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Campionato di calcio Serie A stagione 2023/2024 di Award & Oscar FFZ

Ultimo Aggiornamento: 07/05/2024 00:00
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L'Inter è un rullo compressore:
4-0 anche a Lecce e la Juve torna a -9



Tutto facile per i nerazzurri a segno con Lautaro (doppietta), Frattesi e De Vrij.
Mercoledì il recupero contro l'Atalanta: Inzaghi potrebbe andare a +12


Filippo Conticello

Di questo passo bisognerà concentrarsi solo sul calendario: quando quest’Inter tirannica cucirà sul petto l’agognata seconda stella? Questo 0-4 in Salento è l’ennesima prova di potenza e dominio, anche con formazione ampiamente rimaneggiata. Inzaghi resta a +9 con una partita in meno, non fa prigionieri neanche in provincia e festeggia l’ingresso di Lautaro nel club dei centenari: 100esimo e poi 101esimo gol nerazzurro in serie A. E’ appena il 25 febbraio e il Toro ha già segnato in campionato più delle ultime due stagioni, che fin qui erano le più prolifiche della carriera: siamo già a 22, immaginare dove possa arrivare di questo passo è un esercizio interessante perché non sembrano esserci limiti per il capitano interista. In più, giusto per scoraggiare la concorrenza, brillano pure le presunte riserve, da Frattesi-gol a Sanchez. Per il Lecce, invece, rischia davvero di mettersi male: alla sesta sconfitta nelle ultime sette, resiste per poco più di un tempo prima del naufragio e si prende pure una “strigliata” dalla curva, che chiede un po’ di cuore in questa corsa-salvezza.

GLI SCHIERAMENTI — Il turnover spinto di Inzaghi, pensato in vista della sfida all’Atalanta di mercoledì, agisce su tutti i reparti, un po’ per scelta e un po’ per necessità. Sono l’influenza di Sommer e l’affaticamento di Calha a spalancare il campo ad Audero e Asllani: il portiere ex Samp è al debutto in A, per l’albanese una nuova occasione da regista. L’aggiustatutto Carlos Augusto scivola in difesa, accanto a De Vrij e alla novità Bisseck, mentre Dumfries torna titolare a destra con Dimarco dall’altro lato. Inzaghi ripesca poi sia Frattesi come incursore al posto di Barella che Sanchez come spalla di Lautaro nonostante lo scalpitante Arna. Al contrario, D’Aversa progetta l’impresa impossibile piazzando a sorpresa Blin nella barriera centrale a due accanto a Ramdani e usando da punta unica Piccoli: nel 4-2-3-1, alle spalle del centravanti scuola Atalanta, è avanzato Rafia con Almqvist a destra e Sansone a sinistra.


L'INIZIO — Per pungere la linea di difesa salentina - Gendrey, Baschirotto, Touba, Gallo sempre un po’ troppo… larghi – l’Inter sceglie di battere soprattutto a destra, dove quel prezzemolino di Alexis chiama sempre la giocata. La rete che indirizza il match già al 15’ arriva, però, da un’imbucata centrale bizzarra perché nata in ripartenza: è bellissimo l’esterno filtrante di Asllani e forse ancora di più lo stop e il tiro del centenario Lautaro. L’errore della difesa di D’Aversa è doppio, Baschirotto sbaglia il fuorigioco e Touba è friabile in marcatura, ma il pezzo di bravura è tutto argentino. Il suo compagno di giornata, Sanchez, ha molta più voglia del solito e apparecchia subito una possibilità per il raddoppio sul piede mancino di Mkhitaryan, l’unico titolare del centrocampo confermato in mezzo a tanto turnover. Con questi presupposti, i nerazzurri sono sempre abbastanza in controllo con gli assist del Niño e i cross radenti di Dumfries non sfruttati a dovere. Un po’ di superficialità e qualche passaggio all’indietro lezioso, però, porta brividi non richiesti per Audero: i centrali ci mettono sempre una pezza, anche Bisseck deve fare valere il suo fisico da centurione romano per recuperare a qualche suo stesso errore.

LA RIPRESA — Il cambio che non ci si aspetta all’inizio del secondo tempo è quello dell’arbitro: Doveri deve lasciare per infortunio (il Via del Mare esulta all’annuncio dello speaker), al suo posto il quarto uomo Baroni. Le velleità di rimonta del Lecce si infrangono al 47’ sul paletto dietro alla porta, colpito da un colpo di testa in tuffo di Blin su cross di Gallo dalla sinistra: è l’occasione migliore del match, ma anche l’inizio della slavina. L’Inter, in fondo, resta fedele a se stessa a prescindere dagli interpreti, porta avanti una filosofia di gioco precisa, che parte dal basso anche con molte riserve, e questo marchio le dà una sicurezza prima sconosciuta e aiuta a governare ogni momento delle partite.


LA FESTA — E poi c’è quel tocco di magia nell’aria che si avverte solo nelle annate vincenti: così, in poco più di 20 minuti, l’Inter stra-capolista passa dal rischio di 1-1 a uno 0-4 rotondo e roboante. Il secondo gol lo segna al 54’ lo straripante Frattesi con un tap-in in inserimento dopo una splendida invenzione di Sanchez, abilissimo nel far passare la palla tra mille gambe. Appena due minuti dopo è Frattesi stesso, sfruttando sempre il cileno, a vestirsi da assist-man e ad apparecchiare la doppietta di giornata di Lautaro. Il poker è al minuto 67 con una testata di De Vrij, quando il Lecce è già sparito da tempo dal campo. Per i salentini un sinistro di Piccoli poco fuori e la vivacità di Banda alzatosi dalla panchina sono solo palliativi, per evitare di essere risucchiati in classifica una volta per tutte servirà molto di più. Visto il punteggio e gli impegni ravvicinati, anche Inzaghi alla fine opera un turnover dentro al turnover facendo entrare i vari Kllassen, Arna, Buchanan (largo a sinistra) e il ragazzino Akisanmiro senza arretrare mai. Del resto, c’è una tale aria di festa attorno all’Inter che chiunque si vestisse di nerazzurro adesso si divertirebbe in campo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Un grande Leao non basta al Milan: l'Atalanta strappa il pari

Il portoghese apre la gara con un gran gol, poi Koopmeiners pareggia su calcio di rigore.
Terzo risultato senza successi tra campionato e coppe per Pioli, Dea imbattuta nel 2024


Marco Pasotto


Gasperini è stato un facile profeta: tra Milan e Atalanta lo 0-0 è quasi vietato dal regolamento. Meno facile, invece, era l’auspicio di Pioli, che voleva un Diavolo più “fastidioso” della Dea. L’ha trovato, eccome se l’ha trovato, solo che non è bastato per portare a casa tre punti che sarebbero stati ampiamente meritati. Il pareggio non è comunque da disdegnare, perché frena le ambizioni di un avversario che arrivava da sei vittorie e un pareggio nelle ultime sette di campionato, con diciannove gol fatti e tre subiti. Mentre il Milan, tra Monza e Rennes, ne aveva incassati sette. Insomma, in vigilia pareva una sfida impari, ma i rossoneri tornano negli spogliatoi col rammarico di un’occasione fallita: produzione offensiva di quantità e qualità, personalità e Leao autore di una delle più belle prove da quando è a Milanello. Viste le ultime uscite, era difficile attendersi un Diavolo così ritrovato. Buon segno in chiave Champions, sebbene il secondo posto ora sia più lontano. Anche l’Atalanta resta in zona e mercoledì proverà a strappare punti all’Inter nel recupero di campionato, ancora qui a San Siro.

LE SCELTE — Pioli ha messo mano alla squadra in quattro punti rispetto a Rennes, cambiando in ogni reparto e sostituendo: Thiaw al posto di Kjaer, Adli per Reijnders, Loftus-Cheek per Musah e Giroud per Jovic (fuori per la prima delle due giornate di squalifica). In panchina si rivede Kalulu dopo quattro mesi. Gasperini al centro della difesa ha preferito Djimsiti a Hien e davanti si è affidato a De Ketelaere con Koopmeiners e Miranchuk alle spalle. Quindi Pasalic e Lookman seduti e preventivabili in corso d’opera.

LA CHIAVE TATTICA — Pioli e Gasperini si conoscono decisamente bene e allora bisogna cercare di fare possibilmente qualcosa di diverso. Qualcosa di tatticamente nuovo. Detto e fatto. Il tecnico rossonero ha cucito sulla pelle del Diavolo un 4-1-4-1 che ha stupito a tal punto la Dea da mandarla in confusione. La sistemazione: Adli roccaforte davanti alla difesa – alzi la mano chi, fuori da Milanello, avrebbe immaginato una soluzione simile –, Bennacer e Loftus-Cheek interni avanzati in una linea a quattro molto fluida e intelligente a raccogliersi davanti alla difesa o appoggiare la manovra a seconda dei momenti del match. Fluida perché Bennacer (comunque attento su Ederson) e Loftus si sono scambiati continuamente le posizioni, moto più o meno perpetuo completato dai movimenti di Pulisic, che spesso e volentieri abbandonava la fascia per convergere nel cuore del campo. In altre parole, pochi punti di riferimento per la fase difensiva nerazzurra, con la conseguenza che nei primi 45 è stata quasi sempre l’Atalanta a dover rincorrere il Milan. Peraltro, a differenza delle ultime uscite, ben piazzato e lucido dietro. Adli si è occupato soprattutto di Koopmeiners e ha rimediato egregiamente un paio di situazioni scomode, Thiaw alitava sul collo di De Ketelaere e Miranchuk non è mai riuscito a trovare uno spunto limpido.

MERAVIGLIA — Il vantaggio del Diavolo però, più che per motivi tattici è arrivato grazie al più visionario dei giocatori rossoneri. Gol clamoroso. Minuto numero 3, Leao è scappato in fascia sgusciando tra Holm e Scalvini e quando è entrato in area ha piazzato un siluro a giro che si è spento poco sotto l’incrocio dei pali più lontano. Il suo ultimo centro in campionato risaliva al 23 settembre. Scherzando, ma non del tutto: per vedere un gol così forse valeva la pena aspettare cinque mesi. La meraviglia del portoghese ha avuto un effetto dirompente sulla partita, che ne è uscita tramortita, un po’ perché è stato un cazzotto a freddo nello stomaco della Dea e un po’ perché ovviamente ha gasato parecchio il Milan. L’attacco atomico dei nerazzurri in tutto il primo tempo ha prodotto soltanto un tiro fuori di De Ketelaere dopo un flipper pericoloso davanti a Maignan. Milan autorevole dunque, ma che ha rallentato troppo il ritmo con lo scorrere del cronometro, cosa che ha permesso ai bergamaschi di mettere il naso fuori dall’uscio. Al resto ci ha pensato… Giroud, entrato scomposto in area su Holm. Orsato è andato al monitor e poi ha indicato il dischetto: Koopmeiners ha infilato Maignan centralmente.

SU DI GIRI — A inizio ripresa dentro Lookman per De Ketelaere e Zappacosta per Holm, poi Calabria per Florenzi e Scamacca per Miranchuk. Vigoroso soprattutto l’ingresso di Lookman, feroce su tutti i palloni, ma le occasioni migliori è stato ancora il Milan a produrle. Prima un sinistro di Calabria parato con difficoltà da Carnesecchi, poi altre due perle di Leao. Un cross basso per Loftus-Cheek che ha ciabattato malamente e poi un lancio morbido per Pulisic che ha concluso al volo fuori per pochi centimetri. Col passare dei minuti il Milan ha fatto il contrario del primo tempo e, ignorando le fatiche di coppa, ha aumentato notevolmente i giri, schiacciando nuovamente l’Atalanta. A dieci dal novantesimo Carnesecchi ha stoppato l’ennesima sgommata di Leao e poi Zappacosta ha salvato sulla linea un sinistro di Giroud. Il Milan ha provato fino alla fine, ma gli ultimi minuti sono stati comprensibilmente figli dell’acido lattico e di menti annebbiate dalla fatica.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Solo una tripletta di Dybala piega un bel Torino:
la Roma vede la zona Champions

L'argentino apre su rigore, il pari è di Zapata.
Nella ripresa due perle della Joya lanciano i giallorossi
a -2 dall'Atalanta e a -4 dal Bologna.
Nel finale l'autogol di Huijsen


Andrea Pugliese


Le magie di Dybala e il gioco di Juric. Alla fine vincono le prime, perché l’estro nel calcio spesso e volentieri fa la differenza. Ma il Torino ha di che rammaricarsi per una partita che ha condotto a lungo, soprattutto nel primo tempo (quando il consuntivo dei tiri è 9-3 per i granata). Poi, però, si è accesa la luce che in casa giallorossa risponde al nome di Paulo Dybala, autore della tripletta che regala alla Roma una vittoria (3-2) che sa di Champions. Per il Torino, invece, prestazioni di alto livello di Vlasic e Bellanova e la rabbia di non aver concretizzato quando c’era da farlo.

PARI E PATTA — De Rossi decide di mettersi a specchio e rispolvera la difesa a tre, con Smalling che torna titolare 178 giorni dopo l’ultima volta e Lukaku che va in panchina, dando spazio ad Azmoun. Juric, invece, conferma l’estro di Vlasic alle spalle di Zapata e Sanabria e gioca la solita partita uomo a uomo. Tanto è vero che si gioca molto più nella metà campo della Roma che non in quella del Toro, perché i granata aggrediscono dal basso e mandano in difficoltà la costruzione iniziale dei giallorossi. Gli accoppiamenti sono fissi: Zapata-Mancini, Sanabria-Smalling, Vlasic-Ndicka, Gineitis-Cristante e Ricci-Paredes. Così la Roma per trovare vie di fuga si affida all’estro di Dybala, che avvia l’azione in cui i giallorossi sfiorano il vantaggio: ripartenza veloce di Azmoun e palo di Kristensen (che poteva sicuramente fare meglio). Poi, però, lo spartito torna lo stesso, con Vlasic a disegnare gioco e il Torino a mettere all’angolo la Roma. Solo che Zapata si trova spesso fuori posizione, a volte addirittura sulla metà campo, senza poter riempire l’aria di rigore. E quando lo fa, costringe Mancini ad un recupero super. Poi è Ricci a sfiorare il gol con un bel gesto tecnico, sullo spunto del solito Bellanova, uno stantuffo in fascia. Quando tutto fa pensare che si vada al riposo così, ecco che la gara si accende. Prima per un’ingenuità di Sazonov (fallo su Azmoun e rigore trasformato da Dybala) e poi per un colpo di testa imperiale di Zapata, sull’ennesima giocata di Bellanova (ma c’è spazio anche per un tiro da fuori di Vlasic, su cui Svilar si salva come può).

SUPER JOYA — Ad inizio ripresa il Torino si rende subito pericoloso con Lazaro (bene Svilar in angolo), poi però perde i riferimenti e sembra meno fluido nella manovra rispetto ai primi 45’. Dall’altra parte, invece, la Roma sembra non riuscire a risalire fino a che, però, non si accende l’estro di Dybala, che in 12 minuti porta a casa da solo la partita: prima con una magia a giro da venti metri e poi con un diagonale successivo all’uno-due con Lukaku (entrato da poco). Una doppia mazzata che ucciderebbe chiunque, ma non il Toro. Che si rimette lì e prova a riaprire la partita prima con Vlasic e poi con Okereke (bravo Svilar), riuscendoci poi in extremis con Ricci (decisivo il tocco di Huijsen). L’ultimo brivido è una palla in profondità per Zapata, che non riesce a controllare in area di rigore. Finisce così, con la Roma a gioire e il Torino a rammaricarsi.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Fiorentina, vittoria e sorpasso sulla Lazio: decide il solito Bonaventura

Finisce 2-1: apre Luis Alberto a fine primo tempo,
poi nella ripresa Kayode e il gol dell'azzurro arrivato un minuto dopo
il rigore che Gonzalez manda sul palo dopo aver spiazzato Provedel


Stefano Cieri


È della Fiorentina lo pareggio per l’Europa. Successo netto e meritatissimo quello dei viola, molto più di quanto non dica il punteggio finale. No, non è stata un vittoria di corto muso. La Fiorentina ha dominato in lungo e in largo per tutta la gara, con il colpevole neo di capitalizzare solo due della dozzina di occasioni avute. Una serata sontuosa, che rischiava di essere rovinata dal gol di Luis Alberto che al 45’ aveva portato la Lazio in vantaggio. Ma poi nella ripresa la squadra di Italiano ha rimesso le cose apposto. Sconfitta senza attenuanti per la Lazio, mai in partita e neppure capace di capitalizzare quel gol di Luis Alberto piovuto dal cielo.

L VELENO DI LUIS NELLA CODA — Il primo tempo è un monologo della Viola che si chiude però con il vantaggio della Lazio. Uno di quei paradossi che rendono il calcio uno sport unico, bello per chi ne beneficia e crudele per chi lo subisce. La squadra di Italiano parte subito all’arrembaggio. Il 4-2-3-1 a trazione anteriore voluto dal tecnico (c’è Bonaventura, e non Duncan, a fare la cerniera di centrocampo con Arthur) facilita il compito dei padroni di casa che occupano militarmente la metà campo avversaria impedendo alla Lazio di uscirne se non in rarissime occasioni. La formazione di Sarri, stanca e incerottata, pare inerme. Ma alla Fiorentina, come spesso le succede, fa difetto la mira. Sì, perché le palle-gol arrivano in quantità industriale, senza però che ne venga capitalizzata una. Per tre volte è il palo a dire di no ai viola. La prima volta al 18’ su tiro di Gonzalez (determinante la deviazione di Provedel sul montante, poi sul tap-in a colpo sicuro di Bonaventura c’è il miracoloso salvataggio di Casale in scivolata). Il secondo palo arriva al 23’ su un colpo di testa di Belotti (anche in questo caso ci sarebbe un comodo tap-in per Sottil, ma Provedel ci mette una pezza). Il terzo ultimo palo è di Biraghi direttamente da calcio d’angolo al 43’. E nel computo delle occasioni va calcolato anche un altro colpo di testa di Belotti che Casale devia provvidenzialmente in angolo. Il pari all’intervallo sarebbe già strettissimo per la squadra di casa. Ma a pochi secondi dal 45’ ecco la beffa. La Lazio, che fin lì si era fatta vedere solo per una girata di Guendouzi su angolo di Luis Alberto, inventa l’azione letale. Isaksen recupera palla e smista per Immobile che di prima mette in azione Guendouzi sulla destra. Il francese è lucido a pescare Luis Alberto in area: lo spagnolo controlla e fredda Terracciano.

SORPASSO VIOLA — Di solito beffe di questo genere, soprattutto se arrivano in coda ad una frazione di gioco, hanno il potere di spezzare le gambe alla squadra che le subisce. La Fiorentina, invece, ritorna in campo dall’intervallo con lo stesso piglio e la stessa determinazione del primo tempo. Italiano, evidentemente, era convinto di questo, tanto che non effettua cambi. Sarri, invece, nonostante il vantaggio sa che la Lazio sta soffrendo, così toglie Marusic e Isaksen e mette dentro Hysaj e Zaccagni (poi il tecnico inserirà pure Vecino per Cataldi, Castellanos per Immobile e Pedro per Anderson). L’assalto viola quindi riprende e nel giro di una ventina di minuti produce il sorpasso sulla Lazio. Ma, prima che si realizzi, i padroni di casa sciupano altre occasioni. Un tiro di Gonzalez finisce alto di poco, poi sul colpo di testa di Ranieri c’è un altro intervento prodigioso di Provedel. Il gol è comunque nell’ara e lo realizza Kayode al 16’ con un tocco vincente sul cross di Belotti. Passano cinque minuti e la Fiorentina beneficia di un rigore per fallo di Casale su Belotti. Dal dischetto, però, Gonzalez colpisce l’ennesimo palo della serata viola. A fare il 2-1 ci pensa però Bonaventura al 24‘. Il centrocampista è lesto ad avventarsi sulla palla respinta da Provedel sul tiro di Beltran. A quel punto la Fiorentina si ferma comprensibilmente per controllare la reazione del Lazio. Che però non c’è, a parte un tiro di Zaccagni che finisce alto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2023/2023 26ª Giornata (7ª di Ritorno)

23/02/2024
Bologna - Verona 2-0
24/02/2024
Sassuolo - Empoli 2-3
Salernitana - Monza 0-2
Genoa - Udinese 2-0
25/02/2024
Juventus - Frosinone 3-2
Cagliari - Napoli 1-1
Lecce - Inter 0-4
Milan - Atalanta 1-1
26/02/2024
Roma - Torino 3-2
Fiorentina - Lazio 2-1

Classifica
1) Inter(*) punti 66;
2) Juventus punti 57;
3) Milan punti 53;
4) Bologna punti 48;
5) Atalanta(*) punti 46;
6) Roma punti 44;
7) Fiorentina punti 41;
8) Lazio punti 40;
9) Napoli(*) punti 37;
10) Torino e Monza punti 36;
12) Genoa punti 33;
13) Empoli punti 25;
14) Lecce punti 24;
15) Udinese e Frosinone punti 23;
17) Sassuolo(*), Verona e Cagliari punti 20;
20) Salernitana punti 13.

(gazzetta.it)

NOTE
(*) una partita in meno
Bologna - Fiorentina, Torino - Lazio, Sassuolo - Napoli e Inter - Atalanta
sono state rinviate per consentire alle formazioni Fiorentina, Lazio, Napoli e Inter
di disputare semifinali e finali della Supercoppa Italiana a Riad (Arabia Saudita).
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Recupero 21ª Giornata
Tripletta Osimhen e due gol di Kvara,
Napoli 6 tornato: Sassuolo allo sbando

Vantaggio emiliano con Racic, poi il diluvio:
pari di Rrahmani prima dello show dei gioielli di Calzona.
E domenica al Maradona arriva la Juve


Vincenzo D'Angelo


Forse è troppo tardi, forse il distacco dalla Champions sarà impossibile da colmare, ma intanto è tornato il Napoli. E non soltanto per il roboante 6-1 con cui mortifica un Sassuolo sempre più fragile e in piena zona retrocessione: al Mapei Stadium s’è rivista la squadra campione d’Italia, quella che dominava e divertiva, che costruiva con i terzini e si esaltava con gli attaccanti. Sono tornati Osimhen (tripletta con assist) e Kvaratskhelia (doppietta e assist), e con i gemelli del gol di nuovo abbracciati e sorridenti, chissà che a Calzona non riesca l’impresa di rimettersi davvero in corsa per l’Europa più nobile. Ma intanto, il terzo tecnico della stagione, ha trasformato in una settimana il Napoli, ritrovando vecchi automatismi e divertenti geometrie. E domenica al Maradona arriva la Juve, la vera prova del 9.

ILLUSIONE SASSUOLO — Così tante azioni in un tempo il Napoli non le aveva mai fatte prima. E forse neanche sommando tutte le trasferte degli ultimi due mesi, dove tra Bergamo e Cagliari (25 novembre-25 febbraio) addirittura non aveva più segnato. Osimhen ha rotto la maledizione a Cagliari, ma non è bastato. Però si è sbloccato, lui e il Napoli. Al Mapei il Napoli domina per tutto il primo tempo, eppure riesce ad andare sotto al primo e unico tiro avversario, al 17’: Racic si inventa un tiro a giro dalla distanza di rara precisione e bellezza e sembra mandare il Napoli all’inferno. Ma gli azzurri non si innervosiscono, continuano a fraseggiare palla a terra, a chiudere l’avversario nella propria area. Il pari arriva al 29’ con Rrahmani – difensore centrale – a termine di un prolungato palleggio da sinistra a destra, con imbucata di Di Lorenzo per Anguissa che di tacco scarica dietro per Rrahmani, che aveva avviato l’azione su Di Lorenzo e va a scaricare in porta in diagonale.

SUPER OSIMHEN — È la scintilla che stappa il Napoli, che torna a fare il Napoli come mai prima in stagione. Due minuti dopo, ancora da destra, arriva il raddoppio: stavolta il corridoio di Di Lorenzo è per Politano, tocco in mezzo e deviazione letale di Osimhen. Il Napoli è straripante, il Sassuolo fatica ad uscire dall’area e quando lo fa, Kvara da centrocampo per poco non sorprende Consigli fuori dai pali. Osimhen (40’) calcia fuori a porta vuota ma si rifà un minuto dopo, ancora su invito di Politano: stavolta tocco sotto a superare Consigli e 3-1 Napoli. Prima dell’intervallo il portiere emiliano di piede salva su Kvara.

GIOIA DOPPIA — Ma il 4-1 arriva in apertura di ripresa, su incredibile ingenuità in disimpegno di Tressoldi. Kvara intercetta e serve a Osimhen che firma la tripletta, con dedica al georgiano: che sia rientrata la crisi diplomatica dopo le parole dell’agente di Khvicha? Di sicuro, Kvara ora sta bene e trova anche la gioia personale al 6’ della ripresa: Osimhen lo manda in campo aperto, lui si accentra, fa un paio di finte e poi piazza a giro sul palo lungo. Diluvia sul Sassuolo e non soltanto per l’acqua che arriva copiosa dal cielo. Il debutto di Bigica è ai limiti del tragico, con errori di reparto e orrori individuali. Politano sfiora la sesta rete al 16’, poi lascia il campo per Raspadori. Calzona a quel punto richiama in panchina anche Rrahmani (diffidato) e inserisce Natan: domenica c’è la Juve, meglio evitare rischi.

VALANGA AZZURRA — Ma il Napoli non si ferma, continua a costruire come se avesse bisogno – per una volta – di sfogare mesi di frustrazioni e delusioni. E il set lo chiude ancora Kvara, su azione d’angolo. Prima calcia potente al volo, poi sulla respinta – di sinistro – fulmina Consigli. I tifosi di casa contestano, quelli azzurri – che hanno cantano incessantemente per tutta la gara – si godono una serata che sa di passato recente. Il prossimo sarà il mese della verità: Juve, Torino e Atalanta al Maradona, Inter a San Siro dopo il ritorno degli ottavi di Champions. La stagione del Napoli potrebbe iniziare davvero adesso: meglio tardi che mai.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Recupero 21ª Giornata
Questa Inter è devastante:
4-0 anche all'Atalanta e Juve a -12,
scudetto sempre più vicino



Partita dominata dalla formazione di Inzaghi.
Ancora in rete Lautaro che sbaglia anche un rigore,
rete e infortunio all'adduttore destro per Frattesi


Matteo Nava

Doveva essere un big match e invece il pubblico del Giuseppe Meazza si è goduto l’ennesima goleada di una squadra clamorosamente inarrestabile in questo 2024. Inter-Atalanta finisce 4-0, gli uomini di Inzaghi vincono l’11esima partita delle 11 disputate nell’anno solare e chiudono anche febbraio emanando un senso di onnipotenza che raramente si ricorda per continuità e portata dei risultati. L’ottava affermazione del campionato con almeno quattro gol di scarto porta le firme di Matteo Darmian e Lautaro Martinez nel primo tempo, più Federico Dimarco e Davide Frattesi nella ripresa: l’argentino colpisce anche una traversa e sbaglia un rigore, l’ex Sassuolo esce per un fastidio muscolare. La Juventus, impotente, crolla a -12 dalla capolista.

GOL, ANZI GOL — Per la partita che toglie quel fastidioso asterisco dalla classifica, Simone Inzaghi ripristina per quanto possibile la “formazione tipo” al netto delle assenze di Francesco Acerbi, Hakan Calhanoglu e Marcus Thuram, uno per reparto. Quindi la difesa è ancora tra le mani di Stefan De Vrij, la regia è affidata a Kristjan Asllani e Marko Arnautovic torna titolare come nel 2024 non era ancora accaduto. Gian Piero Gasperini si ripresenta invece a San Siro tre giorni dopo l’1-1 contro il Milan cambiando soltanto gli esterni – dentro Hans Hateboer e Davide Zappacosta – e inserendo in mediana Mario Pasalic al posto di Marten De Roon. A un quarto d’ora dal fischio d’inizio Javier Zanetti consegna a Lautaro una maglia celebrativa per i 100 (in realtà 101) gol in Serie A, ma non è l’attaccante il primo a esultare: al 10’ un giro palla superficiale dell’Inter al limite dell’area permette a Pasalic di recuperare il pallone e impegnare Yann Sommer con un tiro, sulla respinta Alessandro Bastoni e Aleksey Miranchuk si scontrano e Charles De Ketelaere segna. I nerazzurri chiedono il fallo sul contatto citato, ma in realtà l’arbitro Andrea Colombo viene richiamato al monitor per un tocco di braccio del russo, causa dell’effettivo annullamento della rete. È invece un evidente fuorigioco, al 20’, a vanificare uno strepitoso controllo al volo in corsa di Nicolò Barella a saltare Marco Carnesecchi, con gol annesso. Ancora 0-0.

VIA IL TAPPO — Al 26’ si interrompe il botta e risposta di gol annullati quando Lautaro trova una bella traiettoria in profondità per Henrikh Mkhitaryan: Carnesecchi smanaccia in uscita bassa, ma il pallone resta lì e Darmian appoggia in rete a porta vuota. Poco dopo l’esterno sfiora la doppietta trovando però l’opposizione del portiere atalantino, a testimonianza di una seconda parte di primo tempo dominata dai padroni di casa: quando Lautaro scheggia la traversa di potenza da fuori area, Gasperini rischia davvero di veder compromessa la trasferta ancor prima dell’intervallo. L’allenatore dei bergamaschi tira un momentaneo sospiro di sollievo, ma nel primo minuto di recupero un sinistro pazzesco del Toro fulmina un Carnesecchi ancora incerto in uscita (a inizio azione): sono 102 in Serie A per l’argentino e due gol di vantaggio prima di metà match, l’ennesima prova di forza della capolista.

GAME OVER — Insomma, dopo i primi 45’ è chiaro che le mosse tattiche di Gasperini – tra cui Ederson a uomo su Barella – non sono sufficienti a impensierire la squadra più forte d’Italia. Tra i padroni di casa l’ammonito Darmian lascia spazio a Denzel Dumfries, ma è l’altro esterno Federico Dimarco a essere pericoloso per primo con un potente mancino parato di piede. Sul successivo calcio d’angolo Hateboer tocca il pallone con il braccio su un cross dell’olandese: il guardalinee segnala che il pallone è uscito pochi istanti prima, ma il Var lo sconfessa e sul dischetto ci va Lautaro. Carnesecchi para, Dimarco (54’) insacca sulla ribattuta e dà definitivamente forma al +12 sulla Juventus. La restante mezz’ora abbondante sa tanto di cestistico “garbage time” e la quadrupla sostituzione di Gasperini dopo il tris ha il sapore di resa. Inzaghi distribuisce le sostituzioni per riservare a tutti gli applausi del Meazza: l’ultima, obbligata, arriva dopo il 4-0. Frattesi incorna in rete anticipando la marcatura generosa di Pasalic, ma poi chiede il cambio per un problema muscolare. Se c’è una macchia nel recupero della 21esima giornata, è la contrattura all’adduttore destro per l'ex Sassuolo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2023/2024 21ª Giornata (2ª di Ritorno)

28/02/2024
Sassuolo - Napoli 1-6
Inter - Atalanta 4-0

Classifica
1) Inter punti 69;
2) Juventus punti 57;
3) Milan punti 53;
4) Bologna punti 48;
5) Atalanta punti 46;
6) Roma punti 44;
7) Fiorentina punti 41;
8) Lazio e Napoli punti 40;
10) Torino e Monza punti 36;
12) Genoa punti 33;
13) Empoli punti 25;
14) Lecce punti 24;
15) Udinese e Frosinone punti 23;
17) Verona, Sassuolo e Cagliari punti 20;
20) Salernitana punti 13.

(gazzetta.it)
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Ci pensa Okafor, il Milan sbanca l'Olimpico.
Lazio a nervi tesi, chiude in otto

L'attaccante svizzero entra nella ripresa e decide un match che
consegna tre punti pesantissimi al Diavolo in chiave Champions.
Espulsi Pellegrini, Marusic e Guendouzi


Marco Fallisi


La coda del Diavolo è sempre la solita: Noah Okafor, quello del gol di Udine al 93’, lo ha fatto un’altra volta. All’Olimpico si è portato avanti col lavoro, “anticipando” di qualche minuto rispetto all’ultima volta: all’88’ lo svizzero ha piegato i guanti di Provedel e ha piegato anche la Lazio, regalando al Milan un successo che pesa, specialmente dopo le parole di Gerry Cardinale ieri a Londra. I rossoneri blindano il terzo posto e si avvicinano alla Juve, mentre per Sarri in casa è notte fonda. La vittoria interna manca dal 14 gennaio, e i cartellini di Di Bello hanno prosciugato la squadra: i biancocelesti hanno chiuso in otto contro undici per le espulsioni di Pellegrini, Marusic e Guendouzi, queste ultime due arrivate nel finale.

PRIMO, NON PRENDERLE — Nel 4-3-3 biancoceleste, Vecino vince il ballottaggio su Cataldi in mediana, mentre in avanti tocca a Castellanos muoversi al centro del tridente completato da Felipe Anderson e Zaccagni, con Immobile in panchina. Pioli ripropone il 4-1-4-1 visto con l’Atalanta, Kjaer per Thiaw unico cambio rispetto alla partita con i nerazzurri: Bennacer prende in consegna Luis Alberto, con il doppio compito di schiacciare il 10 laziale e inserirsi quando le maglie avversarie si allargano. Il punto è che nel primo tempo non succede quasi mai, né dall’una né dall’altra parte: Lazio e Milan sembrano preoccupate prima di tutto a non scoprirsi troppo. Il risultato è una prima parte di gara avara di occasioni: il tocco di Vecino che all’8’ finisce fuori di un niente (l’uruguaiano sbuca da dietro e raccoglie un prolungamento di testa di Anderson sugli sviluppi di un corner) e la botta di Pulisic al 46’ (primo tiro nello specchio del Milan, deviato in angolo da Provedel, e sul corner Giroud spreca di testa) incorniciano il primo tempo. Nel mezzo, un contatto in area tra Maignan in uscita e Castellanos sul quale arbitro e Var decidono di non intervenire, tra le proteste dell’Olimpico bollente.

ROSSO E NOAH — La scossa alla partita la dà un cartellino rosso, che si materializza in maniera quasi surreale: minuto 12 della ripresa, Castellanos finisce a terra dopo un contatto con Bennacer, Pellegrini ha il pallone ma rallenta sulla linea del fallo laterale, probabilmente per metterlo fuori ma Pulisic glielo soffia; il terzino biancoceleste, già ammonito, strattona l’americano e Di Bello lo ammonisce per la seconda volta. Gli animi si scaldano a bordocampo, lo stadio protesta, mentre Sarri e Pioli provano a smuovere la serata con i cambi. Il tecnico biancoceleste inserisce Hyasj e Immobile per Luis Alberto e Castellanos, quello rossonero gioca le carte Calabria, Reijnders e poi Okafor (fuori Bennacer, Florenzi e Adli). Il Milan spinge e arriva in area con un tiro debole di Giroud, un taglio di Reijnders non raccolto per pochissimo da Okafor e una volée di Loftus-Cheek respinta da Provedel. La Lazio soffre ma sfiora il colpaccio con Immobile, servito da Isaksen (entrato per Zaccagni): il bomber azzurro si divora un gol praticamente fatto. Il gol lo segna un minuto dopo – con la collaborazione di Gila – Rafa Leao, che corre sotto la curva rossonera sommerso dai compagni, ma la Var annulla: sul passaggio di Reijnders il portoghese è in fuorigioco. La corsa sotto la curva si ripete a due minuti dal 90’, ma stavolta è tutto buono: a scattare è un ragazzo con le treccine come Rafa, ma che di solito comincia in panchina, entra e risolve i problemi nel finale. Dopo il gol di Udine al 93’, Noah Okafor si è ripetuto all’Olimpico: sul cross di Leao (che si è acceso nell’ultima fetta di gara) Provedel ha respinto il primo tiro al volo dello svizzero, ma non ha potuto evitare la rete al secondo tentativo. La chiusura è un parapiglia: tra il 94’ e il 96’ vengono espulsi Marusic e Guendouzi, il fischio finale è ad altissima tensione con una rissa tra rossoneri e biancocelesti.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Salernitana si illude, l'Udinese
si salva con un capolavoro di Kamara

Tutto nel primo tempo in Friuli: granata avanti con Tchaouna al 10', il pari arriva al 48'.
Nel secondo i bianconeri rimangono in dieci per l'espulsione di Ebosele.
Nel finale Dia si rifiuta di entrare


Alex Frosio


Un punto che non serve a nessuno è il verdetto della sfida-salvezza di Udine. La Salernitana resta lontanissima dalla zona sicura, l’Udinese non riesce a tirarsene fuori e incassa la contestazione dei suoi tifosi.

MOSSA — Liverani propone un 4-3-1-2 alla Empoli di Sarri, con Candreva trequartista/regista avanzato e le punte Tchaouna e Weissman che partono larghe. La mossa produce subito guadagni. Già all’8’ Tchaouna calcia alto dopo una chiusura di Giannetti sul taglio profondo di Weissman. Ma al 10’ la Salernitana è in vantaggio: Maggiore attiva a destra Tchaouna, che stringe verso il centro (perché Perez temporeggia troppo aspettando il rientro di Kamara) e disegna con il destro all’incrocio opposto. La struttura tattica di Liverani è audace ma fragile. E scricchiola quando l’Udinese, che impiega qualche minuto a riprendersi dal cazzotto ricevuto, comincia a spingere. Lo fa soprattutto dalle fasce e soprattutto a sinistra, dove Kamara è scatenato e Zanoli (annullata una sua autorete al 12’ per fuorigioco di Lucca in partenza di azione) non lo contiene, anche perché poco aiutato dagli scivolamenti mancati di Coulibaly. Al 18’ Payero da lì mette un cross basso, Lucca lo gira a colpo sicuro ma i riflessi di Ochoa sono prodigiosi. Al 34’ una super-chiusura di Pellegrino intercetta un radente di Kamara sempre da sinistra, al 39’ è Thauvin a spostarsi di là e a chiamare Ebosele al colpo di testa sul secondo palo, al corpo di Bradaric. La Salernitana ha alleggerito la pressione solo cercando di perdere tempo e con un invito verticale di Candreva per Weissman che sbuccia il sinistro al volo al 33’. Ed è in apnea. Al 39’ un tacco geniale di Thauvin, stavolta sul centro-destra, libera in area Lovric che allarga colpevolmente il facile diagonale. Il francese campione del mondo ha l’interruttore acceso e al 48’ disegna il cross perfetto per la sforbiciata in area di Kamara: dormita di Manolas e Pellegrino ma gran gol. E 1-1 all’intervallo.

RIPRESA — L’Udinese dovrebbe aumentare il ritmo a inizio ripresa, e prende sì possesso della metà campo avversaria ma fatica ad affondare. Thauvin è l’unico a mettere un po’ di luce al gioco: al 7’ punizione di poco a lato, al 17’ arcobaleno verso il secondo palo che Kamara di controbalzo spreca malamente. Al 19’ svolta: Ebosele, già ammonito, si allunga il pallone e pesta il piede di Pellegrino, secondo giallo e Udinese in dieci. Il progetto uomo-su-uomo di Cioffi salta, la Salernitana – pericolosa solo al 13’ con un sinistro di Tchaouna sull’esterno della rete - può riprendere il controllo del pallone. E ha la grande chance al 25’: Candreva fa il… Thauvin e ispira da sinistra, Giannetti scivola, Tchaouna spara sul palo esterno. Liverani inserisce Ikwuemesi per Weissman, poi Pasalidis e Gomis per Manolas e Coulibaly, Cioffi in dieci ha tolto Payero per Ehizibue e poi Kamara per Zemura. Maggiore salva su Ferreira sugli sviluppi di un angolo. Al 39’ brivido: cross di Candreva e tocco di mano di Ehizibue, l’arbitro Manganiello fischia ma per una carica sul portiere Okoye. Lovric di forza calcia alto al 42’, Liverani inserisce per l’ultimo assalto Samba e Legowski (non Dia, che si rifiuta di entrare) e all’ultimo minuto di recupero Candreva in contropiede calcia anche lui alto, ma partendo da fuorigioco. Il pari non serve a nessuno, la curva dell’Udinese contesta squadra (“Andate a lavorare”) e società (“Devi spendere”).

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Quanto è bella la Roma di De Rossi: poker al Monza.
E torna al gol pure Lukaku

Segnano Pellegrini e il belga nel primo tempo, poi Dybala,
rigore di Paredes e rete per i brianzoli di Carboni nella ripresa


Matteo Brega


La Roma dilaga a Monza vincendo 4-1. Terzo successo consecutivo per De Rossi che in attesa di Atalanta-Bologna si piazza a un punto dal quarto posto. Segnano Pellegrini, Lukaku, Dybala e Paredes. Per i brianzoli Andrea Carboni nel finale.

UNO-DUE GIALLOROSSO — Nel 4-2-3-1 di Palladino trova spazio dal 1’ Bondo al fianco di Gagliardini davanti alla difesa. Valentin Carboni inizia dalla panchina e il trequartista è Pessina. Nel 4-3-3 di De Rossi c’è Angelino e non Spinazzola a sinistra. I primi cinque minuti di partiti servono per medicare Ndicka e Gagliardini. Quando si comincia a giocare il primo tiro è una girata di testa di Cristante che si alza sulla traversa. Bondo è fisso sulla tracce di Dybala per togliergli respiro fin dai pensieri. Al 9’ è Pellegrini dalla distanza a costringere Di Gregorio alla prima parata della partita: corner. Al 16’ Monza vicinissimo al gol: cross di Colpani dalla destra, Djuric gira di testa e colpisce il palo con Ndicka anticipato. Partita apertissima. Sul fronte opposto scambio rapido Pellegrini-Lukaku con il belga che anticipa Di Gregorio in uscita, crossa e Pablo Marì libera l’area a porta vuota. Pochi secondi e la Roma passa. Minuto 18: Dybala sul lato corto dell’area, cross arretrato per Cristante che calcia forte e insacca. Ma dopo un paio di minuti di controllo al Var il gol viene annullato: l’argentino sul tiro di Angelino che poi gli arriva sui piedi è in fuorigioco. Si riparte sullo 0-0 e con Valentin Carboni dentro al posto di Gagliardini la cui spalla destra è troppo dolorante dopo la caduta dei primi minuti. Il giallo a Kristensen è pesante: diffidato, salterà la Fiorentina. Il danese nello scontro con Andrea Carboni si fa anche male e lascia il campo: al suo posto entra Celik. Al 35’ occasione clamorosa per il Monza. Caldirola lancia Birindelli che vola a velocità doppia rispetto a Paredes, il terzino controlla e decide di calciare. Il diagonale finisce largo di poco ma al centro c’era Mota Carvalho completamente libero posizionato decisamente meglio. La Roma si ripiazza al limite dell’area e prova a sfondare. Al 38’ succede ed è tutto buono. Cristante dentro per Lukaku, sponda per Pellegrini, corta e non perfetta, ma il capitano ci arriva, la tiene e con un sinistro preciso infila Di Gregorio sul secondo palo. I giallorossi tengono il piede sull’acceleratore: Dybala sfonda a sinistra dopo aver recuperato palla, crossa al centro dove trova Lukaku tra Caldirola e Pablo Marì e segna con Di Gregorio non perfetto. Senza Gagliardini, su Dybala ci è andato Andrea Carboni ma l’effetto-equilibrio trovato nella prima fase della partita è svanito un po’. Al 4’ di recupero Di Gregorio salva su Lukaku da due passi servito da Celik. Dal 38’ al 42’ due gol della Roma e finisce così il primo tempo.

MONZA, CONTROLLO SENZA FAR MALE — Si riparte con Kyriakopoulos al posto di Colpani per tornare al 3-4-2-1 con Mota Carvalho e Valentin Carboni alle spalle di Djuric. Dopo 5’ il Monza può passare: imbucata per Birindelli sulla destra, cross basso, Djuric controlla e di destro calcia di poco alto anche se alla sua sinistra avrebbe avuto due compagni da servire. I brianzoli devono spingere per riaprire la partita. Al 9’ corner di Mota Carvalho e testa di Andrea Carboni di poco alto. De Rossi toglie Pellegrini e Angelino per Bove e Smalling: i giallorossi si mettono a difendere a tre. Al 18’ arriva il 3-0 di Dybala. Bondo commette fallo su Cristante, giallo. Da quella posizione, qualche metro fuori dall’area, l’argentino calcia e mette la palla con il sinistro nell’angolo basso. Al 21’ dentro Maldini per Mota Carvalho nel Monza. Il neo entrato al 23’ ne semina tre e calcia poi centrale, bella presentazione. Il Monza è vivo e ci prova: al 25’ cross di Maldini, Andrea Carboni di testa tutto solo non trova la porta. Al 36’ Piccinini richiamato dal Var riguarda il contatto tra Bondo e Huijsen: è rigore. Dal dischetto va Paredes che chiude ogni discorso infilando la palla nell’angolo alto. A rendere meno pesante il tardo pomeriggio monzese arriva il gol di Andrea Carboni con una conclusione a giro. Finisce 4-1 per la Roma che interrompe la striscia positiva del Monza a quota cinque (3 vittorie e 2 pareggi). I giallorossi con De Rossi in panchina sono un rullo: in attesa dell’Inter lunedì sera, da quando siede sulla panchina è la sua la squadra che segna di più in campionato.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Cuore Toro: danneggiato dall'arbitro, resiste in 10 alla Fiorentina



Marchetti protagonista negativo della partita:
si inventa l'espulsione a Ricci nel finale di 1° tempo.
Annullato al Var un gol di Zapata.
Infortunio a un ginocchio per Ilic


Mario Pagliara

E’ un pareggio che sa di beffa per il Toro, perché fino a quando l’arbitro Marchetti gli ha “permesso” di giocare in undici contro undici ha dominato la scena. Sfiorando in almeno tre occasioni il vantaggio (con Vlasic e in due circostanze con Sanabria). Lo zero a zero contro la Fiorentina è anche, e forse soprattutto, figlio dell’ennesima imbarazzante direzione arbitrale di questo campionato. L’arbitro Marchetti con la collaborazione di Sozza al Var annulla un gol a Zapata, ma soprattutto si inventa letteralmente l'espulsione di Ricci al 45’ che costringe la squadra di Juric a giocare in dieci per tutta la ripresa.

TERRACCIANO CI ARRIVA — Juric perde subito in avvio Ivan Ilic: dopo sette minuti il serbo ha la peggio nel contrasto con Biraghi. Il centrocampista granata ci va troppo "molle", il ginocchio destro si gira ed è costretto subito alla sostituzione. Subentra Ricci, le condizioni di Ilic saranno da valutare domani con gli esami al ginocchio. Il rischio di un brutto infortunio c’è. Nella stessa azione, Bellanova in corsa viene falciato da Ranieri e qui inizia il sabato sera da dimenticare dell’arbitro Marchetti: Ranieri si disinteressa completamente del pallone, falcia Bellanova in corsa. Il cartellino giallo appare una sanzione riduttiva. La partita non è scintillante, ma il Toro interpreta la prima mezzora con maggiore convinzione. Zapata è travolgente in una discesa libera (18’), conclusasi con un diagonale di poco a lato. Un minuto dopo grande occasione per Vlasic servito da Bellanova: la conclusione è molto angolata, Terracciano ci arriva a mano aperta. La squadra di Juric preme, al 21’ Ricci mette una palla al bacio per Sanabria che stecca l’impatto col pallone, fallendo un rigore in movimento. La Fiorentina risponde con un colpo di testa di Nico (25’) a lato, mentre Sanabria scivola incredibilmente davanti a Terracciano divorandosi una potenziale palla-gol.

FOLLIA ARBITRALE — Al minuto trentotto i protagonisti diventano l’arbitro Marchetti in campo e il collega Sozza al Var. Si parte dal gol annullato a Zapata: Milinkovc calcia lungo, Zapata sfiora con le mani in corsa Milenkovic che rovina a terra mentre Duvan calcia in porta e trova il gol del vantaggio. Dopo un lungo check, Marchetti va al monitor richiamato da Sozza e punisce la spinta di Zapata, una spinta come se ne vedono tante in campionato, annullando il gol. Sette minuti dopo, però, la direzione arbitrale va in tilt. Minuto 45’: Ricci va a contrasto con Nico aprendo le braccia in volo e l’arbitro lo punisce con un primo cartellino giallo. Due minuti dopo l'erroraccio del direttore di gara. Arthur commette un fallo bruttissimo proprio su Ricci (ammonito il centrocampista viola): Ricci si alza da terra chiedendo la sanzione per Arthur e invece si vede incredibilmente il secondo giallo stampato sul naso. Nuovamente penalizzato dagli arbitri, il Toro va nello spogliatoio in dieci.

IL CUORE — Ad inizio ripresa, Juric corre ai ripari inserendo Gineitis al posto di Sanabria, la Fiorentina si ripresenta senza Arthur (c’è Maxime Lopez) e senza Beltran (c’è Barak). In dieci contro undici, il Toro prova a gettare il cuore oltre l’ostacolo: una galoppata di Bellanova (7’) impegna seriamente Terracciano che si salva in angolo. Italiano toglie un difensore (Ranieri) per un centrocampista (Mandragora). Al 18’ Milinkovic compie un bell’intervento sul colpo di testa ravvicinato ma centrale di Bonaventura su cross di Nico Gonzalez. Il Toro non soffre l’inferiorità numerica e solo per una questione di centimetri non timbra di testa il colpo del possibile uno a zero (26’). Nel finale esce un gladiatorio Zapata per far posto a Pellegri, e c’è spazio per Nzola al posto di Bonaventura. Nel finale l’imbarazzante direzione arbitrale trasforma la gara in un corrida tra panchine e produce il rosso a Juric e un’ammonizione a Italiano.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Verona, colpo salvezza con Swiderski:
Sassuolo sempre più nei guai

Un gol della punta polacca nel secondo tempo,
favorito da un errore di Henrique, regala tre punti all'Hellas.
Ballardini alla prima sulla panchina degli emiliani ora è penultimo


Matteo Pierelli


Apoteosi Verona, dramma Sassuolo che oltre alla sconfitta (1-0) deve fare i conti pure con le notizie che arrivano dall’infermeria: per Berardi, uscito al 60’, grave infortunio al tendine d’achille e lungo stop all’orizzonte che molto probabilmente gli costerà anche l’Europeo con la Nazionale.

GUAI SASSUOLO — Per i neroverdi una stagione maledetta: non stavano neanche giocando male, almeno un pari lo avrebbero meritato, ma un grave errore di Henrique a poco meno di un quarto d’ora dalla fine lancia Swiderski (primo gol in Serie A) in contropiede che infila Consigli in uscita. Finisce con i 20mila del Bentegodi che cantano e urlano per una squadra dal cuore grande così, più forte delle difficoltà e sopravvissuto a una rivoluzione nel mercato di gennaio che avrebbe potuto essere fatale. Invece la squadra di Marco Baroni riesce in qualche maniera a vincerla e ritrovare i tre punti che mancavano dal 13 gennaio contro l’Empoli.

SQUADRE BLOCCATE — Il Verona deve rinunciare a Folorunsho, fermato dalla febbre. Assenza pesante: Baroni parte così con il 4-2-3-1 con Noslin unica punta supportato da Henry (i due poi si scambieranno la posizione) alle sue spalle. Dall’altra parte c’è l’atteso rientro di Domenico Berardi (non giocava da metà gennaio) che si sistema a destra, con Pinamonti centravanti. Prima fase inevitabilmente di studio, con le due squadre che badano soprattutto a non scoprirsi. La prima vera occasione ce l’ha il Sassuolo al 14’ con Thorstvedt, il cui sinistro viene respinto con i pugni da Montipò. La squadra di Ballardini cerca di fare possesso e poi scaricare la palla per Berardi, in attesa di una invenzione del suo uomo con maggiore qualità. Il Verona invece è più guardingo, ma un paio di discrete chance le ha. Al 27’ con Henry: gran tiro dalla distanza e palla fuori di poco. L’Hellas avanza un po’ il baricentro e intorno alla mezzorra ha un doppia opportunità: prima Suslov e sulla ribattuta Cabal provano a scuotere il match, ma Consigli dice due volte di no.

SQUADRE BLOCCATE — Il Verona deve rinunciare a Folorunsho, fermato dalla febbre. Assenza pesante: Baroni parte così con il 4-2-3-1 con Noslin unica punta supportato da Henry (i due poi si scambieranno la posizione) alle sue spalle. Dall’altra parte c’è l’atteso rientro di Domenico Berardi (non giocava da metà gennaio) che si sistema a destra, con Pinamonti centravanti. Prima fase inevitabilmente di studio, con le due squadre che badano soprattutto a non scoprirsi. La prima vera occasione ce l’ha il Sassuolo al 14’ con Thorstvedt, il cui sinistro viene respinto con i pugni da Montipò. La squadra di Ballardini cerca di fare possesso e poi scaricare la palla per Berardi, in attesa di una invenzione del suo uomo con maggiore qualità. Il Verona invece è più guardingo, ma un paio di discrete chance le ha. Al 27’ con Henry: gran tiro dalla distanza e palla fuori di poco. L’Hellas avanza un po’ il baricentro e intorno alla mezzorra ha un doppia opportunità: prima Suslov e sulla ribattuta Cabal provano a scuotere il match, ma Consigli dice due volte di no.

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Tripletta Osimhen e due gol di Kvara,
Napoli 6 tornato: Sassuolo allo sbando



Poeta non stava nei panni, vabbè che con le spalle che si ritrova ci sta difficilmente anche quando il Napoli perde!!!! [SM=x1583491]



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L'urlo di Jankto!
Empoli battuto in casa, al Cagliari la sfida salvezza



Il gol (al 69') del centrocampista ceco regala tre punti fondamentali
per la permanenza in A della squadra di Ranieri.
Poco prima annullata ai padroni di casa una rete di Cacace


Francesco Velluzzi

Da qui a maggio vedremo di tutto in questa affascinante e combattutissima battaglia per la salvezza. Si è capito a Empoli dove il Cagliari ha fatto il colpo grosso (0-1 gol di Jankto al 69’) regalando il primo dispiacere a Davide Nicola, 12 punti ottenuti in sei partite. per la squadra di Claudio Ranieri, è invece la prima vittoria in trasferta della stagione.

SCUFFET, CHE PARATE! — Un successo pesantissimo che rilancia i sardi che, comunque, erano imbattuti da due gare dopo il pari di Udine e quello in casa con il Napoli. L’Empoli ha pigiato forte sull’acceleratore nei due avvii di tempo, ma è mancato il colpo del ko ed è da registrare pure la straordinaria giornata di Simone Scuffet in porta e la super partita di Yerry Mina che ha sistemato la difesa rossoblù. Davide Nicola ha sempre detto che la strada per la salvezza è lunga, Ranieri dalla sua parte ha sempre sostenuto che uniti si fanno i risultati e che non è certo finita. Certo, questo successo è una svolta importante per i sardi e una presa di coscienza forte per l’Empoli che è rimasto nel frullatore delle otto squadre che combattono per la permanenza in A.

PRIMO TEMPO — In tribuna c’è Giancarlo Antonioni che stringe mani a tutti, ma anche una ex bandiera del Cagliari, Aldo Firicano, oggi allenatore, festeggiato dai tanti sardi (653 nel loro spicchio) presenti. Così come Leonardo Semplici (in corsa per la panchina di Udine) di casa da queste parti, pure lui. L’Empoli si dispone come nella fortunata vittoria di Reggio Emilia con la difesa a quattro. Nicola rilancia Mattia Destro alla prima da titolare con lui (l’altra l’aveva giocata contro la Roa, il 7-0 che condannò Paolo Zanettti) al centro dell’attacco. Gyasi sta in panchina, c’è Kovalenko con Marin e Maleh. Il Cagliari tiene l’equilibrio con il 4-4-2 che porta Nandez a fare il terzino come nella Celeste. Davanti Lapadula e Luvumbo che è seguito come un segugio da Ismajili, tanto che Ranieri deve invertirlo con Jankto portandolo a destra. Scuffet si oppone subito a Kovalenko, ma l’intervento più importante lo fa al 17’ quando Cambiaghi lanciatissimo prende il palo. Sulla ribattuta Maleh calcia per segnare ma trova pronto il portierone di Remanzacco. L’Empoli in ripartenza fa malissimo perché corre a tutta. Prova a farlo anche Zito Luvumbo, ma l’angolano al 29’ scatta e si ferma a terra. Non c’è che la sostituzione. Il cambio è obbligato e Ranieri ricorre a Zappa, spostando Nandez esterno a centrocampo e Gaetano a fare la spalla di Lapadula. La gara è in equilibrio, ma pure il Cagliari ha la sua occasione al 44’ dopo che Destro aveva mandato fuori di poco un bel cross di Ismajli: qui il bel cross è di Jankto con Lapadula che in torsione anticipa Luperto e costringe Caprle a un grande intervento. I 4’ di recupero servono solo a frenare la paura e a rifiatare. Infatti Rapuano interrompe prima che finiscano.

SECONDO TEMPO — Si riparte senza alcun cambio. Ma dopo meno di un minuto il Cagliari già rischia grosso con il solito Cambiaghi che mette una palla pericolosa nell’area piccola. Scuffet è bravo a murare Cancellieri. L’Empoli preme di più. Un dubbio mani di Makoumbou fa pensare al rigore, ma anche con la revisione Rapuano indica il corner. Nicola dopo 13’ cambia davanti: fuori Destro che ha fatto il suo dentro il talismano Niang, tre gol in tre partite. I padroni di casa insistono e infatti al 17’ trovano il gol con Cacace che su una grande respinta di Scuffet su testa di Walukiewicz insacca alla grande, Ma dopo rigoroso controllo, Rapuano annulla per fuorigioco. Ma il calcio si dimostra sempre ricco di stranezze e al 24’ il Cagliari passa con un’azione bellissima. Deiola per Zappa che dribbla Cacace e serve Nandez che calcia. Caprile respinge, ma c’è Jankto che non perdona e segna il primo gol in rossoblù. 0-1 e tre cambi per Nicola che ha bisogno di energia nuova. Dentro Fazzini, Gyasi e Pezzella, fuori Cancellieri, Kovalenko e Cacace. Comincia l’assalto finale de padroni di casa e Ranieri si mette a cinque inerendo Wieteska per l’esausto Jankto e Azzi per Augello. Nicola gioca anche la carta Cerri per Walukiewicz, quindi doppio centravanti. Ma la difesa sarda è impenetrabile con Mina che le prende tutte ma proprio tutte e Dossena che non è da meno. Il Cagliari le tenta tutte per perdere tempo, Mina si becca il giallo, Scuffet pure. E infatti i minuti di recupero sono 8. Ma Scuffet deve compiere solo un altro grande intervento mandando in angolo su Pezzella. Finisce così, con Nicola che incassa il primo ko e i rossoblù che trovano la prima vittoria esterna.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Cheddira scappa, il Lecce lo riprende su rigore:
Frosinone con l'amaro in bocca



Un punto a testa per le due squadre
che vogliono allontanarsi dalla zona retrocessione.
Rafia aveva sbagliato il penalty del pari,
l'arbitro ha fatto ripetere e gli ospiti hanno segnato.
Ma i padroni di casa si mangiano due gol...


Giulio Saetta

Finisce 1-1 la sfida salvezza allo Stirpe tra Frosinone e Lecce. Un punticino che non fa altro che compattare la bagarre salvezza dopo le vittorie di Verona e Cagliari. Sono i padroni di casa a uscire con l’amaro in bocca, per essersi fatti rimontare su rigore (parato e poi fatto ribattere) causato da un regalo difensivo e soprattutto per non aver concretizzato un secondo tempo tutto all’attacco, con due palle gol clamorose non sfruttate da Kaio Jorge.

LE SCELTE — Di Francesco torna alla difesa a quattro rispetto alla Juve, confermando tra i pali Cerofolini, oltre alla tendenza di schierarsi a specchio con l’avversario. Fiducia ai terzini nuovi arrivati Zortea e Valeri, in mezzo al campo ancora in panchina Barrenechea, con Brescianini e Harroui che affiancano Mazzitelli. Davanti c’è ancora Cheddira dopo la rete alla Juve, con Soulé a destra e Gelli a sinistra. D’Aversa ritrova Pongracic al centro della difesa e preferisce Kaba a Blin sulla mezzala destra; in attacco Krstovic vince il ballottaggio con Piccoli e Banda torna in fascia sinistra.

ANCORA CHEDDIRA — Già al 4’ DiFra deve rivedere il piano partita a causa dell’infortunio muscolare di Harroui. Dentro Reinier che si va a piazzare dietro Cheddira, e Gelli si allarga a formare un 4-2-3-1. La prima occasione è dei padroni di casa al 5’ con Cheddira, bel tiro a giro basso indirizzato all’angolino alla sinistra di Falcone, che si allunga e manda in angolo. Vicino al vantaggio il Lecce al 26’, dopo una palla conquistata da Pongracic al limite dell’area giallazzurra: filtrante per Kristovic, che calcia di destro a botta sicura ma trova la respinta di piede di Cerofolini. Nell’ultimo quarto d’ora del primo tempo si sveglia Soulé: al 34’ apre bene d’esterno sulla fascia per Brescianini, che mette al centro ma non trova il rimorchio giusto; al 41’ l’argentino si mette in proprio nel cuore dell’area con finte doppie finte finché non trova il pertugio per il sinistro a giro respinto dal corpo di Gallo. Ma è Cheddira a portare in vantaggio il Frosinone al 2’ di recupero: punizione sul secondo palo che trova la sponda centrale di Romagnoli, Falcone con i pugni respinge corto sul marocchino, che da due passi stoppa di petto e insacca di sinistro il suo terzo gol in campionato, secondo di fila su azione dopo quello alla Juve. Diciassettesimo gol del Frosinione su calcio piazzato sui 35 totali, nessuna squadra ha una percentuale migliore in Serie A.

SCIAGURATO KAIO — Subito scintille in avvio ripresa, dopo una grande occasione per il Lecce con Almqvist (ma era in fuorigioco). Al 13’ ingenuità di Zortea con un passaggio all’indietro troppo corto per Cerofolini su cui si avventa Krstovic che dopo averlo anticipato viene steso dal portiere. Rafia si fa respingere il tiro da Cerofolini ma si deve ribattere per un ingresso anticipato in area di Valeri e/o Cheddira. Sul dischetto va Krstovic che colpisce il palo, ma la palla sbatte sulla schiena di Cerofolini e si insacca per l'1-1. Veemente reazione giallazzurra che colpisce una traversa con una girata di Gelli a Falcone battuto. Già saltati gli schemi quando manca oltre mezzora alla fine. C’è una protesta del Frosinone per un mani in area di Krstovic (braccio in figura), poi grande occasione sprecata da Brescianini che da pochi passi ciabatta un facile destro (il piede debole); sempre Brescianini mette in porta il 2-1 su imbucata di Cheddira ma è in fuorigioco. Poco dopo la mezzora, doppio doppio cambio: Barrenechea e Ghedjemis per Brescianini e Gelli; Blin e Piccoli per Almqvist e Krstovic. Al 35’ nuovo pasticcio difensivo del Frosinone, con incomprensione fra Okoli e Cerofolini: ne nasce un campanile sul quale si avventa Piccoli che manda fuori di testa. Ultimi cambi per Di Francesco che butta dentro due attaccanti: Kaio Jorge e Seck. Forcing dei padroni di casa, che per tre volte in una manciata di secondi hanno la chance per riportarsi in vantaggio. Due le spreca malamente il brasiliano, prima su un bocconcino di Soulé (a centro area, stop di petto e dribbling mancato) poi su un appoggio di Seck su cui non tira di prima e viene murato. Poi è Seck a provare il sinistro a giro da dentro l’area, fuori di poco. Incredibile il finale con il Frosinone all’arrembaggio: Valeri pennella a centro area per Kaio che si gira benissimo di testa ma trova il riflesso di Falcone. Il tempo è scaduto ma Guida fa battere uno, due, tre corner, fino alla respinta finale della difesa del Lecce.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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L'Atalanta si è persa: il Bologna
ribalta Gasp e va in fuga per il 4° posto

Vantaggio di Lookman, ma nella ripresa i rossoblù
segnano con Zirkzee su rigore e Ferguson.


Motta esulta, sesto successo di fila
Matteo Dalla Vite


Inarrestabile Bologna: forte mentalmente e feroce nel riprendere, raddrizzare e poi agguantare una vittoria d’oro. È la fuga da Champions? Può essere: il Bologna vince in maniera adulta e matura la sesta gara di fila e soprattutto – ribaltando risultato e un primo tempo “rattrappito” – lo fa al Gewiss, stadio nel quale Gasperini ne aveva vinte sei consecutive. Ora i punti di distacco dal quinto posto della Roma sono quattro, una parentesi lunga che sa appunto di fuga e di squadra mentalmente fredda e capace di restare sempre in partita per poi indirizzarla. L’Allievo Thiago Motta batte il Maestro Gasperini, Joey Saputo esulta come un bambino in tribuna e il Bologna sgomma coi cambi nella ripresa, aggiustando tutto in ogni zona del campo e trovando i gol di Zirkzee (rigore per fallo di Koop su Saelemaekers) e Ferguson, arrivati rispettivamente a dieci e sei reti in stagione.

SPALLETTI E... LOOKMAN — L’Atalanta è reduce da sette vittorie di fila in casa, il Bologna da 6 risultati utili di fila di cui 5 vittorie consecutive: Gasperini spalma un 3-4-3 con De Ketelaere in mezzo al campo da interno destro e Pasalic falso centravanti; Thiago Motta conferma Fabbian, Orsolini, rimette al centro della difesa Calafiori (tutti e tre sono stati preconvocati dal c.t. Spalletti, in tribuna) e sceglie Ndoye al posto di Saelemaekers sulla corsia mancina. Il primo acuto è della Dea: fuga a sinistra di Ruggeri, palla filtrante e inserimento di DeK (2’) che calcia altissimo. La reazione del Bologna arriva al 10’: zuccata alta di Fabbian su corner di Orsolini che al 17’ arriva al primo tiro in porta del Bologna neutralizzato facilmente da Carnesecchi. L’Atalanta schiuma gioco e rabbia, il Bologna riesce solo ad agire di rimessa: la disposizione di Gasperini inizialmente mette in difficoltà l’Allievo Motta. Lo sblocco arriva al 28’: azione cominciata da Lookman, palla a Zappacosta che da destra è libero di tirare, respinta corta in mezzo all’area piccola di Skorupski e Lookman è lì, dove Beukema non si accorge, e l’1-0 della Dea scatta impietoso. Calafiori, uscito dalla gabbia iniziale di Pasalic, sale a impostare e dopo il gol il Bologna cerca la reazione ma non trovando il pertugio importante per andare a impensierire Carnesecchi. Gasp torna al 3-4-1-2 e lascia qualche metro alla squadra di Motta pur tenendo alta la tensione con incursioni firmate sempre da Lookman e Pasalic che adesso galleggia cercando di imbavagliare le regìa di Freuler. Il primo tempo si chiude con l’Atalanta che – anche per occasioni – ha fatto ben di più ma va considerata la non-uscita dalla partita del Bologna, ferito ma non abbattuto anche se incapace di cercare Carnesecchi con grande efficacia.

RIBALTONE — Nella ripresa, Motta cambia subito la cerniera di destra che è stata in grossa difficoltà: fuori Posch (c’è Lucumi che fa il centrale con spostamento di Beukema a destra) e fuori Orsolini per Saelemaekers che si mette a sinistra con Ndoye che dirotta a destra. Gasp resta così com’è stato il primo tempo e l’inizio è più Bologna che Atalanta, coi rossoblù che in 4’ ribaltano la gara: Saelemaekers si prende un rigore solare per colpo sulla caviglia in area di Koopmeniners; Zirkzee trasforma il suo decimo gol stagionale per l’1-1 al 56’; poco dopo, tiro di Ndoye ribattuto dalla difesa atalantina e Ferguson – fino a lì poco in luce – al volo piazza il diagonale per il sesto centro personale e l’1-2. Morale: il Bologna, anche coi cambi di Motta, ha saputo rientrare in partita, col “regalo” di Koopmeiners ma anche sapendo guadagnare metri per andare a stanare l’Atalanta. Gasp poco alla volta ha cambiato il volto dell’attacco infilando Scamacca, Miranchuk e del centrocampo con Ederson e Scamacca ma la Dea non ritrova più la forza lucida del primo tempo e soprattutto c’è il Bologna che è un altro Bologna, tosto, resiliente, lucido e feroce. E che adesso sembra sempre più dentro al sogno-Champions.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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E vaaaaaiiiii. [SM=x1583472]





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Juve, quanti sprechi: Vlahovic mangiagol,
Napoli gode con Raspadori e l'Inter prepara la festa

Dopo gli erroracci del serbo, padroni di casa in vantaggio con Kvara,
i bianconeri trovano il pari con Chiesa,
nel finale Raspadori raccoglie la respinta di Szczesny
sul rigore di Osimhen e segna il gol della vittoria


Filippo Cornacchia


Il Napoli non si ferma e riapre la crisi della Juventus. I campioni d’Italia battono la squadra di Allegri 2-1 con un gol di Kvaratskhelia nel primo tempo e con uno di Raspadori nella ripresa (Giacomo è lesto a ribattere in rete il rigore sbagliato da Osimhen), poco dopo il momentaneo pareggio di Chiesa. S’allunga la maledizione dei bianconeri a Napoli, dove non vincono da 5 anni. Calzona festeggia al meglio la prima panchina in Serie A al Maradona e prosegue la risalita: ora i punti dal quarto posto del Bologna sono 8. La Juventus, invece, sente sempre più forte la pressione del Milan, dietro di una sola lunghezza. Allegri torna a casa senza punti, ma con tante occasioni create e un penalty regalato agli azzurri per l’ingenuità del giovane Nonge.

KVARA GOL — Calzona parte con il tridente Politano-Osimhen-Kvaratskhelia. Allegri, privo degli infortunati di lusso Rabiot e McKennie, preferisce Iling Jr a Kostic sulla sinistra e in avanti s’affida alla coppia Vlahovic-Chiesa. I grandi protagonisti del primo tempo sono l’ala georgiana e il bomber serbo. Kvara è in gran serata e sgasa sulla fascia sinistra come fosse un motorino, tanto da far ammonire prima Vlahovic (diffidato, salterà per squalifica l’Atalanta) e poi Cambiaso. DV9, invece, è più sfortunato e impreciso del solito. Così alla fine il Napoli ha il predominio del gioco, rispolverando alcune trame della magica stagione dello scudetto, ma le occasioni più pericolose sono della Juventus. E vedono protagonista Vlahovic che, nell’ordine, all’inizio non inquadra lo specchio di testa (ottimo assist di Chiesa), poi con un tocco morbido supera Meret in uscita ma non il palo e un minuto dopo lo svantaggio calcia alto da buona posizione. Dusan perdona, Kvaratskhelia no. E i campioni d’Italia sul finire del primo tempo (42’) passano in vantaggio con il georgiano che, praticamente senza opposizione (Cambiaso è staccato), raccoglie un cross dalla destra deviato da Bremer e trova la coordinazione giusta per battere Szczesny.

CHIESA-RASPA — La Juventus non accusa il colpo e inizia la ripresa con coraggio, tanto che dopo pochi minuti non sfrutta con Cambiaso la possibilità di rimettere in parità subito la gara (conclusione alta). Allegri si gioca la carta Weah, al posto di Cambiaso. Ma la clessidra gira e il Napoli più passa il tempo e più anestetizza i bianconeri con un possesso palla prolungato che non produce varchi in attacco per Osimhen e Kvaratskhelia, però finisce per far correre a vuoto Vlahovic e compagni. Al punto che Allegri per provare a dare una svolta alla gara inserisce Yildiz e vara il tridente con il turco a sinistra, Vlahovic in mezzo e Chiesa a destra. Il coraggio di Max viene premiato e poco dopo (36’ st) la Juventus trova il pareggio proprio con Chiesa, che con un diagonale dei suoi gela il Maradona, pareggia il vantaggio di Kvara e mette fine al lungo digiuno personale (l’azzurro non segnava da metà gennaio con il Sassuolo). Neanche il tempo di festeggiare e di organizzare l’assalto finale che il giovane bianconero Nonge, protagonista in positivo nell’1-1, commette un fallo ingenuo su Osimhen in area. Il nigeriano si fa neutralizzare sul dischetto da Szczesny, ma Raspadori è il più veloce di tutti e sulla ribattuta fa 2-1. Partita finita? Niente affatto. Nel recupero Rugani, l’uomo della rete all’ultimo minuto contro il Frosinone, stavolta calcia alto da buona posizione.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Inter, contro il Genoa tre punti col minimo sforzo:
Juve ora a -15, parte il countdown scudetto

Nel primo tempo le reti di Asllani e Sanchez su rigore (contestato)
regalano ai nerazzurri una serata tranquilla.
Nella ripresa però la riscossa rossoblù porta al gol di Vasquez che riapre la gara.
Ma alla fine fa festa Inzaghi


Andrea Ramazzotti


L'Inter batte anche il Genoa, l'ultima squadra che l'aveva costretta al pareggio (1-1 al Ferraris il 29 dicembre), centra la dodicesima vittoria su dodici nel 2024 e va a +15 sulla Juventus seconda. Le ultime 11 giornate per i nerazzurri si stanno trasformando in una passerella verso lo scudetto: Lautaro e compagni sono implacabili, mentre la concorrenza si è sfaldata. Un dato per capirlo meglio: il 21 gennaio dopo il blitz a Lecce (e con 1 incontro giocato in più) i bianconeri di Allegri erano a +1 e da allora non sono più riusciti a reggere il passo della capolista. La presenza in tribuna del c.t. Spalletti, che lo scorso anno si è preso il tricolore con il Napoli, ha il sapore del passaggio di consegne con Simone Inzaghi, che festeggia la trecentesima partita in Serie A con un'altra affermazione, la numero 179. Adesso il tecnico di Piacenza può preparare con ancora più tranquillità la trasferta di sabato a Bologna, ultimo appuntamento prima del ritorno degli ottavi di Champions contro l'Atletico Madrid di mercoledì 13. Per rossoblù, che prima di stasera avevano perso solo una delle ultime undici sfide, una prova orgogliosa e tanti rammarichi per la parata di Sommer su Retegui, sullo 0-0, ma anche per una ripresa più coraggiosa rispetto alla prima frazione. Se il Grifone fosse passato in vantaggio con il bomber azzurro, forse il match avrebbe preso un'altra piega e invece a sorridere è ancora il popolo nerazzurro, sempre più vicino alla seconda stella.

LE PRIME VOLTE — Inzaghi, che recupera per la panchina Frattesi, Thuram e Acerbi, ma non ha ancora Calhanoglu, sostituisce lo squalificato Bastoni con Carlos Augusto e in attacco dà spazio a Sanchez a fianco di Lautaro. Gilardino gioca a specchio, con il 3-5-2 e la stessa formazione che ha battuto l'Udinese. Il Genoa, penultimo in Serie A come possesso palla, anche al Meazza conferma la tendenza a coprirsi per provare a ripartire con la velocità di Gudmundsson, così sono i padroni di casa a fare la partita, ma rispetto al solito commettono più errori e l'ex allenatore della Lazio non gradisce. Dimarco sfiora il vantaggio, ma il Grifone quando ha spazio punge: un tentativo di Retegui viene ribattuto in angolo da Pavard, ma pochi minuti dopo per fermare il centravanti rossoblù, che stacca alla grande su cross di Sabelli, ci vuole un intervento super di Sommer. Gilardino, che vede Gudmundsson calciare alto il tap in da due passi, si mette le mani nei capelli perché sa che un'occasione del genere non gli capiterà più. Immediata arriva la punizione interista con Asllani che firma il suo primo gol da quando è a Milano con un'azione orchestrata da Barella e Sanchez, autore dell'assist decisivo. Il Genoa avverte il colpo e sbanda vistosamente quando, dopo il controllo al Var, Ayroldi conferma il rigore per fallo di Frendrup su Barella. Dagli undici metri Sanchez si impadronisce del pallone (dopo aver sbagliato il penalty contro l'Atalanta, Lautaro da capitano non fa una piega) e calcia alle spalle di Josep Martinez il 2-0. Per il cileno è il primo gol stagionale in Serie A, competizione dove l'ultima volta aveva segnato il 6 maggio 2022 contro l'Empoli. Prima dell'intervallo Mkhitaryan va vicino al tris e quando le due formazioni rientrano negli spogliatoio la Curva Nord, che si è riempita dopo una mezz'ora di sciopero, applaude sonoramente l'Inter

IL GENOA LA RIAPRE — La ripresa inizia con Darmian al posto dell'ammonito Dumfries e con Strootman per Frendrup. I padroni di casa vorrebbero il 3-0 e ci provano con Lautaro, Darmian e Mkhitaryan, ma sono i rossoblù, spinti da oltre 4.000 tifosi molto rumorosi, a trovare la rete che riapre l'incontro grazie a un tiro da fuori di Vasquez. Gilardino dà spazio a Spence e Vitinha che segna in fuorigioco il 2-2, mentre Inzaghi ricompone la ThuLa inserendo Thuram per Sanchez. Il Genoa però ha più ritmo, tiene il pallone e affonda sulle fasce: Retegui va vicino al 2-2, ma di testa spedisce la palla di poco fuori. L'Inter è troppo allungata, non riesce più a palleggiare e gli ospiti sono quasi sempre nella metà campo nerazzurra. Acerbi e Bisseck rinforzano la difesa di Inzaghi che finisce in sofferenza perché Barella su cross di Thuram non trova la porta da ottima posizione e perché Bani salva su conclusione ravvicinata di Carlos Augusto. Gilardino si gioca il tutto per tutto con Ekuban in campo e il 4-2-4, ma non sfonda. San Siro fa festa e vede la seconda stella sempre più vicina.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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