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Campionato di calcio Serie A stagione 2022/2023 di Award & Oscar FFZ

Ultimo Aggiornamento: 12/06/2023 14:35
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Roma capoccia: con due colpi di testa
Ibanez e Abraham affossano l'Empoli in 4'

Il difensore al 2' e Tammy al 6' su calci d'angolo di Dybala stendono i toscani in un lampo.
I giallorossi si rialzano dopo i ko con Napoli (campionato) e
Cremonese (in Coppa Italia) e raggiungono l'Inter al secondo posto


Andrea Pugliese


Bastano due angoli di Dybala alla Roma per chiudere la pratica in soli 4', tra il 2' e il 6', con i colpi di testa vincenti di Ibanez ed Abraham. Un uno-due che manda l’Empoli al tappeto, anche se poi i toscani sanno rialzarsi e giocano una partita dignitosissima. Mou, invece, prova a far male in transizione, ma poi vede che non è aria e si chiude a difesa di una vittoria preziosissima. Ibanez respinge tutto ciò che passa dalle sue parti, Smalling e Mancini anche. Il fortino giallorosso è al sicuro e regala a Mou tre punti con vista sulla Champions, che valgono l'aggancio all'Inter, in attesa del derby di domani a San Siro.

PALLE FERME — Mou mette sulle fasce El Shaarawy e Zalewski per avere maggiore qualità in costruzione, con Matic e Cristante deputati alla fase di interdizione in mezzo al campo. Neanche il tempo di iniziare (2') che la Roma è già avanti: angolo di Dybala e colpo di testa vincente di Ibanez. Un copione che va in scena anche al 6’, con identica dinamica, solo che stavolta a bruciare Vicario è Abraham. Ogni palla inattiva della Roma è un pericolo, con il piazzamento difensivo della linea empolese che lascia sempre a desiderare. Così Abraham, sempre di testa, va vicino al gol in altre due occasioni, mentre Dybala in precedenza aveva sfiorato la rete con una bella serpentina in area di rigore. L’Empoli, invece, ci mette un po’ a carburare, anche a causa del doppio colpo incassato in appena 6 minuti. Con lo scorrere dei minuti però Baldanzi cresce nelle giocate e Bandinelli ed Akpa Akpro iniziano ad avere più geometrie in mezzo. Così Caputo si rende pericoloso, Ebuehi si divora un gol a porta vuota su calcio da fermo e lo stesso Akpa Akpro ci va vicino con un tiro da fuori. Nel frattempo, infatti, la Roma ha abbassato il baricentro, lasciando il pallino del gioco ai toscani (che chiuderanno il primo tempo con il 53,3% di possesso palla). Forse troppo, però, come dimostrano le tre occasioni avute dalla squadra di Zanetti.

FORTINO OK — A inizio ripresa la Roma potrebbe chiudere subito i giochi. Sempre sugli sviluppi di un angolo, ovviamente, con Vicario però che piazza una tripla strepitosa parata, prima su Dybala, poi su Mancini e infine su Abraham da due passi coi tacchetti. L’Empoli riprende fiato e speranza, Baldanzi e Parisi ci provano, ma il problema è che Satriano è troppo inconsistente e anche Caputo gira a vuoto (tanto che al 17’ escono entrambi per Piccoli e Cambiaghi). La Roma, invece, in transizione non riesce a chiudere la partita, un po’ per troppa foga, un po’ per imprecisione. Le ripartenze ci sarebbero anche, esattamente come gli spazi per andare a far male, ma i giallorossi sono troppo teneri nel momento di capitalizzare. Di conseguenza, visto che non riesce a chiuderla, Mou decide di non rischiare e si piazza 3-5-2, con Bove al posto di Dybala (sofferente dalla fine del primo tempo per un colpo alla parte bassa della schiena). Il pallino del gioco resta in mano all’Empoli, ma di occasioni vere, poco e niente, anche perché il fortino giallorosso risulta inespugnabile. Finisce così, con la Roma che cancella la Cremonese e riprende la sua corsa verso la Champions.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Lampo di Laurienté: l'Atalanta resta in 9 e perde col Sassuolo

La Dea perde Maehle (fallaccio su Berardi e rosso con la Var)
e nella ripresa è battuta dal gran destro del francese.
Rosso anche a Muriel all'ultimo minuto di recupero


Luca Taidelli


Una magia alla Lookman di Laurienté condanna l’Atalanta proprio nella prima notte in cui il capocannoniere di Gasperini tradisce e Maehle si fa espellere alla mezzora in un episodio che farà discutere. Fa festa il Sassuolo, che dopo la cinquina al Milan porta a casa un altro scalpo pesante e abbandona la zona retrocessione in cui era caduto dopo un disastroso avvio di 2023. La Dea perde un’occasione per rimanere tra le prime 4 ma se riprenderà con la stessa fame mostrata nel finale del Mapei Stadium potrà dire la sua fino a giugno.

PRIMO TEMPO — Dionisi preferisce Tressoldi a Ferrari e lancia subito Zortea, appena arrivato proprio da Bergamo. Con Frattesi e Obiang, in mediana c’è Henrique mentre davanti non si toccano Berardi, Defrel e Laurientè. Gasp risponde con la squadra delle ultime uscite di campionato, ma senza l’ex Boga, cui viene preferito Ederson, trequartista alle spalle di Lookman e Hojlund, inizialmente in panchina martedì nella sconfitta di Coppa Italia contro l’Inter. Reduci una dalla cinquina al Milan l’altra da 17 reti in cinque uscite di campionato del nuovo anno, le due squadre invece partono abbottonate, con De Roon dirottato sul centro sinistra per arginare Frattesi e le difese molto attente a non concedere campo agli attaccanti avversari. Mentre Laurentiè e Lookman finiscono in gabbia sugli esterni e Hojlund sbatte contro Erlic e Tressoldi, Defrel potrebbe sbloccare il match al 7’ ma Musso si supera, mentre Berardi si muove a tutto campo e alla mezz’ora imprime la prima svolta alla serata facendo espellere Maehle (con la complicità del Var), con Gasperini costretto a inserire Ruggeri per un Ederson che stava ancora cercando la posizione tra le linee. L’ultimo terzo di tempo però vede i padroni di casa alzare solo il baricentro, senza creare vere occasioni da gol.

SECONDO TEMPO — Il tempo di registrare gli ingressi di Marchizza e Boga per gli spenti Rogerio e Lookman che il match si stappa grazie a una prodezza di Laurientè, che dal vertice sinistro dell’area lascia sul posto Hateboer e manda la palla in buca d’angolo con un gran destro. La Dea ora è costretta a osare malgrado l’uomo in meno e si illude sulla punizione di Koopmeiners. Entrano Zapata e Pasalic per Hojlund e Hateboer, con Boga che nel 3-4-1-1 disegnato da Gasp va a tutta fascia. Bajrami rileva Henrique e solo un gran recupero di Scalvini gli nega la gioia del 2-0. Muriel per Ruggeri segna definitivamente l’assalto nerazzurro alla carovana, con i padroni di casa che si abbassano troppo e soprattutto non trovano mai il modo di sfruttare le praterie in ripartenza. E quando ci riescono Bajrami spara su Musso. Buon per Dionisi che nel finale Zapata giri alto di testa, ostacolato da… Pasalic. All'ultimo minuto di recupero si fa cacciare anche Muriel per una parola di troppo verso l’arbitro Marcenaro.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Kvara+Osimhen: il Napoli non dà
scampo allo Spezia e scappa a +16

Contro i liguri tutto nella ripresa: rigore del georgiano e poi doppietta del nigeriano.
Vergognosi cori della curva spezzina che ha inneggiato alla morte di Maradona


Maurizio Nicita


Napoli O.K. e Spezia K.O. Giocando sulle sigle dei protagonisti Kvaratskhelia e Osimhen la capolista se ne va, come cantano i suoi tifosi arrivati numerosi dal nord Italia. In una partita scorbutica con uno Spezia che per un tempo regge bene, gli azzurri trovano i gol dei due fuoriclasse e in controllo, senza strafare, la squadra una volta in più mostra nervi saldi e grande padronanza nei propri mezzi. Stonati i cori razzisti della curva spezzina e ignobile in particolare i cori che inneggiano alla morte di Maradona.

AZZURRI SOTTO RITMO — Spalletti può schierare chi vuole e opta per la conferma degli undici che hanno battuto la Roma. Gotti, appena operato all’anca, non riesce ad andare in panchina dove lo sostituisce Lorieri. A Spezia devono fare di necessità virtù per le numerose assenze, ma i liguri presentano un 3-5-2 stretto e compatto che non consente il solito giro palla rapido alla capolista. I padroni di casa ripartono sempre pericolosamente e con Agudelo arrivano anche al tiro e a creare qualche mischia in area azzurra. Poi viene fuori il Napoli, con Kvaratskhelia delizioso nei dribbling stretti ma poi non decisivo nell’ultimo passaggio. Pochi palloni per Osimhen. Almeno per un tempo. Spalletti si agita parecchio in panchina perché la sua squadra va sotto ritmo e così facilita la fase difensiva di Caldara e compagni.

MANINA GALEOTTA — In avvio di ripresa l’episodio decisivo. Reca, fino a quel momento il migliore, si preoccupa in area di Politano alle proprie spalle e perde per un attimo di vista il pallone che gli finisce sulla mano. Rigore netto, realizzato perfettamente da Kvaratskhelia. Lo Spezia prova una reazione, ben controllato dalla Banda Spalletti che alla prima occasione colpisce col suo capocannoniere che sale in cielo su una palla vagante in area e anticipa di testa pure la goffa uscita di Dragowski. Partita chiusa definitivamente quando su un errore di Caldara, Kvara prende palla e duetta con Osimhen: il georgiano regala al nigeriano la doppietta. E la capolista se ne va.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Karamoh-gol, Udinese al tappeto.
E ora il Toro sente profumo d'Europa

Schierato titolare da Juric, il francese regala i tre punti ai
granata che sorpassano in classifica i friulani al 7° posto


Mario Pagliara


Un colpo morbido e preciso sottoporta di Karamoh firma il sorpasso del Torino in classifica sull’Udinese. Il confronto dal profumo europeo lo vince, meritatamente, la squadra di Juric che si porta al settimo posto in campionato. A fine stagione, la settima piazza della Serie A potrebbe valere l’accesso alla Conference. Toro da palleggio nel primo tempo, tosto e da battaglia nella ripresa dopo il vantaggio. Udinese invece spenta in avvio, poi molto confusionaria, con più foga che testa alla ricerca di un pari che non arriverà.

CRESCITA TORO — Juric dà seguito alle riflessioni della vigilia a proposito di Nikola Vlasic ("l’ho spremuto, è molto stanco", aveva detto ieri) e lo lascia in panchina. Al suo posto c’è la novità Karamoh, in un tridente offensivo che si completa con Miranchuk e Sanabria. Sottil invece non sorprende, è la sua tipica Udinese disegnata intorno a un 3-5-2 che davanti si poggia sulla coppia Success-Beto. Meglio il Toro nella prima parte della gara sul piano del controllo del campo, friulani attenti però nel ribattere colpo su colpo e nelle ripartenze in contropiede dove il duello Buongiorno-Beto è da scintille. I granata spingono maggiormente sul centro destra, grazie a Ricci-Miranchuk ispirati, mentre l’Udinese prova a sfondare soprattutto sul binario centrale quando riesce a venire fuori dalla ragnatela costruita dagli uomini di Juric con il palleggio. Nel quarto d’ora finale di primo tempo, la crescita del Toro comincia ad essere vistosa. E matura l’unica occasione dei primi 45’: mezza bicicletta di Karamoh (40’) su assist di Ricci intercettata da Silvestri.

KARA-GOL — Quando si riparte nella ripresa, il buon finale di primo tempo dei granata trova subito sbocco. Dopo tre minuti, la squadra di Juric passa: cross dalla destra di Aina, Karamoh nel cuore dell’area sbuca alle spalle di Becao e punisce Silvestri. In presa diretta l’arbitro Prontera annulla per fuorigioco, ma dopo un lungo check al Var la posizione dell’attaccante viene considerata regolare e il gol convalidato. Dopo lo squillo di Coppa a Firenze, primo gol in Serie A per il francese. La reazione dell’Udinese è rabbiosa, pure fisica per certi aspetti. Un Toro tosto accetta lo scontro uomo contro uomo a tutto campo e difende con i denti il vantaggio, sfiorando in un paio di ripartenze e con una punizione di Miranchuk anche il bis.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Orsolini+Posch, segnano sempre loro:
il Bologna vola. Fiorentina ko e fischiata

L’esterno rossoblù la sblocca su rigore, poi il pari di Saponara,
ma nella ripresa arriva il guizzo del terzino goleador.
Espugnato il Franchi dopo 13 anni: gli emiliani salgono a 29 punti


Matteo Dalla Vite


Era dal 17 gennaio 2010 che il Bologna non vinceva a Firenze. E un motivo ci sarà. La Curva Fiesole canta a squarciagola "Meritiamo di più" e in fondo anche qui un motivo c’è: il Bologna ha meritato una vittoria non larga ma netta e giusta perché ha giocato a calcio davanti a una Fiorentina accartocciata su se stessa e che ha cercato solo spunti dai solisti e non dal gioco. Vero che Saponara, dopo il gol dell’1-1, ha colpito la traversa, ma il rigore di Orsolini e la conclusione sottoporta di Posch (quarto gol con quarta vittoria) hanno sigillato una supremazia di intenzioni e sviluppi che hanno retto fino alla fine. Con questa vittoria, Thiago Motta sale a 22 punti nelle ultime 11 partite: e la zona-ambizione, quella dietro le big, comincia a farsi interessante.

RIGORE — Italiano può scegliere, Motta no viste le assenze contemporanee di Arnautovic, Medel, Bonifazi De Silvestri, Sansone e Soumaoro. Fiorentina con Jovic centravanti, Gonzalez e Saponara ai lati e consueto centrocampo a tre. Nel Bologna Ferguson fa il trequartista con Orsolini e Soriano a supporto di Zirkzee. Il primo tiro è proprio del Bologna che riparte veloce dopo un errore di Barak, Terracciano salva su Zirkzee. Lo stesso portiere viola si supera sul corner seguente prima sul colpo di testa di Schouten, poi su quello di Ferguson, aiutato anche da Jovic e dalla traversa. Sulla ribattuta però Barak tocca con la mano: Di Paolo al Var richiama Pairetto che assegna il rigore trasformato con freddezza da Orsolini.

CHE SAPONARA — Al 19’ però la Fiorentina trova il pari immediato: Bonaventura crossa male, Skorupski fa peggio smanacciando sui piedi di Gonzalez il cui tiro sporco viene deviato in gol da Saponara. Partita divertente ed occasioni che fioccano come quella clamorosa a centro area di Ferguson che calcia centrale su un ottimo Terracciano. La Fiorentina va a fiammate, il Bologna gioca meglio a metà campo dando maggior continuità alle proprie azioni. Amrabat e Barak girano a vuoto mentre Bonaventura è il più lucido in mezzo. Al 35’ viola vicini al raddoppio con Saponara che sfiora il gol dell’anno con una rovesciata straordinaria che colpisce la traversa a Skorupski battuto. Prima dell’intervallo è Jovic ad impegnare il portiere del Bologna che devia in corner.

RIPRESA — Italiano toglie Igor, ammonito, per Quarta. Il cui battesimo è pessimo visto che perde subito Posch sugli sviluppi di un angolo. Terracciano completa la frittata quasi spingendo dentro il pallone ed il Bologna è in vantaggio. Per Posch quarto gol stagionale. La Fiorentina accusa il colpo mentre il Bologna spreca in modo incredibile l’occasione del 3-1 con Orsolini che si inceppa tutto solo davanti a Terracciano. Italiano cambia ancora passando al 4-2-3-1 inserendo Cabral e Mandragora per Bonaventura e Barak. Poi tocca a Brekalo esordire in viola. Il tecnico dei toscani infila anche Terzic per Dodo (spentosi dopo un buon inizio) ma il Bologna cerca di controllare e Motta mette Aebischer e Kyriakopoulos (debutto) per spirito di conservazione dinamica. Il finale è una rovesciata di Gonzalez sulla quale Skorupski riscatta l’errore dell’1-1. E il Bologna torna a vincere al Franchi dopo 13 anni.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Lautaro affonda Pioli,
il Milan non c'è più:
Inter seconda da sola



Un gol dell'argentino lancia i nerazzurri.
Quarta sconfitta consecutiva per i rossoneri e altra batosta
nel derby dopo i 3 gol incassati in Supercoppa.
Campioni d'Italia in crisi nera


Andrea Ramazzotti

Il derby sorride ancora all'Inter. Un gol di Lautaro regala a Inzaghi il secondo posto e la prima vittoria in campionato nella stracittadina. Per i nerazzurri, che bissano il successo in Supercoppa a Riad, è un'iniezione di fiducia importante che li fa restare a -13 dal Napoli, ma che soprattutto permette loro di avvicinarsi con il morale carico ai sempre più vicini ottavi di Champions. Per Pioli l'ennesima mazzata al morale in questo inizio di 2023 da incubo. Risultato giusto, forse addirittura stretto per i padroni di casa perché il Diavolo non è quasi mai pericoloso e tira appena 4 volte verso lo specchio. Una miseria e il segnale di una crisi preoccupante, con il quarto ko di fila compresa la Supercoppa.

ANCORA LAUTARO — I due allenatori approcciano la gara in modo diametralmente opposto: Inzaghi conferma la stessa squadra che ha vinto il derby del 18 gennaio a Riad ovvero 3-5-2 con Skriniar di nuovo titolare in difesa insieme ad Acerbi e Bastoni, Darmian e Dimarco sulle corsie laterali, cerniera centrale composta da Barella, Calhanoglu e Mikhitaryan, Dzeko e Lautaro in attacco; Pioli gioca a specchio sugli avversari, con lo stesso 3-5-2 utilizzato contro il Torino in Coppa Italia. Kalulu, Kjaer e Gabbia formano la linea a tre dietro, Calabria e Hernandez sono gli esterni a tutta fascia, Messias mezzala insieme a Krunic e Tonali più Origi e Giroud in avanti. Leao finisce in panchina, come Lukaku dall'altra parte, ma la bocciatura iniziale del portoghese è quella che fa più rumore. L'Inter palleggia e fa il match, il Milan lascia giocare gli avversari e prova a innescare le sue torri con lanci lunghi. Il primo squillo è di Martinez che da fuori conclude a lato, poi ci vuole una prodezza di Tatarusanu per dire di no ancora al Toro. Pioli chiede di compattare le linee, senza pressare alto, per non concedere spazi e i nerazzurri arrivano al tiro anche con Calhanoglu e, per la terza volta, con Martinez, senza però inquadrare lo specchio. I primi dieci minuti sono un monologo interista, la fedele fotografia del periodo pre derby delle due formazioni. I padroni di casa ci provano con coraggio, il Diavolo pensa solo alla fase di non possesso anche perché la struttura della mediana (Krunic regista, Messias e Tonali mezzali) non favorisce la costruzione. Il vantaggio interista sembra solo questione di tempo e infatti arriva al 35', su un corner di Calhanoglu, girato di testa in rete da Lautaro: Kjaer non lo marca e il Toro firma il gol numero 12 in campionato, il settimo in un derby. Il Milan non reagisce e Tatarusanu evita il raddoppio di Calhanoglu direttamente su calcio d'angolo. I numeri al rientro negli spogliatoi sono mortificanti per i campioni d'Italia: zero tiri tentati, zero corner a favore, 27% di possesso e appena 126 passaggi. D'accordo provare a frenare l'emorragia di gol subiti in questo 2023 (18 in 7 incontri prima del derby odierno), ma l'atteggiamento super difensivo dei primi 45' è comunque... troppo.

PIÙ EQUILIBRIO — La formazione di Pioli rientra dopo l'intervallo con Brahim Diaz al posto di Messias: addio 3-5-2 e spazio al 3-4-1-2 con lo spagnolo alle spalle di Origi e Giroud. La musica è la stessa perché l'Inter resta in controllo e il tecnico di Parma è costretto a cambiare di nuovo: dentro Leao e Saelemaekers per Origi e Calabria, ma niente 4-2-3-1 perché i due marcatori ammoniti (Kalulu e Gabbia) restano in campo. Troppa prudenza... Lautaro si vede negare la doppietta da un'altra parata di Tatarusanu e l'Inter inconsciamente prova ad abbassare i ritmi: più gestione del pallone e meno affondi. Anche perché la freschezza di Diaz e Leao va in qualche modo controllata. Il Milan ci prova con un colpo di testa alto di Giroud e una punizione sballata di Hernandez, due segnali che Inzaghi non sottovaluta: in un colpo solo escono Dimarco, Mkhitaryan e Dzeko ed entrano Gosens, Brozovic (alla prima nel 2023) e Lukaku. La gara però è cambiata, il Diavolo non ha più niente da perdere e, pur senza rinunciare alla linea a tre dietro, ci prova con maggiore convinzione. Alla mezzora la prima parata di Onana su tiro di Diaz, poi con un brutto stop Giroud vanifica una bella ripartenza di Leao. Il numero 9 francese prova a riscattarsi su punizione, ma la palla non inquadra lo specchio. Ora è il Diavolo ad avere più coraggio e meno da perdere, così il derby è più vivo. Lukaku segna, ma travolge Thiaw e Massa fischia prima che la palla entri. Il San Siro nerazzurro rumoreggia e Pioli prova l'ultimo assalto con Rebic per Kjaer e il 4-2-3-1. Inzaghi butta dentro Gagliardini per Calhanoglu e si vede annullare un'altra volta il 2-0, stavolta dal Var, per fuorigioco. Tatarusanu dice no anche a Lukaku, ma ormai non c'è più tempo. E l'Inter festeggia come in Arabia Saudita.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Vergognosi cori della curva spezzina che ha inneggiato alla morte di Maradona



"O mama, mama, mama. Sai perché mi batte il corazón? È morto Maradona"

Queste persone violente che vanno allo stadio per provocare scontri non sono sportivi e non sono tifosi, sono soltanto delinquenti di merda! [SM=x1583484]





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Ngonge risponde a Pedro.
Un buon Verona strappa un punto alla Lazio

Biancocelesti in vantaggio al 45', pareggio del belga in avvio di ripresa.
Poi l'Hellas sfiora il gol vittoria.
Sarri fallisce il sorpasso sulla Roma che valeva il terzo posto solitario


Stefano Cieri


Avanti a piccoli passi. Finisce in parità il posticipo tra Verona e Lazio. Un punto utile ai padroni di casa per continuare la difficile marcia verso la salvezza e alla Lazio per isolarsi al quarto posto e continuare a credere nella Champions. Ma se per la squadra di Zaffaroni è un pareggio che fa morale (sia per come è stato ottenuto sia per il valore dell’avversario) lo stesso non si può dire per una Lazio che invece offre una prova molto al di sotto delle attese per impegno e ritmo di gioco. Pareggio giusto, anzi facendo il computo delle occasioni è il Verona a dover recriminare, anche se l’ultima palla-gol (clamorosa) capita sui piedi di Zaccagni in pieno recupero.

LA SBLOCCA PEDRO — Inizio guardingo da parte di entrambe le squadre. Il Verona si schiera molto basso per togliere spazio e fiato alle iniziative della Lazio. Zaffaroni cambia qualcosa rispetto all’ultima partita: in difesa c’è Coppola per Ceccherini, a centrocampo il debutto da titolare di Duda, in attacco Lasagna è la punta centrale, alle sue spalle con Lazovic c’è Ngonge. Il piano dei padroni di casa è chiaro: aspettare la Lazio per evitare di concederle il calcio a lei più congeniale. Piano da realizzare attraverso marcature strette e ritmo sostenuto. Per venti minuti la Lazio (Sarri lascia l’acciaccato Felipe Anderson in panchina e mette Pedro) deve limitarsi ai passaggi orizzontali senza mai trovare sbocchi in avanti. A metà frazione, però, le squadre cominciano un po’ ad allungarsi. I padroni di casa decidono di provarci anche in avanti e in effetti qualcosa combinano. Ngonge si rende pericoloso in due occasioni (sulla prima, dopo la respinta di Provedel, Doig calcia alto da favorevole posizione). Poi successivamente anche Depaoli costringe Provedel a un difficile intervento. Ma le iniziative dei padroni di casa hanno come rovescio della medaglia una minore copertura difensiva che consente anche alla Lazio di rendersi pericolosa. Immobile sfiora il gol in due circostanze (sulla prima tira alto, sulla seconda è bravo Montipò a parare), poi è Pedro a sprecare un’ottima palla-gol. Ma il campione spagnolo si fa perdonare qualche minuto dopo (al 45’), inventandosi un gol che lascia a bocca aperta compagni di squadra e avversari. Sull’appoggio di Cataldi, spalle alla porta poco entro l’area, l’ex Barça controlla la palla di destro, poi si gira all’improvviso e col sinistro la manda all’incrocio dei pali.

REAZIONE VERONA — Trovato il vantaggio sul gong del primo tempo la Lazio si illude, forse, di avere in mano la partita. Ma non fa i conti con l’orgoglio dei padroni di casa che tornano in campo dopo l’intervallo con la ferma volontà di rimettere subito le cose apposto. E ci riescono nel giro di una manciata di minuti. Il gol dell’1-1 arriva grazie ad un colpo di testa di Ngonge su punizione calciata dalla trequarti da Lazovic. E l'Hellas non si ferma, continua a spingere contro una Lazio incredula e imbambolata. A sfiorare il 2-1 è prima Lazovic che colpisce un clamoroso palo con un tiro dalla distanza. Poi è Doig ad avere una palla molto invitante, ma Provedel si supera e respinge di piede. Quindi tocca anche a Lasagna, ma l’attaccante calcia alto. Non è fortunato il Verona, ma la sua spinta si esaurisce attorno al 20’, anche perché Sarri mette Vecino al posto di Cataldi e rende il centrocampo della Lazio meno vulnerabile. Successivamente Sarri toglie anche Immobile e inserisce Felipe Anderson come punta centrale. La Lazio si riorganizza e riprende in mano il controllo del gioco. Ma - come nei primi venti minuti - non riesce a trovare sbocchi in avanti (unica occasione un tiro di Zaccagni che finisce di poco a lato). Glielo impedisce un Verona che si rimette corto e compatto nella sua metà campo. I cambi di Zaffaroni sono azzeccati perché portano forze fresche in una squadra che col passare dei minuti comincia ad accusare un po’ di stanchezza. Entrano Ceccherini per Coppola, Gaich per Ngonge e Abildgaard per Lazovic. L’1-1 a quel punto sembra scritto e tale sarà, ma proprio in chiusura Zaccagni ha una palla che deve solo essere spinta in rete a pochi passi dalla porta. L’ex gialloblù ci prova col tacco ma Montipò non si fa sorprendere. Giusto così.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Super Gabbiadini non basta.
Samp, che beffa a Monza:
raggiunta su rigore al 99'

Ospiti in vantaggio dopo 12’, poi il pareggio di Petagna.
Nella ripresa ancora l’attaccante ligure fissa il 2-1
prima del gol dagli undici metri di Pessina in pieno recupero


Matteo Brega


Il Monza pareggia 2-2 con la Sampdoria al 9’ di recupero della ripresa. Decisivo il rigore calciato da Pessina. La squadra di Stankovic aveva comandato 2-1 fin lì grazie alla doppietta di Gabbiadini. In mezzo il gol di Petagna. Il Monza si presenta con il vestito buono del 3-4-2-1 e Palladino sistema Petagna come riferimento offensivo scegliendo Machin e non Rovella in mezzo al campo. Stankovic disegna la sua sampdoria con il 4-4-2: Lammers e Gabbiadini le punte. A scaldare la serata ci prova Caprari al 6’con un diagonale che non stringe abbastanza dopo aver ricevuto lo scarico di Petagna. La replica della Samp arriva dopo poco con una manovra chiusa con un colpo di testa-spalla da Gabbiadini che Di Gregorio blocca a terra. È la squadra di Stankovic a squarciare lo 0-0. Caldirola marca leggero Gabbiadini che fa in tempo a prendergli il tempo e la posizione per scaricare un sinistro sul quale Di Gregorio non può far molto. Dopo 12’ i doriani sono in vantaggio. Il Monza fatica a incidere davanti con rifornimenti lenti che non arrivano e che se arrivano vengono sciupati da un Petagna decisamente innocuo. Ma è lui che riporta il Monza in partita. Azione avvolgente che parte a destra e sboccia a sinistra con Carlos augusto che crossa. Il centravanti di Palladino difende palla, si gira rapidamente, anticipa Nuytinck e di sinistra supera Audero. Il pareggio arriva al 32’. Il primo tempo si chiude così.

RIPRESA — La ripresa inizia con Murru e Rincon in campo per Nuytinck e Cuisance. E si parte con un sinistro al volo di Augello bellissimo: esterno a giro che esce di pochissimo. Non è serata da grandi avvii per il Monza. La Sampdoria infatti torna avanti. Cross di Murru, testa di Leris ad anticipare Caldirola, miracolo di Di Gregorio ma sulla respinta irrompe Gabbiadini. Il Monza fatica a risalire la corrente. Palladino non cambia nulla (a parte Marlon per Izzo) fino a quasi la mezzora quando inserisce Rovella per Machin e Birindelli per Ciurria. I brianzoli però continuano proporre il solito spartito, senza variazioni sul tema. E di occasioni per pareggiare non ne arrivano. Fino al 7’ di recupero quando Murru su Petagna. Rigore che batte Pessina: è 2-2. Si allunga a sette la striscia positiva del Monza il cui campionato resta più che positivo. Alla Samp il rammarico di aver sfiorato una vittoria che avrebbe dato morale.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Juve, riecco il vero Vlahovic:
gran doppietta del serbo e tris alla Salernitana

Il centravanti sblocca la partita su rigore,
poi la chiude dopo il raddoppio di Kostic.
Infortunio a Miretti, Allegri a meno 4 dal settimo posto


Marco Guidi


Lo scontro diretto, come l’aveva definito nei giorni scorsi Massimiliano Allegri, va alla Juventus. Battuta all’Arechi la Salernitana 3-0, grazie alla doppietta di un redivivo Vlahovic, inframmezzata dal gol di Kostic. Una vittoria che fa ripartire la marcia in campionato dei bianconeri, reduci dal brutto ko interno contro il Monza e dalle scorie del -15 in classifica inflitto dalla Corte d’appello federale, e al contempo stoppa di nuovo il cammino dei campani, dopo il successo di Lecce.

SCELTE — Formazione all’insegna del mercato per Davide Nicola: solo Lassana Coulibaly, tra i titolari, era a Salerno già lo scorso anno. Tre gli acquisti di gennaio: Ochoa in porta, Troost-Ekong in difesa e Nicolussi Caviglia (in prestito proprio dalla Juve, è l’unica novità rispetto allo schieramento iniziale della partita vinta a Lecce) in mezzo al campo. Piatek guida l’attacco granata. Dal canto suo, Max Allegri sceglie ancora la prudenza, rimandando l’appuntamento dal 1’ per il super tridente Di Maria-Vlahovic-Chiesa. A finire in panchina è il figlio di Enrico. Rispetto all’undici visto nell’ultima giornata contro il Monza, tre cambi: Alex Sandro per Gatti in difesa, Locatelli in regia al posto di Paredes e Miretti preferito a Fagioli da mezzala. Sulla fascia destra c’è De Sciglio, fuori dai titolari Cuadrado.


DUSAN C’E’ — Prima del match, momento toccante con il presidente della Salernitana, Danilo Iervolino, e il Chief Football Officer della Juve, Francesco Calvo, che si scambiano la maglia di Andrea Fortunato, terzino bianconero nativo di Salerno e morto nel 1995 per leucemia ad appena 23 anni. Al fischio d’inizio dell’arbitro Rapuano, padroni di casa subito aggressivi, con il 4-5-1 passivo di Nicola che si trasforma in 4-3-3 in fase di possesso, grazie alla rapidità nell’avanzare di Candreva da una parte e Dia dall’altra. La Juve parte più compassata e un po’ fuori giri (5 falli a 0 dopo 20’), con Rabiot che si becca il cartellino giallo e rischia poco dopo il secondo provvedimento disciplinare per un intervento su Bradaric. Al 25’, però, la partita piega verso i bianconeri: ingenuità colossale di Nicolussi Caviglia, che stende Miretti in area, dopo invenzione d’esterno sinistro di Di Maria. Rigore, che Vlahovic trasforma col brivido: la palla bacia il palo e finisce alle spalle di Ochoa, che aveva intuito il primo tiro in porta della gara. Per il serbo ritorno al gol con la Juve dopo quasi quattro mesi, grazie anche alla gentile concessione di Di Maria, generoso nel lasciare il penalty al compagno. Una rete che galvanizza Vlahovic e sballa il contagiri della Salernitana, che fatica a riprendere le misure. Al 33’ su lancio del solito Di Maria, Dusan prova un bis da urlo con il mancino di prima intenzione: fuori, ma gesto tecnico d’applausi. Quattro minuti dopo, fuga sulla sinistra, chiusa con un diagonale fuori di poco. La Juve perde per infortunio Miretti (distorsione alla caviglia sinistra, dentro Fagioli), ma la squadra di Allegri ora è in pieno controllo. E, paradossalmente, all’unica giocata sbagliata nel primo tempo da Vlahovic arriva il raddoppio: Dusan cilecca col destro, ma il suo tentativo si trasforma in un assist involontario per Kostic, che anticipa un’uscita imperfetta di Ochoa e insacca. Il portiere messicano si riscatta parzialmente appena prima dell’intervallo, murando alla grande Locatelli sull’ennesimo assist divino di un ispiratissimo Di Maria.


SENZA STORIA — Nicola cerca di correre ai ripari, inserendo Lovato per Vilhena e passando alla difesa a tre. Ma dopo 2’ nella ripresa un altro errore di Nicolussi Caviglia si tramuta nel gol che chiude la partita: il centrocampista granata perde palla sulla sua trequarti, Fagioli è bravo a innescare Vlahovic, che col sinistro non perdona. La Salernitana ci mette comunque l’orgoglio e Dia per poco non infila Szczesny sul tiro cross di Sambia dalla destra. La Juve, però, gioca in scioltezza e ha un duo indemoniato in avanti: all’8’ Vlahovic fa da sponda per Di Maria, che calcia di prima col sinistro da fuori e colpisce la traversa a Ochoa battuto. Al 15’ altro cambio nei padroni di casa: Bonazzoli al posto di Bradaric. E il nuovo entrato col sinistro dai sedici metri mette subito i brividi a Szczesny, sfiorando il palo. Anche Allegri attinge alla sua panchina: ecco Chiesa e Cuadrado per Di Maria e Kostic. La gara è comunque già in ghiaccio da un po’, sebbene arrivino occasioni a destra e manca. Una anche per Chiesa al 30’, su servizio dell’amico Vlahovic, ma la conclusione col destro da posizione favorevole si perde a lato. Ci sarà tempo per affinare l’intesa come ai tempi di Firenze. Mentre l’ultimo entrato Kean centra il palo su invito di Chiesa. E’ l’ultima emozione di una serata esclusivamente a tinte bianche e nere.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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SERIE A 2022/2023 21ª Giornata (2ª di Ritorno)

04/02/2023
Cremonese - Lecce 0-2
Roma - Empoli 2-0
Sassuolo - Atalanta 1-0
05/02/2023
Spezia - Napoli 0-3
Torino - Udinese 1-0
Fiorentina - Bologna 1-2
Inter - Milan 1-0
06/02/2023
Verona - Lazio 1-1
Monza - Sampdoria 2-2
307/02/2023
Salernitana - Juventus 0-3

Classifica
1) Napoli punti 56;
2) Inter punti 43;
3) Roma punti 40;
4) Lazio punti 39;
5) Atalanta e Milan punti 38;
7) Torino punti 30;
8) Udinese e Bologna punti 29;
10) Juventus(-15), Monza e Empoli punti 26;
13) Fiorentina punti 24;
14) Lecce e Sassuolo punti 23;
16) Salernitana punti 21;
17) Spezia punti 18;
18) Verona punti 14;
19) Sampdoria punti 10;
20) Cremonese punti 8.

(gazzetta.it)

(-15) Penalizzazione della giustizia sportiva ad opera della Corte Federale d'Appello dopo la
riapertura del processo "Plusvalenze" che a maggio 2022 era stato chiuso con sostanziali
assoluzioni dei club calcistici coinvolti (non solo Juventus ma anche Sampdoria e Napoli in Serie A).
In attesa di eventuale ricorso da parte della Juventus e di altri tronconi di inchiesta
correlati ai mancati pagamenti degli stipendi dei calciatori durante la fase del covid.
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Giroud porta il Milan fuori dal tunnel:
incornata da tre punti e Torino battuto

I rossoneri tornano a vincere dopo oltre un mese e
si lasciano alle spalle le tre sconfitte consecutive.
Partita sofferta con i granata, che nel primo tempo
non sfruttano le occasioni per passare in vantaggio


Marco Pasotto


Spiegazione facile: Ibra è tornato fra i convocati e il Milan ha ricominciato a vincere. Una parte è anche qui, certamente. Spiegazione più complessa: il Milan ha ricominciato a vincere perché, così come si era spenta la luce nel finale con la Roma, si è riaccesa nell’intervallo col Torino. Il problema è capire perché. Allora e adesso. Misteri.

Ma quanto meno qui per il Diavolo c’è un lieto fine che dopo sette partite senza sorrisi arresta lo sprofondo e cambia prospettiva, mantenendo una candidatura forte per i primi quattro posti. Era importante ritrovarsi anche in chiave Champions, dal momento che questa era la prova generale prima della sfida con lo scatenato Conte. Non è un Milan guarito, attenzione: il primo tempo è stato triste e mal giocato come le partite precedenti, ma nella ripresa è scoccata quella scintilla che Pioli cercava da tempo. Il Toro è piaciuto molto di più nei primi 45', giocati con personalità, attenzione e idee chiare, ma non ha saputo contenere l’onda d’urto – senz’altro inattesa, vista la prima frazione – dei rossoneri nella ripresa.

LE SCELTE — Pioli ha tenuto fede alle indicazioni che lui stesso aveva dato confermando la difesa a tre, ma con una novità rispetto al derby: fuori Gabbia e dentro Thiaw, alla terza presenza da titolare in stagione (l’ultima delle quali tre mesi fa). Il mercato estivo batte un colpo. Diversa anche la veste in mediana, con due centrocampisti – Tonali e Krunic – e non tre. Davanti Leao è tornato dopo due rumorose esclusioni di fila e, assieme a lui e Giroud, ecco Diaz, libero di oscillare tra le linee. Il problema più impellente di Juric era invece l’allestimento di un centrocampo privo dell’infortunato Ricci e con Ilic obbligato alla panchina da una condizione atletica precaria. Il tecnico granata l’ha risolto con un nome annunciato – Adopo, il killer del Diavolo in Coppa Italia – e la grande sorpresa Gineitis, 18enne lituano al debutto assoluto in prima squadra. Sulle fasce Singo e Rodriguez, attacco affidato a Vlasic e Miranchuk a supporto di Sanabria.

BOLLICINE — Bruttino e noioso. Il primo tempo oscilla fra queste coordinate perché il Milan è il solito Milan delle ultime settimane – lento, prevedibile, impaurito – e il Toro, che avrebbe bollicine da stappare, dopo un quarto d’ora di personalità sembra quasi accontentarsi di spaventare il Diavolo soltanto di tanto in tanto. Un errore, perché questo Milan è una squadra che si fa divorare dall’ansia più o meno ogni volta che viene rinchiusa nella sua area e fatica maledettamente a uscire in modo pulito quando riprende palla. Insomma, fra le due decisamente meglio il Torino, ma l’affondo mancato è un peccato capitale. Anche perché il Milan, ancora una volta, non funziona. Non va la manovra collettiva – spenta, abulica e timorosa – non vanno nemmeno i singoli. A spiccare in particolare è Leao, con consegne centrali e non laterali che lo cancellano praticamente dal gioco, anche perché Rafa non riesce mai a dare profondità. A spiccare è anche Giroud, in una condizione fisica pessima, incapace di difendere palla e persino di stopparla. A spiccare è anche Hernandez, anche lui con i muscoli visibilmente scarichi. E ce n’è anche per Diaz, che invece avrebbe verve ma la spreca decidendo di suonare per lo più uno spartito da solista e finendo con l’andare a sbattere a ripetizione contro il muro granata. I primi tre imputati si rifaranno, e con gli interessi, nel secondo tempo.

BUCHI — Il Toro schiaccia il Milan per un po’, poi sceglie di gestire ma resta comunque padrone della situazione. Gineitis si appiccica – a volte troppo ruvidamente – a Diaz e lo soffoca, Singo martella in fascia, Miranchuk guarda le spalle di chi opera qualche metro più avanti e Vlasic – anche se non in una delle giornate migliori - coi suoi movimenti apre buchi piuttosto notevoli nella mediana rossonera. Granata comunque decisamente più precisi e pungenti nel giro palla di fronte a un Diavolo ancora scollato fra i reparti e con un atteggiamento visibilmente scoraggiato. La paura si vede, si tocca con mano a ogni stop. A ogni passaggio. E annebbia le idee quando occorre attaccare perché Milenkovic, a parte qualche tiro sbilenco di Theo e Saelemaekers, non si deve preoccupare di nulla. Leao, all’unica palla buona dei primi 45, si appisola prima di tirare. Il Torino invece si fa vivo due volte pericolosamente: al 18’ quando Sanabria sfiora il palo e al 37’ quando Tatarusanu non esce, Kjaer inciampa da ultimo uomo e Sanabria viene murato da un bel riflesso del portiere rossonero.

CAMBIO DI COPIONE — La ripresa offre un altro copione. Con una chiave di lettura precisa: Hernandez decide che il tempo della contemplazione è concluso e inizia a spingere. Il Toro si abbassa, Singo con lui, e il Milan ricomincia a creare quei pericoli che non si vedevano da un pezzo. Due squilli forti: Giroud per Leao al 9’ e Diaz per Giroud all’11’ chiamano Milinkovic a due interventi importanti, specialmente il secondo con la palla che danza a un passo dalla linea. E al minuto numero 18 il Diavolo passa: cross di Theo sulla testa di Giroud, che ruba il tempo a Djidji, si avvita – pardon, si gira – e infila la porta granata con successivo bacio alla maglia. E’ il riscatto dei due delusi in Qatar. Juric butta dentro Karamoh, ma è ancora il Milan a spingere alla mezzora con Hernandez che in contropiede butta nella spazzatura un gol fatto su assistenza perfetta di Leao. Mani nei capelli tornati biondo platino. E’ un altro Diavolo, comunque, anche perché Leao torna a scorrazzare in fascia con una buona gamba e viene da chiedersi che cosa bloccasse tutti i rossoneri fino all’intervallo. Paura, evidentemente solo paura.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Spezia, non basta super Verde:
l'Empoli fa 2-2 al 94' con Vignato

Gli ospiti si illudono col doppio vantaggio del primo tempo,
ma nella ripresa prima Cambiaghi e poi l'ex Bologna firmano il pari.
Espulsi Parisi ed Esposito


Matteo Pierelli


Con le unghie e con i denti. Con la forza di volontà e il cuore dei suoi interpreti. Alla fine del primo tempo l’Empoli sembrava spacciato: sotto di due gol e con un uomo in meno, dopo la doppietta di Daniele Verde che aveva lanciato in orbita lo Spezia. Eppure la squadra di Paolo Zanetti ha avuto la forza e il merito di raddrizzarla, anche grazie all’espulsione di Salvatore Esposito a inizio secondo tempo. Con la parità numerica, i toscani hanno giocato meglio dei liguri alle prese con tantissime assenze e alla fine ha meritato il pareggio, che porta le firme di Cambiaghi e soprattutto Emanuel Vignato, con un bellissimo diagonale quando alla fine mancava solo uno solo dei cinque minuti di recupero. In salvo al 94’, l’Empoli continua così la sua tranquilla corsa verso la salvezza, mentre lo Spezia butta via una grande occasione anche se gli rimane il brodino di aver interrotto la serie di tre sconfitte consecutive. Ci aveva pensato Daniele Verde a lanciare lo Spezia con una doppietta d’autore, la prima della carriera in Serie A. L’attaccante dei liguri la sblocca dal dischetto, fischiato per un mani sulla linea di porta di Parisi che viene anche espulso. E’ il 25’ del primo tempo e Verde si fa ipnotizzare da Vicario. Ma l’arbitro Giua fa ripetere il tiro per l’entrata in area di Luperto e Verde, senza alcun timore, si ripresenta dagli 11 metri, cambia angolo (stavolta tira alla destra del portiere) e sembra indirizzare sui binari giusti una partita che fino a quel momento era stata molto equilibrata. Non contento, Verde, che in questo campionato non aveva ancora segnato, sei minuti dopo concede il bis con un gran sinistro dalla distanza, che finisce proprio all’incrocio. La squadra di Paolo Zanetti, in dieci (a inizio secondo tempo verrà ristabilita la parità numerica per il rosso a Salvatore Esposito) e con il morale a terra sembra in una buca e invece nella ripresa riesce a riemergere con quel capolavoro di Vignato, appena arrivato dal Bologna.

IN EMERGENZA — Nell’Empoli Ismajli (ex della partita), recuperato, torna immediatamente titolare. Marin confermato regista e la novità Cambiaghi dal primo minuto, a far coppia con Caputo. Lo Spezia invece si presenta con nove assenti con Gyasi che prende il posto di Holm non ancora al meglio sulla destra. Dietro il polacco Wisniewski esordisce dal primo minuto, mentre in avanti Gotti conferma Shomurodov e Verde. La partita è equilibrata, l’Empoli ci prova da lontano con Baldanzi, lo Spezia risponde con Agudelo. Poi l’episodio del rigore e il capolavoro di Verde sembrano indirizzare la partita, anche se a fine primo tempo i toscani vanno vicino al gol con Ebuehi: palla salvata sulla linea da Reca.

ASSEDIO — Nella ripresa torna la parità numerica: al 50’ Salvatore Esposito si prende il secondo giallo per un fallo a centrocampo su Akpa Akpro e subito dopo Gotti corre ai ripari, togliendo Verde per mettere dentro Ekdal. L’Empoli spinge, Zanetti mette dentro anche Piccoli, e Dragowski è bravo a respingere un colpo di testa di Caputo. E’ il preludio alla rete di Cambiaghi, abile a sfruttare una bella azione di Caputo sulla sinistra. A quel punto l’Empoli preme con tutte le sue forze: è un assedio e ci provano Cambiaghi, Piccoli e Marin, ma Dragowski fa sempre buona guardia. Fino al colpo di Vignato che per l’Empoli ha il sapore della salvezza anticipata.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Fa tutto la Roma, poi Falcone alza il muro: pari a Lecce.
Mou raggiunto dal Milan

Pugliesi avanti dopo 7’ con autorete di Ibanez, pari di Dybala su rigore al 17’.
Il portiere nega tre volte il vantaggio ad Abraham


Massimo Cecchini


Il Lecce ha qualcosa da dire non solo nella lotta salvezza, ma anche in quella Champions. Dopo aver fermato il Milan, infatti, si sdebita con i rossoneri stoppando anche la Roma, che viene appunto agganciata dalla squadra di Pioli al terzo posto. Tutto questo al termine di una partita di rara bruttezza tecnica, che si conclude con un 1-1 santificato dall’autorete di Ibanez - che devia un colpo di testa di Baschirotto - e un rigore di Dybala. Per i giallorossi l’unica buona notizia è il rientro in campo di Wijnaldum, a quasi sei mesi dalla frattura del perone occorsagli ad agosto in allenamento. Quello che deve preoccupare Mou, però, è che alla fine il risultato è giusto, perché il Lecce dal monte ingaggi di 16 milioni lordi complessivi - non sfigura contro una corazzata che costa quasi dieci volte di più.

BOTTA E RISPOSTA — La squadra di Mourinho si schiera nel modo atteso, cioè con Zalewski spostato a destra ed El Shaarawy piazzato a sinistra, per tirare su il baricentro della squadra, allargare la difesa e fare spazio alle incursioni di Dybala e Pellegrini, alle spalle di Abraham. Per il resto, Cristante piazza i tacchetti in mediana, mentre Matic si abbassa in mezzo a Smalling e Ibanez per far patire l’azione dal basso (ma succede in dosi omeopatiche), con Mancini che pencola verso destra per incrociare Di Francesco. Gli uomini di Baroni invece, avendo il cannoniere Strefezza ben controllato, provano a cercare il lato debole spesso sulla sinistra, mentre Hjulmand si sdoppia in appoggio e in copertura alla retroguardia, in cui spiccano Umtiti e Baschirotto. Se la Roma è la squadra percentualmente più forte sulle palle inattive e il Lecce quella che le soffre di più, l’inerzia all’inizio si rovescia. Basta che un tiro di Gallo al 6’ impegni Rui Patricio in una deviazione in angolo, che dal corner successivo Strefezza trovi il colpo di testa di Baschirotto in anticipo su Smalling; la palla però viene deviata da Ibanez e i salentini vanno in vantaggio: è il 7’.

I capitolini reagiscono subito, e se Mancini, a sua volta di testa, al 10’ non trova la porta, al 15’ è una incursione di El Shaarawy a costringere Falcone alla grande deviazione in angolo. Anche qui, proprio da corner di Pellegrini, un fallo di mano di Strefezza porta Dybala sul dischetto del rigore, con la Joya che non sbaglia: al 17’ la partita è in parità. Da questo momento si entra in un momento di pochezza tecnica nelle giocate, da entrambe le parti, da far arrossire. Non sorprende che si debba attendere il declinare del primo tempo per tornare a vedere i portieri impegnati. Al 37’ è Colombo a costringere Rui Patricio alla parata, ma è il suo collega Falcone che deve superarsi due volte su Abraham (42’ e 47’), negando alla squadra di Mourinho la rete del vantaggio. Di questa prima frazione non resta che segnalare due cose: il solito nervosismo eccessivo degli uomini dello Special One in panchina e una gradinata di petardi lanciati dalla curva salentina, pronta ad alzare gli striscioni: “Liberi di viaggiare, liberi di scontrarsi”. Senza parole.


TORNA WIJNALDUM — La ripresa comincia in modo vivace, con un botta e risposta a distanza fra Di Francesco (2’) e Abraham (5’) che impegna i due portieri, anche se a superarsi è ancora una volta Falcone. All’8’, poi, è Pellegrini che su punizione non va lontano dal palo sinistro del Lecce. Il match comincia a diventare una altimetria emotiva, con scarsa cifra tecnica e troppo nervosismo. Solo al 21’, in una ripartenza, Pellegrini di sinistro dal limite da buona posizione non riesce a trovare al porta. Barone manda sotto la doccia Gonzalez e Colombo per Askildsen e Person. Subito dopo è Zalewski a prendere la vetrina, con una accelerazione fino al portiere avversario, un attimo prima che Banda sostituisca uno spento Strefezza e Pezzella rilevi Gallo. Nel finale Mourinho lancia l’artiglieria pesante, con il ritrovato Wijnaldum - ovviamente a corto di condizione - e Belotti, togliendo Matic e Abraham. Da fuori area, però, al 40’ è Banda tentare una conclusione che finisce alta. Sui titoli di coda entra anche Solbakken per Pellegrini, mentre Barone inserisce Oudin per Di Francesco. Al 45’ è proprio il tecnico dei padroni di casa a protestare per un presunto rigore su Banda, ma il nervosismo alle stelle quando subito dopo Hjulmand commette un brutto fallo a metà campo su Dybala. Ma è l’ultima emozione di una partita modesta, in cui la Roma sorprende per pochezza. E se c’è un giallorosso che alla fine non stinge, è quello del Lecce.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Immobile spreca, Zappacosta e
Hojlund puniscono la Lazio:
colpo Atalanta all’Olimpico

Grande partita della Dea, graziata dal centravanti sullo 0-0
e poi a segno con il terzino e il giovane attaccante


Nicola Berardino


L’Atalanta sbanca l’Olimpico, sorpassa la Lazio e sale al terzo posto al fianco del Milan. Al tappeto la squadra di Sarri nel faccia a faccia in prospettiva Champions. Cancellata senza problemi la sconfitta contro il Sassuolo, la formazione di Gasperini riparte con tre punti importantissimi. I gol di Zappacosta nel primo tempo e di Hojlund nella ripresa tracciano la strada di una vittoria sancita principalmente sul piano del gioco e dell’impostazione tattica. Involuta la Lazio, che sciupa alcune opportunità e non può contare ancora su Immobile dei giorni migliori: sfigura decisamente nel confronto con l’Atalanta anche come personalità.

AVANTI CON ZAPPACOSTA — Sarri ripresenta Felipe Anderson dal primo minuto: Pedro parte dalla panchina. Gasperini sostituisce lo squalificato Maehle (Muriel l’altro nerazzurro fermato dal giudice sportivo) con Zappacosta. Ederson a centrocampo, con Koopmeiners sganciato sulla trequarti. Il primo pericolo lo crea l’Atalanta: al 7’, botta di Koopmeiners dalla distanza, Provedel si allunga per deviare. Nerazzurri all’attacco. Prova la via della rete Zappacosta: fuori. Al 12’ il portiere biancoceleste ribatte su Hateboer. Alto un colpo di testa di Djimsiti. Riprende campo la Lazio. Al 17’, irrompe Milinkovic in area su lancio di Provedel, si inserisce Immobile che calcia alto da posizione molto favorevole. Si rilancia l’Atalanta: al 21’, timbra la traversa una parabola di Lookman, deviata da Romagnoli e smanacciata da Provedel con un grande intervento . Al 23’, altra incursione di Lookman, sul disimpegno di Marusic si infila Zappacosta che mira all’incrocio e porta in vantaggio l’Atalanta. Lazio in difficoltà nell’arginare le verticalizzazioni sviluppate sulla sinistra, soprattutto da Lookman. Ma anche nel far ripartire la manovra: intenso il pressing avversario. Insidioso un diagonale di Hojlund al 36’. Problemi muscolari per Romagnoli: al 39’ entra Patric. Un rilancio di Djimsiti viene catturato da Zaccagni: fiondata dai limiti dell’area sventata da Musso in angolo. Più convinta la Lazio nel finale di tempo. Controllata dal portiere atalantino una punizione di Milinkovic. All’intervallo con la squadra di Gasperini sull’1-0.

HOJLUND RADDOPPIA — La ripresa scatta con una ghiotta chance per la Lazio: il tiro di Immobile viene neutralizzato tra Zappacosta e Musso. Ripartenza dell’Atalanta: Hojlund corre verso la porta, Provedel fa scudo in uscita e salva un altro gol. Il portiere laziale è pronto anche all’11’ su un tocco ravvicinato di Lookman. Al 12’ Sarri dispone tre sostituzioni per scuotere la squadra: ecco Vecino, Lazzari e Pedro per Cataldi, Hysaj e Felipe Anderson. Gasperini fa uscire Scalvini, appena ammonito (era diffidato), e innesta Palomino. Si infortuna Hateboer, al 18’ entra Demiral. Al 20’ l’Atalanta raddoppia: su un passaggio impreciso di Luis Alberto, rilancio dei nerazzurri, dalla sinistra Lookman innesca Hojlund che nell’area piccola fa secco Provedel anticipando Patric. La Lazio non riesce a reagire: appannata e imprecisa. In cattedra la formazione di Gasperini: compatta e dinamica. Biancocelesti in attacco per cercare di riaprire la partita. Regge il muro dell’Atalanta. Al 44’ Gasperini dà spazio a Boga e Zapata per far rifiatare Lookman e Hojlund. Sei minuti di recupero. E’ l’Atalanta a sfiorare ancora il gol con Koopmeiners. Per la Lazio i fischi dell’Olimpico.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Fulmine Udinese con Udogie dopo 25 secondi,
ma il Sassuolo rimonta due volte

Friulani subito avanti, raggiunti al 6' da Henrique.
Bijol firma il nuovo vantaggio al 28' ma nel recupero del 1° tempo
l'autogol di Perez firma il definitivo aggancio. Berardi ko


Francesco Velluzzi


Tanti applausi prima e durante, un po’ di fischi alla fine con la squadra davanti alla curva infastidita e rumorosa. L’Udinese fa 2-2 col Sassuolo e ancora una volta rimanda l’appuntamento con la vittoria alla Dacia Arena che manca dal 18 settembre quando superò l’Inter 3-1. La squadra di Andrea Sottil aggancia il Torino a quota 30, ma perde un’altra occasione per avvicinarsi ulteriormente alla zona Europa. Manca qualcosa a una Udinese (non bastano le reti di Udogie e Bijol, tre gol a testa in questo campionato) che non riesce più a vincere, crea, tira, ma non concretizza e concede pure molto. Nel 2023 solo il fortunoso colpo a Genova con la Samp. Ma davanti aveva davanti un Sassuolo che ha confermato il trend di crescita anche se ha frenato rispetto alle belle vittorie con Milan e Atalanta. Comunque gli emiliani sono tornati a ruggire con 7 punti in tre partite. E, peraltro, dopo soli 12 minuti hanno dovuto rinunciare alla stella Berardi, frenato da un problema all’adduttore. Ma per due volte hanno recuperato e hanno anche colpito un palo con Frattesi. Nella ripresa, trovato il 2-2, hanno controllato con sicurezza.

IL PRE — La partita dell’ora di pranzo è vestita benissimo dall’Udinese in una giornata bella, soleggiata e neppure gelida. Lo sponsor day del match il Consorzio del Prosciutto di San Daniele ha affiancato il club nel progetto sulla sostenibilità che vale all’Udinese ormai un riconoscimento europeo. In campo, mentre i calciatori si scaldano, le magie col pallone le fa Andrea romano, definito “Il boss del freestyle”. Mentre fuori la società promuove l’asta benefica, aperta fino al 18, per le popolazioni colpite dal terremoto di Siria e Turchia. Tutte le maglie di questa partita, più una speciale autografata da tutta la squadra, sono all’asta e il ricavato andrà all’associazione Ahbap Group che fornisce aiuto a chiunque soffra. L’interesse particolare lo ha dato il centrocampista tedesco-turco Tolgay Arslan che si è particolarmente adoperato.

LA PARTITA — L’Udinese ritrova Pereyra che va a giocare dietro Beto in un 3-5-1-1. Resta fuori Success. Dentro Samardzic e Lovric. Sono loro le mezze ali. Dionisi cambia solo perché Rogerio è squalificato: al suo posto c’è Marchizza che il tecnico toscano ha indicato come il sostituto naturale. L’attacco è quello che ha battuto l’Atalanta. In regia c’è ancora Obiang e Maxime Lopez sta seduto. L’avvio più spumeggiante di così non potrebbe essere perché dopo 25 secondi Udogie si mangia Zortea, si accentra e fa partire un tiro imprendibile per Consigli (terzo gol dell’esterno che andrà al Tottenham). Udinese in vantaggio. Ma che la partita sia ricca di emozioni si intuisce immediatamente perché subito dopo Samardzic sbroglia sulla linea una situazione molto pericolosa su un’uscita non perfetta di Silvestri, ma al 6’ il Sassuolo pareggia, con il tiro di Henrique deviato da Bijol che spiazza Silvestri. Ma la gioia per il gol svanisce subito per l’infortunio di Berardi che al 12’ deve lasciare il posto a Bajirami. Il Sassuolo guadagna campo dopo che Beto e l’ottimo Pereyra hanno trovato Consigli pronto due volte. Ehizibue soffre sulla sua corsia e proprio un cross di Marchizza che gli va via trova l’inserimento di Frattesi che colpisce il palo. Tutto ciò non scalfisce l’Udinese che su una punizione pennellata splendidamente da Samardzic trova Bijol che scavalca il colpevole Zortea e infila Consigli. Nuovo vantaggio. L’Udinese soffre ancora a destra contro Marchizza e Laurienté e Sottil sposta Ehizibue dall’altra parte chiedendo a Udogie di dare una mano in più. Ma stavolta sul lato di Ehizibue nasce il secondo pari: cross di Bajrami e Nehuen Perez maldestramente lo manda in porta.

RIPRESA — La ripresa comincia con due cambi: Pereyra ha fatto bene, ma non aveva più di 45’. Così Sottil fa esordire subito davanti al pubblico friulano il nuovo acquisto Florian Thauvin. Mentre Dionisi decide di dare più ordine al suo 4-3-3 con Maxime Lopez al posto di Obiang. Thauvin tira fuori, poi Beto calcia bene a giro, ma non trova la porta. Al 18’ lo imita Bajrami il cui tiro esce di pochissimo. Dionisi deve fare i conti con l’infortunio di Marchizza (molto bene) e al suo posto entra Harroui. Fuori anche Defrel, si rivede Pinamonti. Il ritmo cala anche perché le squadre nella prima parte hanno corso tanto. Ma al 27’ l’occasionissima è sui piedi di Lovric servito benissimo dentro l’area da Beto. Consigli è bravo a ribattere. E a quel punto che fa Sottil? Toglie Beto e mette Success che finora non ha ancora segnato un gol. Nel finale a 4’ dal termine c’è spazio anche per il gioiellino Pafundi e per un altro cambio strano: Ebosse per il difensore Perez. Mentre Dionisi toglie una punta, Laurientè, e inserisce il centrale Ferrari. Ma l’unico sussulto è un tiro di Pafundi, murato. E il pubblico si infuria.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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12/02/2023 23:58
 
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Il Monza non si ferma più:
batte il Bologna e lo aggancia in classifica

Un gol di Donati al 25' regala la vittoria alla
squadra di Palladino ancora imbattuta nel 2023:
i brianzoli raggiungono i rossoblù a 29 punti


Matteo Dalla Vite


Un altro bel colpo di Raffaele Palladino. Il Monza non solo resta imbattuto in questo 2023 d’oro ma espugna il Dall’Ara con un gol di Donati che – alla sua seconda rete in carriera – sfrutta un’incursione perfetta di Petagna al 24’ del primo tempo. Successo meritato perché il Bologna – nonostante nella ripresa abbia ritrovato Arnautovic e un po’ più di iniziativa - non ha mostrato spessore né troppa convinzione o lucidità sotto porta mentre Palladino ha dimostrato di avere una squadra aggressiva, pungente, orchestrata e ben costruita fra titolari e cambi. Così, il Monza sale alla pari del Bologna a 29 punti dando ancor più vigore alla lotta per sognare qualcosa di grande dietro le big. Per Palladino è il 13° punto nel nuovo anno: l’abbraccio dei monzesi, tutti in cerchio a saltellare dopo il fischio finale, certifica l’ottimo lavoro di Palladino e la gioia meritata in un pomeriggio in cui ha saputo pungere e soffrire.

MONZA-GOL — Senza Arnautovic (inizialmente in panchina) e Zirkzee, Motta non si gioca la carta Barrow e nemmeno quella-Soriano da Falsi-9: da “finto” centravanti c’è Ferguson (un uomo “regalato”, in quella posizione), mentre Kyriakopoulos gioca da ala sinistra mentre Orsolini (oggi capitano) parte da destra. Il Monza ha dovuto prendere atto dell’infortunio a Carlos Augusto nella rifinitura e Palladino infila Donati in linea con Rovella, Sensi e Ciurria. Il Bologna si spalma con un 4-3-3 in cui Dominguez si allarga quando Kyriakopoulos segue Donati mentre il Monza prende subito le redini del gioco ripartendo con sistemi efficaci e ampliando il raggio delle proprie giocate su entrambi i lati del campo. La primissima vera occasione è rossoblù: punizione di Orsolini (13’) e testa di Lykogiannis che Di Gregorio ribatte assieme alla traversa. C’è poi un’azione a sinistra di Caprari che chiede rigore per intervento di Posch: l’austriaco sfiora appena la mezzapunta monzese, l’arbitro Zufferli è bravo a non concedere il penalty. Al 24’, Monza in vantaggio: Petagna parte in progressione ed entra in area (non) contrastato da Sosa, il tiro deviato da Skorupski è roba di Donati che, non coperto da Lykogiannis, infila lo 0-1 nel primo palo e la prima sua rete stagionale. Il resto del primo tempo è un check-var per colpo di petto di Sensi su tiro di Orsolini e una discesa importante di Petagna che non porta il Monza al raddoppio perché il centravanti ex Napoli non si accorge di Caprari solo lanciato a sinistra.

RESISTENZA — Nessun cambio ad inizio ripresa ed acuto del Bologna che fatica a trovare spessore e pesantezza nell’area monzese: punizione di Aebischer, fino a qui fra i peggiori, e piattone da fuori area di Orsolini che Di Gregorio mette nel cassetto facilmente. Gli avvicendamenti cominciano prima nel Monza (dentro Machin e Birindelli per Sensi e Donati), poi finalmente anche Motta capisce che il suo centrocampo non va e toglie Aebischer per infilare Arnautovic (dopo 39 giorni di stop) e via Kyriakopoulos per Barrow. Palladino vede Petagna sofferente e infila Mota punta centrale e così ricomincia quasi un’altra gara: una conclusione di Orsolini va vicino al palo al 30’ s.t., il Monza si chiude e riparte con Rovella che da quaranta metri prova il colpaccio che Skorupski (a 8 minuti dalla fine del tempo regolamentare) riesce a disinnescare. Motta chiede al quarto uomo (Massa) che il recupero sia alto per le tante lungaggini da campo, il Bologna le prova tutte e una mischia finale, poi sventata, sotto la porta di Di Gregorio dà la conclusione a una gara non bellissima ma che il Monza ha portato a casa con lo spessore, l’astuzia e il killer-istinct che il Bologna non ha avuto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Juve, con la Fiorentina basta Rabiot:
Allegri a un punto dal settimo posto

Decisivo il gol del francese al 34' su cross di Di Maria.
Annullati due gol per fuorigioco a Vlahovic e Castrovilli


Filippo Cornacchia


La prima Juventus dei 3 tenori Di Maria-Vlahovic-Chiesa batte la Fiorentina, non senza brividi finali a causa della rete annullata a Castrovilli (44’ st). Il gol decisivo - e pesantissimo - dei bianconeri lo firma nel primo tempo Adrien Rabiot, di testa. L’esperimento funziona, in attesa del debutto in Europa League di giovedì contro il Nantes. Il contributo del trio offensivo, in modo particolare di Di Maria, si fa sentire finché il serbo (a cui viene annullato un gol), l’argentino e l’azzurro reggono fisicamente. E la Juve è così a un punto dal settimo posto.

ECCO IL TRIDENTE — Basta pochissimo per capire la pericolosità del trio Di Maria-Vlahovic-Chiesa. Allegri schiera l’argentino alle spalle dei due ex viola, da vero e proprio trequartista, per sfruttarne tutta la qualità, anche in costruzione. Il Fideo al decimo disegna un cambio di gioco millimetrico per Chiesa, il quale però non trova lo spunto giusto. Passa qualche minuto ed è sempre Di Maria il protagonista. Il 34enne campione del Mondo, stavolta innescato da Vlahovic, tenta il tiro a giro di sinistro. La deviazione di un difensore della Fiorentina si trasforma nel migliore degli assist possibili per Filip Kostic, che però da buona posizione fallisce il bersaglio. Al 23’ sale in cattedra Chiesa: traversone tagliato dei suoi per Vlahovic che, non immaginando l’errore dell’amico e connazionale Milenkovic, perde il tempo per impattare il pallone. Ci arriva, invece, Kostic. Ma in questo caso è Terracciano a neutralizzare l’ex Eintracht Francoforte.

RABIOT GOL — Il vantaggio della Juventus, nonostante qualche mischia pericolosa dei viola nell’area di Szczesny, è nell’aria. Puntuale arriva al minuto 34. De Sciglio penetra sulla fascia destra e, al cross tradizionale, preferisce un traversone basso all’indietro. L’idea viene premiata: la palla, dopo una deviazione, finisce sui piedi di Di Maria che, quasi a occhi chiusi, la telecomanda sulla testa di Rabiot. Il francese incorna di potenza, Terracciano respinge in qualche modo. Ma è troppo tardi: il sensore nell’orologio dell’arbitro suona e Fabbri indica il centrocampo. La Juventus passa in vantaggio (6° gol stagionale per il francese) e pochi minuti dopo Locatelli, in area, salva un quasi gol di Ikoné. Sul finale del primo tempo anche qualche scintilla tra Vlahovic e Biraghi, con Ranieri e Chiesa nelle vesti di pacieri.

GOL ANNULLATO A VLAHOVIC — La Fiorentina parte subito forte nella ripresa con Ikoné e Nico Gonzalez, ma la Juventus si salva. Al 14’ st Vlahovic scatta sul filo bruciando Milenkovic, ma dopo il controllo attraverso il “fuorigioco semiautomatico” la rete dell’ex viene annullata. La squadra di Italiano, che intanto inserisce Castrovilli, tira un sospiro di sollievo, ma poi rischia grosso quando Bonaventura (già ammonito) viene graziato per un intervento su Rabiot. Intorno al 20’ st Kean, entrato poco prima al posto di Vlahovic, in 60 secondi ha due occasioni per chiudere la partita, però non riesce a capitalizzarne nemmeno una. La Fiorentina risponde inserendo Jovic al posto di Ikoné. Cambia la Juventus anche Allegri: fuori Di Maria, applauditissimo dall’Allianz Stadium, e dentro un centrocampista in più: Fagioli. Italiano si gioca tutto negli ultimi dieci minuti (più recupero) con un triplo cambio: dentro Cabral, Terzic e Saponara al posto di Nico Gonzalez, Dodo e Bonaventura.

GOL ANNULLATO A CASTROVILLI — Al 38’ st anche l’ultimo dei tre tenori, Chiesa, viene richiamato in panchina (al suo posto Paredes), ma l’ex viola non gradisce troppo. Al 43’ st il grande brivido, con l’Allianz Stadium gelato per qualche minuto. Castrovilli fa 1-1 con un tiro secco dalla distanza, però dopo il controllo al Var dell’arbitro la rete viola viene annullata per fuorigioco di Ranieri. La Juventus esulta e Allegri, nella concitazione finale, si fa anche ammonire.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Il Napoli non molla un colpo:
3-0 alla Cremonese e +16 in attesa dell’Inter

La capolista va in vantaggio nel primo tempo con Kvaratskhelia,
poi nella ripresa arrotondano il solito Osimhen ed Elmas


Vincenzo D’Angelo


La temperatura comincia a salire: il 3-0 sulla Cremonese vale una notte a +16 per il Napoli e un’altra giornata da mandare alla storia nel segno dei gemelli del gol. Kvaratskhelia apre, Osimhen chiude. Massimo risultato col minimo sforzo, perché per lunghi tratti la capolista è sembrata patire l’aggressività dell’ultima della classe, volenterosa ma ancora lontanissima dalla prima vittoria del suo complicato campionato. Il punto esclamativo lo mette Elmas, il dodicesimo uomo di questa meravigliosa orchestra azzurra. In attesa della partita dell’Inter di domani sera, Spalletti dà un’altra mazzata al campionato.

IL REGALO — La prima occasione è per la capolista: Di Lorenzo calcia a giro da fuori (6’) e Carnesecchi è bravo a disinnescare in tuffo. Al 9’ è la Cremonese ad avere una super occasione con Vazquez, chiuso al momento della battuta da un ottimo ripiegamento difensivo di Lozano. La partita della Cremonese è tutt’altro che rinunciataria e nel primo quarto d’ora la squadra di Ballardini colleziona angoli e spaventa il Napoli, anche se non impensierisce mai Meret. Al 20’ Carnesecchi vola su una deviazione aerea di Di Lorenzo, ma è solo il preludio del gol che arriva due minuti più tardi. Fa tutto Kvaratskhelia, che controlla sulla linea di fondo, si accentra e poi batte rasoterra sul palo lungo, regalandosi il nono centro in campionato nel giorno del 22esimo compleanno. E il 28’ è ancora il georgiano a sfiorare il raddoppio avviando il fraseggio al limite e poi andando a chiudere di testa – ma fuori misura – il traversone di Di Lorenzo. Il primo tiro grigiorosso arriva al 38’ con Benassi dalla distanza, ma Meret blocca senza problemi. Prima dell’intervallo il Napoli protesta per un contatto Ferrari-Kvara: per arbitro e Var non è rigore.

CON OSI SI VOLA — Spalletti rientra pensieroso negli spogliatoi: malgrado il vantaggio, la Cremonese è sembrata a tratti più brillante del suo Napoli e gli azzurri hanno sbagliato tanti appoggi comodi in impostazione. Ballardini si ripresenta con Valeri al posto di Ferrari, con l’idea di provare a spingere di più a sinistra da dove nel primo tempo la Cremonese ha sfondato con maggior facilità. Ma è il Napoli invece a sfondare (8’) da quella parte, con uno slalom speciale di Lozano, sulla cui conclusione Carnesecchi mette in angolo. La Cremonese rifiata, il Napoli non spinge, i primi 20’ del secondo tempo filano via al piccolo trotto, poi il lampo: sull’ennesimo angolo di Zielinski, Carnesecchi salva ancora ma non basta. Kim appostato sul secondo palo tiene vivo il pallone e Osimhen da un metro non può sbagliare. Diciassettesimo centro in diciotto gare di campionato per il nigeriano, capocannoniere del torneo e anima della capolista: sta viaggiando a una media record, meglio di lui al momento c’è solo Higuain nella stagione 2015-16. Alla festa poi partecipa anche il neoentrato Elmas, bravo a trovare il diagonale velenoso su assist di Di Lorenzo. Il resto è accademia, con gli applausi e dopo il cambio e il tormentone de “La capolista se ne va” che risuona dagli spalti. Napoli canta, balla e ride. Un mattone alla volta, il sogno scudetto prende sempre più forma.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Ngonge piega la Salernitana: ora il Verona vede la salvezza

Il nuovo acquisto decide la partita nel primo tempo su assist di Lazovic.
Tardiva la reazione della squadra di Nicola, ma Piatek si divora il pari all'88'


Pierfrancesco Archetti


Dodici punti in sette partite da inizio 2023, un altro scontro diretto vinto dopo quelli con Cremonese e Lecce: il Verona è a due sole lunghezze dalla linea della salvezza e fa ritornare la Salernitana nel gruppone delle pericolanti. Risultato giusto, anche se alla fine gli ospiti hanno due grandi occasioni (bravo Montipò su Piatek), ma prima il Verona ha più volte l’opportunità per il raddoppio.

IL PROTAGONISTA — Cyril Ngonge, belga acquistato dal Groningen nel mercato invernale, si era già fatto applaudire dal Bentegodi segnando alla Lazio una settimana fa, nel suo debutto da titolare. Stavolta ci prova prima al 28’ , ma la sua rete viene annullata per fuorigioco. Nessuno lo ferma però tre minuti dopo, anche se l’attaccante deve ringraziare Doig e Lazovic che ricamano un’azione pregevole sulla sinistra prima del cross per il marcatore. Il vantaggio è giusto, l’Hellas potrebbe anche raddoppiare ma Depaoli butta alto da pochi metri. Il Verona è senza l’ex più atteso, Milan Djuric, ancora infortunato e non convocato. Al suo posto prima partita da titolare per Gaich. Che tiene palla e prende falli, si rende utile.

LA REAZIONE — La Salernitana del primo tempo non riesce ad arginare le folate dei padroni di casa. Dopo la sconfitta con la Juve, Davide Nicola cambia tutto e torna al 3-5-2, anche per sistemarsi sulle posizioni del Verona (3-4-2-1). L’allenatore granata lascia fuori Ochoa, Sambia, Coulibaly e Piatek. Ritorna in porta Sepe, poi titolari anche Crnigoj, Pirola e davanti Bonazzoli. Ma soltanto una girata di Dia, nel recupero del primo tempo, diventa l’unico segnale di reazione. Mentre nella ripresa la squadra ospite preme di più: Nicola si gioca anche il tridente, facendo entrare anche Piatek, con Coulibaly e Sambia. Ma il Verona va vicino al raddoppio ancora con Ngonge. Doveri fischia anche un rigore per l’Hellas ma lo chiamano al Var e sul contatto Pirola-Doig non c’è fallo. La Salernitana chiude addirittura con quattro punte, dentro anche Valencia e l’occasione per il pari arriva a Piatek, sfuggito a Hien. Ma Montipò si oppone.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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