza di poter creare subito pericoli agli ospiti, visto il clamoroso contropiede fallito da Melegoni dopo appena cento secondi dal via (decisiva la respinta di Gollini) e il palo esterno di Masiello un attimo dopo. La spinta del Grifone, però, nel primo tempo s’è esaurita lì. La squadra di Gasperini ha capito che sulla fascia sinistra avrebbe potuto colpire sul lato più debole dei rossoblù, e nella zona di Onguéné sono nate non a caso le occasioni migliori per gli ospiti nel primo tempo. Anche perché la mediana rossoblù era troppo leggera per fare argine in maniera adeguata e in attacco il contributo di Destro e Pjaca è stato pressoché inesistente. Così al 9’ Zapata è andato a segno, chiudendo una combinazione con Malinovskyi e rendendo vano il recupero di Masiello e Radoanovic. Marchetti ha murato un tentativo di Hateboer, poi il Genoa è faticosamente riemerso dalla propria metà campo al 22’ (Destro, colpo di testa centrale parato da Gollini). Ma l’Atalanta ha continuati a spingere e al 26’ è arrivato il bis di Malinovskyi. L’arbitro Marinelli prima annulla e poi convalida, su segnalazione della Var (sull’assist di Zapata dal fondo il pallone non è uscito, come erroneamente segnalato dal guardalinee), ma qui le responsabilità di Radovanovic che si perde il colombiano sono evidenti. L’insuffficiente pressione offensiva del Genoa permette alla squadra di Gasp di tenere un baricentro altissimo, arrivando con Djimsiti e Toloi quasi sulla linea dei centrocampisti ed annullando così qualsiasi tentativo di ripartenza rossoblù. Tanta pressione nerazzurra si concretizza con il terzo gol di Gosens quasi allo scadere della metà gara: cross di Malinovskyi, pallone allungato da Hateboer per l’esterno e Marchetti battuto per la terza volta. Gara chiusa all’intervallo, dunque.

AMNESIE PERICOLOSE — Sotto di tre gol, Ballardini ha cambiato ancora, modulo (3-4-1-2) e uomini, con Pandev trequartista dietro a Shomurodov (entrato al posto di Cassata) e a Caso, mentre Gasperini ha fatto rifiatare Freuler e Zapata (dentro Pessina e Pasalic). Proprio l’uzbeko ha battuto Gollini in avvio di ripresa sfruttando un errore di Djimsiti, ma tre minuti dopo (6’) il diagonale di Pasalic ha battuto Marchetti: 1-4 e gara chiusa? Tutt’altro, anche se l’Atalanta rimane a lungo padrona del campo. Un po’ troppo leziosa (e infatti Gasp si arrabbia…), con i rossoblù pronti ad approfittarne. Come avviene, appunto, al 20’: su un cross di Onguéné, Gosens pasticcia e il suo tocco con la mano offre al Genoa il rigore del 2-4, assegnato dopoché Marinelli ha rivisto l’azione al monitor. Pandev fa centro. E a sei minuti dalla fine arriva il definitivo 3-4, ancora segnato da Shomurodov su assist del macedone. Finale-thrilling, ma l’Atalanta resiste e fa festa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Spezia, poker al Toro ed è salvezza.
I granata si complicano la vita

Saponara, doppio Nzola ed Erlic regalano
la permanenza in A alla squadra di Italiano.
Di Belotti su rigore il gol per la squadra di Nicola


Mario Pagliara


Più bella di così per lo Spezia era pure difficile immaginarla. Perché è qui la festa, cominciata verso le tredici con la scooterata degli ultras che hanno accompagnato la squadra dall’albergo allo stadio, continuata con il quattro a uno rifilato al Torino (doppietta di Nzola, gol di Saponara e Erlic, in mezzo il rigore del 2-1 di Belotti) e continuato con la festa in città per tutta la serata. Lo Spezia firma la salvezza in questo sabato strepitoso in coda a una campionato nel quale il tecnico Italiano e i suoi ragazzi sono stati capaci di ribaltare ogni pronostico e realizzare un capolavoro costruito sul bel calcio e su tanti giovani di qualità. Per il Toro invece più brutta di più era impossibile anche solo pensarla: dopo i sette gol presi dal Milan, tre giorni dopo ne arrivano altri quattro a La Spezia. I granata sono piombati nel pieno di una crisi di identità nel momento più importante della stagione.

ALTA VELOCITÀ SPEZIA — L’alta velocità in riva al Golfo dei Poeti è quella dello Spezia, nel primo tempo il Toro è bloccato e ancora prigioniero dell’incubo vissuto con il cappotto di mercoledì sera contro il Milan. Perché quando la gara arriva a metà del percorso, al Picco c’è in campo una sola squadra e se Orsato riporta le due squadre negli spogliatoio all’intervallo solo sul doppio vantaggio per i padroni di casa è, in qualche modo, anche una fortuna per i granata. La squadra di Italiano padroneggia per tutto il primo tempo, dominando i duelli in quasi tutte le zone del campo. Più determinante, cattiva, sospinta da quel motore rappresentato dalle mezzali Pobega e Maggiore inesauribili. A tratti irrefrenabile davanti nella potenza di Nzola, soprattutto illuminato dal talento di Saponara. Il Toro finisce subito all’angolo, immobilizzato prima nei pensieri e poi nelle gambe, rimasto incatenato probabilmente allo zero sette ingoiato a metà settimana. E così, mentre dall’esterno dello stadio rimbalzano chiaramente i cori dei tifosi radunatasi alle spalle della curva Ferrovia, lo Spezia potrebbe già essere avanti al 18’, palo di Saponara, e appena sessanta secondi dopo la sblocca con una bella giocata di Saponara. Rincon scivola, Sirigu è fortemente indeciso sul suo palo: lo Spezia è avanti uno a zero. E mentre il cronometro scivola e il Toro non reagisce, è lo Spezia che potrebbe raddoppiare se non arrivasse il piede di Bremer sull’incursione ancora di Saponara (39’). La squadra di Italiano il raddoppio lo merita e lo ottiene grazie a un regalo di Vojvoda: pestone netto e inutile su Pobega, Orsato non ha dubbi e concede il rigore che Nzola con freddezza realizza (42’). All’intervallo Toro non pervenuto.

SPERANZA BELOTTI — Davide Nicola non aspetta oltre, e all’inizio del ripresa lascia sotto la doccia Vojvoda gettando nella mischia Verdi e ridisegnando il Toro con un 4-4-2 con Verdi e Lukic larghi sulle fasce. In avvio di secondo di tempo, i granata dimostrano di avere subito tutto un altro piglio, ricominciano aggredendo e dopo pochi minuti rientrano in partita. Capita al decimo quando Andrea Belotti realizza il calcio di rigore assegnato al Toro per il fallo di Ferrer su Bremer (8’). Per il Gallo è il tredicesimo centro in campionato, l’acuto che ridà speranza ai granata. Izzo deve abbandonare la contesta per il riacutizzarsi del dolore che lo tormenta da giorni, al suo posto entra Singo. Italiano introduce nel suo Spezia energie fresche con Leo Sena (per Ricci) e Farias (per Agudelo).

LIBERAZIONE NZOLA — In un sabato per lui formidabile può anche capitare che Saponara grazi Sirigu (18’: palla alta), poco secondi prima dell’ingresso di Zaza (al posto di Sanabria) e di Buongiorno (al posto di Lukic). Nicola cambia per la terza volta il modulo, passando al 3-4-1-2 (Verdi dietro Zaza-Belotti). Nell’ultima mezz’ora la partita sale naturalmente di tono, il Toro cresce in agonismo mentre lo Spezia prova a tenere botta. E forse nel momento migliore dei granata di tutta la partita, arriva il tris dello Spezia (30’) con Nzola che prima si libera della marcatura di Buongiorno e poi buca Sirigu di piatto. La doppietta di Nzola ha il sapore della liberazione, fa esplodere il Picco. L’opera dello Spezia si completa al 39’ con il poker di Erlic. La festa può cominciare. Un giorno si racconterà di questo Spezia giovane e sbarazzino, rivoluzionario e sfrontato. Che, arrivato per la prima volta in Serie A, ha meritato di restarci a testa alta.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Una Juve al Cuadrado:
batte l'Inter 3-2 ed è quarta per una notte



La sfida decisa dal colombiano e dal Var:
dopo i gol (con aiuto tv) di Ronaldo e Lukaku,
Juan segna a fine primo tempo e, dopo l'autorete di Chiellini,
si procura e segna il rigore per il sogno Champions.
Aspettando il Napoli


Luca Taidelli

Vince la Juve, perde l'Inter e la corsa alla Champions rimane incandescente. Allo Stadium prevale la squadra con più motivazioni, ma succede di tutto. Con l'incerto Calvarese che sancisce tre gol su cinque al video (ma così è ancora calcio?), decidono Ronaldo (dopo che Handanovic gli aveva parato il rigore), Lukaku (pure lui dal dischetto), un destro di Cuadrado sporcato da Eriksen, l'autorete di Chiellini che sembrava condannare i bianconeri. Invece all'ultimo guizzo, malgrado l'inferiortà per l'espulsione di Bentancur (lo seguirà Brozovic, nel recupero), lo stesso Cuadrado si procura e trasforma il rigore del definitivo 3-2. Bianconeri quarti per una notte, Fiorentina-Napoli di domani diventa pesantissima. Ma anche il Milan nel posticipo non potrà scherzare col Cagliari.

LE SCELTE — Pirlo sorprende tenendo in panchina sia Dybala sia Morata per affiancare a Ronaldo Kulusevski. In mediana Bentancur e Rabiot, Cuadrado e Chiesa sugli esterni, Chiellini vince il ballottaggio con Bonucci. Come previsto, Conte invece punta sui titolarissimi. Ecco quindi, per la prima volta dopo la conquista dello scudetto, la difesa titolare e la LuLa. Darmian preferito a Perisic sulla sinistra. A destra c’è Hakimi, con Eriksen al fianco di Barella e Brozovic a centrocampo.

PRIMO TEMPO — La Juve parta più convinta. Senza un centravanti di ruolo, Ronaldo si abbassa per gli inserimenti di Kulusevski. Sono la stessa coppia che ha giocato entrambe le sfide di Coppa Italia contro i nerazzurri. All'11' lo svedese ha l'occasione della vita sulla sponda aerea di Chiesa ma di destro a colpo sicuro viene murato da Skriniar. L'Inter aspetta, ma non riesce a piazzare il morso. A metà tempo la prima svolta. Dopo aver rivisto l'episodio a video, Calvarese punisce col rigore la trattenuta di Darmian a Chiellini. Come nel derby d'andata con Ibra, Handanovic ipnotizza Ronaldo che però segna sulla ribattuta. Il copione tattico cambia poco. I nerazzurri non hanno il solito fuoco e faticano a ribaltare l'azione. Di nuovo il Var li rimette in gara per un pestone in area di De Ligt a Lautaro. Siamo al 35' e Lukaku dal dischetto spiazza Szczesny. Anche se la Juve tiene più palla, non ci sono occasioni clamorose, ma proprio negli ultimi secondi del recupero Cuadrado approfitta di un'incertezza di Darmian e dell'indolenza in uscita di Eriksen per fare 2-1 con un destro dal limite deviato dallo stesso danese.

SECONDO TEMPO — Si riprende con Perisic al posto di uno spento Darmian. Ribaltata da Conte nello spogliatoio, l'Inter decide di alzare ritmo e baricentro. Lautaro al 6' va vicino al pareggio con un destro di poco alto. Il Toro ha voglia di farsi perdonare, è in palla e nel primo tempo (oltre al rigore procurato) aveva fatto ammonire Bentancur. Che al 10' viene espulso dopo un fallo su Lukaku. L'intervento non è da secondo giallo, resta il dubbio di una protesta. Incredulo, Pirlo toglie Kulusevski per inserire McKennie. Ora sono i bianconeri ad accamparsi davanti alla propria area, con i campioni d'Italia (che non subivano più di un gol in una partita dal 2-2 di Roma del 10 gennaio) che però non sono portati . Al 70' Pirlo si copre ulteriormente, con Demiral al posto di Chiesa. Esce anche Ronaldo, dentro Morata. Conte al 73' risponde con Sensi per Eriksen e va subito vicino al 2-2, ma De Ligt si supera in anticipo su Lautaro a un metro dalla linea. Ora che non è più asfissiato, Brozovic al 76' vede l'inserimento in area di Barella, ma l'azzurro conclude male. Ci vuole invece un bel riflesso di Szczesny all'82' sul colpo di testa di Vecino, che però poteva angolare meglio. Ma è destino che il protagonista sia di nuovo l'home field review. Sul cross di Barella infatti Chiellini si strattona con Lukaku e la mette nella propria porta. La tv sancisce che il primo fallo è il suo. Sembra 2-2, ma super Cuadrado all'ultimo slancio si procura (con una furbata cui abboccano Perisic e soprattutto Calvarese) e segna il rigore della speranza.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Roma da derby con Mkhitaryan e Pedro:
la Lazio perde e saluta la Champions

I gol dell’armeno (propiziato da un grande Dzeko)
e dello spagnolo escludono la Lazio dalle prime quattro.
Molto bene anche il portiere Fuzato


Stefano Cieri


Il derby dice Roma. Vittoria netta, meritata, ottenuta grazie ai gol di Mkhitaryan nel primo tempo e Pedro nella ripresa. Un successo che non salva la stagione, ma che consente ai giallorossi di chiuderla con un sorriso. E soprattutto al loro allenatore Fonseca di congedarsi con la prima vittoria in un derby e con il primo successo in questo campionato contro una delle squadre di vertice. I tre punti conquistati consentono inoltre ai giallorossi di fare un passo importante verso la qualificazione in Conference League. Molto male la Lazio. I biancocelesti giocano bene solo nella prima mezzora, nel corso della quale hanno però il torto di non capitalizzare le occasioni create. Poi si afflosciano e scompaiono letteralmente dal campo. E con la sconfitta dicono pure definitivamente addio alla Champions.

LA SBLOCCA MIKI — La partita inizia con una lunga fase di studio tra le due formazioni che dura fino alla metà del rimo tempo. Giallorossi e biancocelesti si annusano, pensano più a non scoprirsi che a tentare di mordere l’avversario. Il 4-2-3-1 di Fonseca copre molto bene il campo ed impedisce alla Lazio di tessere le sue consuete trame di gioco. Luis Alberto e Milinkovic sono costretti ad arretrare parecchio il loro baricentro per trovare spazi, mentre Cristante e Darboe tengono botta. Dopo il 20’ la Lazio riesce però a trovare il modo di rendersi pericolosa. Lo fa con improvvise fiondate dalla sua metà campo che mettono in difficoltà la retroguardia romanista. La prima situazione di rischio per la formazione giallorossa arriva al 20’, quando Lazzari riesce ad incunearsi in area e servire una palla d’oro a Luis Alberto che però ci mette troppo tempo a caricare il tiro e favorisce così il salvataggio di Karsdorp. Al 27’ è ancora lo spagnolo ad andare vicino al gol. L’assist di Milinkovic è favorevolissimo, il tiro a botta sicura, ma Fuzato si supera e devia in angolo. Altra grande occasione per la Lazio al 35’, stavolta le parti si invertono: è Luis Alberto a liberare Milinkovic davanti a Fuzato, ma il serbo anziché cercare la soluzione di potenza opta per un improbabile pallonetto che finisce alto. La Lazio spreca, la Roma no. Alla prima vera occasione (in precedenza c’era stato solo un colpo di testa di Dzeko finito a lato) la squadra di Fonseca passa. E’ il 42’ quando El Shaarawy lavora molto bene il pallone sulla fascia sinistra per poi pescare Dzeko in area. Il bosniaco anticipa Acerbi e serve a Mkhitaryan una palla che deve essere solo depositata in rete.

ROMA PADRONA — La Lazio rientra dagli spogliatoi dopo l’intervallo con largo anticipo. Un segnale della volontà di aggredire subito il match per ristabilire l’equilibrio. Ma poi, una volta che il match riparte, le intenzioni bellicose dei biancocelesti evaporano immediatamente. E’ invece la Roma a fare la partita, con una grandissima concentrazione ed una interpretazione tattica ineccepibile. I giallorossi non concedono nulla e sono letali nelle ripartenze. Cristante sfiora il raddoppio al 12’ (altra bella iniziativa di El Shaarawy). Poi è Dzeko in un paio di occasioni a rendersi pericoloso. Il raddoppio arriva però per merito del nuovo entrato Pedro al 33’. Lo spagnolo si porta a spasso mezza difesa laziale e poi spera Reina con un gran tiro da fuori. E la Lazio? Non pervenuta. Inzaghi prova a rianimarla con i cambi, a metà ripresa passa pure al 4-3-1-2 (con Pereira dietro Immobile-Caicedo), ma l’inerzia della gara non cambia. L’unica palla-gol arriva alla mezzora con un bel colpo di tacco di Immobile, sul quale Fuzato si supera ancora. Ma il gol sarebbe stato comunque annullato per fuorigioco. L’espulsione di Acerbi per somma di ammonizioni chiude la partita ancor prima del fischio finale di Pairetto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Insigne mette la Viola al tappeto.
Il sogno Champions del Napoli continua

La squadra di Gattuso, grazie al suo capitano (un gol e due pali per lui)
batte la Fiorentina e torna davanti alla Juve.
Ora si giocherà il match ball all'ultima partita in casa col Verona


Mimmo Malfitano


Adesso, è davvero sottile il confine tra il Napoli e la prossima Champions League. La vittoria di Firenze dovrebbe rendere una semplice formalità l’ultima gara del campionato in programma, al Maradona, contro il Verona. La Fiorentina era l’ultimo ostacolo vero per la formazione di Rino Gattuso che il suo Napoli ha saputo superare con determinazione, facendo prevalere alla distanza, il maggiore potenziale tecnico.

Con il gol realizzato, Lorenzo Insigne ha raggiunto quota 19 reti in campionato, stabilendo il suo massimo personale in serie A, mentre con quello segnaposto da Zielinski, con deviazione di Venuti, il Napoli ha raggiunto quota 102 gol in stagione. Beppe Iachini,invece, avrebbe voluto un addio meno traumatico, ma la maggiore qualità dell’avversario ha reso vana l’opposizione dei suoi. Firenze, in ogni modo, ha avuto modo di vedere all’opera Rino Gattuso, colui che dovrebbe sedere sulla panchina dei viola a partire dalla prossima stagione: l’impressione sarà stata sicuramente positiva.


NAPOLI MOTIVATO — Le motivazioni impongono al Napoli un atteggiamento aggressivo dalle prime battute. La coppia centrale di difesa, Manolas-Rrahmani gioca, praticamente, a ridosso del centrocampo, mentre sugli esterni la Fiorentina si affida a Venuti e Caceres per contrastare la spinta di Insigne e Politano. Si tratta di partita vera, in ogni modo. Lo slancio di Vlahovic è encomiabile, da solo va ad affrontare i due centrali napoletani. Dall’altra parte, Milenkovic deve impegnarsi non poco per redigere le voglie di Victor Osimhen. Il Napoli ha la necessità dei tre punti e, dunque, inizia a martellare dalla metà campo in su. Bakayoko (4’) alza alto una traversa una punizione di Zielinski, mentre lo stesso centrocampista polacco, con una tra botta dal limite, costringe Terracciano alla respinta. In una delle ripartenza, la Fiorentina trova addirittura il gol, al 13’. Il cross di Biraghi viene girato di testa in rete da Vlahovic, ma l’attaccante serbo è in fuorigioco.

TRE AMMONITI — La partita è frenetica, sono poche le pause. Gattuso continua a tenere sulla corda i suoi, urlando continuamente dall’area tecnica. Iachini, invece, studia le misure per evitare che l’attacco napoletano diventi pericoloso. Ribery costringe Rrahmani al fallo e l’arbitrò Abisso tira fuori il primo cartellino giallo. E lo stesso attaccante francese che corre veloce verso Meret (31’), ma la conclusione è debole, Meret blocca senza problemi. La gara è tosta, in campo nessuno vuole risparmiarsi ed arrivano altri due gialli: il primo è per Milenkovic, che stende Insigne. Sulla punizione successiva, lo stesso capitano del Napoli prende in pieno la traversa. L’altra ammonizione, invece, scatta per Ribery che stende Fabian Ruiz. Il primo tempo si conclude senza emozioni particolari, a parte la traversa di Insigne e l’impegno dei due centravanti: Osimhen e Vlahovic sono alla ricerca della prodezza personale.


CHAMPIONS VICINA — Il Napoli sa che il pareggio la escluderebbe dalla prossima competizione europea. Gattuso è un forsennato in panchina, le sue urla scuotono il Franchi e i suoi giocatori in campo. Il cronometro segna il settimo minuto quando Milenkovic trattiene Rrahmani in area, impedendogli di saltare sul calcio d’angolo di Politano. L’azione prosegue, Ribery viene atterrato da Hysaj e l’arbitro fischia il fallo e ammonisce il difensore napoletano. Intanto, Chiffi che è al Var gli segnala l’irregolarità. L’arbitro va' a rivedere l’azione e indica il dischetto del rigore. Lorenzo Insigne s’incarica della battuta, ma Terracciano intercetta e respinge. Sulla ribattuta è lo stesso capitano del Napoli a segnare lo 0-1. La partita s’incattivisce, i falli non mancano, come i cartellini gialli che Abisso distribuisce a ogni fallo. Insigne ha l’opportunità di raddoppiare, ma la sua conclusione viene respinta dal palo. Il gol della sicurezza arriva al 22’, quando Zielinski batte dal limite sul suggerimento di Insigne. Il tiro viene deviato da Venuti e finisce in rete. Per il Napoli è l’apoteosi.

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Simy gela il Benevento all'ultimo minuto!
Inzaghi, che spreco. Cagliari salvo



Il Crotone pareggia nel finale in 10 contro 11 (espulso Golemic) il gol di Lapadula e gela il Vigorito:
il Cagliari è al sicuro, mentre al Torino basta un punto nelle ultime due partite


Maurizio Nicita

Simy spegne il sogno del Benevento che si ritrova beffato al 93’ dal ventesimo gol in campionato del nigeriano. Ora se il Torino farà punti nel recupero di martedì a Roma contro la Lazio la retrocessione della squadra di Pippo Inzaghi sarà aritmetica prima di giocare l’ultima gara contro i granata. Ancora una volta lo stadio di casa si rivela un incubo visto che i giallorossi non hanno mai vinto in questo 2021. E dire che il vantaggio era arrivato presto, poi gli avversari rimasti in 10 per oltre 70’. Ma Lapadula e compagni hanno fallito più volte il raddoppio e in una delle poche azione pericolose degli avversari hanno subito il clamoroso 1-1 che fa esultare più a Torino che a Crotone.

ASSETTI CAMBIATI — Pippo Inzaghi torna all’albero di Natale e punta sul fidato esterno Letizia, anche se non è al meglio. Cosmi conferma in linea di massima la squadra che giovedì ha battuto il Verona, dovendo rinunciare a Messias e schierando in porta Festa al posto di Cordaz. Schieramenti che durano poco perché nella prima mezz’ora succedono episodi decisivi. Il Benevento parte a spron battuto ed è soprattutto la spinta da sinistra di Letizia a fare la differenza. E infatti su un cross del napoletano Hetemay di petto fa un blocco cestistico per Lapadula il cui diagonale di destro è eccellente. Corretta la lettura di Giacomelli, confermata dal Var nonostante le proteste calabresi: tocco di petto e non di braccio. Pochi minuti dopo però si sono infortunati in sequenza prima Ionita (ginocchio destro) e poi Depaoli (spalla destra) per cui Inzaghi è costretto a inserire Improta e Tuia, spostando Barba a sinistra e Letizia a destra. Ma va peggio a Cosmi perché su un rilancio lungo Marrone salta a vuoto e su Lapadula che corre verso la porta, Golemic non trova di meglio che travolgerlo a un passo dall’area. Giacomelli decide correttamente per l’espulsione e Crotone ridisegnato con un 4-4-1. Comunque i padroni di casa tengono il pallino e vanno vicini al raddoppio smarcando due volte i propri uomini ma sia su Schiattarella, sia su Lapadula, Festa è bravo a restare in piedi e a salvarsi in entrambe le occasioni.

RITMO LENTO — Nella ripresa - complice un po’ di caldo - il ritmo cala. Perché il Benevento resta basso per non lasciare spazi alle accelerazioni pericolose di Ounas. La tensione resta alta per i sanniti che si giocano tutto e vanno più volte vicini al raddoppio ma Lapadula e compagni arrivano poco lucidi alla conclusione. Cosmi ci prova cambiando quasi tutta la mediana per dare maggiore freschezza, ma il Crotone non punge. Nel finale infortunio per Ounas sostituito da Dragus, che si inventa in chiusura l’azione del pari sfondando sulla destra, palla per Pereira che riesce a farla filtrare in mezzo per Simy che la mette dentro. Il Benevento prova anche di riversarsi nell’area avversaria, disperatamente, ma Festa para l’ultimo guizzo di Glik.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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16/05/2021 23:46
 
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Quagliarella, il morso dell'ex:
la Sampdoria passa a Udine



È stata a lungo la classica partita di fine stagione tra squadre senza più obiettivi.
Nel finale ingenuità di Bonifazi e rigore trasformato dall'attaccante


G.B. Olivero

Basta un rigore di Quagliarella alla Sampdoria per battere l’Udinese alla Dacia Arena. La sfida tra due squadre da tempo salve e prive di motivazioni particolari è stata vinta dai blucerchiati che hanno mostrato maggiore volontà e determinazione. I bianconeri hanno costruito pochissimo e sono sembrati spenti e scarichi dal punto di vista psicofisico. È vero che il gol è arrivato a due minuti dalla fine e per un evitabile fallo di mani, però il risultato premia chi ci ha provato di più.

PRIMO TEMPO — Ranieri si mette a specchio scegliendo la difesa a tre e piazzando Leris sulla corsia di destra. Gabbiadini viene incontro per legare il gioco, Keita fa la prima punta. Nell’Udinese Pereyra ha il compito di attirare fuori un centrale avversario e di aprire spazi per le mezzali: De Paul, come sempre, è il vero regista della squadra mentre Makengo prova a inserirsi. Il ritmo, però, è troppo basso: le due squadre non hanno motivazioni particolari e così il primo tempo scivola via senza emozioni. C’è una sola mezza occasione e capita a Okaka dopo un liscio di Colley, che però riesce a recuperare sfruttando anche la lentezza dell’avversario. Prima dell’intervallo si vede un solo tiro nello specchio della porta e lo effettua Gabbiadini con un destro di prima intenzione che non spaventa Musso. Udinese e Sampdoria riescono a schermare bene le fasce, in mezzo il traffico è intenso e di conseguenza nessuno riesce a rendersi pericoloso.

SECONDO TEMPO — Dopo l’intervallo Ranieri rispolvera la difesa a quattro e la Samp accelera. Al 5’ Augello calcia malissimo da ottima posizione e il suo rasoterra finisce lontano dalla porta. Poi Gabbiadini calcia da fuori e trova Musso. Ancora Gabbiadini al 19’ va vicino al vantaggio con una conclusione che, deviata da Becao, esce di pochissimo. L’Udinese fatica a costruire e l’unica azione potenzialmente pericolosa nasce da una ripartenza e da un’azione personale di De Paul che fa tutto bene tranne il tiro che è debole e centrale. Ranieri sostituisce la coppia offensiva inserendo Verre e Quagliarella al posto di Keita e Gabbiadini. Gotti si affida a Llorente, che prende il posto di Okaka. La Samp spinge di più e viene premiata nel finale dopo un’azione impostata dai subentrati: Quagliarella apre, Jankto rifinisce, Verre calcia e Bonifazi respinge con la mano. Rigore trasformato da Quagliarella al 43’. Tre minuti dopo Audero devia in angolo un tiro di Walace e prima del fischio finale Musso nega il bis a Quagliarella.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Sassuolo passa a Parma e resta
in corsa per la Conference League

Per i neroverdi i gol di Locatelli su rigore, Defrel e Boga.
Di Bruno Alves il momentaneo pari per i padroni di casa


Andrea Schianchi


Il sogno europeo del Sassuolo prosegue. Vittoria al Tardini contro il Parma per la squadra di De Zerbi che resta a due punti di distacco dalla Roma, e c’è una sola partita da disputare (contro la Lazio). Sarebbe un’impresa, questo è vero, ma è bello pensare di poterci arrivare. A Parma il Sassuolo dimostra di avere chiare idee di gioco, mentre la squadra di D’Aversa (già retrocessa) colleziona l’ottava sconfitta consecutive. Stagione da cancellare in fretta dalla memoria, sperando di non incorrere nei soliti errori ora che si tratta di rifondare.

BOTTA E RISPOSTA — Il Sassuolo dimostra subito una qualità di palleggio nettamente superiore a quella degli avversari. A centrocampo tocchetta con Maxime Lopez e Locatelli, i due terzini Muldur e Rogerio si trasformano e veri e proprie ali, gli attaccanti esterni stringono e, là davanti, Raspadori è un costante punto di riferimento. Con un simile canovaccio è logico che la trama scorra fluida. Il Parma, invece, viene spinto sempre più ai confini della propria area di rigore: può soltanto contenere e sperare di riuscire a ripartire. Da questo netto predominio sul campo nasce il gol dell’1-0 del Sassuolo. È su calcio di rigore trasformato da Locatelli, ma l’azione che lo genera è da applausi: lancio in verticale dello stesso Locatelli per Berardi, stop e tiro improvviso, miracolo di Sepe che devia, sul pallone piomba come un falco Raspadori su cui l’ingenuo Busi commette fallo. E’ il minuto 25. I ragazzi di De Zerbi sembrano abbiano il totale controllo delle operazioni, ma poi sale in cattedra, con una giocata estemporanea, Bruno Alves e la partita torna in equilibrio. Punizione dalla destra di Hernani che pesca il portoghese libero sul lato sinistro, appena dentro l’area di rigore: Brunone apre il piattone destro e al volo disegna una meravigliosa parabola che s’infila sotto l’incrocio dei pali dalla parte opposta. Ci fosse stato il pubblico, al Tardini, sarebbe corso in campo a complimentarsi per una simile prodezza.

SUPERIORITÀ DIMOSTRATA — Nella ripresa il Sassuolo, continuando a macinare la solita manovra, rimette in chiaro le cose: è superiore e vuole dimostrarlo. Prima Sepe deve superarsi su un velenoso destro a giro di Maxime Lopez (8’), poi Defrel timbra il gol del 2-1 al 17’: perfetto il cross di Berardi dalla destra, bellissima la conclusione in acrobazia dell’attaccante, ma che dormita i difensori del Parma! Bruno Alves e Dierckx si perdono l’avversario come non farebbero nemmeno i ragazzini su un campetto amatoriale. Il 3-1, a chiudere i conti, è di Boga, su un’ottima intuizione di Ferrari e siamo al 24’ del secondo tempo. A questo punto i ragazzi di De Zerbi abbassano l’intensità delle giocate e il Parma prova a risalire la corrente. Ma ci pensa Consigli a tenere su la baracca: ottimi gli interventi del portiere sui tiri di Pellè, Gervinho, Hernani e Brugman.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Harakiri Milan: match point fallito,
la Champions si decide all’ultima

I rossoneri falliscono con il Cagliari la vittoria che avrebbe garantito almeno il 4° posto.
Il destino del Diavolo si deciderà all’ultima giornata con l’Atalanta.
I sardi festeggiano una salvezza che il Crotone gli aveva già consegnato nel pomeriggio


Marco Pasotto


Ansia, tensione, braccino corto, preoccupazione, timore. Ogni concetto è valido per spiegare il suicidio del Milan che si ferma proprio sul più bello. Proprio quando non doveva. Proprio sulla palla del match point che avrebbe portato il Diavolo in Champions con una giornata di anticipo a distanza di otto anni dall’ultima volta. A San Siro contro il Cagliari invece finisce senza nemmeno un gol, dopo che nelle precedenti tre uscite ne erano arrivati dodici. Il rammarico è immenso, una secchiata d’acqua gelida, perché era davvero tutto apparecchiato: l’Atalanta vincente a Genova – per via di alcuni incastri - non lasciava dubbi aritmetici in caso di vittoria rossonera e il Cagliari era sceso in campo tre ore dopo essersi inaspettatamente scoperto già salvo grazie al pareggio del Crotone a Benevento. Doveva teoricamente essere festa per tutti e invece lo è stata solo per il popolo sardo. Il Milan lascia il prato del Meazza a testa bassa, incredulo per aver fallito quella che, a giudicare da quanto aveva mostrato nelle partite precedenti, pareva la più semplice delle sfide. Agevolata, appunto, da un avversario che improvvisamente non aveva più necessità di punti vitali.

GLI SCENARI — Ci si chiede a questo punto il senso di un’impresa come quella di Torino con la Juve per poi ritrovarsi a dilapidare certezze e punti decisivi proprio nel momento di sferrare il colpo del k.o. Fase di crescita per una squadra molto giovane? A questo punto del campionato il concetto non sta più in piedi, proprio perché i rossoneri avevano già avuto modo di dimostrare la propria forza e maturità in svariate occasioni. Nulla è perduto, per carità. Ora è tutto rimandato all’ultima giornata, ma a differenza di questa volta il coefficiente di difficoltà si impennerà perché il Milan farà visita all’Atalanta. Mentre il Napoli se la vedrà col Verona e la Juve col Bologna. Insomma, è lecito pensare che per riabbracciare la Champions i rossoneri avranno bisogno di una vittoria. Anche se… la gara di stasera insegna che nulla è scontato. Festa grande pomeridiana invece nel ritiro del Cagliari, che pochi minuti prima delle ore 17 si è ritrovato salvo. Un party anticipato (“impresa indimenticabile”, ha twittato il presidente Giulini) che ha tolto un macigno dalla spalle della squadra e di Semplici (sì, la sua è stata davvero un’impresa per come ha rimesso in piedi i rossoblù). Anche in questa leggerezza mentale va ricercata una delle chiavi principali della partita.

POCA RAPIDITÀ — Pioli ha confermato l’impianto tattico e, nei limiti del possibile, gli uomini delle due partite precedenti (10 gol fatti, zero subiti), ovvero il gruppo che ha dato la spallata definitiva alla Champions. E cioè Diaz al centro del tridente, Calhanoglu allargato a sinistra, Saelemaekers rientrato dalla squalifica al posto di Castillejo e Rebic al centro dell’attacco. Così come la coppia centrale difensiva composta da Kjaer e Tomori. Semplici, dopo essersi ritrovato la salvezza fra le mani alle cinque del pomeriggio, in termini di formazione non si è fatto irretire dai festeggiamenti. E, con grande serietà, ha confermato l’undici che aveva in mente dal giorno prima. Affidando quindi l’attacco a Joao Pedro e Pavoletti, con Nainggolan mezzala, piazzando Nandez e Lykogiannis in fascia e preferendo Deiola a Duncan in mediana. Il fatto è che il Cagliari, oltre che negli uomini, si è confermato anche nell’atteggiamento apprezzato nelle ultime settimane. Brindisi, abbracci ed esultanze social sono rimaste in hotel e al Meazza è andata in campo una squadra concentrata e per nulla propensa a concedere la passerella europea al Milan. I rossoneri hanno affrontato i primi 45 con lo spartito consueto: una ragnatela fitta di passaggi con l’obiettivo di sfondare per vie centrali. Solo che il giro palla non è quasi mai stato sufficientemente rapido, cosa che ha dato modo al Cagliari di compattarsi senza grandi ansie: fase difensiva ordinata, linee strette, avversari respinti. L’ansia, semmai, ha iniziato a far compagnia al Diavolo col passare dei minuti assieme alla consapevolezza di non fare breccia nel muro sardo. Il Milan infatti si è ritrovato costretto a provarci più che altro da lontano. Prima con Saelemaekers (parata complicata di Cragno) e poi con Calabria (fuori di poco). Dopo la mezzora i rossoblù hanno anche iniziato a mettere la testa fuori dal guscio. Senza chiamare Donnarumma a interventi concreti, ma mettendo pressione al Milan con un paio di palloni molto pericolosi in area e con una spinta importante su entrambe le fasce.

CONFUSIONE — La ripresa è iniziata con un cambio rossonero molto indicativo: fuori Saelemaekers, dentro Leao a sinistra. Ovvero con Calhanoglu dietro Rebic e Diaz spostato a destra. Avanti tutta. Forse fin troppo perché dopo i primi minuti a tinte esclusivamente rossonere, il Cagliari ha iniziato non solo a ripartire pericolosamente, ma a ricamare gioco nella metà campo altrui. E il Milan ha dovuto fare per l’ennesima partita un monumento a Donnarumma. Prima sul colpo di testa ravvicinato di Pavoletti e poi su quello di Godin. Due interventi decisivi, da fenomeno il secondo. Il problema più evidente del Milan? Nessuno in grado di prendersi la responsabilità di una giocata, di un dribbling capace di creare superiorità numerica. Colpe da dividersi soprattutto fra Diaz (poi sostituito da Castillejo), Calhanoglu e Rebic, confusionario. I trequartisti non si sono praticamente mai accesi, incapaci di cambiare ritmo e il vice Ibra ha pasticciato su tutti i palloni. Il passare dei minuti ovviamente ha annebbiato ancora di più le idee rossonere, trasformando il prevedibile assalto finale in una serie di attacchi poco lucidi. Palle scodellate in area sperando più in una deviazione o un episodio favorevole che in una giocata vera. Una scossa l’ha data l’ingresso di Castillejo, che però non ha trovato l’appoggio dei compagni di reparto. Leao? Non pervenuto, o quasi, ormai una triste costante. Il Milan rimanda l’appuntamento con l’Europa che conta, augurandosi che sia un rinvio di una sola settimana.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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18/05/2021 13:21
 
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Kalinic-Palacio, gol d’annata.
Verona e Bologna non si fanno male

La squadra di Mihajlovic rimonta per due volte, rispondendo
con De Silvestri e il Trenza alle reti di Faraoni e del croato



Una partita molto aperta produce un 2-2 tutto sommato piacevole tra Verona e Bologna, con la squadra di Juric che resta davanti di tre punti a quella di Mihajlovic.

LA PARTITA — Verona e Bologna da diverse giornate non hanno più nulla da chiedere al campionato e il pareggio è un risultato onesto. Forse i veneti hanno attaccato complessivamente di più, ma tra i due portieri quello con il voto più alto è Pandur. Pronti-via e il Verona passa, con Faraoni che sugli sviluppi di un corner non ha difficoltà a battere Ravaglia. Risponde il Bologna con un gol dalla dinamica simile, dopo che il cross di Soriano è sporcato da Faraoni e di fatto diventa un assist per De Silvestri. Nel Verona c’è Kalinic, che dà finalmente segni di vita: prima colpisce di testa l’incrocio dei pali, poi nella ripresa beffa Tomiyasu con un movimento da grande attaccante sul primo palo e segna sfruttando l’assist di Lazovic. Mihajlovic non ci sta a perdere: butta dentro Orsolini e Barrow e trova un meritato pareggio con Palacio, che continua a tenere il campo alla grande e pareggia con un sinistro in spaccata.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2020/2021 37ª Giornata (18ª di Ritorno)

15/05/2021
Genoa - Atalanta 3-4
Spezia - Torino 4-1
Juventus - Inter 3-2
Roma - Lazio 2-0
16/05/2021
Fiorentina - Napoli 0-2
Benevento - Crotone 1-1
Udinese - Sampdoria 0-1
Parma - Sassuolo 1-3
Milan - Cagliari 0-0
17/05/2021
Verona - Bologna 2-2

Classifica
1) Inter punti 88;
2) Atalanta punti 78;
3) Milan e Napoli punti 76;
5) Juventus punti 75;
6) Lazio(*) punti 67;
7) Roma punti 61;
8) Sassuolo punti 59;
9) Sampdoria punti 49;
10) Verona punti 44;
11) Bologna punti 41;
12) Udinese punti 40;
13) Fiorentina e Genoa punti 39;
15) Spezia punti 38;
16) Cagliari punti 37;
17) Torino(*) punti 35;
18) Benevento punti 32;
19) Crotone punti 22;
20) Parma punti 20.

(gazzetta.it)

(*) Lazio, Torino una partita in meno.
Lazio - Torino non disputata (il Torino non si è presentato in campo causa covid).
A quattro giornate dal termine l'Inter è matematicamente Campione d'Italia per la sua 19esima volta
(11 anni dopo l'ultimo scudetto) ma decise anche le retrocessioni in Serie B di Parma e Crotone.
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21/05/2021 14:16
 
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Festa Torino: fa 0-0 in casa
della Lazio ed è salvo.
Il Benevento va in B



I granata resistono all'Olimpico:
Immobile sbaglia un rigore nel finale.
Retrocede la squadra di Pippo Inzaghi


Mario Pagliara

Ha dovuto scalare un Everest nella serata dell’Olimpico che si preannunciava ad alto tasso di difficoltà e che è finita per essere una piccola impresa. Ma alla fine il Torino è riuscito nella missione di strappare quel punto che gli consente di staccare il pass per la salvezza, condannando il Benevento alla retrocessione in Serie B. Si archivia sullo zero a zero la sfida in casa di una Lazio (recupero della venticinquesima giornata) che, nella ripresa, ha provato fino all’ultimo secondo a far saltare il bunker granata, sprecando anche un rigore con Immobile (palo). Il Toro ha stretto i denti, a tratti si è dimostrato pure stoico, di fronte alle continue folate offensive biancocelesti, e alla fine può finalmente archiviare questa stagione tribolatissima. Davide Nicola ha centrato la missione di condurre in salvo il Toro.

IL BLOCCO GRANATA — Bastano pochi minuti nella notte dell’Olimpico per capire come il Toro abbia impostato la serata nell’unico modo utile e logico, in questo momento: accanto ai tre centrali Nicola blocca spesso anche Ansaldi e Singo, con la copertura fissa di Lukic, Mandragora e Rincon, impegnato a duellare con Luis Alberto. Pur in un primo tempo non certamente brillante, e ad andamento lento, la resa a metà partita legittima la strategia del tecnico granata. Perché il Toro soffre pochissimo, riesce spesso a spegnere le fonti di gioco laziali. Così sul taccuino finiscono giusto un paio di conclusioni dalla distanza (al 23’ Fares, cui risponde due minuti dopo Mandragora). La Lazio dà invece l’impressione di provarci ma mai – a metà partita – di affondare davvero il colpo. Capita che la grande occasione della prima mezz’ora cada nei piedi di Sanabria, che per un soffio non approfitta di un pasticcio di Strakosha (27’), su un traversone al bacio di Ansaldi. La sfida scivola verso l’intervallo senza grandi acuti, ma il pepe è nella coda, perché nel primo minuto di recupero dei primi 45’ Fabbri annulla un gol a Immobile. Per il direttore di gara Ciro ha spinto Nkoulou alle spalle causandone la caduta: Fabbri annulla, Aureliano conferma al Var. All’intervallo il blocco granata regge.

MARCE ALTE LAZIO — Quando, però, ricomincia la ripresa appare subito evidente il cambio di passo della Lazio. Dal ritmo compassato della prima parte, la squadra di Inzaghi alza decisamente le marce e costringe il Torino ad arretrare pericolosamente ancora di più davanti alla porta di Sirigu. La logica conseguenza sono le occasioni che cominciano a fioccare per i padroni di casa: la prima è di Luis Alberto (3’), poi c’è bisogno di un Nkoulou ai limiti del miracoloso per impedire a Muriqi di battere Sirigu un rigore in movimento (8’), cinque minuti dopo Immobile prima ci prova alto dopo servono i riflessi di Sirigu per evitare l’esultanza di Ciro. E’ questo il momento di maggiore difficoltà dei granata, che si stringono intorno al trio difensivo, alla corsa di Mandragora e Rincon e all’esperienza di Ansaldi. E proprio Ansaldi veste i panni di salvatore della patria quando si immola (20’) su Akpa.

SANABRIA, IMMOBILE E LAZZARI AL PALO — Nel pieno di questa ondata biancoceleste, arrivano i due break di Sanabria: il primo al 16’ senza impensierire Strakosha, poi al 25’ con la conclusione che si stampa sul palo. La reazione della Lazio è, però, rabbiosa e arriva un minuto dopo con un diagonale in corsa di Lazzari, di poco a lato. La partita viaggia adesso decisamente su un’altra velocità: il Toro soffre e stringe i denti, la Lazio è tutta protesta in attacco in un simil assedio. A un quarto d’ora dalla fine Muriqi svetta di testa, ma Sirigu è attento. Soprattutto il portiere granata firma una parata clamorosa, al 35’, sulla battuta a botta sicura di Escalante che aveva già fatto urlare al gol la tribuna. Nasce un finale al cardiopalma, nel quale entra anche il rigore che Fabbri fischia alla Lazio (39’) per un intervento di Nkoulou su Immobile e che Immobile spreca calciando sul palo. I cinque minuti di recupero sono per il Toro con il cuore in gola, combattendo palla su palla, di fronte a una Lazio che si lancia all’assalto all’arma bianca e che al 95' prende un altro palo con Lazzari. E quando Fabbri manda tutti sotto la doccia, per i granata è una liberazione.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2020/2021 Recupero 25ª Giornata (6ª di Ritorno)

18/05/2021
Lazio - Torino 0-0

Classifica
1) Inter punti 88;
2) Atalanta punti 78;
3) Milan e Napoli punti 76;
5) Juventus punti 75;
6) Lazio punti 68;
7) Roma punti 61;
8) Sassuolo punti 59;
9) Sampdoria punti 49;
10) Verona punti 44;
11) Bologna punti 41;
12) Udinese punti 40;
13) Fiorentina e Genoa punti 39;
15) Spezia punti 38;
16) Cagliari punti 37;
17) Torino punti 36;
18) Benevento punti 32;
19) Crotone punti 22;
20) Parma punti 20.

(gazzetta.it)

A quattro giornate dal termine l'Inter è matematicamente Campione d'Italia per la sua 19esima volta
(11 anni dopo l'ultimo scudetto) ma decise anche le retrocessioni in Serie B di Parma e Crotone.
Col recupero di Lazio - Torino decretata anche la retrocessione matematica del Benevento cou un turno
di anticipo.
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Il Genoa di Ballardini finisce col sorriso:
lampo Shomurodov, Cagliari k.o.



Basta un gol dell'uzbeko per vincere, 1-0.
Nainggolan si fa male dopo 10',
Behrami espulso in meno di un tempo (il secondo)
e Pandev stizzito per la sostituzione


Basta il gol di Shomurodov per decidere la sfida tra Cagliari e Genoa (0-1). L'uzbeko segna un gol delizioso nel primo tempo e regala il successo alla squadra di Ballardini. Parte forte il Cagliari che dopo pochi minuti colpisce il palo con Joao Pedro. Sul palo si stampa il suo colpo di testa, ma si sarebbero stampate anche le occasioni dei sardi (che perdono Nainggolan per un problema muscolare dopo 10'). Perché dopo il rischio corso, il Genoa imbastisce una reazione lenta ma corposa. Al punto che al 15' un lancio geniale di Rovella manda in porta Shomurodov. L'uzbeko controlla, arriva davanti Cragno e lo supera con un pallonetto morbido. Ottavo centro in campionato per l'attaccante. Il Genoa da lì in avanti soffrirà solo per una conclusione di Marin gestita male dal giocatore. Per il resto del primo tempo il controllo resterà tra i piedi del Grifone che potrebbe raddoppiare ma non ci riuscirà.

L'ESORDIENTE E... L'ESPULSO — Nella ripresa si riparte con l'esordio di Kallon (2001) nel Genoa e con un'occasione squisita per Shomurodov che trova le gambe di Cragno a dire di no. Il Cagliari alza il baricentro e prova a stuzzicare la difesa genoana. Zapata salva sulla riga un tiro di Zappa dopo che Paleari aveva respinto non benissimo di pugno. Poco prima Pandev aveva lasciato il campo stizzito per la sostituzione. La partita è più vibrante nella ripresa. Il Genoa potrebbe raddoppiare proprio con Kallon che parte tutto solo verso Cragno, lo salta e segna. Però la sua posizione irregolare rende tutto inutile. Nel finale i liguri restano in dieci per l'espulsione di Behrami. Il centrocampista a dir poco opaco visto che si prende due gialli in meno di un tempo, il secondo. Il Genoa va vicino al gol ancora con Kallon, decisamente il più brillante nella ripresa.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Messias sbatte sulla traversa:
Crotone e Fiorentina chiudono senza gol

Meglio i calabresi, che costringono Terracciano a due parate decisive.
Simy sbaglia un gol facile nella ripresa


Giovanni Sardelli


Il Crotone crea e spreca, la Fiorentina fa pochissimo e ringrazia Terracciano, uscendo con un punto da un match giocato senza inserire nemmeno la terza marcia. Il portiere viola para tutto: dove non arriva lui ci pensano gli attaccanti di Cosmi a sprecare occasioni a raffica. Finisce quindi con uno 0-0 che non rispecchia l'andamento della gara. La classifica ha già detto tutto ma Cosmi e Iachini mettono tutti i titolari che hanno a disposizione. Compresi i due centravanti, Simy e Vlahovic, le note liete di questa stagione. I problemi di formazione per i viola sono dietro con le assenze di Dragowski, Pezzella, Milenkovic ed Igor (non al meglio, va in panchina). Il centrale lo fa addirittura un terzino, ovvero Maxi Olivera.

CROTONE VS TERRACCIANO — Il Crotone fa la partita con la Viola che sta dietro sperando, senza successo, di ripartire. E così la gara è un concentrato di occasioni che i padroni di casa non concretizzano per l'imprecisione davanti alla porta e la grande serata di Terracciano. Nell'ordine: al 6' Messias in diagonale impegna il portiere viola, al 23' Cuomo di testa sfiora il palo dopo un cross prelibato di Ounas. Ed ancora Messias su punizione non trova l'angolo di un niente prima che Terracciano si superi due volte sul solito Messias, presentatosi tutto solo davanti a lui, e poi sul colpo di testa di Djidji. E la Fiorentina? Tutta in un tiro alto di Castrovilli imbeccato in profondità da Vlahovic.

SIMY SPRECA — Iachini all'intervallo cambia. Dentro Eysseric e Borja Valero al posto di Castrovilli e Pulgar. Pronti via e Messias con un sinistro morbido colpisce la traversa con il pallone che rimbalza fuori di un nulla. Stavolta i viola provano a reagire: Bonaventura e Borja Valero tentano di calciare in porta prima che Iachini inserisca Callejon per Venuti e Kokorin per Ribery. Ma non è serata, anzi. L'occasione clamorosa capita nuovamente al Crotone con il solito Ounas che imbecca in area Simy. Incredibile il liscio del centravanti a pochi metri dalla porta con i viola che riescono ancora a salvarsi. Finisce quindi con un punto per parte. Aveva ragione Cosmi prima della gara. Per motivi diversi Crotone e Fiorentina in stagione sono state due delusioni. Tocca al futuro portare nuove soddisfazioni ai rispettivi tifosi.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Samp, l'ultima di Ranieri è una festa:
Parma travolto 3-0



Tutto facile per i blucerchiati: Quagliarella apre, Gabbiadini chiude.
Nel mezzo la rete di Colley


Filippo Grimaldi

L’ultimo atto di Claudio Ranieri sulla panchina della Sampdoria si conclude con una festa blucerchiata: tre a zero a un Parma comunque coraggioso e rimasto in partita sino a quando le forze e il risultato glielo hanno permesso.

La squadra di D’Aversa – peggior attacco e seconda peggior difesa della Serie A – è stata positiva sino alla trequarti campo per i primi 45 minuti, ma poi alla lunga ha pagato la scarsa efficacia delle punte. Così, alla fine hanno prevalso il cuore, il coraggio e la maggiore tecnica dei blucerchiati, che hanno celebrato nel migliore dei modi l’addio del tecnico romano dopo venti mesi di lavoro sotto la Lanterna. Perché i blucerchiati, più cinici, hanno invece colpito alle prime due occasioni-gol nel primo tempo: al 21’ Quagliarella ha festeggiato la sua gara numero 500 in A sbloccando il risultato su assist preciso di Candreva (per il capitano della Samp, rete numero 177 in A). E dopo avere provato a invertire i ruoli con l’esterno (31’, Quagliarella per Candreva, murato al momento della conclusione), la Samp è riuscita comunque a fare il bis con Colley (diagonale di sinistro), lesto a battere a rete su una ribattuta della difesa dopo un tentativo di Gabbiadini. Due a zero e gara di fatto finita qui, anche se poi nella ripresa (8’) Letica è stato decisivo su una conclusione ravvicinata di Kosznovsky. A quel punto, la perla di Gabbiadini dalla distanza (ancora su assist di Candreva, e con il destro…) ha sorpreso Sepe chiudendo la gara.

PICCOLA RIVOLUZIONE — Una sfida che entrambe le squadre hanno sfruttato per mettere in campo molte seconde linee: Ranieri ha dato spazio fra i pali a Letica (ottimo debutto), con Léris in mediana. Fra gli ospiti, D’Aversa (l’erede di Ranieri?) ha lanciato a centrocampo il talento ungherese della Primavera Kosznovsky, classe 2002: promosso. Per il Parma, dunque, già prove di futuro.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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L'Inter chiude in bellezza:
manita all'Udinese e quota 91 punti



Per i nerazzurri reti di Young, Eriksen, Lautaro, Perisic e Lukaku.
Poi la consegna dello scudetto


Luca Taidelli

L'Inter onnivora si sbrana anche l'Udinese (unica avversaria contro cui non aveva ancora vinto e segnato) e onora nel migliore dei modi il 19° scudetto, poi consegnato a capitan Handanovic. In un match con ritmi spesso da subbuteo, decidono le reti di Young, Eriksen, Lautaro, Perisic, Lukaku e Pereyra. Domani (a meno di sorprese) la "partita" più importante, quella tra Zhang e Conte che presumibilmente farà chiarezza sul futuro del tecnico.

PRIMO TEMPO — Conte recupera per la panchina Barella, Sanchez e Vidal, ma dei titolarissimi ci sono solo Handanovic (che così stacca Zenga come portiere nerazzurro con più presenze di sempre in campionato), Hakimi e Lautaro. Dentro tutti gli italiani in rosa, tranne lo stesso Barella, operato al naso a inizio settimana. Darmian invece è squalificato, come Brozovic. Gotti affida come al solito il volante a De Paul, che da queste parti (ma non solo) accoglierebbero a braccia aperte. In attacco il solo Okaka, con Pereyra in appoggio.

IL PRIMO TEMPO — Difficile trovare spunti tattici in una sfida da ultimo giorno di scuola. Malgrado la presenza di Sensi, il play lo fa Gagliardini. E l’Inter passa quasi subito con un triangolo Young-Lautaro-Young che, complice un rimpallo su Bonifazi, all’8' libera l’inglese davanti a Musso. Lo speaker prova a stimolare i mille tifosi con una serie di cori, ma il pepe ce lo mettono Becao e Lautaro che a metà tempo litigano dopo che il difensore accompagna il Toro, che scivola, contro un tabellone pubblicitario. L'arbitro Volpi sbaglia a non estrarre un cartellino per ciascuno. E quando riprende il gioco, l'argentino (troppo nervoso) si vendica con un fallo che gli vale l'ammonizione e il riscaldamento anticipato di Lukaku. L'altro sussulto di un match non proprio eccitante lo dà Sensi, accasciandosi al 37' per un risentimento muscolare all'adduttore destro. Straordinari dunque per Eriksen, con Gagliardini che scala come mezzala sinistra. Il biondo lascia subito il segno con una punizione dalla lunetta in cui la barriera friulana non è certamente impeccabile. Con il minimo sforzo l'Inter va così al riposo sul 2-0.

SECONDO TEMPO — Si riprende con un'unica variazione. Padelli fa il suo esordio stagionale prendendo il posto di Handanovic. Con questi ritmi balneari Eriksen può pennellare calcio ad ogni tocco e impegna pure Musso, già sollecitato da Lautaro. Al 9' si vede anche Hakimi che furbescamente (non ai livelli di Cuadrado con Perisic, ma la dinamica è simile) si procura un rigore con la complicità di Zeegelaar e arbitro. Lautaro dal dischetto non sbaglia e poi cede il posto a Lukaku. Stessa sorte per lo stesso Hakimi (Perisic). Gotti risponde con Llorente e Forestieri per Okaka e Zeegelaar. Al 19' c'è gloria anche per Perisic, che sull'apertura di Vecino trova l'angolo lontano con un gran destro a giro. Poco dopo Pinamonti per Sanchez, lascia il campo anche De Paul (che ricambia gli applausi dei tifosi interisti...) per Makengo. Al 27' le comiche, con Lukaku che prima liscia a tu per tu con Musso e poi si vede carambolare addosso il tiro velenoso di Sanchez, finito prima sul palo interno. Al 34' Pereyra su rigore spiazza Padelli, dopo il tocco col braccio di Eriksen. Nel finale c'è gloria anche per Martin Palumbo e Manuel Gasparini, entrambi class2 2002.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Diavolo in paradiso: il Milan sbanca
Bergamo e ritrova la Champions

Contro l’Atalanta decidono due rigori di Kessie.
I rossoneri tornano nella coppa più bella dopo sette anni di assenza.
Nel finale espulso De Roon


Marco Pasotto


Sarà stata la maglia bianca, quella delle finali europee, dei grandi trionfi e dei trofei alzati al cielo. Oppure sarà stato il destino, che ha voluto chiudere il cerchio proprio contro la squadra e nello stadio dove diciassette mesi fa il Milan cadeva rovinosamente, avviando allo stesso tempo un nuovo ciclo. Un ciclo vincente. Per chi la vuole vedere romantica, può bastare così. Tanto, a contare poi è soltanto il risultato: il Diavolo sbanca Bergamo 2-0 (due rigori di Kessie) e torna in Champions League dopo otto anni. Proprio all’ultima curva, proprio contro l’avversario che tutto l’universo rossonero temeva come il peggiore degli incubi. Tenendo persino la porta inviolata contro un attacco da 90 gol. Sì, la si può osservare con sguardo romantico, ma anche in termini concreti c’è di che godere: secondo posto (con relativi milioni dei diritti tv), una Champions acciuffata dopo averci tirato sopra lo sciacquone contro il Cagliari. Il Milan fa festa anche perché in cassa entra quella cinquantina di milioni vitali per proseguire il progetto senza rallentarlo. E ci riesce senza nemmeno approfittare dei risultati altrui, dal momento che il pareggio del Napoli col Verona avrebbe promosso i rossoneri anche in caso di pareggio. In poche parole, oggettivamente indiscutibili: il Milan torna in Champions con pieno merito. Al Gewiss Stadium comanda soprattutto Kessie, autore dei due rigori vincenti ma autore in generale di una prestazione monumentale. Sovrumana. L’Atalanta lascia il campo nervosa e arrabbiata, e c’è da capirla. Non è stato un granché come settimana: prima la sconfitta in finale di Coppa Italia, poi questa che fa male perché infrange il sogno del secondo posto. Sarebbe stato il piazzamento migliore nella storia del club. Questo ovviamente non cancella l’ennesima stagione meravigliosa della Dea, che rinnova la tessera nel club delle big.

APPROCCIO COSÌ COSÌ — Gasperini, che ha confermato il 3-4-2-1, a destra si è ritrovato improvvisamente senza Hateboer (caviglia), sostituito con Maehle, mentre sulla corsia opposta non ci sono stati inconvenienti per Gosens, uscito acciaccato dalla finale di coppa. In difesa Djimsiti ha vinto il ballottaggio con Palomino e davanti è stato riproposto il tridente con Pessina e Malinovskyi dietro Zapata. Ovvero con Muriel in panchina. Quindi soltanto due cambi rispetto all’undici sceso in campo con la Juve. Pioli ha concluso “coerentemente” un anno maledetto dal punto di vista degli infortuni perdendo nelle ultime ore Rebic. Un’assenza decisamente pesante, che ha scaraventato Leao al centro dell’attacco con Saelemaekers, Diaz e Calhanoglu sulla trequarti. Nessuna sorpresa, come da copione, nelle altre zone del campo: al centro della difesa anche l’ultimo atto stagionale se lo presi Kjaer e Romagnoli. C’era curiosità per verificare l’approccio mentale rossonero dopo il passaggio a vuoto col Cagliari, e fino al rigore di Kessie la risposta nel primo tempo non è stata un granché. Squadra contratta, con le gambe degli interpreti solitamente più coraggiosi bloccate dalla paura di lasciare scoperti i compagni. Il terrore del rischio. E una squadra soprattutto incapace di alimentare Leao, lasciato al proprio destino nella gestione di improbabili lanci lunghi, lenti e ad altezze mai inferiori al metro e mezzo. In pratica, tante battaglie con Romero già perse in partenza. Il portoghese, si sa, ama la profondità col pallone per terra: ha ottenuto l’esatto opposto. Le cause? Inesistente l’assistenza di Calhanoglu, al piccolo trotto fra le linee nemiche, poca lucidità da parte di Bennacer alle sue spalle e scarso l’apporto anche dalle fasce.

PRESSIONE — L’Atalanta ha condotto le danze come se avesse firmato un’esclusiva col pallone, ma non è mai davvero arrivata vicino a Donnarumma. Ricordate il primo tempo esibito contro la Juve mercoledì? Ecco, nulla di tutto questo. Ritmi blandi, pressione senza quella bava alla bocca per andare ad azzannare l’avversario. Perché è vero che il Milan non ha potuto permettersi svolazzi in fascia, ma allo stesso tempo ha bloccato i nerazzurri su entrambe le corsie. Risultato: portieri inoperosi. Sul taccuino restano un tiro alto di Saelemaekers e uno di Malinovskyi. Tutto questo fino al minuto 40, quando il Milan ha trovato la prima vera azione del match, e se l’è fatto bastare per ottenerci il massimo. Un’azione molto bella, con la palla filata via rasoterra fra Calhanoglu, Hernandez, Saelemaekers e ancora Hernandez, abbattuto in area da Maehle. Rigore netto, e non è casuale che sia coinciso con le giocate lussuose di Calha e Theo. Dal dischetto il Presidente Kessie: esecuzione impeccabile con Gollini immobile. La ripresa è iniziata con Muriel al posto di Pessina. Un cambio scontato da parte di Gasperini. E infatti la pressione nerazzurra è aumentata col trascorrere dei minuti. Se nei primi 45 il Milan riusciva a difendere tenendo per lo più la Dea fuori dall’area, nella ripresa è andata diversamente. L’Atalanta ha accelerato gli scambi e intensificato gli inserimenti, chiudendo il Diavolo a ridosso dell’area. Al 12’ brividi di terrore per il mondo rossonero, con un destro a pelo d’erba di Zapata passato a non più di tre centimetri dal palo di Donnarumma.

ROSSO A DE ROON — Così Pioli ha provato a correre ai ripari: fuori Diaz e Bennacer, dentro Meité e Krunic. A metà frazione il Milan ha capito che con l’Atalanta riversata nella sua metà campo, riuscire in qualche modo a ripartire avrebbe prodotto effetti interessanti. E infatti. A metà frazione Meité si è sganciato di potenza, ha percorso una ventina di metri palla al piede e poi si è inventato un tocco delizioso per Leao, che ha superato Gollini in uscita e si è visto la palla rimbalzare beffarda sul palo. Sarebbe evidentemente stata un’ipoteca molto seria sui tre punti. Si è comunque trattato di un flash. Toccata e fuga. Perché poi il copione è tornato quello di prima. Con la Dea riversata nella metà campo rossonera e il Diavolo arroccato davanti a Donnarumma (ma col conforto del pareggio veronese a Napoli). A creare i fastidi maggiori soprattutto Muriel, che ha fatto venire il mal di testa a Calabria sulla destra e si è anche inventato un siluro di destro uscito di un nulla. Come nel primo tempo, però, la Dea non ha avuto la lucidità di trovare l’affondo vincente e quando mancava una manciata di minuti al fischio finale il Milan ha chiuso definitivamente i conti: Gosens ha respinto col braccio un tiro di Calhanoglu e Mariani, oltre ad espellere De Roon per una reazione su Krunic, ha fischiato di nuovo rigore. E di nuovo Kessie ha infilato Gollini. A quel punto gli ultimi minuti di recupero sono stati soltanto passerella rossonera.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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