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Campionato di calcio Serie A stagione 2022/2023 di Award & Oscar FFZ

Ultimo Aggiornamento: 12/06/2023 14:35
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L'Inter non passa al Ferraris:
0-0 con la Sampdoria e -15 dal Napoli



I nerazzurri non vanno oltre il pari in casa dei blucerchiati, a -9 dalla zona salvezza.
Nel finale Audero salva Stankovic deviando un sinistro di Acerbi sulla traversa


Andrea Ramazzotti

Niente allungo. L'Inter resta seconda, ma butta nel cestino l'occasione di andare a +5 sulle dirette concorrenti nella lotta Champions e, oltre a perdere terreno dall'irraggiungibile Napoli (+15), si vede avvicinare dal Milan e dall'Atalanta. Il pari contro la Sampdoria sa di occasione sprecata per Inzaghi che ha la sindrome delle medio-piccole visto che in questo inizio di 2023 ha lasciato per strada ben 7 punti contro Monza, Empoli e Samp. E non consola il fatto che dopo 14 trasferte di campionato con almeno un gol subito, la difesa mantenga la sua imbattibilità: lo 0-0 del Ferraris è un brutto passo indietro dopo il derby vinto 8 giorni fa. Diverso il discorso per la formazione blucerchiata che rimane a -8 dalla salvezza, ma che centra il secondo risultato utile dopo il 2-2 di Monza. Il gol resta un miraggio (solo in 2 delle ultime 11 giornate l'attacco ha fatto il suo... dovere), ma almeno il gruppo trasmette la sensazione di essere vivo e di voler lottare per non retrocedere.

LA SAMP TIENE — Stankovic sceglie Murillo al posto di Colley, ceduto al Besiktas, per completare la difesa a tre e piazza Djuricic mezz'ala e non trequartista. Con il 3-5-2, preferito al 3-4-1-2, l'obiettivo è limitare i danni in mezzo al campo, dove i nerazzurri sono in superiorità numerica. In particolare l'ex Sassuolo tampona sull'arrembante Barella, una mossa giusta che pagherà. Inzaghi punta dal 1' sulla coppia Lukaku-Lautaro, di nuovo titolari insieme in A dal 26 agosto, e su Gosens, che non partiva dall'inizio addirittura dalla prima giornata, a Lecce. Solo panchina per Brozovic. La presenza al centro dell'attacco di Big Rom si sente e si vede: il piano tattico è appoggiarsi al belga che fa da sponda o si mette in proprio per la conclusione. La Doria non riesce a tenere l'ex Chelsea che prima costringe alla deviazione in angolo Augello e poi orchestra per i compagni, ma né da Lautaro né da Darmian arriva la zampata giusta. L'Inter fa la partita e conclude 9 volte verso lo specchio in metà prima frazione. La Samp comunque non sfigura e, pur soffrendo di fronte ai tocchi vellutati di Martinez e alla fisicità di Lukaku, non recita il ruolo dello sparring partner. Onana deve stare attento sulla botta da fuori di Cuisance e sulla deviazione ravvicinata di Gabbiadini, due iniziative utili ai liguri per allentare la pressione di un avversario che domina quanto a possesso, ma usa poco i cambi di gioco e non ha spinta sulla sinistra da Gosens. Con il passare dei minuti le azioni degli ospiti diventano prevedibili perché perdono in velocità, così per i blucerchiati è più facile non lasciare spazi. Come spesso gli succedeva a inizio stagione, Barella è troppo nervoso: ne viene fuori un battibecco brutto da vedere con Lukaku, che lo zittisce. A Inzaghi, che rientra negli spogliatoi sullo 0-0 nonostante i 13 tiri tentati dai suoi, servirebbero più fatti e meno parole. Anche perché Audero non compie né miracoli né parate degne di nota e il pari all'intervallo è giusto.

INTER SENZA MIRA — L'Inter riemerge dalla pancia del Ferraris con Dimarco al posto dell'infortunato Gosens, mentre la curva della Samp se la prende con Ferrero. I nerazzurri tornano a premere come a inizio match e soprattutto adesso spingono anche a sinistra grazie al nuovo entrato, abile a duettare con Mkhitaryan e Acerbi. La Doria risponde con una ripartenza che porta Gabbiadini al tiro senza la giusta precisione. Dimarco da fuori, con il destro, fa correre un brivido lungo la schiena di Stankovic. I nerazzurri attaccano con diversi uomini, così i padroni di casa si ritraggono tutti dietro la linea della palla e provano a pungere in contropiede. Con Sabiri per Cuisance il tecnico serbo dà una scossa e i suoi sugli sviluppi di un angolo sfiorano il vantaggio ancora con Gabbiadini. La gara è viva e l'Inter non riesce a piegarla dalla sua parte sua perché commette troppi errori al tiro o nell'ultimo passaggio sia perché di fronte ha un avversario che fisicamente sta bene. Inzaghi cerca la svolta con un triplo cambio (Dumfries, Brozovic e Dzeko per Darmian, Barella e Lukaku), ma la frenesia è maggiore rispetto alla lucidità. Stankovic capisce il momento e arretra il baricentro con Rincon e Murru per Djuricic e Gabbiadini: si prepara a un finale in trincea, ma la manovra interista non decolla e le occasioni che arrivano sono frutto soprattutto della verve di Calhanoglu, tornato mezzala con Brozovic di nuovo regista. Inzaghi chiude con il 2005 Carboni in campo e Acerbi da fuori sfiora il colpaccio, trovando Audero attento alla deviazione sulla traversa. A fine recupero è Lautaro, che aveva segnato gli ultimi 5 gol in A dei suoi, a sprecare. Dopo tre successi di fila, compresa la Coppa Italia, l'Inter frena. E il pari ha il sapore della sconfitta più che di un punto guadagnato.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2022/2023 22ª Giornata (3ª di Ritorno)

10/02/2023
Milan - Torino 1-0
11/02/2023
Empoli - Spezia 2-2
Lecce - Roma 1-1
Lazio - Atalanta 0-2
12/02/2023
Udinese - Sassuolo 2-2
Bologna - Monza 0-1
Juventus - Fiorentina 1-0
Napoli - Cremonese 3-0
13/02/2023
Verona - Salernitana 1-0
Sampdoria - Inter 0-0

Classifica
1) Napoli punti 59;
2) Inter punti 44;
3) Atalanta, Roma e Milan punti 41;
6) Lazio punti 39;
7) Torino e Udinese punti 30;
9) Juventus(-15), Monza e Bologna punti 29;
12) Empoli punti 27;
13) Lecce, Fiorentina e Sassuolo punti 24;
16) Salernitana punti 21;
17) Spezia punti 19;
18) Verona punti 17;
19) Sampdoria punti 11;
20) Cremonese punti 8.

(gazzetta.it)

(-15) Penalizzazione della giustizia sportiva ad opera della Corte Federale d'Appello dopo la
riapertura del processo "Plusvalenze" che a maggio 2022 era stato chiuso con sostanziali
assoluzioni dei club calcistici coinvolti (non solo Juventus ma anche Sampdoria e Napoli in Serie A).
In attesa di eventuale ricorso da parte della Juventus e di altri tronconi di inchiesta
correlati ai mancati pagamenti degli stipendi dei calciatori durante la fase del covid.
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Grazie Samp!

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Kvara e Osimhen fuori categoria:
il Napoli stende il Sassuolo e va a +18 sull'Inter

Il georgiano e il nigeriano danno spettacolo e
segnano le due reti che stendono la squadra di Dionisi.
Ventesima vittoria in campionato per Spalletti


Vincenzo D'Angelo


Le parole de “'O surdato ‘nnamurato” accompagnano gli ultimi minuti della sfida. Era il coro che Napoli dedicava a Maradona e compagni, negli anni degli scudetti. E oggi è più attuale che mai. Altro giro, altro viaggio, altro successo: il Napoli batte anche il Sassuolo a domicilio, in modo netto e perentorio, malgrado il risultato non sia poi così pesante. Sul 2-0 del Mapei ci sono le firme nobili di Kvaratskhelia e Osimhen, i nuovi gemelli del gol. Due perle di tecnica e potenza. Due reti da far vedere e rivedere nelle scuole calcio. La capolista vola a +18 dall’Inter, con una partita in più, certo, ma con la consapevolezza di sempre. Per lo scudetto sembra davvero solo questione di tempo, anche nella capitale della scaramanzia adesso fanno fatica a nascondere l’entusiasmo.

KVARAMAGIA — Mini turnover per Spalletti, che lancia Olivera, Elmas e Politano per Mario Rui, Zielinski e Lozano. Ma il Napoli è ormai squadra rodata, dove tutti sono ingranaggi preziosi alla causa. E i primi 10’ della capolista sono sorprendenti per intensità e voglia di azzannare la partita. Pressione alta, ritmo intenso e Sassuolo incapace di mettere la testa al di là della propria metà campo. Ma per sbloccarla serve un lampo di genio, qualcosa che superi l’ordinario. E allora Kvaratskhelia (12’) mette la maschera di Maradona e parte con un assolo di straordinaria potenza e bellezza, chiuso con un destro dal limite dolce dolce che si spegne all’angolino, tra il boato del Mapei. Altro che Kvara-mania, questa è Kvara-magia. In dieci secondi, il fenomeno georgiano spiega i vari soprannomi conquistati in Italia: da Kvaradona e Kvaravaggio, c’è tutta la genialità e il talento nel colpo che stappa la partita e regala alla Serie A un possibile spot per reclamizzare il campionato all’estero.

L'ACUTO DI OSIMHEN — Preso lo schiaffo, il Sassuolo reagisce subito e Laurienté (14’) vince il corpo a corpo con Di Lorenzo e calcia, il palo gli strozza in gola l’urlo del gol. Il Napoli risponde con una ripartenza micidiale di Osimhen, che scappa in profondità, salta Erlic e centra il palo a Consigli battuto. È il preludio al raddoppio, che arriva al 33’: ancora azione di sfondamento di Osimhen, che da posizione defilata fulmina Consigli sul suo palo. Per il capocannoniere è il 18° centro in campionato ma soprattutto la settima gara consecutivo in gol in A: superato il record di Higuain (6) del 2015-16, l’anno chiuso col record di marcature della storia della A. Ma il primo tempo non è chiuso: Kvara regala due cioccolatini che Osimhen e Elmas non scartano. Poi Anguissa perde una palla sanguinosa in mezzo al campo che Frattesi trasforma in assist per Laurienté. Palla in rete, ma il Var richiama Colombo che annulla per posizione influente di Defrel. Si resta sullo 0-2.

GESTIONE — A inizio ripresa il Napoli costruisce tre occasioni nitide in sei minuti, con Osimhen che prima spedisce fuori un altro regalo di Kvara e poi impegna Consigli dal limite. Il Napoli inizia a gestire le energie – c’è la Champions martedì -, il Sassuolo prova a rimanere aggrappato al match, cercando un episodio che possa riaprire la gara. Pinamonti (20’) non trova la porta di testa, dopo Bajrami spara alto su punizione dal limite. Ceide (34’) appena entrato prova ad accendere la speranza neroverde, ma non trova la porta. Spalletti toglie Kvara, concedendogli la standing ovation. A cinque dal termine esce anche Osimhen, con una smorfia sul viso e la mano sul flessore della gamba destra. Forse un colpo, forse un fastidio. Di sicuro fino a comunicazioni ufficiali Napoli vivrà il primato con un leggero stato di agitazione. Ma intanto anche al Mapei risuona “la capolista se ne va”, mentre il Cholito trova il tempo di farsi annullare per fuorigioco il 3-0. Napoli straripante che va a nanna con diciotto punti sull’Inter e col sogno scudetto sempre più nitido all’orizzonte.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Orsolini esalta il Bologna,
Sabiri condanna la Samp



Rossoblù in vantaggio con Soriano, l'attaccante blucerchiato realizza
il rigore del pareggio ma due minuti dopo si fa parare quello della vittoria.
Allo scadere Orsolini con una magia regala i tre punti ai suoi


Filippo Grimaldi

Salto in alto del Bologna, che balza provvisoriamente da solo al settimo posto e affonda la Sampdoria (1-2 il finale) allo scadere, grazie al gol di Orsolini, che da destra piazza un colpo micidiale battendo Audero: il check Var conferma la posizione regolare del rossoblù. Ma la squadra di Motta deve ringraziare anche Skorupski, che nella ripresa para il secondo rigore di Sabiri dopoché il marocchino aveva segnato dal dischetto il gol dell’uno a uno, riaccendendo le speranze doriane in seguito alla rete nel primo tempo dell’ex Soriano, di nuovo a segno dopo 66 partite. L’ultima rete del centrocampista risaliva proprio alla gara con i blucerchiati. La Samp vede così svanire l’idea di portare a casa un punto (il terzo pari nelle ultime tre gare) che suona come un jolly buttato verso una salvezza che rimane lontanissima. Ma la scintilla sarebbe servita soprattutto ai blucerchiati, ripiombati invece a lungo nei loro vecchi errori: tanta buona volontà, ma troppa imprecisione. I blucerchiati hanno provato a replicare la stessa prova, per intensità e atteggiamento tattico, offerta lunedì scorso contro l’Inter, ma stavolta gli ospiti hanno mostrato più idee, maggiore concretezza e cinismo sottoporta, anche e soprattutto nel convulso finale: quello che alla squadra di Stankovic è invece mancato.

PARTITA A SCACCHI — Stankovic ritrova Léris a destra in mediana, e conferma Murillo nel terzetto difensivo a destra al posto di Gunter. Motta privo di Arnautovic recupera Lucumi al centro della difesa, Schouten affianca Dominguez, Soriano si piazza largo a sinistra e Barrow fa il centravanti dove si alterna con Barrow. I padroni di casa partono bene: Gabbiadini (2’) calcia appena entrato in area, ma il tiro è debole, Skorupski blocca. La Samp non dà punti di riferimento al Bologna, piazza a turno Djuricic o Cuisance alle spalle delle due punte, e cerca di tenere vicini i reparti, facendo molta densità in mezzo, dove il Bologna fatica a organizzarsi. Gabbiadini, sempre lui (6’) spreca la migliore occasione del primo tempo e manda altissimo con Skorupski fuori dai pali. È l’episodio che scuote gli ospiti, sino a quel momento più efficaci per vie centrali con le corsie esterne presidiate da Augello e Léris, accorcia fra trequarti e mediana e prova a sorprendere la Ssmp con ripartenze fulminee. Nuytinck evita il patatrac (18’) sul colpo di testa di Barrow, ma la pressione rossoblù ospite sale. Schouten lancia Orsolini, che chiude il triangolo con Barrow: Audero c’è. Ci prova Posch, chiuso da Djuricic, ma si capisce come la Sampdoria abbia a questo punto perso efficacia. E, al 28’, il Bologna passa in vantaggio: angolo sul secondo palo, Barrow serve indietro l’ex Soriano, velenoso diagonale rasoterra che batte Audero. Gol prima concesso, poi annullato per una presunta posizione irregolare di Schouten e alla fine convalidato dopo un lungo check Var. Al 41’ Motta perde Posch, dentro Kyriakopoulos, ma gli ospiti vanno al riposo in vantaggio.

FUOCHI D’ARTIFICIO — Nella ripresa, i blucerchiati passano al 4-2-3-1, con Murru in campo al posto di Augello, Rincon per Murillo (che va con Winks davanti alla difesa) e Zanoli per Lammers. Ma la Samp fa fatica, è macchinosa in costruzione, Schouten e Dominguez accorciano sulla Samp in ripartenza e la squadra di Stankovic diventa prevedibile. Gabbiadini fallisce una buona chance, Ferguson viene deviato in corner, ma sono cambiati gli equilibri, l’impressione è che il Bologna sia a questo punto in gestione. Il cambio di modulo lascia Gabbiadini forse troppo isolato, ma la mossa-Sabiri attuata dal serbo è efficace. Lucumi (nervosissimo) abbraccia Gabbiadini in area, primo rigore Samp (23’). Sabiri pareggia. Un gol pesante, ma due minuti dopo (mano in appoggio di Sosa che in scivolata frena il tiro di Zanoli) un altro rigore (contestato dai rossoblù) per i padroni di casa: ancora Sabiri dal dischetto, ma stavolta non c’è lieto fine per la Samp. Skorupski intuisce e con la mano sinistra respinge, poi si oppone anche al secondo tentativo del sampdoriano. Stankovic fa debuttare Rodriguez cercando invano un colpaccio che riesce invece al Bologna. Moro lancia Orsolini, al sesto centro stagionale, il cui sinistro a giro è letale. Festa Bologna, per la Samp adesso il futuro è nerissimo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Gioiello Messias: il Milan soffre e vince
contro un bel Monza, ma quanti sprechi



Il brasiliano decide la trasferta in Brianza
con uno splendido gol alla mezz'ora,
ma i rossoneri non segnano più e rischiano nel
secondo tempo sul doppio palo colpito da Ciurria


Marco Pasotto

Il terzo indizio consegna la prova: il malato è guarito, si è tolto le bende, ha restituito le stampelle e si è rimesso in marcia. Nessun riguardo per i sentimentalismi contro il Monza di Berlusconi – annunciato ma assente – e Galliani: il Milan trova il terzo successo consecutivo tra campionato e Champions, e lo fa pure mantenendo inviolata la porta per la terza volta.

Segnali importanti e classifica che resta altrettanto importante: sono queste le partite sporche da vincere per mantenere una candidatura forte fra le prime quattro della classe. Sporche perché a Monza, come previsto, non è stata una passeggiata, soprattutto nella ripresa. Ma il fatto che il Diavolo sia rimasto a galla anche dopo una buona dose di sofferenza, è un’ulteriore prova dell’atteggiamento ritrovato. Nota di merito osservando anche il valore dell’avversario nel 2023: il Monza era l’unica di A ancora imbattuta in campionato e arrivava da un filotto senza macchia di otto partite. Pioli però in vigilia si era detto sicuro sui giorni precedenti dei suoi ragazzi: “Ho visto ciò che volevo vedere”. L’ha rivisto ancora, anche se non è certamente stata una prova impeccabile.

LE SCELTE — Palladino in vigilia aveva un paio di dubbi, che ha risolto così: dentro Marlon (e non Caldirola) in difesa, dentro Birindelli (e non Donati) al posto dell’infortunato Carlos Augusto a destra, dentro Mota Carvalho (e non Sensi) sulla trequarti. Attacco affidato all’ex Petagna. Pioli ha confermato la difesa a tre, che presumibilmente accompagnerà il Diavolo anche nelle prossime partite, e si è messo un’altra volta a specchio rispetto all’avversario: 3-4-2-1, ma con tre novità rispetto al Tottenham. La prima: Origi al posto di Giroud, nuova chance per il belga. La seconda: Messias al posto di Saelemaekers. La terza: il rientrante Tomori al posto di Kjaer, reduce da tre titolarità di fila. Ovvero con la lieta – lietissima - sorpresa Thiaw nel cuore della difesa tra Fik e Kalulu. Davanti, a supporto di Origi, confermati Diaz e Leao.

FANTASMI — Un tridente che in fase di non possesso si è mosso in maniera inattesa: Diaz in pressione centrale e Origi in fascia, nel tentativo di utilizzare la rapidità di Brahim per mettere in difficoltà la prima giocata brianzola. Occorre dire con onestà che Origi, anche se non gli si può rimproverare nulla sotto l’aspetto dell’impegno, è apparso ancora una volta in condizioni atletiche precarie. Legnoso, come si dice in questi casi. Di tonico in avvio di gara si è visto soltanto il Monza, che ha premuto subito a tavoletta, martellando soprattutto sul fianco destro del Diavolo. Due giri di lancetta e Tatarusanu ha dovuto metterci una pezza importante due volte: prima su un tiro di Ciurria e poi su un colpo di testa di Petagna – qui faccenda più complicata – sull’angolo successivo. Un inizio che pareva poter materializzare nuovamente i fantasmi rossoneri, ma la guarigione del Milan è ben certificata anche dai minuti seguenti: niente panico, bensì organizzazione e confortevole presa di possesso della mediana, con conseguente apertura di varchi sulle fasce. Esattamente là dove nel primo quarto d’ora Messias e Theo non riuscivano a sfondare. Va detto che non è stato un Milan molto preciso nel palleggio e nelle uscite – diversi gli errori, anche banali, nel tentativo di superare la prima pressione dei rossi -, ma è stato un Milan cattivo nell’andarsi a riprendere palla quando la perdeva. E’ soprattutto qui che si vede chiaramente il fresco cambio di atteggiamento dei rossoneri.

OMAGGI — Quando sul centrodestra la spinta di Ciurria e Mota Carvalho si è esaurita, e il Monza ha cessato intensità e aggressività nella pressione – senz’altro troppo presto, visti i confortanti risultati nei primi 15 minuti -, il Milan è uscito dal suo castello e ha iniziato a creare pericoli in serie. Un destro a giro di Leao uscito di un respiro (19’), un altro tiro di Leao non trattenuto da Di Gregorio più successivo muro su Diaz (25’) e un sinistro al volo di Tomori ben respinto dal portiere (28’). Il gol, nell’aria già da un po’, è arrivato alla mezzora: Messias ha avviato l’azione sulla trequarti e l’ha conclusa in area con un bellissimo sinistro di controbalzo – coefficiente di difficoltà: alto – nell’angolo dopo una respinta corta di Pessina. La ripresa si è avviata sugli stessi binari: Milan in avanti, Monza in attesa, o comunque costretto ad attendere. Per farsi vivi dalle parti di Tatarusanu è occorso un errore evidente di Messias, che ha perso una palla sanguinosa e ha innescato Mota Carvalho: cioccolatino per Petagna che si è divorato l’occasione strozzando il destro davanti a Tatarusanu. Il Milan ha ricambiato il gentile omaggio un paio di minuti dopo con Hernandez, che ha buttato nell’immondizia un grande spunto di Leao, tirando egoisticamente – tutto solo - sull’esterno della rete invece di servire il portoghese a rimorchio.

TRE MOSSE — Al quarto d’ora fuori l’ex centravanti rossonero e dentro Machin, con Mota Carvalho centravanti, Pioli ha risposto con tre mosse: Saelemaekers per Messias, De Ketelaere per Diaz e Giroud per Origi. Forse fresche che però non sono servite per mantenere l’inerzia del match dalla parte rossonera. Anzi. Esclusi i primi dieci minuti c’è stato molto Monza. L’apice: minuto numero 40, doppio palo di Ciurria con un sinistro dalla distanza che poi è rimbalzato addosso a Tatarusanu e finito in angolo. E il Milan? Un break – ma molto importante – al 40’: Di Gregorio ha salvato su un tiro col goniometro di Tonali e poi De Ketelaere si è fatto murare da Pessina una super occasione. Nulla da fare nemmeno stavolta, la maledizione continua ma è un rimpianto del tutto personale: il Milan ha ripreso a marciare e questa in casa rossonero è la notizia più importante di tutte.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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L'Inter torna a vincere e cala il tris:
il Milan resta dietro a -3



In gol Lukaku, Mkhitaryan e Lautaro,
sesto nelle ultime sette partite per l'argentino.
Ai friulani non basta Lovric.
Inzaghi sempre secondo a +3 sul Milan


Andrea Ramazzotti

L'Inter riparte e dimentica il deludente 0-0 di lunedì sul campo della Sampdoria. La vittoria contro l'Udinese non è una formalità come il 3-1 finale potrebbe far pensare perché la formazione di Inzaghi rischia anche di andar sotto nel punteggio, ma alla fine i tre punti, che le permettono di tenere a distanza il Milan, sono meritati alla luce delle 19 conclusioni contro le 7 avversarie (7-1 quelle nello specchio). A firmare il successo sono il rigore di Lukaku, una prodezza del migliore in campo, Henrikh Mkhitaryan, e il sedicesimo gol stagionale (13 in Serie A), di Lautaro Martinez, decisivo anche quando entra dalla panchina. Per i nerazzurri un bel biglietto da visita in vista dell'andata degli ottavi di Champions di mercoledì a San Siro contro il Porto; per i friulani, una sola vittoria nelle ultime 15 giornate di campionato, un ko che fa riflettere per le occasioni sprecate in contropiede e per le difficoltà offensive.

DUE GOL E TANTO VAR — Inzaghi rispetto allo 0-0 contro la Sampdoria cambia sei uomini e alcuni avvicendamenti sono "pesanti" come quelli tra i pali (fuori Onana e dentro Handanovic, titolare dopo 140 giorni), in cabina di regia (Brozovic per Calhanoglu) e in attacco (Dzeko preferito a Lautaro). Lukaku, alla seconda consecutiva dal 1', come non gli succedeva da agosto, ha grande voglia di far bene anche per dimenticare il battibecco del Ferraris con Barella. Sottil rispetto al 2-2 contro l'Empoli rinfresca la squadra con Ebosse, ko dopo 13' minuti per un problema a un ginocchio che lo costringe a uscire in lacrime, e Thauvin, alla prima nell'undici iniziale. Il francese, campione del mondo nel 2018, si alterna con Pereyra nel ruolo di trequartista alle spalle di Beto, ma di palloni giocabili ne ha pochi perché è l'Inter a fare la partita. Brozovic, tornato nel ruolo di regista, guida la manovra perché la pressione dei friulani non è feroce e il palleggio nerazzurro non è disturbato. Barella chiede un rigore per una spinta di Udogie, ma Dionisi dice di no. Diverso l'esito 8 minuti più tardi, su un contatto tra Walace e Dumfries, con il Var che dà una mano al direttore di gara di L'Aquila suggerendogli il penalty. Dopo una prima parata di Silvestri su Lukaku, cancellata dall'ingresso anticipato in area di Masina (ancora lavoro per il Var), il belga trasforma con un sinistro all'angolino: non segnava in Serie A dal 13 agosto contro il Lecce ovvero 189 giorni fa. L'Inter si conferma la squadra della Serie A che segna di più nei primi 30'. Lo svantaggio non scuote gli ospiti che sono lenti, faticano in mezzo contro la vivacità di Barella e il palleggio della coppia Brozovic-Mkhitaryan e, più in generale, non riescono mai a innescare Beto, sistematicamente anticipato da Acerbi. La fisicità dei bianconeri, che all'andata era stata un fattore, stavolta non paga perché l'Inter ha una marcia in più. Eppure gli uomini di Inzaghi non riescono a rientrare negli spogliatoi in vantaggio perché Ehizibue capisce in anticipo un passaggio di Lukaku per Mkhitaryan e avvia una ripartenza che Pereyra orchestra alla grande con l'assist per l'1-1 di Lovric. È l'unico tiro nello specchio dei friulani, ma basta loro per arrivare all'intervallo in parità.

SUPER MICKI — La ripresa inizia con D'Ambrosio, assente dalla Serie A dall' 8 ottobre, al posto dell'ammonito Darmian. Skriniar, in panchina, viene risparmiato in vista della Champions. L'Inter, che arriva abbastanza facilmente fino alla trequarti, cerca di servire più spesso spalle alla porta Lukaku, ma le occasioni più importanti arrivano grazie a Dumfries e Mkhitaryan. Silvestri si supera su una conclusione dell'armeno, innescato da Dimarco, poi Inzaghi si gioca le carte Lautaro e Calhanoglu per il belga e Brozovic, uscito abbastanza contrariato. Sottil prova a pungere con la velocità di Success per l'evanescente Thauvin perché sa che la sua Udinese, pur schiacciandosi per difendere, con Pereyra ha la qualità per ripartire quando riesce ad aggirare la prima pressione nerazzurra. La gara è più aperta di quanto non sembri anche perché i padroni di casa non mandano mai in affanno il fortino avversario e dalla corsie arrivano cross che i centrali friulani respingono con facilità. Ci vuole però un grande Silvestri per fermare Dzeko, liberato al tiro da una palla rubata di Mkhitaryan a Becao. L'Udinese ha ancora la forza di ripartire, ma non la lucidità di segnare e cestina un contropiede 4 contro 2 con un brutto tiro di Success, stoppato da Dumfries. Il pericolo corso scuote l'Inter che in pratica segna all'azione successiva, con Calhanoglu che allarga per Dimarco, cross dell'esterno e conclusione vincente di Mkhitaryan. Sottil per l'ultimo quarto d'ora prova un triplo cambio (Samardzic per Pereyra, Ebosele per Beto e Arslan per Lovric), mentre Inzaghi cerca di tamponare con Gosens e Gagliardini al posto dei provati Dimarco e Mkhitaryan. I friulani premono perché a centrocampo hanno più freschezza, ma rischiano parecchio contro un Lautaro pieno di energie. Il Toro prima si divora il 3-1 su palla persa di Arslan e assist di Barella, ma poi si riscatta e chiude il match prendendo posizione su Bijol e battendo Silvestri su bel lancio di D'Ambrosio. Per l'argentino è il sesto gol nelle ultime sette di Serie A. San Siro può festeggiare.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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L'Atalanta crolla in casa, per il Lecce sono tre punti d'oro



A Bergamo finisce 2-1 grazie ai gol di Ceesay e Blin,
la Dea cerca la reazione ma manca di concretezza.
All'87' segna Hojlund ma Falcone su Muriel nega ai nerazzurri la rimonta


Francesco Velluzzi

I sogni dell’Atalanta e di Gian Piero Gasperini si infrangono sul muro del Lecce eretto da Marco Baroni che diventa la bestia nera dei nerazzurri avendo vinto anche all’andata con lo stesso punteggio. Il Lecce vince al Gewiss (1-2) con gol di Ceesay e Blin e solo un colossale errore del portiere Falcone che sbaglia un rinvio con Hojlund in agguato gli complica il finale. Ma l’Atalanta che nell’assalto spesso riesce ad essere speciale stavolta non compie neppure la rimonta. I salentini vedono una salvezza meritatissima perché quota 27 era davvero impensabile. Sono nove i punti nel 2023 e i due colpi esterni in Lombardia (Cremona e Bergamo) consegnano una classifica bellissima. La Dea fallisce un esame che poteva sembrare tra i più facili, visto come era lanciata la banda del Gasp, bravissima all’Olimpico contro la Lazio e direzionata verso i 44 punti nelle prime 23 giornate che non le erano mai riusciti. È andata male, stregata dalla compattezza dei salentini, attenti uomo su uomo a chiudere tutti gli spazi, con i cagnacci Blin e Maleh e Hjulmand come sempre strepitoso a dirigere in mezzo.

IL PRE — Il match all’ora di pranzo crea comunque una cornice stupenda sul Gewiss Stadium. Gli atalantini sono carichi per la squadra che è lassù, i salentini sparsi per il nord Italia una marea e qui hanno occupato tutti i 1600 posti a disposizione. Il presidente Saverio Sticchi Damiani va a salutarli applaudendoli. In tribuna c’è il tecnico dell’Under 21 Paolo Nicolato che osserva proprio i giovani leccesi. Prima del via c’è il tributo al tecnico di casa Gian Piero Gasperini per le 250 partite in serie A con l’Atalanta. Con Antonio Percassi che gli consegna una maglia speciale incorniciata. Sotto la Curva Nord Pisani (il calciatore scomparso viene ricordato proprio a 26 anni dalla sua morte). Ma sono anche 315 in totale, tra coppe europee e coppa Italia. Gasperini ha parecchi problemi: Scalvini e De Roon squalificati, Hateboer che ha finito la stagione, Zapata sempre ai box. Ma non rinuncia alla qualità di Boga a supporto delle stelle Lookman e Hojlund. Baroni deve rinunciare dietro a Umtiti, bloccato da una contrattura e al tuttofare Gonzalez in mezzo al campo, squalificato. Davanti rilancia il gambiano Ceesay che non era titolare dalla gara interna con la Juventus del 29 ottobre. Torna anche Maleh dopo la distorsione alla caviglia. Non giocava dal 27 gennaio quando si infortunò,ma viene preferito ad Askildsen. Di Francesco e Banda alimentano il tridente con Strefezza che ha avuto un po’ di influenza in settimana e parte dalla panchina.

SI GIOCA — Come prevedibile Di Francesco parte a destra e Banda a sinistra nel Lecce. Ma non era prevedibile che dopo 4 minuti Ceesay si facesse beffe su una palla quasi innocua lontana dall’area di Demiral e di Ederson e scagliasse un gran tiro da 25 metri all’angolino che Musso non riesce a prendere. Demiral protesta e si becca l’ammonizione che gli farà saltare il Milan domenica, in quanto diffidato. Il Lecce, in maglia bianca, si ritrova subito in vantaggio. Ritmo alto. Zappacosta colpisce Banda ed è giallo. Poi lo zambiano ci prova pure da lui da lontano, ma senza mira. L’Atalanta si risveglia dal 15’ con il Lecce che si rintana di più, ma sta incollata ai nerazzurri. Baschirotto segue come un’ombra Hojlund, Blin bene su Koopmeiners, Hjulmand è dappertutto un gigante sulle seconde palle. Cross di Maehle, attivo a sinistra e ben innescato nei cambi gioco da Ederson (mezzala) e Hojlund colpisce scontrandosi con il portiere Falcone che esce indenne anche dal tiro di Maehle al 19’. L’Atalanta è tambureggiante, Maehle pesca Lookman, ma il portiere romano respinge. Al 33’ è ancora bravo sul solito Maehle. Falcone pasticcia un po’ con i rinvii e anche in un’uscita con le mani in cui potrebbe bloccare al 39’ ma Dijmsiti di testa spedisce fuori. Al 41’ ci prova anche Toloi ma questa per Falcone è abbastanza semplice. Finisce con 3’ di recupero.

SECONDO TEMPO — Gasp vuole energia fresca e più gas sulla destra. Quindi lascia negli spogliatoi Zappacosta, limitato dall’ottimo Gallo, rilanciano l’ex udinese Soppy che non giocava dalla coppa Italia con l’Inter e in campionato dalla partita persa proprio a Lecce all’andata. La Dea scatta subito dopo 2’15”: Boga-Hojlund-Lookman che segna, ma in fuorigioco. Il Lecce è sempre incollato, uomo su uomo senza dar respiro. Con Ceesay isolato nella morsa dei tre difensori del Gasp. Per questo Baroni dopo 17’ ricorre al doppio cambio: fuori lo stremato gambiano e dentro Colombo e fuori anche Banda che fa posto a Strefezza che va a destra con DiFra (ammonito e quindi out col Sassuolo) che torna nella sua zona di riferimento a sinistra. Altri sei minuti e il tecnico toscano cambia ancora: esce Tuia, con qualche problema, e fa il suo debutto col Lecce il difensore Ceccaroni, preso a gennaio. Mentre Oudin rileva Di Francesco. Il Lecce spezza tanto la partita cn parecchi suoi uomini a terra per i crampi. Mentre Gasp gioca l’ultima carta: Muriel per Boga. Ulteriore peso davanti con tre punte pure. Baroni sfrutta l’ultimo cambio a disposizione con Askildsen al posto di Maleh senza più energie. Insomma, mezza squadra nuova per fronteggiare l’assalto finale della Dea negli ultimi 25 minuti. Ma al 29’ su una palla intercettata il Lecce guadagna un angolo che viene battuto, come sempre, in coppia da Oudin e Strefezza che calcia trovando Blin che salta indisturbato (con Hojlund che lo perde) e batte Musso trovando il primo gol in campionato. Doppio vantaggio salentino. Il Lecce la addomestica bene, ma al 42’ gliela complica Falcone che non riesce a rinviare su un retropassaggio, la palla sbatte sul pressing di Hojlund che la manda in rete e dimezza lo svantaggio. La Dea ci crede perché i minuti di recupero sono sette. E infatti Falcone rimedia con una gran parata in angolo su Muriel. L’ultimo sussulto di una partita che l’Atalanta non meritava di vincere. Il Lecce infatti può andare felice a regalare le maglie sotto lo spicchio dei suoi splendidi 1600 tifosi.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Cambiaghi illude l'Empoli, Cabral salva la Fiorentina all'85': finisce 1-1

La squadra di Zanetti avanti al 28'.
Nel secondo tempo è un assedio Viola e
l'attaccante brasiliano trova il pareggio nel finale.
Due reti annullate (a Barak e Caputo) per fuorigioco


G.B. Olivero


Il derby toscano finisce in pareggio: l’Empoli gioca meglio nel primo tempo e va in vantaggio con Cambiaghi, ma poi subisce una ripresa orgogliosa della Fiorentina che segna nel finale con Cabral e poi va anche vicina alla vittoria. I viola sembravano ripiombati nell’apatia tipica del loro campionato, ma Italiano è stato bravo a intervenire con i cambi e a ottenere un secondo tempo vibrante. L’Empoli si è fatto progressivamente schiacciare e nell’ultima mezz’ora non è più riuscito a ripartire, ma nel primo tempo ha mostrato alcune buone azioni ed era andato anche vicino al 2-0.

PRIMO TEMPO — L’inizio della gara è a ritmi molto bassi. La Fiorentina cerca la pressione alta, l’Empoli fatica a costruire dal basso, ma gli unici tentativi viola arrivano da fuori area con Mandragora al 12’ e con Saponara al 16’. L’Empoli prende progressivamente fiducia e al 20’ Terracciano deve uscire per anticipare Cacace servito da Bandinelli. Poco dopo Venuti calcia altissimo da buona posizione. Al 28’ l’Empoli passa in vantaggio: Amrabat perde palla sulla propria trequarti, Baldanzi serve Caputo che di prima tocca per Cambiaghi il cui sinistro centrale sorprende Terracciano. La Fiorentina risponde con un tiro alto di Barak. Al 37’ allo stesso Barak viene annullato un gol per fuorigioco attivo di Gonzalez, mentre al 40’ Caputo perde l’attimo davanti al portiere su un bel filtrante di Akpa Akpro. Al 43’ l’Empoli raddoppia con Caputo, che concretizza una bella azione condotta da Akpa Akpro e rifinita da Baldanzi e Cambiaghi, ma il centravanti è più avanti rispetto alla palla e la rete viene annullata dopo la revisione al Var.

SECONDO TEMPO — Italiano sostituisce Venuti e Saponara con Dodo e Ikonè. La Fiorentina attacca con più veemenza e conquista sei corner nei primi 9 minuti. Da uno di questi calci d’angolo Quarta schiaccia di testa nell’angolo e Bandinelli respinge sulla linea. L’Empoli fatica a ripartire rispetto alla seconda metà del primo tempo. Cambiaghi si fa male e viene sostituito da Satriano. Al 22’ è nuovamente Quarta a essere pericoloso: il difensore sfrutta una torre di Gonzalez e tira al volo di destro costringendo Vicario a una bella parata. Due minuti dopo l’Empoli crea una grande occasione da corner: torre di Caputo e Quarta anticipa tutti davanti alla linea. La Fiorentina insiste e al 40’ riesce a pareggiare: Bonaventura inizia l’azione, Dodo spinge sulla destra e crossa, la palla deviata da Cacace scavalca Viviano e finisce sulla traversa, Cabral di testa l’appoggia in rete. Nel recupero Viviano è bravo a respingere una conclusione di Cabral su cross di Barak e a blindare il pareggio.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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È tornato Immobile: segna una doppietta e la Lazio sbanca Salerno

Debutto con ko per Paulo Sousa sulla panchina granata.
Dopo il lungo digiuno in campionato, Ciro a segno al 60' e 69' su rigore.
Espulso Bronn, Luis Alberto sbaglia un penalty nel finale


Stefano Cieri


Riecco Immobile, riecco la Lazio. Dopo essersi sbloccato in coppa, Ciro rompe il digiuno (durava da cinque gare) anche in campionato e la squadra di Sarri torna a vincere pure in A (era reduce da 2 punti nelle ultime tre partite). La formazione biancoceleste gioca meglio, controlla sempre la gara (tranne che nei primissimi minuti), fa vedere a tratti anche un bel gioco e in più aggiunge i gol del suo centravanti (mai come quest’anno arrivati con il contagocce). Successo legittimo che rilancia le ambizioni dei biancocelesti nella corsa Champions. È amaro invece il debutto di Paulo Sousa sulla panchina della Salernitana. Al tecnico portoghese (che ha avuto solo tre allenamenti a disposizione per preparare la gara) vanno concesse tutte le attenuanti, ma la prova della sua squadra non può non preoccupare in vista di una volata salvezza che si preannuncia delicatissima.

MOLTO POSSESSO, POCHI TIRI — Sarri schiera la Lazio con cinque novità rispetto al match di giovedì in Conference con il Cluj. Tornano Provedel, Marusic, Cataldi, Luis Alberto e Pedro, escono Maximiano, Lazzari, Marcos Antonio, Milinkovic e Zaccagni. Milinkovic, in realtà, era previsto in campo, ma una gastrite notturna lo mette fuori causa (va in panchina). Sousa, alla prima sulla panchina della Salernitana, decide di cominciare senza stravolgere troppo l’impostazione data da Nicola alla squadra. Pur variando leggermente il modulo (3-5-2) con cui il suo predecessore era sceso in campo a Verona, passando al 3-4-2-1, e cambiando tre uomini rispetto all’ultimo match giocato dai granata. Ma due novità sono dettate dagli infortuni di Dia e Troost Ekong. Il primo è sostituito da Bonazzoli, il secondo da Daniliuc. L’altro cambio è a centrocampo, dove Coulibaly viene preferito a Nicolussi Caviglia. La Lazio comincia al piccolo trotto, mentre la Salernitana si tuffa sulla partita con un piglio decisamente più propositivo. Ma la fiammata dei padroni di casa dura solo pochi minuti (i primi dieci). Il tempo di registrare il tentativo da dentro l’area di Candreva (provvidenzialmente stoppato da Hysaj) e il colpo di testa di Daniliuc che finisce di poco alto da buona posizione. Poi la Lazio prende il controllo delle operazioni e non lo molla più. Alla fine del primo tempo il possesso degli ospiti sfiorerà il 70 %. Ma, a fronte di tanta superiorità tecnica, sono poche le conclusioni verso la porta avversaria della squadra di Sarri. Anche perché Sousa fa giocare i suoi molto stretti e trovare spazi nella difesa avversaria non è facile per Immobile e compagni. La Lazio va comunque vicina al gol in tre occasioni. Ci prova prima Immobile da posizione defilata (Sepe non si fa sorprendere), quindi Vecino che colpisce a botta sicura, ma viene fermato da Daniliuc. Poi è la volta di Pedro (e qui Sepe si supera). Nel finale di tempo si fa viva anche la Salernitana con un bel tiro al volo di Candreva che Provedel respinge un po’ a fatica.

DOPPIO CIRO — La ripresa comincia con un cambio da parte di Sousa. Fuori lo spento Vilhena e dentro Valencia. Ma l’inerzia della partita non cambia. E’ sempre la Lazio a dettare le operazioni, con la Salernitana che si preoccupa unicamente di fare muro sulla sua trequarti. La squadra di Sarri, rispetto al primo tempo, aumenta però i giri del suo motore. E i risultati si vedono subito. Il reiterato possesso palla si traduce in palle-gol più concrete. Dopo un paio di tentativi di Pedro, il gol che sblocca la partita arriva al quarto d’ora e lo realizza, come da copione, Immobile. Sul lancio di Vecino per Marusic sulla fascia destra la difesa granata si fa trovare scoperta. L’affondo del terzino non lascia scampo, così come il suo traversone rasoterra, forte e preciso, per Immobile che accorre sul secondo palo: tocco di sinistro del capitano e gol numero 190 per lui in Serie A. Dieci minuti dopo le sue marcature nel massimo campionato diventano 191 (staccato Hamrin, ottavo posto in solitario nella classifica all time dei marcatori di A, regalo anticipato per i 33 anni che compie domani). Ciro trasforma dal dischetto un rigore che lui stesso si procura infilandosi tra Pirola (che tarda l’intervento) e Sepe che esce alla disperata e gli rovina addosso. A quel punto la partita si spegne. Sousa utilizza tutte le altre sostituzioni a sua disposizione. Fa entrare Kastanos (per Bonazzoli), Botheim (per Piatek), Sambia (per Crnigoj) e Lovato (per Pirola), ma la sostanza non cambia affatto. Anche Sarri fa rifiatare qualche giocatore in vista della gara di ritorno di Conference di giovedì prossimo. Entrano Basic (per Vecino), Romero per Pedro) e Cancellieri (per Immobile). La Salernitana si ferma, la Lazio trotterella, ma non disdegna qualche puntata in avanti. Su una delle ultime, all’89’, Cancellieri si conquista un rigore (fallo di Bronn che poi viene espulso per doppia ammonizione per proteste). Sul dischetto (con Immobile che è uscito) va Luis Alberto. Ma lo spagnolo si fa respingere il tiro da Sepe e poi sulla ribattuta, a porta vuota (il portiere della Salernitana è a terra), mette incredibilmente fuori.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Con lo Spezia ci pensano Kean e Di Maria:
la Juve non incanta ma vince ancora

Con un gol per tempo la squadra di Allegri si riporta al settimo posto:
in attesa di Roma-Verona, la Champions è a 10 punti


Marco Guidi


Un gol per tempo e la Juventus continua l’operazione rimonta in campionato. Stavolta a farne le spese è uno Spezia volitivo, a tratti anche sfortunato, di certo punito dal cinismo della squadra di Massimiliano Allegri. Se contro il Nantes la Juve aveva sprecato molto, al Picco fa centro ai primi due tiri in porta, firmati Kean e Di Maria. Lo 0-2, però, non fotografa al meglio la prestazione degli ospiti, a lungo in difficoltà nello sviluppo del gioco. In classifica, Max sale momentaneamente al settimo posto, mentre lo Spezia, dopo quattro sconfitte nelle ultime cinque giornate, comincia a guardarsi alle spalle con paura.

SCELTE — Il compito di salvare i liguri presto sarà di un nuovo allenatore. E in attesa di Leonardo Semplici, che martedì dovrebbe dirigere il primo allenamento da tecnico dello Spezia, in panchina va la coppia Lorieri-Spalla. Padroni di casa con Shomurodov unica punta, assistito da Verde, Agudelo e Gyasi. Nzola recuperato, ma escluso dall’undici titolare, dove mancano anche gli infortunati Holm e Bastoni e lo squalificato Esposito. Assenze anche nella Juve, con Massimiliano Allegri costretto a rinunciare a Bremer (fermato dal giudice sportivo), Chiesa, Miretti, Kaio Jorge e Pogba (indisponibili). Il tecnico bianconero ricorre anche a un largo turnover, pensando al ritorno del playoff di Europa League contro il Nantes. Dentro così Perin tra i pali, Rugani in difesa e Kean in attacco, a comporre il duo con Vlahovic. Solo panchina per Di Maria.

IL GUIZZO DI MOISE — Dopo 20 secondi, subito una brutta notizia per Allegri: Locatelli, diffidato, si prende il giallo per fermare una ripartenza di Agudelo. Il mediano bianconero salterà così il derby con il Torino del 28 febbraio. Lo Spezia è intraprendente, sebbene ai liguri manchi spesso e volentieri l’ultimo passaggio. Al 10’ Verde ci prova col sinistro: blocca Perin. E la Juve? La manovra non decolla, Kean e Vlahovic faticano a lavorare palloni puliti. Al 17’ il serbo segnerebbe pure, ma in fuorigioco netto. Nell’occasione, si fa male il portiere Dragowski, che poco dopo è costretto al cambio. Tra i pali va Federico Marchetti, classe 1983, che non gioca una partita in Serie A dal maggio 2021 e in tutto il 2021-22 al Genoa ha collezionato una sola presenza in Coppa Italia. Un po’ di ruggine l’ex Lazio e Cagliari la dimostra sul gol che apre il match al 32’: Kostic mette in mezzo dalla sinistra, girata sporca di Kean e Marchetti si tuffa in ritardo, senza impedire che la palla termini in rete. Lo Spezia ha una buona reazione, ma Shomurodov di testa non riesce per due volte a mettere paura a Perin. Al 43’ l’ultima emozione del primo tempo, quando Verde centra dalla destra e Gyasi non ci arriva a pochi metri dalla porta.

“DI MAGIA” — La ripresa si apre con due cambi in casa Juve: De Sciglio e Fagioli al posto di Cuadrado e Paredes. Al 48’ Alex Sandro pennella per la testa di Kean, che non inquadra lo specchio. Due minuti dopo, scena simile dall’altra parte, con Gyasi a schiacciare il cross di Verde, stavolta tra le braccia di Perin. Lo Spezia ci crede e prova a spingere con insistenza: al 54’ Alex Sandro salva sulla botta a colpo sicuro di Shomurodov, dopo un rimpallo tra Locatelli e Rugani. Allegri intuisce il momento di chiara difficoltà dei suoi e si gioca anche la carta Di Maria per Kean. Spalla e Lorieri rispondono con Nzola per Agudelo. L’inerzia è tutta dei liguri, che per almeno 6-7’ assediano l’area di Perin. Ma tra tiri respinti, carambole e deviazioni, come quando Verde al volo colpisce Shomurodov, la Juve se la cava. E al 66’, praticamente al primo pallone toccato, Di Maria batte Marchetti con rasoterra chirurgico da fuori. Tre minuti dopo, il Fideo delizia la platea del Picco con un numero d’alta scuola, prima di alzare troppo la mira dal limite. Sotto di due gol, lo Spezia non smette di provarci e Perin al 72’ si supera sul tiro di Gyasi innescato dalla fuga sulla destra di Amian. Il portiere si ripete all’83’ su gran incornata di Nikolaou. Sono gli ultimi sussulti, anche se nel finale Vlahovic prova a iscriversi alla festa con un paio di iniziative senza fortuna. Lo 0-3 sarebbe stato una punizione decisamente troppo pesante per i padroni di casa. E in pieno recupero, si rivede in campo anche Leonardo Bonucci, alla prima partita nel suo 2023.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Roma senza big, allora ci pensa Solbakken:
prima da titolare e gol, Verona ko

Dybala out, Pellegrini in panchina e dopo dieci minuti
deve uscire anche Abraham, colpito duro allo zigomo sinistro.
Nel finale del primo tempo il diagonale
vincente del norvegese che decide il match


Andrea Pugliese


Un gol di Solbakken, all’esordio da titolare, e tanto cuore. La Roma porta a casa così i tre punti contro il Verona (1-0) e resta al terzo posto, in scia all’Inter ed in piena zona-Champions. La formula è magica, soprattutto considerando le tante assenze a cui è costretto Mourinho. Per il Verona, invece, uno stop dopo 4 risultati utili consecutivi che però non mette fine alle speranze. La squadra di Zaffaroni è viva, lotta, gioca. E può guadagnarsi la salvezza sul campo.

OLA GOL — Si inizia con la Curva Sud della Roma compatta, che esprime piena solidarietà ai Fedayn dopo i fatti di Belgrado. Mourinho invece parte senza Dybala e Pellegrini, ma recupera Abraham in extremis dopo l’influenza della scorsa notte. Solo che la partita dell’inglese dura appena 15’ di gioco, costretto ad uscire per un colpo allo zigomo sinistro subito in una mischia in aria di rigore. Così l’attacco giallorosso è completamente stravolto, con El Shaarawy e Solbakken alle spalle di Belotti. El Shaarawy sembra quello più in forma, insieme a Spinazzola che a sinistra si accende spesso e volentieri. Dopo quasi cento giorni si rivede anche Karsdorp, che però sembra ancora avere addosso le scorie della lunga assenza dalle partite. Il Verona invece annusa l’aria e ci prova fin da subito, con Tameze e Duda che in mezzo corrono e combattono e Gaich che davanti vive di duelli con Smalling (ammonito, salterà la Cremonese). Dopo un’occasione sprecata da Solbakken e un tiro alto di Tameze, è Spinazzola a creare la prima vera occasione della Roma (tiro parato in angolo da Montipò). Siamo però già al 36’, a dimostrazione di tutte le difficoltà giallorosse in fase di finalizzazione. In pieno recupero, però, Cristante imposta, Spinazzola regala un assist al bacio per Solbakken che stavolta non sbaglia. La partita si sblocca su una bella giocata di squadra e forse è anche giusto così, perché la fantasia e il talento giallorosso è tutto altrove.

IN GHIACCIAIA — Zaffaroni allora toglie subito Hien, positivo fino a quel momento ma già ammonito. Poi si gioca le carte Lasagna e Braaf, con Ngonge che ci prova invano da fuori. Il piano partita è chiaro: Roma compatta a difesa del vantaggio e pronta a sfruttare le ripartenze, Verona a caccia di spazi e tempi per allargare le maglie della difesa giallorossa. Bove in mezzo al campo inizia a faticare e Cristante non tiene più come prima. Così le occasioni per il Verona arrivano ma alla Roma va bene che capitano suo piedi di Dawidowicz e Doig che sprecano malamente. Mourinho allora restituisce Zalewski al suo ruolo originale, quello di trequartista, andando a caccia di una nuova verve offensiva. Ma di occasioni ne arrivano poche, se non nessuna. Si combatte tanto, questo sì, in ogni angolo del campo. Per la Roma c’è da difendere tre punti preziosissimi da mettere in ghiacciaia, per il Verona provare ad allungare la serie. Così Montipò si supera in extremis su un colpo di testa ravvicinato di Belotti, mentre Wijnaldum gioca gli ultimi minuti, stavolta molto meglio di Lecce e Salisburgo. Finisce così, con tre punti pesantissimi per la causa giallorossa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Torino rischia con la Cremonese, ma poi ci pensa Singo

Primo tempo tutto di marca granata con
vantaggio di Sanabria dal dischetto al 41'.
Grigiorossi superiori nella ripresa,
col pareggio di Tsadjout al 54' e il sorpasso di Valeri al 74'.
Rimedia Singo al 79'


Matteo Pierelli


Un pareggio amaro. Perché il primo tempo era stato dominato e la partita sembrava in pugno, dopo il vantaggio con un rigore di Sanabria. Ma il Torino può anche essere orgoglioso, per la reazione che ha avuto quando era sotto. Così, alla fine, questo 2-2 contro la Cremonese è un pareggio a due facce: se da un lato ha il sapore dell’occasione sprecata, dall’altro per i granata è di buon auspicio in vista del derby di martedì 28: il finale di gara è stato in crescendo e il settimo posto che potrebbe valere l’Europa a fine stagione è lì a un solo punto, dove ci sono Bologna e Juventus. La squadra di Juric è passata in vantaggio meritatamente alla fine del primo con Sanabria (che non segnava in casa da gennaio 2022), ma nella ripresa la Cremonese ha avuto un approccio migliore e ha ribaltato il risultato grazie a Tsadjout prima e Valeri poi. La rabbiosa reazione granata ha portato al pareggio di Singo: il Toro si porta così a 31 punti, mentre la Cremonese va a 9 e fa un piccolo passettino in avanti, anche se il quart’ultimo posto dello Spezia è a dieci lunghezze.

TORO DI RIGORE — Nel Torino Ilic è pienamente recuperato e parte titolare al fianco di Linetty, mentre alle spalle di Sanabria – vista l’assenza di Vlasic – agiscono Miranchuk e Karamoh. Nella Cremonese, schierata con il consueto 3-5-2, invece, davanti dal primo minuto c’è Okereke con al fianco Tsadjout. Le prime fasi sono di studio. Il pallino ce l’ha in mano il Toro che cerca di sfondare per vie interne, mentre i grigiorossi provano a pungere in contropiede. Dopo un quarto d’ora di gioco doppia fiammata granata: splendido assist di Miranchuk per Sanabria che aggancia bene la palla ma Carnesecchi in uscita è bravo a chiudergli lo specchio della porta. Un minuto dopo è Karamoh a provarci da buona posizione con la palla che finisce sopra la traversa. La squadra di Juric poi ci prova con azioni di “sfondamento” ma ancora Sanabria, pur rendendosi pericoloso, non riesce a trovare lo spunto giusto. Ma il gol è nell’aria e arriva al 41’ su rigore, per il fallo netto di Sernicola su Ilic. Dal dischetto Sanabria è glaciale e spiazza Carnesecchi.

REAZIONE CREMO — Nella ripresa Ballardini toglie Meité e butta dentro Felix, passando a un più offensivo 3-4-2-1. La Cremonese sembra un po’ più vivace e propositiva con Benassi che tira debolmente da buona posizione. Poco dopo Carnesecchi salva su Karamoh e sul ribaltamento di fronte - siamo al 54’ - arriva la rete del pareggio con un gran diagonale di Tsadjout su cui Milinkovic-Savic non può nulla. Juric cerca di dare la scossa ai suoi con un triplo cambio: dentro Buongiorno, Radonjic e Singo, out Schuurs, Karamoh e Aina. Ma quello del secondo tempo è un Toro dimesso, che fatica a costruire gioco. E così al 75’ subisce anche io secondo gol, una sassata di Valeri dal limite dell’area, imparabile per Milinkovic Savic. Sembra finita, ma stavolta il Torino ha la forza di rialzarsi e 5' dopo trova la rete del pareggio con Singo, abile a buttarla dentro dopo un’azione sull’asse Rodriguez-Miranchuk. Nel finale è assedio granata, ma Carnesecchi è abile a murare tutti in tentativi dei padroni di casa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2022/2023 23ª Giornata (4ª di Ritorno)

17/02/2023
Sassuolo - Napoli 0-2
18/02/2023
Sampdoria - Bologna 1-2
Monza - Milan 0-1
Inter - Udinese 3-1
19/02/2023
Atalanta - Lecce 1-2
Fiorentina - Empoli 1-1
Salernitana - Lazio 0-2
Spezia - Juventus 0-2
Roma - Verona 1-0
20/02/2023
Torino - Cremonese 2-2

Classifica
1) Napoli punti 62;
2) Inter punti 47;
3) Roma e Milan punti 44;
5) Lazio punti 42;
6) Atalanta punti 41;
7) Juventus(-15) e Bologna punti 32;
9) Torino punti 31;
10) Udinese punti 30;
11) Monza punti 29;
12) Empoli punti 28;
13) Lecce punti 27;
14) Fiorentina punti 25;
15) Sassuolo punti 24;
16) Salernitana punti 21;
17) Spezia punti 19;
18) Verona punti 17;
19) Sampdoria punti 11;
20) Cremonese punti 9.

(gazzetta.it)

(-15) Penalizzazione della giustizia sportiva ad opera della Corte Federale d'Appello dopo la
riapertura del processo "Plusvalenze" che a maggio 2022 era stato chiuso con sostanziali
assoluzioni dei club calcistici coinvolti (non solo Juventus ma anche Sampdoria e Napoli in Serie A).
In attesa di eventuale ricorso da parte della Juventus e di altri tronconi di inchiesta
correlati ai mancati pagamenti degli stipendi dei calciatori durante la fase del covid.
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26/02/2023 00:18
 
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Il Napoli non sbaglia un colpo:
vince 2-0 a Empoli e va a +18 sull'Inter.
Osimhen ancora a segno



La squadra di Spalletti chiude la partita già nel primo tempo,
nella ripresa espulsione di Mario Rui al 77’


Maurizio Nicita

Spietato. Scandaloso per continuità il Napoli di Luciano Spalletti continua a triturare il campionato (ha lasciato solo 7 punti sui 72 disponibili) con l’ottava vittoria consecutiva in questo 2023 e una notte ancora a +18 aspettando la risposta delle Inter e delle altre (presunte) inseguitrici sempre più lontane. In meno di mezz’ora gli azzurri chiudono la pratica senza neanche troppo sforzo. E nel finale con la variante… impazzita di Mario Rui espulso, la squadra in inferiorità numerica non concede nemmeno un tiro agli avversari, e sfiora il 3-0 anche con Simeone e Gaetano. Quinta partita consecutiva finita da imbattuto per Meret.

STRITOLATI — L’Empoli di Zanetti, nonostante le assenze in mediana, prova a contrastare la capolista che però appare in tutta la sua potenza. Perché Spalletti, un po’ a sorpresa, decide di cambiare solo un uomo rispetto alla Champions (Mario Rui per Olivera) fidandosi del blocco che ha dominato a Francoforte. I ritmi sono più bassi ma gli azzurri si comportano come un serpente boa che avviluppa la propria preda per poi stritolarla. E così col passar dei minuti l’Empoli si ritrova negli ultimi 20 metri chiuso e con una serie di calci d’angolo e piazzati su cui difendere. La squadra di Zanetti commette l’errore di lasciare troppo libero sul perimetro dell’area Kvara e il georgiano non perdona. Primo gol: apre per Zielinski che spara un tiro-cross in mezzo deviato da Ismajli nella propria porta per anticipare Osimhen. Una decina di minuti dopo sempre libero dal limite Kvara tira in porta, Vicario respinge corto e Osimhen è puntuale in gol per la sua ottava partita in campionato consecutiva (10 gol). Poi il nigeriano divorerà il 3-0 un paio di volte, ma resterà una spina del fianco per la terza linea Toscana.

VARIANTE ROSSA — Nel momento in cui il Napoli è in controllo però ecco che a Mario Rui si gonfia la vena e su un contrasto duro con Caputo cadendo alza la gamba per colpire l’avversario. Ayroldi, richiamato dal Var Fabbri, espelle il terzino portoghese. Spalletti è costretto a ridisegnare la sua squadra con un 4-3-2 in cui ora Elmas gioca accanto ad Osimhen mentre Olivera entra in difesa. Ma niente da fare per l’Empoli questo Napoli non è “tenero” come quello dello scorso aprile che due gol se li vide rimontare perdendo 3-2 nel finale.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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26/02/2023 00:19
 
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Thorstvedt entra e fa gol.
Il Sassuolo supera il Lecce e l’aggancia in classifica

Dionisi indovina il cambio giusto nella ripresa.
Il norvegese, in campo da 4’, segna su angolo di Berardi.
Strefezza fallisce nel finale l’occasione per il pari


Francesco Calvi


Kristian Thorstvedt entra e fa gol: il Sassuolo vince 1-0 al Via del Mare e aggancia il Lecce a quota 27 punti in classifica. Nell’anticipo della 24esima giornata di Serie A, ai neroverdi basta una rete del norvegese per conquistare il terzo successo nelle ultime cinque partite. Il Lecce, invece, esce dal campo con l’amaro in bocca: al Via del Mare non si è visto di certo il miglior Sassuolo della stagione, ma Strefezza e soci hanno collezionato troppi errori per sperare di strappare un risultato utile.

TANTI ERRORI — Dionisi sceglie un centrocampo di rottura, con Obiang al fianco di Frattesi e Bajrami alto a sinistra, al posto dello squalificato Laurienté. Baroni conferma Tuia e Ceesay, protagonisti nella vittoria contro l’Atalanta, lasciando in panchina il recuperato Umtiti. Da entrambe le parti bisogna fare i conti con le imprevedibili traiettorie del pallone, sporcato dal vento che soffia forte. La qualità del gioco ne risente, eppure il Sassuolo non rinuncia al fraseggio, mentre il Lecce pressa alto e prova a pungere con le ripartenze. Banda, Strefezza e Gallo vanno al tiro ma sono imprecisi. Le due uniche, vere occasioni del primo tempo strizzano l’occhio al Sassuolo: la prima arriva con Bajrami, fermato da Falcone, la seconda con Tressoldi che colpisce di testa e manda al lato.

LA RIPRESA — Ai giallorossi serve maggiore lucidità negli ultimi metri: Baroni interviene già durante l’intervallo, inserendo Oudin e Colombo al posto di Banda e Ceesay. Dionisi, invece, aspetta il 60’, poi effettua un triplo cambio mandando in campo Lopez, Pinamonti e Thorstvedt. Passano quattro minuti e proprio il norvegese sblocca la partita: su corner battuto da Berardi, il 23enne stacca di testa e segna l’1-0, aiutato da una deviazione di Hjulmand. Nel Lecce entra anche Gonzalez, Maleh avanza a supporto della punta, però i salentini continuano a gestire male il pallone, travolti dalla fretta di pareggiare. All’81’ Strefezza si divora un gol che sembrava già fatto: è l’ennesima fotografia di una giornata-no, che il Sassuolo sfrutta con intelligenza.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Inter, che flop a Bologna.
Il guizzo di Orsolini spegne Inzaghi



Al Dall'Ara annullato un gol a Barrow nel primo tempo.
Ma i rossoblù giocano meglio, colpiscono una traversa
con Soriano e nella ripresa segnano con l'attaccante.
Male la squadra di Inzaghi che fuori casa colleziona brutti risultati


Andrea Ramazzotti

È ancora fatal Bologna per l'Inter. Al Dall'Ara lo scorso anno la formazione di Inzaghi aveva lasciato la possibilità di vincere lo scudetto della seconda stella complice la papera di Radu. Oggi, invece, ad affondarla sono un errore di D'Ambrosio e una prodezza di Orsolini, al settimo centro stagionale, che regala ai suoi la quarta affermazione nelle ultime 5 partite. Con tanto di momentaneo settimo posto solitario in classifica. Gli uomini di Thiago Motta meritano i tre punti contro un avversario ben diverso rispetto a quello che mercoledì ha superato il Porto. Va sotto a livello di ritmo e intensità, tira poco in porta e con le sostituzioni già fatte da Inzaghi sullo 0-0 (Dzeko per Lukaku), quando passa in svantaggio non ha più uomini in panchina per cambiare il match. Così arriva la settima sconfitta in campionato (troppe...) e addio alla possibilità di allungare in classifica rispetto alle dirette concorrenti per la Champions. Un'altra medio piccola fatale dopo Monza, Empoli e Sampdoria (10 punti persi in tutto) e un altro gol subito in trasferta (ora sono 22). L'Inter non sa risolvere i suoi problemi che l'hanno relegata a -18 dalla capolista Napoli e alterna alti e bassi di rendimento. Le grandi non fanno così. Un bel problema per Inzaghi, destinato a vivere un'altra settimana di critiche proprio quando pensava di aver rimesso a posto le cose battendo Udinese e Porto.

PIÙ BOLOGNA — In un Dall'Ara avvolta da freddo, pioggia e da un vento polare, Thiago Motta non ha Arnautovic e Zirkzee e schiera Barrow come prima punta, con ai suoi lati Orsolini e Soriano, Ferguson parte mezzala, ma ha licenza di inserirsi, mentre in difesa il più "tenero" Sosa è preferito a Soumaoro per marcare Lukaku; per Inzaghi rivoluzione dopo la vittoria di mercoledì in Champions: fuori Skriniar e Dimarco per infortunio (torneranno con il Lecce), Barella, Acerbi e Dzeko per turnover, entrano Dumfries, Gosens, Brozovic (con la fascia da capitano al braccio), De Vrij e Lukaku. Il Bologna non ha timori reverenziali perché attraversa un bel momento di forma e mostra di avere più gamba rispetto a un'Inter reduce dalle fatiche europee. Si gioca su un campo ridotto, in alcuni tratti, a un pantano e l'Inter fatica sia a palleggiare sia a trovare la giusta distanza tra i reparti. I rossoblù invece sono uno spettacolo: aggrediscono alti, vincono molti duelli e soprattutto hanno più intensità, così le occasioni migliori nella prima mezzora sono tutte loro. Motta chiede un rigore per un fallo di mano di Darmian su cross di Ferguson (vede bene Orsato: prima il nerazzurro tocca con una coscia) e poi esulta per la rete di Barrow, annullata grazie all'intervento del Var per un fuorigioco influente di Dominguez. L'Inter risponde con un tiro di Lukaku deviato da un difensore in angolo, ma sono i padroni di casa a fare la partita, a mostrare idee chiare e una manovra più fluida. Cambiaso impegna di nuovo Onana che para, palla a Soriano che spara subito, ma viene fermato dalla traversa. Inzaghi è alle corde perché i due attaccanti sono troppo slegati dal resto della squadra, Brozovic non ha ancora il giusto ritmo in regia, mentre Calhanoglu non riesce a inserirsi in zona gol. Tutto l'opposto di Ferguson che parte dalla mediana e va anche a fare il trequartista. La gara cambia quando Darmian e Bastoni vengono alzati e iniziano a partecipare di più alla manovra: l'Inter vuole creare la superiorità numerica sulle corsie laterali e la mossa paga perché la squadra arriva alla conclusione in maniera pericolosa in una manciata di minuti con Mkhitaryan, Lautaro di testa e Calhanoglu. Il primo tempo si chiude con una punizione fuori bersaglio di Orsolini che certifica la superiorità dei rossoblù.

ZAMPATA DELL'ORSO — La ripresa inizia con Acerbi al posto dell'ammonito De Vrij. Lukaku sembra più vivo (anche se viene servito male) e allarga per Gosens che libera Calhanoglu al tiro, ma il turco non trova lo specchio. Il Bologna replica con una doppia occasione di Soriano (respinta di Darmian) e Dominguez (parata di Onana). La sfida diventa divertente perché l'Inter è più propositiva rispetto a quella della mezzora iniziale e perché la pressione degli emiliani è meno feroce: Dumfries fatica parecchio (non a caso viene sostituito da D'Ambrosio, con Darmian che si allarga a destra ), ma Skorupski para sia su Lukaku, servito da Gosens, sia su Dzeko, entrato al posto di Big Rom. Con Barella per Mkhitaryan Inzaghi vuole dare più brio alla mediana, ma il Bologna non arretra. La marea nerazzurra sembra destinata a montare e invece su un errore di D'Ambrosio, Schouten lancia verso la gloria Orsolini che non sbaglia. Inzaghi prova la carta Carboni alle spalle delle due punte, ma il Bologna non molla e grazie alle sostituzioni Motta non rischia praticamente niente fino alla fine. Per Inzaghi è di nuovo notte fonda e ora può essere raggiunto al secondo posto da Milan e Roma.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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27/02/2023 00:33
 
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Salernitana, 3-0 al Monza: sono tre punti d'oro per la salvezza



Con le reti tutte nella ripresa di Coulibaly, Kastanos e
Candreva i granata battono la squadra di Palladino


Alex Frosio

Dopo oltre quattro mesi la Salernitana torna al successo all’Arechi. Ed è un successo netto nei confronti del Monza, al secondo ko consecutivo, il più netto della gestione Palladino. Può essere la svolta: la Salernitana ne aveva sempre prese 3 dai brianzoli, ora gliene fa 3 per ritrovare i tre punti casalinghi che mancavano dal 22 ottobre. Sarà l’effetto Paulo Sousa? Può darsi. Il nuovo tecnico, alla seconda partita, mette mano alla formazione: torna Ochoa in porta, difesa a tre, due mediani di rottura, Kastanos e Candreva sulla trequarti, Piatek di punta. Le novità del Monza sono agli estremi: Cragno debutta da titolare, davanti c’è Gytkjaer.

IL PRIMO TEMPO — Palladino ha più certezze di gioco e infatti è il Monza a prendersi per primo la partita, palleggiando nella metà campo avversaria. Caprari al 9’ chiude troppo il destro ma annuncia quali sono i piani brianzoli: palle rapide in mezzo ai due mediani avversari e sponde per gli inserimenti. Al 13’ Caprari chiama al tiro Pessina, respinto da Pirola. La Salernitana non ha creatori in mezzo al campo e funziona solo quando può andare in transizione rapida. È cosi che crea in sequenza le prime due vere occasioni da gol del match. Al 15’ Sambia si fa tutto il campo, fa andare al cross Crnigoj, palla bassa che Piatek tocca a lato. Il polacco la combina ancora più grossa al 17’: cross perfetto di Sambia, Izzo lo molla ma il colpo di testa del Pistolero è incredibilmente alto. Al 22’ terza chance: Candreva anticipa Pablo Marì e chiude il destro, deviato da Izzo. È un buon momento per i padroni di casa, ma uno scontro aereo abbatte in un colpo solo Cragno, Pablo Marì, Caldirola e Daniliuc. I primi due devono essere fasciati alla testa. Lo stop dura almeno sette minuti. E spezza il ritmo alla Salernitana. Il Monza invece riordina le idee e al 40’ palla-gol clamorosa per Ciurria su cross di Caldirola: il colpo di testa dell’esterno è troppo centrale e Ochoa può respingere con i piedi. Nel lungo recupero, da una parte Sambia viene stoppato al tiro da Pablo Marì, dall’altra Gyomber vince l’uno contro uno in area con Caprari, lanciato da uno scambio stretto con Ciurria.

LA RIPRESA — Si ricomincia con Donati al posto di Sensi e Dany Mota per Gytkjaer nel Monza. Pessina si sposta in regia, Ciurria avanza a trequartista. In questo nuovo assetto, però, i brianzoli non ingranano e soprattutto spalancano la propria destra. Al 7’ è lì che viene servito Candreva, che appoggia dietro per Coulibaly, Donati non stringe e il maliano inventa un morbidissimo destro all’incrocio dei pali. È il primo tiro in porta della Salernitana, un tiro d’oro. Poi serve il solito Ochoa per conservare. Perché la reazione del Monza nell’immediato c’è: all’11’ Carlos Augusto corre alle spalle delle linee nemiche e di prima innesca Dany Mota che in spaccata anticipa Pirola, ma Memo con un guizzo intercetta. La Salernitana ritrova anche Mazzocchi e Maggiore, assenti a lungo, al posto di Sambia e Crnigoj, Palladino risponde con Petagna per Caldirola e 4-2-3-1. Ma la squadra non fa in tempo a risistemarsi, a destra c’è una prateria per Bradaric che chiama al tiro Kastanos: sinistro sotto la traversa e raddoppio. Al secondo tiro nello specchio. È il 20’. Il Monza barcolla e incassa il ko al 26’: Carlos Augusto perde palla sul pressing di Piatek che vola verso la porta, scarica il destro, Cragno respinge ma Candreva infila il tap-in, perché il Monza non riesce ad assorbire correndo all’indietro. C’è tempo ancora per le maledizioni dell’Arechi per Piatek che al 39’ salta Cragno ma appoggia sopra la traversa a porta vuota e per l’espulsione di Donati: due gialli in neanche 10 minuti.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Nzola fa doppietta e lo Spezia agguanta l'Udinese: è un 2-2 spettacolo!

I liguri si portano in vantaggio al 6' con il loro attaccante,
ma vengono raggiunti e superati dai friulani grazie ai gol di Beto e Pereyra.
Ma è ancora il numero 18 della squadra di Semplici a trovare il pari al 72'


Matteo Pierelli


Un pareggio piacevole, spettacolare, ma che stringi stringi serve a poco. L’Udinese continua il suo periodo no (una sola vittoria nelle ultime 16) e non riesce a dare una svolta più ambiziosa alla sua stagione. Lo Spezia, alla prima con Semplici in panchina, fa un solo passettino in avanti verso la salvezza e deve ringraziare soprattutto uno Nzola super (doppietta) se riesce a evitare la sconfitta, ma domani può essere raggiunto dal Verona al terz’ultimo posto. Non una bella prospettiva, anche se poteva andare peggio. Partita sempre vivace: liguri in vantaggio con Nzola dopo sei minuti, friulani che rimediano con Beto al 23’. Poi tante occasioni, padroni di casa avanti con Pereyra al 55’ ed ennesima riposta in contropiede di Nzola al 72’. Nel gelo della Dacia Arena finisce 2-2: l’Udinese non vince in casa da settembre (3-1 contro l’Inter), mentre gli ultimi tre punti arpionati dallo Spezia risalgono a metà gennaio (1-0 all’Olimpico Grande Torino).

BOTTA E RISPOSTA — Sottil sceglie di giocarsela con la coppia d’attacco composta da Success e Beto, mentre Thauvin parte dalla panchina. Per il suo ritorno in panchina, invece, Semplici conferma il 4-2-3-1 che i suoi avevano già sperimentato contro la Juve con Agudelo sulla trequarti alle spalle di Nzola. E’ proprio l’attaccante angolano a sbloccare la partita dopo soli sei minuti: palla persa da Success a centrocampo, Ekdal è reattivo nel lanciare Nzola che si presenta tutto solo davanti a Silvestri e non gli lascia scampo. E pensare che è l’Udinese a partite meglio, ma Pereyra sbaglia da ottima posizione dopo la respinta di Dragowski. Il gol segnato dà fiducia allo Spezia che per poco non raddoppia con Bourabia, che a tu per tu con Silvestri alza malamente un pallonetto. La partita è piacevole, piena di capovolgimenti di fronte e al 23’ arriva il pareggio di Betto (lanciato ottimamente da Success) che salta Dragowski in uscita e deposita la palla in rete. Il guardalinee alza la bandierina per segnalare il fuorigioco, ma il Var convalida la rete: è Ampadu a tenere in gioco l’attaccante bianconero. L’Udinese si scuote e sfiora il vantaggio poco dopo la mezzora: Dragowski si salva sul tacco di Ehizibue, poi Pereyra spreca di testa dopo un altro tacco, stavolta di Beto.

ALTRE EMOZIONI — Nella ripresa continuano i capovolgimenti di fronte, le squadre si affrontano a viso aperto. E l’Udinese riesce a trovare il gol del vantaggio con Roberto Pereyra (terzo gol in questo campionato) che di punta trafigge Dragowski, dopo assist di Lovric. Partita finita? Macché. Semplici butta dentro Shomurodov ma è ancora Nzola, perfettamente servito da Agudelo, a punire la flebile difesa friulana con un diagonale perfetto. Poi l’Udinese si butta in avanti e Dragowski dice due volte di no a Samardzic e Beto e salva i suoi da una sconfitta molto dolorosa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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È tornato il vero Milan:
2-0 all'Atalanta e Inter
agganciata al secondo posto

Autogol di Musso e rete di Messias: terza vittoria
di fila in campionato per i rossoneri.
Dea mai pericolosa, Pioli agguanta Inzaghi


Marco Pasotto


Tre quarti di scudetto preso lo scorso campionato alla penultima. Resurrezione definitivamente completata stavolta. Diciamo che, tre anni e due mesi dopo, il Milan ha ufficialmente cancellato la macchia con cui l’Atalanta aveva sporcato la storia recente del club rossonero.

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Un Milan resuscitato sotto tutti gli aspetti, talmente sicuro di sé, coraggioso, feroce e meravigliosamente sfacciato da aver cancellato dalla scena una diretta concorrente per la Champions. Una Dea soffocata, come se i rossoneri le avessero legato un sacchetto di nylon al collo. Il Diavolo è tornato padrone di se stesso, e quindi anche degli avversari, e trova la quarta vittoria di fila, Europa compresa. In questa stagione non c’era mai riuscito e soprattutto lo fa senza aver preso nemmeno un gol. Numeri da sogno, dopo un gennaio devastante. Numeri che restituiscono a Pioli – che celebra così la sua panchina numero 800 in carriera - il secondo posto, a braccetto con l’Inter, e spediscono un’Atalanta irriconoscibile a meno sei, con gli scontri diretti a sfavore. I gol: un’autorete di Musso su una prodezza di Hernandez nel primo tempo e uno scavetto sontuoso di Messias al tramonto del match. Il Milan stasera inaugurava la quarta maglia a tema pixel: ebbene, definizione perfetta

LE SCELTE — Centosessantuno giorni dopo, dunque, riecco “Magic” Mike Maignan. E’ una delle due novità rispetto all’undici di Monza, l’altra è il ritorno di Giroud con Origi riaccompagnato mestamente in panchina. Per il resto, tutto uguale: 3-4-2-1 con Diaz e Leao a supporto del francese, Messias a destra, Krunic accanto a Tonali e Thiaw nuovamente al centro della difesa tra Kalulu e Tomori. Gasperini - privo di Hateboer, Demiral, Pasalic e Zapata -, che in difesa ha ritrovato Scalvini (con Toloi e Djimsiti), in vigilia aveva invece il dubbio sull’impostazione dall’ombelico in su: tridente più aggressivo (Lookman-Hojlund-Boga) o schieramento più bilanciato con Ederson in mediana accanto a De Roon e Koopmeiners dietro Lookman e Hojlund? Buona la seconda, ma buona non è esattamente la parola più appropriata. Non sappiamo se l’altra opzione avrebbe pagato di più, ma questa senz’altro non ha prodotto utili. In realtà è stata tutta l’Atalanta a vestirsi così male da essere irriconoscibile per tutto il primo tempo. Annichilita, schiacciata, soffocata da un Milan tornato imperiosamente quello dei tempi lussuosi. In questi casi è difficile stabilire dove inizio le colpe di uno e i meriti altrui, ma ci sentiamo di sbilanciarci sulla seconda ipotesi: se la Dea ha perso ogni potere è stato soprattutto a causa dell’atteggiamento rossonero.

ATTEGGIAMENTO — La mente del Diavolo, dopo diversi indizi confortanti, si è liberata del tutto e ha sciolto definitivamente le gambe. Abbiamo rivisto interpretazioni di cui non avevamo quasi più memoria, come Hernandez regista e trequartista aggiunto, ma soprattutto c’è stato un atteggiamento collettivo da squadra nuovamente convinta nei propri mezzi, coraggiosa non solo nel giro palla, ma nel tentare la giocata. Il gol è assolutamente la prova regina del ritorno in scena del Milan: un tiro al volo da quasi venticinque metri non lo provi se non hai la testa sgombra. Il dio del pallone ha provveduto – nuovamente - al resto, trasformando la schiena di Musso in una sponda decisiva dopo che la palla si era stampata sul palo. A Monza, su una dinamica simile, aveva invece salvato la porta rossonera con un doppio legno. Le stelle sanno anche essere buone, se le sai corteggiare con garbo e coraggio. Sì perché è un Milan in cui - a parte qualche scelleratezza sotto porta di Leao, che spesso viene preso dalla voglia di strafare e che tra l’altro a Firenze sarà squalificato - ha funzionato tutto: raddoppi, pressione e recupero palla alto, fonti di gioco avversarie prosciugate alla nascita. E poi, i singoli. Un’altra prestazione maiuscola di Thiaw, che ha chiuso Hojlund in una cella di un metro per uno, attenti Tonali e Krunic su Koopmeiners, Ederson e De Roon, gigantesco Giroud in assistenza ai compagni e sulle sponde, come in occasione del gol. Risultato: Maignan ha potuto godersi un rientro sereno, ma la serenità – evidente – è stata soprattutto nell’atteggiamento dei compagni, che hanno dialogato con lui senza affanno


CONDIZIONI MIGLIORI — In termini di occasioni vere e proprie Atalanta non pervenuta nei primi 45, incapace di trovare sbocchi, e Milan vicino al gol in altre due occasioni (Giroud 7’, Leao 37’). Anche perché chi arriva prima sulla palla – e pure sulle seconde palle – di solito mette se stesso nelle condizioni migliori. In realtà nella ripresa i bergamaschi hanno provato ad alzare un po’ il baricentro, e per alcuni tratti ci sono riusciti, ma è poi mancata la lucidità dell’ultimo passaggio, anche perché il Milan ha messo un’attenzione feroce nella fase difensiva. E’ pazzesco ripensare soltanto a un mese fa quando gli avversari entravano ovunque e in qualsiasi modo. Gasperini ha provato a inserire Boga (Ederson) e Muriel (Lookman), Leao e soprattutto Messias hanno mancato il raddoppio da due passi, ma la scena se l’è presa tutta l’ingresso di Ibrahimovic al minuto numero 74: ovazione e ritorno in campo nove mesi dopo. Il match si è chiuso definitivamente a quattro giri di lancetta dal novantesimo, quando Leao ha pescato Messias, che ha superato Musso con uno scavetto, facendosi perdonare l’errore precedente. E’ stata festa davvero per tutti in casa rossonera.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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