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Campionato di calcio Serie A stagione 2023/2024 di Award & Oscar FFZ

Ultimo Aggiornamento: 07/05/2024 00:00
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Segnano sempre i soliti:
Krstovic risponde a Berardi,
Lecce-Sassuolo finisce 1-1



Neroverdi in vantaggio nel primo tempo con il rigore del numero 10,
i giallorossi - che hanno avuto più occasioni - trovano il pari all'inizio della ripresa


Francesco Calvi

Un punto a testa prima della sosta. Lecce e Sassuolo avrebbero desiderato qualcosa in più, ma arrivano alla pausa nazionali con un risultato positivo, utile a rialzare l’umore dopo i ko incassati rispettivamente contro Napoli e Monza. Nell’anticipo del Via del Mare, i giallorossi e i neroverdi si affrontano a viso aperto per 90’ minuti. Un rigore di Berardi porta gli ospiti in vantaggio, nella seconda frazione Krstovic pareggia e sale a quota 4 reti in 7 apparizioni.

IL SOLITO MIMMO — Dionisi e D’Aversa puntano sull’effetto-sorpresa: nel Sassuolo c’è Castillejo trequartista, prezioso nel pressing alto ma anche a suon di scambi con Berardi e Lauriente. Il Lecce, invece, schiera Rafia a ridosso di Krstovic. Strefezza e Almqvist aiutano in fase di non possesso e l’italobrasiliano viene spesso dentro al campo. Proprio il capitano dei salentini è protagonista nel primo quarto d’ora: è suo il traversone al 5’ per Almqvist, che anziché calciare in porta cerca un assist troppo generoso, però in generale tutte le iniazitive dei giallorossi, dominanti in avvio, passano dai piedi dell’ex Spal. Nel momento migliore del Lecce, il Sassuolo conquista un rigore sugli sviluppi di un corner: Baschirotto tocca il pallone con il braccio e l’arbitro, dopo una lunga on field review, indica il dischetto. Berardi batte Falcone e da lì in poi i neroverdi crescono e alzano il baricentro. Il Lecce torna all’attacco poco prima dell’intervallo, ma spreca un paio di occasioni con Gendrey e Almqvist - fermati da Consigli - e poi con Baschirotto, che incorna sopra la traversa su corner.

LA RIPRESA — Al rientro in campo, il Lecce trova subito il pareggio. Al 48’ Krstovic ci prova di testa e guadagna un calcio d’angolo decisivo. Un istante più tardi proprio il montenegrino sfrutta una sponda di Baschirotto e, a due passi da Consigli, timbra l’1-1. La sfida si accende e le formazioni si affrontano a viso aperto: Dionisi inserisce Bajrami e Defrel, mentre D’Aversa risponde con Dorgu e Oudin. L’impatto dei subentrati è positivo, ma non basta per rompere l’equilibrio: Strefezza cerca il 2-1 dalla distanza, però il suo tiro si spegne al lato, Bajrami mette un cross sulla testa di Defrel, che non riesce a spaventare Falcone. Dopo quattro minuti di recupero, il match finisce 1-1: Lecce e Sassuolo salgono rispettivamente a quota 12 e 10 punti in classifica.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Inter, che combini?
Va sul 2-0 col Bologna poi subisce la rimonta

Dopo la sconfitta interna col Sassuolo, arriva un altro stop casalingo in campionato:
Acerbi e Lautaro avevano messo la partita sui binari nerazzurri,
poi la replica rossoblù coi gol di Orsolini e Zirkzee


Matteo Nava


L’Emilia-Romagna continua a portare male all’Inter, che contro il Bologna colleziona il secondo stop consecutivo in casa del campionato dopo la sconfitta per mano del Sassuolo di dieci giorni fa. Finisce 2-2 al Giuseppe Meazza, con la squadra di Simone Inzaghi che si illude con l’entusiasmante doppio vantaggio dei primi 12 minuti e poi resta intrappolata nella rimonta rossoblù e in un pizzico di nervosismo di troppo. Ancora a segno Lautaro Martinez – 10 gol in questa Serie A – dopo il colpo di testa di Francesco Acerbi, Riccardo Orsolini su rigore e Joshua Zirkzee nella ripresa firmano invece le due reti ospiti che valgono un preziosissimo punto a Thiago Motta.

TENTATA FUGA — L’Inter torna a giocare a San Siro alle 15 come non accadeva dalla festa scudetto del 2021 contro l’Udinese, ma con il pubblico l’appuntamento mancava addirittura dal 1° dicembre 2019, con la Spal. Le formazioni di Inzaghi e Motta non destano sorprese, con in campo gli 11 nerazzurri già ispiratissimi martedì contro il Benfica e un Bologna invece particolarmente rimaneggiato nella linea difensiva, comunque reduce da una striscia di oltre 400 minuti di imbattibilità. Il primo tentativo pericoloso è un velenoso mancino teso di Lewis Ferguson – a lato –, ma con la capolista della Serie A il filotto di reti inviolate di Lukasz Skorupski si infrange dopo soli 11 minuti, quando Hakan Calhanoglu su calcio d’angolo pesca Acerbi sul primo palo, bravo a incornare in torsione sfuggendo a Remo Freuler. Il portiere polacco ha poco tempo per capire che non è una giornata come le altre, a San Siro, e un giro d’orologio più tardi è il solito Lautaro a punire un errore ospite in impostazione, disegnando da fuori area uno splendido fendente sotto l’incrocio lontano: doppia cifra di reti dopo otto turni di campionato per l’argentino, come non accadeva dal 1958 nella storia del club con Antonio Valentin Angelillo.

ANCORA ”ORSO” — Per quanto incredibilmente letale offensivamente, però, al 17’ il Toro pecca “da attaccante” su un corner a sfavore, trattenendo Ferguson fino ad accompagnarlo a terra: la sala Var richiama l’attenzione dell’arbitro Marco Guida e Orsolini trasforma il rigore al 19’ “sporcando” anche la splendida statistica sulle reti (non) incassate da Yann Sommer. Il Bologna è vivo e per tutto il primo tempo non smette di ricordarlo ai padroni di casa, che però sfiorano due volte il 3-1: una punizione velenosa di Federico Dimarco alzata sopra la traversa da Skorupski, ma soprattutto un “calci tu o calcio io” a un paio di metri dalla porta rossoblù in cui nessuno tra Calhanoglu e Henrikh Mkhitaryan finisce per impattare il pallone in tempo.

IL GIOIELLO OLANDESE — Nonostante la continuità nella trama di gioco tra i due tempi, al 53’ Zirkzee decide che è il momento di pareggiare e, dopo quasi un’ora di manovre e colpi di suola, firma il pareggio con una giocata da vero talento quale è: accoglie il lancio di Ferguson al limite dell’area, intimorisce Alessandro Bastoni che arretra lasciandogli lo spazio di calciare e fulmina Sommer infilando un preciso rasoterra all’angolino. Inzaghi attinge quindi energie dalla panchina, risvoltando le fasce con Carlos Augusto e Juan Cuadrado e optando per Alexis Sanchez al posto di Marcus Thuram. Il cileno segna subito in tap-in su assist dell’ex Monza, ma il fuorigioco di partenza interrompe sùbito l’esultanza del Meazza. Motta risponde con Alexis Saelemaeekers per uno spento Dan Ndoye, ma al 73’ è ancora l’Inter ad avvicinarsi al vantaggio da corner con un curioso esterno volante di Lautaro, spalle alla porta, che sfiora il palo. Nell’ultimo quarto d’ora si rivede in campo anche Davide Frattesi – per Mkhitaryan –, mentre Zirkzee abdica per il figlio d’arte Sydney van Hooijdonk: a 5’ dalla fine un esplosivo Carlos Augusto impegna Skorupski per la prima volta nella ripresa, poi qualche fallo di troppo e la raffica di sostituzioni accompagnano la partita verso il triplice fischio.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Milinkovic sbaglia, Gatti e Milik ringraziano: il derby è della Juve

Il successo bianconero matura nella ripresa,
sugli sviluppi di due calci d'angolo su cui il portiere granata esce male


Mario Pagliara


Due regali di Milinkovic mandano la Juventus in paradiso: Allegri fa festa in un derby equilibrato e bruttino grazie a due uscite a “farfalla” del portiere di Juric che regalano gioia prima a Gatti poi a Milik. Per i bianconeri è l’incastro perfetto: portano a casa il bottino pieno nonostante le assenze di Vlahovic e Chiesa e senza grandi patemi. Allegri “mangia” due punti all’Inter e sale a 17 punti in classifica. Dal Toro ci si attendeva tantissimo di più in questa stracittadina, finisce per produrre poco e viene punito dai propri errori. Per Juric inizia da domani una sosta di riflessioni: nelle ultime 3 partite i granata hanno raccolto un solo punto (in casa col Verona), non segnando mai.

CORPO A CORPO — Si guardano allo specchio, Juventus e Toro. Non si perdono mai di vista, in un corpo a corpo che in partenza divampa a tutto campo. Allegri non ha Chiesa e Vlahovic, a Juric mancano Buongiorno e Djidji (oltre al non convocato Radonjic), e allora i due tecnici sono costretti a ridisegnare le squadre con i calciatori superstiti dagli infortuni. Max schiera i bianconeri con un 3-5-1-1 con Miretti a supporto di Kean, modulo molto dinamico perché in fase di attacco Miretti sale a fare il centrocampista mentre le due mezzali Mckennie e Rabiot si trasformano quasi in trequartisti. L’Ivan granata adatta un ottimo Tameze come terzo di difesa e davanti lancia la coppia Seck-Vlasic a supporto di Zapata. Come da filosofia di Juric, il Toro è sagomato a uomo a tutto campo ai calciatori della Juventus che accettano il duello.

DERBY BLOCCATO — Nel primo tempo è un derby bloccato: la posta in palio è già significativa per entrambi. Sembra prevalere la tensione, a tratti palleggia di più il Toro, a momenti sale l’onda bianconera con le folate delle mezzali. Nessun tiro in porta da parte di entrambi a metà partita, perché un rimpallo sbilenco di Rabiot (piede destro, poi piede sinistro) finito tra le braccia di Milinkovic non può essere considerato una conclusione nello specchio. Al quarto minuto l’unico vero sussulto della prima metà della stracittadina torinese è in fuorigioco: Kean scarica un bolide imprendibile ma in partenza è nettamente davanti a Schuurs. Se la Juventus gioca di fatto senza attacco, là davanti fa tanta fatica anche il Toro: l’unico mezzo spunto dei granata arriva al 17’ con Lazaro che spreca sulla traversa una potenziale occasione. Zero a zero all’intervallo.

L’URLO DI GATTI — Allegri mette subito dentro Milik per Miretti. L’avvio di secondo tempo del Toro è da film horror. Pronti via, e Ilic sbaglia un passaggio facile all’indietro che lancia Kean verso lo specchio, poi recuperato da Schuurs. Ma il peggio arriva al secondo minuto: Milinkovic esce a farfalla su un calcio d’angolo, Bremer ribatte con Rodriguez che salva sulla linea. Ma Gatti timbra il rimpallo in porta: in presa diretta l’arbitro Massa annulla per fuorigioco, poi dopo un lungo check al Var si evidenzia il tocco di Tameze che tiene tutti in gioco. Quasi cinque minuti dopo, Gatti può liberare l’urlo che sblocca il derby.

DISASTRO MILINKOVIC — La Juventus ha la palla del raddoppio al quarto d’ora: cross di Kostic, incornata di Milik, Milinkovic si salva coi pugni. Ma è solo il preludio: sul successivo calcio d’angolo, Milinkovic sbaglia clamorosamente i tempi dell’uscita per la seconda volta, regalando il due a zero a Milik di testa. E’ un derby disastroso per il portiere di Juric. A venti minuti dalla fine il Toro si gioca la carta Sanabria (per Seck), poi dentro anche Pellegri. Il Toro spaventa allo scadere la Juventus con una sforbiciata di Sanabria. Manca anche la fortuna.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Finale pazzesco:
il Milan batte il Genoa con Pulisic-gol e Giroud in porta!
E vola in testa da solo

Incredibile a Marassi, dove succede tutto negli ultimi minuti (14 di recupero):
la rete dell'esterno rossonero e poi l'espulsione di Maignan,
che costringe Pioli a mettere in porta un giocatore di movimento:
mette i guanti l'attaccante francese, che salva la sua squadra.
Rosso anche a Martinez


Filippo Grimaldi


Sorpasso con il brivido. Il Milan ringrazia una magia di Pulisic (quarto centro in campionato) nel finale e vince al Ferraris contro il Genoa al 43’ della ripresa, scavalcando l’Inter ora a meno due, bloccato in casa dal Bologna. Vittoria sofferta e maturata solo quando Pioli nella ripresa ha dato spazio ai suoi uomini migliori, ma pesantissima anche nell’economia del campionato dei rossoneri, che dopo la pausa delle nazionali saranno attesi da un trittico terribile contro Juventus, Psg e Napoli. Finale-thrilling, con il rosso a Maignan dopo un check Var (ginocchiata in volto ad Ekuban), Giroud fra i pali al suo posto con l’attaccante salvato prima dalla traversa sulla punizione di Gudmundsson e poi decisivo in uscita su Puscas, mentre anche il Genoa perde Martinez per doppia ammonizione (dentro Leali). La squadra di Gilardino gioca una gara orgogliosa, ma paga anche le assenze pesanti, da Badelj a Strootman, da Retegui a Messias, che si blocca a poche ore dalla gara. I rossoneri dimenticano così l’amaro pari di Dortmund e prendono la testa solitaria della classifica. Ancora una volta ai rossoblù è fatale il finale: sono già sette i punti persi dal Grifone nel quarto d’ora finale di partita e non riesce a mantenere quel ruolo di castiga grandi (la Lazio all’Olimpico e, in casa, la Roma, oltre ad avere bloccato sul pari il Napoli). Invece sorprendentemente la squadra di Pioli fatica sino a metà gara.

TURNOVER — Il motivo? Principalmente i cambi nell’undici titolare. Pioli sceglie Jovic e lascia Giroud in panchina, con Chukwueze e Okafor a completare il tridente offensivo privo anche di Leao e Pulisic. Ma se gli ospiti confermano il loro 4-3-3, Gilardino opta per un inedito 4-5-1, con Sabelli recuperato a destra in mediana (e Haps sulla corsia opposta) e Malinovskyi sulla linea dei centrocampisti. Gudmundsson resta così l’uomo più avanzato del Grifone. Il Mian parte subito a gran ritmo, sfrutta bene la fascia destra con Chukwueze, che in avvio costringe Haps e Vasquez restare molto bassi. Okafor (4’) entra dalla corsia esterna e va subito vicino al vantaggio, coraggiosa l’uscita di Martinez. Rossoblù guardinghi, Milan più coraggioso e in possesso del gioco. I padroni impostano una gara diversa da quella gagliarda che li aveva visti travolgenti contro la Roma, ma non rinunciano comunque a giocare. Un contatto Florenzi-Vasquez in area rossonera fa arrabbiare Gilardino (ammonito) che chiederebbe un rigore, ma l’arbitro Piccinini non ha dubbi e fa proseguire il gioco. Il Milan si affanna a trovare varchi, ma gli uomini di Gilardino lasciano poco spazio, con Thorsby e Frendrup a turno su Adli, spezzando così una delle fonti del gioco ospite. Gudmundsson fatica a trovare l’accelerazione per colpire, anche se il Genoa cerca di sfruttare la torre Thorsby per saltare la difesa rossonera. Reijnders impegna Martinez (16’), ma Musah al momento del lancio era in fuorigioco. Florenzi si prende il secondo giallo del Milan dopo Hernandez per il fallo su Haps che stava scappando sulla sinistra, tagliando le linee di gioco del Milan. Tanta, troppa fatica per Pioli e attacco milanista totalmente improduttivo. Il diagonale di Hernandez (28’) termina a lato, ma il Milan del primo tempo è tutto qui e non è abbastanza.

SPAZIO AI BIG — E allora, dopo l’intervallo, Pioli lancia subito Leao e Pulisic – fuori Okafor e Chukwueze – per accendere l’attacco. De Winter va sul portoghese, ma il canovaccio del primo tempo resta invariato. Genoa attento e gioco che soffoca le ripartenze del Milan. Quando il Genoa è senza palla, Reijnders spinge forte e costringe Sabelli sulla linea dei difensori. Di fatto un 5-4-1, ed è un primo segnale di crescita del Milan, con il Genoa che non riesce più ad essere efficace come nel primo tempo. Anche perché Gudmundsson è meno efficace, e senza le sue giocate e il dinamismo dell’islandese, per la squadra di Gilardino la situazione si complica. L’accelerazione di Haps fa respirare il Genoa e costringe Adli in difficoltà al fallo: un altro giallo per il rossonero. Capolavoro di Martinez su Leao, mentre Pioli alza la qualità dei suoi: dentro Giroud e Calabria, escono Adli e Florenzi. Gilardino risponde con Kutlu ed Ekuban al posto di Malinovskyi e Sabelli. Genoa con il 5-3-2. De Winter si prende un giallo evitabile e per lui le cose si complicano, sotto la pressione di Leao, che va giù in area e frana addosso a Dragusin. Non è rigore. Il Genoa tiene. E osa. Il diagonale velenoso di Dragusin viene deviato in angolo da un capolavoro di Maignan alla mezz’ora su una deviazione di Reijnders, ma la gara resta in sostanziale equilibrio. Ekuban calcia alto (32’), ma il Milan non riesce a schiacciare il Genoa, fino al rocambolesco finale. Pulisic sorprende Bani e segna, poi i rossoneri devono soffrire prima di poter abbracciare Giroud portiere (decisivo) per una notte. Questo primato solitario è (molto) merito suo.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Vignato in gol al debutto da titolare in A
e fa volare il Monza: Salernitana travolta 3-0



Brianzoli in vantaggio al 9' con Colpani, al 4° centro stagionale.
Il 2004 a segno al 18'.
Al 65' prima in biancorosso per Papu Gomez.
Il rigore di Pessina all'82 chiude i conti. Panchina a rischio per Sousa


Matteo Brega

Il Monza batte 3-0 la Salernitana con i gol di Colpani, Vignato e Pessina su rigore. Per Paulo Sousa la pausa potrebbe essere decisiva in chiave negativa vista la prestazione molto opaca della sua squadra. Seconda vittoria consecutiva per i brianzoli invece (5°risultato positivo di fila) che si mettono in scia alle posizioni da zona Europa.

AVANZATA BRIANZOLA — Raffaele Palladino sceglie a sorpresa Samuele Vignato dal 1’ (esordio in Serie A da titolare) alle spalle di Lorenzo Colombo insieme con Andrea Colpani a inventare. Paulo Sousa, alla centesima panchina in campionato, deve tenersi il posto (in tribuna Massimo Oddo) e rilancia dal principio Antonio Candreva, recuperato, con Boulaye Dia punta centrale. Al 9’ il Monza passa in vantaggio con un’azione personale di Colpani. Prende palla sul centrodestra, finta la conclusione con il sinistro, il suo piede, rientra e con il destro lascia partire un diagonale non potente ma preciso sul quale Ochoa non può arrivare. Quarto gol in campionato per il numero 28 sui 6 complessivi. Al 12’ parte dalla Curva Pieri il coro “Galliani uno di noi” e l’a.d. si alza per applaudire mentre si srotola uno striscione emozionante: “Il tuo sogno da bambino attraversa le generazioni, portare Monza nel firmamento, è un’impresa tua Galliani, non abbandonarla mai. E’ anche il nostro giuramento. Grazie”. Lo stesso Colpani al 17’ ci riprova, questa volta da lontano e di sinistro, Ochoa blocca in due tempi. Monza e Salernitana non alzano il ritmo, il caldo – più vicini i 30 gradi che i 20 – e così la partita è un lento piano inclinato in direzione Brianza. Al 18’ Gagliardini recupera e porta palla attirando attenzioni difensive, sulla sinistra lo accompagna Vignato che viene servito prima della chiusura della difesa avversaria e trova il tempo per infilare Ochoa tra le gambe. E’ 2-0 Monza che Di Gregorio cristallizza al 21’ su un diagonale di Candreva. Vignato va vicino alla doppietta quando si fa cinquanta metri palla al piede inseguito da due difensori salernitani: solo Ochoa inchioda il suo diagonale. Il primo tempo finisce così, con i tifosi salernitani che fischiano la loro squadra.

RESA SALERNITANA — La prima scossa di Sousa alla ripresa della gara consta di tre sostituzioni: dentro Bradaric, Martegani e Maggiore per Mazzocchi, Bohinen e Legowski. Dopo 15’ entra anche Stewart per Cabral per rinfocolare l’anima della Salernitana schierata con un modulo variabile tra il 4-1-4-1 e il 4-3-3. Resta l’idea di una squadra poco reattiva e poco dentro alle idee di Sousa, qualsiasi esse siano. Al 64’ anche Palladino mette mano alla sua squadra. Dentro Pedro Pereira e il Papu Gomez al posto di Ciurria e Colpani, poi Birindelli e Bondo per Vignato e Kyriakopoulos. Al 73’ un mezzo pasticcio sulla trequarti lancia Dia sulla sinistra, Bondo lo sposta giusto mentre calcia e il suo tiro colpisce la traversa e rimbalza sulla linea di porta senza varcarla. Brivido per il Monza che è in pieno controllo della partita ma avanti “solo” di due gol. La squadra di Sousa prende coraggio e Di Gregorio si salva due volte su Stewart e Dia in pochi secondi. Al 74’ è Candreva con un violento destro a far volare Di Gregorio. Al 76’ azione rapida di ripartenza: Gagliardini imposta per Colombo che apre per il Papu, sovrapposizione di Birindelli che crossa per Colombo che sul secondo palo a porta vuota non trova la via della rete in posizione comunque non comodissima. All'80’ l’arbitro fischia un rigore per il Monza: Bondo calcia e Pirola in tuffo “para” con un braccio. Batte Pessina all'82’ e mette il sigillo: 3-0. Da lì in poi solo occasioni mancate: Colombo sfiora il gol del 4-0, come Gagliardini che colpisce la parte alta della traversa. Terza sconfitta consecutiva senza segnare per i campani (e 8 gol subiti) che potrebbero cambiare guida nel corso della pausa.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Reinier & Soulé: il Frosinone vola con i suoi baby, Verona ko

Finisce 2-1 per i laziali che salgono al settimo posto,
decisivi i giovani di Di Francesco.
I veneti si svegliano tardi


Giulio Saetta


Il Frosinone batte 2-1 il Verona grazie ai suoi gioiellini sudamericani Reinier e Soulé. Sta pagando la strategia di mercato dei ciociari che hanno scelto di puntare sui giovani in cerca di rilancio. Nessuna squadra vanta più giocatori nati negli anni 2000 con almeno un gol segnato in questo campionato rispetto al Frosinone: tre (Soulé, Reinier e Monterisi), come il Napoli (Kvatarskhelia, Raspadori e Gaetano). Merito anche del tecnico Di Francesco, che proprio al Verona era stato esonerato in modo frettoloso due anni fa, per avere avuto il coraggio di inserirli in modo graduale, senza l’assillo della prestazione immediata. La classifica continua a sorridere al Frosinone che sale a 12 punti agganciando Monza e Lecce in settima posizione.

LE SCELTE — Di Francesco non si schiera a specchio e continua con la difesa a quattro, in cui tocca a Monterisi sostituire l’acciaccato Romagnoli. Dietro il doppio play Barrenechea-Mazzitelli, il tridente di trequarti in cui al centro fa l’esordio il classe 2001 brasiliano Reinier con a fianco Soulé a destra e Garritano a sinistra; Cheddira riprende posto al centro dell’attacco. Baroni invece rinuncia al centravanti di lotta Bonazzoli per avanzare Suslov, proponendo così un inedito tridente con Ngonge a destra e Saponara a sinistra.

ESORDIO COL BOTTO — Fa ancora molto caldo a Frosinone e i ritmi sono bassi, cosa che, sommata a un atteggiamento tatticamente molto accordo delle due squadre, non fa bene alla spettacolarità del match. Ci pensa Matias Soulé, talentino della Juve, a scaldare i tredicimila dello Stirpe con due fiammate ravvicinate. Al 32’ accelerazione classica con movimento ad accentrarsi da destra per trovare lo spazio col sinistro, che però finisce alto. Dopo un giro d’orologio ci riprova ma invece di allargarsi penetra diretto in area con una serpentina e da buona posizione prende il palo: si tratta del terzo legno pieno centrato dall’argentino in campionato. Allo scadere del primo tempo occasione per il Verona con una girata di testa di Folorunsho su corner. Al primo minuto di recupero Frosinone avanti con Reinier che a centroarea di piatto insacca un pallone calciato sul palo da Cheddira, imbucato da una bella giocata ancora di Soulé. Esulta lo Stirpe così come Di Francesco che ha dato fiducia all’ex Real Madrid: "Per poter valutare i ragazzi che hanno talento e qualità è giusto metterli in campo", aveva detto ieri in conferenza il tecnico pescarese.

SOULÉ SHOW — Verona vicinissimo al pari all’8 della ripresa con un ottimo cross da sinistra di Saponara che taglia l’area per la testa di Terracciano inseritosi a destra, palla fuori di un nulla sul palo lungo. Ora la partita è aperta, Reinier ancora protagonista al 12’ a chiudere un buon triangolo con Cheddira, il cui sinistro dal limite finisce a lato di poco. Poi al 16’ altro palo di Soulé, imbeccato da Reinier, ma al 21’ il classe 2003 argentino non sbaglia di testa su un cross di Marchizza da sinistra, imbeccato da un tacco di Garritano, e fa 2-0. Sfortunato di piede ma letale di testa Soulé, al secondo centro in campionato con questo fondamentale. Anche il suo primo gol in Serie A con la maglia della Juve contro la Sampdoria era stato fatto di testa. Di Francesco alla mezzora mette in ghiaccio la gara passando alla difesa a tre con l’ingresso di Romagnoli al posto di Reinier e formando una cerniera di centrocampo a cinque. Il risultato è concedere più campo al Verona che però è costretto a trovare la conclusione da fuori per la mancanza di spazi. Al 4’ di recupero Djuric subentrato accorcia le distanze di testa su cross da destra di Tchatchoua, unica piccola consolazione per Baroni che non trovava il gol da quattro partite. I tre punti, invece, in casa Hellas mancano da sei partite. E ora bisogna anche iniziare a guardarsi le spalle.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Spettacolo all'Olimpico: Lazio avanti,
doppia rimonta Atalanta ma Vecino esalta Sarri

Dopo l'autorete di De Ketelaere e il gol di Castellanos,
la squadra di Gasp era riuscita a recuperare con Ederson e Kolasinac.
Il tecnico toscano espulso ma vincente


Andrea Elefante


Alla settima partita in tre settimane per entrambe, giocata a 29 gradi e nonostante questo con grande intensità, ci sta di vincere con i cambi. E la Lazio batte l’Atalanta così, al minuto 38 della ripresa, con uno degli uomini scelti da Sarri, poco dopo espulso, per ridare vigore ad una squadra già da un po’ messa sotto, ma non soggiogata, dall’Atalanta: Gasp ricava poco dall’ingresso di Lookman e Muriel, mandati in campo in corsa per Scamacca e De Ketelaere, e stavolta anche da Koopmeiners; mentre il gol della vittoria viene firmato dall’uomo della provvidenza (come in Champions), Matias Vecino, entrato al posto di Luis Alberto, quando la sua squadra è già stata perlomeno rivitalizzata dagli strappi di Isaksen, messo in campo per spezzare il dominio nerazzurro. La Lazio così dà una pitturata alla sua classifica, che era ferma a 7 punti in sette partite, mentre la Dea chiude il suo tour de force così come lo aveva cominciato: perdendo 3-2 in trasferta, come era successo a Firenze, e perdendo la solidità difensiva da sei gare su otto senza subire gol. Anche se per un’ora dimostra che le cinque partite brillanti fra le due sconfitte non erano state un caso. Però Gasperini, che ha la panchina lunga, ha bisogno di più dai suoi cambi e deve mettere in condizione Scamacca, oltre che i suoi esterni, Holm e Bakker, entrati solo nel finale, perché Zappacosta e Ruggeri hanno chiuso la gara “cotti”.

LE SCELTE — Sarri non ha Immobile neanche per la panchina e non sceglie la formula con il “falso nove”: dunque al centro dell’attacco c’è Castellanos, con Felipe Anderson e Zaccagni esterni. Centrocampo con Rovella e Guendouzi assieme all’intoccabile Luis Alberto, al centro della difesa la coppia (ex) azzurra Casale-Romagnoli, con Marusic e Hysaj da laterali della linea a quattro. Con un giorno di riposo in meno dopo le fatiche di Coppa, Gasperini dosa le energie di Koopmeiners e Lookman, scegliendo Pasalic alle spalle di De Katelaere e Scamacca. Il centrocampo è quello collaudato, con Zappacosta e Ruggeri sulle fasce e la coppia De Roon-Ederson in mezzo, in difesa non c’è Toloi ma Djimsiti è recuperato dopo l’acciacco di Lisbona e gioca con Scalvini e Kolasinac.

PRIMO TEMPO — L’inizio è shock - come la sua metamorfosi rispetto a giovedì a Lisbona - per l’Atalanta e di conseguenza travolgente per la Lazio: due gol e due chance per irrobustire il vantaggio in appena 18’. Un po’ di fortuna per l’1-0, dopo meno di 5’: un corner come sempre velenoso di Luis Alberto e pallone spiovente, che in una selva di gambe sbatte sulla coscia di De Ketelaere, per un autogol che mette fuori causa Musso. La Dea accusa il colpo, la Lazio coglie l’attimo e all’11’ raddoppia, con un’azione che mette in evidenza quella che sembra stanchezza fisica, e in realtà nasconde solo un approccio meno feroce del solito, degli uomini di Gasperini: un velo di Luis Alberto attiva Zaccagni che scappa a Zappacosta, cambio gioco su Felipe Anderson che brucia Kolasinac e radente su cui Castellanos (primo gol laziale) che anticipa Djimsiti. Tre nerazzurri su tre in ritardo. Ma non è finita: dopo 3’, sugli sviluppi di una punizione, Casale si trova la porta spalancata ed è complice della prodezza di Musso che dice no. Quando al 18’ Guendouzi colpisce anche la traversa si pensa al crollo della Dea, e invece è lì che l’Atalanta, poco a poco, approfitta di un rallentamento della Lazio e ritrova energie, il filo del gioco e dunque, almeno un po’ il governo della partita. Da lì in poi ci sono solo occasioni per la Dea: al 25’, su un cross di Ruggeri spizzato da Casale, Pasalic - che ormai ha più movimenti da centravanti che da trequartista - arriva di testa con un attimo di ritardo. Ma è sempre di testa il gol del 2-1, al minuto 33: ancora un cross affilato di Ruggeri (terzo assist in campionato, più uno in Europa League) e Ederson ha abbastanza libertà per colpire e rimettere in corsa l’Atakanta. Che prima del riposo ha ancora due buone occasioni, sempre con Zappacosta: primo tiro respinto da Rovella, il secondo invece mirato malissimo con il sinistro.

SECONDO TEMPO — La ripresa inizia così com’era finito il primo tempo: con l’Atalanta che ci mette qualcosa in più ed è più pericolosa. Subito (4’) con De Ketelaere, che chiude un’azione personale con un gran sinistro su cui serve il miglior Provedel. Il gol del pareggio è nell’aria e arriva puntualmente al 18’, quando sugli sviluppi di un angolo, un cross dalla sinistra di Koopmeiners trova lo stacco di testa (sesto gol aereo dell’Atalanta in stagione) di Kolasinac, che sovrasta Marusic. La partita sembra avviata ad un pareggio, anche perché le forze calano, ma una punizione calciata non troppo alta da Isaksen (minuto 36’) è il segnale che il serbatoio dell’Atalanta tende alla riserva. E l’azione del 3-2, come i primi due, trova i nerazzurri mal disposti e poco pronti: su cross di Marusic è prezioso il ponte di testa di Castellanos, ma Vecino è liberissimo in area per il 3-2. E a quel punto la reazione dell’Atalanta è veemente, ma non lucida: si esaurisce in un colpo di testa di Scalvini fuori di poco, una girata di Muriel su cross di Lookman bloccata da Provedel e in una punizione guadagnata ai 25 metri dal colombiano, però murata dalla difesa biancoceleste.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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08/10/2023 21:02
 
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La Roma e Lukaku travolgono il Cagliari,
ma l'infortunio di Dybala rovina la festa



I giallorossi vincono 4-1 grazie alle reti di Aouar,
Belotti e alla doppietta del belga.
Ma l'argentino tiene tutti con il fiato sospeso


Andrea Pugliese

Terza vittoria consecutiva della Roma, anche se in casa giallorossa c’è poca voglia di far festa, a causa dell’infortunio di Dybala che preoccupa un po’ tutti. Per l’argentino c’è da capire il trauma al ginocchio sinistro che l’ha costretto ad uscire tra le lacrime dopo 37’ di gioco. In quel momento la Roma aveva già ipotecato la partita con i gol di Aouar e Lukaku, chiudendola poi nella ripresa (4-1 sul Cagliari) con il secondo sigillo del belga e quello di Belotti. Ma, è evidente, quello che interessa di più è capire come stia davvero Dybala.

TROPPA DIFFERENZA — Mourinho stavolta dà fiducia ad Aouar, anche se è una fiducia obbligata che però viene presto ripagata dal francese, che apre le danze al 19’ e segna il suo primo gol in Italia. Ranieri, invece, si mette a specchio con il 3-5-2, inverte gli interni di centrocampo (Sulemana e Makoumbou) e davanti si affida ai chili di Petagna (subito pericoloso di testa). Il Cagliari, tra l’altro, parte anche bene, con un buon ritmo e con un Nandez che a destra mette intensità ed energia su ogni pallone. La differenza di qualità però è evidente e la Roma, pur senza fare niente di trascendentale, riesce presto a incanalare la gara con il maggior talento. E pazienza se Dybala si divora un gol calciando su Scuffet a porta spalancata, le reti arrivano subito dopo proprio da Aouar (assist di Spinazzola) e ancora da Lukaku (di petto, sesto gol in sette gare da titolare). Sul 2-0 cambia la partita, con i sardi che provano ad alzare il baricentro e la Roma a sfruttare le ripartenze (Lukaku ne sbaglia una clamorosa). Il problema dei padroni di casa, però, è che in mezzo ci sono poche idee e che gli spazi sono sempre meno. Quello della Roma, invece, è l’infortunio di Dybala al ginocchio sinistro, quello con cui disegna magie su magie, subito dopo uno scontro con Prati. Dybala si rialza, prova a correre e poi ricrolla a terra, piangendo e con le mani tra i capelli. Esattamente come Mourinho, che quando lo vede andare giù si gira con il volto terrorizzato e le mani tra i capelli, anche lui.

IN GHIACCIAIA — Neanche il tempo di ripartire che la Roma mette in cassaforte la partita. Lukaku ha subito la palla del 3-0 ma la spreca malamente, rifacendosi però all’11’ con un tocco ravvicinato che supera Scuffet. In mezzo il pezzo di bravura di Belotti, che brucia Zappa e insacca il 3-0. In entrambi le occasioni c’è però da sottolineare il genio di Paredes, che regala due assist al bacio al Gallo (rete validata dal Var) e a BigRom. Sul 4-0 non c’è più partita, con il Cagliari che cerca di salvare solo l’orgoglio e la Roma a gestire forze e risorse, per evitare anche ulteriori infortuni (da inizio stagione siamo già a 15). Il Cagliari però è anche sfortunato: al 26’ il primo gol in A di Prati, un gioiellino di coordinazione dal limite, viene annullato per un fuorigioco di Azzi, dieci minuti dopo Ndicka nega sulla linea la rete a Pavoletti. Ed allora il gol della bandiera arriva al 41’, con il rigore di Nandez (fallo di mano di Cristante). Finisce così, con la Roma ad incrociare le dita per Paulo Dybala.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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08/10/2023 23:55
 
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Nuovo scivolone Napoli al Maradona:
la Fiorentina fa il colpo e prende la Juve al terzo posto

Apre Brekalo, poi il pari di Osimhen su rigore,
nella ripresa le zampate di Bonaventura e Nico Gonzalez


Nicola Berardino


La Fiorentina sbanca il Maradona e resta agganciata al terzo posto, al fianco della Juventus. Si sgancia invece il Napoli che cade dopo quattro gare utili e scivola in quinta posizione. Non è servito a far punti il ritorno al gol su rigore da parte di Osimhen che a fine primo tempo aveva pareggiato il vantaggio di Brekalo. Nella ripresa il gol di Bonaventura sancisce la superiorità della squadra di Italiano (quattro successi a Napoli da allenatore). La formazione di Garcia non sa rialzarsi e subisce una lezione di gioco dalla Fiorentina che nel recupero finale va firmare il terzo gol con Gonzalez.

OSIMHEN DI RIGORE — Garcia conferma in blocco la formazione schierata dal via martedì contro il Real Madrid: Mario Rui parte dalla panchina. Italiano effettua sette cambi nell’undici allestito giovedì sera contro i Ferencvaros. In pratica, confermati Terracciano, Kayode, Quarta e Bonaventura. In difesa entrano Milenkovic e Parisi. In mediana riecco Arthur e Duncan. Il turnover spinge anche Gonzalez in panchina. Così sulla destra delle trequarti c’è Ikone e sul versante opposto si rivede Brekalo. Torna Nzola come terminale offensivo. Napoli in campo con la maglia versione Halloween. Subito molto alto il pressing dei viola. Al 5’ brividi per la squadra di Garcia: rovesciata di Quarta, ribatte Osimhen. Replica del Napoli: botta di Di Lorenzo che va sopra la traversa. Al 7’ la Fiorentina va a segno. Brekalo è lesto ad avventarsi sul pallone respinto dal palo dopo un tocco di Quarta: il suo sinistro, da posizione angolata, infila Meret (tiro tra le gambe). È il primo gol stagionale per il croato. I viola giocano ad un ritmo elevato. Azzurri bloccati nella ricerca degli spazi. Si apre un varco al 22’ e Osimhen va in gol che però viene annullato per fuorigioco. Al 28’ Terracciano fa scudo su una bordata di Lobotka. Lucida e geometrica la manovra della Fiorentina. Si ferma Anguissa per problemi muscolari e al 32’ entra Raspadori. Garcia passa al 4-2-3-1. Napoli più sciolto in proiezione offensiva, la Fiorentina serra i cancelli davanti a Terracciano. Raspadori al tiro: fuori bersaglio. Ma la gara resta in controllo della Fiorentina che si muove a tutto campo. Il fraseggio dei viola si impone sugli avversari. Fischi del Maradona per la prova degli azzurri. Al capolinea del primo tempo con quattro minuti di recupero Terracciano per anticipare Osimhen lo travolge. La Penna decreta il rigore. Sul dischetto, dopo le parentesi di Zielisnki con Udinese e Real Madrid, torna il nigeriano che porta il Napoli al pareggio prima dell’intervallo. Sesto gol in campionato per il capocannoniere della stagione scorsa.

IL COLPO DI BONAVENTURA — Nella ripresa è la Fiorentina ad andare per prima più vicina al gol. Al 5’ incursione di Nzola, che smista per Ikone: palo esterno a portiere battuto. Riparte il Napoli: diagonale di Osimhen deviato in angolo. Il Maradona passa agli applausi per gli azzurri. Rasoiata di Ikone di poco al lato. Garcia avvicenda Politano con Cajuste per riequilibrare il centrocampo. Osimhen porta via il pallone a Milenkovic ma viene fermato da Terracciano. Il gioco del Napoli lievita. Ma la squadra di Italiano è in guardia per cogliere ogni chance. E al 18’ avanza Duncan, un rimpallo con Olivera innesca Bonaventura che di piatto riporta la Fiorentina in vantaggio. Quarto gol stagionale per il 34enne trequartista appena richiamato in Nazionale da Spalletti. Il Napoli si risente in ansia, come dopo la prima rete dei viola. Al 28’ ecco Gonzalez che rileva Brekalo. Tre minuti dopo tris di sostituzioni nel Napoli: Zielisnki, Osimhen e Lobotka out, spazio a Simeone, Lindstrom e Gaetano. Chance per Kayode. Preme la squadra di Garcia. Parisi sventa su Simeone. Italiano fa entrare Ranieri, Mandragora e Infantino al posto di Kayode, Duncan e Arthur. Terracciano devia in angolo una capocciata di Simeone. Comuzzo sostituisce Ikone. La Fiorentina non si accontenta e va a segnare anche il terzo gol con una ripartenza rapida capitalizzata da Gonzalez. I viola si godono una vittoria meritatissima. Sul Napoli i fischi finali del Maradona.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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08/10/2023 23:56
 
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SERIE A 2023/2024 8ª Giornata (8ª di Andata)

06/10/2023
Empoli - Udinese 0-0
Lecce - Sassuolo 1-1
07/10/2023
Inter - Bologna 2-2
Juventus - Torino 2-0
Genoa - Milan 0-1
08/10/2023
Monza - Salernitana 3-0
Frosinone - Verona 2-1
Lazio - Atalanta 3-2
Cagliari - Roma 1-4
Napoli - Fiorentina 1-3

Classifica
1) Milan punti 21;
2) Inter punti 19;
3) Juventus e Fiorentina punti 17;
5) Napoli punti 14;
6) Atalanta punti 13;
7) Monza, Frosinone e Lecce punti 12;
10) Roma e Bologna punti 11;
12) Sassuolo e Lazio punti 10;
14) Torino punti 9;
15) Genoa e Verona punti 8;
17) Udinese punti 5;
18) Empoli punti 4;
19) Salernitana punti 3;
20) Cagliari punti 2.

(gazzetta.it)
[Modificato da ilpoeta59 22/10/2023 22:27]
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Garcia respira grazie a super Kvara: il Napoli si ritrova a Verona

Dopo la sconfitta con la Fiorentina gli azzurri tornano
al successo nonostante l'assenza di Osimhen


Vincenzo D'Angelo


Riecco Kvaradona, nel momento più importante. Senza Osimhen, il Napoli ritrova l’estro e i gol di Kvaratskhelia, mattatore al Bentegodi. Contro l’Hellas, gli azzurri tornano alla vittoria e danno un calcio alle tensioni delle ultime settimane, permettendo al tecnico Rudi Garcia di cominciare una nuova settimana – importantissima, soprattutto per il cammino in Champions - con più leggerezza. Finisce 3-1, con gol di Politano a stappare il match e poi con la doppietta del georgiano. Di Lazovic il gol della bandiera veronese.

LAMPI DI CLASSE — Parte meglio il Verona, col Napoli che appare contratto per via della pausa agitata: Meret deve respingere i tentativi di testa di Dawidowicz e Magnani su due angoli nel giro di un minuto. La posta in palio è alta, Garcia lo sa è punta su Raspadori centravanti al posto di Osimhen. Scelta azzeccata, perché con Jack si va di palleggio palla a terra, senza alzare il pallone. E in quel campo il Napoli è ancora maestro e si rivedono trame di spallettiana memoria. Raspa è ispirato e con due punizioni chiama Montipò alla risposta in tuffo. Ma al 27’ il Napoli passa: Raspadori dalla sinistra pesca con un lob morbido Politano, che al volo infila Montipò. E un minuto più tardi è Cajuste – ancora ben servito da Raspadori – a calciare centrale a tu per tu col portiere dell’Hellas. Un’incursione centrale di Serdar alleggerisce la pressione azzurra, ma prima dell’intervallo arriva il raddoppio: Politano si invola in ripartenza, allarga per Kvaratskhelia che salta facile Magnani in velocità e di sinistro infila il 2-0 Napoli.

RIPRESA CALDA — Baroni lascia negli spogliatoi Amione, Serdar e Ngonge per Terracciano, Lazovic e Bonazzoli e proprio l’attaccante in avvio di ripresa spaventa il Napoli con una bella incursione laterale, neutralizzata da Meret. L’Hellas prova a scuotersi, il Napoli a gestire e ripartire. Ed è proprio su un’altra ripartenza micidiale che i campioni d’Italia chiudono la gara al 10’ della ripresa: Politano lancia ancora Kvara in campo aperto, ingresso in area, doppia finta a piattone sul palo lungo. L’Hellas ha un sussulto d’orgoglio al 15’: Lazovic sfrutta una palla vagante (sfortunato rimpallo su Di Lorenzo) e fulmina Meret, riaccendendo la contesa.

RITMO — Spinto dal suo pubblico, il Verona prova ad assaltare la porta azzurra e ci vuole un super Meret (28’) a salvare in tuffo sul diagonale di Bonazzoli, bravo a dare la scossa offensiva alla squadra dopo il suo ingresso in campo. Simeone (entrato da poco) al 29’ non inquadra la porta da posizione vantaggiosa, poi è ancora Meret a neutralizzare Lazovic. La spinta dell’Hellas si esaurisce di fatto lì: al 90’ Montipò dice no di piede a Zerbin, nel recupero è Faraoni a mandare a lato l’ultimo pallone buono per l’Hellas. Il Napoli vince, riparte e ritrova convinzione: per Garcia (che saluta un’ottima prova anche di Cajuste) domenica c’è il Milan. Lì si capirà se il Napoli è ancora una squadra da scudetto. Il Verona, invece, si interroga: l’ultima vittoria alla seconda giornata, da lì solo due punti con due 0-0. Troppo poco.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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22/10/2023 10:54
 
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Tris Inter in casa del Torino:
Thuram e Lautaro a segno,
Inzaghi torna in vetta



Quarta vittoria in trasferta su quattro per i nerazzurri che in attesa
di Milan-Juventus di domani sera sorpassano la squadra di Pioli.
A segno la ThuLa e Calhanoglu nel recupero su rigore


Mario Pagliara

La tappa di Torino ridà il sorriso all’Inter: Inzaghi non fallisce il sabato sera sotto la Mole e si addormenta in vetta al campionato. Il tecnico nerazzurro firma il momentaneo sorpasso sul Milan, e ora può mettersi comodo sul divano (e senza pensieri) per godersi il big-match di domani tra i rossoneri e la Juventus. Un buon Toro fino a metà gara viene piegato nella ripresa dai gol di Thuram e Lautaro arrivati poco dopo il decisivo infortunio di Schuurs (si teme la rottura del ginocchio sinistro), episodio sul quale gira completamente la partita. Nel recupero il rigore di Calhanoglu chiude lo stadio sullo 0-3. Nel secondo tempo, i nerazzurri prendono completamente in mano il controllo della serata e legittimano pienamente il blitz torinese. Per i granata è la quarta partita di fila senza segnare, la terza sconfitta nelle ultime quattro giornate: classifica alla mano, sabato a Lecce sarà già un crocevia che il Toro non potrà fallire.

JURIC A 4 — Questo sabato sera torinese sarà ricordato a lungo, e dovrà essere messo a referto perché segna un colpo di scena nella carriera di Ivan Juric. Il Torino cambia modulo, ma non si accontenta di una leggera variazione al tema classico (il 3-4-2-1). Juric lascia tutti a bocca aperta, sorprendendo anche Simone Inzaghi, e disegna i granata con il 4-2-3-1. Davanti a Milinkovic, la coppia centrale è Tameze-Schuurs, Rodriguez fa il terzino sinistro bloccato, Bellanova quello a destra di spinta. Ricci e Linetty è la cerniera in mediana, per lanciare davanti il trio di trequartisti Seck, Vlasic e Lazaro a servire il centravanti Pellegri. In casa Inter non ci sono sorprese: si presenta al Grande Torino con il suo abito tradizionale, il 3-5-2. La completa rivoluzione tattica del Toro produce un crescendo nel gioco durante il primo tempo, anestetizzando la pericolosità nerazzurra e facendo mancare le sicurezze alla difesa interista nella prima metà della gara.

CRESCENDO TORO — In avvio, il baricentro pende più dalla parte di Inzaghi. Nella prima mezz’ora tre buoni spunti potenziali dell’Inter: all’8’ Lautaro non aggancia sotto porta l’invito di Calhanoglu; al 18’ il tiro di Thuram muore tra le braccia di Milinkovic; al 29’ la punizione a giro di Calhanoglu è splendida ma è fuori di un soffio. Il Toro non va mai in sofferenza, regge alla grande l’urto iniziale ed esce fuori con personalità nella seconda metà del primo tempo, soprattutto sulle fasce dove ha sempre la superiorità. Al 33’ Ricci scarica dalla distanza, Sommer è sulla traiettoria. La crescita del gioco dei granata è vistosa e sono proprio del Toro le due principali occasioni a metà gara: al 35’ il tiro a giro di un ottimo Seck chiama Sommer a un salvataggio in angolo. A due minuti dall’intervallo, Pellegri timbra di testa il cross di Bellanova, Sommer deve ancora intervenire.

SCHUURS, GINOCCHIO KO — Nella ripresa dopo tre minuti, il Toro perde Schuurs. Brutto infortunio al ginocchio sinistro: l’olandese è uscito in lacrime urlando dal dolore trasportato su una barella. La paura è che si sia rotto il ginocchio sinistro, circostanza che potrebbe significare anche la fine della sua stagione. La dinamica: Schuurs e Calhanoglu vanno a contatto di spalla a centrocampo, cadendo il difensore granata mette male la gamba sinistra a terra provocando una torsione innaturale del ginocchio. E’ stato subito trasportato con un’ambulanza in ospedale per gli esami.

DOMINIO NERAZZURRO — Nel Toro prende posto in difesa il 2002 Sazonov. Inzaghi poco dopo piazza tre cambi tattici: dentro Frattesi, Augusto e Dumfries per Barella, Dimarco e Pavard. L’Inter approfitta immediatamente del momento di riorganizzazione del Torino. Al quarto d’ora sblocca l’equilibrio: proprio Dumfries da poco entrato serve l’assist al centro dell’area per Thuram lasciato libero dal neo-entrato Sazonov. Di prima intenzione, Thuram scarica il diagonale che porta l’Inter avanti: è il suo terzo gol in Serie A. L’andamento della gara ha ormai preso tutta un’altra piega rispetto al primo tempo, l’uscita del baluardo Schuurs ha fatto crollare il castello costruito da Juric mentre l’Inter sale come un’onda e si prende il campo. Al 22’ ci pensa Lautaro Martinez a chiudere i giochi: angolo di Calhanoglu, torre di Acerbi e zuccata precisa del Toro. E’ il suo novantesimo gol in Serie A, l’undicesimo in questa stagione. Juric si gioca le carte Sanabria, Gineitis, Vojvoda e Ilic, ma non impensierisce mai l’Inter che si scioglie sulla distanza. Nel recupero Ilic mette giù Mkhitaryan in area: Calhanoglu dal dischetto chiude sullo 0-3. Vittoria pesante e importante per Inzaghi.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Luis Alberto regala magie: colpo della Lazio in casa del Sassuolo

Primo tempo senza storia con le reti di Felipe Anderson e dello spagnolo.
Nella ripresa gli ospiti controllano, unico brivido il rosso a Provedel poi tolto dal Var


Stefano Cieri


Terza vittoria consecutiva per la Lazio. Dopo i successi ottenuti contro Celtic e Atalanta prima della sosta, la squadra biancoceleste sbanca pure il Mapei. Successo solare, ampiamente meritato e mai in discussione. Anzi, senza un Consigli in serata di grazia e senza i pali (tre quelli presi dai biancocelesti) il successo avrebbe assunto dimensioni ancor maggiori. La formazione romana è apparsa brillante, sicura di sé e capace anche di difendere molto meglio di quanto fatto in precedenza. Serata da dimenticare invece per il Sassuolo. Travolto dalla squadra avversaria sin dalle prime battute di gioco e mai capace di organizzare un qualche tipo di reazione.

FELIPE-LUIS PER L'ALLUNGO — Il primo tempo vede una sola squadra in campo, la Lazio. I biancocelesti partono subito col piglio giusto, prendendo il controllo delle operazioni a centrocampo. La manovra è fluida, i ritmi giusti grazie ad una condizione atletica che sembra notevolmente migliorata durante la sosta. Sarri (che è in tribuna perché squalificato) lascia anche Zaccagni in panchina oltre all’altro acciaccato Immobile. Il tridente è così composto da Anderson, Castellanos e Pedro (per lo spagnolo è la prima da titolare quest’anno). Il centrocampo è quello annunciato (Guendouzi-Rovella-Luis Alberto), mentre in difesa c’è Patric accanto a Romagnoli con Lazzari e Marusic sulle fasce. In porta c’è Provedel (smaltita la contusione all’anca). Dionisi risponde con un 4-2-3-1 che vede davanti a Consigli la coppia di centrali Tressoldi-Ferrari ed i terzini Toljan e Pedersen (quest’ultimo preferito a Vina), in mezzo al campo ci sono Boloca a Racic, il trio di trequartisti è Berardi-Castillejo-Lauriente, davanti c’è Pinamonti. Il monologo laziale comincia subito con due buone opportunità non capitalizzate al meglio da Luis Alberto (in entrambi i casi il Mago calcia fuori, sulla seconda opportunità potrebbe far meglio). Sfiora il gol anche Guendouzi, prima che Consigli sfoderi due autentici miracoli nel giro di sessanta secondi: prima sul tiro a colpo sicuro di Anderson quindi sul colpo di testa di Romagnoli (la palla s’impenna e, ricadendo; va pure sulla traversa). Nonostante le tante palle-gol sciupate la Lazio non si demoralizza e insiste. Il gol che sblocca la gara arriva al 28’. Tressoldi pasticcia davanti alla sua area, Luis Alberto gli soffia il pallone, Castellanos lo porta avanti e lo porge ad Anderson che di prima fulmina Consigli. Il raddoppio arriva al 35’. Sul cross di Anderson a sbagliare stavolta è Boloca che invece di rinviare finisce per servire Lui Alberto che, davanti a Consigli, lo supera con uno scavetto. Il Sassuolo assiste senza riuscire ad imbastire un minimo di reazione. Berardi prova ad innescarsi in un paio di circostanze, ma predica nel deserto.

RIPRESA SENZA GOL — Nell’intervallo, per scuotere i suoi, Dionisi non va per il sottile e cambia ben tre giocatori. Escono Tressoldi, Pedersen e Racic, entrano al loro posto Erlic, Vina e Thorstvedt. Più che un rimescolamento tattico (i neroverdi continuano col 4-2-3-1 iniziale) i cambi, nelle intenzioni del tecnico, devono rianimare una formazione che nei primi 45 minuti è stata completamente passiva. La risposta di Martusciello (che sostituisce Sarri in panchina) non si fa attendere. Dopo otto minuti ecco i primi due cambi della Lazio. Escono Rovella (per Cataldi) e Pedro (per Zaccagni). Passa qualche minuti e i due allenatori attingono ancora alla panchina. Dionisi butta dentro Defrel per uno spento Castillejo, Martussciello richiama Guendouzi e inserisce Vecino. Attorno al quarto d’ora si susseguono due episodi che potrebbero prima chiudere definitivamente la partita e poi invece riaprirla. Al 12’, al termine di un’azione di contropiede della Lazio Cataldi colpisce il palo interno con un tiro da fuori. Cinque minuti dopo, al 17’, sul lancione di Toljan da centrocampo Provedel esce al limite dell’area per anticipare Berardi e dà l’impressione di finire fuori dall’area con la palla tra le mani. L’arbitro Di Bello non ha dubbi e sanziona il portiere con il cartellino rosso. La Lazio resterebbe in dieci a mezzora dalla fine. Ma il Var corregge la decisione del direttore di gara. Le immagini chiariscono che Provedel è rimasto dentro l’area. Niente rosso, quindi, e la Lazio resta in undici. Il Sassuolo prova lo stesso a rimettere in discussione il risultato, ma la Lazio tiene botta. Ci prova il nuovo entrato Thorstvedt con un bel tiro da fuori, ma Provedel para in due tempi. Le squadre si allungano e la formazione di Sarri può approfittare degli spazi che si aprono con le sue ripartenze. Vecino va a un passo dal 3-0 in due occasioni. Sulla prima Consigli si supera ancora per respingere il tiro da distanza ravvicinata. Sulla seconda l’uruguaiano calcia invece incredibilmente fuori a porta spalancata. Prima della fine c’è ancora tempo per un altro palo: lo prende Zaccagni con un colpo di testa.

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Urlo Roma al 90' con El Shaarawy:
1-0 al Monza in 10 per oltre un tempo



La squadra di Palladino paga il secondo giallo a D'Ambrosio al 42'.
Lukaku e Azmoun fermati dai legni.
Rosso a Mou al 99', salterà la sfida con l'Inter


Andrea Pugliese

All’ultimo respiro, con il cuore in gola. La decide El Shaarawy al 90’, con un gol in mischia che regala alla Roma la quarta vittoria consecutiva (compresa quella col Servette in Europa League) e lascia più di un po’ di amaro in bocca al Monza. La squadra di Palladino ha giocato in dieci dal 42’ per il rosso a D’Ambrosio, ma ha tenuto fino alla fine, sfiorando anche il colpaccio. Per la Roma, invece, una vittoria importante per la classifica e per il morale, una vittoria sporca, di quelle che però alla lunga pesano eccome.

NOIA E MARCATURE — Mourinho conferma Cristante al centro della difesa, Palladino sceglie Machin come secondo trequartista. Fa caldissimo e si sente, con un ritmo compassato da entrambi le parti. La partita la fa soprattutto il Monza (54% di possesso palla a fine primo tempo), anche se la squadra di Palladino non riesce mai a creare pericoli ai giallorossi. Che per quasi tutta la prima mezzora sono rintanati nella propria metà campo, prendendosi anche qualche fischio sparso per l’atteggiamento. Del resto il Monza gioca uomo a uomo, togliendo l’impostazione ai giallorossi. Gli accoppiamenti sono: Colombo-Cristante, Colpani-Paredes e Machin-Mancini. Resta libero sempre Ndicka, come da piano tattico dei brianzoli, il peggiore con la palla al piede a costruire. E così la manovra giallorossa ne risente eccome, tanto che il primo tiro arriva al 27’ con Belotti, un calcio sbilenco che finisce quasi sulla bandierina del corner. Nel finale, finalmente per Mourinho, un paio di occasioni per la Roma, con Di Gregorio molto bravo a dire di no ai colpi di testa prima di Aouar e poi di Belotti. In mezzo la prima svolta, con l’espulsione di D’Ambrosio per doppia ammonizione, con il secondo fallo ingenuo, fatto a 60 metri dalla propria porta su Belotti.

DECIDE ELSHA — Dopo la festa nell’intervallo per i 50 anni in giallorosso di Bruno Conti, si riparte. Palladino cambia il Monza, dentro Andrea Carboni e Birindelli, con un 3-4-1-1 che diventa spesso 5-4-1. Lukaku ha subito una buona occasione (decisivo il recupero in extremis di Pessina), dall’altra parte Colpani sfiora il colpo da fuori con un tiro a giro di un soffio fuori. Oramai si gioca quasi sempre a ridosso dell’area del Monza, anche se poi l’occasione per passare ce l’ha ancora il Monza con Birindelli, su una ripartenza a campo aperto. Mou nel frattempo si è messo 4-2-3-1 per aumentare il peso della fase offensiva, ci provano ancora Aouar da fuori e Lukaku (palo esterno), ma è ancora Birindelli a mettere i brividi a Rui Patricio, con Mancini che poi salva su Vignato a botta sicura. Il finale è da cardiopalma: palo di Azmoun, gol in mischia di El Shaarawy, l’Olimpico che viene giù con Mourinho che esulta in ginocchio, le panchine che litigano tra di loro e Mou che prende il rosso al 99’ che gli farà saltare la sfida con l’Inter di domenica prossima. Poi il fischio finale, con il gol del Faraone a fare la differenza.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Ferguson e De Silvestri lanciano il Bologna:
2-1 al Frosinone e 8° risultato utile di fila

Dopo il doppio vantaggio del primo tempo,
nella ripresa i laziali accorciano con un rigore
di Soulè prima di gettarsi in avanti per un pareggio
che Marchizza spreca pochi attimi prima del fischio finale


Matteo Dalla Vite


Sudatissimo, soprattutto nel secondo tempo, ma è l’ottavo risultato utile di fila che porta i rossoblù dentro un momentaneo settimo posto al pari della Roma: il Bologna – che ha perso solamente la prima di campionato in casa contro il Milan - riduce le velleità del Frosinone nel giro di tre minuti del primo tempo ma poi soffre un bel po’ perché la squadra di Di Francesco, inizialmente meno brillante delle precedenti rappresentazioni, diventa se stessa nella ripresa. Prima Ferguson, poi De Silvestri con un colpo di testa furbo quanto intelligente e ricco di tempismo hanno aperto la scatola del Frosinone che però ha vissuto una ripresa molto diversa rispetto alla prima frazione: un calo dei rossoblù ha permesso a Soulé di infilare un rigore (inizialmente non assegnato da Doveri) e accendere la ripresa, anche se alla fine Marchizza ha sprecato il 2-2 e il Frosinone è rimasto in dieci per il doppio giallo a Mazzitelli. Bologna momentaneamente settimo e al Frosinone non va tolto nulla del cammino fatto fino ad oggi: squadra che ha direttive belle e precise e che, al Dall’Ara, ha trovato il risveglio giusto solo nella ripresa.

BOLOGNA SHOW — Thiago sceglie la squadra annunciata da giorni (con Saelemaekers per la prima volta dal 1’), Di Francesco mette Oyono al posto di Lirola: il Bologna attacca col “Falso nove” Zirkzee e c’è ovviamente anche Matias Soulé, due ragazzi che considerano come naturali i colpi di classe. L’inizio di gara, davanti a oltre 26.000 spettatori (di cui 1500 da Frosinone), è un mezzo e mezzo, nel senso che nessuna prevale: il Bologna tiene palla, il Frosinone va a pressare alto per la riconquista anche con sei uomini. C’0è volontà di prevalere ma anche studio, parità di colpi, uno dei quali lo tenta Freuler (13’) con Turati assolutamente attentissimo. Saelemaekers è l’uomo aggiunto del Bologna: accentrandosi va a cercare giocate anche da sottopunta e a creare la superiorità numerica che dall’altra parte tenta di fare Soulé, guardato a vista e anche a uomo. La giocata del Frosinone arriva da Oyono al 17’: fatto fuori Calafiori in area, botta ma debole che Skorupski prende facilmente. Il vantaggio che sblocca arriva al 19’: azione continuata e ragionata del Bologna che parte da Orsolini, passa dal marcatore Ferguson, Zirkzee che cerca Freuler, palla-flipper che finisce a Saelemaekers, tiro e deviazione sottoporta dello scozzese al secondo gol. Passa poco e il Frosinone si squaglia: cross da sinistra di Lykogiannis, volo d’angelo a liberare di Turati che lascia aperta la porta per un colpo di testa da fuori area intelligentissimo di Lollo De Silvestri: 2-0 da incorniciare in 3’. In più, al 30’, Orsolini si infila in area con Turati che gli blocca il tragitto verso il 3-0. Il Frosinone reagisce al 32’ (colpo di Soulé da fuori area, alto di poco) e al 41’ con una punizione di Mazzitelli che Skorupski ribatte a lato.

RIGORE E ROSSO — Nella ripresa, Di Francesco infila Baez e Cuni per Garritano e Cheddira e trova un rigore che fa discutere al 15’: in una sterzata in area, Beukema impatta Cuni, Doveri non dà nulla inizialmente poi Valeri lo richiama al Var e scatta un rigore che Soulé trasforma per il 2-1 alla sinistra di Skorupski. È un altro Frosinone già da qualche minuto, mentre il Bologna è rientrato dall’intervallo meno tosto di quanto abbia fatto vedere prima: Orsolini butta via una ripartenza al 23’, Ndoye si fa parare un conclusione ravvicinata da Turati, poi il Frosinone resta in dieci per il doppio giallo a Mazzitelli. Marchizza sfiora il 2-2 nel finale ma in conclusione il Bologna si mette in tasca l’ottavo risultato utile di fila che vale – momentaneamente – il settimo posto.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Cagliari-Salernitana, quattro gol e un punto a testa: Dia salva Inzaghi

Succede tutto nella ripresa: a segno Luvumbo, d
ue volte l'ex Villarreal (la seconda su rigore nel recupero) e Viola.
Ma a recriminare è soprattutto Ranieri


Francesco Velluzzi

Succede tutto dal 34’ della ripresa. E finisce 2-2 tra Salernitana e Cagliari. Un pareggio che fa recriminare soprattutto il Cagliari, punito da un rigore decretato al monitor da Chiffi in pieno recupero che, chiamato da Marini da Lissone, punisce un fallo di mano di Viola e Dia (doppietta) salva i granata e il debutto di Pippo Inzaghi contro Claudio Ranieri. La Salernitana esce ugualmente tra i fischi del suo pubblico. Troppe cose non vanno, la squadra non ha fatto bene. Mentre il Cagliari fa un figurone, va avanti due volte con Luvumbo e Viola che ribalta le cose dopo il primo pari di Dia nel concitato finale e cede soltanto a un rigore che farà discutere parecchio. Il punto, è logico, serve più ai sardi che, come la Salernitana, non hanno ancora vinto in questo campionato. Ma la strada è quella giusta.

ATTESA — C’è grande attesa per il debutto di Pippo Inzaghi (che si presenta in giacca e cravatta) che qui ovviamente ricordano tanto per il grande passato da calciatore. Un esercito di fotografi. Il presidente Danilo Iervolino è arrivato allo Stadio, in treno con il presidente della Federbasket e consigliere granata Gianni Petrucci. Il presidente del Cagliari Tommaso Giulini, che ha appena denominato il centro di Assemini Crai Sport Center, invece non c’è.

IN CAMPO — Le formazioni presentano novità e inediti. Inzaghi mette in porta il francese Benoit Costil che non ha mai giocato neppure nel Lille e lascia fuori Ochoa tornato giovedì dalla Nazionale, l’unico granata finora sempre in campo. Rilancia l’esperto Federico Fazio, titolare solo con la Roma alla prima, non lascia fuori Kstanos, il terzo più usato da Paulo Sousa e si difende a quattro. In mezzo c’è Maggiore e non Bohinen. Torna dopo cinque partite Lassana Coulibaly. Claudio Ranieri stupisce ancora. Debutto assoluto per Marco Mancosu da trequartista. Dietro i due velocisti Oristano e Luvumbo. Dietro anche lui rispolvera un uomo d’esperienza, Edoardo Goldaniga, titolare pure solo alla prima a Torino. Nella difesa a quattro, in cui Scuffet viene confermato in porta, Nandez fa il terzino, come con l’Uruguay. Si gioca. Il calcio d’inizio è del Cagliari. Mancosu debutta spedendo il pallone fuori…. Inzaghi toglie la giacca immediatamente perché il clima è caldo. La Salernitana è sicuramente più viva, più aggressiva. La carica e la spinta del nuovo tecnico.

SECONDO TEMPO — Si riparte col Cagliari costretto a cambiare perché Nandez ha accusato un fastidio e Mancosu ha finito la benzina, visto che è la prima volta che gioca. Dentro Zappa e Viola. Tatticamente non cambia nulla. Inzaghi riparte con gli stessi 11 del primo tempo. Ma al 10’ cambia pure lui inserendo Stewart, che va a fare la punta centrale, per Cabral con Dia che gioca al suo posto. Fuori anche l’implapabile Kastanos e dentro Martegani. Ma è il Cagliari, che inserisce anche Jankto per Oristanio, a rendersi più pericoloso e a orchestrare meglio con i continui cambi gioco. Ma tra i tanti cambi, escono pure Candreva e “Lassana” ed entrano Tchaouna e Lebowski, quello che preoccupa è l’infortunio di Dossena che si arrende e cede il posto a Obert al centro della difesa rossoblù. E infatti il Cagliari, nonostante le perdite viene premiato perché al 34’ va in vantaggio: erroraccio di Martegani che perde ingenuamente palla, la conquista Jankto che serve coi tempi giusti Luvumbo, che stavolta non perdona. Ma la partita si accende in pochi minuti con Inzaghi che tenta il tutto per tutto e dopo aver provato il 4-3-3 passa al 3-4-3 con Ikwemesi al posto di Fazio. Ranieri inserisce Shomurodov per Luvumbo. E al 41’ i granata pareggiano con il solito Dia, tenuto in gioco da Obert. Lo serve proprio Ikwemesi. Sono i nuovi entrati ad accendere la sfida. Perché dopo 2’ il Cagliari mette nuovamente la testa avanti. E’ la testa di Viola pescato libero da Shomurodov. Ma non è finita: sono 5’ i minuti di recupero e al 2’ Chiffi deve andare al monitor per controllare un possibile fallo di mano di Viola in un contatto con Legowski. Rigore. Che farà discutere a lungo. Sul dischetto va Dia. Rete. Imprendibile per Scuffet. Nuovo pareggio. E al 52’ Ikwemesi ha addirittura la palla del 3-2. Con Chiffi che continua a far giocare. E fischia la fine soltanto dopo 11 minuti e 5 secondi di esagerato recupero.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Lookman e poi Ederson affondano il Genoa: Atalanta al sesto posto

La rete del nigeriano viene annullata per tocco di mano, poi Marinelli al Var cambia idea.
Scalvini e Gudmundsson colpiscono il palo.
Miracolo finale di Carnesecchi su Puscas, poi Ederson raddoppia


Luca Taidelli


Un guizzo di Lookman a metà ripresa e il sigillo di Ederson in pieno recupero tengono l’Atalanta in zona Europa e condannano un Genoa generoso ma spuntato a una sconfitta che ci sta, anche per la pressione nerazzurra dopo un primo tempo molto meno intenso. A godersi la vittoria del maestro Gasperini sull’allievo Gilardino, in tribuna c’è anche Steve Pagliuca, azionista di maggioranza americano che battezza la quinta (Coppa compresa) sfida stagionale al Gewiss della Dea senza subire reti.


PRIMO TEMPO — Gasp punta sul tridente pesante con CDK e Lookman ai lati di Scamacca, ancora senza l’infortunio Retegui Gilardino a sorpresa affianca Ekuban a Gudmundsson, senza però rinuncare all’ex Malinovskyi. L’atteggiamento però resta molto prudente in quello che sarà un primo tempo molto bloccato con undici duelli individuali per frenare lo slancio della Dea, che pende molto (anche troppo) a sinistra sul binario Ruggeri-Lookman. Il nigeriano è il più attivo e cerca spesso Scamacca, braccato da Bani e sempre costretto a ricevere palla spalle alla porta. La fase difensiva del Grifone è attenta ed efficace anche grazie al sacrificio dell’ex Malinovskyi, che qui non avevano mai visto così operaio. Viene però a mancare la sua inventiva, con Ekuban che non riesce a dare profondità e Gudmundsson a svariare ma senza incidere. Squadre cortissime, si gioca in 30-40 metri e manca il guizzo che stappi il match, anche perché De Ketelaere soffre la garra di Vasquez e sembra tornato quello in versione Milan.

SECONDO TEMPO — Gasp non fa sconti e nell’intervallo sostituisce il belga con Miranchuk che inventa subito per il tacco di Scamacca, ma Leali si supera. E’ un’altra Atalanta, che subito dopo centra il palo con un colpo di testa di Scalvini. Il Genoa ora è meno ordinato nelle uscite, Lookman per due volte ha la palla giusta ma prima si fa rimontare da Dragusin e poi non la piazza abbastanza. La svolta al 23’ con Lookman che sul cross di Scamacca prima perde l’attimo, frenato da Bani, ma poi è rapidissimo a rialzarsi e segnare. Senza aiuto della mano, come credeva Marinelli, che prima annulla ma poi deve ricredersi. Curioso che appena prima del gol Gasp, arrabbiato per una palla persa dal nigeriano, avesse richiamato Muriel per prenderne il posto. Il cambio avviene subito dopo, insieme a quello Pasalic-Scamacca. La Dea gestisce, il Genoa oltre a una conclusione a fil di palo di Gudmundsson non riesce ad andare malgrado gli ingressi di Galdames, Puscas (murato da Carnesecchi in pieno recupero), e del 17enne Fini. All’ultimo respiro la chiude invece Ederson in contropiede.

Fonte: Gazzetta dello Sport
[Modificato da binariomorto 22/10/2023 21:21]
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Un pareggio Milan-Juve ci starebbe bene...ma anche la vittoria dei bianconeri. [SM=x4983510]





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Locatelli lancia la Juve.
Il gol dell'ex affonda un Milan in 10, Allegri a -2 dall'Inter

Ai bianconeri basta un destro deviato del centrocampista per strappare i tre punti.
Rossoneri con un uomo in meno per 50': espulso Thiaw per un fallo su Kean


Marco Pasotto


Meno spettacolare, ma altrettanto efficace. Manuel Locatelli, con un destro dalla distanza, combina al Milan ciò che aveva combinato alla Juve sette anni fa e consegna a Madama tre punti che somigliano tanto a lingotti d’oro: bianconeri terzi in classifica, a meno due dall’Inter e a meno uno da un Milan che si è visto centrifugare il match al minuto numero 40 del primo tempo con l’espulsione di Thiaw. Il messaggio della Juve alle milanesi, considerata l’importanza della partita e il valore dell’avversario di stasera, è assolutamente forte e chiaro: per lo scudetto aggiungete pure un posto a tavola, ci siamo anche noi. Era una partita in cui, in caso di sconfitta, entrambe avevano molto da perdere. Il Milan, oltre ad assistere alla vittoria di tutte le dirette concorrenti per l’Europa, ha smarrito la testa della classifica e pure un’abbondante razione di energie: andare mercoledì nella tana del Psg dopo aver giocato oltre un tempo in dieci non è il massimo della vita. La Juve invece vivrà un’altra settimana sgombra da altri impegni ed è facile immaginare che il botta e risposta sulla favorita per lo scudetto tra Pioli – compleanno amaro, il suo - e Allegri andrà ancora avanti.

LE SCELTE — Per Pioli tra squalifiche (Maignan, Hernandez), infortuni (Loftus-Cheek, Chukwueze, Sportiello) e rientri dagli infortuni (Kalulu, Krunic), non è stato facile arrivare a mettere insieme l’undici più indicato. Nessun problema davanti, con i titolarissimi – Pulisic, Giroud, Leao - e regia affidata nuovamente ad Adli, mentre dietro Florenzi ha virato a sinistra (dove ha dato forfait anche Bartesaghi) e in porta è andato Mirante: ultima da titolare due anni e mezzo fa, maggio del 2021). Non che Allegri abbia portato casse di champagne a Milano, vista l’assenza di Danilo e Alex Sandro (oltre al solito De Sciglio), ma quanto meno con il conforto di aver rimesso quanto meno fra i convocati Chiesa e Vlahovic. Il grande dubbio della vigilia in attacco si è quindi risolto così: accanto a Milik si è messo Kean (terza da titolare di fila), con i titolari della cattedra pronti all’uso. A sinistra Kostic preferito a Cambiaso, confermata la difesa a tre. Anche se sarebbe più corretto parlare di una linea a cinque, dal momento che la Juve si è comportata come da attese: nessuna sorpresa, nessuna pressione alta, ma paziente guardia al proprio fortino, con linee strettissime, in attesa di qualche varco invitante per ripartire. Osservato da sponda rossonera: scenario decisamente poco gradevole, considerata l’ormai annosa, scarsa efficacia del Diavolo nello scardinare gli avversari chiusi.

OSSIGENO — Juve guardinga, Milan con la palla fra i piedi, ma una palla che non sempre è girata alla velocità giusta e quindi sono state spesso letture abbastanza facili per i meccanismi difensivi bianconeri. A centrocampo le forze si sono più o meno equivalse: meglio Rabiot di Musah, meglio Reijnders di McKennie, con l’olandese incaricato di togliere ossigeno ai ragionamenti di Locatelli. La pressione il Milan l’ha concretizzata soprattutto sulla sua fascia sinistra con Leao, che ha piazzato tre-quattro sgasate indigeste per Gatti e per un Weah poco incisivo e cattivo. Emozioni nel primo tempo? Pochine. Ai punti meglio il Milan, sì, più efficace e fluido nella manovra rispetto a quella bianconera zavorrata da troppi errori gratuiti in uscita, però sul taccuino rossonero nei primi 45 è rimasto un solo appunto: Leao che serve Giroud in area e Giroud che si gira – specialità della casa – liberandosi di Rugani e conclude nell’angolino lontano: Szczesny si allunga e compie il miracolo. Cose super, entrambe.

COPERTA CORTA — Il match cambia completamente spartito al minuto numero 40: Thiaw, fin lì impeccabile, si fa abbindolare ingenuamente da un contromovimento di Kean lanciato verso Mirante e lo abbatte. Mariani gli mostra il rosso e il Milan si ritrova con un tempo abbondante in inferiorità numerica. Pioli toglie Pulisic, decisamente sconsolato per il cambio, e inserisce Kalulu ripristinando gli equilibri difensivi, anche se la coperta ovviamente diventa corta. Kean al tramonto del primo round devia fuori per questione di millimetri. La ripresa inizia con un Milan all’arrembaggio per spiegare alla Juve che non è match da vittime sacrificali. Prima del quarto d’ora Allegri inserisce Vlahovic e Cambiaso per Kean e Kostic, Pioli replica con Krunic per Adli e Jovic per Giroud. Ma è una Juve che a questo punto deve obbligatoriamente alzare il baricentro, cosa che avviene anche se il vantaggio bianconero è assistito in buona parte dalla dea bendata: destro di Locatelli dalla distanza – qualcosa che Manuel a San Siro ha già esibito con profitto -, coscia di Krunic che devia e mette fuori causa Mirante. A un quarto d’ora dalla fine Allegri butta dentro anche Chiesa, ma ormai la partita è indirizzata. La Juve controlla e cerca di pungere, Mirante si fa trovare pronto, il Milan resta rabbioso ma stanco e non trova il guizzo per rimediare.

Fonte: Gazzetta dello Sport
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Re:
ilpoeta59, 22/10/2023 22:30:

Un pareggio Milan-Juve ci starebbe bene...ma anche la vittoria dei bianconeri. [SM=x4983510]



Comunque grazie per il pensiero!!!! [SM=x1583484]



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