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Campionato di calcio Serie A stagione 2022/2023 di Award & Oscar FFZ

Ultimo Aggiornamento: 12/06/2023 14:35
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Il Torino non muore mai:
Lukic al 90' riprende l'Empoli



Per i granata tante occasioni, un palo e due reti annullate nei primi 45 minuti.
Nella ripresa Zanetti manda in campo Destro che in rovesciata ritrova
il gol dopo otto mesi, ma il serbo trova il pari nel finale


Mario Pagliara

Il paradosso è che una partita nettamente dominata il Toro ha rischiato pure di perderla, in casa contro l’Empoli, senza aver subito un tiro in porta. Al 90' un gol fortunoso di Lukic pareggia la bicicletta di Destro di inizio ripresa. Finisce uno a uno, ma i granata devono mangiarsi le mani: giocano una partita di tecnica e velocità, anche divertentissima, raccogliendo il 67% di possesso, con dodici tiri in porta, nove palle gol pulite ma non riescono a portare a casa la vittoria. Alla fine, però il pubblico di casa dimostra di aver capito il livello della prestazione del Toro. E l’amarezza per la mancata vittoria cede il passo agli applausi dello stadio.

7 PALLE GOL IN 27' — A ripensarci, il primo tempo di Torino-Empoli ha quasi dell’incredibile. E’ forse l’ennesima dimostrazione a di quanto il calcio non sia per nulla una scienza esatta. Il Toro domina, gioca un calcio divertentissimo, schiaccia l’Empoli nella propria trequarti, produce sette palle gol pulite nei primi ventisette minuti. Ma all’intervallo il risultato è ancora sullo zero a zero. Sotto la pioggia, scorre via una prima parte del match in cui accade un po’ di tutto: c’è il palo di Vlasic, i miracoli di Vicario, l’imprecisione degli attaccanti granata, i due gol annullati al Toro per due fuorigioco e l’incredibile errore dell’arbitro Fourneau. È giusto partire da qui nella cronaca: dopo undici minuti, Sanabria sbaglia il tempo e finisce per dare un pestone a Cambiaghi. Episodio chiaro già in presa diretta, non per l’arbitro che addirittura sventola il rosso sotto gli occhi di Sanabria. Mazzoleni al Var lo richiama al video e il rosso diventa giallo. Sanzione giusta, errore grave del primo arbitro.

DAL PALO AI GOL ANNULLATI — La cronaca del primo tempo è una sequenza di occasioni che il Toro non riesce a concretizzare. Toro alla carica già dopo 44 secondi: Aina dalla distanza, Vicario si rifugia in angolo. Al sesto bella conclusione a giro di Lazaro, di poco alta. Due minuti dopo Lazaro lancia Vlasic, il diagonale scivola fuori di qualche centimetro. 21’: un ottimo riflesso di Vicario impedisce a Vlasic di sbloccarla. Tre minuti dopo cross perfetto di Aina, colpo di testa di Vlasic sul palo a portiere battuto. Vicario si supera anche sulla ribattuta di Lukic. Al 27’ gol annullato prima a Miranchuk (fuorigioco in avvio di azione di Sanabria), poi al 43’ a Sanabria partito più avanti. Si fa fatica a crederci, all’intervallo si è sullo 0-0.

LA BICICLETTA DI DESTRO — In avvio di ripresa, Zanetti lancia nella mischia Pjaca e Destro per Cambiaghi e Lammers. Dura legge quella del calcio, perché dopo quattro minuti il Toro deve ingoiare la beffa firmata dal neo entrato Destro. Djidji commette un fallo inutile a centrocampo da cui nasce l’azione che porta alla spettacolare rovesciata di Destro (marcatura persa da Djidji), che sorprende Milinkovic: è 0-1. Sessanta secondi dopo Aina di testa fallisce il pari (di un nulla fuori). All’8’ Destro fa pure doppietta di testa, ma è in fuorigioco. Paro dalla panchina inserisce prima Ricci e Pellegri al posto di Linetty e Sanabria, poi Vojvoda e Radonjic (per Aina e Miranchuk). Il Toro gioca tutto proteso all’attacco e trova il pari all’89’ con un gollonzo: Luperto prova il rinvio ma trova il petto di Lukic e la palla carambola in rete. Finisce uno a uno.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Luna Park Monza: Palladino fa tre su tre (e la porta rimane ancora involata)

I brianzoli abbattono anche lo Spezia, terzo successo consecutivo:
decisive le reti di Carlos Augusto e Pablo Marì


Matteo Brega


Raffaele Palladino fa tre su tre e vince anche contro lo Spezia restando con la porta inviolata. L’allenatore dei brianzoli diventa il primo tecnico a riuscirci su una panchina di una neopromossa. Decidono i gol di Carlos Augusto e Marì, uno per tempo. E il Monza sale a quota 10, tutti fatti nelle ultime 4 partite (uno con Giovanni Stroppa).

LE SCELTE — Nel Monza che cerca la terza vittoria di fila, tutte con Raffaele Palladino in panchina, c’è Gytkjaer al centro dell’attacco nel 3-4-2-1 privo dell’ acciaccato Marlon in difesa e seduto in panchina (gioca Caldirola). In casa spezia Luca Gotti si presenta con il 3-5-2 con Gyasi e Nzola davanti. Dopo 5’ Perenzoni fischia un rigore allo Spezia per un fallo di mano di Rovella. Ma, richiamato da Irrati al Var, lo toglie perché il centrocampista del Monza è troppo vicino a Caldirola quando rinvia per avere il tempo di togliersi. Il Monza si accampa nella metà dello Spezia e gestisce però il primo tiro arriva solo al 26’ con Ciurria, un sinistro respinto da Dragowski. Il vantaggio arriva all’improvviso. Sensi ruba palla ad Agudelo, scambia con Caprari, serve Pessina che mette Carlos Augusto in area. Il sinistro del brasiliano può solo essere smorzato da Dragowski che avrebbe potuto fare di più. Monza avanti a fine primo tempo.

IL RADDOPPIO BRIANZOLO — Nella ripresa sono i cambi a movimentare l’avvio di tempo. Gotti cambia le mezzali: dentro Ekdal e Maldini per Agudelo e Kovalenko. Non funziona perché dopo 3’ il Monza raddoppia. Angolo di Barberis e Marì sbuca sul secondo palo per un tap-in volante che fulmina Ampadu ed Ekdal. La reazione dello Spezia arriva dopo circa dieci minuti con un’azione personale di Maldini che calcia forte e trova un ottimo Di Gregorio. Il passaggio al 4-2-3-1 dei liguri non mette in disordine il Monza che continua a giocare leggero e in controllo. La partita scorre verso il finale con un unico sussulto per un rigore chiesto ancora dalla Spezia per un presunto fallo di mano di Caldirola che non c’è. Finisce 2-0 per il Monza che rafforza sempre più la convinzione di poterci stare in Serie A. Per lo Spezia periodo negativo, tre ko nelle ultime 4.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Dia regala tre punti alla Salernitana:
entra e segna in pieno recupero

La squadra di Nicola, in vantaggio con Piatek,
si fa raggiungere da Depaoli nella ripresa.
Ma all'ultimo assalto arrivano i tre punti


Matteo Pierelli


E alla fine di una partita infinita ci pensa Boulaye Dia a dare alla Salernitana la vittoria che salva la panchina di Davide Nicola e manda all’inferno il Verona di Gabriele Cioffi che, va detto, non meritava di perdere. Il senegalese con un sinistro a giro prodigioso proprio allo scadere ha regalato tre punti d’oro ai campani in un finale incandescente. Subito dopo il gol decisivo, un tifoso di casa è entrato in campo nell’indifferenza generale degli steward per andare sotto la curva del Verona, a provocare i tifosi ospiti.

Un gesto che non ha fatto altro che alzare la temperatura: rissa fra le due panchine con Ceccherini e Radovanovic espulsi. Prima, la Salernitana era passata in vantaggio con Piatek al 18’ del primo tempo, mentre il Verona aveva pareggiato con Depaoli a metà ripresa. Ripresa dominata dal Verona, a cui è anche stato dato e poi tolto un rigore (dopo consulto al monitor) da Ghersini per un presunto mani di Radovanovic in area al 23’ della ripresa. Cioffi recrimina anche per un palo di Verdi al 78’: forse è stato il momento simbolo del momento no dei gialloblù.

CAMBI E INFORTUNI — Nella Salernitana quattro cambi nella formazione iniziale rispetto alla disastrosa prova col Sassuolo di cui uno obbligato: Lovato si è fato male nel riscaldamento e al suo posto ha giocato Pirola come difensore di sinistra. Dopo pochi minuti, Nicola ha dovuto anche rinunciare a Maggiore (problema muscolare): dentro Vilhena. Il Verona invece ha dovuto rinunciare a Lazovic e Lasagna e Cioffi ha giocato con il doppio trequartista (il grande ex Verdi e Hrustic). L’Hellas è partito meglio, facendo tanto possesso palla, mentre la Salernitana è sembrata impaurita. Ma la manovra dei veneti è stata fine a se stessa, sterile: l’unica occasione creata nei primi minuti è stata quella su una incursione di Depaoli, fermato da Sepe in uscita. Invece la Salernitana al primo affondo è passata in vantaggio con la combinazione Piatek-Bonazzoli-Piatek: il polacco, bravissimo nel controllo della palla, ha infilato l’incolpevole Montipò. La Salernitana ha preso coraggio e ha spostato il baricentro più avanti, ma è stato il Verona ad avere una grande occasione al 35’ con Gunter, il cui colpo di testa è finito sulla traversa. Poi la chance per Piatek al 45’ che ha sparato alto da posizione favorevole.

HELLAS SFORTUNATO — Nella ripresa il Verona ha messo l’ex Djuric al posto dell’evanescente Henry, la Salernitana si è abbassata troppo e al 56’ ha preso il gol del pareggio firmato di testa da De Paoli, dopo cross dalla sinistra di Doig e sporcato da Candreva: Sepe, rimasto tra i pali, non incolpevole. Dopo le squadre si sono sfilacciate, con tanti capovolgimenti di fronte. Al 22’ il giallo del rigore prima dato e poi tolto da Ghersini per il mani di Radovanovic in area intercettando un passaggio di Depaoli. Dopo aver rivisto l’azione al monitor, l’arbitro ha rivisto la sua decisione. Poco dopo il Verona ha preso un palo con un gran sinistro di Verdi. Il tutto prima della perla di Dia, la quarta di questa stagione che però pesa come un macigno.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Rimontona Udinese, Deulofeu e Perez riagguantano l'Atalanta: 2-2

Dea sul 2-0 con Lookman e Muriel su rigore. La rimonta in 11':
prima l'ex rossonero su punizione al 67',
poi l'argentino di testa per il pari al 78'


Francesco Velluzzi


Gian Piero Gasperini, tecnico dell’Atalanta, già immaginava di aver vinto la quinta partita in trasferta. Era sopra alla Dacia Arena. Un comodo due a zero con gol di Lookman nel primo tempo e raddoppio di Muriel su rigore ineccepibile dopo 11’ della ripresa. Che fa? Toglie le due punte. Ma, forse, dimentica che l’Udinese di rimonte ne ha fatte quattro (Monza, Sassuolo,Inter e Verona) e tutte hanno portato ai tre punti. E Andrea Sottil, tecnico dei friulani, i cambi di solito li azzecca. Arslan, Samardzic e Success portano l’energia che serve a una squadra che fino a quel momento non era quella che si era vista nelle sei vittorie consecutive. E così arriva il 2-2 firmato da Deulofeu e Nehuen Perez (quinto gol dei difensori), con Arslan che nel recupero fallisce addirittura il 3-2. Il terzo pari, primo fuori casa (anche primi due gol subiti lontano dal Gewiss Stadium), frena il volo della Dea, ma premia il coraggio dell’Udinese che sale a quota venti (due pareggi in casa) e resta nel gruppo che comanda.

LA PARTITA — C’è il sold out alla Dacia Arena. Stadio pieno con più di duemila tifosi dell’Atalanta al seguito. C’è una parte allegra prima del via con Pereyra premiato per le 150 gare in A con la maglia bianconera. C’è una parte triste quando sul maxischermo appare l’immagine di Lorenzo Toffolini, il Toful, il dirigente con trenta anni di milizia in società scomparso martedì dopo in malore. Gasp sceglie ancora la difesa a tre, con quel che ha: Okoli, Demiral e Scalvini con Pasalic dietro le punte Muriel, un incubo per la sua ex squadra, e Lookman. Sottil, come previsto, inserisce Ebosse (che va sinistra con Perez a destra) per sostituire l’infortunato Becao (che con la Lazio dovrebbe esserci) e poi soliti uomini con Beto titolare davanti e Deulofeu che deve innescarlo. Doveri usa il bastone con Bijol e dopo 8’ lo ammonisce. L’Udinese pressa e riparte ma quella della Dea è una muraglia attenta e concentrata e ai bianconeri manca sempre l’ultimo passaggio ben fatto per andare a concludere. Infatti lo fanno sostanzialmente una volta sola con Lovric: alto. Anche Demiral becca il giallo per fallo su Deulofeu. Ma al 36’ l’Atalanta passa per due pezzi di bravura: Koopmeiners lancia alla perfezione Muriel che ha davanti Bijol che non può tanto aggredire, il cross tagliato alla perfezione trova Lookman che anticipa Udogie e mette dentro il suo terzo gol in campionato. C’è qualche fischio e il nigeriano si becca l’ammonizione perché Doveri non capisce che festeggia col gesto degli occhiali. Nei 2’ di recupero è Koopmeiners su punizione dalla trequarti a mettere i brividi a Silvestri che non respinge alla perfezione.

RIPRESA — Tutto resta come prima con l’Udinese che continua a sbagliare appoggi e passaggi e Hateboer che calcia fuori. Udogie prova qualche percussione a sinistra ma al 10’ stende Muriel ingenuamente che si era avventato sull’ennesimo pallone mandato da sinistra dal solito Koopmeiners. Non c’è dubbio, è rigore. E Muriel trasforma dal dischetto segnando il dodicesimo gol all’Udinese (11 con l’Atalanta,1 con la Samp). Sottil comincia coi cambi: via le mezzali in sofferenza, Makengo e Lovric, dentro la qualità di Samardzic per inventarsi qualcosa e la grinta di Arslan. Poco dopo finisce anche la partita di Beto, mai realmente pericoloso, al suo posto Success. Anche Gasp, con la pancia piena, cambia gli attaccanti. Tutti e due. Entrano Malinovskyi e Hoijlund. Ma non ha fatto i conti con Deulofeu e con la specialità dell’Udinese: le rimonte. Così su punizione il catalano calcia magistralmente e fa 1-2 battendo Sportiello e segnando il primo gol in campionato. E’ anche il primo gol che i bergamaschi prendono fuori casa. Subito dopo sono le gambe dei difensori in completo verde che mandano in corner un siluro di Udogie dentro l’area. L’Udinese ci crede, l’Atalanta si abbassa e un po’ si spegne e al 33’ ecco il pari: angolo di Samardzic per Deulofeu che innesca Pereyra sul fondo, cross e stavolta il difensore che svetta di testa è Nehuen Perez: 2-2. Non è finita qui: i minuti di recupero sono tre e Arslan calcia fuori la palla del 3-2. Forse sarebbe stato troppo, ma l’Udinese in rimonta fa paura. E i cambi azzeccati sono sicuramente i suoi.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Napoli, 4-1 alla Cremonese grazie alla panchina.
E Spalletti prova la fuga

Apre Politano su rigore, Dessers trova il pari.
Ma Simeone, Lozano e Olivera, che non erano tra gli undici partenti,
portano la squadra di Spalletti in testa alla classifica, da sola


Maurizio Nicita


Avviso ai naviganti: la capolista, rimasta solitaria, sa vincere anche soffrendo e quando le cose sembrano non mettersi bene. Questo Napoli ha risorse infinite, con Spalletti che la vince ancora dalla panchina con Simeone, Lozano e Olivera che entrano e sbaragliano una gara a lungo equilibrata per merito dell’ottima Cremonese. Che regge per circa 80’, poi rimane vittima della belva azzurra, che quando sente l’odore del sangue non molla la preda e continua ad azzannare, si chiami Ajax o Cremonese. Conclusa una settimana con 10 gol in due gare, l’ottava vittoria consecutiva, il primo posto in esclusiva e un senso di invincibilità per la Banda Spalletti che allarga il club dei goleador: con Lozano e Olivera siamo a 14 giocatori in gol. Incommensurabile in questa fase la forza di questo gruppo.

L’ATTEGGIAMENTO — Al di là dei sistemi, conta il modo in cui ti muovi in campo. E il 4-2-3-1 di Alvini è aggressivo e cerca sempre di alzare la squadra, con marcature quasi a uomo che oltre a rompere le trame del Napoli punta a ripartire. Solo che se gli esterni alti, per quanto veloci, sono due terzini aggiunti la qualità nella trequarti non è il massimo per impensierire una difesa solida come quella degli azzurri. Felix pensa più a marcare le caviglie di Lobotka che a costruire. Ma la partita è piacevole comunque, perché il Napoli trova sempre delle soluzioni per attaccare la porta avversaria. E allora se lo slovacco non riesce a trovare spazio in costruzione ci pensano i centrali difensivi che alternativamente “salgono” portando palla. Addirittura Rrahmani dopo soli due minuti riesce addirittura ad entrare in area e scaglia un destro che colpisce l’incrocio dei pali. Su piazzato ancora il Napoli vicino al vantaggio con Di Lorenzo che fa da torre ad Anguissa che però non trova il tap in da pochi passi. La Cremonese non sta a guardare e risponde con un altro legno: è Zanimacchia a colpire il palo nell’azione più corale dei padroni di casa. Proprio l’esterno destro si mostra molto irruente nel pressing e dopo aver colpito duro Mario Rui viene ammonito per un altro fallo su Lobotka. Abisso, l’arbitro, mostra di non essere molto reattivo perché su un calcio piazzato il Napoli prova uno schema per portare al tiro Raspadori che si ritrova incredibilmente il signore in giallo a contrastarlo goffamente sul tiro. Il fischietto palermitano non ha dubbi ad assegnare il rigore al Napoli quando Kvara entra in area da destra, sposta rapido il pallone e Valeri prende la gamba del georgiano. Dal dischetto Politano è impeccabile e il vantaggio napoletano è suffragato da un paio di occasioni in cui Kvara e Anguissa non inquadrano la porta.

SERVITO IL DESSERS — Nella ripresa Alvini lascia fuori Zanimacchia, che rischiava il rosso, e inserisce un più incisivo Okereke. Arriva subito una doppi occasione per gli ospiti, con Raspadori che di sinistro impegna Radu, abile a rialzarsi e chiudere anche su Anguissa. Ma di colpo ecco il pari cremonese: il tiro di Ascacibar deviato da Rrahmani diventa un assist perfetto per Dessers che davanti a Meret non sbaglia. Cresce l’autostima dei ragazzi dell’ottimo Alvini, che con Okereke acquistano velocità e verticalità. Ma il pallino lo tiene il Napoli che spreca ancora con Raspadori, non nella sua miglior serata. Spalletti inserisce Simeone e passa al 4-2-3-1. Ma è sempre più difficile trovar spazi nell’ organizzata difesa di casa. Non per questo Napoli che trova sempre risorse nuove. Ed eccolo Simeone svettare più in alto di tutti per andare a colpire di testa e tradurre in gol l’ottimo cross di Mario Rui. La Cremonese prova a reagire, ma non avvicina il pari mentre il Napoli dimostra la sua grande forza di gruppo con Lozano e Olivera che vanno anche loro in gol, rendendo di proporzioni enormi la sconfitta di una Cremonese che ha giocato un’ottima partita.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Smalling e Dybala fanno gioire Mou,
ma che fatica contro il Lecce in dieci

Giallorossi avanti con l'inglese dopo 6' e pugliesi con l'uomo in meno (rosso a Hjulmand),
ma Strefezza spaventa Mou prima del penalty decisivo della Joya


Andrea Pugliese


Ci è voluto un rigore del solito Dybala e qualche brivido di troppo nel finale, ma alla fine per la Roma arriva una vittoria pesante, che le permette di restare nella scia della zona Champions. Peccato per l’infortunio muscolare di Dybala, che si è fatto male proprio tirando il rigore decisivo. I giallorossi a conti fatti hanno meritato la vittoria (20-6 il totale dei tiri a favore di Mou), ma il Lecce ha tenuto bene il campo, anche in considerazione del fatto che per oltre 70 minuti ha giocato con un uomo in meno (rosso a Hjulmand). Bene così per la Roma, un po’ di amaro in bocca per i pugliesi.

BOTTA E RISPOSTA — Mourinho recupera Pellegrini e lancia per la prima volta in campionato dal via Vina e Belotti, Baroni invece si gode l’esordio assoluto in Serie A di Umtiti. La pressione della Roma però è subito fortissima e dopo appena 6’ di gioco i giallorossi sono già avanti con la specialità della casa, il colpo di testa: cross laterale di Pellegrini e terzo gol stagionale di Smalling, il quinto su 11 di testa dei giallorossi. Allora sembra tutto facile per Mourinho, anche perché la Roma continua a stringere d’assedio l’area leccese: Belotti arriva tardi su un pallone delizioso di Zaniolo, Pellegrini si rende prima pericoloso in corsa e poi spreca da buona posizione. A 22’ il Lecce resta anche in dieci per il rosso (con l’aiuto del Var) di Hjulmand per fallo su Belotti a centrocampo (piede a martello sul ginocchio del Gallo). Insomma, tutto fa pensare ad una partita oramai in discesa per i padroni di casa ed invece Banda inizia ad accelerare forte in fascia ed a creare scompiglio, con i pugliesi che nel frattempo dal 4-3-3 sono passati al 4-4-1. E al 39’ arriva la doccia gelata per la Roma, con Strefezza che in un mischione sugli sviluppi di un angolo trova l’angolo giusto alla destra di Rui Patricio. La reazione giallorossa è un bel tiro (parato) di Zalewski e un’occasionissima per Zaniolo, che però si appisola a tu per tu con Falcone e permette il recupero di Askildsen.

DECIDE PAULO — Allora le mosse per la ripresa di Mou sono Spinazzola (per Vina) e Abraham (per Zaniolo), mentre Baroni manda dentro Blin (per Gonzalez). E succede subito di tutto: Askildesn tocca duro Abraham dopo neanche un minuto in area di rigore, Dybala realizza il penalty ma sul calcio sente tirare il quadricipite sinistro ed è costretto ad alzare bandiera bianca, Entra Matic, Pellegrini va a fare il trequarti e Zalewski spreca il 3-1 calciando addosso a Falcone. Dall’altra parte invece Banda e Strefezza si sdoppiano tra esterni d’attacco e e di centrocampo, cercando di dare equilibrio alle due fasi dei pugliesi. Quando c’è da chiudere la partita la Roma però non ci riesce, anche perché la stanchezza della gara con il Betis inizia a farsi sentire: Belotti è pericoloso di testa, Abraham sbaglia un paio di palloni assai invitanti e Di Francesco mette paura a Rui Patricio. Poi arriva il 3-1 di Abraham, annullato però per fuorigioco iniziale di Pellegrini. Finisce così, con la Roma che resta aggrappata alla zona Champions.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Prova di forza della Lazio:
poker alla Fiorentina e terzo posto!

Jovic sciupa due occasioni in avvio, poi la squadra di Sarri
si scatena con Vecino, Zaccagni, Luis Alberto e Immobile


Stefano Cieri


La Lazio vola, la Fiorentina affonda. Altra giornata di gloria per la squadra di Sarri, che coglie il terzo 4-0 consecutivo in campionato (dopo quelli rifilati a Cremonese e Spezia) e ai porta al terzo posto in classifica, alla pari con Milan e Udinese. Prestazione perfetta per la formazione romana. Chirurgica quando c’è da sfruttare le occasioni, abile quando c’è da palleggiare, solida quando c’è da difendere (quarto clean sheet consecutivo in campionato). Tutto male per la Fiorentina, che comincia bene, ma poi si scioglie come neve al sole alla prima difficoltà. Per Italiano, che paga soprattutto le carenze del suo attacco, c’è davvero tanto da lavorare.

LAZIO CHIRURGICA — Tre i cambi per la Viola rispetto a Edimburgo, cinque per la Lazio rispetto a Graz Il primo squillo è dei biancocelesti. Felipe Anderson va in pressione su Biraghi che di testa serve Terracciano, ma il portiere è fuori dai pali ed è costretto ad un salvataggio in extremis sulla linea. Poi però si accende la Fiorentina che fa passare alla Lazio dieci minuti terribili. I viola costruiscono tre palle-gol grandi così, ma non riescono a capitalizzarle. Sulla prima, dopo una respinta di Provedel su Jovic, Ikone scivola al momento del tap-in e consente a Marusic di salvare. Poi è ancora Jovic a rendersi pericoloso: prima tira di poco alto da ottima posizione, quindi si fa respingere il tiro da Provedel. Sembra una partita a senso unico. E invece, alla prima vera occasione, la Lazio passa. Angolo di Zaccagni e l’ex Vecino anticipa tutti di testa a pochi passi dalla porta. La Viola accusa il colpo e la Lazio va in controllo della partita, tenendo i ritmi bassi per favorire il palleggio e le improvvise accelerazioni. Su una di queste, al 25’, la formazione di Sarri trova il raddoppio: cross morbido di Milinkovic e girata di testa di Zacagni che anticipa Quarta e beffa Terracciano. La Lazio potrebbe anche triplicare qualche minuto dopo: Vecino ha un’ottima opportunità, ma tira debolmente e Terracciano para. Nel finale di tempo è però la Fiorentina a rialzare la testa. I viola vanno vicini al gol in due occasioni: sulla prima Mandragora colpisce la parte alta della traversa (sul tiro c’è una deviazione provvidenziale di Patric), poi è Quarta di testa ad impegnare Provedel.


SENZA STORIA — In apertura di ripresa c’è subito un’altra grande opportunità per la Viola. Capita sui piedi del nuovo entrato Nico Gonzalez (che prende il posto di Ikone). Ma l’argentino, forse perché ancora a freddo, liscia la palla invitante che gli porge Kouame. La Viola ci crede e costringe la Lazio a rintanarsi nella sua area, ma la retroguardia di Sarri è sempre molto attenta. Italiano, dopo aver inserito Gonzalez al posto di Ikone, butta dentro nel corso della ripresa anche Barak, Milenkovic, Saponara e Maleh. ma i cambi, anziché dare la scossa, sembrano mandare in confusione la squadra di casa. Italiano tra l’altro toglie Kouame, uno dei più attivi tra i viola. Così la Lazio riprende il comando delle operazioni. Anche perché i cambi di Sarri sono più lucidi rispetto a quelli di Italiano (o forse perché la sua panchina è più ricca rispetto a quella dei viola). Per i biancocelesti entrano Luis Alberto, poi Hysaj, quindi Pedro e Cancellieri. Il 3-0 potrebbe arrivare già a metà ripresa, ma il tiro a colpo sicuro di Immobile si stampa sulla traversa. Qualche minuto dopo è Luis Alberto ad avere una buona opportunità, ma il suo tiro è debole e Terracciano non ha difficoltà a neutralizzare. Lo spagnolo si rifà però al 41’. L’assist di Immobile è troppo invitante per non essere sfruttato al meglio. E non è finita, perché in pieno recupero c’è tempo pure per il poker di Immobile su pregevole assist di tacco di Milinkovic (gol numero 188 in A per l’attaccante che adesso è nella top ten dei marcatori di tutti i tempi).

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2022/2023 9ª Giornata (9ª di Andata)

08/10/2022
Sassuolo - Inter 1-2
Milan - Juventus 2-0
Bologna - Sampdoria 1-1
09/10/2022
Torino - Empoli 1-1
Monza - Spezia 2-0
Salernitana - Verona 2-1
Udinese - Atalanta 2-2
Cremonese - Napoli 1-4
Roma - Lecce 2-1
10/10/2022
Fiorentina - Lazio 0-4

Classifica
1) Napoli punti 23;
2) Atalanta punti 21;
3) Lazio, Udinese e Milan punti 20;
6) Roma punti 19;
7) Inter punti 15;
8) Juventus punti 13;
9) Sassuolo punti 12;
10) Torino punti 11;
11) Salernitana e Monza punti 10;
13) Fiorentina punti 9;
14) Empoli e Spezia punti 8;
16) Lecce e Bologna punti 7;
18) Verona punti 5;
19) Cremonese e Sampdoria punti 3.

(gazzetta.it)
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Haas segna, Vicario para:
l'Empoli ferma la corsa del
Monza e lo scavalca in classifica

Lo scontro diretto va alla squadra di Zanetti:
decisivo il gol del centrocampista svizzero all’11’.
I brianzoli interrompono la striscia di tre vittorie consecutive.
Espulso Rovella nel finale



L’Empoli interrompe la striscia del Monza di Raffaele Palladino vincendo 1-0 con un gol di Haas nel primo tempo. Finale carico di tensione con l’espulsione diretta di Rovella.

L’AVVIO SUPER DEI TOSCANI — Destro-Satriano è la coppia offensiva dell’Empoli con Bajrami che si accomoda in panchina così come Marin recuperato ma non pronto per iniziare dal 1’. Il Monza perde Izzo per un fastidio all’adduttore poco prima della gara e recupera Marlon che con Marì e Caldirola compone la linea a tre dietro; davanti è Gytkjaer la punta centrale e non Mota. L’avvio è tutto empolese. Al 9’ Satriano resta in gioco per pochi centimetri e obbliga Di Gregorio a un’uscita decisiva. Due minuti dopo arriva il vantaggio dei toscani. Azione ancora nata dalla sinistra con Satriano che anticipa Caldirola, colpisce due volte e due volte viene rispedito indietro da Di Gregorio che poi non può nulla su Haas. Il gol dell’Empoli all’11’ chiude la parentesi degli zero gol subiti dal Monza di Palladino. La reazione dei brianzoli è fatta di grande controllo, possesso palla e dominio territoriale. Il che non significa avere occasioni per pareggiare. Anzi. Al 25’ l’Empoli potrebbe raddoppiare: punizione da destra di Henderson e sul secondo palo sbuca Destro che colpisce il palo. Il Monza chiude il primo tempo senza trovare mai lo specchio della porta mostrando fragilità difensiva e superficialità offensiva. All’Empoli il vantaggio di un gol sta stretto, avrebbe meritato un cuscinetto più voluminoso tra sé e il Monza.

LA RISPOSTA BRIANZOLA — La ripresa inizia con un’intensità notevole. Dopo 6’ viene annullato il raddoppio dell’Empoli perché la punizione di Henderson trova sulla sua strada Destro in fuorigioco. Pochi minuti dopo Carlos Augusto dà l’illusione del gol con un sinistro da fuori. La partita è aperta e una palla persa da Rovella concede ai toscani di ripartire forte: Baldanzi calcia dall’interno dell’area e Donati salva sulla linea. Dopo 15’ Palladino cambia i trequartisti: fuori Pessina e Caprari, dentro Colpani e D’Alessandro. Anche Zanetti interviene togliendo l’ammonito Stajanovic e il triturato (per l’ingente lavoro) Baldanzi lasciando intatto il 4-3-1-2 inserendo Ebuehi e Bajrami. Al 27’ il Monza vorrebbe un rigore per la spallata di Parisi su Birindelli ma per Rapuano il contatto non è così robusto da concederlo. I brianzoli si prendono la partita e la stringono a sé. Ma strizzandola escono solo gocce di cross senza trovare una testa o un piede amico. La partita si avvia così verso il novantesimo, con l’Empoli meno leggero nell’animo con un solo gol di vantaggio e nessuna azione offensiva da moltissimo tempo. A un soffio dalla fine Vicario mostra il suo lato migliore, quello che da tutta la stagione sceglie di portare in campo, con una grande parata su D’Alessandro. Gli ultimi minuti sono tesissimi con un rosso diretto a Rovella per qualche spinta e parola di troppo agli avversari mentre tentava di recuperare il pallone per battere una punizione rapidamente. Finisce 1-0 e i toscani sorpassano il Monza in classifica.

Gasport

Fonte: Gazzetta dello Sport
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La Juve si rialza nel derby: Vlahovic piega il Torino

I bianconeri tornano alla vittoria grazie all'attaccante serbo: sua la rete decisiva al 74'


Mario Pagliara


La Juventus si rialza nella notte del derby e Allegri può prendere una bella boccata d’ossigeno. Il Toro inciampa in una delle serate più sentite dai propri tifosi, ma può consolarsi ripensando di aver giocato un derby alla pari. A decidere è la zampata a un quarto d’ora dalla fine di Vlahovic, è il suo primo gol ai granata con la maglia bianconera. La Juventus vince per la prima volta in trasferta in questa stagione grazie a un secondo tempo nel quale ha alzato nettamente i ritmi, dopo una prima parte della sfida leggermente più orientata verso il Toro.

SUL FILO DEI NERVI — C’è una bella atmosfera all’Olimpico Grande Torino, riempie di adrenalina le vene e i pensieri. Il derby si porta dietro sempre un significato in più, ma stavolta ha un peso diverso per il momento attraversato in campionato da entrambe le squadre. Il Toro ha una voglia matta di confermarsi bello e stavolta anche efficace (in campo con Vlasic falso nove), la Juve ha un bisogno incredibile di uscire fuori dalla crisi profonda (Vlahovic-Kean le due punte). Nel primo tempo il peso specifico dell’incontro finisce per far crescere il tasso di agonismo, facendo correre spesso la partita sul filo dei nervi. La conseguenza è che gli errori tecnici sono dietro l’angolo, da entrambe le parti, ma tutto sommato si bilanciano portando all’intervallo un derby sul piano dell’equilibrio.

TRIPLO MILINKOVIC — Nella prima parte, il Toro ha il merito di essere, spesso, più compatto e di far venire i brividi sul fianco destro bianconero alla coppia Cuadrado-Danilo. Ti aspetti una Juve arrembante e ricca di carattere, invece per larghi tratti della prima frazione sembra quasi voler cedere il pallino ai granata e giocare di attesa. Il primo tiro, dopo 14’, è di Miranchuk (centrale). Il Toro spaventa la Juve con un bolide di Lukic (23’, alto). Le folate di Radonjic possono essere l’arma in più di Juric, e al 32’ il serbo aggiunge alla corsa anche lo scarico: ma il tiro è sui tabelloni. E la Juventus? Fino alla mezzora conferma le difficoltà del momento, viene fuori alla distanza. Là davanti, un sinistro innocuo di Vlahovic (32’) è il primo tentativo verso Milinkovic. Due minuti dopo, da un errore tecnico in appoggio di Rodriguez, nasce la prima e più ghiotta occasione: Milinkovic si ritrova a tu per tu con Vlahovic (servito da Cuadrado) ed è bravissimo a restare in piedi, chiudendo lo specchio con un ottimo posizionamento del corpo. Vanja mette i pugni anche sulle conclusioni insidiose di Locatelli e Rabiot. Zero a zero all’intervallo.

LO STRAPPO DI VLAHOVIC — Quando si riparte, la Juve alza subito i ritmi e prova a schiacciare la squadra di Juric nella propria tana. Serve un salvataggio alla disperata di Djidji per impedire a Rabiot di trovarsi faccia a faccia con Milinkovic (4’). Sessanta secondi dopo Milinkovic allarga la manona destra e va a prendere all’incrocio la palla calciata da Locatelli. Il Toro resta ancorato alla partita, anche se ormai ha abbassato la pressione, e la gara decolla sul piano delle emozioni. I granata reagiscono prima con Vlasic (13’), tiro piazzato intercettato da Szczesny, poi con Lazaro (14’), incursione efficace in angolo. Allegri si mangia la giacca quando vede Kean (17’) divorarsi un gol già fatto, sugli sviluppi di un contropiede, su assist di Kostic. La prima mossa di Juric arriva al 25’ della ripresa: dentro Pellegri al posto di Radonjic. Allegri risponde con Milik per Kean. La palla buona cade sui piedi di Miranchuk (27’): il russo spara alto, fallendo un rigore in movimento. Poco dopo, Milinkovic intercetta in angolo un colpo di testa di Vlahovic. Sugli sviluppi, torre di Danilo, Vlahovic spunta alle spalle di Aina e al 29’ del secondo tempo sblocca il derby. E lo decide.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Lookman ribalta il Sassuolo:
Atalanta in vetta da sola (almeno) per una notte

Emiliani in vantaggio al 41' con un fantastico sinistro al volo di Kyriakopoulos.
Nel recupero il pari di Pasalic. In avvio di ripresa il sorpasso.
Dea a +1 sul Napoli, in campo alle 18 col Bologna.
Nuovo stop per Berardi


Luca Taidelli


Neanche il primo svantaggio stagionale frena l’Atalanta di Gasperini che, aspettando Napoli-Bologna, torna in testa alla classifica battendo 2-1 un Sassuolo che pure non demerita. Gli emiliani sprintano con Kyriakopoulos, ma poi si fanno sorpassare da Pasalic e il solito Lookman (terzo gol consecutivo) e perdono ancora Berardi, rientrato dopo un mese e mezzo e capace di prendere una clamorosa traversa prima di lasciare il campo sconsolato.

PRIMO TEMPO — Gasperini preferisce Pasalic a Ederson come trequartista alle spalle di Lookman e Muriel. Senza Hateboer, squalificato, Soppy trasloca a destra, con Maehle sulla fascia opposta. Dionisi invece ritrova dalla panchina Berardi e Traore, ma deve rinunciare a Laurentiè, e - ai lati di Pinamonti, a lungo inseguito dalla Dea la scorsa estate - piazza il giovane D’Andrea (2004) e Kyriakopoulos. Esce meglio dai blocchi il Sassuolo, con lo stesso D’Andrea e Frattesi che a destra mettono in difficoltà Scalvini e Koopmeinrers. L’olandese si abbassa spesso per impostare con le sue rasoiate, ma in marcatura lascia troppo spazio a Frattesi. Buon per Gasp che l’adattato Kyriakopoulos all’8’ calci malissimo. Quasi che le due squadre vogliano rendere omaggio alla tribuna centrale, anche l’Atalanta pende dalla stessa parte di campo, con Maehle ispirato e Muriel che ama stare largo e crea pericoli ogni volta che apre il gas a sinistra. Peccato che con Lookman defilato dall’altra parte, nessuno vada ad occupare l’area. Quando lo fa Pasalic, Consigli in uscita lo mura. Nel momento in cui l’Atalanta sembra prendere in mano il match e si lamenta per alcuni non fischi di Marcenaro, nel finale di tempo passa il Sassuolo con un altro affondo sulla destra, con D’Andrea che pennella per il mancino della vita di Kyriakopoulos, che la infila al volo sotto alla traversa. Per la prima volta in svantaggio quest’anno, la Dea però non si scompone e nel recupero trova il pari con Pasalic smarcato da una gran giocata si Soppy dopo che Consigli non aveva tenuto un cross basso di Koopmeiners dall’immancabile sinistra.

SECONDO TEMPO — Il tempo di verificare che non ci sono state sostituzioni nell’intervallo e l’Atalanta sgomma con un gioiello di Lookman. Break di De Roon, Soppy vede l’inserimento dell’ex Leicester che manda al bar Erlic e trova il mancino nel sette. Standing ovation per la terza rete consecutiva e Dea in testa alla classifica. Dionisi ci prova con il fischiatissimo Berardi per D’Andrea, Lopez inizia col consueto taglia e cuci ma il Sassuolo alza solo il baricentro – rischiando sulle ripartenze – senza rendersi pericoloso sino al sinistro magico di Berardi che si stampa sulla traversa.. Entrano Ederson per Pasalic e la coppia Henrique-Traore per Thorstvedt-Kyriakopoulos. Nel momento di massimo sforzo si ferma di nuovo Berardi, per quella che sembra una ricaduta dell’infortunio accusato il 30 agosto contro il Milan (flessore della coscia). Gli ospiti sembrano accusare il colpo e si consegnano alla Dea capolista.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Inter in scioltezza con la Salernitana:
Lautaro e Barella ancora a segno

Un gol per tempo e nerazzurri sempre in controllo.
Tante le occasioni da gol per la squadra di Inzaghi, c
he prosegue il buon momento dopo la doppia sfida col Barcellona


Andrea Ramazzotti


Niente cali di concentrazione dopo l'impresa di Barcellona. Trascinata da Lautaro e Barella, eroi anche della notte del Camp Nou, l'Inter batte la Salernitana e, in attesa di Napoli-Bologna, accorcia (momentaneamente?) dalla vetta della classifica. Adesso i successi consecutivi in Serie A sono due e la crisi culminata con il ko post sosta a San Siro contro la Roma sembra solo un ricordo. Anche perché il gioco è di nuovo fluido grazie all'ottimo momento di Calhanoglu, vice Brozovic di lusso. L'affermazione contro i campani, poco convinti e per niente convincenti, non è mai in dubbio: niente goleada come la scorsa stagione (doppio 5-0), ma risultato comunque "pesante" in ottica futura. Perché trasmette convinzione alla squadra ancora priva di Lukaku (domani gli esami) e perché permette di preparare nel migliore dei modi la trasferta di sabato a Firenze.

SI SBLOCCA IL TORO — Di fronte allo sguardo del neo presidente del Senato, Ignazio La Russa, Inzaghi inizia con la stessa formazione che ha pareggiato al Camp Nou, eccezion fatta per Acerbi al posto di Bastoni. Solo panchina per Asllani perché non si può rinunciare alla regia di Calhanoglu o agli inserimenti di Mkhitaryan. Nicola, senza Radovanovic, Fazio e Maggiore, ha anche Bohinen non al top (e in panchina), ma non cambia modulo rispetto alla vittoria di domenica contro il Verona: avanti con il 3-5-2 nel quale Vilhena ha il compito di non far ragionare il turco. Senza alzare i giri del motore, i nerazzurri comandano la partita fin dall'inizio: niente pressione feroce, ma presidio attento di tutti gli spazi per non concedere occasioni ai campani. Importante la spinta a destra di Dumfries e proprio su quella corsia nasce il 1-0 di Martinez, al culmine di un'azione con 12 passaggi che ha origine dall'area di Onana. Il Toro, che si era sbloccato a Barcellona e che in campionato non segnava dal 30 agosto, esulta con trasporto e si conferma fuori dal tunnel. La Salernitana, che aveva Candreva e Mazzocchi sulla linea dei difensori, è costretta ad alzare il baricentro e il pressing per non far palleggiare con facilità i padroni di casa. La "ricompensa" è un pallone recuperato in zona pericolosa che porta a un tiro di poco al lato di Kastanos, ma nel complesso l'atteggiamento tattico degli ospiti non è arrembante per non esporsi troppo alle ripartenze interiste. Così sono Skriniar e compagni a condurre le danze e per larghi tratti si rivedere la costruzione armoniosa e fluida da dietro che aveva contraddistinto la prima stagione di Inzaghi alla Pinetina. Dzeko due volte va vicino al raddoppio, poi tocca a Skriniar, di testa su cross di Dimarco, impegnare Sepe che evita anche la doppietta di Lautaro con un gran riflesso. Onana si vede soprattutto per la sua bravura con il pallone tra i piedi, ma quando Piatek lo chiama in causa, il camerunese è reattivo.

BARELLA È TORNATO — A scaldare la ripresa ci pensa ancora il Toro, con un colpo di testa poco alto sulla traversa. L'Inter però non è straripante e così la Salernitana impegna Onana con un'inzuccata di Dia su lancio di Candreva. È solo un lampo perché prima del quarto d'ora, con un grande inserimento premiato da un lancio perfetto di Calhanoglu, Barella firma il raddoppio. Anche lui aveva già segnato a Barcellona. Nicola vira al 3-4-2-1 con Bonazzoli e Valencia alle spalle di Dia; Inzaghi risponde con Gosens per Dimarco prima, poi con Asllani e Correa per Mkhitaryan e Dzeko nel tentativo di dosare le forze. L'Inter prova a gestire e inevitabilmente abbassa il ritmo senza che la Salernitana riesca ad approfittarne. I campani anzi sembrano accontentarsi del ko onorevole e l'Inter ringrazia festeggiando sotto la Curva Nord.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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17/10/2022 13:25
 
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Lazio, senza Immobile l'attacco s'inceppa:
l'Udinese sfiora il colpo

Ciro si ferma per un guaio muscolare dopo mezzora:
dopo i 12 gol nelle ultime 3 gare, i biancocelesti restano a secco,
ma blindano la porta di Provedel, imbattuta da 5 gare.
Traverse per Samardzic e Deulofeu


Nicola Berardino


Si infortuna Immobile e senza il suo bomber (dal 29’ del primo tempo, per problemi a una coscia) la Lazio non riesce a infilare la quinta vittoria di fila (resta inviolata la porta per la quinta giornata consecutiva) . Ma sullo 0-0 dell’Olimpico restano pure le recriminazioni dell’Udinese per le due traverse colpite. Un pareggio che consente a entrambe le formazioni, appaiate in classifica, di restare agganciate alla zona Champions in attesa dei risultati di Milan e Roma. Per i 45 mila dell’Olimpico (un centinaio di tifosi friulani) una partita interessante e apprezzabile anche se è mancato il gol (e i biancocelesti ne avevano segnati 12 nelle ultime 3 gare di campionato).

STOP DI IMMOBILE — Rispetto all’ultima di campionato, lunedì a Firenze, Sarri ritrova Cataldi in regia e inserisce Casale in difesa (Patric in panchina). Due novità anche nell’Udinese: Becao nel pacchetto arretrato e Samardzic in mediana. Avvio senza preamboli: gara subito spigolosa. Al 12’ su corner di Cataldi, brividi per l’Udinese: pallone che carambola davanti alla porta, Udogie e Perez anticipano Immobile prima dell’intervento di Silvestri. Immediata la replica friulana: cross di Makengo per Pereyra, appoggio su Samardzic che colpisce la traversa. Incursione rapida di Zaccagni, Udogie anticipa Felipe Anderson al tiro. Ritmo elevato, si gioca a tutto campo. Silvestri fa scudo su Anderson giunto faccia a faccia con la porta e poi su un colpo di testa di Milinkovic. Al 29’ si ferma Immobile per problemi al flessore alla coscia sinistra. Il bomber della Lazio deve uscire: lo rileva Pedro. Al centro dell’attacco biancoceleste si sposta Felipe Anderson. Il pressing dell’Udinese frena la squadra di Sarri, condizionata dall’uscita di Immobile. Finale di tempo senza sussulti particolari mentre si abbassa il ritmo.

ALTRA TRAVERSA — Squadre compatte e coperte in avvio di ripresa. Al 7’ la Lazio rischia su un colpo di testa di Udogie: fuori. Ci prova Deulofeu: a lato. Sull’altro fronte, sbuca al tiro Zaccagni, che non inquadra lo specchio della porta. Al 17’, tre cambi tra i friulani: escono Becao (problema muscolare), Samardzic e Beto per Ebosse, Lovric e Success. Al 20’, Luis Alberto rileva Cataldi, così Vecino va in regia. Con lo spagnolo Sarri tenta nuove soluzioni per la manovra d’attacco. A lato un colpo di testa di Casale. Al 25’ Sottil sostituisce Makengo con Arslan. Al 27’, Provedel si oppone al diagonale di Pereyra. Silvestri blocca una punizione di Milinkovic. Al 38’ Udogie rilevato da Ehizibue. Lazio più protesa all’attacco, Udinese pronta nelle ripartenze: gara comunque equilibrata. Al 41’, bianconeri vicinissimi al gol: traversa di Deulofeu. Novità nel tridente della Lazio: Cancellieri prende il posto di Felipe Anderson. Tre minuti di recupero. Ultima chance per la Lazio: Milinkovic non aggancia un traversone di Pedro. Finisce 0-0, ma è un punto pesante per le due squadre.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Gol e spettacolo tra Spezia e Cremonese,
ma è un pari che non soddisfa nessuno

Apre la danza delle emozioni Dessers al 2', poi Nzola e Holm ribaltano il risultato.
Nella ripresa Pickel sigla il definitivo pareggio


Giulio Saetta


Un 2-2 giusto fra Spezia e Cremonese, che hanno dato vita a una partita intensa e molto spettacolare, con quattro reti e tante occasioni, onorando così la loro prima sfida della storia in Serie A. Alla fine la squadra di Gotti ha fatto valere ancora la legge del Picco: i nove punti in classifica provengono tutti dallo stadio di casa. La Cremonese invece muove la classifica e sale al penultimo posto in attesa della sfida di domani tra la Sampdoria e la Roma. Piccola iniezione di fiducia in casa grigiorossa grazie al terzo pareggio di fila ottenuto in trasferta.

GLI SCHIERAMENTI — Le mosse - Assenze importanti per entrambe, Gotti deve fare a meno di Reca, Bastoni e Kovalenko, Alvini ha perso Radu fra i pali, oltre al perno della difesa Chiriches, ma ritrova Carnesecchi al ritorno in campo dopo un lungo infortunio e l’operazione alla spalla: il classe 2000 si dimostrerà il migliore in campo. Gotti opta così per la difesa a quattro, poco utilizzata in stagione, con Amian a destra e Ampadu centrale. Fra centrocampo e attacco l’ex Udinese mescola le carte alzando Holm sulla destra e facendo partire basso Agudelo per creare superiorità numerica grazie alla sua rapidità nello stretto. Alvini invece riparte dal 4-2-3-1, con Castagnetti e Meité centrali e sulla trequarti Zanimacchia-Pickel-Okereke a supportare Dessers.

IL PRIMO TEMPO — Colpito a freddo lo Spezia, al primo pallone giocato Sernicola trova un varco sulla destra e crossa in mezzo trovando l’angolo, sugli cui sviluppi il più lesto è il difensore centrale Lochoshvili che supera Dragowski, con la palla ribattuta in rete da Dessers, al secondo gol consecutivo dopo quello al Napoli. Arrivato dopo appena 1 minuto e 1 secondo, è il gol più rapido segnato dalla Cremonese dall’inizio di una gara esterna di Serie A. Il colpo duro provoca la reazione dello Spezia che approfitta degli spazi troppo larghi fra le linee di centrocampo della Cremonese e al 19’ pareggia. Fa tutto Nzola, che porta palla sulla trequarti e imbuca per Agudelo, anticipato però in modo maldestro da Bianchetti che lascia la palla in zona centrale dove arriva l’angolano a cui basta prendere la mira per scaraventare un bolide sotto la traversa. Lo Spezia in fiducia ci mette 3’ per capovolgerla del tutto. Su angolo da destra, palla sul secondo palo a Nikolaou, che di testa la rimette in mezzo per l’inserimento di Holm che non ha difficoltà a battere Carnesecchi. Si tratta del primo gol in Serie A per lo svedesino lanciato da Gotti e oggi per la prima volta in versione ala destra. La partita è bellissima senza un attimo di pausa. Al 27’ e 32’ c’è un miracolo e mezzo di Carnesecchi, che salva due volte su Gyasi, prima dopo un o scambio ravvicinato con Holm e poi su tiro di Nzola sulla cui deviazione il portiere grigiorosso con un colpo di reni riesce a invertire il lato di tuffo e salvare in angolo.

SECONDO TEMPO — Da un battesimo del gol all’altro, al 7’ della ripresa la Cremonese pareggia grazie allo svizzero Pickel che su un cross dalla destra di Sernicola di testa anticipa Amian, segnando la sua prima rete in Serie A. Cinque minuti dopo la Cremonese va vicina al contro-ribaltone con Ascacibar, entrato proprio al posto di Pickel, che da fuori area indirizza un piattone morbido alla destra di Dragowski, che riesce ad allungarsi e manda in angolo. Più Cremonese che Spezia nella ripresa: i 24 tiri totali sono un record per i grigiorossi e in generale per una neopromossa in una partita di questa Serie A. E’ soprattutto grazie alla velocità dell’ex Okereke che gli ospiti riescono a sfruttare le ripartenze. Ci prova lo stesso Okereke (murato) e Dessers di testa (fuori di poco). Ma è lo Spezia ad avere l’occasione più ghiotta al 34’ con Daniel Maldini subentrato ad Agudelo: l’ex Milan non riesce ad angolare da buona posizione al centro area un cross da destra di Amian e favorisce la respinta di Carnesecchi.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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È sempre Napoli show: 3-2 a un bel Bologna.
Il guizzo di Osimhen vale il +2 sull'Atalanta

Al Maradona gol e emozioni: vantaggio Zirkzee, pari di Jesus,
poi lampo di Lozano e risposta di Barrow (con papera di Meret).
Poi risolve l'attaccante mascherato


Maurizio Nicita


Meno bello, ma più determinato del solito, il Napoli abbatte pure il tabù Thiago Motta (imbattuto da tecnico a Fuorigrotta) e vince la sua decima partita consecutiva, miglior serie europea. Applausi al Bologna che se la gioca fino all’ultimo ma le risorse di questo Napoli sono davvero eccellenti. E ancora una volta Spalletti la risolve con gli uomini dalla panchina: entrano nella ripresa Lozano e Osimhen e sono loro a segnare. Azzurri dunque ancora in testa da soli che da quando manca però Rrahmani indietro ha subito due gol a partita e questo è un campanello d’allarme. Alcune cose vanno registrate. Mentre qualche elemento accusa stanchezza. Ma rimane il solito favoloso Kvaratskhelia decisivo, mette lo zampino in due gol e fa sobbalzare di emozioni il Maradona.

AVVIO LENTO — Spalletti cambia tre giocatori, uno per reparto, rispetto alla scorpacciata di Champions con l’Ajax. Ma gli azzurri sono un po’ meno brillanti del solito perchè il 4-1-4-1 proposto da Thiago Motta è molto attento a chiudere le linee di passaggio con Medel libero davanti alla difesa pronto a raddoppiare sulle triangolazioni dei padroni di casa. Nei primi 20’ non succede nulla, poi il Napoli accelera soprattutto con Kvaratskhelia che mette il primo tiro nello specchio ma soprattutto con le sue continue sterzate crea superiorità numerica e pericolosità. L’occasione migliore sul sinistro di Politano che da pochi metri tira malissimo sprecando incredibilmente l’assist del georgiano. Con il solo Zirkzee che rimane alto, Di Lorenzo va a fare quasi la seconda punta, ma nonostante un paio di conclusioni pericolose di Raspadori il Napoli non passa.

BOTTA E RISPOSTA — Il Bologna sa aspettare e capire i momenti. E sul finire del tempo, passata la sfuriata napoletana, sale con intelligenza. Merito soprattutto di Dominguez che detta i tempi in avanti. L’argentino ruba palla a Ndombele e poi si ripropone in profondità, sul suo cross pericoloso, Aebischer arriva in ritardo di un soffio. È il segnale che il Napoli non sarà leggere. Due minuti dopo arriva il vantaggio merito di una invenzione ancora di Dominguez che approfitta di un errato posizionamento della terza linea azzurra: palla dentro per Cambiaso che dà subito la sfera indietro per l’olandese Zirkzee che di destro segna il suo primo gol italiano. La reazione del Napoli è immediata. E allo scadere del tempo, su angolo, Juan Jesus trova la zampata per pareggiare. Il difensore brasiliano diventa il quindicesimo azzurro in gol in questa stagione. Ma è curioso come si chiuda un cerchio. Era stato proprio lui con un autogol a permettere un anno fa a Thiago Motta di “salvare” la panchina dello Spezia e vincere senza manco tirare in porta. E proprio Juan Jesus fuori posizione era stato fra i corresponsabili del gol bolognese.

CAMBIO MARCIA — È quello praticato dal Napoli e non solo per i cambi. L’azione è più avvolgente, la palla gira veloce e col solito Kvara che va al tiro, Skorupski respinge come può e il tap-in giusto è quello di Lozano. Partita ribaltata in 9’, con l’intervallo in mezzo. Ma la partita rimane aperta, perché il Bologna non esita a salire con più uomini e “trova” subito il pari per una papera di Meret sorpreso da un tiro di Barrow che gli rimbalza davanti. Il Napoli rimette le marce alte. E riprende in mano la partita, con grande voglia. In men che non si dica Skorupski fa un miracolo sul colpo di testa di Osimhen consegna palla a Ndombele che perde l’attimo, e poi respinge coi pugni su Di Lorenzo. Il gol arriva comunque con un altro assist favoloso di Kvara per Osimhen che da centravanti di razza non sbaglia solo davanti al portiere. Sempre il georgiano manda in porta pure Zielinski: traversa! Il portiere polacco fa un miracolo anche su Lozano, a botta sicura da pochi metri. C’è il tempo per un brivido su una uscita a vuoto di Meret, prima del boato del Maradona.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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A Verona comanda (di nuovo) Tonali.
Il Diavolo passa e resta in scia scudetto

Come lo scorso campionato, decisivo il centrocampista
rossonero dopo l’autogol di Veloso e la rete
di Gunter (deviazione decisiva di Gabbia).
Gli uomini di Pioli tengono il passo di Napoli e Atalanta,
veneti k.o. ma in evidente miglioramento


Marco Pasotto


Lo si è detto e scritto tante volte, e se sono tante significa che è successo ripetutamente: il Milan A.P. – Avanti Pioli – una partita come questa non l’avrebbe portata a casa. Manca ovviamente la controprova, ma ci sentiamo di affermarlo con una certa sicurezza: è un Diavolo che ormai ha imparato anche a vincere le partite sporche, dove è il cinismo – e non il merito – a consegnare i tre punti. D’altra parte, per restare lassù nel vagone di testa, serve anche questo. Sofferenza, opportunismo e crederci sempre. E’ ciò che ha fatto il Milan a Verona con Tonali – sì, ha sbancato di nuovo lui il Bentegodi – al tramonto di una prestazione collettiva piuttosto povera tecnicamente. Disordinata. Affaticata dalle tossine del dieci contro undici col Chelsea. E dai soliti, sette assenti. Ma quando è stato il momento di sferrare l’unghiata, il Diavolo si è ritrovato famelico dopo essersi comunque divorato un paio di palle gol che gridano vendetta. Un autogol di Veloso e una rete di Gunter (deviazione pesante di Gabbia) sono le altre firme. Il Milan resta agganciato alle due lepri e stacca Lazio e Udinese, installandosi in solitudine al terzo posto. Onore, molto onore al Verona, a cui Bocchetti – alla prima panchina fra i pro’ – ha dato la scossa auspicata: coraggio, intensità e anche qualche buona idea. Questa è la quinta sconfitta di fila, ma il vento appare decisamente cambiato.

LE SCELTE — Sette giorni dopo l’ultimo atto di Cioffi, l’Hellas di Bocchetti si è presentato con due novità. Una obbligata, ovvero Magnani (e non Cabal) al posto dello squalificato Ceccherini. L’altra è stata il ritorno in fascia di Faraoni dal primo minuto. Più avanti, Hrustic e Verdi alle spalle di Henry. Rispetto al Chelsea – partita che aveva riscosso il suo gradimento fino ai disastri arbitrali –, Pioli ha cambiato un solo elemento, ma è stata una novità decisamente rilevante: fuori Bennacer e dentro Adli, al debutto dal primo minuto, nel contesto di un ritorno al 4-2-3-1 dove il francese ha agito al centro della trequarti, affiancato da Diaz e Leao, con Tonali e Krunic in mediana. Attacco affidato ancora una volta a Giroud, alla quattordicesima da titolare di fila e probabilmente iniziano a sentirsi visto che il 9 rossonero si è divorato il raddoppio due minuti dopo l’autogol di Veloso: un doppio cazzotto che sarebbe stato pesantissimo per un Verona che comunque ha mantenuto le ipotesi della vigilia. Una squadra rigenerata, soprattutto nello spirito e nell’atteggiamento. Coraggio, aggressività e un calcio senza troppi ricami, alla ricerca della sostanza. Un gioco verticale e una rabbia agonistica che nei primi minuti di partita hanno chiuso all’angolo il Milan.

PATRIMONIO SPRECATO — Appunti sparsi: Faraoni appiccicato a Hernandez, Tameze incursore continuo, Verdi a proporre sulla trequarti. Il Diavolo in pratica ha trovato il gol alla prima azione offensiva (9’). Erroraccio di Hrustic, che ha consegnato palla a Giroud, servizio per Leao che si è bevuto Magnani, ha crossato a centro area e trovato la deviazione goffa di Veloso nella sua porta. Milan in vantaggio col minimo sforzo. Due minuti dopo perfetto uno-due tra Giroud e Diaz ma, come detto, il francese ha dilapidato un patrimonio spedendo fuori con Montipò in uscita. Il Verona ha accusato la situazione e per una decina di minuti è sparito dalla scena, ma il Milan non è riuscito a premere davvero sull’acceleratore. Diaz stavolta non è stato capace di convergere verso il centro con efficacia, ma a mancare è stato soprattutto Adli: timido, poco nel gioco, preso bene in carico da Tameze. In una parola sola: compitino e trequarti senza spunti. Al 19’ gialloblù di nuovo in partita: manovra iniziata a destra e conclusa a sinistra con Gunter – male le scalate della difesa rossonera: il difensore gialloblù era solo –, che ha tirato debolmente ma ha trovato sulla traiettoria una deviazione netta e decisiva di Gabbia.

ATTEGGIAMENTO — Uno a uno e partita viva, godibile. Il pareggio ha ridato fiato all’Hellas e il Milan è calato in intensità, anche se Tatarusanu non ha vissuto momenti di ansia. Comunque un campanello di allarme, a cui Pioli ha cercato di rimediare inserendo a inizio ripresa Rebic e Origi per Diaz e Giroud, e al quarto d’ora Bennacer per Adli. Nel frattempo, Hrustic ha fatto venire i brividi a Tatarusanu e Rebic è andato a far compagnia a Giroud nell’angolo dei cattivi, tirando in bocca a Montipò da posizione succulenta. Era il minuto numero 4 e da lì in avanti c’è stato tanto Verona. Stesso spirito dei primi 45, intensità e pericolosità. L’apice all’11’, con traversa piena di Piccoli (al posto di Hrustic) e volée di Gunter alta di un soffio. Un Milan disordinato, arruffone in fase offensiva e troppo esposto alle ripartenze veronesi. Un Milan incapace di impossessarsi del match e far valere le migliori qualità tecniche fino alla mezzora della ripresa, quando ha squillato forte due volte – Hernandez e Rebic – esaltando i riflessi di Montipò. All’Hellas resta il (grande) merito di non aver mai abbandonato il coraggio, ma la punizione – eccessiva, analizzando i novanta minuti – è arrivata proprio a causa dell’atteggiamento aggressivo: ripartenza Milan gestita superbamente – un grande classico – con Rebic che è scappato a destra e ha servito un morbidissimo pasticcino per Tonali a centro area. Palla sotto le gambe di Montipò e due a uno. Negli ultimi dieci minuti i veneti hanno messo il Diavolo all’angolo, martellando senza sosta (proteste per un braccio di Pobega), però il muro rossonero ha retto, con grande sforzo e altrettanta paura. Poi, il fischio finale liberatorio. Vittoria sporca dunque, ma per restare lassù va bene anche così.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Roma, con la Samp basta il rigore di Pellegrini:
Mou è quarto, Stankovic ultimo

Decide un rigore del centrocampista in avvio, poi i giallorossi gestiscono senza problemi


Andrea Pugliese


Tre punti pesantissimi per la Roma, che sbarca di diritto in zona-Champions, sale al quarto posto e si mette alle spalle Lazio e Udinese. L’ennesima sconfitta invece per una Sampdoria che nell’arco della partita non è mai riuscita a tirare in porta (se non un calcio sbilenco di Rincon), quasi un record assoluto. Decide un rigore di Pellegrini in apertura, con l’esclusione iniziale di Zaniolo che ha lasciato in molti a bocca aperta. Nel buio di una partita bruttina, l’ennesima prestazione top di Smalling in fase difensiva.

QUANTA CONFUSIONE — Stankovic porta una ventata di freschezza nell’ambiente Samp, con Marassi caldissimo fin da subito, alla ricerca di una vittoria scaccia-crisi. Mourinho invece conferma le due punte (Abraham-Belotti), lascia fuori Zaniolo, rilancia El Shaarawy a sinistra e offre la chance dal via a Camara, per la prima volta titolare da quando è alla Roma. Si inizia con l’abbraccio tra i due tecnici, protagonisti entrambi del Triplete dell’Inter. Poi si gioca, ma considerando la fatica delle due squadre a trovare la via del gol (12 le reti giallorosse prima del via, appena 5 quelle doriane), è normale che ne venga fuori una partita brutta e avara di occasioni. La Roma, tra l’altro passa, quasi subito, dopo appena 9’ di gioco, con un rigore di Pellegrini concesso per un fallo ingenuo di Ferrari di mano. Sembra il preludio per una partita in discesa ed invece la squadra di Mourinho non trova mai il modo di fare davvero male. Camara ci mette un po’ di energia, ma stenta nella qualità, e davanti di palloni giocabili ne arrivano davvero pochi. Dall’altra parte, invece, regna la confusione, con Villar che gioca tanti palloni ma sempre in modo scolastico e Djuricic e Gabbiadini che non riescono a supportare nel modo giusto Caputo. Così il primo tiro in porta della Samp arriva al 21’, ma è una ciabattata di Rincon senza pretese. Idem per la punizione di Gabbiadini più tardi, mentre la Roma si limita essenzialmente a controllare il gioco, senza correre pericoli particolari.

CHE BATTAGLIA — Ad inizio ripresa lo stadio si infiamma (eufemismo) per la presenza in tribuna di Masismo Ferrero, l’ex presidente doriano, che mancava da Genova dal primo dicembre scorso a causa delle note vicende giudiziarie. Poi Stankovic cerca un po’ più di qualità inserendo subito Pussetto e Murru e poco dopo anche Quagliarella e Verre. E allora ad infiammarsi davvero è la partita: Stankovic viene ammonito per le proteste su un fallo di mano di El Shaarawy (fuori dall’area), Pellegrini reclama un altro rigore e litiga con Audero e Verre entra durissimo su Cristante, rischiando anche il rosso. Alla confusione del primo tempo stavolta si sostituisce la carica agonistica, che con il passare dei minuti diventa anche furia. Mou allora corre ai ripari con Matic e Zaniolo, che calcia subito su Audero (poco prima bravo anche su Belotti). Poi Zaniolo prima sfiora il 2-0, poi lo segna in pieno recupero, ma il gol viene annullato per fuorigioco. Finisce così, il risultato non cambia più.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Kouame risponde a Ceesay: Lecce-Fiorentina finisce 1-1

I giallorossi vanno in vantaggio alla fine del primo tempo,a inizio ripresa il pareggio dei viola


Francesco Velluzzi


Il mal di trasferta della Fiorentina continua. Non è sconfitta, è pareggio (1-1) al Via del Mare contro un Lecce che spende tantissimo nel primo tempo in cui va in vantaggio con Ceesay per la prima volta in questo campionato, ma finisce la benzina nel secondo in cui arranca e subisce subito la rete di testa di Koaume e va in apnea contro una Viola che, invece, nella prima parte, è stata irriconoscibile come nella maggior parte delle volte in questo torneo. Il pari, il quarto di fila in casa dove la squadra di Baroni non ha mai vinto, alla fine va meglio al Lecce che ha una sola mission: salvarsi. Sta stretto ai viola, mai vittoriosi fuori casa, che dopo l’ottavo brillante posto dello scorso campionato, avrebbero ben altri obiettivi. Non certo i dieci punti ottenuti in queste prime dieci giornate. Si comincia in musica con una street band piazzata in tribuna, tutta di arancio vestita. Si continua con un momento esaltante, emozionante, toccante. Il presidente del Lecce Saverio Sticchi Damiani consegna una targa a Fefé De Giorgi, ct campione del mondo dell’Italvolley. Una targa celebrativa e una maglia giallorossa con il numero 4, quello che indossava da giocatore e che simboleggia anche i quattro mondiali vinti tra campo (tre) e panchina (uno).

SI GIOCA — Finite le feste si gioca. Entrambe col 4-3-3. Marco Baroni conferma Umtiti in difesa, al centro, ma riporta dentro Pongracic che lo affianca e sposta Baschirotto esterno nel reparto a quattro. Significa che va in panchina Valentin Gendrey che fino a oggi non aveva saltato un solo minuto. Le scelte di Vincenzo Italiano sono quelle che ci si aspettava a parte Milenkovic che sta fuori. Al centro con Igor c’è Martinez Quarta mascherato. Il tridente offensivo è composto da Nico Gonzalez, Jovic e Kouamé. In mezzo Bonaventura, Mandragora e Barak, applaudito dai tifosi salentini prima del via. A conti fatti, nella prima parte, l’ex ceco è l’unico che davvero si sbatte con profitto. Jovic vorrebbe farlo ma dopo 6 minuti è costretto a uscire per uno stiramento lasciando il posto a Cabral. Il Lecce spinge in velocità e Kouame deve andare a fare il centrale per un recupero che vale oro. Poi Mandragora si produce nell’unica conclusione che chiama in causa Falcone bravo a respingere, non altrettanto nelle uscite sulle quale non si intende con i centrali. La Fiorentina palleggia senza costrutto, sembra una squadra senza mordente, con poche idee, Nico Gonzalez non sfugge una volta a Gallo... e il Lecce è pronto a recuperare palla azzannando con Blin, Askildsen e un feroce Gonzalez. Basta un buon pressing per innescare Strefezza che scatta, fa ammonire Mandragora e Kouame e dispensa calcio anche con i cambi gioco per Banda che al 23’ pennella per Ceesay che schiaccia fuori. Il Lecce gioca meglio ma come sempre non conclude al meglio. Al 38’ andrebbe sotto per la nona volta su un’uscita sbagliata di Falcone che permette a Cabral la correzione a porta vuota. Il Via del Mare esulta come fosse un gol. Ma al 43’ la storia si capovolge e la squadra di Baroni va per la prima volta in vantaggio n casa. Joan Gonzalez, ancora lui, decisamente meglio di Nico... vince di forza un duello con Biraghi e poi con Dodo mette al centro e stavolta Ceesay anticipa Igor e fa esplodere lo stadio.

SECONDO TEMPO — Si immagina che la sfuriata di Italiano negli spogliatoi sia stata intensa perché la Viola riparte subito forte. E la pennellata di Cabral per Kouame che salta bene sopra Baschirotto vale il pareggio dopo 3’. La reazione del Lecce c’è subito ma sul bel cross del solito Strefezza arriva ancora Ceesay di testa ma manda fuori. Da quel momento è la Fiorentina a prende più in mano il gioco. Italiano è il primo (al 14’) a ricorrere alla panchina. Dentro Duncan per un sufficiente Mandragora e Milenkovic per un Igor sottotono. Baroni cambia Askildsen con Bistrovic al 24’ perché c’è bisogno di forze fresche nel Lecce che ha perso un po’ di ritmo. Infatti sono i viola a tenere in costante apprensione i padroni di casa in maglia rossa come a Napoli. E Falcone deve tornare a fare il supereroe deviando da campione su Quarta e su Nico Gonzalez e bloccando bene su Koaume che poi lascia il posto a Ikonè. Preme ancora la Viola costringendo al rosso per doppia ammonizione il buon Gallo, ma il Lecce tiene ed è un pari benedetto per la squadra di casa. Che compie un altro piccolo passo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2022/2023 10ª Giornata (10ª di Andata)

15/10/2022
Empoli - Monza 1-0
Torino - Juventus 0-1
Atalanta - Sassuolo 2-1
16/10/2022
Inter - Salernitana 2-0
Lazio - Udinese 0-0
Spezia - Cremonese 2-2
Napoli - Bologna 3-2
Verona - Milan 1-2
17/10/2022
Sampdoria - Roma 0-1
Lecce - Fiorentina 1-1

Classifica
1) Napoli punti 26;
2) Atalanta punti 24;
3) Milan punti 23;
4) Roma punti 22;
5) Lazio e Udinese punti 21;
7) Inter punti 18;
8) Juventus punti 16;
9) Sassuolo punti 12;
10) Empoli e Torino punti 11;
12) Salernitana, Fiorentina e Monza punti 10;
15) Spezia punti 9;
16) Lecce punti 8;
17) Bologna punti 7;
18) Verona punti 5;
19) Cremonese punti 4;
20) Sampdoria punti 3.

(gazzetta.it)
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Juve, tutto facile con l'Empoli:
4-0 e Allegri sorpassa l'Inter



Apre Kean nel primo tempo, seguito dalle reti nella ripresa di McKennie e Rabiot (doppietta).
Resta a secco Vlahovic, ma i bianconeri,
in attesa degli impegni delle altre, sono a -3 dal quarto posto


Marco Guidi

Dopo il Torino, l'Empoli. La Juventus vince per la prima volta due partite di fila in campionato e, sfruttando una giornata con scontri diretti tra squadre che le stanno davanti (Atalanta-Lazio e Roma-Napoli), accorcia la classifica ancora prima di conoscere i risultati delle altre. Allo Stadium finisce 4-0, con gol in avvio di Moise Kean, titolare anche per necessità di turnover (martedì l'impegno da dentro o fuori contro il Benfica in Champions), raddoppio di Weston McKennie e doppietta nel finale di Rabiot. La Juve non vinceva con quattro gol di scarto in campionato dal successo sul Parma nel 2020-21, con Andrea Pirlo in panchina.

GOL, MA POI... — Massimiliano Allegri lascia fuori Alex Sandro, Paredes e Milik, lanciando Rugani, Locatelli e Kean dal 1'. Zanetti, dal canto suo, sceglie l'ex Pjaca (male) alle spalle di Destro e Satriano in attacco. In difesa, il giovane De Winter, di proprietà proprio della Juve. È Kean il protagonista assoluto delle prime battute. La punta classe 2000 prima parte lancia in resta, azionato da uno sciagurato retropassaggio di Pjaca, ma alza troppo la mira da posizione defilata. Poi infila Vicario all'8' aprendo il piatto su bel cross dalla sinistra di Kostic, dopo il buco di De Winter in scivolata. Infine al volo sparacchia contro lo stesso De Winter su pregevole traversone di McKennie. L'Empoli, però, dopo un primo quarto d'ora da semplice sparring partner, comincia a salire di tono. Al 18' ci prova Marin da lontano: blocca Szczesny in sicurezza. I toscani fanno loro il possesso palla (66% all'intervallo) e la Juve fatica a innescare le punte. In particolare Vlahovic, che non si vede praticamente mai nei primi 45'. Al 32' è ancora Kean di testa ad allargare di poco il cross di McKennie. Stesso minuto, altra porta, Destro non angola abbastanza dall'interno dell'area di rigore, servito da Bandinelli su palla persa sanguinosa di Cuadrado: bravo Szczesny a murare. È il momento di maggior sofferenza bianconera: il tiro dalla distanza di Parisi trova il piedone di Destro, ma la palla si perde sul fondo. A rompere i tentativi degli ospiti ci pensa McKennie al 36', su invito di Cuadrado, ma stavolta è Vicario a opporsi col corpo.

ALL'ANGOLO — Nella ripresa si riparte con gli stessi undici e sempre con l'Empoli a cercare di fare la partita. Alla prima occasione, però, la Juve chiude la partita. Kean è bravo a conquistarsi un corner in ripartenza, dalla bandierina va Cuadrado, che pesca la zuccata vincente di McKennie. È il 56' e sotto di due reti la squadra di Zanetti si getta ancora più in avanti. Il tecnico ospite poco dopo toglie Satriano e Pjaca per gettare nella mischia Bajrami e Baldanzi. Allegri risponde con Paredes e Milik per McKennie e Vlahovic, pensando anche al Benfica. Al 66' la combo Kostic-Kean produce un altro gol, ma l'attaccante è in fuorigioco di centimetri prima di spingere di testa la palla in fondo al sacco. L'Empoli, però, è ormai uscito dalla partita. Zanetti prova a tenerlo sul pezzo con altri cambi (dentro Henderson e Lammers), ma la Juve ora è in controllo. Anzi, si diverte pure. E, ancora su angolo di Cuadrado, trova il 3-0 all'82' con Rabiot e nel recupero il 4-0 sempre del francese su assist di Danilo. C'è tempo anche per vedere il giovane Iling (buona personalità e gamba) e un paio di occasioni divorate da Milik (colpo di testa fuori) e Miretti (bravo Vicario). Con questo successo, Allegri sale a quota 19 punti. Uno in più dell'Inter, tre in meno della Roma quarta in classifica. Per l'Empoli una sconfitta che ci sta, anche se la fragilità sulle palle inattive e la poca concretezza in attacco possono dare qualche preoccupazione a Zanetti.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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