Campionato di Calcio Serie A 2019 - 2020. Tutte le partite - Calendario - Commenti.

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binariomorto
00domenica 15 settembre 2019 14:12
Fiorentina, occasione sprecata:
una brutta Juve perde tre uomini ma evita la sconfitta

Viola pericolosi in più occasioni ma poco cinici,
la Signora gioca malissimo e perde per infortunio Douglas Costa, Pjanic e Danilo


Luca Bianchin


Numeri o arte, a scelta. Numeri: dieci angoli a zero per la Fiorentina, otto tiri in porta a quattro. Completamente non pronosticabile. Arte: Firenze, città sensibile alla bellezza, non vince ma si innamora di Gaetano Castrovilli e Franck Ribery nello stesso pomeriggio… e in questi tempi complicati è già qualcosa. Fiorentina-Juve 0-0, primo anticipo alla ripresa del campionato, è in questo e in altro. La Juve allunga in testa alla classifica ma in serata, per la prima volta dal marzo 2018, viene scavalcata in testa dall’Inter (e lunedì potrebbe essere scavalcata anche dal Torino). A quattro giorni dall’Atletico Madrid, la condizione fisica preoccupa parecchio. La Fiorentina invece prende il primo punticino (e rischia di fare il colpaccio) con un paio di giocatori sopra tutti. Castrovilli è il migliore in campo con il suo calcio elegante, Ribery gioca a tutto campo – al suo ritmo ma a tutto campo – e mette in porta Dalbert nell’azione più bella della partita. Il brasiliano, sciagurato, colpisce male. Il grande tema della partita, allora, rischiano di essere gli infortuni. La Juventus perde Douglas Costa, Pjanic e Danilo per problemi muscolari, la Viola cambia Ribery e Pezzella (polpaccio destro) per piccoli guai fisici. A prima vista il più preoccupante del gruppo è Douglas Costa ma una delle cause è probabilmente comune: il caldo. Nella prima partita alle 15 della stagione, la temperatura era da Ferragosto.

MONTELLA, IDEA GIUSTA — La Juve non può non preoccupare Sarri perché comincia lenta e così prosegue: ritmo basso, tanta fatica a costruire, pochissimi palloni per Ronaldo, Higuain e Douglas Costa. Anzi, Ronaldo, Higuain e Bernardeschi, perché Douglas Costa si fa male dopo 5 minuti ed esce. La maledizione di Allegri dev’essere tornata dalle vacanze perché prima della fine del primo tempo deve uscire anche Pjanic, sostituito da Bentancur. Nel mezzo, tra un infortunio e l’altro, tanta Fiorentina e tanto Castrovilli, che disturba Pjanic e ha visioni da grande giocatore. Montella sceglie Chiesa e Ribery di punta in un 3-5-2 efficace, che blocca la Juve e trova sbocco a sinistra, dove Dalbert viene lasciato giocare da Bernardeschi e Danilo. La Viola così rischia di segnare quattro volte nel solo primo tempo. Le prime due per clamorosi errori di Szczesny – passaggio intercettato da Chiesa a pochi metri dalla porta, con pallone che rimbalza sopra la traversa – e di De Ligt, che sbaglia un tocco per il suo portiere in zona area piccola: Ribery arriva prima di Szczesny ma “Tek” è bravo a chiudere lo specchio. Le altre due sono più nobili, perché nascono da due idee: Castrovilli dopo un’ora crossa basso per Chiesa, che non devia, mentre Ribery a cinque minuti dall’intervallo mette Dalbert davanti alla porta con un’idea da… quasi Pallone d’oro. Il brasiliano non sfrutta la disattenzione di Danilo e devia malissimo di testa.

JUVE EVAPORATA — Sì, ma la Juve? Poca cosa. Nel primo tempo è tutta in due tiri di Matuidi e Pjanic, nel secondo fa paura solo con un contropiede Higuain-Cuadrado-Ronaldo che non turba la quiete di Dragowski. Higuain e Ronaldo non si attivano praticamente mai, Bernardeschi sembra la versione triste del giocatore di un anno fa, Khedira arriva una volta in zona pericolosa. La prima ora di Juve-Napoli, con aggressione alta, brillantezza e giocate da squadra superiore, sembra di un’altra epoca, evaporata con il caldo da Ferragosto di questo anticipo delle 15. La Fiorentina, piuttosto, ha un’altra condizione e rischia di vincere la partita un altro paio di volte, con un contropiede Ribery-Castrovilli chiuso male e un tiro di Chiesa deviato in angolo. A quel punto mezzo stadio fa lo stesso pensiero: “Ora la Juve, cinica come sempre, la vince negli ultimi minuti”. Non proprio. La partita, nonostante una occasione sull’asse Higuain-Khedira, nel finale non decolla, al massimo lievita Cristiano per la classica rovesciata in area. Ma questa non è la Champions e per questa Juve non è giornata: il tiro finisce fuori e la partita 0-0. Allora, palla al campionato con una grande domanda: questa ripartenza juventina è un punticino guadagnato o la prima spia di un problema serio?

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 15 settembre 2019 14:16
E’ sempre il Napoli di Mertens: che show.
Crisi nera per la Samp

L’attaccante belga scatenato con due gol e una traversa, ma che parate Meret: decisivo su Ferrari e Rigoni.
Di Francesco ancora a zero punti


Mimmo Malfitano


La prima al San Paolo è di Dries Mertens. La sua doppietta basta al Napoli per ridimensionare le aspettative della Sampdoria che da questa trasferta avrebbe voluto i primi punti. Ma gli è andata male, perché il collettivo di Carlo Ancelotti gli ha concesso poche opportunità, peraltro create dai soliti errori dei singoli. Il Napoli c’è, dunque, ha saputo approfittare del pari della Juventus, a Firenze, per ridurre lo svantaggio ad un solo punto in attesa di capire che cosa accadrà a San Siro. Per la prima a Fuorigrotta, l’allenatore non s’è risparmiato, ha concesso la passerella ai nuovi, schierando Elmas e Lozano dal primo minuto e inserendo Llorente negli ultimi 25 minuti. Un buon test, tutto sommato, in previsione della prima di Champions League, contro il Liverpool, in programma martedì sera.

DENTRO LOZANO — La notte avrà consigliato a Ancelotti di tenere fuori Llorente, da lui stesso annunciato titolare alla vigilia. Gioca, invece, Hirving Lozano al fianco di Mertens, nella coppia d’attacco. Il 4-4-2 iniziale del Napoli è evidente, con Fabian Ruiz e Elmas centrali a centrocampo, con Callejon e Zielinski sugli esterni. In difesa non c’è Manolas, ma Maksimovic, nel mini turnover disposto dal tecnico in previsione della gara con Liverpool. Di Francesco, invece, si affida a Murillo e Regini, i due centrali di difesa, per tenere a bada l’attacco avversario, mentre in attacco Rigoni e Quagliarella provano a infastidire la retroguardia napoletana: Caprari agisce alle loro spalle da trequartista.

SPETTACOLO INIZIALE — E’ un bel vedere questo Napoli. La manovra è di qualità superiore e la Samp ben presto deve chiudersi nella propria metà campo per limitare la pressione dell’avversario. Ci prova Fabian Ruiz (5’) dal fuori area, ma Audero blocca. Tocca a Meret guadagnarsi la giornata. Lo farà prima schiaffeggiando d’istinto un deviazione di Ferrari e si ripeterà al 19’, con un prodigio su Rigoni lanciato a rete da uno scivolone di Elmas. Il Napoli, dunque, tiene il gioco, ogni qualvolta Lozano tocca il pallone c’è l’ammirazione del San Paolo. Devono trascorre comunque 13 minuti per il gol del vantaggio. Callejon lancia sulla destra Di Lorenzo che, di prima, crossa basso. Sul pallone si avventa Mertens per la girata vincente. Pare che nulla potrà contrastare questo Napoli. Ma la Sampdoria si ricompatta in fretta, subito dopo che lo stesso attaccante belga (18’) colpisce la parte interna della traversa.

TRE PALLE GOL — La Sampdoria, dunque, ritrova la fiducia e si porta spesso dalla parti di Meret. Quagliarella sfiora per ben due volte il palo con tiri dalla distanza e il portiere napoletano deve compiere un prodigio, come dicevamo su Rigoni. La difesa napoletana non è ancora al massimo, Koulibaly commette un paio di errori che ne evidenziano uno stato di forma ancora precario. Il primo tempo si chiude con i blucerchiati nell’area napoletana.

MERTENS MATTATORE — La verve dei doriani si esaurisce nei primi 45 minuti, perché il Napoli riprende a comandare. Audero deve distendersi (6’) per deviare in angolo la conclusione di Elmas. Il centrocampista macedone domina in mezzo al campo, dimostrando grande personalità e determinazione. La gara di Lozano termina dopo 20 minuti dall’inizio della ripresa: Ancelotti manda in campo Fernando Llorente. Che diventa protagonista dopo appena due minuti, quando appoggia all’indietro il pallone per la conclusione vincente di Mertens per la prima doppietta. La Samp è alle corde, Di Francesco si sbraccia sulla panchina, ma la differenza dei valori è troppo marcata. Callejon spara a volo sul cross di Mertens (26’) e Audero vola a deviare in angolo, mentre Quagliarella, sempre a volo, colpisce l’esterno della rete. Nell’ultimo quarto d’ora c’è spazio pure per Insigne che Ancelotti manda in campo al posto di Elmas. Il San Paolo riaprirà di nuovo le porte martedì, per la prima di Champions League, contro i campioni in carica del Liverpool.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 15 settembre 2019 14:20
Sensi trascina l'Inter in vetta:
basta il suo gol per piegare l'Udinese in dieci

Il centrocampista va a segno di testa in una gara condizionata
anche dall'espulsione di de Paul per uno schiaffo a Candreva.
Nerazzurri primi a punteggio pieno


Valerio Clari

Di testa in testa: da -21 a +2. Un colpo di testa del più piccolo vale due notti da sola in testa, staccando la Juve. Terza giornata, classifica ballerina per definizione, ma l’Inter sogna a punteggio pieno, staccando la Juve. Solo 1-0 con l’Udinese in 10 per un tempo, si potrebbe dire. Ma la squadra di Conte piazza 10 tiri in porta, esalta Musso e rischia poco o niente: inserisce Godin, vede scampoli di Sanchez e soprattutto si fa trainare da un Sensi straripante e ancora decisivo.

CHE SENSI — Sensi è in un chiaro periodo di onnipotenza calcistica e il fatto che segni di testa, anticipando Becao, a cui concede oltre 20 centimetri, è lì a dimostrarlo. Ma i segnali si erano avuti già prima: dopo un quarto d’ora sguscia fra due, cerca Lukaku, un difensore respinge e la palla gli torna perfetta per un tiro al volo, altrettanto perfetto: Musso “rovina” tutto parando. Forse per assecondare questo magic moment, ma più probabilmente per cercare spazi nel compatto modulo dell’Udinese Conte lo avvicina a Lukaku e alla porta, varando un 3-4-2-1. L’idea funziona, tanto che anche Politano sarà più volte pericoloso e difficilmente intercettabile. L’Udinese però è ben messa in campo, è fisica, riparte, si fa anche pericolosa con Walace. Per far saltare l’equilibrio un aiuto decisivo arriva da De Paul, che si fa cacciare per una manata plateale a Candreva, che la sottolinea volando a terra e rimanendoci fino a Var conclusa.

DA LIMARE — Il cross dalla trequarti su cui Sensi svetta all’altezza dell’area piccola è di Diego Godin, alla terza discesa palla al piede “alla Zanetti” (non proprio la specialità della casa). Sulle prime due chiude De Paul, sulla terza non c’è più. In compenso Godin mancherà un chiusura (altro Gronchi rosa) su Lasagna in contropiede a inizio ripresa, aggiungendosi all’errore di De Vrij e dando lavoro a Handanovic. La GDS, al debutto, mette insieme il primo clean sheet, ma va ulteriormente oliata. Skrinar è tornato prepotente e dominante sull’uomo, ma sbaglia in fase di costruzione. Fra le cose migliorabili c’è il centrocampo: Brozovic ci ha messo un tempo a trovare la posizione, Barella dopo un paio di buoni lanci è ricaduto in una “barellata”. Tackle in ritardo su De Paul, grossi rischi e giallo annesso: esce al 45’, per un Gagliardini che si fa notare per tre tiri da fuori, in mezz’ora scarsa.

FUNZIONANTI — Nella ripresa entrerà anche Lautaro, a rilevare un Lukaku che non solo non fa tris (dopo le prime due giornate a segno), ma la vede anche pochissimo, quasi sempre anticipato dai centrali e poco dialogante con le due mezze punte. Meglio il Toro, ancora carico per la tripletta con l’Argentina, e meglio anche Alexis Sanchez, a cui Conte concede 10 minuti più recupero quando Politano si infortuna al polso. Il cileno parte a mille, corre ovunque: serve il solito super Musso per negargli il gol al debutto (cross basso di Candreva, deviazione ravvicinata). Il portiere è per distacco il migliore dei suoi, ma Tudor soffrirà meno dell’anno scorso. De Maio chiude quasi tutto, Fofana è tornato in palla, la squadra ha centimetri, polmoni e cuore. Anche in 10 per quasi un'ora. C’è tempo per guardare la classifica. Cercherà di non farlo anche l’Inter di Conte, ma qualcuno gliela farà notare.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 15 settembre 2019 14:51
Siluro di Zapata, gioia last minute dell'Atalanta:
battuto il Genoa al 95'

Finisce col colpo di scena: l'attaccante nerazzurro decide nel recupero
dopo il pari di Criscito su rigore allo scadere del tempo regolamentare.
Il vantaggio bergamasco era arrivato al 64' su penalty con Muriel


Filippo Grimaldi


Un’Atalanta da record, che con il suo ottavo risultato utile in trasferta eguaglia il record che risaliva al 1992. Partita emozionante al Ferraris, con la squadra di Gasperini brava a inseguire la vittoria sino all’ultimo secondo, con Duvan Zapata che a una manciata di secondi dal quinto minuto di recupero trova il gol-vittoria all’incrocio, sorprendendo Radu: due a uno per gli ospiti. Non sarebbe stato possibile immaginare miglior risultato in vista dell’esordio in Champions. Il Genoa interrompe il suo buon avvio di campionato, anche se era riuscito a rimettere la gara in parità proprio al novantesimo (rigore di Criscito dopo un contatto in area Djimsiti-Kouame), rimediando al vantaggio iniziale di Muriel su rigore (fallo di Cristian Zapata su Duvan Zapata).

CHE AFA — Un primo tempo condizionato su entrambi i fronti dal caldo, che ha costretto Genoa ed Atalanta a non poter tenere alto il ritmo a lungo. Monologo rossoblù in avvio, con la squadra di Andreazzoli molto efficace sulle fasce, soprattutto a sinistra dove Criscito e Barreca tengono bassi Hateboer e Toloi. Atalanta più prudente, anche se la pressione rossoblù si allenta dopo il primo quarto d’ora, permettendo ai nerazzurri di riorganizzarsi diventando più propositivi. Gli ospiti vanno vicini al gol con Pasalic, che manca però il controllo finale su cross di Ilicic dalla destra. Sulla ripartenza genoana Schone innesca Radovanovic (18’), la cui conclusione finale termina a un metro dalla porta di Gollini. Al 24’ c’è il primo cooling break della gara. Lerager viene murato in angolo, ma di lì in poi la squadra del Gasp fa valere il suo strapotere fisico in attacco: Duvan Zapata fa sessanta metri palla al piede vanamente inseguito da Kouame, ma l’azione non produce effetti, e poco dopo Pasalic impegna Radu, su un’azione avviata ancora una volta da Zapata. E’ un finale di tempo di grande sofferenza per il Genoa, ma gli ospiti non riescono comunque a sfruttare la grande pressione creata, grazie anche a una mediana che finalmente dà sostegno al gioco offensivo.

BOTTA E RISPOSTA — Il Genoa inizia il secondo tempo a ritmo alto, Kouame impegna Gollini in angolo (2’), ma le squadre stentano ancora una volta ad essere propositive. Gosens (12’) sfiora il gol con un diagonale pericoloso dalla sinistra. Gasperini sostituisce Pasalic con De Roon, poi Ilicic con Muriel, facendo salire la velocità del gioco. Al 17’, dopo una segnalazione della Var, Fabbri assegna il rigore all’Atalanta. L’uno a zero del colombiano costringe il Genoa a far salire il ritmo, scoprendosi però in difesa. Al 31’ Radu evita il secondo gol ospite chiudendo lo specchio su Duvan Zapata. Andreazzoli prova la carta Pandev alle spalle delle punte, togliendo Barreca, con Ankersen al posto di Ghiglione. Gosens va a segno (38’), ma l’arbitro annulla per fuorigioco, il Genoa insiste e trova l’uno a uno. Ma non basta, perché c’è ancora spazio per l’invenzione decisiva di Duvan Zapata.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 15 settembre 2019 18:03
Incredibile Bologna: rimonta da 1-3 e vince 4-3 contro il Brescia in dieci

Decisiva l’espulsione di Dessena a inizio ripresa.
Reti di Donnarumma (2), Bani, Cistana, Palacio, poi autogol di Sabelli e rete decisiva di Orsolini


Matteo Brega


Non basta tutto l’affetto di Brescia che ritrova la Serie A in casa. Il Bologna vince in rimonta, sfruttando al massimo l’ingenuità dell’espulsione di Dessena, gustandosi tutti i 25’ che portano dal 2-3 al 4-3 nel corso della ripresa. Non basta un primo tempo giocato benissimo da Bisoli e compagni che ora si ritrovano dopo tre giornate con tre punti e tanti rimpianti in classifica. Dopo 3.083 giorni il Rigamonti riabbraccia la Serie A. Il Brescia esordisce in casa alla terza giornata contro il Bologna di Sinisa Mihajlovic (assente fisicamente per le cure, presente spiritualmente), lo stesso tecnico contro cui aveva salutato la Serie A nel 2011 (Brescia-Fiorentina 2-2, guidava i toscani).

A SENSO UNICO — Eugenio Corini continua con i 4-3-1-2: Romulo da trequartista è il gancio tra i suoi compagni e la pressione alta sul portatore bolognese, mentre Ayé è il compagno d’attacco di Donnarumma. Nessuna sorpresa anche per il Bologna con il 4-2-3-1 d’ordinanza con Medel al fianco di Dzemaili nel cuore del centrocampo e Palacio unica punta. All’11’ il risultato cambia. Azione sulla sinistra di Romulo, cross morbido sul secondo palo dove Donnarumma anticipa Denswil di testa e segna (con l’aiuto della goal line technology) il secondo gol stagionale. Il Bologna arranca, i minuti seguenti non cambiano il flusso. Da un calcio di punizione battuto sul lato corto destro dell’area il pallone arriva sul lato opposto dove Mateju finge il cross e serve Donnarumma che controlla e di destro a giro trova il raddoppio sul secondo palo. In otto minuti, due gol subiti: il Bologna pare smarrito. Mentre la partita accarezza la mezzora, la curva del Brescia espone uno striscione per Mihajlovic: “Sinisa non mollare”. Il Bologna mostra di voler tornare in partita solo al 30’ con un corner di Orsolini che Joronen si impegna a deviare. E’ sempre Orsolini, tre minuti dopo, a riprovarci, questa volta al termine di un’azione un po’ scattosa portata fino al limite dell’area. La squadra di Mihajlovic appare meno brillante del Brescia in ogni zona del campo. Serve un colpo a sorpresa per risvegliarsi e arriva al 35’: calcio di punizione di Soriano dalla sinistra, Bani di testa anticipa l’uscita di Joronen e insacca. Emiliani ancora in partita, senza particolari meriti. E in effetti al 42’ viene ristabilita la giusta distanza tra le due squadre. Tonali da calcio d’angolo trova la testa di Cistana che gira in rete il 3-1 anticipando Soriano. Il destro al volo di Sansone che finisce largo di poco è un altro esempio di occasioni casuali per il Bologna che chiude un primo tempo decisamente negativo tra colpe proprie e meriti bresciani.

RIBALTONE

Il secondo tempo inizia con Santander al posto di Dzemaili. Tutto ciò comporta Soriano al fianco di Medel a centrocampo, Palacio trequartista e il nuovo entrato punta centrale. Ma ciò che modifica la partita arriva ancora dal Brescia. Al 3’ Dessena simula di aver subito un fallo da rigore e Rocchi lo punisce con il giallo: è il secondo, il Brescia gioca in pratica l’intero secondo tempo in inferiorità numerica. Il primo accorgimento di Corini è automatico passando al 4-3-2 con Romulo mezz’ala sinistra. Mihajlovic invece ordina di inserire Poli per Bani (stordito da un colpo) con Medel che scivola centrale difensivo. Tra un passaggio sbagliato e l’altro, il Bologna indovina quello giusto. Sansone all’11’ illumina il corridoio per Orsolini che controlla e crossa sul primo palo per Palacio che rimette ancora in partita i suoi, 3-2. Altri tre minuti e arriva il 3-3, su una distrazione bresciana. Corner di Orsolini, girata di testa di Palacio, Joronen vola e sulla respinta carambola Sabelli-Deswil e gol del pari: l'ultimo tocco è del difensore bresciano. Funziona come una vitamina perché un minuto dopo Santander si ritrova davanti a Joronen e calcia fuori. La partita è cambiata, all’improvviso. Corini interviene inserendo Zmrhal per Donnarumma e ridisegnando i suoi intorno al 4-4-1 con Romulo a ventaglio tra la linea del centrocampo e un passo avanti a sostenere Ayé. Il Brescia deve ritrovare l’equilibrio e il Bologna prova ad approfittarne. Cross di Dijks e Santander di testa gira fuori di poco. Gli emiliani spingono e Palacio al 26’ sciupa un pallone d’oro dall’area piccola. Al 34’ fuori Tonali (applaudito da tutto il Rigamonti) e dentro Spalek che va a sistemarsi a destra al posto di Bisoli che si accentra. L’inerzia però è degli emiliani. Palacio crossa per Orsolini che si ritrova da solo sul secondo palo e realizza il sorpasso. Un Bologna che rispecchia l’anima di Mihajlovic passa da 1-3 a 4-3 sfruttando al massimo la superiorità numerica. L’ultima carta di Corini è Matri inserito per Romulo. L’ingresso di Skov Olsen per Palacio al 44’ serve a far tirare il fiato agli emiliani che non soffrono comunque nel finale e si ritrovano dopo tre giornate con gli stessi punti della Juventus.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 15 settembre 2019 18:07
Ceppitelli fa il Pavoletti, perla di Simeone: il Cagliari sbanca Parma

Il difensore e il Cholito rilanciano la squadra di Maran.
Gli emiliani in gol con Barillà, ma non evitano la seconda sconfitta in casa.
Var protagonista: D’Aversa reclama un rigore, annullato il poker di Joao Pedro


Francesco Velluzzi


Il calcio dà, il calcio toglie. Una vecchia legge. A Udine il Parma aveva subito 13 tiri da parte dei friulani, ma con tre soli aveva fatto secchi i bianconeri. Oggi (in tribuna i tecnici Davide Nicola che osserva e Bernardo Corradi neo c.t. dell’Under 16) la squadra di Roberto D’Aversa ha dominato il Cagliari che si è affacciato pochissimo dalle parti di Gigi Sepe, ma quando lo ha fatto lo ha trafitto (1-3). Due volte col difensore centrale Ceppitelli e quando sembrava che il Parma potesse riacchiappare la partita, una sanguinosa palla persa da Gagliolo, con Simeone che gliel’ho strappata dai piedi, ha consentito al Cholito di farsi 30 metri da solo e colpire firmando il primo gol in rossoblù. Così il Cagliari, già in fermento e con la tifoseria in ebollizione, respira, prende tre punti fondamentali e si rimette in sesto dopo le due sconfitte in casa con Brescia e Inter. La vittoria della concretezza e di un centrocampo tosto (Nandez, Cigarini, Rog e l’aiuto di Castro). E ora sarà facile dire che con Cigarini in campo a dettare i tempi, quasi da fermo, ma con maestria, tutto torna a posto.

PRIMO TEMPO — Rolando Maran, il tecnico dei sardi, ha problemi di abbondanza tra centrocampo e trequarti. Uno, purtroppo, glielo ha risolto Radja Nainggolan, che in settimana ha avuto fastidi al polpaccio. Così in regia, il posto più discusso, perché aveva cominciato il Ninja, torna Luca Cigarini, emiliano, praticamente a casa sua. In difesa c’è a destra Cacciatore (tornato dopo pochi allenamenti), poi al centro fiducia al guerriero Pisacane accanto al capitano Ceppitelli. Sta fuori Klavan, come Ionita, il più utile portatore d’acqua. Mentre l’altro guerriero da Boca, Nandez, nonostante non abbia mai riposato e abbia tanto viaggiato, è regolarmente in campo. E non potrebbe star fuori. D’Aversa mette subito Matteo Darmian (arrugginito in Premier, alla prima da titolare) e fa benissimo, più la zanzara dell’Atalanta (classe 2000) Kulusevski dietro Gervinho (marcato a vista) e lo spento Inglese. E’ il Parma che preme, tira tanto, Bruno Alves (con Olsen piazzato male) prende il palo su punizione, Hernani ci prova, ma dopo 23’ Nandez vince un contrasto sulla destra, mette al centro dove Ceppitelli tutto solo insacca di piatto facile. Fa caldo al Tardini: timeout chiamato dall’arbitro Pasqua (che con i cartellini non risparmia nessuno, 5 al Cagliari e pecca tanto). Ma al 39’ Ceppi si ripete, con la sua specialità, il colpo di testa, facendo il Pavoletti. Tutta colpa di Barillà che fa un fallo evitabile su Joao Pedro e genera la punizione che il professor Cigarini pennella per la testa del compagno, lasciato libero da Gagliolo.

SECONDO TEMPO — La ripresa comincia come il primo tempo col Parma tutto all’attacco. L’ottimo Nandez (grandi finezze, qualità e quantità) manda in porta il Cholito che spara dall’altra parte, Olsen para tanto. Ma sull’asse Hernani-Darmian, Barillà poi conclude bene e lo svedese si arrende. Poi dice di no da fenomeno a Gagliolo e Gervinho. Il Cagliari perde altri pezzi: Luca Pellegrini e Pisacane. D’Aversa toglie Inglese e Brugman (male entrambi) inserendo Cornelius e Pezzella, ma il Cagliari lo gela definitivamente con Simeone. C’è ancora spazio per le emozioni, con Pasqua che assegna un rigore al Parma per mani di Klavan su colpo di testa di Cornelius poi glielo toglie. Dieci minuti di recupero. In cui il Cagliari si toglie pure lo sfizio di segnare il quarto gol con una prodezza di Joao Pedro. Ma Pasqua, sempre più confuso, lo annulla alla Var (per fallo) anche a lui. Poi Olsen si supera su Gervinho. Il pubblico alla fine applaude lo stesso. Perché il Parma ha fatto confusione, ma ci ha provato sempre.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 15 settembre 2019 18:11
La Spal punisce una Lazio sprecona: decide Kurtic nel recupero

La squadra di Inzaghi spreca tanto nel primo tempo chiuso solo con un rigore trasformato dall’azzurro,
al 63’ il pari dell’attaccante estense lasciato tutto solo in area, quindi il gol partita del centrocampista sloveno


Stefano Cieri


Un tempo per uno, ma la Spal capitalizza meglio e porta a casa i primi tre punti del suo campionato contro una Lazio prima brillante, poi apatica e involuta. Sconfitta pesante, la prima stagionale, per la squadra di Inzaghi. Proprio a Ferrara, dove l’anno scorso evaporarono i sogni Champions, i biancocelesti subiscono un nuovo k.o. che allunga ombre inquietanti non tanto sula consistenza tecnica quanto sulla tenuta mentale della banda di Inzaghi. Non si spiega altrimenti la metamorfosi tra un primo tempo chiuso meritatamente in vantaggio (e con tante occasioni sprecate per il raddoppio) e una ripresa totalmente in balia dell’avversario. Gode la squadra di Semplici, che vince meritatamente grazie alle sue armi tradizionali: concentrazione, cattiveria agonistica, ma anche grande lucidità tattica. La mossa di spostare Di Francesco sulla destra nella ripresa si rivela fondamentale nel dare la carica ai padroni di casa. Che cosi, dopo la falsa partenza, riprendono a sorridere.

SBLOCCA CIRO — La Lazio parte a tutta, come aveva chiesto Inzaghi il giorno prima. I biancocelesti si prendono subito il centro del ring e cercano di far valere la legge del più forte. Ci riescono bene nei primi venti minuti, nel corso dei quali chiudono la Spal nella sua metà campo, creano gioco, colpiscono un palo (con Caicedo) e infine passano (minuto 17) con Immobile su rigore. Concesso da Calvarese dopo lungo consulto al Var. Fatale il tocco di mano di Tomovic (che viene pure ammonito), sul tentativo di Caicedo. Sbloccato il risultato, e complice anche il grande caldo, la Lazio rallenta un po’, ma la Spal non ne approfitta, forse timorosa di lasciare troppo spazio alle micidiali ripartenze dei laziali. La squadra di casa si fa viva nell’area avversaria solo con un colpo di testa di Kurtic (di poco alto) al 28’. Poi, nell’ultimo quarto d’ora e dopo il provvidenziale cooling break, la Lazio riparte. E sfiora il raddoppio in almeno tre occasioni. Prima con il tiro a colpo sicuro di Parolo su cui si immola Tomovic, quindi con Luis Alberto, sulla cui conclusione Berisha si supera. E infine con Caicedo che conclude a lato da ottima posizione.

RIBALTONE — Errori che la Lazio paga carissimi nella ripresa quando l’inerzia della gara si ribalta completamente a favore della Spal. La Lazio diventa leziosa, lenta e abulica, al contrario la squadra di Semplici si trasforma e costringe gli ospiti nella propria metà campo. Non ci sono cambi tattici alla base del ribaltone, solo l’aspetto motivazionale che sparisce completamente tra i biancocelesti, mentre sale ai massimi livelli tra i padroni di casa, evidentemente catechizzati a dovere da Semplici nell’intervallo. Le avvisaglie del mutato clima agonistico ci sono già all’8’ con la buona occasione fallita da Cionek, poi è Kurtic a sfiorare il pareggio (bravo Strakosha), ma l’1-1 è solo rimandato. Lo firma Petagna al 18’ con una girata al volo sugli sviluppi di un angolo. Inzaghi prova a rimescolare le carte inserendo i due big lasciati in panchina per turn over (Milinkovic e Correa, in precedenza era entrato anche Vavro per Patric), ma neppure il serbo e l’argentino riescono a ridestare una Lazio seduta e vuota. Atteggiamento che finisce per caricare ulteriormente la Spal. Che non si accontenta dell’1-1 e prova a fare suoi i tre punti. Che, dopo un tentativo di Kurtic (palla alta da ottima posizione) arrivano per merito dello stesso giocatore sloveno che capitalizza al meglio un contropiede impostato da Di Francesco. E per la squadra di casa è l’apoteosi.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 15 settembre 2019 23:49
Pellegrini dirige un’ora di Roma stellare: splendido poker al Sassuolo

L’azzurro, autore di tre assist a Cristante, Mkhitaryan e Kluivert, incanta da trequartista.
Giallorossi devastanti: segna anche Dzeko e tre pali colpiti.
Poi Berardi riduce il passivo con una doppietta


Andrea Pugliese


Una Roma gigantesca per 60 minuti ed un Sassuolo piccolo piccolo fino a che Berardi non gli ha dato una svegliata, con Fonseca che indovina la mossa a sorpresa (dentro Kluivert, fuori Zaniolo) e De Zerbi che invece le sbaglia un po’ tutte, almeno inizialmente. La sfida del calcio offensivo la vince il tecnico portoghese, con la sua Roma che dopo 22’ aveva già messo in archivio la pratica con i gol di Cristante, Dzeko e Mikhitaryan, completando il poker iniziale poco dopo la mezzora con Kluivert. Ma a lasciare il segno nella Roma è soprattutto un magnifico Lorenzo Pellegrini, che da trequartista pennella gioco, regala assist (3 nei primi 45’), prende un palo e tiene compatte le linee. Nel Sassuolo, invece, De Zerbi schiera all’inizio un centrale come Marlon da terzino destro e lascia fuori Traore e Boga (che con la sua velocità avrebbe potuto mettere in difficoltà Florenzi), giocando a viso aperto e pagando la scelta di passare nella fase offensiva dalla difesa a 4 a quella a tre. Gli emiliani così vivono a lungo di mancati equilibri, smarrendo per strada anche i riferimenti. Curiosità statistica, l’ultima volta che la Roma ha segnato 4 gol in un tempo c’era proprio De Zerbi di fronte, all’epoca alla guida del Benevento.

FLIPPER GIALLOROSSO — I primi dieci minuti di gioco sono i soli davvero in bilico, con l’arbitro Chiffi che prima concede un rigore per fallo inesistente di Peluso su Kluivert e successivamente - dopo molta titubanza - lo annulla con l’ausilio della Var. Poi è l’ex Defrel a mettere paura alla Roma con un destro sporcato da Mancini che finisce sul palo, con la conseguente ribattuta di Caputo in gol annullata per fuorigioco. Di fatto la partita finisce qui, perché in dieci minuti la Roma segna con Cristante (di testa su angolo di Pellegrini), Dzeko (piatto al vol su assist di Kolarov) e Mikhitaryan (ripartenza orchestrata da Pellegrini e conclusa dall’armeno con un sinistro in corsa a fil di palo). La reazione del Sassuolo è flebile ed è tutta in un tiro di Locatelli fuori di poco, poi Pellegrini si inventa un taglio in verticale di trenta metri che manda Kluivert dritto dritto in porta, per il 4-0 giallorosso. Cala il sipario, anche grazie a Ferrari che salva a botta sicura sulla linea in possibile 5-0 di Dzeko.

REAZIONE EMILIANA — Il tiro al bersaglio giallorosso riprende anche ad inizio ripresa e solo la sfortuna nega il gol prima a Pellegrini (palo al 2’ da fuori) e Dzeko (traversa al 5’ di testa). A dare un alito di speranza al Sassuolo è invece Berardi, che all’8’ si inventa una punizione gioiello da 25 metri ed insacca il 4-1 sotto l’incrocio dei pali di Pau Lopez. Poi terzo palo giallorosso all’11’, con un colpo di testa di Mancini. La Roma a questo punto si siede un po’ ed allora il Sassuolo prova a riprendere ancora più fiato e con Caputo sfiora anche il 4-2. Gol che arriva puntualmente al 27’ della ripresa, ancora con Berardi, bravo a sfruttare un velo intelligente in area dello stesso Caputo. Per un po’ il ritmo cala, fino alle scintille finali, quando Pastore si divora incredibilmente il 5-2 di testa con la porta spalancata e Caputo a un soffio dalla fine va ancora vicino al gol. Finisce così, con la Roma che ora si proietta all’Europa League e il Sassuolo che cercherà di rialzarsi con la Spal.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 15 settembre 2019 23:52
Un rigore di Piatek piega il Verona in 10.
Ma che faticaccia per il Milan...

L'Hellas in inferiorità numerica per l'espulsione di Stepinski si difende con ordine,
rischia poco, ma capitola per un penalty nella ripresa. Espulso Calabria nel finale


Alessandra Bocci


Tre punti, ma che fatica. Giampaolo alla vigilia aveva invocato un successo che avrebbe regalato al Milan maggior consapevolezza sulla strada del derby e indicato nel Verona di Juric un avversario tosto e difficile. Il successo sul temuto campo del Verona è arrivato, eppure c'è poco da gioire. Il Milan è ancora un cantiere e una squadra aggressiva, ridotta in dieci dopo venti minuti, lo tiene a bada e cede soltanto al 23' del secondo tempo. Primo episodio decisivo: l'espulsione di Stepinski per un fallaccio su Musacchio, punito dall'arbitro Manganiello con un giallo prima di rivedere l'azione al Var. Secondo episodio fondamentale, un tempo più tardi: combinazione Calhanoglu-Piatek, Calha va al tiro, Gunter allarga il braccio. È il rigore che porta al vantaggio del Milan. Il lato positivo per i rossoneri, classifica a parte, è il gol di Piatek, che interrompe un lungo digiuno e colora una partita così così, con un tiro alto sulla traversa dopo appena quattro minuti e poi molti appoggi sbagliati e poco altro. Ma sul rigore Kris è freddo e ravviva il suo score: non aveva mai segnato neppure in amichevole e in settimana aveva perso il posto anche nella nazionale polacca.

POCO MILAN — Per il resto, poco da segnalare: i soliti fastidiosi "buuu" a Kessie, il possesso palla piuttosto sterile del Milan, un paio di pali (uno per parte, sempre sullo 0-0) nel secondo tempo. Giampaolo continua sulla sua strada: 4-3-1-2 e fuori tutti i nuovi, compreso Bennacer, dentro Biglia a centrocampo e Paquetà dietro le punte, bocciato però dopo un tempo. Suso, in posizione ibrida, tocca molti palloni ma non è incisivo. Meglio Calhanoglu nel secondo tempo e soprattutto meglio Rebic che, entrato al posto di Paquetà, ha sbloccato la situazione, con accelerazioni che alla lunga hanno punito un Verona coraggioso e compatto, capace di tenere a lungo nonostante l'inferiorità numerica. Nel finale, un gol rossonero annullato dal Var e tanta rabbia dei tifosi di casa, soprattutto per un rigore reclamato allo scadere: pasticcio di Romagnoli, espulsione di Calabria, ma Manganiello concede soltanto una punizione dal limite: tira Veloso, il pallone finisce sulla barriera, Lazovic riprende ma il pallone esce di poco. Gigio Donnarumma festeggia e con lui la curva del Milan in trasferta. Ma la strada per tornare fra le squadre top è ancora lunghissima.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00martedì 17 settembre 2019 00:17
Lecce, colpo a Torino e l'Inter resta sola in vetta.
Ma che giallo nel finale...

Primi punti per i salentini che segnano un gol per tempo con Farias e Mancosu.
La squadra di Mazzarri, a cui non basta il rigore di Belotti,
protesta per un altro tiro dal dischetto non concesso in pieno recupero


Stefano Cantalupi


Il Toro s’incarta, il Lecce fa l’impresa e trova meritatamente i suoi primi tre punti in Serie A: sorpresissima nel posticipo del terzo turno, all’Olimpico finisce 1-2. I granata, in un colpo solo, perdono l’occasione del sorpasso alla Juve (non scavalcano i bianconeri dall’ottobre 2015) e della partenza con tre successi di fila (non accade dal ’76). Ma soprattutto, perdono la grande chance di appaiare l’Inter in testa alla classifica: i nerazzurri restano soli in vetta.

FINALMENTE LECCE-GOL — Il primo gol del Lecce in questo campionato arriva al 35’: lo trova Farias di prepotenza, dopo che Sirigu gli aveva parato il primo tentativo. Ed è tanto merito di Majer, bravissimo a lavorare il pallone sulla destra, quanto demerito di Berenguer che perde il pallone a centrocampo, di Rincon che si becca un tunnel e di Meité che ripiega male. È il giusto premio per un Lecce volitivo, schierato da Liverani col tridente Falco-Lapadula-Farias. Ed è anche la sveglia che suona per un Toro stranamente molle, come se l’aria d’alta quota provocasse giramenti di testa.

TORO SPUNTATO — La prudenza di Mazzarri, che lascia inizialmente in panchina Zaza e Verdi per schierare il solo Berenguer a supporto di Belotti, non paga. Perché il Lecce prende subito coraggio e campo, mettendo in difficoltà Meité in mezzo e sfondando spesso e volentieri ai lati. De Silvestri, poco prima dell’intervallo, avrebbe la chance di segnare l’1-1 di testa, e di riaccendere un po’ gli animi. Ma manda alto. E l’Olimpico, mentre le squadre vanno alla pausa, fischia sonoramente, quasi coprendo il “forza ragazzi” della Maratona.

SCOSSA ZAZA — Mazzari ripresenta il Toro in campo con Zaza al posto dello spento Berenguer. E l’energia del numero 11 dà velocemente qualche frutto, compresa una carambola che favorisce Belotti e lo porta alla battuta vincente. Boato, ma ancora niente da fare: rete annullata per fuorigioco, poi confermato dalla Var. Passa un istante e all’11’ Zaza si procura il rigore per una (discutibile) trattenuta di Tabanelli in area. Stavolta nessuno ferma il Gallo: 1-1 dal dischetto, Gabriel spiazzato.

COLPACCIO MANCOSU E VAR FINALE — Il pubblico entra in partita, Liverani cerca la contromossa inserendo Babacar e Mancosu per Lapadula e Farias. E azzecca la scelta, perché proprio mentre il popolo granata applaude il debutto di Verdi, il Lecce colpisce di nuovo: minuto 73, calcia Calderoni e Mancosu insacca sulla respinta di Sirigu. Il Toro si sfilaccia, gettandosi disordinatamente alla caccia del pari. E Babacar, in contropiede, per poco non trova il tris. Non serve, comunque: è vittoria del Lecce a Torino. Nonostante una lunghissima Var finale, da brividi per i leccesi, per un abbraccio di Rispoli su Belotti nell’area piccola.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00martedì 17 settembre 2019 00:18
SERIE A 2019/2020 3ª Giornata (3ª di Andata)

14/09/2019
Fiorentina - Juventus 0-0
Napoli - Sampdoria 2-0
Inter - Udinese 1-0
15/09/2019
Genoa - Atalanta 1-2
Brescia - Bologna 3-4
Parma - Cagliari 1-3
Spal - Lazio 2-1
Roma - Sassuolo 4-2
Verona - Milan 0-1
16/09/2019
Torino - Lecce 1-2

Classifica
1) Inter punti 9;
2)Bologna e Juventus punti 7;
4) Napoli, Atalanta, Torino e Milan punti 6;
8) Roma punti 5;
9) Lazio, Genoa e Verona punti 4;
12) Sassuolo, Cagliari, Brescia, Parma, Spal, Udinese e Lecce punti 3
19) Fiorentina punti 1;
20) Sampdoria punti 0.

(gazzetta.it)
ilpoeta59
00martedì 17 settembre 2019 06:37
La battuta d'arresto della Juve è sicuramente un fatto positivo! [SM=x4983510]
binariomorto
00sabato 21 settembre 2019 23:25
È festa Cagliari: 3-1 al Genoa e seconda vittoria di fila

Fino a sette minuti dalla fine decide l’ex Simeone.
Poi dopo il pareggio di Kouame si scatenano i padroni di casa,
con l’autogol di Zapata e il tris di Joao Pedro.
I sardi non vincevano in casa da aprile


Francesco Velluzzi


Il Cagliari mette la freccia. Sfata il tabù della Sardegna dove in campionato non vinceva dal 20 aprile (col Frosinone) e manda all’inferno il Genoa (3-1) con una prova tatticamente esemplare, proprio quando perde il faro Cigarini per infortunio. Nel primo Maran rischia qualcosa, il Genoa è impreciso e non ne approfitta. Ma nella ripresa dopo il gol del Cholito Simeone, al bis dopo Parma, incarta la partita al Genoa. Senza considerare la sorpresa: Kouame liberato da un tacco stupendo di Sanabria gela l’Arena all’84’. Ma in un minuto la forza del guerriero Nandez è superiore a tutto è uno stupendo cross costringe Cristian Zapata all’autogol. Poi è apoteosi con Joao Pedro. Ma ora il Cagliari sembra una squadra che può mettere in difficoltà chiunque, mentre al Genoa, al secondo stop di fila dopo l’Atalanta, forse non ha giovato il troppo turnover. E mercoledì col Bologna Andreazzoli non dovrà sbagliare.

PRIMO TEMPO — Maran lascia in panchina Rog preferendogli Ionita. Per il resto conferma quelli che hanno vinto a Parma con Pisacane dietro insieme a Ceppitelli, Pellegrini e Cacciatore. Andreazzoli fa turnover: dà una possibilità dall’inizio all’ex rossoblù Marko Pajac e prova pure il danese Ankersen. Il suo modulo di riferimento, il 3-5-2 subisce una variazione perché il tecnico cresciuto a Roma con Spalletti opta per un 3-4-1-2 con Saponara dietro le punte. Accanto a Kouame c’è Favilli che, però non sfrutta la grande occasione. A comandare la difesa c’è il mestierante Zapata, mentre Romero sta in panca. L’inizio è genoano con i bianchi che danno più ritmo e con cacciatore che aggancia Saponara in area senza che Manganiello intervenga, ma all’11 è Luca Pellegrini a scaldare le mani a Radu. Non sembra una gran partita. Joao Pedro si sbatte e cerca tiri e scambi. Al 31’ ancora il Cagliari ha un’occasione quasi casuale, Ionita sbaglia il tiro che carambola su Simeone che va un gran movimento e colpisce di testa in tuffo, ma fuori. Poi è Schone che ubriaca Cacciatore e mette dentro per Kouame, ma sul colpo di testa dell’ivoriano Olsen è super. Sbagliano, invece, due occasioni Favilli perde tempo, Schone calcia malamente fuori.

RIPRESA — La partita si accende subito e diventa bella e palpitante: bastano 35 secondi al Cagliari per sbloccarla. Il Genoa è ancora negli spogliatoi, soprattutto Criscito che sulla palla tagliata da Ionita si fa beffare da Simeone di testa. E il Cagliari passa. Ma al 10’ Maran perde Cigarini per infortunio. Mette Oliva e cambia modulo che diventa un 4-4-2 con Castro che arretra e pressa. Ma cuce anche il gioco. E’ qui che il Cagliari vince la sua partita a scacchi. Manganiello mette i brividi ai rossoblù assegnando un rigore per un cross di Pajac (bravo, bella rivincita a Cagliari) per una mano di Cacciatore, ma è fuori area e si corregge. Il Genoa non riesce a reagire, ma proprio quando sembra che la partita sia “addormentata”, un tacco del neo entrato Sanabria libera Kouame che fa partire una rasoiata imprendibile. Passa un minuto e al 39’ il Cagliari torna in vantaggio: cross dell’inesauribile è scatenato Nandez e nel corpo a corpo con Birsa Zapata la butta nella sua porta. La festa la completa l’attivissimo Joao Pedro che passa tra Zapata e Criscito, davvero al di sotto del loro standard, e va tutto solo battendo Radu.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00sabato 21 settembre 2019 23:34
Gioia Brescia, Romulo affonda l'Udinese:
terza sconfitta di fila per Tudor

La squadra di Corini conquista i tre punti grazie al gol vittoria del suo numero 28.
I bianconeri non si sbloccano


Matteo Brega


EQUILIBRIO — Nell’incrocio tra due squadre in cerca di rassicurazione esce vincitrice il Brescia 1-0. A Udine decide il gol di Romulo e per i friulani è la terza sconfitta di fila. Senza De Paul (prima delle tre giornate di squalifica), Tudor sceglie la coppia Lasagna-Pussetto per l’attacco. Mandragora invece parte dalla panchina. Corini, anche lui reduce da due sconfitte consecutive come il collega, mantiene l’assetto del 4-3-1-2 per il suo Brescia. Al posto dello squalificato Dessena agisce Romulo, mentre sulla trequarti ritorna Spalek. Si parte soft, senza pressione. L’Udinese se la mette da solo con De Maio al 7': invece di liberare l'area senza pensare, si porta in casa Donnarumma che gli ruba palla e calcia addosso a Musso. La risposta dell'Udinese è più complessa, impiega una decina di minuti ad arrivare e si concretizza con un tiro di Fofana sull'esterno della rete. Al 20' poi, da più lontano, ci prova Pussetto ma una deviazione lascia Joronen ancora senza impegni pomeridiani. I friulani disegnano una buona idea al 39' con la discesa di Sema sulla sinistra, il suo cross e la girata di Lasagna alta ma dalla difficoltà elevatissima. Il Brescia ha un'idea di gioco più fluida, però quando arriva al limite dell’area si perde in un tocco in più o in uno impreciso. Il primo tempo si chiude sullo 0-0.

VAR E GOL — Si parte con lo stesso ritmo con cui si era chiuso, ma su una palla innocua nasce un rigore. Cistana frena Pussetto proprio sulla linea dell'area e Valeri indica il dischetto del rigore al 3', solo che dopo un minuto di confronto con il Var rivede la decisione e fischia il calcio di punizione per l'Udinese. Punizione che Jajalo spara dritto addosso a Joronen. Il Brescia accresce la propria autostima e all’8' Bisoli si ritrova un pallone delizioso da calciare a giro: Musso ancora una volta respinge. L'inerzia porta al gol della squadra di Corini. Romulo corre per venti metri senza trovare opposizione alcuna e arrivato al limite calcia in porta trovando l’angolo basso alla sinistra di Musso. Al 28' è ancora Musso a tenere a galla i suoi con un intervento di riflessi sulla conclusione volante di Sabelli dal limite. Il risultato non cambia. Vince il Brescia che rimette a posto l'avvio di campionato rendendolo super positivo (6 punti su 12) e interrompendo la striscia di sconfitte consecutive (2), mentre l'Udinese accende il terzo semaforo rosso di fila e i giocatori escono accompagnati da qualche fischio.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00sabato 21 settembre 2019 23:38
Juve al minimo, ma basta per i tre punti:
Ramsey e Ronaldo rimontano il Verona

Bianconeri sotto per il gran gol di Veloso, poi il tiro (deviato)
del gallese e un rigore di Ronaldo sistemano le cose per Sarri.
Doppia clamorosa occasione per l’Hellas al 90’


Fabiana Della Valle


Stavolta non c’è la beffa nel finale, anche perché ci pensa SuperGigi ad evitare il peggio. La Juventus batte il Verona 2-1 ma con i soliti brividi che ormai sono diventati quasi una consuetudine. Ma la fortuna (tre legni di cui uno nel finale) e Buffon, al debutto bis allo Stadium, evitano un altro pari.

VELOSO FAVOLOSO — Primo tempo che rischia di diventare un film degli orrori per la Juventus, che si ritrova in svantaggio dopo venti minuti. Tutto inizia nell’area bianconera, dove Cristiano Ronaldo reclama un calcio di rigore per un presunto fallo di Faraoni. L’arbitro però non è dello stesso parere e ne beneficia il Verona, che sul rovesciamento di fronte trova il penalty: entrata goffa di Demiral su Di Carmine, che si sistema sul dischetto. Buffon è spiazzato, ma il tiro del giocatore del Verona si stampa sul palo. Tutto finito? Macché. Lazovic colpisce la traversa, la palla torna tra i piedi dei gialloblù e Veloso chiude la questione con un gran tiro da fuori nell’angolino. La Juventus sembra frastornata dall’inaspettato svantaggio però riparte. Dei nuovi lanciati da Sarri (5 in totale) Dybala e Ramsey sono i migliori. L’argentino si muove tanto e bene su tutto il fronte dell’attacco e fa ammonire due giocatori del Verona, il gallese (che ancora non aveva mai giocato un minuto in campionato), schierato a destra a centrocampo, ha intelligenza tattica e visione di gioco. È lui a firmare l’1-1, complice una deviazione di Gunter: Cuadrado apre per Ronaldo, tocco di CR7 per il tiro da fuori del numero 8. Meno bene Bentancur in regia, sostituito a inizio ripresa da Pjanic.

CR7 DI RIGORE — Il rigore che chiedeva Ronaldo nel primo tempo l’arbitro lo concede all’inizio del secondo (3’) per fallo (nettissimo) di Gunter su Cuadrado. CR7 non fa il Di Carmine ma mira alto al centro della porta e trova il 2-1, andando poi a incitare i tifosi. Stadium per la prima volta senza striscioni dopo l’inchiesta “Last Banner” che ha decapitato la curva bianconera, e con gli steward nella Sud, ma fuori non ci sono stati disordini.

CI PENSA SUPERGIGI — Juric s’affida a Pessina per cercare di cambiare lo spartito e in effetti il Verona si fa molto più pericoloso e ha più occasioni dei bianconeri. Prima un tiro di Zaccagni che costringe Buffon a intervenire coi pugni, poi un brivido su calcio piazzato, il tallone d’Achille dei bianconeri: punizione per i gialloblù, Buffon respinge e sul tiro di Di Carmine è provvidenziale la ribattuta di schiena di Bonucci. Infine un altro tiro insidioso di Veloso (il migliore dei veneti insieme a Di Carmine), ma l’over 40 in porta (che raggiunge Maldini in vetta alla classifica degli italiani con più presenze nei club) è più reattivo di un ventenne. La Juve soffre ma stavolta la beffa non arriva, anche se la prova non è brillantissima. In difesa Bonucci ancora il migliore mentre Demiral è da rivedere, davanti tante giocate utili di Cuadrado e Dybala (che esce tra gli applausi). E poi Buffon, che nel finale si supera su gran botta di Lazovic e viene salvato dal palo sulla ribattuta di Veloso (ancora lui). Finisce 2-1 con l’espulsione di Kumbulla per fallo al limite dell’area su Matuidi. Juve non bella ma efficace.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00sabato 21 settembre 2019 23:43
Brozovic+Lukaku, l'Inter si mangia il
Milan nel derby e fa quattro su quattro

I nerazzurri colpiscono anche tre pali con D'Ambrosio, Politano e Candreva.
Legno pure per i rossoneri con Theo Hernandez


Marco Pasotto


Racconta Antonio Conte che "allenare l'Inter non è semplice", ma una cosa è certa: la classifica, dove i nerazzurri restano a punteggio pieno, non rispecchia tutte queste difficoltà. Lukaku e compagni superano anche l'esame derby al termine di una sfida non bella ma che ha correttamente premiato la squadra più meritevole. Il Milan se l'è giocata davvero soltanto nella seconda parte del primo tempo ed è evidentemente troppo poco. Segno che gli automatismi chiesti da Giampaolo faticano a sbocciare. Anche stavolta ha colpito in particolare la grande difficoltà nel portare pericoli alla porta avversaria mentre l'Inter, pur non giocando certo un calcio eccelso, quando si è presentata al cospetto di Donnarumma gli ha fatto venire i brividi svariate volte. Ben oltre i due gol. È dunque un derby che restituisce ai nerazzurri quelle certezze un po' smarrite in Champions e certifica le grandi difficoltà rossonere di questo avvio stagionale dove la squadra fin qui non ha ancora giocato una prova convincente. In casa rossonera la grande sorpresa – un po' com'era avvenuto con André Silva al posto di Piatek contro il Brescia – è l'impiego dal primo minuto di Leao. Il portoghese era stato (timidamente) provato fra i titolari lungo la settimana, ma pareva davvero difficile immaginarlo dentro dal primo minuto. In questo caso a pagare pegno è stato soprattutto Paquetà (e in minor misura Rebic), che in vigilia pareva il più accreditato con Piatek e Suso. Un Suso che così si è ritrovato sulla trequarti come a inizio stagione: 4-3-1-2, Giampaolo non intende evidentemente abbandonare il suo marchio di fabbrica, anche se poi lungo la sfida spesso e volentieri si trasforma in 4-3-3. In difesa Conti, come da pronostico, ha rilevato lo squalificato Calabria. Conte, dal canto suo, ha ridato fiducia al tandem Lautaro-Lukaku, nonostante l'esibizione non esattamente trascendentale in Champions e ha piazzato D'Ambrosio (preferito a Candreva) a tutta fascia. Seconda maglia da titolare consecutiva – in campionato – per Barella, che l'ha spuntata su Vecino.

LA PARTITA — Il primo tempo non è stato senz'altro bello in termini di spettacolarità e si è acceso soltanto intorno a metà frazione, ma da lì in poi ha regalato diverse emozioni. Il primo squillo arriva al 18' con Lukaku, con un destro rasoterra insidioso che Donnarumma smanaccia fuori dalla zona rossa. Tre minuti più tardi Sensi serve una palla deliziosa a Lautaro che conclude da pochi passi ma trova sulla traiettoria un super Donnarumma. Intervento di altissimo livello, dopo il quale D'Ambrosio, a porta sguarnita, riesce a centrare incredibilmente il palo. Sul ribaltamenti di fronte il popolo rossonero grida al gol sul destro di Calhanoglu, ma Doveri giustamente annulla per un braccio di Kessie che aveva agevolato il polacco. Donnarumma intanto prosegue a sfornare meraviglie: stavolta – siamo a meno dieci dall’intervallo – dice di no a una rovesciata di D’Ambrosio, che poi Lautaro ribadisce in rete. Gol annullato dal Var per fuorigioco. L'ultimo quarto d'ora comunque è quasi tutto del Diavolo, cresciuto col passare dei minuti. Prima Leao deposita un pallone perfetto sulla testa di Piatek (che poteva fare molto meglio) e poi Suso, su una pallaccia persa da Sensi, si fa tutto il campo fino al dischetto del rigore, dove pecca di egoismo e si fa disinnescare da un super recupero di Asamoah. Il problema del Milan alla fine resta sempre lo stesso: in 48 minuti nemmeno un tiro nello specchio della porta (tecnicamente ce n'è uno di Piatek, che arriva ad Handanovic circa ai due all'ora).

TINTE NERAZZURRE — L'equilibrio della sfida si spezza a inizio della ripresa. Ovvero al minuto numero 3, quando Conti (quanto è dura rimettersi in carreggiata quando si è fuori da un'eternità) atterra Sensi e, sugli sviluppi della punizione, nessun rossonero si sogna di uscire a murare Brozovic, che ha tutto il tempo di alzare la testa, prendere la mira e far partire un tiro che Leao devia visibilmente, spiazzando Donnarumma. C'è però bisogno della convalida del Var, per un movimento di Lautaro nei pressi di Donnarumma che alla fine viene ritenuto ininfluente. È un Milan molle e prevedibile, quello che si è ripresentato dopo l'intervallo, l'Inter se ne accorge e così aumenta nuovamente i giri, con Lautaro che si infila spesso e volentieri partendo da sinistra e accentrandosi. Il sigillo sulla gara arriva al 33' con Lukaku, che raccoglie un invito di Barella e infila Donnarumma sovrastando di testa Romagnoli. Dopo di che, a parlare sono solo episodi che non modificano più la sostanza: Politano coglie la parte superiore della traversa, Hernandez il palo esterno e Candreva un altro palo. Poi, squadre davanti alle curve: festa grande sotto la Nord, fischi al polo opposto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00domenica 22 settembre 2019 15:52
Il Sassuolo è uno spettacolo.
Caputo e Duncan affondano la Spal nel derby: 3-0

De Zerbi riscatta la sconfitta di Roma con una gran prestazione,
le azioni dei gol rispecchiano le sue idee di calcio.
Doppietta per la punta, che colpisce anche un palo.
Annullato un gol a Murgia


Roberto Pelucchi


C’è il doppio timbro di Ciccio Caputo e quello di Duncan nella larga vittoria del Sassuolo nel derby contro la Spal, ma a uscire vincenti sono soprattutto le idee di gioco e il lavoro di Roberto De Zerbi e del suo staff. Non tanto le prodezze del singolo, ma gol bellissimi nel loro sviluppo, da lavagna, con più giocatori protagonisti. La Spal, che fino all’1-0 era in partita, eccome, è rimasta tramortita.

PRIMO TEMPO — De Zerbi conferma il tridente (Berardi sta a destra, Defrel al centro e Caputo parte a sinistra), inserisce Toljan in difesa e Traore a centrocampo. Semplici preferisce Strefezza a Sala e continua ad affidarsi alla coppia Di Francesco-Petagna in attacco. La Spal si fa subito apprezzare per il gran movimento e dopo pochi minuti il Sassuolo è già zavorrato di due cartellini gialli (Traore e Ferrari). Dopo 20 minuti si fa male D’Alessandro al ginocchio destro e Semplici gioca la carta Sala. Proprio su quella fascia si sviluppa la grande azione del Sassuolo per il gol dell’1-0 (26’): Duncan recupera palla nella propria area, sul filo dell’out, poi alla squadra di De Zerbi bastano pochi passaggi per ribaltare l’azione, con precisione, qualità, velocità. Difesa della Spal sorpresa, palla di Defrel per Caputo e Berisha superato. Tutto molto bello e De Zerbi soddisfatto. Alla mezz’ora Petagna chiede il rigore per un presunto fallo di Peluso in area: per Mariani (e la Var) è soltanto angolo. Un’uscita avventata di Consigli mette Di Francesco nelle condizioni di battere a rete, ma il frettoloso pallonetto è alto. Il Sassuolo sfiora il raddoppio con Berardi (tiro fuori di poco), ma il gol arriva in pieno recupero con un’altra bellissima azione: Duncan trova l’inserimento di Berardi, che a centroarea, con il petto-spalla, serve Caputo: sinistro prepotente e 2-0.

SECONDO TEMPO — Semplici sistema tatticamente la squadra e passa al 4-4-2, ma in pochi minuti arriva la mazzata definitiva. Il Sassuolo mette una pietra tombale sul match con un’altra azione corale: Peluso per Defrel, Berardi si inserisce in velocità, Berisha prova a fermarlo, ma la palla rotola verso Duncan, che segna a porta vuota. Mariani, su segnalazione dell’assistente Rossi, annulla il 3-0 per fuorigioco (la Spal chiede anche fallo sul portiere), ma la Var smentisce tutti. Il gol è regolare. Il Sassuolo è devastante (Caputo colpisce il palo), ma la Spal non è morta (paratissima di Consigli su Murgia, al quale viene annullato anche un gol con verifica alla Var di cinque minuti). La partita, però, è segnata e quando verticalizzano i neroverdi danno sempre l’impressione di poter far male. Finisce 3-0 e De Zerbi può finalmente sorridere: questo è il suo Sassuolo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00lunedì 23 settembre 2019 00:19
Festa Roma in 10: Dzeko all'ultimo secondo fa piangere il Bologna

Dopo la rete di Kolarov su punizione, i rossoblù trovano il pareggio con Sansone su rigore.
Ma l’attaccante nel finale è ancora decisivo, nonostante i giallorossi fossero in 10 per il rosso a Mancini


Massimo Cecchini


Come nelle favole giallorosse, come negli incubi rossoblù. Al 48’ della ripresa, nell’ultima azione della partita, una Roma ridotta in dieci per l’espulsione di Mancini, vede Veretout accelerare rabbioso a centrocampo, percorrere quaranta metri e allungare a Pellegrini, che controlla e dalla destra pennella un cross destinato alla testa di Dzeko. Il bosniaco si fa trovare puntuale all’appuntamento e segna. Partita finita. La squadra di Fonseca vince con un 1-2 santificato dalle reti di Kolarov su punizione e Sansone su rigore, prima del sigillo definitivo che vede l’arbitro neppure rimettere la palla al centro. Forse una punizione troppo severa per i ragazzi di Mihajlovic, che si vedono scavalcati in classifica dalla banda Fonseca, peraltro più padrona della partita e reduce anche dall’impegno di giovedì scorso in Europa League.[

SUPER KOLAROV — In avvio la squadra rossoblù si schiera con un 4-2-3-1 assai prudente, che in partenza rilancia l’ex Mattia Destro al centro dell’attacco, con alle spalle l’impalpabile Soriano e sulle fasce Orsolini e Sansone. Occhio però alla mediana, che all’inizio fa parecchio superlavoro. E se Poli, più defilato sulla sinistra, si muove dieci metri davanti a Medel, è il cileno che fa da vero filtro davanti alla difesa, in cui Denswil è quello che gioca più la palla, mentre il terzino sinistro Dijks è chiamato a spingere, con Tomiyasu più bloccato per frenare da subito Kolarov, nel primo tempo il più incisivo dei giallorossi. La Roma, infatti, sceglie anch’essa il consueto 4-2-3-1, ma giocato col baricentro di venti metri più spostato in avanti rispetto ai padroni di casa, che provano invece a sfruttare gli spazi che ci sono alle spalle di Mancini e Fazio per cercare la profondità. In avvio, però, Orsolini sembra avere le polveri bagnate e quindi a funzionare meglio, grazie anche a Sansone, è la fascia sinistra. Risultato: giallorossi un po’ più pericolosi anche se Kluivert, preferito a Zaniolo, nella prima frazione appare spento, così come Mkhitaryan, la cui intesa con Dzeko è da mettere a punto. Insomma, se Cristante e Veretout presidiano la mediana, è Pellegrini che prova a sparigliare i giochi, ma lo fa con alterna fortuna, lasciando quindi lo straripante Kolarov e i suoi cross ad effetto, il compito di mettere in ansia l’ex Skorupski. La cronaca, però, nella prima frazione ha poco da raccontare, visto che il Bologna si fa vivo solo tre volte dalle parti di Lopez: con un’accelerazione di Sansone dalla sinistra (10’), con un tiro dal limite dello stesso attaccante che il portiere giallorosso blocca con facilità e con una conclusione di Dijks dal limite nettamente fuori (36’). Più costante la pressione della Roma, che però va alla ribalta solo con una combinazione Dzeko-Florenzi in cui tiro viene rimpallato (21’), con un tiro da fuori di Kolarov che sfiora il palo (23’) e con un conclusione dai sedici metri di Pellegrini bloccata da Skorupski (35’).

IL GRAFFIO DI DZEKO — La ripresa vede i rossoblù dover rinunciare all’infortunato Dijks, che lascia il posto a Krejci, mentre quasi subito Zaniolo prende il posto dello spento Kluivert. La partita, però, ha già preso il suo primo indirizzo, visto che la Roma è passata in vantaggio grazie ad una magistrale punizione di Kolarov dal limite, assegnata per fallo su Pellegrini. È il 4’ ed i giallorossi potrebbero sfruttare l’inerzia della partita, ma cinque minuti è di nuovo parità, perché Soriano si avventa a centro area su un cross di Sansone, venendo atterrato dallo stesso Kolarov. Sul dischetto si presenta Sansone che fa gol. La partita si accende anche dal punto di vista disciplinare (gialli in serie a Tomiyasu, Zaniolo, Dzeko, Veretout e Mancini). Mkhitaryan conclude al 12’ fuori non di molto, ma un capolavoro lo fa Lopez al 15’, negando il gol a Soriano che si ritrova la palla in area dopo una bella combinazione in area tra Poli e Destro. Il Bologna prova a chiudersi per poi ripartire negli spazi negli spazi, visto che la Roma prova premere sull’acceleratore, così al 25’ è Orsolini in contropiede a tirare alto da buona posizione. I rossoblù boccheggiano e perciò, con due cambi a trazione anteriore, escono Poli e Destro, sostituiti da Palacio e Santander, con Soriano che scala in mediana e Palacio che si mette sulle zolle del trequartista. E’ la squadra di Fonseca, però, ad essere più pericolosa, visto che Dzeko e Pellegrini concludono in serie al lato di poco (30’). Il Bologna riparte bene, e in una di questi ribaltamenti un fallo su Santander costa a Mancini il secondo giallo, che arriva subito dopo che il bosniaco aveva impegnato Skoruspki da posizione defilata. Anche in dieci però i giallorossi, pur rischiando nelle ripartenze, ci provano a vincerla, e l’ultima azione sull’asse Veretout-Pellegrini e Dzeko lo dimostra. Una prova di coraggio, che accende anche qualche mischia finale tra Medel e la panchina giallorossa. Effetti collaterali di gioia smodata e frustrazione ovvia. Bologna-Roma, in fondo, è stata anche questo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00lunedì 23 settembre 2019 00:23
Llorente, che spettacolo!
È poker del Napoli a Lecce

Doppietta e primi due gol in Serie A per lo spagnolo, a segno anche Insigne e Fabian Ruiz.
Gran carattere dei giallorossi, ma non basta


Mimmo Malfitano


Ancora Fernando Llorente. Stavolta, va in gol due volte e consegna al Napoli 3 punti pesanti per la classifica. Lo spagnolo è alla terza rete consecutiva dopo quella realizzata martedì, al Liverpool. C'è stato poco o nulla da fare per il Lecce, travolto dalla migliore qualità dell'avversario e dei singoli: il terzo gol napoletano nasce da un'azione personale, avviata e conclusa da Fabian Ruiz con un gran sinistro. In gol anche Insigne e Mancosu, entrambi su rigore. Un successo che tiene invariata la testa della classifica: il Napoli è ora terzo a quota 9 punti.

TURNOVER — Rispetto alla gara di Champions League contro il Liverpool, Carlo Ancelotti ne tiene fuori otto. Gli unici tre superstiti sono Koulibaly, Fabian Ruiz e Insigne. Tra i pali, c'è il ritorno di David Ospina, titolare dopo 5 mesi: l'ultima volta che aveva iniziato dal primo minuto era stata a fine aprile, nella trasferta di Frosinone. In attacco, l'allenatore presenta una coppia inedita, ovvero, Milik e Llorente e tiene in panchina il capo cannoniere di quest'inizio stagione, Dries Mertens. Sull'altro fronte, Liverani schiera Mancosu riferimento offensivo, con Farias e Falco tra le linee.

DOPPIO VANTAGGIO — L'inizio gara è noioso, si sbaglia tanto. Farias calcia da fuori e il pallone sfiora il palo (15'). Il Napoli spinge sugli esterni, Malcuit arriva sul fondo e crossa alto per gli stacchi di Llorente e Milik, ma i due attaccanti sono tenuti a uomo da Rossettini e Lucioni. Il Lecce si affida alle ripartenze puntando sulla velocità di Tabanelli e sugli inserimenti di Mancosu che di sinistro calcia fuori (20') per il primo vero tentativo dei salentini. Non ci sono spunti importanti, le due squadre si controllano senza affanni. Ma al 28' il Napoli passa in vantaggio su un'azione fortunosa: il tiro di Milik sbatte su Rossettini e finisce sui piedi di Llorente che, tutto solo, batte Gabriel. Lo svantaggio disorienta i salentini e l'avversario può distendersi con maggiore decisione. È il minuto 38' quando un colpo di testa di Llorente, in area, viene respinto dal braccio di Tachtsidis. Il gesto non è volontario, ma con le nuove regole il tocco è punibile con il calcio di rigore che l'arbitro Piccinni assegna dopo il consulto con la Var. Alla battuta ci va Insigne e Gabriel respinge, ma il direttore di gara fischia la ripetizione della battuta e ammonisce il portiere salentino, reo di essersi mosso in anticipo. Le proteste dei giocatori del Lecce servono a poco: si ribatte. Sul dischetto di presenta nuovamente Insigne che, stavolta, batte l'estremo salentino.

NAPOLI DILAGA — Nella ripresa, il collettivo di Carlo Ancelotti mette al sicuro il risultato dopo sette minuti. Fabian Ruiz conclude con un sinistro a giro l'azione personale. Non basta l'orgoglio al Lecce. La retroguardia del Napoli concede poco o nulla. Eppure i salentini accorciano le distanze al 16': Ospina respinge la conclusione dal limite di Tabanelli, ma sulla ribattuta esce e travolge Farias. Piccinni fischia il rigore che Pasqua dalla Var gli conferma. Alla battuta va Mancosu per l'1-3. Il Napoli, comunque, dilaga sul finire, con Llorente (37') pronto a ribattere in rete la conclusione di Insigne respinta da Gabriel.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00lunedì 23 settembre 2019 00:27
Gabbiadini rialza la Sampdoria, per il Torino è il secondo k.o. di fila

Padroni di casa più aggressivi, decide a inizio ripresa l’ex Napoli che approfitta di un errore di Lyanco


Mario Pagliara


Manolo Gabbiadini porta una boccata d’aria fresca alla Sampdoria nel pomeriggio piovoso di Genova. Regala la prima vittoria in campionato, con il primo gol dei blucerchiati al Ferraris, alla squadra di Di Francesco che gioca meglio e merita i tre punti. Condannato da un erroraccio di Lyanco, il Toro visto questo pomeriggio lascia la sensazione di essere ancora sotto choc dopo la bambola casalinga presa con il Lecce lunedì sera. Il Toro ormai scricchiola, prende gol per la sesta partita di fila (2 in Europa, 4 in campionato) e tira una sola volta in porta, a otto minuti dalla fine con Zaza: per Mazzarri è la seconda sconfitta consecutiva.

VOGLIA SAMP — Tanta voglia Samp, poco spirito Toro. E’ la sintesi di un primo tempo che, complessivamente, non brilla certo per spettacolo. Di emozioni neanche a parlarne. Vince, probabilmente, la paura di scoprirsi che frena due squadre chiamate al rilancio: da una parte c’è la Sampdoria ancora inchiodata sul fondo della classifica a zero punti, dall’altra c’è un Torino reduce dal naufragio di lunedì sera in casa contro il Lecce. Walter Mazzarri aveva chiesto, alla vigilia, di voler rivedere prima di tutto lo spirito del Toro, e invece nel primo atto della sfida del Ferraris si intravede molto più la voglia della Sampdoria di venire fuori dalle difficoltà di questo inizio di stagione. Sono soprattutto i primi venti minuti il manifesto del desiderio blucerchiato: la squadra di Di Francesco occupa meglio il campo, sembra più in palla, soprattutto più determinata. E’ però un vorrei ma non posso, perché là davanti Quagliarella e Gabbiadini non riescono a sfondare. Alla mezzora, poi, la gara scade di tono, e quel poco di gioco chiaramente ne risente.

TORO ANCORA SOTTO CHOC — Il Toro del primo tempo, schierato con la coppia di centravanti Zaza-Belotti, non dà l’impressione di essersi ripreso dopo lo choc subito con il Lecce. Spesso lento, a volte impacciato, con tanti suoi protagonisti apparsi fuori partita (da un pasticcione Aina a un impreciso Meité, finendo a un impalpabile Baselli e a un confusionario Zaza). A metà partita, i granata si aggiudicano la sfida degli angoli, tre a due, ma perdono di netto quella delle occasioni: zero (come i tiri nella porta di Audero) per il Toro, quattro per la Sampdoria. Che proprio in avvio ha il merito di essere subito pericolosa, prima con Rigoni (respinto coi pugni Sirigu) subito dopo con Gabbiadini, smorzato in angolo da Izzo. Al quarto d’ora Gabbiadini ci riprova dalla distanza, presa facile per Sirigu, e intorno al quarantesimo una girata di Quagliarella si spegne sul fondo. Tanta volontà sì, ma pochino anche per la Samp.

PATATRAC LYANCO — Quando si ritorna dagli spogliatoi, il Toro dà almeno l’impressione di avere un’altra testa, un altro atteggiamento: lo si vede dal pressing con cui i centrocampisti e soprattutto Zaza accompagnano la fase difensiva. Zaza e Izzo, nei primi otto minuti, prendono coraggio e provano ad impensierire Audero, ma le loro conclusioni non inquadrano la porta. E’ forse nel momento in cui il Toro comincia ad entrare in partita che, all’undicesimo, cade il primo episodio che indirizza la partita. La frittata la combina Lyanco: cicca clamorosamente un rinvio facile nel cuore dell’area finendo per essere sorpreso da Gabbiadini. Solo davanti a Sirigu, per l’attaccante è un gioco da ragazzi sbloccare il risultato. E’ il primo gol della Sampdoria del campionato in casa. Nell’occasione il Toro protesta chiedendo un fallo di Depaoli su Aina: Mazzarri è ammonito per proteste, dopo un check l’arbitro Giacomelli convalida l’uno a zero.

SIRIGU PROTAGONISTA — Entra Laxalt a sinistra (per Aina), ma i granata barcollano e sette minuti dopo serve un grande Sirigu nel corpo a corpo con Vieira per evitare il colpo del k.o. Al 23’ Mazzarri si gioca la carta Verdi, in campo al posto di Meité: il Toro cambia pelle, passando al 3-4-1-2, mentre la Samp ha la partita in controllo e inserisce Murillo per l’infortunato Ferrari. Il forcing blucerchiato non si arresta, anche Ekdal ha l’occasione per chiudere i conti ma trova sulla sua strada un ottimo Sirigu (25’). Alla mezzora, Di Francesco regala la standing ovation a Gabbiadini, rinfoltendo il centrocampo con Linetty e avanzando Rigoni accanto a Quagliarella. Un minuto dopo contatto dubbio tra Bereszynski e Belotti, che cade in area: per Giacomelli è tutto regolare. A otto minuti dalla fine il Toro tira per la prima volta in porta con Zaza, lanciato da Belotti: bravo Audero a chiudere in uscita. Nel finale c’è spazio anche per Berenguer (per Bremer) e Caprari (per Quagliarella). Il Toro prova a metterci il cuore, ma non basta. La festa è tutta della Samp.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00lunedì 23 settembre 2019 00:31
L'Atalanta non muore mai: Castagne al 95' gela la Fiorentina!

Un autogol di Palomino e Ribery portano avanti Montella,
la squadra di Gasperini recupera due reti in zona Cesarini:
Ilicic all'84' e il belga firmano il pari


Alessandra Gozzini


L'Atalanta si rialza all'ultimo secondo: un pari che vale come una vittoria e che scaccia i fantasmi Champions. La Fiorentina di Montella invece non riesce proprio a vincere. Che sarebbe stata una partita combattuta si era capito dopo appena 35": ammonito Pezzella, capitano viola, per fallo su Zapata. E già all'8 il conto dei cartellini è in pari: giallo a Pasalic per fallo su Castrovilli. L'Atalanta di Gasperini puntava su Muriel, ex che proprio qui aveva segnato il suo ultimo gol viola, e su Zapata, solito riferimento d'area. Montella sceglie invece la formazione che ha fermato la Juventus: non un vero centravanti, ma Chiesa e Ribery a partecipare all'azione e poi tentare di rendersi pericolosi in avanti scambiandosi spesso il pallone. È di Federico il gol che decide il primo tempo: sugli sviluppi di un calcio d'angolo, la palla gli arriva appena fuori dall'area. Botta di prima intenzione, ma decisiva una deviazione di Palomino. Sarebbe il primo gol di Chiesa sotto la gestione Montella e il primo gol dopo un'estate di tormenti di mercato, ma la Lega di Serie A attribuisce l'autorete a Palomino: il giocatore va comunque a esultare sotto la curva viola. La reazione dell'Atalanta è decisa, anche se la difesa avversaria l'aiuta. Un retropassaggio di Milenkovic mette Zapata di fronte alla porta ma calcia a lato. Poi il solito Muriel colpisce il palo col sinistro. Alla mezz'ora la partita si ferma: Orsato chiede l'interruzione della gara e l'annuncio dello speaker per lo stop ai cori razzisti rivolti a Dalbert, che li avrebbe denunciati all'arbitro. Poi, il gioco riprende.

SUPER FRANCK — La ripresa ha ritmi meno intensi ma è sempre molto combattuta: altri due gialli nei primi minuti, a Milenkovic e Lirola. Dopo meno di un quarto d'ora Gasp decide di cambiare con Ilicic e Gomez, attaccanti tecnici e imprevedibili. Ma è un'altra coppia d'attacco con queste caratteristiche che si rivela decisiva: contropiede di Chiesa che si inventa un traversone per Ribery. Niente stop e tiro, Franck calcia al volo e trova l'angolino giusto. Primo gol italiano per un giocatore che ha dimostrato anche qui di poter essere sempre determinante. La reazione dell'Atalanta c'è anche stavolta ma più disordinata: un sacco di tiri dalla distanza, ma sempre sballati. Ilicic la riapre solo all'84 con una giocata mancina in area su assist di Gomez. Ma il tempo del pareggio c'è: prima è la Var a stabilire che il gol di Pasalic non è valido (mani di De Roon). Poi però è tutto regolare: splendido Castagne da fuori area e pari definitivo. All'ultimo secondo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00lunedì 23 settembre 2019 00:34
La Lazio si rimette in marcia: Immobile e Marusic stendono il Parma

Biancocelesti sempre in controllo del match, Correa e Milinkovic sprecano molte palle gol per allungare.
Ma scintille tra Ciro e Inzaghi al momento del cambio con Caicedo


Nicola Berardino


Riparte la Lazio. Dopo le sconfitte subite in rimonta contro Spal e Cluj, la formazione di Inzaghi torna vincere e contro il Parma conquista i primi tre punti stagionali all’Olimpico. Sotto gli occhi del c.t. Mancini apre le marcature Immobile, che nella ripresa (al 18’) non gradisce la sostituzione: agita il braccio e manda apertamente a quel paese Inzaghi, che poi si fa sentire in un duro battibecco appena l’attaccante va in panchina. Il raddoppio di Marusic chiude i conti su una gara che gli emiliani hanno vissuto sotto tono, subendo molto le ondate del gioco avversario.

SBLOCCA IMMOBILE — Inzaghi si riaffida alla formazione con i big. Sei novità rispetto all’undici di Cluj: prima stagionale da titolare per Marusic (Lazzari in panchina a rifiatare). D’Aversa inserisce Pezzella in difesa al posto d Gagliolo. Il primo guizzo è del Parma: al 4’ Radu a vuoto, si infila Kulusevski che serve Inglese: palla fuori. Replica biancoceleste con Correa: parabola che sorvola l’incrocio. All’8, la Lazio colpisce: Luis Alberto innesca lo scatto di Immobile che entra in area, sinistro angolato che va sul palo e poi nel sacco. Quarto gol in campionato per il bomber di Inzaghi: il primo all’Olimpico, dove non segnava su azione dal 4 novembre scorso (contro la Spal). Due minuti dopo biancocelesti vicini al raddoppio: botta di Milinkovic di poco a lato. Lazio molto determinata, Parma in difficoltà a trovare il passo giusto. Al 21’ la Lazio rischia su un retropassaggio di Luiz Felipe, un minuto dopo Strakosha si oppone a Inglese. La squadra di D’Aversa prende coraggio. La Lazio ribalta il fronte: Sepe vigila sul tentativo di Milinkovic. Radu argina su Inglese. Ripartenza immediata dei biancocelesti: slalom di Correa, Sepe fa muro. Frizzante la squadra di Inzaghi nella manovra offensiva, che viene supportata anche dalle incursioni dei difensori, soprattutto Acerbi. Che al 35’ arriva in ritardo, a due passi dalla porta, su un pallone scodellato da Luis Alberto su punizione. Assalto della Lazio per realizzare quel gol del raddoppio mancato nelle sconfitte di Ferrara e Cluj. Al 44’ Correa si gira al tiro: Sepe para in due punti. Parma volitivo ma frenato nelle trequarti anche per un fitto lavoro di interdizione della Lazio.

RADDOPPIA MARUSIC — Dopo l’intervallo, la squadra di Inzaghi scatta subito all’attacco. Al 3’, dalla distanza bolide di Immobile deviato in angolo da Sepe. Correa e Lulic non trovano il tocco giusto in area. Un assedio alla porta del Parma. Al 14’, palo di Luis Alberto direttamente su corner. Al 18’ duettano Immobile e Correa: tiro dell’argentino deviato in angolo. Inzaghi chiama la sostituzione: Caicedo al posto di Immobile, che non condivide la scelta del tecnico. E risponde con un plateale gesto di disappunto, che viene replicato. Poi, il bomber va in panchina e Inzaghi da bordo campo lo riprende duramente in un faccia a faccia con toni accesi. Al 22’ la Lazio centra il raddoppio tanto agognato: Milinkovic ispira lo scatto di Marusic che brucia Pezzella e infila Sepe. Il montenegrino potrebbe poi firmare la sua doppietta ma il portiere del Parma si oppone. Al 29’, secondo cambio nella Lazio: Parolo per Leiva. Un minuto dopo, D’Aversa avvicenda Gervinho con Katamoh. Parolo sfiora il tris: rasoiata che sorvola la traversa. Al 34’, nuovo ingresso nel Parma: Sprocati rileva Brugman. Cinque minuti dopo, le ultime sostituzioni: Jony per Lulic e Cornelius per Inglese. Milinkovic a caccia del gol. Finale orgoglioso del Parma che gioca a tutto campo, ma l’ultima chance nei 4 minuti di recupero è per la Lazio con Caicedo (tiro deviato in angolo). Il fischio finale libera la gioia della squadra di Inzaghi che ora rialza la testa verso la sfida di mercoledì a San Siro con la capolista Inter.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00lunedì 23 settembre 2019 00:35
SERIE A 2019/2020 4ª Giornata (4ª di Andata)

20/09/2019
Cagliari - Genoa 3-1
21/09/2019
Udinese - Brescia 0-1
Juventus - Verona 2-1
Milan - Inter 0-2
22/09/2019
Sassuolo - Spal 3-0
Bologna - Roma 1-2
Lecce - Napoli 1-4
Sampdoria - Torino 1-0
Atalanta - Fiorentina 2-2
Lazio - Parma 2-0

Classifica
1) Inter punti 12;
2) Juventus punti 10;
3) Napoli punti 9;
4) Roma punti 8;
5) Lazio, Atalanta e Bologna punti 7;
8) Sassuolo, Cagliari, Torino, Brescia e Milan punti 6;
13) Verona e Genoa punti 4;
15) Parma, Udinese, Spal, Lecce e Sampdoria punti 3;
20) Fiorentina punti 2;


(gazzetta.it)
binariomorto
00mercoledì 25 settembre 2019 00:38
Musso salva l'Udinese dall'assalto del Verona nella ripresa:
la sfida salvezza finisce 0-0

Nell'anticipo del turno infrasettimanale di Serie A pari senza reti:
i friulani chiudono una serie di tre sconfitte consecutive, i veneti salgono a quota 5 punti


Pierfrancesco Archetti


Niente gol e un punto per interrompere la serie di sconfitte. A Verona e Udinese forse può star bene anche così: nella partita infrasettimanale si mischiano fatiche e ansie, non peggiorare la situazione è già un vantaggio. Per fortuna degli spettatori, il secondo tempo offre qualche occasione, in ogni caso il risultato è lo specchio di una partita piena di errori.

OCCASIONI HELLAS — Il Verona si sveglia quando entra Verre per Zaccagni, dopo un’ora; anche grazie alla spinta di Amrabat, trova più la profondità, soprattutto con Faraoni, però in area nessuno riesce a trovare il colpo giusto finché non arriva il cross perfetto per Stepinski. Sul suo colpo di testa però Musso è reattivo e devia sulla traversa salvando il risultato. Lo stesso Verre, poi, su cross di Rrahmani, potrebbe portare avanti i suoi, però il tiro al volo finisce a lato. L’unica palla gol seria della prima metà di gara invece capita invece a Lasagna, tutto solo davanti alla porta dopo una tocco di Becao su calcio d’angolo, ma il tiro al volo dell’attaccante manca clamorosamente la porta. Anche a inizio ripresa, Lasagna potrebbe segnare in contropiede, però calcia a lato.

UDINESE A METÀ — L’Udinese è discreta nel primo tempo, ma in generale si sente troppo la mancanza dello squalificato De Paul. Tudor modella un 3-5-1-1 lanciando per la prima da titolare in stagione Barak, mentre a centrocampo si rivede Mandragora. Sia Barak, sia Lasagna vengono poi sostituiti. Tudor si protegge quando il Verona sfonda sulla destra, mette Opoku al posto di Sema con Larsen che passa sulla sua sinistra. La difesa non sente nessun brivido, fino all’intervallo, poi quando soffre ci pensa Musso. L’Hellas, che migliora con il tempo però non ha la grinta di Torino, cambia la difesa perché Kumbulla è squalificato, torna così al centro Dawidowicz. Si fa vivo soprattutto di testa, sui corner a favore. Pessina titolare al posto di Verre nel 3-4-2-1 di Juric non finisce la partita. Mentre Di Carmine deve uscire dopo mezzora causa uno scontro con Troost-Ekong. Entra Stepinski e avrà la chance per la vittoria. Ma Musso e la traversa gli tolgono l’urlo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00mercoledì 25 settembre 2019 00:42
Szczesny inguaia la Juve, poi un autogol
e Pjanic firmano il colpo a Brescia

Donnarumma dopo 4’ approfitta di una papera del polacco,
poi la Signora reagisce e trova la seconda rimonta consecutiva dopo quella col Verona


Fabiana Della Valle


Buona la prima senza CR7, anche se non senza patemi. Come nella precedente partita contro il Verona, la Juventus va in svantaggio e poi rimonta, vincendo grazie a una rete di Pjanic e a un Dybala che gioca anche per gli altri. Tra nuovo modulo (4-3-1-2) giocatori stanchi e new entry, la Signora non brilla, però porta via i tre punti contro una squadra tosta e che ci prova fino alla fine.

DOCCIA FREDDA E REAZIONE — Nel giorno del debutto di Mario Balotelli con la maglia del Brescia non segna il numero 45, ma il suo partner Donnarumma: bella l’azione di Tonali sulla sinistra, palla a Romulo che serve l’attaccante, che sorprende un titubante Szczesny. Partenza in salita per la Signora deronaldizzata, sotto dopo quattro minuti, che perde Danilo (sostituto da Cuadrado) per un problema muscolare un quarto d’ora dopo. Nel 4-3-1-2 disegnato da Sarri, con Ramsey trequartista e Rabiot mezzala sinistra al posto di Matuidi, brillano in pochi. Dybala prova a suonare la carica: suo il tiro ribattuto che diventa un assist per l’impreciso Rabiot (tiraccio alto), poi inventa un filtrante per Khedira, che sfiora il palo. La Juve attacca ma non è né lucida né cinica, il Brescia gioca bene, fa girare la palla con Tonali e a destra trova parecchi spazi grazie alle amnesie di Alex Sandro. Non a caso sfiora il 2-0 prima dell’intervallo con una punizione di Balotelli deviata da Szczesny. Però è la Signora ad agguantare il pari prima dell’intervallo grazie alla perseveranza di Dybala, che si procura l’angolo, lo batte in mezzo trovando la deviazione per l’autogol di Chancellor.

PJANIC DI VITTORIA — Il numero 14 del Brescia si fa perdonare nel secondo tempo con un salvataggio miracoloso su Rabiot (meno stralunato nella ripresa) dopo una grande azione personale di Dybala, che continua a essere il migliore della Juve. Poco prima c’era stata un’ottima occasione per Higuian, poi un’altra ottima occasione per Dybala, fermato in angolo da Joronen. Il gol del vantaggio bianconero è in agguato e arriva dopo un fallo di Romulo su Dybala: punizione dell’argentino, sulla ribattuta della barriera c’è il gol di Pjanic, un destro bellissimo da vedere che non dà scampo a Joronen. Madama tira un sospiro di sollievo, ma non è finita: da brividi la parata di Szczesny su Martella. Balotelli resta in campo 90 minuti: la condizione deve crescere, ma quando tira è sempre pericoloso. Può dare tanto a un Brescia che è ben organizzato e ha voglia di lottare.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00mercoledì 25 settembre 2019 23:42
Entra Zapata, si spegne la Roma.
E l'Atalanta firma il colpaccio

La Dea espugna la Capitale nella ripresa grazie al colombiano,
entrato nella ripresa, e al sigillo nel finale di De Roon


Andrea Pugliese


La mossa sbagliata di Fonseca e quella giusta di Gasperini. Roma-Atalanta vive soprattutto di questo, con il tecnico portoghese che dopo 15' decide di passare dietro a tre (ma è più a cinque) per mettersi a specchio ma perde i riferimenti (e Kolarov nella regia offensiva) e quello nerazzurro che nel momento di cambiare partita mette dentro Zapata che spacca la gara in due. Così l'Atalanta sbanca l'Olimpico per 2-0 e si conferma il tabù dei giallorossi, che in casa non la battono da sei stagioni. Per i giallorossi buon esordio di Smalling in difesa, per i nerazzurri grandissima partita anche di Gomez.

MOSSA E CONTROMOSSA — Fonseca lancia così dal via Smalling e parte con la difesa a quattro, anche se dopo un quarto d'ora di gioco cambia e passa a tre (meglio, a cinque). Gasperini invece lascia fuori Zapata e se la gioca davanti con Malinovsky, Ilicic e Gomez. A fare la partita è soprattutto l'Atalanta, almeno dal punto di vista del possesso palla, con la squadra di Gasperini che si rende subito pericolosa con un paio di palloni tagliati dentro prima di Hateboer e poi di Gomez. Così Fonseca decide di passare a cinque dietro (con Spinazzola a sinistra e Florenzi a destra), ma in questo modo di fatto perde Kolarov nella fase offensiva. Il serbo va infatti a fare il centrale di centrosinistra, con i giallorossi che così rinunciano all'altro regista offensivo (oltre Dzeko) della squadra. E infatti i capitolini faticano tanto in fase di costruzione, anche se poi le due azioni più pericolose sono proprio dei padroni di casa: prima una discesa di Spinazzola su cui salva De Roon, poi un tiro a girare di Dzeko su cui Gollini fa una parata pazzesca. La replica dell'Atalanta è in una palla di Gomez che pesca Ilicic sulla corsa, con lo sloveno che calcia al volo di poco fuori. Il primo tempo finisce sullo 0-0 e già questa è una sorpresa, considerando la propensione offensiva delle due squadre.
Entra Zapata, si spegne la Roma. E l'Atalanta firma il colpaccio

LA ZAMPATA DECISIVA — Così nella ripresa, dopo un tiro parato di De Roon, Fonseca corre ai ripari e mette dentro Jaun Jesus per Spinazzola (che si tocca anche il flessore), portando Kolarov a fare il quinto a sinistra, in maniera tale di recuperarlo anche nella fase di spinta. La risposta di Gasperini è la carta-Zapata, anche perché un attimo prima la Roma era andata ancora vicina al vantaggio: palla a tagliare il campo di Pellegrini per Zaniolo, che salta Palomino, anche Gollini, ma poi perde l'attimo per tirare a botta sicura e invece di servire Pellegrini subisce il recupero (decisivo) di Toloi. Ma è una fiammata, perché a tenere il pallino del gioco continua a essere l'Atalanta, che prima sfiora il gol di testa con Palomino poi lo trova al 26' con Zapata, che spacca la porta su assist di Freuler (dopo un errore in disimpegno di Veretout). E Zapata poco dopo confeziona un assist eccezionale per Hateboer, che si divora il 2-0 in corsa calciando male. Le ultime mosse di Fonseca sono Mkhitaryan e Kalinic, con la Roma che si rimette 4-3-1-2 e il croato che ha subito in mischia la palla del pari, ma Gollini è ancora super. Poi nel finale palo di Zapata su una ripartenza di Hateboer e 2-0 bergamasco nel finale con De Roon, che insacca a porta vuota dopo un'uscita sbagliata di Pau Lopez su Pasalic. Finisce così, con la prima sconfitta di Fonseca e una vittoria che lancia l'Atalanta in alto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00mercoledì 25 settembre 2019 23:46
Fiorentina, finalmente la vittoria: contro la Samp bastano Pezzella e Chiesa

Primo successo per i viola, che lasciano l’ultimo posto: a segno l’argentino e l’azzurro.
La Samp, in 10 per il rosso a Murillo, accorcia con Bonazzoli


Gasport

a Fiorentina torna a vincere dopo un lunghissimo digiuno battendo 2-1 la Sampdoria, adesso ultima insieme alla Spal. Ai viola il successo in campionato mancava dal 17 febbraio scorso e addirittura al Franchi dal 16 dicembre 2018. Una sorta di liberazione dunque per la squadra di Montella che lascia l’ultimo posto e regala la prima vittoria in A al suo nuovo presidente Rocco Commisso che ha seguito la gara dagli Usa. A sbloccare il match è stato capitan Pezzella su assist di Ribery, uscito a metà ripresa fra gli applausi, il raddoppio porta invece la firma di Federico Chiesa, anche a lui a secco in campionato da marzo scorso. La Sampdoria, rimasta in dieci al 9’ del secondo tempo per l’espulsione di Murillo, ha accorciato con il neo entrato Bonazzoli costringendo gli avversari a chiudere con un po’ di affanno ma senza riuscire a regalare alla propria squadra il pareggio.

LA PARTITA — Per la terza partita consecutiva Montella sceglie la stessa formazione con la difesa a tre e il giovane talento Castrovilli (seguito dal ct Mancini) alle spalle dell’attacco formato da Ribery e Chiesa. Di Francesco ha dovuto rinunciare all’acciaccato Quagliarella obbligandolo a rivedere il reparto offensivo, inserendo Ramirez alle spalle della coppia formata da Caprari e Gabbiadini, decisivo contro il Torino nel primo successo stagionale. La Sampdoria ha iniziato meglio, rendendosi pericolosa subito con Caprari. La Fiorentina ha faticato a compattarsi ma quando ha preso le redini in mano Ribery la squadra ha svoltato: il francese ha firmato l’assist per Pezzella per il vantaggio dei viola, già pericolosi due volte con Chiesa. Nella ripresa Di Francesco ha tolto Gabbiadini e Ramirez per Bonazzoli e Rigoni e proprio quest’ultimo al 6’ ha colpito traversa. L’assalto doriano però è stato frenato dall’espulsione di Murillo per doppio giallo e i viola ne hanno approfittato subito realizzando il raddoppio con Chiesa a digiuno in A da marzo. Un gran destro su assist di Dalbert su cui nulla ha potuto Audero. Poi la rete dell’illusione di Bonazzoli e il finale con il rigore prima assegnato ai viola per un contatto Audero-Sottil e poi tolto dalla Var.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00giovedì 26 settembre 2019 00:01
Lazio k.o., Inter di nuovo in vetta:
decide D’Ambrosio, ma è Handanovic l’uomo partita

I nerazzurri passano presto con il difensore,
poi però soffrono e Handa è miracoloso almeno tre volte nel primo tempo.
La banda Inzaghi cala nella ripresa


Carlo Angioni


Cinque su cinque, ma che fatica. L’Inter di Conte non rallenta, blinda ancora una volta la porta e risponde alla Juventus: 1-0 alla Lazio e sorpasso sui campioni d’Italia, che tornano 2 punti dietro. Sabato Antonio sfida la Samp a Genova, Sarri la Spal in casa: domenica 6 ottobre, dopo la Champions, l’attesissimo scontro diretto a San Siro.

SOFFERENZA — Ma riprendersi il trono della Serie A non è stato affatto facile per Conte. Perché è vero che nel primo tempo l’Inter va avanti con D’Ambrosio al 23’, però la Lazio è pericolosissima in almeno quattro occasioni, con Handanovic (alla partita numero 300 in nerazzurro, raggiunto Julio Cesar) super tre volte. L’Inter fa riposare il motorino Sensi e Lautaro, mette dentro Vecino-Barella accanto a Brozovic e Politano con Lukaku. Sulla sinistra turno di riposo anche per Asamoah e chance per il debuttante Biraghi. I biancocelesti rinunciano a Immobile dopo la lite contro il Parma con Inzaghi, anche se Tare parla di un piccolo problema muscolare: davanti con Correa c’è Caicedo. Le curve gemellate omaggiano Diabolik Piscitelli, il capo ultrà laziale ucciso ad agosto. Le squadre giocano a specchio con un doppio 3-5-2. Ma la Lazio nel primo tempo è più brava ad affondare, mentre i nerazzurri solo sulle fasce riescono a distendersi ed essere pericolosi.

ECCO L’INTER — Dalla sinistra arriva il cross di Biraghi che D’Ambrosio infila di testa, anticipando il colpevole Jony. L’Inter passa ma la serata non si mette in discesa. Al 26’ si vede Lukaku: il centravanti belga, che a San Siro ha ritrovato il fratello Jordan alla prima panchina biancoceleste dell’anno, ha spazio e da fuori area fa partire un missile che esce di poco a lato. Un tiro in porta e un gol: il massimo con il minimo.

CON HANDA NON SI PASSA — Anche perché la Lazio fa tanto ma non riesce a sfondare Handa: subito dopo l’1-0 lo sloveno è bravissimo sul tiro a giro di Correa (24’); l’attaccante argentino lo grazia nella ripartenza su un erroraccio di Brozovic: lo scavetto del pareggio (34’), infatti, va clamorosamente fuori. Il capitano ci mette la manona altre due volte, sempre su Correa (35’) e poi su Bastos (46’) e si merita l’oscar del migliore in campo dopo 45 minuti.

LA RIPRESA — L’Inter del secondo tempo è molto più contiana e si vede con decisione nell’area laziale. Ma è Correa al 6’ ad avere la prima occasione: uscita un po’ avventata di Handa su corner, l’argentino tira a lato. Dopo 2 minuti Inzaghi gioca la carta Immobile, ma Ciro praticamente non si vedrà. Conte toglie Vecino, il peggiore dei suoi, e riporta in mezzo Sensi. Al 14’ Inter a un passo dal pareggio: Barella prima spara su Strakosha in uscita, poi sulla ribattuta Politano trova il piede del portiere albanese. Al 18’ Acerbi si immola in scivolata sul tiro di Lukaku dentro l’area. L’Inter prende campo, la Lazio sembra sulle gambe. Esce anche Milinkovic: San Siro lo applaude perché spera di vederlo presto nerazzurro, il serbo ringrazia e saluta. C’è ancora tempo per vedere Lautaro e Sanchez (il primo molle, il secondo elettrico), ma l’Inter non la chiude e il Toro si mangia il 2-0 nel recupero. Conte, però, tiene chiusa la porta ancora una volta: il solo gol preso in 5 partite (zero a San Siro) è il segno della forza della capolista.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00giovedì 26 settembre 2019 00:06
Napoli fermo al palo: il Cagliari resiste e fa l'impresa con Castro

Due legni di Mertens e tante occasioni sprecate per la squadra di Ancelotti, beffata nel finale.
Espulso Koulibaly, finisce 0-1


Mimmo Malfitano


ncredibile, ma vero. Il Napoli rimedia la seconda sconfitta in campionato dopo aver dominato la gara per l’intera durata. Tante le opportunità create, ma non concretizzate, una vecchia abitudine che, stavolta, è costata cara. Il Cagliari ha guadagnato tre punti pesantissimi con l’unico tiro indirizzato verso la porta di Meret: il colpo di testa di Castro ha demolito l’entusiasmo del San Paolo. Adesso è a 9 punti insieme al Napoli che a sua volta è già a meno 6 dall’Inter capolista.

POSSESSO PALLA — Altro inedito per Carlo Ancelotti: in campo c’è un’altra formazione diversa. Stavolta, restano fuori Koulibaly e i due centravanti, Llorente e Milik, oltre a Fabian Ruiz a centrocampo. Maran, invece, tiene in panchina Ceppitelli e tiene Klavan e Pisacane su Mertens e Lozano. Il tecnico isolano affida Insigne alla marcatura di Cacciatore, mentre Rog segue Allan in mezzo al campo. Pronti-via e il Cagliari è già dalle parti di Meret con Simeone trovato da Joao Pedro: il portiere lo anticipa in uscita. Il pericolo non scompone il Napoli che tiene il possesso della palla. Zielinski si assume la responsabilità di dare ordine alla manovra, mentre sulla sinistra Mario Rui spinge inseguito da Nandez. Un errore di Ionita in uscita (14’) favorisce la ripartenza di Mertens che indovina il corridoio giusto per liberare al tiro Lozano: il pallone gli viene ribattuto. Ed è lo stesso Ionita (23’) a tentare di sorprendere Meret con una conclusione da lontano che finisce alta, però.

Palla-gol — Capita, probabilmente, sul piede sbagliato, perché quando Zielinski lancia Mario Rui nel corridoio giusto, solo dinanzi a Olsen il portoghese ha concluso altissimo tra la disperazione del San Paolo. Il gol arriva, ma non è buono, nel senso che Insigne tocca in rete il pallone, ma è in fuorigioco (27’). Resta, comunque, la spettacolarità dell’azione che l’ha portato al tiro. L’ultima opportunità per il Napoli, nel primo tempo, capita nuovamente sui piedi del capitano, imbeccato da un taglio di Mertens: Olsen ne respinge la conclusione ravvicinata (42’).

CATENACCIO — Il Cagliari inizia la ripresa schierandosi a difesa di Olsen, lasciando al Napoli trequarti di campo disponibile per pressare. I soli Koulibaly, subentrato a Maksimovic, e Manolas restano qualche metro più dietro. Callejon batte ripetutamente dall’angolo e in tre minuti Olsen deve superarsi per bloccare e respingere i tentativi di testa di Manolas, Koulibaly e Di Lorenzo. Mertens prova l’azione personale, ma il suo destro sbatte sul palo e finisce a lato (20’). Il belga ne centrerà un altro cinque minuti più tardi. Ancelotti, allora, prova il tutto per tutto inserendo Llorente e Milik, ma il Cagliari è un muro dinanzi a Olsen. Lì dietro, difendono tutti e lo fanno in maniera ordinata, senza farsi prendere dalla tensione. La beffa per il Napoli è dietro l’angolo, però. Al 42’ Nandez riparte veloce dopo lo scambio con Joao Pedro, crossa. Sul pallone si avventa il nuovo entrato Castro che di testa batte Meret. Sul San Paolo cala il gelo, mentre Koulibaly viene espulso da Di Bello.

Fonte: Gazzetta dello Sport
binariomorto
00giovedì 26 settembre 2019 00:10
Autogol di Bourabia all’ultimo respiro: il Parma esulta, Sassuolo beffato

Derby emiliano con tante emozioni.
Protagonisti la Var (annullati due gol a Gervinho) e Consigli, bravo a parare un rigore a Inglese


Roberto Pelucchi


Uno sfortunato autogol di Bourabia decide al 95’ il derby emiliano tra Parma e Sassuolo, caratterizzato dalle decisioni della Var (annullati due gol a Gervinho) e da una super-parata di Consigli sul rigore calciato da Inglese. Il Sassuolo è stato beffato alla fine, ma il Parma è piaciuto di più e dopo tanta sfortuna è stato premiato all’ultimo respiro.

C’È TANTO PARMA — D’Aversa, in campo con il 3-4-3, mette Gagliolo in difesa, avanza Kulusevski in attacco e inserisce Scozzarella in mezzo, mentre De Zerbi rispetto alla gara con la Spal rivoluziona il centrocampo (dentro Magnanelli e Locatelli) e piazza Boga tra le linee, a supporto di Caputo e Berardi (suo il primo pericolo del match). C’è tanto Parma nel primo tempo. Scozzarella stuzzica con un tiro da fuori Consigli, che non si fa sorprendere. Il portiere deve invece impegnarsi molto di più per fermare Gervinho. Prima respinge un tiro di sinistro al volo, poi poco dopo devia in angolo la conclusione ravvicinata dell’ivoriano, lesto a conquistare la palla persa da Chiriches davanti all’area. Gervinho prende anche un giallo per simulazione, anche se quelli del Parma chiedono il rigore. Il Sassuolo si sporge al 22’, ma Caputo al momento del tiro è fermato da Iacoponi, che salva in angolo in scivolata. E’ tutto quello che riesce a proporre in avanti il Sassuolo, che non riesce praticamente mai a verticalizzare in velocità nonostante il possesso palla (60% a 40). Gervinho e Kulusevski, al contrario, sono sempre insidiosi quando ricevono il pallone sulla corsa, anche se al 35’ il giovane ex Atalanta non sfrutta al meglio un’azione personale. Nel finale di tempo il Parma segna con Gervinho, su assist proprio di Kulusevski, ma dopo aver rivisto al video l’azione Marinelli annulla per una spinta di Hernani a Magnanelli. Il Parma mugugna.

ANCORA VAR PROTAGONISTA — De Zerbi corre ai ripari: fuori Locatelli, dentro Traoré. Il Sassuolo guadagna metri e diventa più intraprendente: Boga, ben imbeccato da Berardi, mette i brividi a Sepe, che devia in angolo. Ci prova anche Berardi da lontano, il portiere alza sopra la traversa. Un grande recupero di Bruno Alves propizia un secondo gol di Gervinho, ma anche questa volta l’1-0 viene annullato per fuorigioco dello stesso ivoriano (giusto). Ma anche quando la Var dà ragione al Parma, la squadra di D’Aversa non ne approfitta. Un folle mani di Obiang in area viene rivisto al video e porta al rigore, ma Inglese se lo fa parare da Consigli. Sembra una serata stregata per il Parma, ma a pochi secondi dalla fine arriva, in modo rocambolesco, il gol della vittoria: punizione di Hernani, Barillà spizza di testa e Bourabia beffa Consigli. Prima vittoria in casa per il Parma, mentre il Sassuolo non riesce a dare continuità ai propri risultati.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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