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Serie A Campionato 2017-2018: cronache, classifiche e... tanti commenti

Ultimo Aggiornamento: 21/05/2018 13:08
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Juventus-Fiorentina 1-0: decide il gol di Mandzukic

In avvio di ripresa assist di Cuadrado per il croato, poi i bianconeri non rischiano quasi mai.
Espulso Badelj


La Juve è solo Dybala. La Juve quest'anno segna tanto ma in difesa concede troppo. E così l'1-o sulla Fiorentina, oltre che per confezionare la quinta vittoria su 5 partite, serve anche a zittire i sussurri di chi aveva criticato l'inizio di stagione della squadra di Allegri.

CHE BENTANCUR — Il gol partita lo segna Mario Mandzukic su assist di Juan Cuadrado, il migliore in campo. Con annessa dormita di Bruno Gaspar, disgraziato cambio di Laurini. Ma nella serata in cui la Joya si spegne dopo il solito avvio da cinema, sono due giocatori cosiddetti di rotazione, Bentancur e Asamoah, a prendersi le copertine. L'uruguaiano, classe 1997, ha la personalità di chi è cresciuto alla scuola dei Boca-River. Testa alta, senza paura, vuole sempre la palla tra i piedi. E la palla con l'approccio di chi investe su titoli di stato tedeschi a 20 anni, come una cosa preziosa da non sprecare. Il ghanese, che aveva già un piede sull'aereo per la Turchia, non sbaglia un intervento dietro e si sente quando avanza. Alex Sandro potrà riposare con serenità.

SOLIDITÀ — L'altra buona notizia per i bianconeri è il senza voto che spetta a Szczesny, mai sollecitato da una Fiorentina che parte bene, se la vuole giocare con le sue ripartenze e non esce mai di partita, fino al colpo di testa fuori di Simeone nel finale. Ma crea troppo poco e manca la reazione dopo il gol, con un "Chiesino" non al meglio fisicamente e poco incisivo. Bene nella retroguardia di Allegri l'inedita coppia Barzagli-Rugani e l'atteggiamento difensivo in generale. Con un Matuidi ancora positivo: calamita quando deve recuperare, incisivo quando si inserisce, come quando guadagna l'espulsione di Badelj nella ripresa, in occasione del fallo che la Var trasforma in punizione dal limite.

NIENTE PIPA — Chi manca all'appello è ancora una volta Higuain. Una sola conclusione, deviata in corner, e un'incidenza sulle trame di gioco bianconere abbastanza limitata. Molto meglio Mandzukic. Arrivano concorrenti da 86 milioni complessivi (Douglas e Bernardeschi), ma gioca sempre lui. Una certezza. Come la vecchia Juve degli 1-0.

Jacopo Gerna

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Lazio-Napoli 1-4: De Vrij illude,
poi Koulibaly, Callejon, Mertens e Jorginho

Inzaghi perde Bastos, De Vrij e Basta per infortunio, il big match cambia volto nella ripresa.
Sarri in vetta con la Juve


La Lazio illude e si illude fino all'intervallo, poi nella ripresa irrompe il super Napoli e i giochi finiscono in un quarto d'ora. La banda di Sarri sbanca 4-1 pure l'Olimpico laziale e resta in vetta alla classifica di Serie A a punteggio pieno assieme alla Juve. Vittoria larga, ma non è stata una passeggiata per Hamsik e compagni. Anzi, fino a metà gara, era stata la Lazio a far vedere le cose migliori e ad andare meritatamente in vantaggio all'intervallo. Ma alla distanza la classe e i perfetti meccanismi di gioco della squadra campana sono venuti a galla, piegando anche una Lazio che , fin qui, non aveva mai perso tra campionato e coppe. Fondamentali, per l'esito della gara, anche gli infortuni a catena che hanno decimato la già precaria difesa laziale. Già privo dell'infortunato Wallace, Inzaghi ha perso dopo una ventina di minuti Bastos, quindi De Vrij alla fine del primo tempo e infine Basta nel corso della ripresa (l'uscita del serbo ha lasciato la Lazio in dieci, quando si era già sul 3-1, perché Inzaghi aveva esaurito i cambi).


L'ILLUSIONE — A pesare, più di tutti, è stato lo stop di De Vrij. Senza l'olandese, la Lazio non è più riuscita a reggere l'urto della corazzata napoletana. Come era invece stata capace di fare nel primo tempo (a parte un palo di Hamsik e una palla-gol di Callejon sventata da Strakosha, ma il napoletano era in fuorigioco). Ed era stato proprio grazie alla regia difensiva di De Vrij che la squadra di Inzaghi aveva tenuto botta. L'olandese, non pago di quanto fatto dietro, si toglieva anche lo sfizio di portare in vantaggio i suoi. Con una deviazione al volo di destro su traversone di uno scatenato Immobile. In precedenza la squadra di casa era stata fermata dal palo, su una deviazione involontaria di Hamsik sugli sviluppi di un angolo di Luis Alberto. La Lazio cercava anche il raddoppio, sfiorandolo con Marusic. E recriminava poi per un episodio che avrebbe potuto cambiare la gara: l'intervento alla disperata di Reina su Immobile lanciato a rete (fuori dall'area). Damato, oltre alla punizione, sanciva col giallo il portiere napoletano, mentre i laziali chiedevano il rosso per chiara occasione da gol, ma anche per la gravità dell'intervento.

CAMBIO DI SCENARIO — Nella ripresa però cambiava tutto. Il Napoli tornava in campo con qualche minuto di anticipo. Chiaro segnale delle sue intenzioni. E trovava un'autostrada davanti a sé, perché Leiva regista difensivo non riusciva a contrastare lo scatenato Mertens. E perché, senza di lui a centrocampo, la retroguardia perdeva la protezione che il brasiliano aveva garantito nella prima parte della gara. La macchina da guerra napoletana poteva così scatenarsi. L'1-1 arrivava al 9' grazie a Koulibaly, bravo a ribattere in rete il colpo di testa di Albiol respinto da Strakosha. Il pareggio annichiliva la Lazio e moltiplicava la fame dei napoletani. Appena un minuto dopo arrivava il 2-1 grazie a Callejoin. Altri quattro minuti e la partita si chiudeva con lo spettacolare 3-1 di Mertens (pallonetto dall'out sinistro dopo pasticcio Strakosha-Leiva). La Lazio provava a riorganizzarsi, ma attorno alla metà della ripresa, l'infortunio di Basta la lasciava in dieci. Partita finita. Anzi no. Perché in pieno recupero il rigore di Jorginho (fallo di Parolo su Zielinski) fissava il punteggio sul 4-1.

Stefano Cieri

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Milan-Spal 2-0, Rodriguez-Kessie: è gioia di rigore

I rossoneri regolano gli emiliani con un penalty per tempo:
al 26' Kalinic è agganciato da Gomis in area con il terzino svizzero
che realizza dagli undici metri. Al 61' raddoppia l'ivoriano



l campetto di San Siro ha le stesse regole di tutti i parchi italiani: chi si procura il rigore, lo calcia. Il Milan con la Spal vince 2-0 con doppio dischetto: Ricardo Rodriguez per il primo gol, Kessie per il secondo. Uno di sinistro, uno di destro. RR è stato importante dopo 25 minuti: prima ha crossato, poi ha calciato e sulla respinta Gomis ha toccato un piede di Kalinic. Rigore e vantaggio. Kessie ha allungato dopo un'ora quando Felipe, preoccupato per un tocco in area di Franck, è passato con l'ascia. Fallo evidente e secondo rigore calciato bene. La doppia decisione di Abisso è stata presa senza Var apparente e con poche polemiche… e anche questa è una notizia. L'altra, la più importante, è che il Milan ha scavalcato la Lazio ed è entrato nella Terra Promessa: è quarto, in zona Champions.

PARTITA BLOCCATA — La Spal è molto più sotto e un po' ha deluso. Non era qui per vincere ma non ha mai dato l'impressione di poterlo fare. Di più, non è mai stata pericolosa e il Milan ha tenuto palla, con il possesso che piace a Montella, più o meno dall'inizio alla fine. Per il resto, conferme. La Spal magari non gioca bene, ma è difficile che faccia giocare bene un avversario. Il Milan lo ha imparato in fretta perché da Vicari a Paloschi, difensore centrale e centravanti, spesso c'erano 25 metri e il gioco faticava a scorrere. La difesa a tre si trasformava in una «cinque» e anche Kalinic, dopo i due gol e mezzo di domenica, ha trovato poco spazio. Il primo tiro di Nikola è arrivato al 17', pochi secondi dopo ecco anche la prima scossa di elettricità: uno-due tra Kalinic e André Silva, palla ad Abate e tiro di destro. Centrale ma forte: bravo Gomis a deviare in angolo. Sembrava un episodio, invece il Milan ha carburato. In due minuti sono arrivati due colpi di testa da angolo: prima Zapata, poi Bonucci. E al minuto 25, con mezzo Milan accampato nell'area della Spal, Ricardo Rodriguez ha calciato in porta. Gomis ha respinto e toccato la gamba di Kalinic, scatenando l'inevitabile: fischio, rigore.

BENE B&B — La partita, già non vivacissima, si è un po' addormentata. Donnarumma ha salvato una situazione antipatica a 7 minuti dall'intervallo e André Silva ha mostrato qualche spunto in una partita normale, in cui ha dato sempre l'impressione di tenere un po' troppo la palla. Tra i migliori del Milan, invece, Biglia e Bonucci. Lucas sta sviluppando un feeling particolare con San Siro, Leo ha salvato davanti alla porta alla fine dell'azione più pericolosa della Spal: cross di Lazzari da destra, colpo di testa di Mattiello sull'altro lato. Poi, ovviamente, Kessie. Franck ha confermato il momento di forma – è in crescita – e con il rigore ha chiuso la partita. Montella a quel punto ha pensato al futuro e ha cominciato a ruotare: dentro Suso, Bonaventura e Locatelli. È cambiato poco. La Sud, che ha cantato per quasi tutta la partita, a quel punto si è concentrata sui due obiettivi della serata: un coro anti-Samp, per portarsi avanti per la trasferta di domenica, e mille fischi a Borriello. Tra gli ex meno amati, uno dei meno amati.

Luca Bianchin

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Udinese-Torino 2-3: decidono Belotti,
Ljajic e un autogol di Hallfredsson

Ai friulani non bastano i gol di De Paul, Lasagna e un finale arrembante.
La squadra di Miha sale a 11 punti in classifica (miglior inizio nell'era dei 3 punti)
e pensa già alla Juve e al derby di sabato sera


Un Toro veloce, bello e (un pizzico) fortunato sbanca 3-2 la Dacia Arena. Ci pensano il Gallo Belotti (al 3° gol in 5 partite), che insacca dopo una papera di Scuffet, un'autorete di Hallfredsson e un colpo di biliardo di Ljajic (già 4 reti e 2 assist per lui nelle ultime 6 presenze di A) a regalare i 3 punti a Mihajlovic. All'Udinese invece non bastano un rigore di De Paul, un gol di Lasagna e un finale arrembante... Ma al di là del risultato e di qualche leggerezza difensiva (Miha a fine gara era furioso) i granata hanno comunque dimostrato di meritare la vittoria. Facendo il loro gioco: deliziosi gli assist di Ljajic, le semplici geometrie di Rincon, le sgroppate sulla fascia di sinistra di Iago Falque. E con la forza fisica di Belotti, che fa a sportellate, salta, tira seminando il panico nell'area dei friulani.


GLI HIGHLIGHTS — Mihajlovic non cambia il suo modulo, quel 4-2-3-1 che gli ha già fruttato 3 vittorie e due pareggi. In vista del derby con la Juve, però, rifiatano De Silvestri e Moretti: al loro posto l'ex Inter Ansaldi e Lyanco, brasiliano di origini serbe all'esordio in A. Delneri risponde con un inedito 4-1-4-1: Pezzella sostituisce Samir dietro, sulla fascia sinistra, Barak e Fofana in mezzo, Lasagna a sinistra (Jankto in panchina) e l'ex granata Maxi Lopez unica punta. Ma è un modulo che non paga. Perché l'inizio dell'Udinese è da incubo. Toro subìto in vantaggio al 9'. Scuffet si lascia sfuggire il pallone sul tiro di Ljajic e serve Belotti, che di piatto destro mette in porta. Troppo facile. L'Udinese cerca di reagire con Lasagna, che di sinistro al volo sfiora il pareggio, e una gran botta di destro di Maxi Lopez che impegna Sirigu. Al 30' però il Toro raddoppia: Belotti scende in area di rigore e dopo un primo tentativo di cross recupera il pallone mettendolo di nuovo al centro, Hallfredsson arriva in corsa e devia involontariamente alle spalle del proprio portiere. La gara sembra finita, invece...

ORGOGLIO UDINESE — Nella ripresa Delneri sostituisce Danilo e Hallfredsson con Angella e Jankto. Ed è la svolta. L'Udinese trasforma subito un calcio di rigore guadagnato da Jankto e realizzato da De Paul. Al 67' Ljajic recupera palla, dribbla e colpisce, dopo un passo dentro l'area di rigore, con il suo destro fatato. È il 3-1. Poco dopo però è Lasagna a riaprire la gara deviando di petto una respinta di un difensore del Toro. I granata protestano per un tocco di mano, ma la Var convalida il gol. In pieno recupero l'Udinese sfiora il pareggio: Lasagna mette in mezzo rasoterra e arriva Jankto che tira al volo cercando solo la porta. Ansaldi si tuffa e salva il risultato. Miha va su tutte le furie. E deve essere placato dal quarto uomo.

I NUMERI — Storicamente il Toro ha sempre fatto molta fatica a a Udine, lo dicono i numeri. Nei 32 precedenti il parziale è di 14 vittorie a 6 per i friulani, 13 pareggi, con 46 reti dei bianconeri contro le 33 dei granata. Ma le statistiche raccontano anche che, con 11 punti in 5 giornate rastrellati dalla squadra di Miha, questo è il miglior inizio di campionato per il Toro da quando si assegnano i 3 punti. Ma c'è di più. I granata hanno segnato in tutte le ultime 11 trasferte (record) e sono quelli che hanno realizzato più reti nel primo quarto d'ora di questa Serie A. Insomma, Mihajlovic potrebbe (addirittura) sorridere...

Lorenzo Franculli

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2017/2018 5ª Giornata (5ª di Andata)

19/09/2017
Bologna - Inter 1-1
20/09/2017
Benevento - Roma 0-4
Atalanta - Crotone 5-1
Cagliari - Sassuolo 0-1
Genoa - Chievo 1-1
Hellas Verona - Sampdoria 0-0
Juventus - Fiorentina 1-0
Lazio - Napoli 1-4
Milan - Spal 2-0
Udinese - Torino 2-3

Classifica
1) Napoli e Juventus punti 15;
3) Inter punti 13;
4) Milan punti 12;
5) Torino punti 11;
6) Lazio punti 10;
7) Roma(*) punti 9;
8) Sampdoria(*) punti 8;
9) Atalanta punti 7;
10) Fiorentina e Cagliari punti 6;
12) Chievo e Bologna punti 5;
14) Sassuolo e Spal punti 4;
16) Udinese punti 3;
17) Genoa, e Hellas Verona punti 2;
19) Crotone punti 1;
20) Benevento punti 0.

(*) Sampdoria e Roma una partita in meno.


(gazzetta.it)
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Un grande Napoli!
Che dire del goal di Mertens? È un goal alla Maradona!!! [SM=g1617504]






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Roma-Udinese 3-1: Dzeko ed El Shaarawy in gol

Nell'anticipo il bosniaco apre le danze prima della doppietta di El Shaarawy.
Primo errore dal dischetto in A per Perotti, Larsen segna il gol della bandiera.
Roma a quota 12, friulani ancora k.o., il quinto nelle prime sei giornate



La Roma incassa la terza vittoria consecutiva e prosegue nella sua scalata alle posizioni che contano. Partita chiusa nel primo tempo, dove i giallorossi hanno messo in mostra qualità e spessore, con un El Shaarawy decisivo non solo per la doppietta ma anche perché dentro la partita in ogni situazione tattica. Delneri, invece, sbaglia assetto nel primo tempo, per poi riequilibrare la squadra nella ripresa con gli inserimenti di Fofana e Pezzella. Ma non basta, anche se la Roma nella ripresa rallenta, risparmiando risorse ed energie in vista della Champions.


DOMINIO GIALLOROSSO — Di Francesco manda in campo El Shaarawy per Defrel (non al meglio per un problema alla caviglia) e rispetto a Benevento riporta dentro dal via Manolas, Florenzi, De Rossi e Nainggolan. Delneri, invece, accantona Scuffet e affida la porta a Bizzarri, affidandosi stavolta a un 4-4-2 più lineare e omogeneo. Almeno sulla carta, perché poi in campo non c'è mai davvero partita. I friulani sono subito pericolosi con Jankto dopo appena 20 secondi (diagonale deviato in angolo), poi è tutto un monologo giallorosso. Dzeko (piattone a tu per tu con Bizzarri) apre le danze dopo un'azione insistita di Nainggolan tra tre avversari, poi cerca il bis - invano - in un altro paio di circostanze. Allora l'Udinese ce l'ha anche la palla del pari, ma Maxi Lopez spreca malamente su Alisson uno spunto pregevole di De Paul. Poi ci pensa El Shaarawy a chiudere il match prima dell'intervallo: il 2-0 arriva con una carezza di esterno su assist di Dzeko, il 3-0 approfittando di un disastro imbarazzante di Larsen, che sbaglia la misura del retropassaggio a Bizzarri e lascia al Faraone giallorosso la palla che chiude definitivamente il match.

PIÙ EQUILIBRIO — La ripresa è ovviamente una partita molto diversa, con la Roma che non spinge sull'acceleratore un po' per il gran caldo ed un po' perché all'orizzonte c'è anche la massacrante trasferta di Champions in Azerbaijan (anche se contro il modesto Qarabag). Così l'Udinese prova anche a costruire qualcosa con Pezzella (entrato ad inizio ripresa), acquistando anche qualità in mezzo con l'ingresso di Fofana. A sfiorare il gol, al 9', è Larsen , dopo una bella discesa dello stesso Pezzella. Dall'altra parte, invece, è ancora Dzeko a cercare più volte la via del gol. L'Udinese ora tiene meglio, grazie ad un 5-3-1-1 che vede il solo De Paul in appoggio a Maxi Lopez. Così i friulani sfiorano ancora in due occasioni il gol: prima è Alisson perfetto su Bajic da dentro l'area, poi sugli sviluppi del successivo angolo Nuytinck è sfortunato, con il suo colpo di testa che finisce sulla traversa. Nel frattempo Di Francesco ha mandato dentro Defrel, per la prima volta da centravanti (se si eccettua il primo tempo dell'amichevole di Vigo). E al 37' è proprio il francese a fallire il 4-0 a tu per tu con Bizzarri. Al 42' Perotti va via ad Angella esattamente come a Skriniar in Roma-Inter. L'azione è identica, il fallo pure. Stavolta però è rigore, ma lo stesso Perotti lo calcia sul palo. Così a segnare al 45' è l'Udinese con Larsen: lancio di Nuytinck, Larsen taglia alle spalle di un appisolato Moreno e supera Alisson a tu per tu. Finisce così, con la Roma con la testa già alla Champions e l'Udinese a interrogarsi su quale sia il miglior assetto da qui in poi.

Andrea Pugliese

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Spal-Napoli 2-3: Sarri ringrazia Ghoulam

I partenopei faticano più del previsto per superare la squadra di Semplici,
che vanno in vantaggio con Schiattarella, poi Insigne e Callejon rimontano.
Il 2-2 è di Viviani su punizione. Il gol decisivo del franco-algerino a 8' dalla fine



C’è ancor il Napoli, lassù. Diciotto punti, sesta vittoria e record di vittorie consecutive in campionato. Ci ha provato, la Spal, ma alla fine ha dovuto cedere alla gran voglia napoletana di volere i tre punti, fino in fondo. Insigne, Callejon e Ghoulam hanno infiammato la curva riservata ai tifosi azzurri, con le loro prodezze, mentre c’è stata grande apprensione per l’infortunio occorso a Milik sul finire della gara: gli si è girato il ginocchio destro ed è dovuto uscire. A ottobre scorso venne operato al legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro.

NESSUN TIMORE — Comincia bene, la Spal, che dopo 3 minuti si avvicina minacciosa dalle parti di Reina: Antenucci ha la palla sul sinistro, ma invece di tentare la conclusione cerca Borriello al centro dell’area, senza fortuna. Il Napoli gioca alla sua maniera, ma Semplici ha organizzato i suoi in maniera che ogni spazio venga precluso all’avversario. In parte ci riesce, perché anche se il collettivo di Sarri tiene il possesso palla, poche volte arriva a contatto con Gomis. A centrocampo, l’allenatore napoletano presenta due novità, Zielinski e Diawara, rispettivamente al posto di Allan e Jorginho, mentre Semplici di affida alla fisicità di Viviani e all’equilibrio di Schiattarella per non cedere l’iniziativa del tutto al Napoli. Sulla fascia destra, è interessante il confronto tra Lazzari e Ghoulam che lo aspetta nella propria metà campo.

GOL LAMPO — In un solo minuto, il risultato cambia e poi ritorna sul pari. Accade al 13’, quando Antenucci riesce a liberarsi della marcatura di Koulibaly e appoggia per l’accorrente Schiattarella che arriva alla conclusione indisturbato: Spal in vantaggio e panchina del Napoli incredula. Ma la meraviglia estense dura appena sessanta secondi, perché ci pensa Insigne a rimettere a posto il risultato con una rapida girata di sinistro che s’infila tra Gomis e il palo, dopo uno sgraziato intervento di Mora in uscita dalla propria area.

ANCORA CALLEJON — La ripresa ricalca un po’ quelli che sono stati i primi 45 minuti: il Napoli gestisce il gioco e la Spal resta rintanata nella propria metà campo, impegnata a respingere le offensive napoletane. Gomis viene impegnato da Ghoulam, al quale respinge la conclusione ravvicinata, mentre Reina osserva da lontano i tentativi dei compagni. Il Napoli continua a pressare e trova il gol con Callejon, al terzo centro consecutivo, che gira di testa alle spalle di Gomis, il cross di Ghoulam (26’). Sembra fatta per la capolista, ma la Spal trova il pareggio con una punizione di Viviani che lascia Reina sulle gambe (33’). Tutto finito? Macché. Il Napoli vuole i tre punti e li trova al 38’, quando Ghoulam parte laterale e converge verso il centro per piazzare il suo destro nell’angolino più lontano della porta di Gomis. Il tripudio è tutto napoletano.

Mimmo Malfitano

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Juventus-Torino 4-0, doppio Dybala,
Pjanic e Alex Sandro show nel derby.
Baselli rosso

La squadra di Allegri centra nella stracittadina la sesta vittoria su sei e tiene il passo del Napoli



Chissà se Paulo Dybala e Daniele Baselli sono fan di Eddie Murphy. Di certo dopo il derby dell’Allianz Stadium, che premia la Juve con comodissimo 4-0, più che per “Una poltrona per due” sarebbero stati perfetti per il casting di “Un derby per due”. La Joya si prende la copertina, col gol che spezza l’equilibrio dopo 16’ e la carezza da poker del recupero. L’ex atalantino finisce dietro la lavagna dopo 24’ da incubo: prima perde il contrasto con calamita Matuidi che porterà al primo gol di Dybala, poi entra in maniera folle su Pjanic. Imperdonabile che con già un’ammonizione sulle spalle si rischi un intervento del genere. Risultato: partita finita al netto del timbro d’autore di Mire Pjanic in chiusura di primo tempo.

E SENZA SIRIGU… — Qualsiasi discorso parte dai due episodi chiave: i restanti 66’ e recuperi raccontano di un Sirigu superlativo nel limitare il passivo di un Toro che, pur non sbracando mentalmente, non ha nessuna arma per provare a dare un minimo di senso alla ripresa. Il tris di un Alex Sandro nuovamente sui suoi superlativi livelli, è seguito da almeno quattro prodezze del portiere ex Psg, di cui due su un Mandzukic che avrebbe meritato la soddisfazione personale.

SENZA PIPITA — Già, il Pipita. Neanche i suoi più decisi detrattori possono spingersi a dire che la Juve gioca meglio senza di lui. Higuain entra senza polemiche a 10’ dalla fine, dopo un pre-partita in cui si erano inseguite le voci sui motivi della sua esclusione, puramente tecnici. Mette anche il piede nel 4-0. Ma la Juve senza l’argentino offre comunque un eccellente calcio: Mandzukic non avrà mai la sua incisività in area, ma conferma che un anno da esterno non gli ha fatto disimparare il mestiere di centravanti a tuto campo. Alle sue spalle, Cuadrado conferma di vivere un buon momento, Douglas fa timidi passi avanti e Dybala mostra che questo straordinario picco di inizio stagione non è ancora terminato. Quindi, finché Higuain non sarà il vero Pipita, si può serenamente fare a meno di lui.

IL TORO — I granata, nei 24’ di partita vera, mostrano di avere difficoltà a raggiungere il Gallo Belotti, condizione necessaria per creare pericoli. Un confusionario Niang e Iago ci capiscono poco, Ljajic fa vedere a lampi il suo talento, ma senza incidere. Quello che preoccupa Mihajlovic è una certa sensazione di vulnerabilità della difesa, soprattutto sugli esterni, con la Juve che crea anche in parità numerica. Il giovane brasiliano Lyanco mostra un potenziale da coltivare, ma contro squadre così superiori ipotizzare qualche aggiustamento non è un azzardo.

Jacopo Gerna

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Quindi, finché Higuain non sarà il vero Pipita, si può serenamente fare a meno di lui.



Il Pipita a Napoli era un Dio, a Torino è solo uno dei tanti! [SM=x611915]






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Sampdoria-Milan 2-0, Zapata e Alvarez affondano Montella

Pessima prestazione dei rossoneri che subiscono la pressione e il ritmo dei blucerchiati
fin dal primo tempo e cadono nella ripresa sotto i colpi del colombiano e dell'argentino



Se questa era la partita per capire, per il momento in effetti è più o meno tutto chiaro: la Samp si candida per un ruolo da protagonista, subito dietro il trenino delle imprendibili, e il Milan si rende conto che la strada per agganciare gli obiettivi stagionali è una salita molto più impervia di quanto fosse lecito pensare. Dopo la Lazio, i rossoneri si schiantano anche con la Samp, che nella ripresa legittima con due gol il totale dominio dei primi quarantacinque minuti. La realtà dice che il Milan visto di questi 90 minuti non solo non ha alcuna possibilità di arrivare fra le prime quattro, ma non riuscirebbe nemmeno a bissare la qualificazione in Europa League della scorsa stagione.

CHE TONFO — La Sampdoria era in cerca di conferme, forte di un percorso ancora senza sconfitte e alla ricerca di un ruolo in questo campionato, possibilmente da potenziale outsider (l'ambizione dichiarata di Ferrero sarebbe il settimo posto). Per il Milan invece è iniziato un mini ciclo dal coefficiente di difficoltà piuttosto alto, che continuerà con la Roma e il derby. Ecco perché era molto interessante, e Montella ovviamente si era messo in cima alla lista, capire le possibilità di questo gruppo che fin qui era uscito malconcio dall'unica sfida di alto livello. Giampaolo ha riproposto dal primo minuto Strinic largo a sinistra in difesa, con Ferrari preferito a Regini, Ramirez sulla trequarti e Zapata accanto a Quagliarella. Montella ha confermato le intenzioni della vigilia tornando, rispetto all'ultima uscita contro la Spal, al 3-5-1-1 con Suso a supporto di Kalinic. In mediana Bonaventura ha rilevato Calhanoglu e la difesa a tre ha visto nuovamente dal primo minuto l'altro Zapata della sfida.

DOMINIO BLUCERCHIATO — Il primo tempo è stato quasi esclusivamente nel segno della Samp. Fortissimamente Samp, se escludiamo circa cinque minuti (tra il 35' e il 40') in cui il Milan è riuscito a mettere la testa fuori. Esatto: cinque minuti su quarantacinque. Senza ombra di dubbio la peggior prima frazione stagionale per i rossoneri, che non avevano mai approcciato una partita così timorosi, imbambolati e propensi all'errore. Di quelli gravi – ovvero palloni persi malamente in mediana - ne abbiamo contati sette, ripartiti fra Kessie (un disastro: completamente scarico, imprecisioni a ripetizione), Bonucci, Zapata e Biglia. Un Milan incapace di uscire dalla propria metà campo e tenere il pallone fra i piedi per dar modo a terzini e mezzali di salire. In altre parole, se il primo tempo è finito senza reti è soltanto grazie all'imprecisione della Samp, che ha spinto tantissimo ma, arrivata all'altezza dell'area rossonera, il più delle volte si è ingarbugliata. Comunque, un plauso alla convinzione e all’atteggiamento. E zero a zero anche perché il Milan dopo due minuti è stato salvato dalla Var: cross di Strinic, braccio di Kessie in area su cui Valeri lì per lì non ha avuto dubbi, indicando il dischetto. Le immagini però hanno cambiato il verdetto in calcio d’angolo. Un episodio che, a giudicare da quanto si è visto dopo, probabilmente ha aumentato la carica agonistica dei blucerchiati e in qualche modo spaventato a morte il Milan (che ha rischiato un autogol con Romagnoli).

ESAMI — Nella ripresa il Milan, pur senza fare meraviglie, è riuscito a tenere un po' il pallone fra i piedi, pur patendo sempre parecchio l'aggressività della Samp. E in un paio di occasioni ha fatto anche capolino dalle parti di Puggioni, prima con Suso, poi con una bella combinazione Kalinic-Suso-Kessie e poi con una conclusione di prima di Kalinic. Il gol blucerchiato è arrivato proprio nel momento in cui i rossoneri stavano prendendo un minimo di coraggio e, in perfetta aderenza con l'andamento del primo tempo, è stato un gentile omaggio del Milan, con Zapata che in area ha servito un assist "perfetto" all'omonimo blucerchiato. Regalo impossibile da non scartare. Montella poi le ha provate tutte: dentro Calhanoglu, Cutrone e Borini (per la prima volta da esterno destro, al posto di Abate), ma senza successo. Anzi: la Samp ha chiuso la pratica nel recupero con Alvarez, in gol una manciata di secondi dopo essere entrato. Per il Milan giovedì torna l'Europa League, a San Siro con il Rijeka, e non sarà un problema. Quelli sono tutti in campionato.

Marco Pasotto

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Cagliari-Chievo 0-2, di Inglese e Stepinski i gol della vittoria

Padroni di casa generosi ma poco pericolosi, veneti organizzati e cinici:
nei minuti finali sfiorano tre volte il raddoppio, poi chiudono il match.
I sardi finiscono in 10 per l'espulsione di Pisacane



Il Cagliari arrivava dalla brutta sconfitta col Sassuolo e il Chievo dal buon pari a Marassi col Genova. Le impressioni del mercoledì sera vengono confermate: la squadra di Maran passa con merito sul campo (polveroso) della Sardegna Arena.

EQUILIBRIO — La cosa più emozionante del primo tempo è, poco prima della mezz’ora, lo scontro aereo da Andreolli e Rigoni. I due stanno fuori per un paio di minuti e rientrano con vistose fasciature. Ma il centrocampista del Chievo resiste solo qualche minuto prima di arrendersi e uscire col turbante di nuovo insanguinato. Questo per dire che la partita, bloccatissima, offre per 45 minuti ben poche emozioni. Squadre a specchio: 4-3-1-2 con i due trequartisti, Joao Pedro e Birsa, osservati speciali. Ma il gioco scorre a fatica e comunque è il Chievo a fare possesso palla, puntando, a volte, sul pressing alto. Apprezzabile lancio di esterno destro di Padoin per Sau che sciupa, Ionita al minuto 33 potrebbe rompere l’equilibrio, ma il tiro sfiora l’incrocio dei pali alla destra di Sorrentino. Al 39’ è Pisacane a salvare di testa sulla linea dopo una serie di rimpalli. Stop. Resta ben poco da segnalare del primo tempo.

SOLO CHIEVO — La ripresa è un po’ più vivace, nel senso che è il Chievo a fare la partita, senza mollare più l’iniziativa. Il Cagliari si spegne poco per volta trascinandosi molle verso il secondo k.o di fila. Rastelli prova a dare la scossa togliendo Barella (male) e mettendo Cossu trequartista con Joao Pedro mezz’ala sinistra. La mossa non riesce. Al minuto 38 Pisacane si fa cacciare per doppia ammonizione quando cerca di bloccare un contropiede di Pucciarelli, poi nel recupero il debuttante Stepinski, 22 anni, polacco, si ritaglia un po’ di gloria battendo Cragno con un gran tiro da fuori.

Guglielmo Longhi

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Crotone-Benevento 2-0: Mandragora e Rohden rilanciano Nicola

Notte fonda per i ragazzi di Baroni, ultimi in classifica con zero punti.
A tre minuti dal termine Viola colpisce un palo dagli undici metri e spreca la possibilità di riaprire il match



Quando la lotta si fa dura, i… duri di Davide Nicola impongono la loro legge. Nella sfida tra disperati, la spunta il Crotone, che affossa ancora più il Benevento, rimasto a zero punti, con un solo gol all’attivo e con 16 reti incassate. Il sesto k.o. consecutivo della matricola, che ha fallito un rigore nel finale con Viola (pallone contro il palo, dopo la conferma ottenuta dalla Var dall’arbitro Orsato per l’assegnazione della massima punizione), potrebbe costare caro a Marco Baroni, che ha un contratto sino al 2019 ma rischia l’esonero. Per la sua eventuale sostituzione sarebbero finiti nel mirino del presidente Vigorito Reia e Colantuono, ma potrebbe esserci un’idea anche su De Canio. I "duri" di Nicola sono quelli che nella scorsa stagione hanno imparato a non mollare mai, realizzando l’impresa straordinaria con la rimonta-salvezza nel girone di ritorno. Con due perle di Mandragora – prima il gol personale al 43’ s.t., poi l’apertura per Trotta nell’azione che nella ripresa frutta il raddoppio di Rohden – il Crotone ottiene la prima vittoria in questo campionato in una partita correttissima, senza espulsi e ammoniti.

LE SCELTE — Dopo la debacle a Bergamo con il 3-5-2, Nicola ritorna al 4-4-2 e rispetto a mercoledì inserisce Martella, Mandragora e Trotta, rispettivamente al posto di Pavlovic, Izco e Tonev. Anche Baroni punta sul 4-4-2, è costretto a cambiare la linea difensiva per la sospensione di Lucioni (risultato positivo al controllo antidoping dopo la sfida col Benevento) e mette mano anche al centrocampo: inedita la coppia di centrali arretrati, Gravillon e Costa, con Venuti che torna a fare il terzino, e a metà campo c’è Lombardi, esterno, al posto di Chibsah.

SOLO UN FUOCHERELLO — Come se non bastasse l’emergenza nel reparto offensivo – out per infortunio Budimir e Tonev –, il Crotone perde dopo appena 53 secondi anche Tumminello, che si ferma per un problema al ginocchio destro (sospetta lesione dei legamenti crociati) e viene sostituito da Simy. Il Benevento ha un buon avvio, spinge bene sulla fascia destra con Lombardi, che detta cross invitanti per i colpi di testa di Lazaar e Coda. Ma è solo un fuoco di paglia della squadra sannita, che comincia a subire le iniziative dei rossoblù, vicini al gol soprattutto al 9’, con un tiro al "bersaglio" tentato da Rohden e Mandragora (ribattute di Costa e Belec), con spreco finale di Trotta, che manda a lato. Il Crotone conquista campo, è netto il possesso palla ma le conclusioni di Trotta, Stoian e Rohden sono imprecise e, in particolare, Simy non sfrutta una buona opportunità, controllando male il pallone. Il Benevento si limita a cercare qualche ripartenza, però è sin troppo molle a centrocampo, dove solo Memushaj sembra avere la forza per fare interdizione. La svolta arriva al 43’, quando Mandragora riceve da Stoian e, appena fuori dall’area, inventa un sinistro che non dà scampo a Belec.

SHOW MANDRAK…ORA — Nonostante nella ripresa abbia un piglio diverso e provi a lottare con maggiore determinazione, con tiri di Lazaar, Coda e Parigini, il Benevento si arrende al 13’. Infatti, il Crotone ricama l’azione più spettacolare del match e raddoppia: da sinistra, Mandragora, di prima intenzione, apre benissimo sul fronte opposto in area, dove Trotta, con un colpo di tacco delizioso, serve palla a Rohden, che firma il 2-0 con un destro imprendibile. La partita, a questo punto, vive solo su iniziative individuali dei giocatori giallorossi, pericolosi con Lombardi e con un tiro-cross di Letizia. Ma il Crotone controlla senza affanni, esce indenne anche dall’episodio-rigore fallito da Viola (fallo di Ceccherini su Lombardi, confermato ad Orsato dal contributo Var) e conquista il suo primo successo in questo campionato.

Giuseppe Calvi

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Verona-Lazio 0-3: Immobile, doppietta con assist a Marusic

Nonostante le numerose assenze, domina la squadra di Inzaghi, con l'attaccante incontenibile



La Lazio si rimette subito in marcia nonostante le assenze (sette, tutte per infortuni) e nonostante il contraccolpo della pesante sconfitta col Napoli. Contro un Verona sempre più in crisi basta e avanza il super Immobile di questo periodo. Altre due reti (e un assist) per il bomber napoletano che è sempre più l'immagine di una Lazio che non vuole porsi limiti. I biancocelesti danno prova di una grande maturità e passano senza problemi su un Verona che, dopo l'illusione del pari strappato con la Samp, ripiomba nelle angosce del suo tormentato inizio di campionato. Il Bentegodi ha già decretato chi siano i due responsabili di questa situazione: il presidente Setti e l'allenatore Pecchia. Fischi sonori per entrambi già nel corso della partita e poi a ancora di più a fine gara. La panchina del tecnico traballa.

CIRO BUM-BUM — Pronti via e la Lazio si sistema subito nella metà campo veronese. Perché Inzaghi quello ha chiesto ai suoi giocatori (con una difesa priva di 4 titolari meglio tenere la palla il più lontano possibile dalla propria aerea) e perché il 4-5-1 abbottonassimo di Pecchia è fatto apposta per invitare gli avversari ad aggredire. Fino al 24', però, la squadra biancoceleste - a parte un colpo di testa di Leiva neutralizzato da Nicolas - non produce granché. Ma se stazioni stabilmente nei pressi dell'area avversaria prima o poi qualcosa succede. E infatti succede. Sul cambio di gioco di Lulic per Marusic Souprayen prova ad anticipare l'esterno montenegrino ma trova le sue gambe. Rigore ineccepibile che Immobile trasforma tirando forte e centrale. La partita si mette in discesa per la formazione di Inzaghi che tuttavia preferisce restare guardinga piuttosto che spingere sulle ali dell'entusiasmo. Ma, prima dell'intervallo, al 40', il raddoppio arriva lo stesso. E il merito è tutto di Immobile. Che lavora sulla trequarti una palla ricevuta da Luiz Felipe, la scambia con Marusic sul limite dell'area, quindi sfonda la difesa veronese e fredda Nicolas. E il Verona? Si sveglia solo nei minuti finali del primo tempo quando è già sotto di due reti. Una punizione dal vertice dell'area di Fossati costringe Strakosha ad una parata complicata, poi sulla ribattuta Zaccagni calcia alto.

CHIUDE MARUSIC — Dopo l'intervallo Pecchia tenta il tutto per tutto gettando sul campo l'artiglieria pesante che forse avrebbe fatto meglio a usare prima. Entrano Kean e Cerci per Souprayen e Zaccagni. Ma la partita, per la squadra di casa, è ormai andata. Le sostituzioni, anzi, la rendono ancora più vulnerabile. La Lazio ne approfitta per chiudere a chiave la vittoria. I biancocelesti lo fanno già al quarto d'ora con Marusic che realizza il 3-0 su assist dello scatenato Immobile. Ma già in precedenza l'esterno montenegrino aveva sfiorato la terza marcatura. E un'occasione l'aveva avuta pure Lulic. Lazio, insomma, padrona del campo. Tanto che il Verona, una volta sotto di tre reti, non prova neppure a cercare il gol della bandiera. A nulla serve il terzo cambio di Pecchia (il coreano Lee per Valoti), mentre le sostituzioni di Inzaghi (Murgia, Caicedo e Di Gennaro per Lukaku, Luis Alberto e Leiva) servono solo a far rifiatare i titolari. Finisce con i biancocelesti che esultano sotto la curva dei loro tifosi, mentre il resto del Bentegodi fischia Pecchia e se la prende col presidente Setti.

Stefano Cieri

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Inter-Genoa 1-0: D'Ambrosio decide di testa

I nerazzurri fanno fatica, Spalletti le prova tutte (nella ripresa spazio a Eder, Karamoh e Joao Mario).
Ci pensa però il terzino all'87' a sfondare il muro rossoblu


No, l’Inter non si stacca, non ancora. Arranca, suda, fatica. Vede allontanarsi i battistrada, poi trova l’ultima spinta per piegare il Genoa e non ripetere la frenata dell’ultimo turno. La “botta di vita”, in un pomeriggio sonnacchioso, arriva da Yann Karamoh, classe 1998, inserito a 20’ dalla fine. Nel tabellino dei marcatori c’è D’Ambrosio, ma è da un tiro improvviso del ragazzo che nasce l’angolo che il terzino di testa trasforma il gol. Dopo ne fa ammonire due e espellere uno (Taarabt), accendendo i 50mila di San Siro, che fin lì si erano sorbiti la solita solfa di passaggi orizzontali, conditi da sparute iniziative di Perisic e Brozovic.


NON È — Non è la soluzione a tutti i problemi, ma almeno il franco-ivoriano è un’alternativa in una squadra che si è un po’ “incartata” nella sua formazione tipo e nelle sue contraddizioni e assenze di ritmo. La vittoria sul Genoa non è un trionfo, ma mantiene Spalletti nella scia delle prime due e lo allontana da Milan, a due settimane dal derby. Per lo spettacolo serve altro (forse pure altri uomini) e partite giocate così sarà più facile pareggiarle che vincerle, in futuro. Non è da Champions, oggi come oggi, l’Inter. Ma ce ne sono quattro che lo sono di più?

CENTROCAMPO — Giù Spalletti, come ormai di consueto, prova soluzioni alternative nel triangolo di centrocampisti: stavolta tocca a Vecino e Brozovic aggiungersi a Borja Valero, che pare l’unico inamovibile. Cambiano gli uomini ma mai il ritmo: palla lenta, palleggio faticoso e che non trova mai uno sbocco. La prima accelerazione di un centrocampista si vede al 45’, con Vecino, e sugli sviluppi arriverà il palo di Brozovic, fin lì evanescente. Il croato ha i colpi, ma non sa cosa sia la continuità, nemmeno in 90’. Non che lì in mezzo i compagni facciano molto più di lui: l’unico che sembra avere sempre la possibilità di creare qualcosa è Perisic, mentre Icardi ne tocca poche, ne difende meno, non c’è mai sui cross, anche i pochi che arrivano in zona.

PAURA GENOA — Il Genoa si piazza lì ordinato e paziente, Rossettini mette sorprendentemente la museruola a Icardi, pian piano si prova qualche sortita e arrivano una palla buona per Pellegri e un tiro da fuori di Taarabt. Pellegri non ripete i miracoli, ma per quasi tutta la gara è lasciato davanti al suo destino: per lo meno lotta. La qualità a disposizione di Juric non è molta (o almeno bisogna trovarla in giornata buona), e lo spavento preso la scorsa stagione pare indurre tutti a una dose di prudenza a tratti eccessiva. Ecco che così i punti in classifica sono due, con due pareggi. A San Siro poteva arrivare il terzo, con Omeonga e Laxalt che nella ripresa hanno anche avuto occasioni per passare in vantaggio. Poi la “sbracata” finale, con il gol preso e i due rossi (Omeonga fermava Eder lanciato a rete). La strada è lunga, ma i compagni nella lotta per non retrocedere sono parecchi.

Valerio Clari

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Serie A, Sassuolo-Bologna 0-1, Okwonkwo fa esultare Donadoni

In un match senza emozioni il giovane nigeriano regala tre punti ai rossoblù,
che lasciano la squadra di Bucchi al 15esimo posto con 4 punti in classifica



Non sarà stata la partita dell’anno ma meglio vincere giocando male che perdere dopo aver dato spettacolo. Il Bologna porta a casa un 1-0 preziosissimo in casa del Sassuolo: punti già pesanti per cominciare ad avvicinarsi a una salvezza tranquilla. A deciderla è Orji Okwonkwo, 19enne attaccante nigeriano, mandato nella mischia da Donadoni nel finale di partita. Bucchi non riesce a trovare continuità dopo la vittoria di Cagliari, nonostante la scelta di confermare l'undici vittorioso con l'unica novità di Berardi al fianco di Matri. Donadoni risponde schierandosi a specchio: 3-5-2 con De Maio dall'inizio per Di Francesco.

LA PARTITA — Se l’intento del Bologna era quello di coprirsi allora la mossa è azzeccata. I neroverdi sono più in confidenza con il modulo e partono più aggressivi, dando la sensazione di sapere cosa fare con la palla tra i piedi mentre i rossoblù puntano soprattutto a rompere le trame avversarie. Primo squillo con Matri al 17’, che viene murato da Da Costa. Ma i ritmi stentano a decollare: il Bologna porta spesso Masina e Mbaye sulla linea dei centrali, formando un 5-3-2 e aspettando l’iniziativa dei neroverdi, che fan girare bene la palla ma mancano di incisività negli ultimi metri. L’unica azione del Bologna è di Verdi: al 44’ fa partire un tiro deviato dagli emiliani in corner. E così si torna negli spogliatoi senza sussulti.

SECONDO TEMPO — Nella ripresa gli ospiti partono con ben altri ritmi. Palacio dopo 25 secondi si divora il vantaggio a porta vuota, Consigli deve bloccare subito dopo un bolide di Donsah. Ma le buone intenzioni dei ragazzi di Donadoni si spengono rapidamente. Attorno al 25’ Bucchi prova a dare peso all'attacco: dentro Falcinelli per Matri e il Bologna risponde con Petkovic per Verdi ma ormai di benzina nelle gambe ne resta ben poca da entrambi i lati. Lo dimostra anche la seconda ammonizione di Magnanelli, presa a distanza di 7 minuti dalla prima, che lascia i neroverdi in dieci all’80’ dopo un’entrata in netto ritardo su Pulgar. Alla fine il gioco dei cambi lo vince Donadoni, pescando il jolly Okwonkwo dalla panchina. Il nigeriano è bravo a farsi trovare pronto quando all'89' Palacio penetra in area e ad avventarsi sul tap in dopo l'intervento super di Consigli sull'argentino. Rete di grande importanza, sia per il 19enne africano che alla terza presenza in Serie A riesce già a timbrare sia per la banda Donadoni, ora a quota 8 punti e al 10° posto in campionato.

Michele Nardi

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Fiorentina-Atalanta 1-1: Freuler al 94' risponde a Chiesa

Perla del 19enne, Sportiello para un rigore a Gomez e fa altri interventi decisivi ma non basta a Pioli:
la squadra di Gasperini trova il gol del pareggio con lo svizzero all'ultima azione


Freuler al 94' gela il Franchi e consegna un pareggio meritatissimo all'Atalanta. Chiesa e Sportiello avevano trascinato i viola per tutta la gara, ma il destro del centrocampista nel recupero brucia i padroni di casa: è 1-1. Pioli recupera Laurini a destra, piazza Sanchez al posto dello squalificato Badelj e punta su Gil Dias a destra con Benassi in panchina. Gasperini replica affidando l'attacco ad Ilicic con Gomez che parte da sinistra: out Petagna mentre Spinazzola torna titolare. Il primo tiro è di Thereau al 6', palla troppo morbida e centrale per impensierire Berisha. L'occasione vera arriva però sul piede di Kurtic, servito da Gomez, al minuto numero dieci. Sportiello è bravo a respingere in calcio d'angolo. Passano due minuti e la Fiorentina va in vantaggio con un altro gol gioiello di Chiesa. Federico raccoglie un colpo di testa di Thereau, si smarca e dai 20 metri fa partire un bolide di destro che supera l'incolpevole Berisha.

SUPER SPORTIELLO — L'Atalanta reagisce ed un liscio di Veretout libera Gomez che serve Freuler a centro area. Sportiello, ex con il dente avvelenato, si supera per deviare il pallone in corner. Si fa male Toloi (problema muscolare) e Gasperini lancia un altro ex, Mancini. Al 30' tocca ad Ilicic calciare in porta, ma il destro non è il piatto forte della casa. Chiesa è una furia e fa impazzire Castagne, Gil Dias dalla parte opposta invece soffre la prepotenza fisica di Spinazzola. Il primo tempo si chiude con il colpo di testa di Palomino alto sopra la traversa.


ATALANTA ALL'ULTIMO RESPIRO — Si riparte senza cambi e con una buona occasione per Ilicic (punizione), il cui tiro sfiora l'incrocio dei pali. Gasperini corre ai ripari: fuori Kurtic, dentro Cornelius ed attacco più pesante. Nei viola fuori un generoso Simeone, dentro Babacar. Al 15' ci prova da fuori Veretout, conclusione che si perde sul fondo. Al 17' Pezzella tocca Ilicic in area, Pairetto fischia il rigore tra le proteste viola. Sportiello però, in serata di grazia, si distende e devia la conclusione dagli undici metri di Gomez. Altri due k.o. Al 70' Biraghi che deve uscire per un problema alla caviglia destra: dentro Maxi Olivera. Fuori anche Ilicic, zoppicante, sostituito da Orsolini. Pioli si gioca anche la carta Eysseric al posto di uno stanchissimo Thereau, provando ad aumentare il palleggio in mezzo al campo per interrompere la pressione atalantina. Gli ospiti insistono ed Orsolini in rovesciata sugli sviluppi di un corner calcia alto da buona posizione. Astori reclama il rigore per un fallo sugli sviluppi di un corner. Poi è Castagne a presentarsi da solo davanti al portiere ma Sportiello compie un altro miracolo salvando il risultato. All'85' è Gil Dias in contropiede a presentarsi davanti a Berisha che lo tocca. Proteste dello stadio ma per Pairetto (e per la Var) non è rigore per la rabbia di Pioli e tutta la Fiorentina. Babacar si mangia il 2-0 tutto solo davanti a Berisha, errore gravissimo visto che al 94' Freuler con un gran destro da fuori supera Sportiello. Finisce 1-1 con l'Atalanta che ha meritato il pareggio. Ed i viola a ribollire di rabbia verso Pairetto... e la Var.

Giovanni Sardelli

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2017/2018 6ª Giornata (6ª di Andata)

23/09/2017
Roma - Udinese 3-1
Spal - Napoli 2-3
Juventus - Torino 4-0
24/09/2017
Sampdoria - Milan 2-0
Cagliari - Chievo 0-2
Crotone - Benevento 2-0
Hella Verona - Lazio 0-3
Inter - Genoa 1-0
Sassuolo - Bologna 0-1
Fiorentina - Atalanta 1-1

Classifica
1) Napoli e Juventus punti 18;
3) Inter punti 16;
4) Lazio punti 13;
5) Roma(*) e Milan punti 12;
7) Sampdoria(*) e Torino punti 11;
9) Atalanta, Chievo e Bologna punti 8;
12) Fiorentina punti 7;
13) Cagliari punti 6;
14) Spal, Sassuolo e Crotone punti 4;
17) Udinese punti 3;
18) Genoa, e Hellas Verona punti 2;
20) Benevento punti 0.

(*) Sampdoria e Roma una partita in meno.


(gazzetta.it)
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Penso che sia un record nel nostro campionato di serie A: nelle prime 6 partite la neopromossa squadra del Benevento ha incassato 16 goal, ne ha realizzato soltanto 1 ed è rimasta a 0 punti.

Un record negativo dopo quello positivo della doppia promozione (dalla C alla B nella stagione 2015/16 e dalla B alla A nella stagione 2016/17). [SM=x4983510]





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Udinese-Sampdoria 4-0, doppio Maxi Lopez e rigori di De Paul e Fofana

Dopo 3 k.o. consecutivi i friulani tornano alla vittoria:
decisiva l'ingenuità di Puggioni per il penalty che sblocca
l'incontro nel primo tempo, poi l'espulsione di Barreto al 40' fa il resto



Il trionfo (provvidenziale) di Delneri, il tonfo (imprevedibile) di Giampaolo. Una bella partita, due regaloni della Samp a spianare la via della gloria a un'Udinese comunque determinata e compatta nel cercare la strada che la portasse fuori dalla crisi dopo una settimana intera di ritiro. A volte serve... CADEAU — Il primo omaggio ai bianconeri lo fa il portiere Puggioni, classe 1981, non esattamente un pivellino. Esce a vanvera fino al limitare della sua area, per giunta dalla parte della bandierina, e va a tamponare fragorosamente e inutilmente (soprattutto) l'ignaro Maxi Lopez che stava semplicemente controllando un pallone, spalle alla porta e quindi in posizione innocua. Patapum, e dallo scontro viene fuori il rigore sblocca risultato. De Paul lo trasforma in maniera impeccabile.

CADEAU-BIS — Siamo a metà di un primo tempo fin lì equilibrato e che continua a riservare azioni da una parte e dall'altra anche se quelle blucerchiate non hanno il crisma della pericolosità mentre i bianconeri falliscono in fase di rifinitura almeno tre contropiede assai interessanti. Beh, al 40' ecco l'altro omaggio ai padroni di casa. E questo è ancora più determinante sullo sviluppo del match. A centrocampo Edgar Osvaldo Barreto, classe 1984, entra in ritardo e soprattutto inutilmente su Lasagna. Un tackle scivolato di cui non si avverte l'urgenza sotto gli occhi dell'arbitro in una zona del campo innocua.

VALANGA — Questo mette k.o i liguri. Perchè nella ripresa si gioca a una porta e l'Udinese viaggia sul velluto. Arriva un altro rigore (fallo di Torreira su Fofana), stavolta trasformato da Maxi Lopez, che al 40' si esibisce con un pregevole pallonetto di controbalzo per calare il tris. Chiude la girandola Fofana, steso dall'ennesimo spintone in area, questo di Strinic: stavolta il rigore lo calcia lui. La corsa della Samp subisce un arresto, i friulani si lagnano solo del fatto che adesso per incontrare squadre liguri dovranno aspettare un po': il primo e unico successo precedente lo avevano ottenuto sul Genoa...

Nicola Cecere

Fonte: Gazzetta dello Sport
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