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Campionato di calcio Serie A stagione 2022/2023 di Award & Oscar FFZ

Ultimo Aggiornamento: 12/06/2023 14:35
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Calcio: Murale di Osimhen a Castel Volturno, per i nigeriani è Maradona



(Fonte Ansa)





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quartieri spagnoli - Napoli [SM=x1583472]




"Ci siamo messi dalla parte del tortano perché la pastiera era finita"




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Milinkovic salva la Lazio al 94': col Lecce è solo 2-2

Strefezza sbaglia un rigore, segna Immobile e poi
i salentini ribaltano tutto con una doppietta di Oudin.
Nel finale arriva il gol del centrocampista per i biancocelesti che vanno a +2 sull'Inter


Nicola Berardino


Al 49’ della ripresa un colpo di testa di Milinkovic evita alla Lazio contro Il Lecce la sconfitta che sarebbe stata la quarta nelle ultime cinque giornate. Biancocelesti in forte affanno nella marcia per la qualificazione di Champions. Il ritorno di Immobile al gol all’Olimpico in campionato dopo 243 giorni aveva illuso la squadra di Sarri. La doppietta di Oudin tra la fine del primo tempo e l’inizio della ripresa ha ribaltato il risultato. La Lazio in difficoltà per recuperare sino al 2-2 di Milinkovic. Il Lecce, che ad inizio gara ha sciupato un rigore con Strefezza, recrimina per la vittoria sfuggita alla fine, ma esce dall’Olimpico a testa dopo una gara che rianima la sue possibilità di salvezza.

PRIMO TEMPO — Rispetto alla formazione battuta dal Milan, Sarri apporta una novità. Da terzino destro torna Lazzari al posto dell’affaticato Marusic (in panchina). Viste le defezioni di Cataldi (stagione praticamente conclusa) e Vecino , confermato Marcos Antonio da play. Baroni ritocca la prima linea inserendo Colombo e Banda al fianco di Strefezza. Il primo tentativo a rete è del Lecce: botta di Oudin, alta. La Lazio macina gioco in attesa di portarsi al tiro: efficace il muro dei pugliesi. Dopo un contrasto fra Blin e Hysaj Maresca assegna un rigore al Lecce tra le proteste laziali. Al 23’ dal dischetto Strefezza calcia però a lato. La squadra di Baroni non si smarrisce, restando aggressiva e compatta. Scatta in velocita la Lazio: Umtiti libera su un traversone di Lazzari. La formazione di Sarri comincia a trovare profondità senza comunque rendersi pericolosa. Ma alla prima vera chance, su assist di Luis Alberto, al 34’ Immobile va a sbloccare la gara. Il bomber interrompe un digiuno in campionato all’Olimpico che durava dall’11 settembre, contro il Verona. Undicesimo centro nella stagione di A per il capitano della Lazio. Prende sicurezza la Lazio: manovra più fluida. Al 43’, biancocelesti vicini al raddoppio. Falcone è abile a sventare un tocco ravvicinato di Milinkovic. Lecce in avanti: banda fermato da Lazzari. Al 47’ i salentini pareggiano con un sinistro angolato di Oudin, servito da Gendrey.

IL BIS DI OUDIN — Nella ripresa le squadre si presentano con gli stessi schieramenti. Lecce subito intraprendente: al 5’, rasoiata di Banda respinta di pugno da Provedel. Un minuto dopo Oudin, questa volta di destro, fulmina il portiere della Lazio su assist di Strefezza e porta il vantaggio il Lecce. Risultato ribaltato, Lazio in tilt. Al 13’ Sarri fa entrare Pellegrini e Pedro al posto di Hysaj e Felipe Anderson. Parte l’assalto dei biancocelesti, ma i giallorossi sono reattivi in fase di ripartenza (Strefezza conclude al lato). Sul fondo un colpo di testa di Milinkovic. Al 22’ Baroni rinfresca l’attacco con Ceesay e Di Francesco che rilevano Colombo e Banda. Lazio in evidente affanno ma prova ad alzare il ritmo. Al 28’ Basic sostituisce Marco Antonio e in cabina di regia si sposta Luis Alberto. Al 30’, mischione nell’area del Lecce: Immobile e e poi Zaccagni non trovano il tocco risolutivo. Nel Lecce Gendrey cede il posto a Simone Romagnoli mentre Gonzalez avvicenda Strefezza. Falcone para un colpo di testa di Immobile. Altro cambio tra i pugliesi: Helgason per Oudin. Il portiere del Lecce in guardia su un colpo di Pedro. Sei minuti di recupero finale. Palo di Pedro al 47’. Due minuti dopo il pareggio della Lazio firmato da un colpo di testa di Milinkovic su un pallone ribattuto dalla difesa del Lecce. La gara termina sul 2-2 tra tanti rimpianti per le due squadre.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Candreva fa esultare la Salernitana: è salvezza!
Atalanta, addio alla Champions?

Un gol nel finale dell'ex Lazio e Inter abbatte la Dea che
ora vede allontanarsi la qualificazione nell'Europa che conta.
I campani invece sono praticamente certi della permanenza in A


Andrea Elefante


La salvezza della Salernitana potrebbe essere arrivata aritmeticamente al 92'23'' di una battaglia sotto il diluvio, quando l’Atalanta pensava ormai di aver resistito nonostante la grande emergenza, grazie ad un gol pensato e realizzato da Candreva, entrato da appena 12'. Ora dipenderà dal risultato dello Spezia contro il Milan, ma ormai è solo questione di aspettare un verdetto già certo. Per l'Atalanta poteva essere sicuro almeno il settimo posto, che varrebbe almeno la Conference, se l’Inter vincerà la Coppa Italia, ma il punto che manca alla squadra di Gasperini l’ha visto sfumare in extremis oggi, con il rimpianto di non aver sfruttato il dominio del primo tempo e quello di essere arrivata a questa sfida, e poi ai suoi momenti decisivi, con gli uomini contati e le energie prosciugate.

LE SCELTE — Sousa punta su una Salernitana a trazione anteriore: recupera Bradaric, Gyomber e Candreva, ma utilizza da titolare solo il primo, che va a sinistra e fa scivolare Mazzocchi a destra. Al centro della difesa conferma l’ex Lovato e per accompagnare Piatek, assieme a Dia (dunque due punte “vere”), c’è Botheim e non Kastanos. Gasperini, con sette assenze, non ha grandi possibilità di scelta: sulla fascia destra fiducia a Soppy, per il resto l’assetto ormai consolidato, con Koopmeiners, Pasalic e - appena possibile - Ederson a supportare Zapata. Hojlund è recuperato, ma inizialmente è in panchina, come Muriel.

PRIMO TEMPO — Totale dominio del campo dell’Atalanta da subito, e per tutti i 45’, nonostante già prima della mezzora il campo fosse diventato poco meno di un pantano per un violentissimo temporale, con grandine, che si è abbattuto sull’Arechi. Ma è riemerso un problema non nuovo, la difficoltà della squadra di Gasperini nel rendersi davvero pericolosa e concreta al momento di finalizzare. Le migliori occasioni, tutte di testa, per Zapata, ma al 19’, in tuffo, e poi al 42’, su cross di De Roon, il colombiano non è riuscito a mirare bene la porta. Altre chance per Pasalic ed Ederson, con Ochoa sempre sicuro, e ancora per Soppy e Pasalic, con Pirola a difendere la porta in entrambe le occasioni, la prima rischiando anche l’autogol. E la Salernitana? Una punizione morbida di Mazzocchi e stop, con Botheim defilatissimo e cancellato da Scalvini e Dia in giornata tutt’altro che ispirata.

SECONDO TEMPO — Il copione si capovolge nella ripresa, proprio quando Gasperini alza il tasso offensivo della squadra, aggiungendo Hojlund (al posto di Pasalic) a Zapata. Ma a cambiare è soprattutto l’atteggiamento della Salernitana: più “alta”, tonica, aggressiva, propositiva. Anche perché la Dea perde uno dopo l’altro anche Soppy (dopo 3’) e Djimsiti (dopo 25’), a disegnare un’emergenza totale, con Okoli, un centrale, adattato da laterale destro. Ma già all’11’ era arrivato il primo messaggio della Salernitana, con una percussione centrale - avviata da una palla persa in uscita da Zapata - di Dia, conclusa incredibilmente con un tiro alto. Un’altra chance con un tuffo di testa di Piatek su pallone respinto centralmente di pugno da Sportiello e da quel momento un assedio sempre più convinto, con l’Atalanta costretta sulle barricate. Un paio di recuperi salvifici di Toloi su Dia e Piatek, ma con i cambi, soprattutto Kastanos e Candreva, Sousa dà ulteriore freschezza alla sua squadra. Che passa quando è iniziato il terzo dei cinque minuti di recupero. Proprio con Candreva, che in posizione centrale chiede e ottiene l’uno-due da Piatek e con un destro sul primo palo non lascia scampo a Sportiello.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Milan con la testa all’Euroderby:
crolla 2-0 a La Spezia, si complica la zona Champions

I rossoneri cedono nella ripresa sotto i gol di Wisniewski ed Esposito.
Diavolo lento, prevedibile, privo di fase offensiva e svagato in difesa.
I liguri portano a casa tre punti vitali in chiave salvezza


Luca Bianchin


Il Milan ha perso a La Spezia e va bene, questo lo hanno visto tutti. Il punto è che il Milan ha meritato di perdere, ha avuto qualche occasione ma non ha mai prodotto gioco e, al momento della verità, è stato messo sotto dallo Spezia, terzultimo. Il tabellone alla fine dice 2-0, gol di Wisniewski, difensore polacco del ’98 preso al mercato invernale dal Venezia, e punizione di Salvatore Esposito, classe 2000, giovanili all’Inter. Nella settimana del derby, il delitto perfetto. E allora, matematica. Il Milan resta quinto, a -4 dalla Lazio e a -2 dall’Inter, che giocherà in serata. Lo Spezia salta a 30 e raggiunge il Verona, in campo domani, al 17esimo posto. La scena simbolo, la squadra che a fine partita va sotto la curva assieme a Pioli, come per rendere conto dei propri peccati.

LA CRONACA — Il primo tempo è stato equilibrato. Per il Milan, un palo autoprodotto da Tonali dopo 7 minuti, un cross di Theo non sfruttato da Rebic (tentare una sponda, perché?) e un tiro di Theo da lontano messo in angolo da Dragowski. Per lo Spezia, un’occasione con Reca, che ha saltato Kalulu – brutta figura – e ha calciato: Tomori, in scivolata, ha salvato col corpo. Nel secondo tempo, invece, la partita si è accesa. Il Milan ha rischiato di andare in vantaggio dopo 11 minuti: combinazione Diaz-Tonali-Diaz e tiro sul palo esterno. Poi lo Spezia ha clamorosamente messo sotto una semifinalista Champions. Tra il 23’ e il 24’, Maignan ha dovuto salvare due volte, prima su un tiro di Nzola nato da una palla persa di De Ketelaere, poi su Ekdal, solo in area dopo errori a catena del Milan. Sei minuti dopo, nemmeno il miglior portiere della Serie A è bastato: angolo da sinistra, deviazione di testa di Amian e involontario assist di Ballo-Touré a Wisniewski per l’1-0. Chi si aspettava una reazione del Milan è rimasto deluso. Pioli aveva già mandato in campo De Ketelaere, Giroud e Adli e con loro se l’è giocata. Al netto di qualche tentativo di Adli, si è visto poco e Dragowski non ha rischiato. Anzi, la punizione di Esposito ha regalato un finale sereno allo Spezia.

PESSIMO MILAN — I segnali per i milanisti, a tre giorni dal derby di ritorno, sono pessimi. Lo Spezia ha giocato a lungo alla pari e Pioli non ha convinto in nulla. Il Milan oggi, come altre volte in stagione, è spento, atleticamente poco brillante, senza idee e senza tecnica più che senza motivazione. Deludenti soprattutto Diaz e Rebic. Il croato, mai pericoloso da numero 9, è stato trovato poco e in area si è visto pochissimo: non pervenuto. Brahim non è stato mai in grado di accendere un fuoco nel primo tempo, ha fatto appena meglio nel secondo con due-tre accelerazioni palla al piede e un bel filtrante per Saelemaekers. Pioli soprattutto ne esce malissimo. Ha mandato in campo i migliori a disposizione: tra i titolari, fuori solo Giroud – non in condizione di giocare ogni tre giorni, con quel tendine d’Achille – e Calabria, sostituito da Kalulu a destra. Eppure non si è visto. Il Milan è stato lungo, poco intenso, senza giocatori di qualità capaci di generare qualcosa dal nulla. Adli, quando è entrato, nel suo piccolo ha fatto nascere una domanda nella testa di tutti i milanisti: perché non ha mai giocato? In più, quel gol preso gol da corner, come contro l’Inter, ed è curioso ora pensare che la stessa squadra, da febbraio a maggio, aveva messo in fila oltre 100 angoli subiti senza prendere gol.

SPEZIA CI CREDE — Lo Spezia ha giocato una partita attenta, concreta, coraggiosa. Semplici non si è messo dietro, ha fatto paura a Maignan e può fare sinceri complimenti ai suoi tre difensori: Wisniewski, Ampadu e Nikolaou hanno gestito bene situazioni semplici e complesse. La classifica ora è più incoraggiante: lo Spezia è alla pari col Verona, che giocherà domani col Toro, e a -2 dal Lecce. Domenica prossima c’è Lecce-Spezia. Considerazione banale: quella, per Semplici, è una finale di Champions

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Inter, poker al Sassuolo con super Lukaku:
Inzaghi aggancia la Juve ed è secondo

Nerazzurri da 3-0 a 3-2, poi il belga,
che aveva segnato il primo gol,
chiude i conti nel finale.
Di Lautaro, Matheus Henrique e Frattesi le altre reti,
con l'autogol del disastroso Tressoldi


Matteo Nava


Apre e chiude Romelu Lukaku, scatenato e trascinante. Al Meazza l’Inter liquida il Sassuolo per 4-2 con una partita di fatto controllata per lunghi tratti, praticamente vinta dopo un’ora di gioco ma complicatasi nella frazione finale a causa di due blackout: in mezzo agli squilli del belga, l’autorete di Ruan Tressoldi e la rete di Lautaro Martinez. In gol Matheus Henrique e Davide Frattesi per i neroverdi. Con il quinto successo di fila in campionato, i nerazzurri passano la notte appaiati alla Juventus: Lazio sorpassata, 5 punti di vantaggio sul Milan e + 8 su Roma e Atalanta. Rossoneri avvisati.

ROTAZIONI — Se Alessio Dionisi rispetto all’1-1 con il Bologna di lunedì cambia soltanto l’ala sinistra del tridente – Armand Laurienté per Nedim Bajrami –, Simone Inzaghi persevera con la formula magica che lo ha portato alle sei vittorie consecutive tra Italia ed Europa: l’annunciato turnover massiccio, con tre sole conferme dopo il derby europeo d’andata. Tutte sulla catena di sinistra, con l’immancabile Francesco Acerbi in difesa, l’Mvp di martedì Henrikh Mkhitaryan come mezzala e Federico Dimarco quinto di centrocampo. Capitano, Samir Handanovic. Il tutto con la fresca consapevolezza del 2-0 rifilato dallo Spezia al Milan e con la "comfort zone" delle coppie d’attacco: Lukaku e Joaquin Correa giocano nel weekend, Edin Dzeko e Lautaro in mezzo alla settimana, mantra per la tredicesima partita consecutiva.

OLTRE LA LINEA — L’avvio di partita è aperto e divertente con un Sassuolo intraprendente e un’Inter intermittente nei ritmi e un po’ imprecisa tecnicamente: mal rifornito il duo offensivo di Inzaghi. Nel primo quarto d’ora vanno a segno entrambe le formazioni, ma due posizioni di fuorigioco “ripuliscono” il tabellino. Quella di Laurienté vizia l’azione che porta alla rete di Berardi in tap-in, e lo segnala il Var, mentre l’offside di Dimarco (visto dal guardalinee) invalida il guizzo di Correa. Al 37’ Dimarco cerca la testa del Tucu: incrocio lontano soltanto sfiorato. Poi, palcoscenico a Lukaku: prima Big Rom si scalda calciando a lato un diagonale rasoterra, poi al 41’ esibisce un terrificante mancino da fuori area dopo aver bruciato Tressoldi con una giravolta. Sinistro forte e preciso sotto l’incrocio alla sinistra di Consigli per il vantaggio nerazzurro. Prima e dopo, due tentativi di Frattesi, uno respinto bene da Handanovic e l’altro sul fondo.

AHI TRESSOLDI — Argentino per argentino, l’Inter comincia la ripresa con Lautaro al posto di un volenteroso Correa, vittima di un affaticamento ai flessori della coscia destra. Il Toro stuzzica subito il Meazza con un mancino larghissimo, ma al 54’ la occasione d’oro è una volée di Dimarco che trova la pronta opposizione di Jeremy Toljan. Il raddoppio, un minuto dopo, è il prosieguo della serata complicata di Tressoldi: pallone giocato verso il centro dell’area da Raoul Bellanova e intervento svirgolato dal brasiliano a sorprendere Consigli, autorete. Male? Peggio. Al 58’ a tirare da fuori area è Lautaro e una nuova deviazione di Tressoldi rende letale la traiettoria: 3-0 e pressione ormai sotto i piedi per un’Inter già proiettata verso l’impegno di martedì. Lo si vede al 63’, con Matheus Henrique che insacca di testa tutto solo ringraziando Berardi per l’assist e gli avversari per l’inesistente marcatura. È quindi ancora presto per staccare la spina e Andrea Pinamonti spaventa due volte San Siro – una parata e un palo sfiorato –, prima che Frattesi (77’) punisca la voglia di Champions League dei nerazzurri: cross di Rogerio dalla sinistra, gol di testa di Frattesi. La partita si riapre, Bajrami calcia alto e Inzaghi prova a ricorrere all’equilibratore Matteo Darmian a destra come ultima sostituzione (nel frattempo dentro anche Robin Gosens, Kristjan Asllani e Alessandro Bastoni). Il Meazza trema per una decina di minuti, poi all’89’ Lukaku omologa la settima vittoria consecutiva completando la doppietta con un rasoterra potente e permette, questa volta davvero, alla truppa di Inzaghi di proiettarsi sulla semifinale di ritorno contro il Milan.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Toro in trasferta è una macchina: vittoria anche a Verona



Partita decisa da un gran gol di Vlasic al 29’ del primo tempo.
I gialloblù restano terzultimi, granata ottavi


Mario Pagliara

Il Toro si conferma una macchina da punti in trasferta. Una magia di Nikola Vlasic produce la terza vittoria consecutiva fuori casa, l’ottava dell’intero campionato lontano dallo stadio Olimpico Grande Torino: dal 1970 i granata non infilavano tre successi in trasferta senza prendere gol. Sono tre punti pesantissimi nella corsa per l’ottavo posto. E il Verona? Così brutto e inconcludente era pure difficile da immaginare: oggi è apparsa una squadra senza idee e con pochissima personalità, a tratti rassegnata alla sconfitta. Per l’Hellas, fischiato dal proprio pubblico nel finale, è un k.o. che rende molto più complicata la corsa salvezza.

ARCOBALENO — Sulla piovosa, e grigia, domenica veronese, l’arcobaleno lo inventa all’improvviso Nikola Vlasic. In precedenza, scorrono via ventinove minuti di palleggio e studio tra Verona e Torino, che sembrano aspettare l’errore dell’altro per colpire, senza concedere grandi occasioni né prestare il fianco ad indecisioni. D’improvviso, poi, dal sinistro di Vlasic nasce la parabola di sinistro che spezza l’equilibrio all’ora di pranzo. Tocco delicato da fuori area: una magia imparabile per Montipò che spinge i granata in avanti. Vlasic non segnava in Serie A dal 9 novembre: sei mesi dopo aggiunge la quinta rete al suo campionato. Prima della magia del croato, tanta applicazione da entrambe le squadre: il Verona di Zaffaroni si rende pericoloso dopo cinque minuti con una conclusione da fuori area di Tameze, respinta da Milinkovic. Dopo poco o nulla. Il Torino dell’ex Juric (accolto nell’indifferenza) ci prova qualche volta in più: Vojvoda non concretizza la bella combinazione Karamoh-Vlasic (6’), Sanabria scalda i guantoni di Montipo’ (16’). Cinque minuti prima del gol c’è un contatto dubbio nell’area veronese tra Ilic e Faraoni: Di Bello fa giocare. Nel finale di primo tempo, sale il nervosismo dell’Hellas, effetto forse di un Toro che riesce a non concedere varchi.

FISCHI — In avvio di ripresa, dentro Cabal e Duda per il Verona al posto di Dawidowicz e Verdi. Al 12’ il Verona spreca l’occasione del potenziale pareggio: davanti a Ngonge si apre una prateria ma è formidabile Singo nel recuperare quasi mezzo campo, alle spalle arriva Lazovic che da buona posizione non inquadra la porta. Al quarto d’ora un infortunio tira fuori dalla contesa Vlasic, il protagonista della domenica, al suo posto Juric getta Seck nella mischia. Poco dopo, Juric alza i centimetri del suo Toro inserendo Pellegri (per Sanabria) e Schuurs (per Djidji). Alla mezzora, il Toro alza la pressione. Ricci si lancia in un coast to coast, viene servito da Milinkovic davanti a Montipo’ ma il suo tocco sotto si spegne sul fondo per pochi centimetri. Centoventi secondi dopo, Singo sbatte in progressione sul portiere dell’Hellas e ancora Singo alza sulla traversa un tocco sottoporta. La lunga pressione del Toro non partorisce il raddoppio, ma non causa nemmeno problematiche particolari dalle parti di Milinkovic. Il mini-assalto nei minuti di recupero del Verona non sortisce alcun effetto. E l’Hellas esce dal campo tra i fischi del suo pubblico.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Fiorentina torna a vincere: Castrovilli e Bonaventura, Udinese ko

Con un gol per tempo dei due centrocampisti
la squadra di Italiano si rilancia in campionato:
quarta sconfitta consecutiva in trasferta per Sottil


Fabio Bianchi


Castrovilli e Bonaventura, fantasia al potere. La Fiorentina torna a vincere e alza il morale della truppa in vista della madre di tutte le partite a Basilea. L’Udinese spuntata (senza Beto, Success, oltre a Deulofeu) si concede per un tempo intero e poi nel secondo round, visto il calo della Viola ormai diventata una prassi, prova a recuperare la partita, ma non riesce a essere velenosa davanti a Cerofolini. E al tramonto della gara Jack mette il sigillo su questo successo che per il campionato conterà poco ma, appunto, vale molto per lo spirito. Giovedì c’è il ritorno della semifinale di Conference e serve un’impresa. Per riuscirci, ci vorrà più di questa Fiorentina, anche se rispetto al recente passato (una sola vittoria in 8 gare), qualche passo avanti si è visto.

ECCO CASTRO — Come da copione, Italiano ha operato un poderoso turn over in vista della Conference, dove serviranno forze fresche. Scelte anche a sorpresa: per dire, Kouamè al posto di Jovic (che non è entrato) al centro dell’attacco (Cabral nemmeno convocato) e Venuti in difesa per Dodo. L’Udinese si è affidata al tenero Nestorovski, unico superstite dell’attacco, davanti. Con più energie data dalle seconde linee, la Fiorentina è partita forte, spinta da un ottimo Duncan e ha subito messo pressione a Becao e soci. Ed è andata presto a segno: dopo un palo interno di Duncan, Venuti crossa in mezzo, Becao respinge male sui piedi di Castrovilli che non sbaglia davanti a Silvestri. Il fantasista, schierato per l’occasione a fianco di Duncan, è rientrato da poco ma ha già segnato 4 gol, due in coppa e due in campionato. Un uomo su cui contare. L’Udinese ha cercato qualche ripartenza come reazione ma nel primo round ha fatto un solo tiro in porta, alto, di Pereyra. Invece la Fiorentina, che ha sempre tenuto il pallino del gioco, ha creato altre occasioni, la più velenosa su un gran lancio di Ikone per Brekalo che, tutto solo, dribbla Silvestri e colpisce il secondo legno di giornata.

CALO VIOLA — A inizio secondo round Kouame si è mangiato un gol clamoroso solo davanti a Silvestri. Poi, come è successo spesso di questo tempi, la Fiorentina è calata parecchio, consentendo all’Udinese di salire. Italiano ha inserito subito Gonzalez per Ikone, poi via via Terzic, Mandragora Bonaventura e Dodo, per dare minuti ai titolari. Sottil ha provato ad alzare il baricentro con Udogie, il centravanti classe 2005 Vivaldo e infine Pafundi. E qualcosa davanti in più si è visto. Il talento portoghese ha colpito un palo ma è stata sempre la Fiorentina la più pericolosa, con Nico che ha fallito un paio di occasioni. Infine ci ha pensato Bonaventura a chiudere la sfida con la coda velenosa della doppia espulsione a fine gara, sua e di Becao, per una mini rissa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Napoli già in vacanza:
Mota e Petagna stendono gli azzurri,
il Monza non molla l'ottavo posto



La squadra di Spalletti cade in Brianza con un gol per tempo,
vana la reazione azzurra nel secondo tempo che si ferma alle parate di Di Gregorio


Maurizio Nicita

Prima sconfitta dei campioni d'Italia e il merito è tutto del Monza di Palladino che gioca una partita accorta e intelligente sfruttando al meglio il calo di tensione di un Napoli che dimostra la propria natura umana e cade quindi 2-0. A questo punto però diventa complicato superare il record dei 91 punti di Sarri: Spalletti dovrebbe vincerle tutte. Per il club di Berlusconi e Galliani continua il sogno di un ottavo posto che potrebbe profumare di Europa.

MOTIVAZIONI — I padroni di casa dimostrano più motivazioni dei campioni d'Italia. Eppure Spalletti inserisce Bereszynski a destra, Zerbin esterno sinistro d'attacco schierando il centrocampo titolare e un Osimhen affamato di gol per il titolo di cannoniere. Ma il possesso palla del Napoli è lento, il movimento negli spazi non è il "solito" e la sfera gira anch'essa non a velocità imprevedibile per cui la difesa del Monza con Marlon al centro riesce a leggere agevolmente i movimenti avversari, anche perché gli esterni Ciurria e Augusto restano bassi per sventare raddoppi sulle fasce dei campioni. Questo non significa che la squadra di Palladino difenda soltanto, appena può va in verticale cercando a sinistra Caprari e lo stesso Augusto che arriva al cross con una certa efficacia. E così dopo pochi minuti Mota Carvalho arriva al tiro sporco ma pericoloso. I padroni di casa quando aggrediscono lo fanno con parecchi uomini e questo crea qualche grattacapo ai napoletani che sventano un'altra occasione ma al 18' prendono gol. Sono almeno 5 le maglie del Monza negli ultimi venti metri del Napoli, con palla spostata per via laterale con movimenti rapidi. Augusto dentro per Pessina che si ritrova fra i piedi Gollini in uscita ma riesce di esterno a servire Mota Carvalho che non può sbagliare. Monza meritatamente in vantaggio e Napoli che non riesce a innestare un cambio di marcia. Solo nel finale azzurri pericolosi con palleggio rapido e preciso in area che porta al tiro Anguissa: bravo Di Gregorio a respingere il primo tiro nello specchio degli ospiti. Lo stesso portiere è abile in uscita ad anticipare Zerbin innestato da Lobotka.

KVARA? NO, PETAGNA — Nella ripresa Spalletti inserisce subito Kvaratskhelia, ma è ancora il Monza il più efficace in zona offensiva. Dopo una buona occasione sprecata da Anguissa, ecco il raddoppio con il classico gol dell'ex. È ancora Mota ad arrivare pericolosamente al tiro, Gollini respinge come può e Petagna è abile di sinistro a piazzare nell'angolo sguarnito della porta. A questo punto Spalletti cambia la sua fascia destra, che ha sofferto parecchio, e con Di Lorenzo, Politano e pure Raspadori passando a un 4-2-3-1 che sembra un po' più efficace con tutti gli uomini migliori. Palladino si cautela inserendo un più fresco Birindelli per marcare Kvara. In effetti Di Gregorio è chiamato a quattro parate, ma tre su tiri dal limite di Zielinski, Kvara e Raspadori, più complicata quella sul colpo di testa di Olivera. Poi nel finale devia su Osimhen, a dimostrare comunque che gli azzurri non ci stanno a perdere. Peccato per l'infortunio a Izzo. Alla fine comunque gli oltre cinque mila partenopei presenti all'U-Power stadium applaudono i loro campioni: il mondo Napoli resta in festa. Ed è giusto così.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Roma-2 ci prova, ma a Bologna è 0-0:
la zona Champions resta lontana

Massiccio turnover per Mou:
nel primo tempo super occasione per Belotti poi,
con i big in campo, i giallorossi non sfondano.
Rossoblù poco incisivi nonostante il ritorno di Arnautovic


Matteo Dalla Vite


La Roma rimaneggiatissima, ma con ingressi corposi nella ripresa, esce indenne dal Dall’Ara. Thiago Motta ferma un’altra big ma perde l’ottavo posto, visto che le altre "concorrenti" hanno vinto. Ecco la sintesi di una gara anche ruvida e nella quale i due portieri (soprattutto Skorupski) hanno saputo devitalizzare al meglio tutte quelle situazioni che potevano portare a spaccare la gara. La Roma ha recriminato su due situazioni in area: molto più dubbia la sbracciata di Lykogiannis a Ibanez rispetto a quella di Sosa a Solbakken.

ORSATO DICE NO — Motta non ha la coppia difensiva titolare (Soumaoro-Lucumi) oltre al terzino destro preferito (Posch: gioca De Silvestri che non era titolare dall’8 ottobre), Sansone, Soriano e Kyriakopoulos: però decide di giocarsela ancor più di sempre infilando dal 1’ Arnautovic coi ai suoi lati Orsolini e Barrow e Ferguson sottopunta nel 4-2-3-1; Mourinho, si sa, non è certo messo meglio visto che in chiave-Europa lascia a Roma Dybala e Rui Patricio, ha una lista di infortunati infinita (Karsdorp, Kumbulla, Llorente, Smalling, El Shaarawy) e si affida inevitabilmente anche ai giovani, da Svilar (prima da titolare), Tahirovic, Missori. Nel suo 3-4-2-1, quindi, Solbakken e Belotti sono gli estremi offensivi mentre Motta stupisce appunto tutti infilando Arna dal 1’ e attaccando anche col 4-3-3. Detto che, prima della partita, le tifoserie delle due squadre sarebbero venute a contatto e che al Dall’Ara sono presenti circa 3000 supporters giallorossi, ecco che l’inizio della partita (una “reunion” da Triplete interista fra Mou, Motta e Arnautovic) vede subito il Bologna tentare la fuga: al 3’, Arnautovic ha una buona opportunità ma Ibanez lo blocca a cinque metri dall’ingresso in area; al 7’, Solbakken chiede un rigore per braccio allargato di Sosa: Orsato lascia correre, per lui un contatto troppo light per decretare il rigore, il tutto mentre Mourinho apre le braccia in panchina in segno di dissenso. Al 17’ Orsolini entra nel campo da destra e lascia partire una botta di sinistro sulla quale Svilar (al debutto in A dopo averlo già fatto in Europa League) mette in angolo. La Roma non resta a guardare e va vicina al gol al 23’: fuga a sinistra di Solbakken che va via a Sosa, palla in mezzo e Belotti non calcia con forza né giusta direzione, pallone respinto a terra da Skorupski. Il Bologna ha il possesso (conclusione bassa di Dominguez al 32’, parata ancora da Svilar) e la Roma cerca di rendersi solida in fase difensiva per poi ripartire con azioni taglienti: in una di queste, dopo punizione presa da Wynaldum (e ammonizione giusta di Bonifazi), Zalewski prova col calcio da fermo, palla alta.

ABRAHAM CI VA VICINO — Mourinho, che si fa una "chiacchierata" con Orsato all’alba della ripresa per un fallo non ritenuto giusto di Tahirovic, ne cambia tre in un colpo al decimo: dentro Mancini (per Celik), Bove (per Wynaldum) e Abraham (per Belotti), con la chiara idea di andare a vincere dopo aver devitalizzato un Bologna che ci ha provato con bella insistenza. Al 12’, Zalewski infila un pallone velenosissimo poi spazzato da Sosa, uno dei peggiori fino a quel momento. La Roma ha deciso di alzare pressing e baricentro, Camara al 17’ s.t. non inquadra la porta e il Bologna fatica a impossessarsi del pallone: ruoli ribaltati, coi giallorossi che abbracciano di più il possesso e i rossoblù che si armano nella ripartenza. Anche Motta ne cambia tre: dentro Lykogiannis (per De Silvestri), Moro (per Ferguson) e Zirkzee per Arnautovic che – per andare in panchina – fa il giro un po’ largo… Al 70’, su pallone proveniente da sinistra, Lykogiannis sbraccia su Ibanez: per Orsato non è rigore, dubbi. Mou infila anche Pellegrini, formazione col 3-5-1-1 e gol sfiorato da Mancini, che trova la copertura di Skorupski che poi a quattro minuti dal 90’ blocca un colpo di testa di Abraham. Nel Bologna la palla circola lenta, la Roma ha messo fisicità e cerca più la profondità rispetto al primo tempo ma è Zirkzee a sfiorare il gol, colpo da sinistra che finisce a lato. Finisce così, zero a zero: la Roma sale a 59, il Bologna dopo l’Inter, la Lazio, il Milan e la Juventus ferma anche un’altra big, ma perdendo l’ottavo posto in classifica.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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14/05/2023 23:46
 
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Apre Fagioli, chiude Bremer:
la Juve batte la Cremonese e torna seconda



Un bell'assist di Chiesa lancia il centrocampista,
poi raddoppia il brasiliano sugli sviluppi di un angolo.
Ballardini si ferma a tre risultati utili di fila, mentre Allegri perde Pogba


Filippo Cornacchia

La Juve batte la Cremonese, si riprende il secondo posto in solitaria, blinda la zona Champions (più 8 sul quinto posto) e si avvicina al meglio alla semifinale di Europa League di giovedì in casa del Siviglia. Successo arrivato nella ripresa e firmato dall’ex Nicolò Fagioli, autore di un gran gol (tiro secco e preciso dal limite) e dall’incornata del solito Gleison Bremer. A macchiare la serata bianconera il nuovo infortunio muscolare di Paul Pogba. Sempre più in salita, invece, la corsa salvezza della Cremonese, a meno 6 dallo Spezia.

LACRIME POGBA — Già, Allegri lancia il Polpo titolare per la prima volta in stagione, come al francese non capitava da 390 giorni e dai tempi del Manchester United. Ma in meno di mezz’ora si passa dalla festa alle lacrime del campione del mondo. Al minuto 22 il centrocampista si è accascia a terra a causa di un nuovo problema muscolare, stavolta alla coscia sinistra. Allianz Stadium gelato e bianconeri, fino a quel momento pericolosi con Pogba (girata), Bremer (colpo di testa) e Vlahovic (diagonale), scossi. Con il passare dei minuti la Juve riprende possesso del campo e sfiora il vantaggio con Milik due volte (in una occasione è decisivo Carnesecchi) e con la solita incornata di Bremer sugli sviluppi di un calcio d’angolo, una delle armi migliori della stagione juventina. La Cremonese, abile a ripartire, si difende compatta e si rende pericolosa con Felix in ripartenza.

IL GOL DELL'EX — Nel secondo tempo la musica non cambia. La Juve sale di giri e sono brividi per la squadra di Ballardini. Prima un tiro violento di Rabiot, poi un altro pericolo creato da Milik. E dopo appena dieci minuti, al termine di una bella azione rifinita da Chiesa sulla sinistra, ecco il gol sblocca partita. A segnarlo è Nicolò Fagioli, il grande ex, con un tiro secco dal limite. L’ex grigiorosso non esulta, trattiene la gioia. A quel punto Allegri, pensando anche alla semifinale di Europa League di giovedì in casa del Siviglia, dopo un’ora abbondante sostituisce Chiesa e Vlahovic con Iling e Di Maria. I bianconeri, però, continuano ad attaccare alla ricerca del raddoppio, prima sfiorato da Rabiot e poi realizzato da Bremer, reattivo ad anticipare di testa Sernicola, sugli sviluppi di un’azione avviata da calcio d’angolo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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16/05/2023 13:09
 
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Empoli in festa con Piccoli:
1-1 in casa della Samp ed è salvezza!

Gran gol di Zanoli nel primo tempo.
Nel recupero arriva il guizzo dell'attaccante che vale
la permanenza in A per la squadra di Zanetti


Vincenzo Di Schiavi


Il primo gol di Piccoli non si può dimenticare. Per lui e per l'Empoli. Perché vale la permanenza in A dei toscani. La Samp è cuore, orgoglio corsa e bravura. Un gran gol di Zanoli salva l'onore, sembra la serata giusta per sorridere un po' nonostante la retrocessione, poi la frecciata dell'attaccante nel recupero (terza punta inserita da Zanetti nel finale), premia l'eccellente stagione dei toscani.

SUPER ZANOLI — La curva doriana srotola uno striscione polemico urlando "giù le mani dalla Sampdoria", mentre i ragazzi di Stankovic tengono il campo con grande dignità. Il 4-2-3-1 di Zanetti copre meglio gli spazi e inizialmente c'è tanto Empoli. Caputo in spaccata da due passi e un destro velenoso di Cambiaghi procurano un lungo brivido a Ravaglia. Poi la Samp guadagna campo con perizia e armonia sfruttando al meglio le fasce e tutto torna nel solco dell'equilibrio. Zanoli, prima della perla del vantaggio, spreca incredibilmente da due passi. Di là Ebuehi e Caputo si ostacolano a due passi dalla porta, mentre un tiro cross di Baldanzi trova un grande Ravaglia. La Samp però non molla e lo dice, soprattutto, il linguaggio del corpo di Quagliarella. Il capitano lavora un pallone sulla sinistra si prende il fondo e crossa sul secondo palo dove in mezza rovesciata in controbalzo di Zanoli beffa Vicario (34'). L'Empoli accusa il colpo che, per la verità non meriterebbe, ma quel che produce poi è molto poco e la Samp va al the in pieno controllo.

LA RIPRESA — Il reazione dei toscani dura lo spazio di uno sbadiglio. Le fasce sono di proprietà della Sampdoria che pare avere un passo in più. Una punizione di Gabbiadini impegna Vicario, poi Quagliarella va a caccia del gol a tutti i costi. Zanetti inserisce Destro e Pjaca per Baldanzi e Henderson e passa al 4-3-3 con Pjaca a supporto. Insomma toscani sbilanciatissimi e la Sampdoria pronta a solcare gli spazi in ripartenza. Stankovic richiama Quagliarella tra le ovazioni e lancia il fresco Lammers. Il pallino è nelle mani dei toscani ma le sbavature non mancano, Caputo svirgola da dentro l'area, appoggi e controlli a volte scivolano via senza un perché, mentre la curva doriana continua a cantare incessantemente. La spinta dell'Empoli è flebile, il traffico di attaccanti là davanti non produce granché anche perché in area torreggia un grande Nuytinck. Poi, nel finale, ecco il guizzo di Piccoli. Alla fine ha ragione Zanetti. E a Empoli la festa può cominciare.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2022/2023 35ª Giornata (16ª di Ritorno)

12/05/2023
Lazio - Lecce 2-2
13/05/2023
Salernitana - Atalanta 1-0
Spezia - Milan 2-0
Inter - Sassuolo 4-2
14/05/2023
Verona - Torino 0-1
Fiorentina - Udinese 2-0
Monza - Napoli 2-0
Bologna - Roma 0-0
Juventus - Cremonese 2-0
15/05/2023
Sampdoria - Empoli 1-1

Classifica
1) Napoli punti 83;
2) Juventus(-0) punti 69;
3) Inter punti 66;
4) Lazio punti 65;
5) Milan punti 61;
6) Roma punti 59;
7) Atalanta punti 58;
8) Fiorentina, Monza e Torino punti 49;
11) Bologna punti 47;
12) Udinese punti 46;
13) Sassuolo punti 44;
14) Empoli punti 39;
15) Salernitana punti 38;
16) Lecce punti 32;
17) Spezia e Verona punti 30;
19) Cremonese punti 24;
20) Sampdoria punti 18.

(gazzetta.it)

Napoli Campione d'Italia 2022/2023 con cinque turni di anticipo, e questo è il terzo scudetto
nella storia del club, ben 33 anni dall'ultimo, vinto come il primo, quando in campo c'era
Diego Armando Maradona (a cui oggi è intitolato lo stadio (con buona pace di San Paolo).
Sampdoria matematicamente retrocessa in Serie B con quatto giornate di anticipo (ma il Genoa
ha matematicamente conquistato la promozione nella massima serie e Genova sarà ancora
rappresentata in Serie A).

(-0) Penalizzazione parzialmente e temporaneamente revocata della giustizia sportiva
dopo la sentenza del Collegio di Garanzia che ha deciso il 19 aprile scorso di rimandare
il procedimento ad altra Corte d'appello federale ma confermando l'impianto accusatorio
quasi in toto per i vertici dell'epoca, a partire da Andrea Agnelli, il che fa pensare
che la "punizione" è solo rimandata ed eventualmente da rimodulare (in senso afflittivo
la partecipazione alle prossime competizioni europee è a rischio anche per la concomitante
inchiesta UEFA che necessita di tempi più brevi rispetto al rischio di una lunga attesa
da parte della giustizia sportiva italiana). In più altri processi attendono la Juventus e
c'è chi ha già messo in moto il TAR per la riassegnazione a tavolino dello scudetto 2018/2019
al Napoli.
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Il Sassuolo si illude con Berardi,
il Monza lo ribalta con Ciurria e Pessina

Il rigore trasformato al 51’ del primo tempo manda avanti i padroni di casa.
Sull’1-1 il doppio giallo a Tressoldi permette agli ospiti di osare
e vincere nel recupero con una rete dell'azzurro


Matteo Brega


Il Monza vince 2-1 a Reggio Emilia contro il Sassuolo in rimonta. Dopo il rigore di Berardi a fine primo tempo, nella ripresa arrivano i centri di Ciurria e Pessina. Gli emiliani hanno giocato per mezzora in dieci per il doppio giallo a Tressoldi.

LA PRESSIONE DEL SASSUOLO — L’anticipo del venerdì mette di fronte due squadre direttamente in corsa per l’ottavo posto del campionato. Alessio Dionisi sceglie il tridente Berardi-Pinamonti-Bajrami per pungere la creatura di Raffaele Palladino. Il quale rilancia Sensi (versione regista) e Pablo Marì dal primo minuto. La gara parte imbustata in un ordine tattico maniacale. Il che conduce a venti minuti di poco: due gialli per il Monza (Pablo Marì e Caprari) tre occasioni in potenza non rese reali (due del Sassuolo). La partita si apre dopo il 20’. Izzo perde palla in fase di impostazione su pressione di Bajrami che scambia con Pinamonti e alla fine calcia largo. Poco dopo altri due tiri degli emiliani: prima lo stesso Bajrami e poi Berardi obbligano Di Gregorio alla doppia respinta in pochi istanti. Al 24’ Sensi in disperata scivolata su Berardi colpisce di mano: per l’arbitro Santoro è rigore (i replay mostrano che invece è scapola), ma il Var scopre l’esistenza di un precedente fuorigioco. Tutto annullato quindi, come il giallo a Sensi. L’aggressione del Sassuolo funziona benissimo, obbliga il Monza a giocare sporco. Quando riesce a giocare, perché per esempio al 45’ l’azione non riparte e il Bajrami si ritrova in area un pallone delizioso che solo una deviazione spedisce in corner. Al 50’ l’arbitro viene richiamato dal Var per un potenziale fallo di mano di Izzo: la tecnologia mostra che effettivamente il pallone sbuca all’ultimo e colpisce la mano del difensore. Rigore dunque che Berardi trasforma al 51’. Senza Palladino da spettatore visto che l’allenatore è tornato nello spogliatoio prima che calciasse. Il primo tempo finisce così 1-0 per il Sassuolo.

LA RISPOSTA DEL MONZA — Si ricomincia con gli stessi protagonisti, ma dopo pochi minuti Palladino interviene con un triplo cambio. Dentro Marlon, Birindelli e Rovella per Caldirola, Sensi e Rovella. Il centrocampo del Monza diviene più dinamico e i benefici si vedono subito. Baricentro più alto e insistenza nel recupero palla. Così sulla seconda ondata di un’azione Birindelli crossa e pesca Ciurria lasciato completamente solo. Girata di destro e pareggio al 60’. Il Monza piace molto di più nella ripresa e costringe il Sassuolo in dieci dal 68’. Tressoldi ferma Mota Carvalho in maniera irregolare e i gialli diventano due. All’82’ l’arbitro Santoro torna dal Var per verificare un tocco eventuale di mano di Ferrari: le immagini lo portano a dire che non lo era. Il Monza non è finito però e al 93’ segna il gol vittoria. Pessina scarica per Samuel Vignato e va nello spazio dove il compagno lo mette in ottima posizione. Sinistro e gol. Il Monza vince 2-1 e resta in piena corsa per l’ottavo posto. La rissa finale viene sedata in pochi istanti, per fortuna…

Fonte: Gazzetta dello Sport
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21/05/2023 08:25
 
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La Cremonese alza bandiera bianca:
travolta dal Bologna, è virtualmente in B

Sotto 0-3 già nel 1° tempo (reti di Arnautovic, Ferguson e Posch),
i grigiorossi possono retrocedere oggi se lo Spezia farà almeno un punto a Lecce.
Nella ripresa a segno Orsolini, espulso nel finale, e Sansone.
Al 92' segna Ciofani


Matteo Dalla Vite


Il Bologna ne fa cinque quasi in scioltezza, la Cremonese resta lì, a 24 punti, e piange sull’ennesima partita che rischia di farla definitivamente inghiottire dalla Serie B: c’è modo e modo di perdere, poi è vero che la squadra di Motta si è dimostrata superiore praticamente ad ogni minuto, ma i grigiorossi hanno mostrato poco, troppo poco, e il gol del capitano Ciofani sul finire per l’1-5 non rende meno amara una rappresentazione che doveva essere "l'all in" per la salvezza e che invece ha rappresentato un passo in più del Bologna nell’inseguimento (affollatissimo) all’ottavo posto. Se lo Spezia strapperà un punto al Lecce domani alle 12.30, i grigiorossi saranno aritmeticamente retrocessi.

ARNA C'È — Prima della gara, la Cremonese consegna all’ad del Bologna Claudio Fenucci un assegno di 50.000 euro da devolvere agli alluvionati dell’Emilia Romagna. I giorni che vengono vissuti in quella terra sono sottolineati anche da uno striscione nel settore occupato dai 1500 tifosi bolognesi che espongono una scritta “Emilia e Romagna unite nel dolore”. E poi c’è il calcio, la partita: con Ballardini che sceglie il 4-2-3-1 (Tsadjout al posto di Ciofani) e Motta che punta ancora su Arnautovic al centro di un tridente vero formato da Orsolini e Barrow. È appunto un “all in”: il Bologna (col lutto al braccio) cerca ancora di raggiungere un ottavo posto che sarebbe oro colato vista la stagione che inizialmente è stata molto tribolata; la Cremonese cerca gli ultimi refoli possibili di salvezza, un sogno vero, quello della permanenza in Serie A. Dopo un reiterato controllo di palla, e due fiammate dei grigiorossi, il Bologna arriva al vantaggio: palla di Schouten a sinistra, Barrow rientra sul destro con Castagnetti che osserva, cross che sembra quasi un tiro ma dall’altra parte – non coperto da Vasquez – c’è Arnautovic che ritrova il gol al 16’ e non succedeva dal 12 novembre 2022 contro il Sassuolo, 189 giorni fa.

GOLEADA — Subito dopo, ci prova Orsolini da lontano: Carnesecchi in sicurezza. La Cremonese tenta una reazione ma è ancora il Bologna a trovare il gol: su corner di Orsolini, la palla cade sui piedi di Ferguson, rimbalza a mo’ di carambola su Meitè, lo scozzese riceve nuovamente e infila Carnesecchi per lo 0-2. Il portiere grigiorosso non può nulla, se non deviare due conclusioni di Dominguez in angolo. I grigiorossi orchestrano qualcosa che non diventa mai concreto sulla trequarti, il Bologna ragiona con la palla fra i piedi, alza il baricentro e soprattutto impone la superiore qualità lungo tutto l’arco del campo, Arnautovic compreso, capace anche di essere “giochista” abbassandosi rispetto all’area di rigore per dialogare coi compagni. Il primo allarme per i rossoblù arriva al 40’: cross da sinistra, zuccata di Tsadjout alta, e si trattava di un’occasionissima per accorciare. Al 46’, però, il Bologna fa il tris: angolo di Orsolini, Carnesecchi esce a vuoto per ostacolare Ferguson e Barrow, palla a Posch e sesto gol dell’austriaco per lo 0-3. E il primo tempo, dopo 2’ di recupero, si chiude coi fischi dello Zini.

NIENTE RIGORE — Nella ripresa Ballardini fa due cambi: fuori Galdames (chi l’ha visto?) e Tsadjout per Buonaiuto e Ciofani. Motta si affida agli stessi della prima frazione salvo poi cambiare: dentro Moro e Aebischer, con la Cremonese che al 61’ reclama un rigore per braccio di Bonifazi su conclusione di Buonaiuto. L’arbitro Valeri inizialmente dà rigore, il Var lo corregge: il difensore bolognese l’ha presa con la spalla. Un minuto dopo, combinazione Arnautovic, Moro e palla a Orsolini in profondità: 0-4 e undicesimo gol del rossoblù. Nel frattempo, lo Zini fischia, la curva occupata dai bolognesi urla “Siete al cinema” ma Motta vede la sua squadra in 10 (Orsolini prende il secondo giallo) e perdere Arnautovic che si ferma da solo per una noia muscolare. Entra Sansone e lo 0-5 è suo dopo assist di Barrow e a Cremonese ormai dissolta da un po’ e che poco prima si era mangiata un gol con Okereke dopo ribattuta di Skorupski su tiro di Buonaiuto. Ma la soddisfazione che non fa classifica c’è: la regala il capitano grigiorosso Ciofani, botta potente e centrale per l’1-5. I giochi, però, sono quasi finiti e la gente di Cremona è delusa. Anche arrabbiata. E il popolo dello “Zini”, impietoso, fischia.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Un erroraccio di Montipò condanna il Verona: l'Atalanta vince 3-1

Hellas avanti con Lazovic e 1-1 di Zappacosta.
Nella ripresa, la papera del portiere permette a Pasalic di siglare il 2-1.
Terzo gol di Hojlund


Luca Taidelli


Altrimenti ci arrabbiamo. Già priva della propria Curva per il caso Vlahovic, l’Atalanta ha bisogno di uno schiaffo del Verona per accendersi e prendere in rimonta tre punti d’oro nella corsa all’Europa. Zappacosta, Pasalic (offra una cena a Montipò) e Hojlund ribaltano Lazovic, anche se la Dea nel finale ha cercato di complicarsi la vita con troppe leggerezze. Per il Verona, secondo k.o. consecutivo e salvezza sempre più a rischio. Molto dirà anche Lecce-Spezia di domani.

PRIMO TEMPO — Gasp disegna una Dea offensiva, con Ederson in panchina, Koopmeiners sulla linea di De Roon e Muriel ad affiancare Pasalic sulla trequarti, alle spalle di Hojlund. Zaffaroni stravolge il Verona, con 5 cambi rispetto al ko interno col Torino: Ceccherini e Cabal in difesa, Terracciano, Depaoli e Sulemana in mezzo al campo, con Lazovic che si alza con Ngonge per innescare Djuric. La stazza del bosniaco induce Gasp a scambiare le posizioni di Djimsiti e Scalvini, con l’azzurro al centro perché più alto. La mossa non sembra pagare, visto che all’11’ Terracciano trova poca opposizione, si accentra e pesca l’inserimento di Lazovic, freddo a battere Sportiello con un bel diagonale. Alla Dea, che già prima del gol aveva sbagliato due disimpegni sanguinosi con lo stesso portiere e Maehle, serve il canotto per svegliarsi. Faticando a dare ampiezza al gioco, spesso si cerca Hojlund per vie centrali, ma Hien tiene bene il danese. Quando il gioco va sugli esterni, ecco però il guizzo del pareggio. Zappacosta riceve largo a sinistra, scambia in velocità con Muriel ed alla lunetta fa partire uno splendido destro nell’angolino. Malgrado un Pasalic che fatica a trovare tempi e posizione, l’Atalanta non molla la presa. Scalvini, ch con Djuric non ne prende una di testa, fa la cosa più importante sganciandosi e costringendo Hien al fallo da giallo che lo condizionerà nella marcatura di Hojlund. Tanto che il danese sfiora il gol di testa (ancora da Muriel), ma Montipò vola sulla propria destra.

SECONDO TEMPO — Si riparte senza sostituzioni, con la Dea che prova a fare la partita e vien premiata da un clamoroso errore di Montipò che all’8’ s’impappina sulla pressione di Pasalic e gli consegna palla per il più surreale dei gol. Effetti collaterali della costruzione dal basso. Trovato il vantaggio, Gasp richiam l’acciaccato Zappacosta e Muriel per Okoli e Lookman, al rientro dopo un mese. Zaffaroni è costretto a togliere Lazovic (noie muscolari) con Faraoni, che fa traslocare Terracciano a sinistra, con Depaoli sulla trequarti. Un errore dello spaesato Ngonge innesca però Lookman che trova al limite dell’area Hojlund, bravo a fare partire una sassata che al 17’ chiude di fatto il match. Entrano Verdi e Gaich per Terracciano e Djuric, con Depaoli che si abbassa di nuovo. Gli ospiti ci provano soprattutto grazie a Verdi (bravo Toloi in chiusura) e sono anche sfortunati, con Sportiello che vola sul destro nel sette di Sulemana e Gaich che centra un clamoroso palo sulla grave leggerezza di Scalvini. Ma il risultato non cambia. L’Atalanta blinda un posto in Europa, il Verona deve riprendersi in fretta se non vuole vanificare la grande rimonta.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Milan si rialza e ne fa 5 alla Samp: tris di Giroud.
Pioli a -1 dalla zona Champions

I rossoneri si mettono alle spalle la delusione Champions
e riprendono la corsa per il quarto posto.
A segno anche Leao e Diaz


Marco Pasotto


Dopo tanto stress, è gradevole trascorrere una piacevole serata in Spa. Il Milan si depura subito delle tossine accumulate nella disgraziata ultima notte di Champions e spinge a tavoletta in vista del rettilineo finale spazzando via una Samp troppo demotivata, rispetto agli stimoli rossoneri, per resistere all’assalto del Diavolo. San Siro in quattro giorni si è trasformato da muro del pianto a luna park, con una cinquina (a uno) che riabilita in un colpo solo tutte le bocche da fuoco rossonere, inceppate da troppo tempo: Giroud con un tris, Leao e Diaz, che hanno sfornato gol e assist. Segnali importanti in vista degli ultimi 180 minuti per una squadra che arrivava da tre uscite senza averla mai buttata dentro. Segnali – di fronte all’ennesimo Meazza over 70 mila - mandati con lo stesso undici del secondo round con l’Inter.

LE SCELTE — Essendo rimasto un solo fronte di cui occuparsi, Pioli da qui alla fine non farà più calcoli di sorta: rotazioni abolite e dentro, sempre, i titolarissimi. Quindi Giroud, anche se Oly lotta da diverse settimane con i problemi al polpaccio e al tendine. Dentro Leao, che deve riprendere gamba dopo lo stop. Dentro Diaz al centro della trequarti e spazio a Krunic e Tonali in mediana. Thiaw confermato in difesa accanto a Tomori. Assenti all’appello gli infortunati dell’ultima ora Rebic e Origi. Una chiusura di stagione che ha una certa coerenza con le miserie dei mesi precedenti: entrambi non pervenuti, con buona pace di rotazioni che per l’allenatore è stato impossibile concretizzare sul serio. Stankovic ha affidato l’attacco a Quagliarella e Gabbiadini, con un 4-4-2 in cui ha ritrovato Leris, piazzato largo a destra a centrocampo. Il sistema di gioco però conta poco o nulla se manca l’atteggiamento. L’appello di Stankovic – “Vogliamo combattere” – è caduto sonoramente nel vuoto. La sua Samp, priva di stimoli e di cattiveria, ha gentilmente fatto accomodare il Milan nella propria metà campo, sbagliando le uscite, le scalate e aprendo superstrade ai rossoneri. Ai quali non è parso vero ritrovarsi con il minimo sindacale della fatica costantemente a ridosso dell’area avversaria.

SENSO UNICO — Uno spartito a senso unico (quasi) che infatti ha prodotto riscontri velocemente. Diavolo in vantaggio dopo appena nove minuti con Leao, che si è esibito in uno stop superbo e ha superato Ravaglia in uscita. Applausi per Diaz, che l’ha servito da perfetto “10” dopo aver superato Winks con un sombrero. Tutto in discesa? Macché. Come altre volte quest’anno, è venuto fuori il Mister Hyde rossonero. Stavolta si è impossessato di Diaz e soprattutto di Hernandez, che hanno trasformato Zanoli in Messi, permettendo all’esterno blucerchiato di andarsene elegantemente in fascia e di crossare per Quagliarella a rimorchio. Destro a incrociare e uno a uno. Per ciò che si è visto spesso in questa stagione, se la Samp avesse ancora avuto un motivo per combattere, il Milan avrebbe rischiato di complicarsi parecchio la vita. L’1-1 è stato emblematico dei cali di tensione e della rivedibile fase difensiva già visti lungo l’annata. Il Doria però questi motivi non li aveva, e così il Diavolo si è riportato subito avanti. Prima Ravaglia ha tolto dalla linea un’inzuccata di Thiaw e un minuto dopo (24’) Giroud ha deviato in porta un cross al millimetro di Diaz, che ha recapitato il secondo assist del match. Tre minuti ed è arrivato il tris: Tonali ha mandato in porta Leao, travolto in area da Gunter (che ha sulla coscienza anche la marcatura su Rafa sul primo gol) e rigore messo in buca da Giroud. Riguardando gli appunti sui gol: Leao, Giroud, Diaz. I titolarissimi da cui è lecito attendersi recite da primattori. Un’ottima notizia.

PALLONE A CASA — Partita virtualmente archiviata e mandata definitivamente in soffitta a metà ripresa. Prima con il gol di Diaz, che ha santificato una splendida azione disegnata col goniometro da Leao e Tonali. E poi con il tris personale calato da Giroud, che ha vinto il round di greco-romana con Nuytinck in area piccola e ha depositato ancora in rete. Hat trick, tripletta e palla a casa dentro il borsone. Precisazione: il cross per Oly è stato di Leao. Sempre e ancora loro. Le premesse per un finale di stagione come si deve ci sono tutte.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Lecce e Spezia non si fanno male:
lo 0-0 serve solo a mandare la Cremonese in B

Pochissime emozioni e solo due tiri in porta nella sfida salvezza.
Con questo risultato i lombardi retrocedono


Francesco Velluzzi


A chi serve? Sicuramente più al Lecce che con carattere, forza della disperazione, lotta pura ottiene un punto che lo porta a quota 33, a tre lunghezze dal Verona che è fermo a 30. Finisce 0-0 al Via del Mare tra i salentini e lo Spezia, la sfida tra gli amici dello stesso paese Marco Baroni e Leonardo Semplici, una partita che più tesa non si può e non poteva essere che così. I liguri la vincono ai punti, fanno più gioco, sfiorano il vantaggio nel convulso finale e il Lecce deve fare un monumento a Gallo che salva su Ekdal e forse salva anche la A del Lecce. Ora le due partite finali portano i giallorossi a Monza e poi in casa col Bologna, mentre lo Spezia ospiterà il Toro e poi andrà a far visita alla Roma, mentre il Verona riceverà l’Empoli e poi chiuderà a San Siro col Milan. Un finale pazzesco come Baroni aveva ampiamente preventivato. Mentre, con questo risultato, la Cremonese retrocede in Serie B.

IL PRE — Il Lecce gioca la partita numero 600 in serie A. E lo fa in uno stadio che la società ha cercato di rendere accessibile al maggior numero di tifosi possibili con l’allargamento della tribuna est (i lavori continuano). Prima del via sfilano i ragazzi della Salento Wolves che con l’impegno di Mirko Pellegrino, uno di loro, hanno creato la prima squadra del territorio di Powerchair Football(calcio in carrozzina).

SI GIOCA — Baroni ha un solo ballottaggio forte, peraltro a ogni partita: quello del centravanti. La spunta Colombo su Ceesay. Per il resto tutto confermato. Con Blin in cabina di regia al posto dell’infortunato Hjulmand. Che, però si accomoda in panchina da capitano vero, vicino ai compagni. In campo il capitano è Strefezza. Semplici rischia tutto e mette le due punte. Con Nzola c’è Shomurodov. La difesa è a tre, quella che ha fruttato punti pesanti con Inter, Milan e Udinese. La panchina scarna con solo sette giocatori di movimento, visto che gli indisponibili sono ben otto. Tra questi Holm, Bastoni, Caldara e Maldini. I tecnici dello stesso paese Tavarnuzze, frazione di Impruneta, sono entrambi in tuta. Non è partita da abito elegante. Si lotta. Il pallino lo prende subito in mano lo Spezia che sembra più aggressivo. Il Lecce sceglie di difendersi. Al 6’, però, Nzola salta Umtiti e calcia. Fuori. Due minuti dopo il Lecce replica, ma Blin fa ancora peggio. La partita la fanno i liguri in maglia bianca che ottengono il primo corner dopo 20’, il Lecce non riesce mai a ripartire in velocità, guadagna solo qualche fallo di posizione con Colombo e soffre maggiormente a sinistra l’asse Bourabia-Reca anche se Baschirotto e Umtiti sono attenti sulle punte. Al 28’ il Lecce rischia perché Ampadu si fa mezzo campo da solo e serve Shomurodov che viene murato da due. Al 38’ Mariani fischia in ritardo una punizione pericolosa poco fuori dall’area sulla trequarti destra, ma lo specialista Esposito la calcia fuori. E’ l’unico sussulto di una partita tesa, contratta, nervosa com’era logico tra due squadre che devono salvarsi e che hanno una gran paura.

SECONDO TEMPO — Si riparte con gli stessi e le stesse tensioni. Ma subito Umtiti cade nella fisicità di Nzola, davvero fastidioso e becca il giallo. Il problema è che regala una punizione a Esposito che non aspetta altro ma calcia male. Poco dopo è lo Spezia che rischia su una retropassaggio di Wisniewski 8anche ammonito) con Dragowski che se le cava. Al 14’ i primi cambi. Sono del Lecce: Ceesay per Colombo e Askildsen per Gonzalez. Il Lecce sembra avere più ritmo. E infatti Semplici si sistema: fuori lo spento Shomurodov e dentro il pimpante Agudelo, dentro anche Zurkowski per Bourabia. Ceesay va più negli spazi, ma Blin regala un’altra pepita a Esposito. Per fortuna del Lecce ancora fuori. Al 32’ brivido vero: angolo Spezia, Gallo non la prende di testa, ma la colpisce Gyasi che manda sull’esterno della rete. Due minuti dopo primo vero tiro del Lecce. E’ di Strefezza, che diventa meno lezioso e più concreto, ma Dragowski blocca. Il finale diventa incandescente con Mariani che sbaglia più di una decisione, dà tanti cartellini e lo Spezia che cerca il colpo. Al 40’ Agudelo manda fuori, poi al 46’ Gallo chiude su Ekdal e la difesa riesce a liberare. E dopo quasi 6 di recupero, che dovevano essere tre, finisce. Senza gol.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Sanabria risponde a Jovic: Torino-Fiorentina finisce 1-1

Ospiti in vantaggio al 48', il pareggio granata al 66'.
Ora il Monza, ottavo, ha 2 punti di vantaggio sulla squadra di Juric, viola e Bologna


Mario Pagliara


Torino e Fiorentina salgono a quota cinquanta, ma da adesso dovranno andare all’inseguimento del Monza nella corsa all’ottavo posto. E’ un pari che non fa male a nessuna delle due, ma allo stesso modo serve poco ad entrambi in ottica classifica: tuttavia, le distanze restano molto ravvicinate (due punti) e la corsa che coinvolge Monza, Toro, Fiorentina e Bologna verso l’ottava piazza della Serie A si concluderà solo al fotofinish del campionato. In avvio di ripresa, Jovic aveva illuso Italiano, poi è arrivato l’uno a uno di Sanabria che fa esultare Juric. È un pari giusto.

SANABRIA C'È — La sorpresa del sabato si materializza nell’undici: dopo il consulto del mattino, Juric decide di non rinunciare a Sanabria, protagonista di un recupero in tempi da record dopo l’affaticamento agli adduttori nel finale di Verona. C’è anche Karamoh, quasi in linea (e in coppia) con Tonny, alle loro spalle agisce Vlasic da trequartista puro. Nella Fiorentina disegnata da Italiano c’è un solo reduce, Igor, della notte di Conference a Basilea: dieci cambi su undici, a cominciare da Cerofolini in attacco. In regia l’ex Mandragora e, a proposito di ex, c’è anche Sottil alto a sinistra nel 4-2-3-1 di Italiano. Il primo tempo scorre con pochi sussulti e un unico tiro nello specchio: è quello di Rodriguez (22’) che si trova la palla giusta sul piede sbagliato (il destro). Tra le braccia di Cerofolini. Tanto equilibrio, leggero possesso a favore del Toro (56%), e qualche brivido, uno per tempo per i due portieri. Il primo procurato, in avvio, da Vlasic, con una conclusione potente ma a lato. Il secondo porta la firma di Sottil, a metà primo tempo, in un tentativo di pallonetto-cross che scavalca sia Milinkovic sia la traversa.

SUBITO JOVIC — In avvio di secondo tempo, Italiano si gioca la carta Jovic (entrato al posto di Sottil). E viene immediatamente ricompensato perché proprio il serbo, dopo tre minuti, accende la sfida portando la Fiorentina avanti: traversone di Kouame, Schuurs e Djidji si perdono completamente la marcatura di Jovic e la Viola mette una ruota davanti. All’ora di gioco Juric corre ai ripari con un triplo cambio: dentro Miranchuk (per Karamoh), Aina (per Singo) e Lazaro (per Rodriguez).

TONNY FA 12 — La musica del Toro cambia, e dopo sette minuti Juric trova il pareggio con il dodicesimo gol in campionato di Sanabria: cross basso di Buongiorno dalla sinistra (assist), il paraguaiano anticipa Igor e mette un sinistro preciso nell’angolino. In carriera, non ha mai segnato così tanto in un campionato europeo. Nel finale, il Toro prova a sfondare centralmente con la forza di Pellegri, mentre la Fiorentina si appoggia sulle iniziative di Brekalo. Nessuna delle due ha lo spunto da tre punti, e il sipario cala sul punteggio di uno a uno.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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22/05/2023 00:22
 
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Il Napoli prolunga la festa:
3-1 all'Inter in 10 per oltre un tempo



Dopo 8 vittorie di fila, i nerazzurri vanno ko al Maradona
complice l'espulsione al 41' di Gagliardini (doppia ammonizione).
Decidono le reti di Anguissa, Di Lorenzo e Gaetano. Momentaneo 1-1 di Lukaku


Filippo Conticello

Adesso il Napoli ha davvero battuto tutto e tutti: non c’è squadra che sia scampata alla macchina infernale costruita da Spalletti. Mancava l’Inter ed è caduta oggi al Maradona in una partita dominata dagli azzurri, ma condizionata in negativo dall’espulsione di un assurdo Gagliardini nel primo tempo: in 10 le munizioni di Inzaghi si sono ridotte di molte e questo 3-1 rende più complicata la corsa nerazzurra verso la Champions visto che ora il Milan quinto è solo a -2.

ALL’AVVIO — Se i campioni di Italia indossano il vestito lucido della festa, schierando la migliore formazione possibile con il recupero della freccia Kvara nel tridente con Osimhen ed Elmas, Simone Inzaghi spinge il turnover oltre ogni precedente confine: evidentemente la finale di Coppa Italia di mercoledì e soprattutto quella di Champions del 10 giugno contro il carrarmato di Guardiola impongono rotazioni più estreme. Cambiano, così, sia le fasce con dentro Bellanova e Gosens, sia buona parte della mediana: finalmente tocca ad Asllani la regia titolare, con la novità Gagliardini e la certezza Barella. D’Ambrosio e De Vrij sono i cambi dietro, mentre davanti la logica del tecnico nerazzurro è ormai scolpita nella pietra: Lukaku-Correa è la coppia designata per la A.

FATTORE GAGLIA — Niente pasillo iniziale stavolta, niente omaggio ai vincitori da parte degli ospiti, poi in campo i campani si sforzano di trovare ancora motivazioni brucianti in questa stagione. Spalletti dovrà pure gestire il tormentone sul suo futuro ma tiene parecchio a questa partita da ex, contro l’unica squadra che non ha ancora battuto tra le altre 19 di A. Il suo Napoli è alto, aggressivo anche se meno intenso di altre volte: nel primo tempo Anguissa prova uno scherzetto a sorpresa con un tiro improvviso, quasi da terra, al connazionale Onana, in campo nonostante un po’ di febbre alla vigilia. Osimhen, invece, ingaggia continui corpo a corpo contro De Vrij e si fa vedere per un colpo di testa centrale e per un tentativo acrobatico in rovesciata. Il primo tempo, però, gira attorno ai falli scriteriati di Gagliardini, perennemente fuori tempo e rimproverato più volte da Inzaghi. Già ammonito al 19°, alza di nuovo troppo la gamba pochi minuti dopo e viene graziato: Inzaghi non lo toglie, come spesso fa quando si rischiano guai peggiori con un suo giocatore, ed ecco immancabile la beffa: il secondo giallo al 40’. Un’ingenuità di un calciatore destinato a “scadere” tra un mese, con la testa completamente fuori dal match, che cambia completamente il volto della gara e prepara l’Inter a un secondo tempo di battaglia.

RIPRESA — Nella ripresa, infatti, il Napoli in superiorità numerica aumenta in maniera sensibile la pressione nell’area avversaria: il pressing è più sistematico, gli uno contro uno sulla fascia di Kvara diventano una costante. Inzaghi cambia gli uomini, ma non il modulo, mettendo dentro Brozo al posto di Barella e Acerbi per Bastoni. Ma in una gara che si fa sempre più difensiva, i nerazzurri riescono pure a ripartire e creare un vero pericolo davanti alla porta di Meret. Succede quando Lukaku tiene palla e sulla destra Bellanova può scatenare le sue ruote motrici: il cross è perfetto per una conclusione vincente dell’altro esterno, ma Gosens cicca goffamente. Col passare dei minuti, però, il palleggio paziente di Spalletti porta la sua squadra a entrare con frequenza lì dove non era riuscita prima, nell’area di rigore. Così il pericolo diventa incombente e Onana, dopo aver salvato in tuffo su Kvara, non può davvero fare niente sulla girata improvvisa e ravvicinata di Anguissa: un camerunese che ne castiga un altro.

BATTI E RIBATTI — Per una certa fase della partita Inzaghi rinuncia a una punta mettendo Dimarco in una improvvisata difesa a quattro e Dumfries esterno alto con il solo Big Rom davanti. Anche se un po’ casualmente, con questa costruzione l’Inter si procura l’occasione del pari: è un colpo di testa dell’olandesone salvato sulla linea di Juan Jesus. Ma anche se il Napoli ha sempre la palla tra i piedi e crea un senso di pericolo costante, alla fine l’Inter il pari lo trova davvero, quando sulla linea degli attaccanti si aggiunge anche Lautaro: la zampata però è di Lukaku su traversone radente dell’amico Dimarco. È fulminea, inattesa, lascia di sasso tutto il Maradona all’81’. Ma è solo una beata illusione perché ritorna immediatamente a montare l’onda napoletana. Il capitano Di Lorenzo, uno degli eroi meno celebrati dello scudetto, pesca il gol della vita con uno spettacolare sinistro all’incrocio che chiude i giochi. Un super Onana evita il 3-1 con un miracolo su Politano, ma non può nulla nell’ultimo contropiede a campo aperto concluso da Gaetano. È l’unico vero napoletano della rosa e non aveva ancora segnato: si meritava, in fondo, questa gioia.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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